Reg. ord. n. 242 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/11/2025 n. 48

Ordinanza del Corte dei conti  del 17/11/2025

Tra: Trentino Sviluppo spa  C/ Istituto nazionale di statistica - ISTAT



Oggetto:

Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica – Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “, ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 28/10/2020  Num. 137  Art. 23

legge di conversione  del 18/12/2020  Num. 176



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 81   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 103   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  

Costituzione  Art. 113   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 13   Co.  

Trattato unione europea  Art. 19   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 47   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 242 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2025

Ordinanza del 17 novembre 2025 della Corte dei conti sezioni  riunite
in sede giurisdizionale sul ricorso  proposto  da  Trentino  sviluppo
S.p.a. contro Istituto nazionale di statistica - ISTAT. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica -  Enti  indicati
  nell'elenco 1 annesso  al  decreto-legge  n.  137  del  2020,  come
  convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione  dei
  saldi di finanza pubblica del  conto  economico  consolidato  delle
  amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal  Sistema
  europeo dei conti nazionali e regionali  nell'Unione  europea  (SEC
  2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e
  del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali  enti  si
  applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei
  bilanci  e  sostenibilita'   del   debito   delle   amministrazioni
  pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge
  n.  243  del  2012,  nonche'  quelle  in  materia  di  obblighi  di
  comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di
  finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b),
  del codice della giustizia contabile,  di  cui  all'Allegato  1  al
  decreto legislativo n. 174  del  2016,  dopo  le  parole:  "operata
  dall'ISTAT"  sono  aggiunte  le   seguenti:   ",   ai   soli   fini
  dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento  della
  spesa pubblica". 
- Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti  in
  materia di tutela della  salute,  sostegno  ai  lavoratori  e  alle
  imprese,   giustizia   e    sicurezza,    connesse    all'emergenza
  epidemiologica da COVID-19), convertito, con  modificazioni,  nella
  legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater. 


(GU n. 48 del 26-11-2025)

 
                         LA CORTE DEI CONTI 
               Sezioni riunite in sede giurisdizionale 
                      in speciale composizione 
 
    Composta dai signori magistrati: 
        Piergiorgio Della Ventura, Presidente; 
        Eugenio Musumeci, consigliere; 
        Giancarlo Astegiano, consigliere; 
        Marco Smiroldo, consigliere; 
        Daniele Bertuzzi, consigliere; 
        Maria Cristina Razzano, consigliere; 
        Domenico Cerqua, primo ref. estensore. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto  al  n.
742/SR/RGC del registro di segreteria proposto,  ai  sensi  dell'art.
11, comma 6, lettera b), e 123 e ss. del decreto legislativo  n.  174
del 2016, dalla societa' «Trentino Sviluppo S.p.a.», in  persona  del
Presidente, legale rappresentante pro tempore, sig. Sergio  Anzelini,
rappresentata  e  difesa,  come  da  procura  in  calce  al  ricorso,
dall'avv. Maria Cristina Osele, elettivamente domiciliata  presso  il
seguente indirizzo PEC: mariacristina.osele@pectrentoavvocati.it 
    Contro l'Istituto nazionale di statistica - Istat, in persona del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  generale   dello   Stato,   presso   la   cui   sede
istituzionale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e'  domiciliato,  e
nei confronti della  Procura  generale  della  Corte  dei  conti,  in
persona del Procuratore generale in carica pro tempore, con  sede  in
Roma alla via A. Baiamonti n. 25; 
    Nonche', per quanto occorrer possa, nei confronti: 
        della Presidenza del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente in carica  pro  tempore,  con  domicilio  ex  lege  presso
l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12; 
        del Ministero dell'economia e delle finanze, in  persona  del
Ministro  in  carica  pro  tempore,  con  domicilio  ex  lege  presso
l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12. 
    Per  l'annullamento   previa   sospensione   limitatamente   alla
posizione della societa' Trentino Sviluppo S.p.a.: 
        1)  dell'elenco  sintetico  delle  amministrazioni  pubbliche
inserite  nel  conto  economico  consolidato  individuate  ai   sensi
dell'art. 1, comma  3,  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196  e
successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 242 - del 30 settembre 2020; 
        2) della rettifica  dell'elenco  sintetico  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 275, del 4 novembre 2020; 
        3)  dell'elenco  analitico  delle  amministrazioni  pubbliche
inserite  nel  conto  economico  consolidato  individuate  ai   sensi
dell'art. 1,  comma  3  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196  e
successive   modificazioni,   pubblicato   sul   sito   istituzionale
dell'Istat in data 4 novembre 2020; 
    nonche', per quanto occorrer possa; 
        4) della nota specificativa 2020  dell'Istat  denominata  «Le
unita' istituzionali appartenenti al  settore  delle  amministrazioni
pubbliche», pubblicata sul sito istituzionale; 
        5)    degli    altri    atti    conseguenziali    presupposti
endoprocedimentali e connessi non ancora acquisiti o acquisendi. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie depositate dalle parti; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Uditi  nell'udienza  pubblica  del  giorno  16  luglio  2025   il
relatore,  primo  ref.  Domenico  Cerqua,  il  difensore   di   parte
ricorrente, in persona dell'avv. Maria Cristina Osele,  l'avv.  dello
Stato Pietro Garofoli  per  Istat  e  il  Pubblico  ministero,  nella
persona  del  vice  Procuratore   generale   Luigi   D'Angelo,   come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. La societa' «Trentino Sviluppo S.p.a.»,  costituita  tra  soci
privati il  16  luglio  1969,  a  seguito  di  evoluzioni  societarie
succedutesi negli anni e' oggi una societa' per azioni  con  capitale
sociale interamente posseduto dalla Provincia autonoma di Trento. 
    In  base  all'oggetto  sociale,  «costituisce  lo  strumento  del
sistema  della  pubblica  amministrazione  per   l'espletamento   nei
confronti della Provincia autonoma di Trento di attivita' strumentali
al  sostegno,  allo  sviluppo  ed  alla  promozione,  in  Italia   ed
all'estero, delle attivita' economiche in Trentino [...]». 
    2. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale -  n.  242,  del  30
settembre 2020, e' stato pubblicato l'elenco - per il  2021  -  delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della  legge  31  dicembre
2009, n. 196 e  successive  modificazioni,  elaborato  e  annualmente
aggiornato da Istat,  nel  quale  risulta  inserita  -  come  per  le
precedenti annualita' - anche la Trentino Sviluppo S.p.a. 
    In data 30 luglio 2021 la  Societa'  ha  depositato  ricorso  per
l'annullamento, previa sospensione, limitatamente alla sua posizione: 
        1)  dell'elenco  sintetico  delle  amministrazioni  pubbliche
inserite  nel  conto  economico  consolidato  individuate  ai   sensi
dell'art. 1, comma  3,  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196  e
successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 242, del 30 settembre 2020; 
        2) della rettifica  dell'elenco  sintetico  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 275, del 4 novembre 2020; 
        3)  dell'elenco  analitico  delle  amministrazioni  pubbliche
inserite  nel  conto  economico  consolidato  individuate  ai   sensi
dell'art. 1, comma  3,  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196  e
successive   modificazioni,   pubblicato   sul   sito   istituzionale
dell'Istat in data 4 novembre 2020; 
    nonche', «per quanto occorrer possa»: 
        4) della nota specificativa 2020  dell'Istat  denominata  «Le
unita' istituzionali appartenenti al  settore  delle  amministrazioni
pubbliche», pubblicata sul sito istituzionale; 
        5)    degli    altri    atti    conseguenziali    presupposti
endoprocedimentali e connessi non ancora acquisiti o acquisendi. 
    Nell'atto introduttivo sono stati prospettati i motivi che qui di
seguito vengono riassunti. 
I) Nullita' degli impugnati elenchi Istat del 30 settembre 2020 e del
4 novembre 2020 per violazione del giudicato  di  cui  alla  sentenza
SS.RR. n. 27/2020/RIS. 
    Questione  incidentale  di  costituzionalita'  relativa  all'art.
23-quater  (rubricato   «unita'   ulteriori   che   concorrono   alla
determinazione dei saldi di  finanza  pubblica  del  conto  economico
consolidato delle amministrazioni pubbliche»)  del  decreto-legge  n.
137 del 28 ottobre 2020 e relativo allegato (elenco  1)  e  legge  di
conversione n. 176 del 18 dicembre 2020 e relativo  allegato  (elenco
1). 
    La societa' ha richiamato la sentenza di queste  Sezioni  riunite
n. 27/2020/RIS, che  ha  accolto  il  suo  ricorso  avverso  l'elenco
sintetico  delle  amministrazioni  pubbliche   inserite   nel   conto
economico  consolidato  per  il  2020,  pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 229 il  30  settembre  2019,  nonche'
l'elenco analitico pubblicato in data 8 novembre 2019. 
    La  sentenza  n.  27/2020  avrebbe  determinato  la   conseguente
impossibilita'  di  considerare  la  societa'  come  «amministrazione
pubblica» anche per il futuro, fino a quando  non  muteranno  i  suoi
assetti organizzativi e funzionali. In definitiva,  il  giudicato  di
cui alla citata sentenza  avrebbe  prodotto  un  «effetto  vincolante
pieno»  e  in  qualche  modo  assoluto,  posto   che   l'annullamento
dell'elenco per il  2019  e'  scaturito  dall'accertato  difetto  dei
presupposti soggettivi. 
    Su  queste  premesse,  la  ricorrente  ha  chiesto  di  sollevare
questione   incidentale   di   costituzionalita'   dell'intero   art.
23-quater, per i profili illustrati nell'atto, con  riferimento  alla
violazione degli articoli 24, 101,  103  e  113  della  Costituzione,
nonche' degli articoli 3, 77, comma 2, e 10 della Costituzione 
II) In via gradata: violazione dell'art. 23-quater del  decreto-legge
n. 137/2020 e relativo elenco  1,  come  convertiti  dalla  legge  n.
176/2020.  Eccesso  di  potere  nelle   figure   sintomatiche   della
disparita' di trattamento. 
    Per l'ipotesi di mancato accoglimento delle  richieste  formulate
nel  primo  motivo,  la  Trentino  Sviluppo  S.p.a.,  prospetta   una
doglianza subordinata, in cui l'elenco e'  censurato  per  violazione
dell'art. 23-quater, primo comma, del decreto-legge n. 137/2020, come
convertito.  La  disposizione,  infatti,  non  avrebbe   giustificato
l'inserimento ipso iure nell'elenco Istat, avendo creato  «una  sorta
di tertium genus» che implicherebbe  l'applicazione  agli  otto  enti
indicati nell'elenco annesso al decreto-legge solo  di  alcuni  degli
oneri previsti per le pubbliche amministrazioni. 
    In ogni caso, continuerebbe  a  sussistere  la  legittimazione  e
l'interesse ad agire, pur dopo la novita'  legislativa.  Infatti,  le
prescrizioni  dell'art.  23-quater  del  decreto-  legge   comportano
comunque una serie di obblighi e vincoli procedimentali che implicano
consistenti oneri ed effetti  controproducenti  rispetto  al  normale
funzionamento di una societa' per azioni di natura privatistica. 
III) Violazione di legge  per  violazione  del  regolamento  (UE)  n.
549/2013 - regolamento SEC 2010 - e del suo  allegato  A),  paragrafi
20.05 ss. per assenza dei requisiti dell'assenza dello scopo di lucro
e della natura non market delle attivita' espletate. 
    Con il terzo ordine di contestazioni, premessa la propria  natura
di  societa'  in  house  della  Provincia  autonoma  di  Trento,   e'
richiamata la giurisprudenza secondo cui nel settore «amministrazioni
pubbliche»  di  cui  al  SEC  (S.13)  le  unita'  istituzionali  sono
classificate   sulla   base   di   criteri   di   natura   economica,
indipendentemente dal regime giuridico che le governa. 
    Riconosciuta  la  sussistenza  del   requisito   del   «controllo
pubblico»  e  dell'effettuazione  del  100%   del   fatturato   nello
svolgimento dei compiti affidati dall'Ente pubblico territoriale,  la
ricorrente argomenta sia in ordine allo scopo  di  lucro  perseguito,
che al ritenuto svolgimento di attivita' «market». 
IV) Eccesso di potere per disparita' di trattamento. 
    Infine, considerato che, delle dodici  societa'  in  house  della
Provincia di Trento, solo tre sono state inserite nell'elenco  (oltre
alla  ricorrente,  la  Cassa  del  Trentino  S.p.a.  e  la   Trentino
riscossioni S.p.a.) e' contestato un trattamento giuridico lesivo del
principio di uguaglianza, osservando che le  attivita'  svolte  dalle
societa' presentano tratti comuni. 
