GET https://cc.strategiedigitali.net/scheda-ordinanza/2025/209

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\n    contro \n    I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza  sociale  e  I.N.P.S.  -\nDirezione Provinciale Trieste, non costituiti in giudizio; \n    per l\u0027accertamento e la declaratoria del diritto  del  ricorrente\nin quanto cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027  in  data\n31 maggio 2024  a  percepire  l\u0027intero  importo  del  TFS  ancora  da\ncorrispondere da parte di INPS senza dilazioni e senza rateizzazione; \n    per la condanna \n    dell\u0027Istituto intimato a corrispondere senza  dilazione  l\u0027intero\nimporto di spettanza, oltre interessi e  rivalutazione  dal  di\u0027  del\ndovuto sino al saldo; \n    previa dichiarazione di rilevanza e  non  manifesta  infondatezza\ndella questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 3, comma  2,\ndel decreto-legge 28  marzo  1997,  n.  79  (Misure  urgenti  per  il\nriequilibrio della finanza pubblica), convertito, con  modificazioni,\nnella legge  28  maggio  1997,  n.  140,  e  successive  modifiche  e\ndell\u0027art. 12, comma 7,  del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78\n(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di\ncompetitivita\u0027 economica), convertito, con modificazioni, nella legge\n30 luglio 2010, n.  122,  e  successive  modifiche,  con  riferimento\nall\u0027art. 36 Cost. e all\u0027art. 1 Protocollo 1 CEDU e  rimessione  degli\natti alla Corte costituzionale; \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Visto l\u0027atto in data 10 luglio 2025, con  cui  il  ricorrente  ha\nchiesto il passaggio della causa in decisione senza discussione; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica  del  giorno  15  luglio  2025  la\ndott.ssa Manuela Sinigoi e dato atto della su indicata richiesta  del\nricorrente come specificato nel verbale; \n    A) La vicenda fattuale \n    A) La vicenda fattuale \n    1. Il ricorrente - ex dipendente  del  Ministero  dell\u0027interno  -\nQuestura di Trieste, collocato  in  quiescenza  a  decorrere  dal  31\nmaggio 2024 per raggiunti limiti  di  eta\u0027  -  ha  chiesto  a  questo\nTribunale amministrativo regionale di  accertare  il  suo  diritto  a\npercepire il trattamento di fine servizio (d\u0027ora in  poi  T.F.S.  per\nbrevita\u0027) senza dilazioni  e  senza  rateizzazioni  e  di  condannare\nl\u0027Istituto previdenziale intimato a corrispondergli  senza  dilazione\nl\u0027intero importo di spettanza, oltre interessi  e  rivalutazione  dal\ndi\u0027 del dovuto al saldo. \n    1.1. In fatto ha dedotto che il T.F.S. a lui  spettante  dovrebbe\nessere  determinato  in  euro  64.301,04,  come   da   prospetto   di\nsimulazione estratto dal sito MyINPS, e  che  tale  importo,  essendo\nsuperiore ad euro 50.000,00 ma inferiore a euro 100.000,00,  dovrebbe\nessergli corrisposto in due tranche, la prima, al piu\u0027 tardi,  al  1°\nsettembre 2025 (avendo acquisito il diritto in data 1° giugno 2024) e\nla seconda al 1° settembre 2026, come previsto dall\u0027art. 3, comma  2,\ndel decreto-legge 28 marzo 1997, n.  79,  convertito  in  legge,  con\nmodificazioni, con legge 28 maggio 1997, n. 140, cosi\u0027 come da ultimo\nmodificato dalla lettera b) del  comma  484  dell\u0027art.  1,  legge  27\ndicembre 2013, n. 147 [\"Alla liquidazione  dei  trattamenti  di  fine\nservizio,  comunque  denominati,\"  a  favore  dei  dipendenti   delle\npubbliche amministrazioni, oggi definite dall\u0027art. 1,  comma  2,  del\ndecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e al personale in regime di\ndiritto pubblico di cui all\u0027art. 3, commi 1 e 2, del  decreto  stesso\n\"l\u0027ente erogatore provvede (...), nei casi di cessazione dal servizio\nper raggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di  servizio  previsti  dagli\nordinamenti di appartenenza, per collocamento a  riposo  d\u0027ufficio  a\ncausa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima di servizio prevista\ndalle   norme    di    legge    o    di    regolamento    applicabili\nnell\u0027amministrazione,  decorsi  dodici  mesi  dalla  cessazione   del\nrapporto di lavoro. Alla corresponsione agli  aventi  diritto  l\u0027ente\nprovvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli\ninteressi\"], e dall\u0027art. 12, comma 7,  del  decreto-legge  31  maggio\n2010, n. 78, convertito in legge,  con  modificazioni,  dall\u0027art.  1,\ncomma 1, legge 30 luglio 2010, n.  122  [\"A  titolo  di  concorso  al\nconsolidamento dei conti pubblici attraverso  il  contenimento  della\ndinamica della spesa corrente nel rispetto degli obiettivi di finanza\npubblica previsti dall\u0027Aggiornamento del programma  di  stabilita\u0027  e\ncrescita, dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento,\ncon riferimento ai dipendenti delle  amministrazioni  pubbliche  come\nindividuate dall\u0027Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi\ndel comma 3 dell\u0027art. 1 della legge  31  dicembre  2009,  n.  196  il\nriconoscimento dell\u0027indennita\u0027 di buonuscita, dell\u0027indennita\u0027  premio\ndi servizio, del  trattamento  di  fine  rapporto  e  di  ogni  altra\nindennita\u0027 equipollente corrisposta una  tantum  comunque  denominata\nspettante a seguito di cessazione  a  vario  titolo  dall\u0027impiego  e\u0027\neffettuato:  (...)  b)  in  due  importi   annuali   se   l\u0027ammontare\ncomplessivo della prestazione, al  lordo  delle  relative  trattenute\nfiscali, e\u0027 complessivamente superiore a 50.000 euro ma  inferiore  a\n100.000 euro. In tal caso il primo importo annuale e\u0027 pari  a  50.000\neuro e il secondo importo  annuale  e\u0027  pari  all\u0027ammontare  residuo;\n(...)\"]. \n    1.2. Il ricorrente - che nel  motivare  in  ordine  alla  pretesa\nazionata ha  rilevato  l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  delle  norme\npoc\u0027anzi  richiamate  che  hanno  disposto  la  rateizzazione  e   la\ndilazione  per  la  liquidazione  e  la  corresponsione  del  T.F.S.,\nchiedendo, previamente, la rimessione degli atti innanzi  alla  Corte\ncostituzionale e  la  sospensione  del  presente  giudizio  -  si  e\u0027\nsoffermato a ripercorrere l\u0027evoluzione della normativa in materia  di\npagamento del trattamento di fine servizio  in  favore  dei  pubblici\ndipendenti, a partire dalla disciplina dettata dall\u0027art. 26, comma 3,\ndel d.P.R. n. 1032 del 1973,  che  stabiliva  delle  tempistiche  per\nrendere  possibile  l\u0027effettiva  corresponsione  del  trattamento  in\nquestione «immediatamente dopo la data di cessazione dal  servizio  e\ncomunque non oltre quindici  giorni  dalla  data  medesima»,  sino  a\nquella delineata dalle norme dianzi indicate, cui e\u0027 soggetto, e  qui\ncensurata. \n    1.3. Ha, quindi, posto l\u0027accento sul  significativo  innalzamento\ndisposto dalla disciplina vigente dei termini iniziali e  finale  per\nil versamento del trattamento  di  fine  servizio,  decorrenti  dalla\ncessazione del rapporto di lavoro, pari, rispettivamente, a  quindici\nmesi  (12  mesi  +  3  mesi)  e,  nell\u0027ipotesi  che  direttamente   e\nspecificamente lo riguarda, a ventiquattro mesi. \n    1.3.1. Analogamente ha  richiamato  l\u0027attenzione  sulla  disposta\nrateizzazione e, inoltre, sulla soglia, ora  decisamente  piu\u0027  bassa\nche in passato, che ne consente l\u0027erogazione  \"in  un  unico  importo\nannuale\" (ovvero \"se l\u0027ammontare complessivo  della  prestazione,  al\nlordo delle relative trattenute fiscali, e\u0027 complessivamente  pari  o\ninferiore a 50.000 euro\"). \n    1.4. Si e\u0027, quindi, soffermato  -  sulla  base  dell\u0027insegnamento\ndella  Corte  costituzionale  (sentenza  n.  243  del  1993)   -   ad\nevidenziare la  natura  di  retribuzione  differita  con  concorrente\nfunzione  previdenziale  del  trattamento  in  questione,  tanto  nel\nsettore pubblico che in quello privato (avendo sia il T.F.R.  che  il\nT.F.S., comunque denominati, la medesima finalita\u0027 di accompagnare il\nlavoratore nella delicata  fase  dell\u0027uscita  dalla  vita  lavorativa\nattiva),  dalla  quale  discende  il   requisito   della   necessaria\ntempestivita\u0027  dell\u0027erogazione,   quale   corollario   dell\u0027art.   36\nCostituzione. \n    1.4.1. Il tempo - ha osservato - assume, infatti,  una  rilevanza\nautonoma per due distinti profili: \n      -  \"il  primo  attiene  al  costo  in  termini  economici   del\ndifferimento dell\u0027erogazione del TFS\", dato che il  differimento  non\ne\u0027 accompagnato dalla corresponsione della  rivalutazione  monetaria,\nma   soltanto   dagli   interessi   legali    qualora    l\u0027erogazione\ndell\u0027emolumento avvenga successivamente  alla  scadenza  del  termine\nannuale e  dei  successivi  tre  mesi.  Sicche\u0027,  in  una  situazione\ncaratterizzata da un\u0027inflazione molto elevata  come  quella  attuale,\nfinisce  per  incidere  sulla  stessa  consistenza  economica   della\nprestazione in questione; \n      - \"il secondo  (...)  attiene  alla  durata  delle  misure  che\ncomprimono il diritto del lavoratore alla  tempestiva  corresponsione\ndel  trattamento  di  fine  servizio\",  dato  che  la  dilazione  del\npagamento del T.F.S. non e\u0027 piu\u0027 una misura  temporanea  destinata  a\nfar fronte a  una  crisi  contingente,  ma  e\u0027  dotata  di  carattere\nstrutturale con durata illimitata, tale da rendere  \"irragionevole  e\ninesigibile il sacrificio imposto ai lavoratori  collocati  a  riposo\navendo raggiunto i limiti d\u0027eta\u0027 o di servizio\". \n    1.5. Ha, indi, evidenziato che quanto sin qui  argomentato  circa\nla natura del trattamento di fine servizio e  la  necessita\u0027  che  lo\nstesso venga erogato  con  la  necessaria  tempestivita\u0027  ha  trovato\npuntuale conferma nella sentenza della Corte  costituzionale  n.  159\ndel 25 giugno 2019 e, piu\u0027 recentemente, in  quella  n.  130  del  23\ngiugno 2023. \n    1.5.1. Segnatamente, ha ricordato che  la  Corte  costituzionale,\ncon la prima  pronuncia,  pur  ritenendo  non  fondata  la  questione\nsottoposta al suo vaglio (i.e. \"legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,  convertito,  con\nmodificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140,  e  dell\u0027art.  12,\ncomma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78,  convertito,  con\nmodificazioni, nella legge 30 luglio 2010,  n.  122,  in  riferimento\nagli articoli 3 e 36 della Costituzione\"),  venendo  in  rilievo,  in\nquel caso, una cessazione  anticipata  dal  servizio,  rispetto  alla\nquale le disposizioni in materia di differimento e rateizzazione  del\nT.F.S. sono state, per l\u0027appunto, ritenute legittime in  quanto  esse\nmirano a scoraggiare l\u0027esodo anticipato dei dipendenti pubblici e, in\nquesto senso, le stesse appaiono  eque  e  non  discriminatorie,  ha,\npero\u0027,  incidentalmente  ritenuto  -  proprio  avuto  riguardo   alla\ntematica estranea a quel giudizio (ovvero «il pagamento  differito  e\nrateale  delle  indennita\u0027  di  fine  rapporto...  