    3. L'Istat si  e'  costituito  in  giudizio,  con  il  patrocinio
dell'Avvocatura generale dello Stato, mediante memoria depositata  in
data 16 settembre 2021, nella quale ha concluso per la  dichiarazione
di inammissibilita' del ricorso  o,  comunque,  per  il  suo  rigetto
siccome infondato, con vittoria di spese, competenze e onorari. 
    Ricordato  che  la  Societa'  opera  con  fondi  assegnati  dalla
Provincia autonoma di Trento o utilizzando per  mandato  fondi  della
medesima,  alle  condizioni  stabilite   nelle   relative   leggi   e
convenzioni  attuative,   e   muovendo   dall'esame   dello   statuto
societario, la difesa erariale ha  affermato  che  la  ricorrente  e'
stata  classificata  in  S.13  in   pieno   rispetto   del   percorso
classificatorio definito dal SEC 2010. 
    Infatti, presenterebbe le caratteristiche proprie delle «societa'
veicolo delle amministrazioni pubbliche», organismi  considerati  non
come unita' istituzionali  distinte,  bensi'  come  parte  integrante
della societa' madre, al punto che i relativi conti sono  oggetto  di
consolidamento. 
    La  prospettazione  sarebbe  confermata  dalla  circostanza   che
ricorrerebbero, nella specie, le condizioni che integrano la mancanza
di indipendenza di azione, tra le quali: natura di societa' in  house
della Provincia autonoma di Trento «che, infatti, ne  rappresenta  il
cliente pressoche' unico»; svolgimento nei confronti  della  medesima
Provincia di attivita' strumentali al sostegno, allo sviluppo ed alla
promozione, in Italia ed all'estero, delle  attivita'  economiche  in
Trentino; mancato perseguimento dell'obiettivo di profitto; vocazione
non commerciale per espressa disposizione  statutaria.  In  generale,
opererebbe senza esporsi ai rischi tipici  connessi  all'acquisizione
di passivita' e di attivita'. 
    3.1 Con memoria conclusionale del 24 settembre 2021,  la  Procura
generale della Corte dei conti ha chiesto: 
        in  via  pregiudiziale,   «[...]   sollevare   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge  n.
137/2020 e dell'art. 1, comma 1, della legge n. 176 del  2020  e  del
relativo allegato che ha disposto l'introduzione dell'art.  23-quater
nel testo del decreto-legge in sede di conversione»; 
        «[n]el merito, respingere il ricorso perche'  infondato,  con
la  conferma  dell'inserimento  della  ricorrente  nell'elenco  delle
amministrazioni pubbliche inserite nel  conto  economico  consolidato
emanato dall'Istat e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  Serie
generale - n. 242 del 30 settembre 2020». 
    La   Procura   generale   ha   rinvenuto   plurimi   profili   di
illegittimita' costituzionale nella  normativa  introdotta  dall'art.
23-quater,  che  avrebbe  in  sostanza  «sterilizzato»  gli   effetti
onnicomprensivi della decisione della Corte  dei  conti  che  escluda
dall'elenco Istat una determinata entita'. 
    Con la novella, il legislatore avrebbe innanzitutto  violato  gli
articoli 76 e 77, commi 2 e 3, secondo  periodo,  della  Costituzione
(per l'inserimento, nella legge di conversione di  un  decreto-legge,
di emendamenti del tutto estranei all'oggetto e  alle  finalita'  del
testo originario). 
    Sono inoltre svolti argomenti in ordine alla ritenuta violazione:
degli articoli 24, 103, comma 2,  e  113  della  Costituzione;  degli
articoli 3 e 111, comma 2, della Costituzione; infine, degli articoli
11 e 117, comma 1, della Costituzione e 47, comma 1, CDFUE. 
    Nel  merito,  l'infondatezza  del  ricorso   conseguirebbe   alla
necessita' di classificare la societa'  in  S.13  senza  che  occorra
procedere alla valutazione del comportamento economico attraverso  il
test market/non market, presentando la natura  di  «societa'  veicolo
delle amministrazioni pubbliche». 
    Non  risultano  costituiti,  sebbene  destinatari   di   regolare
notifica  del  ricorso  introduttivo,  come  da  aa.rr.  in  atti   e
comunicazione del decreto di fissazione d'udienza ex art. 126 c.g.c.,
il Ministero dell'economia  e  delle  finanze  e  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri. 
    4. All'esito dell'udienza di discussione del 7  ottobre  2021  e'
stata depositata l'ordinanza n. 13/2021/RIS. 
    Nel  provvedimento  e'  stato   rilevato   che,   precedentemente
all'instaurazione  del  giudizio,  le  ordinanze  di  queste  Sezioni
riunite  in  sede  giurisdizionale  in   speciale   composizione   n.
5/2021/RIS (depositata il 3 giugno 2021) e n. 6/2021/RIS  (depositata
il 15 giugno 2021) avevano  disposto  la  rimessione  alla  Corte  di
giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art.  267  del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea, delle questioni interpretative
pregiudiziali  relative  alla  compatibilita'  del  menzionato   art.
23-quater decreto-legge n. 137/2020, convertito in legge n. 176/2020,
con la disciplina comunitaria dei saldi di bilancio, come integrata e
interpretata in base ai  principi  di  equivalenza  ed  effettivita',
nella parte in cui, modificando  l'art.  11,  comma  6,  lettera  b),
escluderebbe o renderebbe  sostanzialmente  inefficace  il  sindacato
giurisdizionale  sull'esatta  perimetrazione  del  settore   pubblica
amministrazione disciplinato dal SEC 2010. 
    Ritenuta  la  questione  rilevante,  il  Collegio  ha   rigettato
l'istanza cautelare e sospeso il presente giudizio, in  attesa  della
definizione della questione pregiudiziale con la pubblicazione  della
decisione della Corte di  giustizia  Gazzetta  Ufficiale  dell'Unione
europea. 
    4.1 E' sopravvenuta la sentenza della Corte di giustizia  del  13
luglio 2023, Ferrovienord  S.p.a.e  Federazione  Italiana  Triathlon,
nelle cause riunite C-363/21 e C-364/21. 
    Conseguentemente, la ricorrente il 12 ottobre 2023 ha  depositato
«atto di prosecuzione/riassunzione ex art. 107  c.g.c.»,  premettendo
di non essere stata inserita negli elenchi Istat pubblicati nel  2021
e nel 2022, che si limitavano a menzionare, in nota,  sia  la  citata
sentenza n.  27/2020/RIS  che  la  pendenza  del  presente  giudizio.
Inoltre, nell'elenco Istat pubblicato il 26 settembre 2023 era  stata
eliminata anche la predetta nota. 
    Cio' posto, l'Istat non avrebbe mai esplicitato i  presupposti  a
fondamento di tali attivita' amministrative sopravvenute, ne' i  loro
effetti,   generando   una   condizione   di   incertezza   operativa
legittimante la permanenza dell'interesse attuale e  concreto  a  una
pronuncia nel merito. 
    Pertanto,  ha  chiesto  di  fissare  udienza  in  prosecuzione  e
accogliere le domande formulate in sede di ricorso, cosi'  precisate:
«previa  occorrenda  proposizione   di   questione   incidentale   di
costituzionalita' e accertamento della insussistenza dei requisiti  e
presupposti per l'inserimento di Trentino Sviluppo S.p.a. nell'elenco
Istat delle amministrazioni pubbliche inserite  nel  conto  economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n.  196  e  successive  modificazioni,  accogliere  il
ricorso e dichiarare la nullita', annullare e/o disapplicare gli atti
impugnati con ogni conseguente effetto», con rifusione di compensi  e
accessori. 
    Con atto depositato il 12 febbraio 2024 la  Procura  generale  ha
insistito,  preliminarmente,  per  la  rimessione   della   questione
relativa alla legittimita'  costituzionale  dell'art.  23-quater  del
decreto-legge n. 137/2020, non preclusa dalla pronuncia  della  CGUE,
che  anzi  ne  ha  confermato  l'attualita'  e   la   non   manifesta
infondatezza. Nel merito, ha chiesto il  rigetto  del  ricorso  e  la
conferma dell'inclusione della detta societa' nell'elenco Istat. 
    Il 15 febbraio 2024 l'Avvocatura dello Stato ha  depositato  note
d'udienza nell'interesse dell'Istat, concludendo per la non rilevanza
e,  comunque,  per  la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    4.2. In esito all'udienza di discussione del  28  febbraio  2024,
con ordinanza n. 3/2024/RIS, del 12 marzo 2024, e' stata disposta  la
sospensione del giudizio nelle more della decisione  della  Corte  di
cassazione  sul  ricorso  per  motivi  di  giurisdizione  presentato,
nell'interesse del Ministero dell'economia e delle finanze  e  Istat,
avverso la sentenza non definitiva  n.  17/2023/RIS  con  cui  queste
Sezioni  riunite,  nell'ambito  di  una  controversia  instaurata  da
diverso ricorrente avverso  un  atto  di  inserimento  negli  elenchi
Istat, aveva disapplicato, ai sensi del diritto dell'Unione europea e
per  le  ragioni  di  cui  in  motivazione,  l'art.   23-quater   del
decreto-legge n. 137/2020 e, per  l'effetto,  dichiarato  la  propria
giurisdizione su tutte le domande proposte. 
    Secondo il Collegio, infatti,  appariva  opportuno  attendere  la
decisione  del  giudice  regolatore,  i  cui  effetti  si   sarebbero
riverberati sulle emanande pronunce di merito. 
    5. In data 25 novembre 2024 e' stata depositata la sentenza delle
Sezioni unite della Corte di cassazione n. 30220, con cui  il  citato
ricorso e' stato dichiarato inammissibile,  con  compensazione  delle
spese, in considerazione della  non  immediata  impugnabilita'  della
sentenza n.  17/2023  (che  aveva,  in  effetti,  deciso  solo  sulle
questioni  di   giurisdizione   insorte,   senza   definire   neppure
parzialmente la controversia). 
    Tuttavia, e' stato contestualmente enunciato, ai sensi  dell'art.
363  c.p.c.,  il  seguente  principio  di  diritto:  «[i]n  tema   di
impugnazione    dell'elenco    annuale    Istat    delle    pubbliche
amministrazioni predisposto ai sensi del SEC 2010,  l'art.  23-quater
decreto-legge n. 137 del 2020, nel delimitare la giurisdizione  delle
Sezioni riunite della Corte dei conti alla  sola  applicazione  della
disciplina nazionale sul contenimento della spesa  pubblica,  non  ha
determinato un vuoto di tutela o  il  mancato  rispetto  dell'effetto
utile   della   disciplina   unionale,   restando    attribuita    la
giurisdizione, per ogni ulteriore ambito, al giudice amministrativo». 
    La segreteria ha comunicato la sentenza  alla  ricorrente  il  29
novembre 2024. 
    5.1 In data 31  gennaio  2025  la  Trentino  Sviluppo  S.p.a.  ha
depositato secondo atto di riassunzione del giudizio,  formulando  le
medesime conclusioni di cui all'istanza del 12 ottobre 2023. 
    Con successiva memoria del  30  giugno  2025  la  medesima  parte
attrice ha  preso  innanzitutto  atto  dell'ulteriore  sopravvenienza
rappresentata dall'ordinanza n. 5/2025/RIS, del 21 marzo 2025, con la
quale  le  Sezioni  riunite  in  sede  giurisdizionale  in   speciale
composizione hanno sollevato questioni di legittimita' costituzionale
in merito all'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n.  137/2020
come convertito. Ha, quindi, argomentato in  ordine  alla  permanenza
dell'interesse alla decisione, affidandosi ai seguenti motivi: 
        a)  necessita'  di  valorizzare  sul  piano  processuale  gli
effetti della sentenza n. 27/2020/RIS, resa da queste Sezioni riunite
sull'elenco Istat 2019; 
        b) esigenza di garantire  la  continuita'  storica,  giacche'
l'impugnato elenco Istat 2020  rappresenta  oggi  un  unicum  per  la
ricorrente, la quale - a fronte di assetti organizzativi e funzionali
da sempre invariati - non e' piu' stata inclusa negli  elenchi  Istat
pubblicati  negli  anni  successivi,   peraltro   secondo   modalita'
operative peculiari (nel 2021 e nel 2022 era annotata la pendenza del
ricorso); 
        c) evitare  possibili  pregiudizi,  per  il  periodo  dal  30
settembre 2020  al  29  settembre  2021,  derivanti  dall'inserimento
nell'elenco Istat impugnato e dalla  qualificazione  dell'ente  quale
amministrazione pubblica ex art. 1, comma 3, della legge 31  dicembre
2009,  n.  196,  con  particolare  riferimento  all'applicazione  dei
vincoli di finanza pubblica. L'interesse alla  decisione  rileverebbe
anche in ragione della non  intervenuta  decorrenza  dei  termini  di
prescrizione di eventuali responsabilita' per violazione dei predetti
vincoli; 
        d)  sotto  altro  profilo,  evitare  l'assoggettamento,   per
l'annualita' dal 30 settembre 2020 al 29 settembre 2021, a  limiti  e
oneri procedimentali derivanti dall'applicazione dell'art. 23-quater,
comma 1, del decreto-legge n. 137/2020 (secondo cui «si applicano  in
ogni caso le disposizioni in materia  di  equilibrio  dei  bilanci  e
sostenibilita' del  debito  delle  amministrazioni  pubbliche  [...],
nonche' quelle in materia di obblighi di  comunicazione  dei  dati  e
delle informazioni rilevanti in materia  di  finanza  pubblica»),  ad
oggi non toccato dalle incertezze  interpretative  insorte,  relative
alle questioni di giurisdizione collegate  al  disposto  del  secondo
comma del citato articolo; 
        e) limitare i possibili pregiudizi finanziari derivanti dalla
sua qualificazione  come  «amministrazione  pubblica»  con  gli  atti
contestati mediante l'instaurazione dell'odierno giudizio. 