nelle  ipotesi  di\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 e di servizio o di  collocamento  a\nriposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento  dell\u0027anzianita\u0027  massima\ndi servizio») - di «segnalare al Parlamento l\u0027urgenza  di  ridefinire\nuna disciplina non priva di aspetti problematici, nell\u0027ambito di  una\norganica  revisione  dell\u0027intera  materia,  peraltro  indicata   come\nindifferibile nel recente dibattito  parlamentare»,  richiamando,  in\nparticolare,  l\u0027attenzione  sul  fatto  che  «la  disciplina  che  ha\nprogressivamente dilatato i tempi  di  erogazione  delle  prestazioni\ndovute  alla  cessazione  del  rapporto  di  lavoro  ha  smarrito  un\norizzonte  temporale  definito  e  la  iniziale  connessione  con  il\nconsolidamento dei  conti  pubblici  che  l\u0027aveva  giustificata.  Con\nparticolare riferimento ai casi in cui sono  raggiunti  i  limiti  di\neta\u0027 e di servizio, la duplice funzione retributiva  e  previdenziale\ndelle  indennita\u0027  di  fine  rapporto,  conquistate  \"attraverso   la\nprestazione  dell\u0027attivita\u0027  lavorativa  e  come  frutto   di   essa\"\n(sentenza n. 106 del 1996, punto 2.1. del  Considerato  in  diritto),\nrischia  di  essere  compromessa,  in  contrasto   con   i   principi\ncostituzionali che,  nel  garantire  la  giusta  retribuzione,  anche\ndifferita, tutelano la dignita\u0027 della persona umana». \n    1.5.2. A seguito del monito della Corte, lo Stato si e\u0027  limitato\nad introdurre la disciplina dell\u0027anticipazione della  prestazione  di\ncui all\u0027art. 23 del decreto-legge n.  4  del  2019,  secondo  cui  e\u0027\npossibile richiedere il finanziamento di una somma, pari  all\u0027importo\nmassimo di euro 45.000,00, dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata,\ngarantito dalla cessione pro solvendo del credito avente  ad  oggetto\nl\u0027emolumento, dietro versamento di  un  tasso  di  interesse  fissato\ndall\u0027art. 4, comma 2, del decreto ministeriale  19  agosto  2020,  in\nmisura pari al rendimento medio dei titoli pubblici maggiorato  dello\n0,40 per cento. \n    1.5.3. L\u0027I.N.P.S., dal canto suo, con delibera del  Consiglio  di\namministrazione  n.  219  del   9   novembre   2022,   ha   istituito\nl\u0027anticipazione del T.F.S., prevedendo al  riguardo  la  possibilita\u0027\nper gli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni  creditizie\ne sociali di usufruire di un finanziamento pari all\u0027intero  ammontare\ndel trattamento maturato e liquido, erogato  al  tasso  di  interesse\npari all\u00271% fisso (a cui si aggiungono le spese di  amministrazione),\nsempre dietro cessione pro solvendo della  corrispondente  quota  non\nancora esigibile del T.F.S. \n    1.5.4. Con la successiva sentenza n. 130 del 2023, vertente sulla\nmedesima questione di diritto  per  contrasto  con  il  principio  di\nproporzionalita\u0027 della retribuzione, espresso dall\u0027art. 36 Cost.,  la\nCorte, ponendosi in continuita\u0027 con la precedente pronuncia del 2019,\ndella quale ha condiviso le  premesse  concettuali  e  riproposto  le\nargomentazioni  principali,  ha  stigmatizzato  la  mancanza  di  una\n«riforma   specificamente   volta   a   porre   rimedio   al   vulnus\ncostituzionale riscontrato...», osservando, in  particolare,  che  la\ndisciplina  dell\u0027anticipazione  della  prestazione   introdotta   dal\nlegislatore nel 2019 e il finanziamento delineato dall\u0027INPS di cui si\ne\u0027  riferito  ai  precedenti  par.  1.5.2  e  1.5.3  «investono  solo\nindirettamente  la  disciplina  dei  tempi  di  corresponsione  delle\nspettanze di fine servizio»,  limitandosi  a  riconoscere  all\u0027avente\ndiritto   la   facolta\u0027   di   evitare   la   percezione    differita\ndell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento oneroso delle stesse\nsomme dovutegli a tale titolo. \n    In particolare, ha rimarcato che «il  legislatore  non  ha  (...)\nespunto  dal  sistema  il  meccanismo  dilatorio  all\u0027origine   della\nriscontrata violazione, ne\u0027 si e\u0027 fatto carico della spesa necessaria\na ripristinare l\u0027ordine costituzionale violato, ma ha riversato sullo\nstesso  lavoratore  il  costo  della  fruizione  tempestiva   di   un\nemolumento che, essendo rapportato alla retribuzione  e  alla  durata\ndel  rapporto  e  quindi,  attraverso  questi  due  parametri,   alla\nquantita\u0027 e alla qualita\u0027 del lavoro, e\u0027 parte  del  compenso  dovuto\nper il servizio prestato (sentenza n. 106 del 1996)». \n    A fronte di tale  inerzia  -  pur  dichiarando  inammissibili  le\nquestioni sollevate dal  giudice  a  quo,  in  quanto  «...Al  vulnus\ncostituzionale riscontrato con riferimento all\u0027art. 3, comma  2,  del\ndecreto-legge n. 79 del 1997, come convertito, questa Corte non puo\u0027,\nallo stato, porre rimedio,  posto  che  il  quomodo  delle  soluzioni\nattinge  alla  discrezionalita\u0027  del  legislatore.   Deve,   infatti,\nconsiderarsi il rilevante impatto in termini di  provvista  di  cassa\nche il  superamento  del  differimento  in  oggetto,  in  ogni  caso,\ncomporta; cio\u0027  che  richiede  che  sia  rimessa  al  legislatore  la\ndefinizione della gradualita\u0027 con cui il pur indefettibile intervento\ndeve essere attuato, ad esempio, optando per una  soluzione  che,  in\nossequio ai richiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di\nragionevolezza  e  proporzionalita\u0027,   si   sviluppi   muovendo   dai\ntrattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri...»  -  ha\nrinnovato  l\u0027invito  al   legislatore   a   provvedere,   non   senza\ntralasciare,  tuttavia,  di  porre  l\u0027accento  sul  fatto  che:   «La\ndiscrezionalita\u0027 di cui gode il legislatore nel determinare i mezzi e\nle modalita\u0027 di attuazione di una riforma  siffatta  deve,  tuttavia,\nritenersi, temporalmente limitata. \n    La  lesione  delle  garanzie   costituzionali   determinata   dal\ndifferimento della corresponsione delle prestazioni in  esame  esige,\ninfatti,  un  intervento  riformatore  prioritario,  che   contemperi\nl\u0027indifferibilita\u0027 della reductio ad legitimitatem con la  necessita\u0027\ndi inscrivere la spesa da essa  comportata  in  un  organico  disegno\nfinanziario che tenga conto anche degli impegni  assunti  nell\u0027ambito\ndella precedente programmazione economico-finanziaria. \n    In proposito,  questa  Corte  deve  evidenziare,  come  in  altre\nanaloghe  occasioni,  \"che  non   sarebbe   tollerabile   l\u0027eccessivo\nprotrarsi  dell\u0027inerzia  legislativa  in  ordine  ai  gravi  problemi\nindividuati dalla presente pronuncia\" (da ultimo, sentenza n. 22  del\n2022; si vedano anche sentenze n. 120 e n. 32 del 2021). \n    Accertata  la  necessita\u0027  della  espunzione   della   disciplina\nconcernente tale differimento, va rilevato,  quanto  alla  previsione\ndel pagamento  rateale  del  trattamento  di  fine  servizio  di  cui\nall\u0027art. 12,  comma  7,  del  decreto-legge  n.  78  del  2010,  come\nconvertito - l\u0027altra disposizione censurata - che il sistema cui essa\nha dato luogo, essendo strutturato secondo una progressione  graduale\ndelle dilazioni, via via piu\u0027  ampie  in  proporzione  all\u0027incremento\ndell\u0027ammontare della prestazione, da un lato, calibra  il  sacrificio\neconomico derivante dalla percezione  frazionata  dell\u0027indennita\u0027  in\nmodo tale da renderne  esenti  i  beneficiari  dei  trattamenti  piu\u0027\nmodesti; dall\u0027altro, assicura ai titolari delle indennita\u0027  ricadenti\nnegli scaglioni via  via  piu\u0027  elevati  la  percezione  immediata  -\nrectius: che diverra\u0027 immediata solo all\u0027esito della eliminazione del\ndifferimento previsto dall\u0027art. 3, comma 2, del D.L. n. 79 del  1997,\ncome  convertito  -  almeno  di  una  parte  della  prestazione  loro\nspettante. \n    Tuttavia, questa Corte non puo\u0027 esimersi dal considerare che tale\ndisciplina - peraltro connessa, per espressa previsione della  stessa\nnorma  censurata,  alle  esigenze,  necessariamente  contingenti,  di\nconsolidamento dei conti  pubblici  -  in  quanto  combinata  con  il\ndescritto  differimento,  finisce  per  aggravare  il  vulnus   sopra\nevidenziato». \n    1.6. In punto di fatto il ricorrente ha,  inoltre,  ulteriormente\nrappresentato che: \n      - quanto alle competenze del legislatore, nel giugno 2024  sono\nstati presentati due disegni di legge (atti C-1254 e C-1264), che non\nhanno pero\u0027 avuto seguito in ragione  del  parere  negativo  espresso\ndalla Ragioneria generale dello Stato (parere allegato al ricorso); \n      -  quanto  alle   competenze   dell\u0027I.N.P.S.,   il   meccanismo\ndell\u0027anticipazione introdotto con  la  richiamata  deliberazione  del\nC.d.A. n. 219/2022 (il quale peraltro  ha  consentito  solo  a  pochi\nsoggetti di accedere al beneficio stante la limitatezza delle risorse\nfinanziarie disponibili) e\u0027 stato da ultimo abrogato; \n      - neanche  l\u0027altro  istituto  introdotto  nel  2019  (ossia  il\nfinanziamento bancario) e\u0027 satisfattivo,  anche  perche\u0027  non  esiste\nalcun obbligo per le banche di contrarre e comunque al beneficio  non\npotrebbero accedere i c.d. cattivi pagatori (in generale, poi, questi\nstrumenti sono stati definiti dalla stessa  Corte  costituzionale  di\nper se\u0027 non idonei a superare i profili di incostituzionalita\u0027  delle\nnorme che prevedono la dilazione del pagamento e la rateizzazione del\nT.F.S.). \n    1.7. Sicche\u0027 - richiamando l\u0027attenzione sul fatto che  nonostante\nil lungo lasso di tempo decorso dalla prima sentenza monito e  anche,\noramai, dalla seconda che ha accertato la illegittimita\u0027 della norma,\npur  non  dichiarandola,  e  sulla  perduranza  della  situazione  di\nincostituzionalita\u0027, tale da rendere non piu\u0027 tollerabile il vuoto di\ntutela costituzionale che ne deriva e imponendosi, anzi, l\u0027intervento\ndella Corte - ha  quindi,  come  detto,  chiesto  l\u0027accertamento  del\ndiritto a percepire il T.F.S. senza dilazioni e senza rateizzazioni e\nla condanna dell\u0027Istituto previdenziale  intimato  a  corrispondergli\nsenza dilazione l\u0027intero  importo  di  spettanza  oltre  interessi  e\nrivalutazione dal di\u0027 del dovuto al saldo,  previa  nuova  rimessione\nalla   Corte   costituzionale   della   questione   di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997,\nn. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio  della  finanza  pubblica),\nconvertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140,  e\nsuccessive modifiche e dell\u0027art. 12, comma 7,  del  decreto-legge  31\nmaggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione\nfinanziaria  e  di   competitivita\u0027   economica),   convertito,   con\nmodificazioni, nella legge 30  luglio  2010,  n.  122,  e  successive\nmodifiche, per (manifesta e reiterata) violazione dell\u0027art. 36  Cost.\ne dell\u0027art. 1 Protocollo 1 CEDU. \n    1.7.1. Il ricorrente ha dedotto, segnatamente, che: \n      - l\u0027art. 36 Cost. statuisce che il lavoratore ha diritto ad una\nretribuzione proporzionata alla qualita\u0027 e quantita\u0027 del suo lavoro e\nin ogni caso sufficiente ad assicurare a se\u0027 ed alla sua famiglia una\nesistenza libera e dignitosa. La retribuzione, pertanto, da  un  lato\nnon  deve  mai  perdere  il  suo  collegamento  con  la   prestazione\nlavorativa svolta e, dall\u0027altro, deve essere adeguata  e  sufficiente\nai sensi dell\u0027art. 36 Cost., avendo a  riguardo  non  solo  alla  sua\nentita\u0027, ma anche alla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. Questi\nprincipi, come detto, si applicano anche al T.F.S. in  ragione  della\nsua natura di  retribuzione  differita,  funzionale  fra  l\u0027altro  ad\naccompagnare al lavoratore nel  momento  delicato  della  sua  uscita\ndalla vita lavorativa. La Corte costituzionale ha in  piu\u0027  occasioni\nribadito  che  tutte  le  misure  che  incidono  sul   diritto   alla\nretribuzione per superare  il  vaglio  di  costituzionalita\u0027  debbono\nessere giustificare da comprovate ragioni  di  interesse  generale  e\ndevono avere efficacia limitata nel tempo (sentenze n. 178 del 2015 e\nn. 173 del 2016). Nel caso  delle  modalita\u0027  di  corresponsione  del\nT.F.S. questi paletti sono stati ampiamente travalicati, visto che  i\nsacrifici imposti agli aventi diritto a tale trattamento  sono  ormai\ndivenuti strutturali e non piu\u0027 legati ad emergenze finanziarie; \n      - per costante giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo (Fabian c. Ungheria [GC], n. 78117/13,  5  settembre  2017;\nStefanetti,  n.  21838/10,  15  settembre   2014)   le   pensioni   e\nconseguentemente anche il trattamento di fine servizio  maturato  per\neffetto della vita lavorativa costituiscono un \"bene\" ai sensi  della\nConvenzione. Secondo le norme generali applicabili, il diritto matura\ned entra a far parte del patrimonio del titolare al momento in cui si\nsoddisfano i requisiti  per  il  pensionamento.  Le  prestazioni  non\nancora percepite rientrano nella sfera di  applicazione  dell\u0027art.  1\nProtocollo 1 allegato alla Convenzione,  in  quanto  espressione  del\ndiritto, gia\u0027 maturato e gia\u0027 parte del patrimonio del ricorrente fin\ndal momento del raggiungimento dei requisiti  necessari,  e  in  ogni\ncaso  debbono  essere  considerate  espressione  di  una   \"legittima\naspettativa\", esplicitamente  riconosciuta  e  tutelata  dal  diritto\ncostituzionale interno (Kopecký  c.  Slovacchia  [GC],  n.  44912/98,\n28/9/2004; Plalam SPA c. Italia, n. 16021/02, 8/2/2011). In casi  del\ngenere la Corte  EDU  verifica  se  il  diritto  dell\u0027interessato  di\nbeneficiare delle  prestazioni  previdenziali  e  pensionistiche  sia\nstato violato in misura tale da comprometterne l\u0027essenza  (Domalewski\nc. Polonia (dec.); Kjartan Asmundsson c. Islanda, § 39; Wieczorek  c.\nPolonia, § 57;  Rasmussen  c.  Polonia,  §  75;  Valkov  e  altri  c.\nBulgaria, §§ 91 e 97; Maggio e altri c. Italia, §  63;  Stefanetti  e\naltri c. Italia, § 55). \n    2. L\u0027I.N.P.S., seppur ritualmente evocato in giudizio, non si  e\u0027\ncostituito. \n    3. In prossimita\u0027  dell\u0027udienza  pubblica  del  15  luglio  2025,\nfissata per la trattazione del ricorso, il ricorrente ha chiesto: \n      - in via principale, di  sospendere  il  presente  giudizio  in\nattesa   della   definizione   della   questione   di    legittimita\u0027\ncostituzionale gia\u0027 rimessa alla Corte costituzionale dalle ordinanze\nn. 105/2025  del  Tribunale  amministrativo  regionale  Marche  e  n.\n4169/2025 del Tribunale amministrativo regionale Lazio - Roma; \n      -  in  subordine,  di  trattenere  la  causa  in  decisione  e,\nrichiamando  le  conclusioni  gia\u0027  rassegnate  nel  ricorso,  previa\ndichiarazione  di  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza   della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale  illustrata,  sospendere  il\ngiudizio e rimettere gli atti innanzi alla Corte  costituzionale  per\nla declaratoria di incostituzionalita\u0027 delle disposizioni individuate\ne per l\u0027effetto accertare e dichiarare  il  diritto  del  ricorrente,\ncessato dal servizio per raggiunti limiti di  eta\u0027,  a  percepire  il\nT.F.S. senza dilazioni  e  senza  rateizzazione  e  la  condanna  del\nresistente  a  corrispondere  senza  dilazione  l\u0027intero  importo  di\nspettanza, oltre interessi e rivalutazione  dal  di\u0027  del  dovuto  al\nsaldo. \n    4. Celebrata la detta udienza, la causa e\u0027 stata  introitata  per\nla decisione. \n    4.1. All\u0027esito  della  successiva  Camera  di  consiglio,  questo\nTribunale Amministrativo Regionale, ritenendo preferibile rimettere a\npropria volta alla Corte costituzionale la questione di  legittimita\u0027\ncostituzionale delle  norme  dianzi  indicate  prospettata  da  parte\nricorrente e sospendere  il  giudizio,  ha  pronunciato  la  seguente\nordinanza,  ravvisando,  invero,  sussistere  i  presupposti  di  cui\nall\u0027art. 23 della legge 11  marzo  1953,  n.  87,  nella  preliminare\ncondivisione  di  quanto  osservato  dal   Tribunale   amministrativo\nregionale  Marche,  al  par.  6.2.2.,  della  propria  ordinanza   di\nrimessione («Si deve... convenire con il  ricorrente  sul  fatto  che\nnella specie la Corte ha adottato una c.d. sentenza monito, ossia  ha\naccertato l\u0027incostituzionalita\u0027 delle norme di  legge  sottoposte  al\nsuo giudizio, ma non l\u0027ha dichiarata formalmente sul presupposto  che\nla riforma  organica  della  materia  compete  solo  al  legislatore,\nvenendo in rilievo vari interessi  di  rango  costituzionale  la  cui\nottimale  composizione  implica  delicate   valutazioni   di   ordine\npolitico,  relative  anzitutto  al  procacciamento  della   provvista\nfinanziaria necessaria per ricondurre il  sistema  alla  legittimita\u0027\ncostituzionale. \n    Ovviamente le c.d. sentenze monito, in assenza di  una  specifica\ndisposizione costituzionale che ne disegni la relativa disciplina, da\nun  lato  non  vincolano  il  legislatore  (non  esiste  infatti  uno\nstrumento  tecnico  in  forza  del  quale  si  possa   obbligare   il\nlegislatore ad adeguarsi ad una pronuncia  della  Corte),  dall\u0027altro\nlato pongono due questioni  preliminari,  relative,  rispettivamente,\nall\u0027accertamento della \"inottemperanza\" e al termine entro  il  quale\nil legislatore avrebbe dovuto  adeguarsi.  