    Sul punto sono state depositate  alcune  note  con  le  quali  un
comune ha, finora,  negato  il  pagamento  di  fatture  emesse  dalla
Trentino Sviluppo S.p.a., contenenti la  richiesta  di  rimborsi  per
permessi per carica pubblica fruiti da una dipendente. Il ritardo  e'
stato espressamente motivato dalla controparte con la pendenza  della
presente controversia. 
    Su queste premesse, la ricorrente ha formulato istanza  di  nuova
sospensione dell'odierno  giudizio,  anche  richiamando  i  contenuti
dell'ordinanza n. 2/2025/RIS, che ha disposto la sospensione  di  una
causa pendente tra diverse parti  in  attesa  della  decisione  sulle
questioni di costituzionalita' sollevate con le ordinanze n.  5  e  6
del 2025. 
    Per l'ipotesi di adesione, da parte del Collegio, al principio di
diritto enunciato nella  sentenza  n.  17/2023/RIS,  con  conseguente
conferma della disapplicazione dell'art. 23-quater del  decreto-legge
n. 137/2020, e' stato chiesto  l'accoglimento  del  ricorso,  purche'
nell'ambito di una giurisdizione piena e in coerenza con la  sentenza
n. 27/2020/RIS. 
    5.2 Con memoria conclusionale depositata  il  2  luglio  2025  la
Procura generale, nel riportarsi integralmente  alle  richieste  gia'
formulate, ha ricordato di avere espresso, fin  dal  primo  atto  del
presente giudizio, l'avviso che  occorresse  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge  n.
137/2020. 
    Inoltre, sottolineato che la ricorrente, gia'  nelle  conclusioni
riportate nel ricorso introduttivo,  aveva  domandato  l'accoglimento
«previa  occorrenda  proposizione   di   questione   incidentale   di
costituzionalita'»,  e  che  la  stessa,  da  ultimo  nella   memoria
depositata il 30 giugno 2025, ha sollecitato  la  proposizione  della
questione di legittimita' costituzionale ovvero  la  sospensione  del
giudizio nelle more della decisione della Corte costituzionale  sulle
questioni gia' proposte da queste Sezioni riunite, in via  principale
ha rinnovato la richiesta  di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 come
convertito e del relativo elenco annesso, al fine di consentire  alle
parti del presente giudizio di potersi costituire ovvero  intervenire
nel processo incidentale avanti alla  Consulta  per  l'esercizio  del
diritto  al  contraddittorio.  In  subordine,  ha  concluso  per   la
sospensione del giudizio  fino  alla  decisione  della  questione  di
costituzionalita' gia' promossa con le ordinanze n. 5 e 6 del 2025. 
    5.3 Infine, nelle «Note di udienza» depositate il 9  luglio  2025
la  Procura  generale  ha  svolto  considerazioni   integrative   con
riferimento alla richiesta di sollevare la questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater, comma  2,  del  decreto-legge  28
ottobre 2020, n. 137 (come convertito), con  particolare  riferimento
all'invocato - tra gli altri - parametro della ragionevolezza ex art.
3 della Costituzione. 
    Tra l'altro, la Procura si e' soffermata sul rischio di contrasto
tra giudicati amministrativi e contabili. 
    Sotto altro profilo, ha evidenziato le illogiche e  asistematiche
conseguenze derivanti  dall'eventuale  ammissione  del  concorso  tra
giudizi. 
    Ha aggiunto che, del resto, la normativa europea SEC  2010  e  la
normativa interna sulla spending  review  costituiscono  una  «stessa
materia», sicche' appare intrinsecamente  irragionevole,  ex  art.  3
della Costituzione, la separazione dei giudizi sotto il profilo della
giurisdizione. 
    Infine, la soluzione della doppia giurisdizione e' sospettata  di
violare il principio di ragionevole  durata  del  processo,  tutelato
dall'art. 111 della Costituzione. 
 
                               Diritto 
 
A) Questione di legittimita' costituzionale dell'articolo  23-quater,
comma 2, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto  dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176 
    6. Secondo l'art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012,  n.
228,  «[a]vverso  gli  atti  di  ricognizione  delle  amministrazioni
pubbliche operata annualmente dall'Istat ai sensi dell'art. 1,  comma
3, della legge 31 dicembre 2009, n.  196,  e'  ammesso  ricorso  alle
Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale  composizione,  ai
sensi dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione». 
    La previsione trovava fondamento nella riconosciuta  esigenza  di
assicurare il  «rispetto  dell'equilibrio  complessivo  del  bilancio
nazionale  in  ragione  dei   vincoli   derivanti   dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea» (Corte di cassazione, Sezioni  unite,
ordinanza 18 maggio 2017, 12.517). 
    Successivamente, l'art. 11, comma  6,  lettera  b),  del  decreto
legislativo 26 agosto 2016,  n.  174,  recependo  i  contenuti  della
precedente normativa, ha delineato - anche ai fini  procedimentali  -
in modo piu' puntuale la portata della  giurisdizione  delle  Sezioni
riunite, che, «nell'esercizio della propria  giurisdizione  esclusiva
in tema  di  contabilita'  pubblica,  decidono  in  unico  grado  sui
giudizi: [...] b) in materia di  ricognizione  delle  amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat». 
    La cognizione del giudice contabile nella fattispecie in esame e'
stata pacificamente intesa come piena ed esclusiva (cfr.,  ex  plur.,
Corte di Cassazione Sezioni unite,  ordinanza  n.  12517/2017,  cit.;
Id., sentenza 8  novembre  2016,  n.  22645),  quindi  potenzialmente
estesa a tutti gli eventuali vizi dell'atto e del procedimento. 
    L'ormai consolidato quadro normativo riguardante la giurisdizione
sui ricorsi in materia di elenchi Istat e' stato,  piu'  di  recente,
interessato dalla legge 18 agosto 2020, n. 176,  di  conversione  del
decreto-legge 28 ottobre 2020,  n.  137,  recante  «Ulteriori  misure
urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai  lavoratori  e
alle  imprese,  giustizia   e   sicurezza,   connesse   all'emergenza
epidemiologica da COVID-19». 
    La legge ha inserito nel decreto-legge un  nuovo  art.  23-quater
(«Unita' ulteriori che concorrono alla determinazione  dei  saldi  di
finanza   pubblica   del   conto    economico    consolidato    delle
amministrazioni pubbliche»),  il  cui  secondo  comma  ha  modificato
l'art. 11, comma 6, lettera b), del codice  di  giustizia  contabile,
limitandone  l'ambito  di  applicazione.  Infatti,  alla   previsione
secondo cui le stesse Sezioni  riunite  in  sede  giurisdizionale  in
speciale composizione, «nell'esercizio  della  propria  giurisdizione
esclusiva in tema di contabilita' pubblica, decidono in  unico  grado
sui  giudizi:   [...]   b)   in   materia   di   ricognizione   delle
amministrazioni pubbliche operata dall'Istat» e'  stata  aggiunta  la
seguente specificazione  «,  ai  soli  fini  dell'applicazione  della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica». 
    La disposizione deve ritenersi, alla stregua  delle  osservazioni
che saranno di seguito formulate,  in  contrasto  insanabile  con  le
norme costituzionali ed eurounitarie in materia di tutela dei diritti
e dei conti pubblici. 
    7. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita' 
    La competenza a decidere interamente il  ricorso  proposto  dalla
societa' Trentino Sviluppo S.p.a. presuppone il riconoscimento  della
giurisdizione piena ed esclusiva di queste Sezioni riunite  su  tutte
le domande proposte. 
    Al contrario, la possibilita' di pronunciarsi sulla richiesta  di
accertamento e  declaratoria  della  insussistenza  dei  requisiti  e
presupposti per l'inserimento di Trentino Sviluppo S.p.a. nell'elenco
Istat delle amministrazioni pubbliche inserite  nel  conto  economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, di  cui  all'avviso
del 30 settembre 2020, nonche' alla rettifica e all'elenco  analitico
del 4 novembre 2020,  con  conseguente  accoglimento  del  ricorso  e
dichiarazione di nullita',  annullamento  e/o  disapplicazione  degli
atti  impugnati,  e'  impedita  dalla  richiamata  disposizione   del
decreto-legge n. 137/2020, entrata in vigore prima della proposizione
del ricorso, che ha fortemente limitato  la  cognizione  del  giudice
contabile. 
    La  novella  legislativa   ha,   in   particolare,   escluso   la
possibilita' di attribuire al ricorrente, con la  sentenza,  il  bene
della vita della stabile mancata inclusione nel citato elenco, con la
collegata possibilita' di sottrarsi all'applicazione dei  conseguenti
effetti giuridici. 
    In relazione alla suddetta preclusione appare, quindi, senz'altro
perfezionato il requisito presupposto della rilevanza, che condiziona
la proponibilita'  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
della  disposizione  interessata,  dal  momento  che  dal  suo  esito
dipende, sul piano processuale, la possibilita' di coltivare  dinanzi
alle  Sezioni  riunite  le  domande  oggetto  dell'odierno  giudizio.
Infatti, l'eventuale  necessita'  di  perdurante  applicazione  della
normativa  primaria  qui  in  contestazione  comporterebbe   il   non
accoglimento pressoche' integrale  delle  richieste  formulate  dalla
societa' ricorrente,  come  conseguenza  della  rilevata  carenza  di
giurisdizione. 
    8.   Non    manifesta    infondatezza    delle    questioni    di
costituzionalita' 
    Riguardo al requisito  della  non  manifesta  infondatezza  della
valutazione  di  incostituzionalita'  della   disposizione,   imposto
dall'art. 23, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87
(«Norme  sulla  costituzione  e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale»), risultano particolarmente evidenti,  ad  avviso  di
queste  Sezioni  riunite,  le  ragioni  del  contrasto  con  numerosi
principi costituzionali. 
    In particolare,  a  carico  dell'art.  23-quater,  comma  2,  del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n.  137,  introdotto  dalla  legge  di
conversione    18    dicembre    2020,    n.    176,    si    ravvisa
l'incostituzionalita' per contrasto con gli articoli 3, 24,  81,  97,
103, 111, 113 e 117 della Carta fondamentale. 
    9. Violazione dell'art. 103 della Costituzione, in relazione agli
articoli 81, 97 e 117 della Costituzione, nonche' all'art. 100  della
Costituzione 
    Gli articoli 100 e 103 della  Costituzione  italiana  riconoscono
alla Corte dei conti un ruolo sia di organo chiamato  ad  assicurare,
in  posizione  di  indipendenza  e  imparzialita',  il  rispetto  del
principio  di  legalita'  nell'amministrazione,  sia   di   autorita'
giurisdizionale preposta  alla  tutela  delle  situazioni  giuridiche
soggettive. 
    Con particolare riferimento alle funzioni giurisdizionali, l'art.
103, comma 2, della Costituzione dispone che «[l]a Corte dei conti ha
giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica  e  nelle  altre
specificate dalla legge», delineando una competenza  per  materia  di
natura peculiare. 
    Nella soluzione delle questioni di legittimita' costituzionale ha
assunto ben presto  un  rilievo  centrale  la  riflessione  circa  il
significato dell'espressione «nelle materie di contabilita' pubblica»
(in cui il termine «materie» e' indicato nella forma plurale). 