Infatti,  in  presenza  di\n\"sentenze monito\" a cui non abbia fatto seguito alcun intervento  del\nlegislatore  e\u0027  necessario  verificare  (e  tale  verifica   compete\novviamente solo alla Corte costituzionale): \n      - se si e\u0027 effettivamente in presenza di una \"inottemperanza\" o\nse esistono ragioni che giustificano l\u0027inattivita\u0027 del legislatore; \n      - se tale \"inottemperanza\" si e\u0027 protratta per  un  periodo  di\ntempo tale da costituire nella sostanza  un\u0027elusione  delle  pronunce\ndella Corte. \n    Quanto al primo profilo, e ribadito che le norme applicate  nella\nspecie dall\u0027I.N.P.S. non risultano ad oggi modificate,  va  osservato\nche nella sentenza n. 130 del 2023 la Corte  costituzionale  ha  gia\u0027\nevidenziato che le misure finalizzate a consentire all\u0027ex  dipendente\ndi chiedere anticipazioni del T.F.S. o finanziamenti  bancari  previa\ncessione pro solvendo del credito non sono  risolutive  perche\u0027  \"...\nnon apportano alcuna modifica alle norme in scrutinio, ma si limitano\na riconoscere all\u0027avente diritto la facolta\u0027 di evitare la percezione\ndifferita dell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027  al  finanziamento  oneroso\ndelle stesse somme dovutegli a tale titolo...\". \n    Il Tribunale ritiene dunque che vi siano  fondati  argomenti  per\nsostenere che allo stato il  legislatore  non  si  e\u0027  oggettivamente\nadeguato alle sentenze n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023  (mentre  in\nquesta sede non sono valutabili eventuali ragioni  che  giustifichino\ntale inerzia). \n    Quanto al secondo profilo, per un verso e\u0027 del  tutto  ovvio  che\nnon  si  puo\u0027  pretendere  un  adeguamento  immediato  da  parte  del\nlegislatore   (stanti   anche   i   tempi   tecnici   necessari   per\nl\u0027approvazione  di  una  proposta  di  legge),  per  altro  verso  e\u0027\naltrettanto ovvio che le decisioni della Corte, per non  tradursi  di\nfatto in grida di manzoniana memoria, debbono essere  ottemperate  in\nun tempo ragionevole, che pero\u0027 non puo\u0027 essere stabilito dal giudice\ndi merito, ma solo dal Giudice delle leggi»). \n    B) Rilevanza della questione \n    5. La questione e\u0027 rilevante per le seguenti ragioni. \n    5.1. Al fine del decidere vengono in rilievo le  disposizioni  di\ncui all\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge  28  marzo  1997,  n.  79,\nconvertito in legge, con modificazioni, con legge 28 maggio 1997,  n.\n140, cosi\u0027 come da ultimo modificato dalla lettera b) del  comma  484\ndell\u0027art. 1, legge 27 dicembre 2013, n. 147 [\"Alla  liquidazione  dei\ntrattamenti di fine servizio,  comunque  denominati,\"  a  favore  dei\ndipendenti delle pubbliche amministrazioni, oggi  definite  dall\u0027art.\n1, comma 2, del decreto legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  e  al\npersonale in regime di diritto pubblico di cui all\u0027art. 3, commi 1  e\n2, del decreto stesso \"l\u0027ente erogatore provvede (...), nei  casi  di\ncessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di  eta\u0027  o  di\nservizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento\na riposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima\ndi  servizio  prevista  dalle  norme  di  legge  o   di   regolamento\napplicabili   nell\u0027amministrazione,   decorsi   dodici   mesi   dalla\ncessazione del rapporto di lavoro. Alla  corresponsione  agli  aventi\ndiritto l\u0027ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i  quali\nsono  dovuti  gli  interessi\"],  e  all\u0027art.   12,   comma   7,   del\ndecreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78,  convertito  in  legge,  con\nmodificazioni, dall\u0027art. 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122 [\"A\ntitolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici attraverso il\ncontenimento della dinamica della spesa corrente nel  rispetto  degli\nobiettivi  di  finanza  pubblica  previsti   dall\u0027Aggiornamento   del\nprogramma di stabilita\u0027 e crescita, dalla data di entrata  in  vigore\ndel presente  provvedimento,  con  riferimento  ai  dipendenti  delle\namministrazioni pubbliche come individuate dall\u0027Istituto nazionale di\nstatistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell\u0027art. 1  della  legge  31\ndicembre  2009,  n.  196   il   riconoscimento   dell\u0027indennita\u0027   di\nbuonuscita, dell\u0027indennita\u0027 premio di servizio,  del  trattamento  di\nfine rapporto e di ogni altra indennita\u0027 equipollente corrisposta una\ntantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a  vario\ntitolo dall\u0027impiego e\u0027 effettuato: (...) b) in due importi annuali se\nl\u0027ammontare complessivo della prestazione, al  lordo  delle  relative\ntrattenute fiscali, e\u0027 complessivamente superiore a  50.000  euro  ma\ninferiore a 100.000 euro. In tal caso il  primo  importo  annuale  e\u0027\npari a 50.000 euro e il secondo importo annuale e\u0027 pari all\u0027ammontare\nresiduo; (...)\"]. \n    5.2. Trattasi di disposizioni che,  cosi\u0027  come  formulate,  sono\nimpeditive all\u0027accoglimento della domanda  azionata  dal  ricorrente,\nvolta all\u0027accertamento del diritto, in quanto  cessato  dal  servizio\nper raggiunti limiti di eta\u0027 in data  31  maggio  2024,  a  percepire\nl\u0027importo di spettanza a titolo di T.F.S.  senza  dilazioni  e  senza\nrateizzazione e alla, conseguente, condanna  dell\u0027Istituto  stesso  a\ncorrispondergli  senza  dilazione  l\u0027intero  importo  dovuto,   oltre\ninteressi e rivalutazione. \n    5.2.1. Secondo il loro inequivoco tenore testuale, insuscettibile\ndi un\u0027interpretazione adeguatrice e/o  costituzionalmente  orientata,\nil ricorso dovrebbe,  infatti,  essere  respinto  poiche\u0027  le  stesse\nprevedono,  per  l\u0027appunto,  le  dilazioni  e  la  rateizzazione  dal\nmedesimo contestate. \n    5.3.  Laddove  venisse,  tuttavia,  accolta   la   questione   di\nlegittimita\u0027  costituzionale  dianzi  sinteticamente  prospettata  il\npresente giudizio avrebbe un esito diverso, in quanto  la  dichiarata\nincostituzionalita\u0027 delle norme oggetto di  applicazione  -  che,  si\nsottolinea,  dettano,  con  precisione,  tempi  (dilatori)   per   la\nliquidazione e la corresponsione del T.F.S. e stabiliscono,  in  ogni\ncaso, la rateazione  per  l\u0027erogazione  di  importi  come  quello  di\nstimata spettanza del ricorrente  -  determinerebbe,  per  l\u0027appunto,\nl\u0027accertamento  del  diritto  del  medesimo  ad  ottenere  quanto  di\nspettanza a titolo di T.F.S. nei sensi  auspicati  e  la  conseguente\ncondanna dell\u0027Istituto intimato  a  corrisponderglielo  negli  stessi\ntermini e con le medesime modalita\u0027. \n    5.4. Un tanto soddisfa, ad avviso del  Collegio,  il  presupposto\ndella rilevanza della questione, ai  sensi  dell\u0027art.  23,  comma  2,\ndella legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale e\u0027 necessario  che\n«il  giudizio  non  possa  essere  definito  indipendentemente  dalla\nrisoluzione della questione  di  legittimita\u0027  costituzionale»  della\nnorma primaria contestata. \n    C) Sulla non manifesta infondatezza della questione \n    6. Il Collegio ritiene, inoltre, non manifestamente infondato, ai\nsensi della norma dianzi  indicata,  il  denunciato  conflitto  delle\nnorme che qui vengono  in  rilievo  con  il  principio  di  giusta  e\ntempestiva retribuzione, radicato nell\u0027art. 36 della Costituzione,  e\ndi tutela della sfera patrimoniale del lavoratore, ai sensi dell\u0027art.\n117,  comma  primo,  della  Carta  costituzionale  in  relazione   al\nparametro interposto dell\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione\nper  la  salvaguardia  dei  diritti  dell\u0027uomo   e   delle   liberta\u0027\nfondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950  (di  seguito,  CEDU),\nratificata e resa esecutiva con  la  legge  4  agosto  1955,  n.  848\n(Ratifica ed esecuzione della Convenzione  per  la  salvaguardia  dei\ndiritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali firmata a Roma  il  4\nnovembre 1950 e del Protocollo addizionale alla  Convenzione  stessa,\nfirmato a Parigi il 20 marzo 1952), laddove il  trattamento  di  fine\nservizio costituisce espressione di una legittima  aspettativa  della\npersona, gia\u0027 entrata a far parte del suo patrimonio per effetto  del\nraggiungimento dei requisiti necessari. \n    6.1.  In  tal  senso,  s\u0027appalesano,  invero,  condivisibili   le\ndeduzioni svolte dal ricorrente e di cui s\u0027e\u0027 riferito ai  §§  1.7  e\n1.7.1, alla cui lettura si rinvia. \n    6.2. La Corte costituzionale ha, peraltro, piu\u0027  volte  affermato\nil principio per il quale una misura quale quella  in  esame  (che  -\ncome sottolineato nella sentenza n. 159 del 2019 - trovava originaria\nconnessione  giustificativa  \"con   il   consolidamento   dei   conti\npubblici\"), per superare lo scrutinio di costituzionalita\u0027, non  puo\u0027\nriguardare un arco temporale indefinito, ma deve essere  giustificato\nda una crisi contingente e deve atteggiarsi quale misura  una  tantum\n(sent. n. 178 del 2015 e n. 173 del 2016). \n    6.3. In ragione dell\u0027inerzia del legislatore nell\u0027adeguarsi  alle\nsentenze  della  Corte  costituzionale  di  cui  innanzi  sono  stati\nriportati ampi stralci, il diritto al T.F.S. risulta, invero, violato\nin misura tale da snaturarne  il  contenuto,  sia  in  ragione  della\nrateizzazione del pagamento, sia alla luce del fatto che la dilazione\ntemporale non e\u0027 compensata dalla rivalutazione monetaria delle somme\nspettanti all\u0027ex dipendente pubblico. Ne consegue che la retribuzione\ndifferita viene ad essere di fatto non piu\u0027 proporzionata e  adeguata\nrispetto all\u0027attivita\u0027 lavorativa svolta e ai contributi versati. \n    6.3.1. Giova, infatti, osservare  -  come  gia\u0027  evidenziato  nel\ncorso dell\u0027esposizione della vicenda fattuale - che il trattamento di\nfine servizio o rapporto costituisce una componente del compenso  che\nil  lavoratore  ha  conseguito  come   corrispettivo   dell\u0027attivita\u0027\nlavorativa e che fa parte integrante del  suo  patrimonio,  tanto  e\u0027\nvero che in caso di decesso  prematuro  del  dipendente  l\u0027emolumento\nviene erogato ai congiunti superstiti. Inoltre  il  T.F.S.  spetta  a\nprescindere dalla causa  di  cessazione  del  rapporto  di  lavoro  e\ndall\u0027accertamento dello  stato  di  bisogno  dell\u0027avente  diritto.  I\ntrattamenti  di  fine  servizio  sono   ispirati   al   criterio   di\ncorrispettivita\u0027 e restituiscono al lavoratore, alla  cessazione  del\nrapporto, una somma certa e di ammontare ben definito (al riguardo si\ntiene infatti conto della retribuzione percepita in servizio e  della\ndurata del rapporto di lavoro), che viene  definitivamente  acquisita\nal  suo  patrimonio  e   devoluta   per   successione   legittima   o\ntestamentaria in caso di decesso del lavoratore in servizio. \n    6.3.2. Ne deriva che il trattamento di fine servizio deve  essere\nerogato con la necessaria tempestivita\u0027, questa essendo un corollario\nindispensabile dei principi di proporzionalita\u0027 e  adeguatezza  della\nretribuzione sanciti dall\u0027art. 36 Cost. e delle  esigenze  di  tutela\ndella sfera patrimoniale del lavoratore  a  garanzia  della  dignita\u0027\ndella persona umana che trova fondamento nell\u0027art. 1 Prot. n. 1 CEDU,\natteso che il trattamento di fine servizio costituisce espressione di\nuna legittima aspettativa della persona, gia\u0027 entrata a far parte del\nsuo  patrimonio  per  effetto  del   raggiungimento   dei   requisiti\nnecessari. \n    7.   