    Orbene, la Corte costituzionale, chiamata piu' volte a  esaminare
la portata dell'art. 103 della Costituzione anche con riferimento  ai
confini tra le giurisdizioni, e' stata interessata esclusivamente  da
questioni aventi per oggetto i limiti della giurisdizione della Corte
dei conti relativa ai giudizi di responsabilita' amministrativa e  di
conto (se si escludono i ricorsi decisi dalla  sentenza  n.  39/2014,
che non si e' comunque pronunciata sul tema della giurisdizione). 
    La consolidata giurisprudenza  costituzionale  ritiene,  infatti,
che «il secondo comma dell'art. 103 della Costituzione, nel riservare
alla giurisdizione della Corte dei conti "le materie di  contabilita'
pubblica", da un lato e sotto l'aspetto oggettivo, ne  abbia  assunto
la nozione tradizionalmente  accolta  nella  legislazione  vigente  e
nella giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di
responsabilita'; mentre, d'altro lato e sotto  l'aspetto  soggettivo,
ne abbia  allargato  l'ambito  oltre  quello,  cui  aveva  originario
riferimento, dell'amministrazione diretta dello Stato:  tale  essendo
il significato proprio dell'aggettivo «pubblico»,  com'e'  confermato
dallo stesso uso fattone in  altre  disposizioni  della  Costituzione
(come ad esempio nell'art. 54, secondo comma, e negli articoli  97  e
98 [...])» (Corte costituzionale, sentenza 5 aprile 1971, n. 68). 
    La  stessa  Corte  costituzionale,  in  esito   a   un'articolata
evoluzione giurisprudenziale, e' giunta a enunciare il principio,  di
rilevanza sistematica, secondo cui la giurisdizione  contabile  nelle
materie di contabilita' pubblica presenta una portata  non  assoluta,
limitandosi a stabilire una  regola  generale  determinativa  di  una
giurisdizione  per  «materia»  (anzi,  per  «materie»),  e   tuttavia
disponibile per il legislatore ordinario, che puo' ampliare il novero
delle stesse o restringerle. Si  tratta  quindi  di  un  criterio  di
riparto, inserito direttamente in Costituzione, per  materie  (quindi
anche esclusivo), ma solo tendenzialmente generale nell'ambito  delle
stesse. 
    Ma tali conclusioni sono state sempre raggiunte  con  riferimento
al perimetro applicativo formato dalle sopra  indicate  tipologie  di
giudizio, come espressamente confermato in molte decisioni: la  Corte
costituzionale, sin dalla sentenza n. 102 del 1977,  ha  ritenuto  il
carattere non cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente  generale,
dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad opera dell'art. 103  della
Costituzione,  della  giurisdizione  in   materia   di   contabilita'
pubblica, intesa come comprensiva sia dei giudizi  di  conto  che  di
quelli sulla responsabilita' amministrativa patrimoniale dei pubblici
dipendenti ed  amministratori»  (Corte  costituzionale,  sentenza  29
gennaio 1993, n. 24). 
    Il   legame   tra   determinate   categorie   di   giudizi    (di
responsabilita' amministrativa o di conto) e il  vincolo  legislativo
cui e' ancorata la provvista di giurisdizione e' stato ribadito,  con
particolare  efficacia,  in   una   piu'   recente   decisione:   «La
giurisdizione "nelle materie di contabilita' pubblica", come prevista
dalla Costituzione e alla stregua della sua conformazione storica, e'
dotata infatti non di una "assoluta",  ma  solo  di  una  tendenziale
generalita' (sentenza n. 102 del 1977, nonche'  sentenza  n.  33  del
1968),  in  quanto  essa  e'  suscettibile  di  espansione   in   via
interpretativa,  quando  sussistano  i   presupposti   soggettivi   e
oggettivi della responsabilita' per danno erariale, ma cio' solo  "in
carenza di regolamentazione specifica da parte  del  legislatore  che
potrebbe anche  prevedere  la  giurisdizione  ed  attribuirla  ad  un
giudice diverso" (sentenza n. 641 del 1987). In un'occasione  recente
-  ribadito  "il  carattere  non  'cogente'  ed  assoluto,  ma   solo
tendenzialmente generale, dell'attribuzione alla Corte dei conti,  ad
opera  dell'art.  103  della  Costituzione,  della  giurisdizione  in
materia di contabilita' pubblica, intesa  come  comprensiva  sia  dei
giudizi di conto che di quelli sulla  responsabilita'  amministrativa
patrimoniale dei pubblici  dipendenti  ed  amministratori"  -  si  e'
precisato che  "la  concreta  attribuzione  della  giurisdizione,  in
relazione alle diverse fattispecie di responsabilita' amministrativa,
e' infatti rimessa alla discrezionalita' del legislatore ordinario  e
non opera automaticamente in base all'art.  103  della  Costituzione,
richiedendo  l'interpositio  legislatoris,  al  quale  sono   rimesse
valutazioni che non  toccano  solo  gli  aspetti  procedimentali  del
giudizio,  investendo  la   stessa   disciplina   sostanziale   della
responsabilita'"  (sentenza   n.   24   del   1993)   [...]»   (Corte
costituzionale, sentenza 5 novembre 1996, n. 385). 
    9.1 L'art. 103 della Costituzione, nel menzionare le «materie» di
contabilita' pubblica, non procedeva a indicarne piu' puntualmente  i
contenuti, ne' nell'ordito costituzionale  del  1948  si  rinvenivano
norme che concorressero a specificarne l'oggetto. 
    Di  conseguenza,   la   giurisprudenza   precedentemente   citata
collegava  l'interpretazione   dell'inciso   testuale   «contabilita'
pubblica»  ad  ambiti  materiali  di  disciplina  che   spettava   al
legislatore   ordinario   definire   con   la    sua    interpositio,
nell'esercizio della sua discrezionalita'. 
    Le richiamate  coordinate  ermeneutiche  non  possono,  tuttavia,
trovare  applicazione  rispetto  alle  questioni   di   giurisdizione
interessate dalla presente ordinanza, che non riguardano il  versante
della responsabilita' amministrativo-contabile, ma  sono  relative  a
una   materia   che   rientra   nelle   competenze   naturalmente   e
inderogabilmente ascritte dalla Costituzione al giudice contabile. 
    Giova sottolineare che l'art. 103, comma 2,  della  Costituzione,
nell'attribuire alla Corte dei conti la giurisdizione  nelle  materie
contabili (nonche' «nelle altre specificate dalla legge»), delinea un
criterio di riparto che - diversamente rispetto a quanto previsto dal
primo  comma  -  e'  descritto  non  in  funzione  delle   situazioni
soggettive tutelate, bensi' con riferimento a un complesso di materie
con caratteri comuni, unitariamente considerate in ragione del  comun
denominatore di riguardare la «contabilita' pubblica». 
    Cio' comporta che il regolamento dei confini giurisdizionali  con
le altre magistrature non si svolge sul crinale  della  natura  della
situazione giuridica sottostante,  in  base  alla  dicotomia  diritti
soggettivi - interessi  legittimi,  collegata  a  una  manifestazione
illegittima del potere amministrativo, ne' in  base  all'autorita'  o
potere che ha emesso l'atto  impugnato  (autorita'  amministrativa  o
Sezione  regionale   di   controllo),   ma   opera   sulla   decisiva
individuazione dell'ambito normativo perimetrato, identificabile come
«materia» di contabilita' pubblica (Corte dei conti, Sezioni  riunite
in  spec.  comp.,  sentenza  12  novembre  2020,  n.   32).   Secondo
l'interpretazione  risalente,  la  riportata  formulazione  normativa
attesta che i Costituenti non hanno inteso riservare  alla  Corte  la
competenza a conoscere di tutti i giudizi  «comunque  vertenti  nella
materia della "contabilita' pubblica", [...] il  cui  ambito  non  si
riesce a definire - tanto per cio' che riguarda l'oggetto, quanto per
cio'  che  riguarda  i  soggetti  -  se  non  in  base   a   puntuali
specificazioni legislative» (Corte costituzionale, sentenza 31  marzo
1965, n. 17). 
    Orbene, il  quadro  ordinamentale  nel  quale  si  inscriveva  la
richiamata  giurisprudenza,   che   prendeva   atto   del   carattere
storicamente  non  determinato   della   nozione   di   «contabilita'
pubblica», ha subito radicali modifiche con i  mutamenti  legislativi
intervenuti, in particolare, a partire dalla riforma disposta con  la
legge costituzionale 20 aprile 2012,  n.  1,  che  ha  codificato  il
principio dell'equilibrio del bilancio attuando l'impegno, assunto in
sede eurounitaria (patto «Euro Plus», approvato dai Capi di  Stato  e
di Governo della zona Euro l'11 marzo 2011 e condiviso dal  Consiglio
europeo il 24-25 marzo 2011), «ad adottare misure volte a  perseguire
gli obiettivi della sostenibilita'  delle  finanze  pubbliche,  della
competitivita', dell'occupazione e della stabilita' finanziaria, e in
particolare a recepire nella  legislazione  nazionale  le  regole  di
bilancio dell'Unione  europea  fissate  nel  patto  di  stabilita'  e
crescita, ferma restando  «la  facolta'  di  scegliere  lo  specifico
strumento giuridico nazionale cui  ricorrere»,  purche'  avente  «una
natura vincolante e sostenibile sufficientemente  forte  (ad  esempio
costituzione o normativa quadro)» e tale da «garantire la  disciplina
di  bilancio  a  livello  sia  nazionale  che  subnazionale»   (Corte
costituzionale, sentenza 10 aprile 2014, n. 88). 
    La legge costituzionale  n.  1/2012  contiene  alcune  importanti
disposizioni che arricchiscono sia il testo che  il  contesto  (norme
dell'Unione europea) delle disposizioni costituzionali rilevanti  per
l'interpretazione   dell'art.   103   della   Costituzione,   e   che
stabiliscono,   a   livello   di   fonte   che   potremmo    definire
«superprimaria», una  materia  (tra  le  possibili)  di  contabilita'
pubblica. In particolare, per effetto  delle  modifiche  della  Carta
fondamentale contenute nei suoi articoli: 
        l'art. 117  della  Costituzione,  comma  1,  nell'imporre  al
legislatore   ordinario   il   rispetto   dei   «vincoli    derivanti
dall'ordinamento comunitario», ha codificato  le  stesse  diposizioni
dell'Unione europea che definiscono («in coerenza  con  l'ordinamento
dell'Unione europea»:  art.  97,  comma  1,  della  Costituzione)  la
nozione di «amministrazione pubblica»; 
        l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione determina
la  competenza  esclusiva  della  legge   statale   in   materia   di
«armonizzazione dei bilanci pubblici»; 
        l'art. 81, comma 6, della Costituzione  individua  una  fonte
speciale che deve disciplinare anche precisi criteri  che  consentono
di perseguire, sul piano sostanziale,  l'«equilibrio  tra  entrate  e
spese» e la «sostenibilita' del debito» per  tutti  i  bilanci  delle
amministrazioni pubbliche. 
    Ancora, l'art. 5 della medesima legge costituzionale  n.  1/2012,
che  -  come  noto  -  reca  disposizioni   non   incorporate   nella
Costituzione, nel definire i principi vincolanti che deve  rispettare
la legge  «rinforzata»  prevista  dal  comma  6  dell'art.  81  della
Costituzione, ha  imposto  (al  comma  1)  lo  svolgimento,  in  modo
dinamico, di controlli lungo l'intero ciclo finanziario  dei  bilanci
del «complesso delle pubbliche amministrazioni», da attuare  mediante
«verifiche, preventive  e  consuntive,  sugli  andamenti  di  finanza
pubblica». 
    Nell'ambito dell'articolato processo di riforma dei  principi  di
finanza pubblica si colloca altresi' la direttiva 2011/85/UE,  dell'8
novembre 2011 (relativa ai «requisiti per i quadri di bilancio  degli
Stati membri»), attuata con decreto legislativo 4 marzo 2014, n.  54,
nonche' con l'art. 30 della legge 30 ottobre 2014,  n.  161,  che  ha
assegnato   alla   Corte   dei   conti   compiti   di    monitoraggio
sull'osservanza   delle   regole   di   bilancio   delle    pubbliche
amministrazioni. 
    Peraltro, la direttiva n. 85/2011/UE - sebbene la sua  attuazione
sia rimessa ad atti di trasposizione nazionale - e' dotata di effetto
diretto,  perche'  si  mostra  sufficientemente  chiara,  precisa  ed
incondizionata,   enunciando   regole   dettagliate   relative   alle
caratteristiche dei quadri  di  bilancio  degli  Stati  membri.  Tali
regole sono necessarie per garantire  il  rispetto,  da  parte  degli
Stati membri,  degli  obblighi  che  incombono  loro  in  virtu'  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  per  quanto  riguarda
l'esigenza di evitare disavanzi pubblici eccessivi  (conf.  Corte  di
giustizia, 13 luglio 2023, Ferrovienord S.p.a. e Federazione Italiana
Triathlon, cit.). 