Va   dunque   sollevata   la   questione   di   legittimita\u0027\ncostituzionale degli  articoli  3,  comma  2,  del  decreto-legge  n.\n79/1997,  convertito  nella   legge   n.   140/1997,   e   successive\nmodificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7,  del  decreto-legge  n.\n78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge  n.  122/2010,  e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni,  per  il  profilo  relativo\nall\u0027omesso adeguamento delle norme stesse alle sentenze  della  Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023, visto che l\u0027inerzia\ndel legislatore  reitera  la  lesione  sostanziale  del  diritto  del\ndipendente pubblico cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027\nalla percezione  di  una  retribuzione  (in  questo  caso  differita)\nsufficiente   e   proporzionata   all\u0027attivita\u0027   lavorativa   svolta\ndall\u0027interessato (art. 36 Cost.).  La  lesione  sostanziale  discende\ndalla dilazione temporale e dalla rateizzazione del  pagamento  della\nsomma dovuta, non accompagnate da un meccanismo di adeguamento  degli\nimporti pagati all\u0027andamento dell\u0027inflazione. \n    8. Laddove si volesse invece ritenere che le sentenze monito  non\nvincolano ne\u0027 il legislatore  ne\u0027  la  stessa  Corte  costituzionale,\nvanno nuovamente sollevate  le  medesime  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale delle prefate disposizioni di legge,  nella  parte  in\ncui le stesse prevedono - come misure ormai strutturali  e  non  piu\u0027\nlegate  a   specifiche   emergenze   finanziarie   -   la   dilazione\ndell\u0027effettiva erogazione  del  T.F.S.  e  (nell\u0027ipotesi  di  importi\nsuperiori a euro 50.000,00, come e\u0027 nel caso dell\u0027odierno ricorrente)\nla rateizzazione dei pagamenti, non accompagnate dalla  rivalutazione\ndelle somme via via erogate all\u0027ex dipendente  pubblico  cessato  dal\nservizio per raggiunti limiti di eta\u0027. \n    8.1. Tali disposizioni confliggono con  l\u0027art.  36  Cost.  per  i\nprofili gia\u0027 ampiamente evidenziati dalla Corte costituzionale  nella\nsentenza n. 130 del 2023 e riepilogati nel  §  1.5.4  della  presente\nordinanza, nonche\u0027 con l\u0027art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione\nall\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. \n    9. Per  le  ragioni  sin  qui  esposte,  il  Collegio,  ritenendo\nrilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dianzi prospettata per il profilo relativo  all\u0027omesso\nadeguamento  delle  norme  medesime   alle   sentenze   della   Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023 e, in ogni caso, per\ncontrasto con l\u0027art. 36 Cost., nonche\u0027 con l\u0027art. 117,  primo  comma,\nCost., in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo  n.  1  alla  CEDU,  la\nsolleva, ai sensi dell\u0027art. 23 della legge n. 87 dell\u002711 maggio 1983,\ne  dispone   l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale, sospendendo, al contempo, il giudizio in corso. \n    10. Ogni ulteriore statuizione in rito, in  merito  e  in  ordine\nalle spese e\u0027 riservata alla decisione definitiva. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Friuli-Venezia\nGiulia, I Sezione, dichiara rilevante per la definizione del presente\ngiudizio e non manifestamente infondata, per le  ragioni  di  cui  in\nmotivazione, la questione  di  costituzionalita\u0027  degli  articoli  3,\ncomma 2, del decreto-legge n.  79/1997,  convertito  nella  legge  n.\n140/1997, e successive modificazioni ed integrazioni, e 12, comma  7,\ndel decreto-legge n. 78/2010, convertito,  con  modificazioni,  nella\nlegge n. 122/2010, e successive modificazioni ed integrazioni, per il\nprofilo relativo all\u0027omesso adeguamento  delle  norme  medesime  alle\nsentenze della Corte costituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023\ne per contrasto con l\u0027art. 36 Cost. e l\u0027art. 117, primo comma, Cost.,\nin relazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. \n    Conseguentemente   solleva   la   questione    di    legittimita\u0027\ncostituzionale delle norme citate nei sensi dianzi precisati. \n    Sospende,  per  l\u0027effetto,  il  giudizio  fino  alla  definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 di  cui  alla  questione  data  e\nordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte\ncostituzionale. \n    Manda alla Segreteria  di  provvedere  alla  notificazione  della\npresente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del  Consiglio\ndei ministri, nonche\u0027 alla comunicazione della stessa  ai  Presidenti\ndelle due Camere del Parlamento. \n    Ordina che la  presente  ordinanza  sia  eseguita  dall\u0027Autorita\u0027\nAmministrativa. \n    Cosi\u0027 deciso in Trieste nella Camera di consiglio del  giorno  15\nluglio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n      Carlo Modica de Mohac di Grisi\u0027, Presidente \n      Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore \n      Daniele Busico, Primo Referendario \n \n              Il Presidente: Modica de Mohac di Grisi\u0027 \n \n \n                                                 L\u0027estensore: Sinigoi","elencoNorme":[{"id":"63811","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"28/03/1997","data_nir":"1997-03-28","numero_legge":"79","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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