    Coerentemente  con  tali  presupposti,  l'art.  20  della   legge
«rinforzata» 24 dicembre 2012, n. 243, riconosce alla Corte dei conti
il compito di  svolgere  funzioni  di  controllo  sui  bilanci  delle
amministrazioni  pubbliche,  espressamente  ancorate  «ai  fini   del
coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci di
cui all'art. 97 della Costituzione». 
    La tratteggiata evoluzione del quadro normativo -  pur  limitata,
in questa sede, al richiamo delle  principali  direttrici  normative,
nell'ambito della gerarchia delle fonti -  e'  stata  completata  con
l'entrata in vigore del regolamento (UE) 21 maggio 2013, n.  549/2013
«relativo  al  Sistema  europeo  dei  conti  nazionali  e   regionali
nell'Unione europea», che ha istituito il «Sistema europeo dei  conti
2010 («SEC 2010» o «SEC»)» (cosi' l'art. 1, comma  1).  Tale  Sistema
consente di costruire l'anagrafica  delle  amministrazioni  pubbliche
soggette alle norme di coordinamento dei bilanci degli Stati  membri,
fino  ai  sottosettori  (direttiva  n.  85/2011),  e  di  perimetrare
l'ambito di applicazione dell'art. 97, comma 1, della Costituzione in
punto  di  obbligo  di  rispettare  i  principi   di   equilibrio   e
sostenibilita' nella formazione dei bilanci. 
    Piu' nel dettaglio, il SEC  2010  «prevede:  a)  una  metodologia
(allegato  A)   relativa   alle   norme,   alle   definizioni,   alle
classificazioni e alle regole contabili  comuni,  che  devono  essere
utilizzate per l'elaborazione di conti e tavole su  basi  comparabili
per le esigenze dell'Unione [...]» (cosi' l'art. 1, comma 2). 
    Il citato allegato A), a sua volta, fin dal suo esordio chiarisce
che «1.01 Il Sistema europeo dei conti («SEC 2010»  o  «SEC»)  e'  un
sistema contabile, comparabile a livello internazionale, che descrive
in maniera sistematica e dettagliata il  complesso  di  una  economia
(ossia una regione, un paese o un gruppo di paesi), le sue componenti
e le sue relazioni con altre economie». Prosegue, poi, illustrando  i
concetti di  base,  i  principali  aggregati  contabili,  le  «unita'
istituzionali utilizzate per misurare l'economia» e le loro modalita'
di classificazione, le operazioni  del  sistema  dei  conti,  nonche'
analizzando tutti i numerosi,  ulteriori  profili  di  rilevanza  del
sistema dei conti. 
    9.2 Il progressivo consolidamento di una  componente  legislativa
di rango anche costituzionale, ispirata in sede europea e  completata
dalle fonti del diritto eurounitario con le  quali  era  destinata  a
saldarsi, necessitava di chiare indicazioni in ordine ai soggetti cui
doveva trovare applicazione. 
    Per   il   profilo   in   esame,   la   difficolta'    consisteva
nell'elaborazione  di  regole  comuni,   idonee   a   individuare   i
destinatari ai fini della normativa sia interna che europea. 
    Ebbene, l'ordinamento italiano non ha provveduto a individuare il
perimetro applicativo delle amministrazioni pubbliche rilevante,  con
specifico riferimento alla materia finanziaria e contabile,  mediante
meccanismi di ricezione diretta e testuale delle regole europee. 
    In particolare, il legislatore della riforma  costituzionale  del
2012  ha  perseguito  tale  scopo  in  via  indiretta,  recependo  le
disposizioni interne che, da alcuni  anni,  individuano  un  soggetto
(l'Istat) cui spetta il compito  della  ricognizione  annuale  di  un
elenco di amministrazioni e specificano le  procedure  da  seguire  a
tali fini, in conformita' alle norme europee. 
    Invero, l'art. 1, commi 2-3, della legge  31  dicembre  2009,  n.
196, assegna all'Istat il  compito  di  procedere  alla  ricognizione
delle amministrazioni pubbliche cui si applicano le  disposizioni  di
finanza  pubblica  con  proprio  elenco  pubblicato  nella   Gazzetta
Ufficiale. 
    Si tratta  di  un  adempimento  funzionale  alla  predisposizione
annuale  del  conto  economico  consolidato   delle   amministrazioni
pubbliche, «formato dagli aggregati contabili delle entrate  e  delle
spese di  tali  amministrazioni,  classificati  in  conformita'  alle
modalita' stabilite dall'ordinamento dell'Unione  europea»  (art.  2,
comma 1, legge n. 243/2012). 
    Per la compilazione dell'elenco delle  amministrazioni  pubbliche
l'Istat applica i criteri previsti nel citato regolamento dell'Unione
europea n. 549/2013. 
    L'indicata fonte di rango normativo primario (legge n. 196/2009),
come accennato, e' stata «recepita»  dal  legislatore  con  la  legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, e con la legge  «rinforzata»  24
dicembre 2012, n. 243 (recante «[d]isposizioni per  l'attuazione  del
principio del pareggio di  bilancio  ai  sensi  dell'art.  81,  sesto
comma, della Costituzione»). 
    Tali conclusioni sono confortate gia'  dall'osservazione  che  la
legge n. 1/2012 ha - tra l'altro - modificato gli articoli 81  e  97,
comma 1, della Costituzione, estendendo sul piano soggettivo l'ambito
applicativo   dei   fondamentali   principi   contabili    da    essa
costituzionalizzati.  Come,  infatti,   sottolineato   in   dottrina,
l'espressione in forma plurale «amministrazioni  pubbliche»  (ovvero,
secondo una  diversa  opzione  interpretativa,  il  «complesso  delle
pubbliche amministrazioni» evocato dall'art.  81,  comma  6,  nonche'
dall'art. 5 della  legge  costituzionale  n.  1/2012)  introduce  una
nozione  ampia  di  amministrazione  pubblica,  in   cui   l'elemento
dell'interesse finanziario pubblico assume un ruolo centrale  per  la
relativa  qualificazione  a  livello  nazionale,  in   coerenza   con
l'ordinamento dell'UE. 
    Inoltre, la legge 24 dicembre 2012, n.  243,  di  attuazione  del
nuovo comma 6  dell'art.  81  della  Costituzione,  ha  espressamente
previsto che «1. Ai fini della presente legge, si intendono:  a)  per
«amministrazioni pubbliche» gli enti individuati con le  procedure  e
gli atti previsti, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea,
dalla normativa  in  materia  di  contabilita'  e  finanza  pubblica,
articolati nei sottosettori  delle  amministrazioni  centrali,  delle
amministrazioni  locali  e  degli  enti  nazionali  di  previdenza  e
assistenza sociale» (art. 2, comma 1, lettera a). 
    Quella che viene a delinearsi anche attraverso  l'art.  1,  commi
2-3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' una nozione di pubblica
amministrazione non statica e formale, bensi' dinamica  e  funzionale
(a «geometrie variabili»), di  natura  strettamente  contabile  e  da
perimetrare secondo i criteri  dinamici  e  sostanziali  del  diritto
dell'Unione europea. 
    Tale fenomeno di ibridazione delle forme  e'  stato  recentemente
rimarcato dalla giurisprudenza di questo giudice contabile in sede di
giudizio di parificazione sul rendiconto  generale  dello  Stato  per
l'esercizio   finanziario   2024,   osservando   che   la    pubblica
amministrazione non appare oggi piu' riconducibile a un unico modello
qual e' quello delle articolazioni  ministeriali,  ma  evidenzia  una
pluralita' di figure soggettive dai contorni non sempre univoci,  che
diversamente attingono a criteri pubblicistici, e che  comunque  sono
chiamate a svolgere attivita' operative per  l'amministrazione  nella
concreta attuazione di importanti interventi, in particolare  per  lo
sviluppo (v. la Relazione in udienza del Presidente di  coordinamento
delle Sezioni riunite in sede di controllo del 26 giugno 2025). 
    La  giurisprudenza  di  legittimita'  ha  anche  avuto  modo   di
rimarcare che il surriferito  art.  1,  commi  2-3,  della  legge  31
dicembre  2009,  n.  196,  costituisce  chiara  espressione  di  tale
fenomeno, in quanto i criteri utilizzati per la classificazione  sono
di natura statistico-economica e sono  dettati  dalla  necessita'  di
armonizzare,  indipendentemente  dalla  forma  giuridica  assunta,  i
sistemi della finanza  pubblica  a  livello  europeo  ai  fini  della
verifica  da  parte  della  Commissione   degli   eventuali   deficit
eccessivi. L'inserimento di un ente nell'elenco Istat  non  e'  altro
che il riflesso della natura pubblica dei fondi di cui dispone l'ente
e della correlata necessita' che esso sia assoggettato alle regole di
redazione del bilancio tipici delle pubbliche amministrazioni  (Corte
di cassazione, Sezioni unite, sentenza 19  aprile  2021,  n.  10244),
regole  sulla  cui   corretta   applicazione,   nell'attuale   quadro
costituzionale, e' chiamata a vigilare la Corte dei conti. 
    Ed  e'  proprio   attraverso   il   recepimento   del   principio
dell'equilibrio di bilancio (di cui all'art. 81 della Costituzione) e
attraverso l'assoggettamento ai  vincoli  europei  che  la  struttura
della pubblica amministrazione  viene  ricondotta  ad  unita',  nella
misura in cui tutti i  centri  decisionali  in  cui  si  articola  la
Repubblica  sono  chiamati,  attraverso  l'inclusione   nel   settore
istituzionale delle amministrazioni pubbliche, sulla cui  base  viene
redatto il conto economico consolidato dello Stato, a partecipare  al
rispetto dei parametri economici di matrice comunitaria. 
    9.3 Le previsioni costituzionali devono essere lette  in  armonia
con il contesto. 
    Occorre,   allora,   prendere   atto    che,    in    conseguenza
dell'evoluzione legislativa intervenuta,  e'  nitidamente  emerso  un
nucleo  contenutistico  essenziale  alla  nozione  di   «contabilita'
pubblica», integrato dalle regole indispensabili alla  formazione  di
un  sistema  contabile,   comparabile   a   livello   internazionale,
comprensivo quantomeno delle amministrazioni  coinvolte  (individuate
in  base  a  particolari   caratteri   economico-finanziari),   della
disciplina dei bilanci, dei principi di  base  anche  in  materia  di
consolidamento dei conti, dei principali aggregati  contabili  e  dei
procedimenti in materia di entrate e spese. 
    Ne consegue che  le  fonti  costituzionali  gia'  riconoscono  la
giurisdizione della Corte dei conti nelle controversie rientranti  in
quel ristretto perimetro  anche  senza  la  necessita'  di  specifica
interpositio legislatoris. 
    Questa  conclusione,  tra  l'altro,  conferma  la  necessita'  di
subordinare   invece   a    puntuali    specificazioni    legislative
l'attribuzione della giurisdizione con riferimento a liti in cui, pur
in  presenza  di  effetti  rientranti  nel  novero   della   «finanza
pubblica», si riscontri un piu' o meno sensibile  allontanamento  dai
contenuti essenziali della stessa, costituiti dalla disciplina  degli
equilibri di bilancio, dei soggetti  e  delle  procedure  finalizzate
alla relativa rappresentazione contabile, interna e sovranazionale. 
    Coerentemente  con  la  prospettazione  finora   illustrata,   la
giurisdizione  in   materia   di   elenchi   Istat   deve   ritenersi
inderogabilmente attribuita alla Corte dei conti: di fatto, lo stesso
legislatore con l'art. 1, comma 169, della legge n. 228/2012 - non  a
caso,   approvato   immediatamente   dopo   la   ricordata    riforma
costituzionale e poi confluito nell'art. 11, comma 6, lettera b), del
decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 - ha tempestivamente  (non
attribuito, ma) riconosciuto tale  competenza  esclusiva  al  giudice
contabile. 
    Del resto, come gia' evidenziato fin dalla prima  sentenza  delle
Sezioni riunite in speciale composizione, le disposizioni  che  hanno
enumerato, nel  tempo,  le  relative  competenze  giurisdizionali  in
materia   di   bilanci   pubblici   evocano,   come   titolo   legale
dell'attribuzione,  direttamente,  l'art.   103,   comma   2,   della
Costituzione (cfr. in tal senso, SS.RR. sentenza n. 2/2013).  E  cio'
vale, in particolare, proprio per l'art. 1, comma 169, della legge n.
228/2012 (ora, si ripete, art. 11, comma 6, lettera b), del c.g.c.). 
    9.3.1 Pertanto, non potrebbe essere condivisibile l'affermazione,
anche  giurisprudenziale,  secondo  cui  il  giudice   amministrativo
sarebbe  ancora  oggi  astrattamente  competente   a   decidere   sul
contenzioso in oggetto, assegnando all'art. 1, comma 169, della legge
n.  228/2012  una  natura  sostanzialmente  innovativa  e,  comunque,
ritenendo  che  la  sopravvenuta   compressione   dell'ambito   della
giurisdizione contabile, operata dall'art. 23-quater,  comma  2,  del
decreto-legge n.  137  del  2020  (come  introdotto  dalla  legge  di
conversione n. 137/2020)  possa  avere  comportato  una  riespansione
della giurisdizione amministrativa. 
    Queste conclusioni sono state, tuttavia,  accolte  dalle  Sezioni
unite della Corte di cassazione con la  sentenza  n.  30220/2024.  La
pronuncia, pur dichiarando inammissibile il ricorso, ha affermato  il
principio di  diritto  secondo  cui  il  citato  art.  23-quater  del
decreto-legge n. 137/2020 non ha determinato un vuoto di tutela o  il
mancato  rispetto  dell'effetto  utile  della  disciplina   unionale,
restando attribuita la giurisdizione al  giudice  amministrativo  per
ogni ambito ulteriore rispetto alla competenza delle Sezioni  riunite
in sede giurisdizionale in speciale composizione. 
    Il principio di  diritto  enunciato  dalle  Sezioni  unite  muove
dall'esplicito intento di  superare  l'ambiguita'  di  fondo  che  ha
caratterizzato l'intervento legislativo del  2020.  In  effetti,  dai
lavori preparatori sembra  emergere  l'obiettivo  di  precludere,  al
giudice contabile, il potere di  annullamento  dell'elenco  Istat  in
relazione al contrasto con le disposizioni eurounitarie, tenuto conto
dei problemi collegati agli effetti  delle  decisioni  sui  saldi  di
finanza pubblica. 
    Considerato che, ove cosi' interpretata, la disposizione  avrebbe
implicato  l'esclusione  di  ogni  vaglio  giudiziale,  con  la   non
consentita compressione dei principi costituzionali ed eurounitari in
tema di tutela giurisdizionale, la Cassazione ha dunque  ritenuto  di
offrirne una diversa  lettura  onde  porla  al  riparo  da  possibili
criticita' costituzionali, configurandola come fonte di delimitazione
oggettiva  dell'ambito  di  giurisdizione   esclusiva   del   giudice
contabile, cui corrisponderebbe  il  concorrente  dispiegarsi  di  un
ambito di giurisdizione generale del giudice amministrativo. 
    All'accoglimento di tale opzione interpretativa ostano, tuttavia,
le osservazioni gia' riportate nelle ordinanze  n.  5/2025/RIS  e  n.
6/2025/RIS di queste Sezioni riunite. Con  tali  decisioni  e'  stata
sollevata questione di costituzionalita' del medesimo art.  23-quater
del  decreto-legge  n.  137/2020,  esaminando  gli  argomenti  (cfr.,
soprattutto, parr. 6.3-6-5) che inducono a ritenere  che  la  novella
non abbia inteso in alcun modo attribuire la  tutela  costitutiva  ad
altro organo giurisdizionale, sia per il  contrasto  con  i  principi
costituzionali in materia di riviviscenza di norma abrogate  che  per
il mancato rispetto della necessita' di riserva di legge espressa  in
materia di giurisdizione. In particolare, la Corte ha  richiamato  il
puntuale orientamento della Corte  costituzionale  che,  anche  nella
recente sentenza 26 novembre 2024, n. 185, ha riconosciuto i limitati
ambiti all'interno dei quali puo' operare la  reviviscenza  di  norme
abrogate: «la espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di  legge
abrogate e' una  tecnica  normativa  non  consueta,  ma  in  se'  non
illegittima  nel  senso  che  il  legislatore  [...]  recepisce   per
relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in
tal  modo  in  nuove  disposizioni.  La  reviviscenza  sottolinea  la
testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che  rimangono
comunque ben distinte». 
    In  altri  termini,  la  giurisprudenza  costituzionale   ritiene
eccezionalmente  ammissibile  la  reviviscenza  di  norme  di   legge
abrogate,  ma  a  condizione  che   gli   effetti   giuridici   siano
espressamente previsti dalla legge. Nel caso in esame,  l'assenza  di
ogni argomento testuale nella disposizione sopravvenuta  conferma  la
lesione  delle  attribuzioni  del   giudice   contabile,   presidiate
dall'art. 103 della  Costituzione  (violando  altresi'  il  principio
della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario, posto a garanzia
dell'indipendenza della magistratura). 
    9.3.2  In  definitiva,  il  sopravvenuto  tentativo  di  limitare
l'ambito  della  giurisdizione  contabile  operato  con  il  comma  2
dell'art. 23-quater del decreto-legge n.  137/2020,  come  convertito
dalla legge n. 176/2020  «,  ai  soli  fini  dell'applicazione  della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica», ha inteso
inammissibilmente sottrarre al giudice naturale della res iudicanda -
cui  pure  continua  a  riconoscersi  espressamente   la   competenza
«esclusiva» in tema di contabilita' pubblica  -  la  possibilita'  di
erogare una tutela piena alle pretese dei ricorrenti,  in  violazione
innanzitutto dell'art. 103, comma 2, in relazione agli articoli 81  e
97, della Costituzione. 
    Con la novella, infatti, escludendo la giurisdizione della  Corte
dei conti in relazione alla  rilevanza  eurounitaria  degli  atti  di
ricognizione  delle  amministrazioni  pubbliche  operata  annualmente
dall'Istat, il legislatore interviene su quel nucleo di  attribuzioni
attinenti alla perimetrazione delle amministrazioni pubbliche da  cui
derivano precisi obblighi di natura  contabile,  in  primo  luogo  di
concorrere alla determinazione dei  saldi  di  finanza  pubblica  del
conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, ossia al
computo dei saldi sulla base dei quali  si  sviluppano  le  relazioni
finanziarie tra gli Stati membri dell'Unione europea. 
    In altri termini, il legislatore ha sottratto alla  giurisdizione
contabile la possibilita' di conoscere delle controversie riguardanti
l'ambito soggettivo  e  i  principali  effetti  dell'inserimento  nel
citato elenco, operando una recisione dell'unitaria materia contabile
in esame, in cui i collegamenti tra i profili di rilevanza interna  e
quelli  di  rilevanza  sovranazionale,  dai  quali   i   primi   sono
condizionati, risultano con ogni  evidenza  del  tutto  inscindibili.
L'adozione - sul piano interno - di regole di  bilancio  comuni,  con
conseguente assoggettamento degli enti inclusi nell'elenco ai vincoli
di  finanza  pubblica,  e'   infatti   funzionale   alla   successiva
aggregazione dei dati contabili riferibili agli stessi ai fini  della
formazione del conto economico consolidato dello Stato. Ed e' proprio
attraverso l'esame  dei  saldi  emergenti  da  tale  conto  che  puo'
verificarsi il rispetto, o meno, dei parametri economici  di  matrice
eurounitaria,  assicurando  in  tal  modo  la  stabilizzazione  delle
economie dei Paesi appartenenti all'area  Euro,  con  l'obiettivo  di
evitare la verificazione di effetti di «spillover»  e  assicurare  la
massima efficienza sul territorio  comunitario  degli  stabilizzatori
fiscali. Appare quindi evidente che  la  verifica  del  rispetto  dei
vincoli   nazionali   di   finanza   pubblica   non    puo'    essere
artificiosamente disarticolata dalla verifica avente  ad  oggetto  la
corretta formazione del conto economico  consolidato  dello  Stato  -
rilevante sul piano eurounitario  -  trattandosi  sostanzialmente  di
«due facce di una stessa medaglia». 
    9.4 Ove pure l'interprete ritenesse di continuare  a  orientarsi,
anche nella  materia  in  argomento,  ricorrendo  alla  su  ricordata
visione   teorica   dell'interpositio   legislatoris,   i   vizi   di
costituzionalita' dell'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge  n.
137 del 2020 (come introdotto dalla legge di conversione n. 176/2020)
resterebbero comunque pienamente confermati. 
    Invero, l'intervenuta violazione dell'art. 103,  comma  2,  della
della  Costituzione  deriva  anche   dalla   lesione   dei   principi
costituzionali cui  e'  ancorata  la  giurisdizione  esclusiva  delle
Sezioni riunite in sede  giurisdizionale  in  speciale  composizione,
poiche' nelle materie cui si riferiscono le fattispecie espressamente
codificate  si  manifesta  l'intento  del  legislatore  di  collegare
strettamente le funzioni  di  controllo  con  quelle  giurisdizionali
attribuite  alla  Corte  dei  conti  dal  citato   art.   103   della
Costituzione. In particolare, l'art. 100 della  Costituzione  assegna
alla Corte di conti  il  controllo  «successivo  sulla  gestione  del
bilancio dello Stato»  esterno  ed  imparziale,  da  intendersi  oggi
esteso ai bilanci e alla gestione economico-finanziaria di tutti  gli
enti pubblici che, nel  loro  insieme,  concorrono  alla  nozione  di
«finanza pubblica allargata» (Corte costituzionale, sentenza 7 giugno
2007, n. 179; Id., sentenza 20 luglio 2012, n. 198). 
    Ora,   all'esercizio   di    tale    funzione    di    controllo,
costituzionalmente assegnata e concretamente conformata dalla vigente
trama legislativa, corrisponde la  complementare  previsione  di  una
fattispecie di giurisdizione esclusiva, necessariamente  estesa  agli
atti che definiscono  l'ambito  stesso  dei  soggetti  sottoposti  ai
controlli del giudice contabile,  e  che  a  tale  fine  ricorrono  a
principi e criteri (previsti dal regolamento SEC  2010)  strettamente
economici e contabili. 
    In altri termini, la  giurisdizione  esclusiva  anche  in  questa
materia e'  espressione  dell'evidente  osmosi  fra  la  funzione  di
controllo e quella  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti.  Sotto
questo  profilo  puo',  dunque,  concludersi  che   il   legislatore,
nell'esercitare la sua facolta' di interposizione, ha riconosciuto  e
valorizzato (da ultimo, nel citato art.  11,  comma  6,  del  c.g.c.)
l'indicato collegamento tra  le  funzioni,  sul  quale  pero'  l'art.
23-quater piu' volte citato ha illegittimamente inciso. 
    10. Violazione dell'art. 3 della Costituzione 
    La limitazione della  giurisdizione  esclusiva  della  Corte  dei
conti in materia  di  ricognizione  delle  amministrazioni  pubbliche
operata dall'Istat «ai soli fini  dell'applicazione  della  normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica», disposta  dall'art.
23-quater, comma 2, del decreto-legge n.  137/2020  come  convertito,
risulta altresi' in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,  data
l'assoluta irragionevolezza della previsione. 
    Come in precedenza osservato, le stesse Sezioni unite della Corte
di  cassazione,  nella  sentenza  n.   30220/2024,   hanno   rilevato
(paragrafo 15.1) che il testo della disposizione «ha  delle  indubbie
ambiguita'.  L'art.  11,  comma  6,  lettera  b),  c.g.c.,   dedicato
all'individuazione delle ipotesi in cui le Sezioni  riunite  decidono
«nell'esercizio della propria  giurisdizione  esclusiva  in  tema  di
contabilita' pubblica», prevede, in  esito  alla  novella,  che  tale
giurisdizione esclusiva in tema di elenchi Istat,  e'  confinata  «ai
soli   fini   dell'applicazione   della   normativa   nazionale   sul
contenimento della spesa pubblica», dunque limitata ai  soli  effetti
disapplicativi». 
    Si e' tentato di superare gli  ostacoli  ermeneutici  concludendo
per  una  predicata  riespansione  della   competenza   del   giudice
amministrativo sulle domande non riservate dal testo  normativo  alla
cognizione della Corte dei conti; a tali  fini  sono  valorizzati  il
criterio di riparto per blocchi di materie  (che  pero'  non  attiene
all'individuazione delle competenze del giudice contabile, fondata su
una diversa ratio legis:  cfr.  supra,  paragrafo  9.1),  nonche'  la
giurisprudenza formatasi sulle diverse materie della  responsabilita'
amministrativa   e   delle   pensioni   (quest'ultima,   addirittura,
rientrante nella giurisdizione  sulle  «altre  [materie]  specificate
dalla legge», per le quali  non  si  dubita  della  necessita'  della
perimetrazione legislativa della giurisdizione contabile). 
    La comprensibile scelta di farsi carico di una  lettura  ritenuta
compatibile con i principi costituzionali non puo' tuttavia riportare
nei confini della legittimita' costituzionale -  ampiamente  violati,
ad avviso di queste SS.RR.  -  una  disposizione  che,  innanzitutto,
mantiene ferma la giurisdizione esclusiva delle  Sezioni  riunite  in
sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte  dei  conti
in materia di elenchi Istat. 
    Deve essere, pertanto,  riconosciuta  al  giudice  contabile  una
peculiare  giurisdizione,  nell'esercizio  della  quale   non   trova
applicazione la tradizionale distinzione tra  interesse  legittimo  e
diritto soggettivo, rilevando  -  come  osservato  dalla  consolidata
giurisprudenza di queste SS.RR. (cfr., ex plurimis,  le  sentenze  n.
6/2019, n. 9/2020, n. 14/2020, n. 20/2020, n. 27/2020, n. 38/2020)  -
la diversa esigenza di accertamento di  un  particolare  status,  per
definizione mutevole nel tempo  e  ancorato  a  requisiti  di  natura
economico-finanziaria, in cui la Corte non si limita al  mero  vaglio
di legittimita' del procedimento valutativo, estendendo la cognizione
alla verifica della sussistenza o insussistenza dei  presupposti  per
l'attribuzione dello status di p.a. (e delle  conseguenti  situazioni
giuridiche attive e passive) con valenza di accertamento costitutivo. 
    Proprio  i  particolari   connotati   del   giudizio   in   esame
costituiscono  motivo  legittimante  l'attribuzione  delle   relative
controversie alla giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite della
Corte dei conti,  ossia  a  un  Collegio  singolarmente  qualificato,
chiamato a una verifica non sulla legittimita' generale, bensi' piena
e di  merito,  di  accertamento  della  qualita'  di  amministrazione
pubblica in capo a una determinata unita' istituzionale,  sulla  base
della    valorizzazione    di    specifici    criteri    di    natura
statistico-economica  (cfr.  Corte  di  cassazione,  Sezioni   unite,
sentenza 19 aprile 2021, n. 10244). 
    Nelle controversie in  esame  la  Corte  e',  cioe',  chiamata  a
valutare le situazioni di fatto alla stregua di  regole  tecniche  ed
economiche di particolare complessita' - contenute  nel  SEC  2010  -
onde  accertare  la  qualita'  di  produttore  di  beni   e   servizi
destinabili o non destinabili alla vendita. 
    A tali fini, come noto, concorrono un criterio «qualitativo» (che
impone di verificare se l'ente interessato si  dedichi  o  meno  alla
produzione di servizi ausiliari, sia o meno l'unico fornitore di beni
e servizi dell'amministrazione pubblica e sia o meno  incentivato  ad
adeguare l'offerta per realizzare un'attivita'  redditizia,  operando
alle condizioni di mercato  e  rispettando  le  proprie  obbligazioni
finanziarie) e un «test quantitativo» (paragrafi 20.29 e ss. del SEC)
per stabilire se  un'unita'  istituzionale  produca  beni  e  servizi
destinabili  alla  vendita   (c.d.   criterio   market/non   market),
incentrato sul rapporto tra vendite e costi di produzione,  esaminato
per un periodo pluriennale continuativo. 
    Ora, a fronte del riconoscimento di un'ipotesi  di  giurisdizione
esclusiva conformata nei termini finora rappresentati, con  la  norma
del 2020 e' sopravvenuta una limitazione legislativa al suo ambito di
operativita' che addirittura  allontana  la  sfera  di  giurisdizione
assegnata al giudice contabile dal nucleo centrale della contabilita'
pubblica: si  escludono  gli  effetti  della  pronunzia  strettamente
attinenti alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto
economico consolidato delle amministrazioni pubbliche e  si  consente
la sola verifica giudiziaria ai limitati fini dell'applicazione della
normativa (peraltro, solo nazionale)  sul  contenimento  della  spesa
pubblica, ossia per finalita' piu' latamente riguardanti  la  materia
della finanza pubblica per le quali, ove fosse mancata la  previsione
di una giurisdizione esclusiva del giudice  contabile,  la  questione
dell'eventuale competenza del giudice amministrativo  avrebbe  potuto
forse piu' fondatamente proporsi. 
    10.1 L'illegittimita'  costituzionale,  conseguente  alla  palese
illogicita' e irragionevolezza della disposizione  in  esame,  emerge
altresi' quando si  consideri  che,  confinando  la  rilevanza  della
giurisdizione  esclusiva  della  Corte  dei  conti   alla   normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica,  ne  deriva  il  suo
svuotamento quasi integrale. 
    Sul punto deve innanzitutto ricordarsi  che  le  disposizioni  in
materia di contenimento della spesa che  presuppongono  l'inserimento
nell'elenco Istat negli ultimi anni sono state in gran parte abrogate
o dichiarate non piu' applicabili. 
    Basti ricordare, al riguardo, che secondo l'art.  1,  comma  590,
della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160,  anche  ai  fini  «di  un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica,  a  decorrere  dall'anno
2020,  agli  enti  e  agli  organismi,  anche  costituiti  in   forma
societaria, di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009,
n.  196,  [...]  cessano  di  applicarsi  le  norme  in  materia   di
contenimento e di riduzione della spesa di cui all'allegato A annesso
alla presente legge». L'allegato A), a sua volta, contiene  un  lungo
elenco di previsioni normative di cui e' cessata l'applicazione,  con
conseguente, remota possibilita' di prospettare lesioni da cui  possa
derivare un concreto interesse alla tutela  delle  proprie  posizioni
giuridiche. 
    Analoga sorte ha interessato alcune disposizioni  in  materia  di
limitazioni di spesa contenute nell'art. 5 del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95 (convertito dalla legge 7 agosto 2012, n.  135),  di  cui
sopravvive l'applicabilita' di limitate e residuali fattispecie. 
    E' ben vero che il citato art.  1,  comma  590,  della  legge  n.
160/2019 conclude precisando che «[r]esta ferma l'applicazione  delle
norme che recano vincoli in materia di spese di personale». Peraltro,
la  norma  intende  riferirsi  alle  disposizioni  che,  in  sede  di
perimetrazione del loro ambito soggettivo di applicazione, richiamino
l'inserimento nell'elenco Istat, senza considerare che le  previsioni
in materia di contenimento della spesa di personale sono, di  regola,
dichiarate espressamente applicabili alle  amministrazioni  pubbliche
come definite dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 30 marzo  2001,
n. 165. 
    Del resto, nella stessa memoria  di  costituzione  dell'Istat  si
afferma il sostanziale difetto di  interesse  a  impugnare  l'elenco,
evidenziando le ampie esenzioni dall'applicazione delle diverse norme
di contenimento  della  spesa  pubblica  introdotte  dalla  legge  27
dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020) a beneficio  di  tutti
gli enti ivi inseriti. 
    Pertanto, pure a voler accogliere, sul piano teorico, la tesi che
ritiene  ammissibile  l'introduzione  legislativa  di   limiti   alla
capacita' espansiva della giurisdizione esclusiva, e' tuttavia  certo
che la discrezionalita' legislativa non potrebbe mai determinarne  il
sostanziale disconoscimento, come  accaduto  nella  fattispecie,  per
effetto di una perimetrazione delle controversie conoscibili  da  cui
derivi la concreta disapplicazione  della  provvista  giurisdizionale
riservata. 
    10.2  Il  delineato  riparto  della  giurisdizione  tra   giudice
amministrativo  e  giudice  contabile  lascia   emergere   ulteriori,
evidenti  profili   di   intrinseca   irragionevolezza   dell'assetto
ordinamentale prospettato, con palese  contrasto  dell'art.  3  della
Costituzione. 
    Infatti,  la  legittimita'  costituzionale  di  tale  coesistenza
potrebbe sostenersi solo a condizione che gli effetti  del  sindacato
giudiziale  del  giudice  amministrativo  e  del  giudice   contabile
risultassero tra loro  «non  comunicanti»,  essendo  ben  distinte  e
autonome le disposizioni normative operanti nei due diversi  comparti
giurisdizionali (SEC 2010 e disposizioni sulla spending review). 
    Al contrario, come  anche  evidenziato  dalla  Procura  generale,
l'ammissibilita' di un c.d. doppio ricorso deve  ritenersi  di  fatto
precluso  rispetto  al  contenzioso  in  esame,  le   due   normative
applicabili  compenetrandosi  al  punto  che  risulta  di  fatto  non
ipotizzabile, sul piano giuridico, una loro operativita' «atomistica»
o «irrelata». Cio',  in  quanto  l'eventuale  sindacato  del  giudice
contabile,  nella  prospettiva  dell'operativita'  (o   meno)   delle
disposizioni nazionali sul contenimento della spesa  nel  quadro  del
rispetto degli obiettivi  di  finanza  pubblica,  e'  necessariamente
condizionato dalla previa e corretta attribuzione al soggetto privato
di diritto interno della  qualificazione  eurounitaria  di  «pubblica
amministrazione», scaturente dalla sua iscrizione nell'elenco Istat. 
    In  altri  termini,  nel  caso  in  esame,  l'operativita'  della
normativa europea SEC 2010 e' configurata come presupposto legale per
l'applicazione  (anche)  della  normativa  nazionale  sulla  spending
review, il cui dispiegarsi richiede, quindi, che sia stata risolta la
questione della qualificazione di  un  soggetto  di  diritto  interno
quale  pubblica  amministrazione  europea  nella  prospettiva   della
contabilita' pubblica. 
    Sul piano processuale, in caso di pendenza di giudizi  presso  la
giurisdizione amministrativa e quella contabile l'ipotizzato  riparto
-  che,  non  a  caso,  non  e'  stato  espressamente  delineato  dal
legislatore del 2020 - determinerebbe il  sorgere  di  insormontabili
ostacoli giuridici, a meno di  configurare  il  giudizio  davanti  al
giudice  amministrativo,  circa  la  corretta  attribuzione  di   una
soggettivita'  pubblicistica  europea  all'ente  di  diritto  interno
ricorrente iscritto nell'elenco Istat,  come  vera  e  propria  causa
pregiudiziale ex art. 295 c.p.c. e art. 106. c.g.c. 
    L'inscindibile compenetrazione  tra  le  questioni  normative  e'
illustrata  anche  dalle  conseguenze  del  tutto  irragionevoli  cui
condurrebbe l'ipotizzata separazione tra i giudizi, in caso di previa
pronuncia del giudice amministrativo: 
        a) un  eventuale  giudicato  amministrativo  di  annullamento
dell'iscrizione nell'elenco Istat dovrebbe  comportare,  rispetto  al
parallelo  processo  pendente  avanti  al   giudice   contabile,   la
(sopravvenuta) cessazione del materia del contendere, considerato che
le  disposizioni  di  diritto  interno  sulla  spending  review  sono
finalizzate a garantire i saldi e gli obiettivi di  finanza  pubblica
nel quadro della governance economica europea,  dunque  presuppongono
il   previo   e   definitivo   riconoscimento   della   soggettivita'
pubblicistica secondo i parametri della normativa  unionale  del  SEC
2010. 
        Si aggiunge che, in questa prospettiva, la giurisdizione  del
giudice  amministrativo  comporterebbe  il  superamento,  sul   piano
pratico, della necessita'  di  esperire  un  doppio  ricorso  per  il
soggetto che voglia contestare l'inclusione nell'elenco  Istat  anche
ai  fini  della  disapplicazione  delle  correlate  disposizioni   di
contenimento  della  spesa  pubblica:  l'espunzione  di  un  soggetto
dall'elenco Istat per effetto del vittorioso esperimento del  ricorso
innanzi al G.A.  comporterebbe  ipso  iure  l'inapplicabilita'  delle
norme di contenimento della spesa pubblica, svuotando di significato,
anche per questa via, la previsione dell'art. 11, comma 6, del codice
di giustizia contabile di una giurisdizione «esclusiva» delle Sezioni
riunite  in  sede  giurisdizionale  in  speciale  composizione  nella
materia; 
        b) al contrario, un  eventuale  giudicato  amministrativo  di
rigetto del ricorso avverso l'iscrizione nell'elenco Istat renderebbe
eccentrica ogni successiva decisione di accoglimento del  ricorso  in
sede di giudizio contabile (con la conseguente  inoperativita'  delle
disposizioni interne sul contenimento della spesa pubblica):  a  meno
di voler ritenere ammissibile,  nonostante  il  primato  del  diritto
europeo, la qualificazione  di  un  ente  di  diritto  interno  quale
pubblica amministrazione europea nel quadro del SEC 2010  -  a  valle
del  giudicato  amministrativo  di  rigetto   del   ricorso   -   ma,
ciononostante,  «immune»  dall'assoggettamento  alle  norme   interne
finalizzate al perseguimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
europea. 
        In definitiva, postulare la contraddittoria presenza  di  una
giurisdizione esclusiva e al tempo stesso concorrente implica un vero
e proprio cortocircuito logico-semantico che ha, infatti, generato il
conflitto interpretativo e lo stallo della  funzione  giurisdizionale
in danno della ricorrente. 
    10.3  In  conclusione,  l'art.  23-quater  del  decreto-legge  n.
137/2020,   come   convertito,   presenta   insuperabili   criticita'
interpretative in ragione del suo significato non chiaro, al punto da
indurre a prospettare soluzioni ermeneutiche che giungono a forzare i
limiti consentiti dall'enunciato testuale, nel tentativo di  offrirne
una coerenza sistematica non consentita dai principi  costituzionali,
con  il  rischio  che  l'attivita'  ermeneutica   trasmodi   in   una
sostanziale integrazione normativa. 
    Sul punto, va ricordato che la Corte costituzionale ha  da  tempo
chiarito che «ciascun consociato ha un'ovvia  aspettativa  a  che  la
legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente  affidabile,  i
limiti entro i quali i suoi diritti e  interessi  legittimi  potranno
trovare tutela, si' da poter  compiere  su  quelle  basi  le  proprie
libere scelte d'azione»  (Corte  costituzionale,  sentenza  5  giugno
2023, n. 110). 
    Pertanto, le disposizioni  foriere  di  intollerabile  incertezza
nella loro applicazione concreta  si  pongono  in  contrasto  con  il
canone  di  ragionevolezza  della  legge  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione,  nella  misura  in  cui  il  loro  significato  risulti
radicalmente inintelligibile o particolarmente  ambiguo,  soprattutto
in tematiche come quella del riparto di giurisdizione, che attiene  a
un presupposto in senso ampio del processo e presenta una rilevanza -
per sua natura - pregiudiziale. 
    11. Violazione degli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione 
    Come ripetutamente sottolineato, l'art. 11, comma 6, lettera  b),
del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, in cui  e'  confluita
la disposizione dell'art. 1, comma  169,  della  legge  n.  228/2012,
stabilendo che le Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale
composizione, «nell'esercizio della propria  giurisdizione  esclusiva
in tema  di  contabilita'  pubblica,  decidono  in  unico  grado  sui
giudizi: [...] b) in materia di  ricognizione  delle  amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat», senza ulteriori specificazioni,  aveva
espressamente riconosciuto  al  giudice  contabile  la  competenza  a
decidere delle controversie in esame  con  il  potere  di  assicurare
tutte le tutele richieste dai soggetti interessati, ossia di statuire
su tutte le domande  astrattamente  proponibili,  con  esclusione  di
altre giurisdizioni concorrenti, assicurando in tal modo piena tutela
giurisdizionale  in  attuazione  degli  articoli  24  e   113   della
Costituzione. 
    Su tali premesse, sul piano processuale emerge il  contrasto  del
citato art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge  n.  137/2020  come
convertito  con  gli  articoli  24  e  111  della  Costituzione,  che
attribuiscono alla funzione giurisdizionale lo  scopo  di  assicurare
piena tutela, attraverso il  giudizio,  delle  situazioni  soggettive
qualificate, imponendo che la disciplina  dei  rapporti  tra  giudici
appartenenti a ordini diversi si  ispiri  al  principio  secondo  cui
l'individuazione  del  giudice  munito  di  giurisdizione  non   deve
sacrificare il diritto delle parti a ottenere una risposta in  ordine
al bene della vita oggetto di interesse. 
    Risulta, inoltre, violato l'art.  113,  primo  e  secondo  comma,
della Costituzione,  che  dell'art.  24  costituisce  sostanzialmente
specifica applicazione e secondo cui contro gli atti  della  pubblica
amministrazione e'  sempre  ammessa  la  tutela  giurisdizionale  dei
diritti e degli interessi legittimi e tale tutela giurisdizionale non
puo' essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione  o
per determinate categorie di atti, come accade nella fattispecie. 
    La  disposizione  merita  ulteriore  censura  di   illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 111 della Carta fondamentale,
con riferimento al diverso e complementare profilo della lesione  del
principio di ragionevole durata del processo, riguardato  nell'ottica
del  principio  di  concentrazione  delle  tutele,  ove  si   accolga
l'opzione ermeneutica  che  ammette  la  possibilita'  di  un  doppio
ricorso, al giudice amministrativo e a quello contabile,  in  materia
di elenchi Istat. 
    Infatti, i  rischi  e  le  criticita'  gia'  esaminati  derivanti
dall'eventuale pendenza di due  giudizi  sul  medesimo  oggetto,  con
possibili implicazioni in termini anche di necessita' di  sospensione
del  processo  contabile  e   conseguente   dilatazione   dei   tempi
processuali  del  relativo  contenzioso  («dipendente»),  nonche'  di
formazione   di   giudicati   contrastanti,   vulnerano    il    bene
costituzionale dell'efficienza del processo  di  cui  la  ragionevole
durata e' espressione e il  canone  fondamentale  della  razionalita'
delle norme processuali, in assenza di prevalenti esigenze di  tutela
di principi soggetti a concorrente ponderazione. 
    12.  Violazione  dell'art.  117  della  costituzione,  anche   in
relazione   all'art.   19   TUE,   all'art.   47   della Carta    dei
diritti dell'Unione  europea e  agli  articoli  6  e  13  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali 
    La disposizione  limitativa  contenuta  nell'art.  23-quater  del
decreto-legge  n.  137/2020,  come  convertito,  merita   di   essere
censurata anche per il contrasto con l'art. 117  della  Costituzione,
in ragione della violazione dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali, nella specie resi chiari
dalla funzione nomofilattica della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea. 
    La Corte di giustizia dell'Unione europea, cui le Sezioni riunite
in   speciale   composizione   avevano   chiesto   di   valutare   la
compatibilita' eurounitaria della previsione, evidenziando il rischio
che  avesse  di  fatto  precluso  un  controllo  indipendente   sulle
autorita' di bilancio nazionali e sull'elenco  delle  amministrazioni
pubbliche predisposto dall'Istat, con la  sentenza  13  luglio  2023,
Ferrovienord S.p.a.e  Federazione  Italiana  Triathlon  (nelle  cause
riunite C-363/21 e C-364/21), ha rilevato che «al fine di  assicurare
che  l'autorita'  nazionale  competente  rispetti,  ai   fini   della
qualificazione di un ente come «amministrazione pubblica»,  ai  sensi
del regolamento n. 549/2013, la definizione del  diritto  dell'Unione
che vi si collega  e  che  si  impone  nei  suoi  confronti,  la  sua
decisione deve poter  essere  contestata  ed  essere  oggetto  di  un
controllo giurisdizionale. Infatti, in assenza di una possibilita' di
contestare  tale  qualificazione,   l'effetto   utile   del   diritto
dell'Unione non sarebbe garantito. Di conseguenza, l'effetto utile di
detto regolamento osta ad una normativa  nazionale  che  escluda,  di
fatto, qualsiasi  possibilita'  di  controllo  giurisdizionale  della
fondatezza della  qualificazione  di  un  ente  come  amministrazione
pubblica» (punti 69 e 70). 
    La pronuncia e' giunta alle medesime conclusioni con  riferimento
alla  questione  della   compatibilita'   dell'art.   23-quater   del
decreto-legge n.  137/2020,  con  le  prescrizioni  risultanti  dalla
direttiva 2011/85/UE, dell'8 novembre 2011,  relativa  ai  «requisiti
per i quadri di bilancio degli Stati membri» (punti 77 e 78). 
    Ha, poi, aggiunto che quando le disposizioni dell'Unione  europea
non   disciplinano   le    modalita'    procedurali    dei    ricorsi
giurisdizionali,  in  quanto  «non  precisano,  segnatamente,   quale
giudice  nazionale  deve   assicurare   la   tutela   giurisdizionale
effettiva», spetta agli Stati membri disegnare procedimenti che  «non
siano, nelle situazioni  rientranti  nel  diritto  dell'Unione,  meno
favorevoli che in situazioni simili disciplinate dal diritto  interno
(principio  di  equivalenza)»  e  tali   da   rendere   «praticamente
impossibile  o  eccessivamente  difficile  l'esercizio  dei   diritti
conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettivita')» (punto
89). 
    Con particolare riferimento  al  principio  di  effettivita',  la
Corte ha precisato innanzitutto (punto 92) che il diritto dell'Unione
non impone agli Stati membri di «istituire mezzi di  ricorso  diversi
da quelli stabiliti dal diritto interno, a meno che  dalla  struttura
complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale in  discussione  non
risulti  che  non  esiste  alcun  rimedio  giurisdizionale  tale   da
permettere, anche solo in via incidentale, di assicurare il  rispetto
dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto  dell'Unione,  oppure
che l'unico modo per poter adire un giudice da parte  di  un  singolo
sia quello di commettere violazioni del diritto». 
    Ogni caso in cui  si  ponga  la  questione  se  una  disposizione
procedurale nazionale renda impossibile  o  eccessivamente  difficile
l'applicazione del diritto dell'Unione deve essere esaminato  tenendo
conto del posto occupato da tale  disposizione  nel  complesso  della
procedura,  nonche'  dello  svolgimento  e  delle  particolarita'  di
quest'ultima dinanzi ai diversi organi nazionali. 
    Inoltre, ha proseguito la Corte di giustizia dell'Unione europea,
va fatta prudentemente «salva la verifica che incombe al giudice  del
rinvio» sull'indicazione (del Governo italiano  all'udienza)  secondo
cui «gli enti iscritti nell'elenco Istat che intendono contestare  la
loro designazione quali amministrazioni pubbliche non sono  tenuti  a
presentare due distinti ricorsi, vale a dire uno davanti  al  giudice
amministrativo e un altro davanti alla Corte dei conti», e che «da un
lato,   essi   potrebbero   chiedere   al   giudice    amministrativo
l'annullamento erga omnes della  decisione  che  li  ha  iscritti  in
quest'elenco.  Dall'altro,  dinanzi  alla  Corte  dei   conti,   essi
potrebbero  contestare   le   conseguenze   della   loro   iscrizione
nell'elenco  suddetto   e   ottenere,   eventualmente,   in   maniera
incidentale, la disapplicazione di tale iscrizione» (punto 97). 
    Infine,  la  mera  possibilita'  che  si  verifichino   giudicati
contrastanti sulla fondatezza dell'iscrizione di un ente  nell'elenco
Istat non impone di concludere in ogni caso per  l'esistenza  di  una
violazione dell'art. 19 TUE, letto alla luce dell'art. 47 della Carta
e del principio di effettivita', ma solo a condizione  che  «un  ente
che  contesti  la  decisione  di  qualificazione  adottata  nei  suoi
confronti possa limitarsi a  proporre  un  unico  ricorso  per  veder
esaminata la propria domanda» (punto 98). Cio' premesso, la  concreta
verifica del rispetto dei presupposti e limiti posti dalla  Corte  di
giustizia nei citati  punti  97  e  98  della  decisione  conduce  ad
accertare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  23-quater  per
contrasto con la normativa europea. 
    12.1 Come  chiarito  dalla  Corte  costituzionale,  la  normativa
(oggi)  eurounitaria  «entra  e  permane  in   vigore,   nel   nostro
territorio, senza che i suoi  effetti  siano  intaccati  dalla  legge
ordinaria dello Stato; e cio' tutte le volte  che  essa  soddisfa  il
requisito dell'immediata applicabilita'. Questo principio [...]  vale
non soltanto per  la  disciplina  prodotta  dagli  organi  della  CEE
mediante regolamento, ma anche per le  statuizioni  risultanti,  come
nella specie, dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia»
(sentenza  23  aprile  1985,  n.  113.   Conf.,   ex   plur.,   Corte
costituzionale, sentenza 11 luglio 1989, n.  389;  Id.,  sentenza  18
aprile  1991,  n.  168;  Id.,  sentenza  16  giugno  1993,  n.  285).
Conseguentemente, tutti i soggetti competenti nel nostro  ordinamento
a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza  o  valore  di
legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come
gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come  gli
organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti a disapplicare  le
norme interne incompatibili con le norme dell'ordinamento dell'Unione
europea nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia  europea
(Corte costituzionale, sentenza n. 389/1989, cit.). 
    All'interpretazione del quadro normativo in  materia  di  elenchi
Istat fornita dalle Sezioni unite della  Corte  di  cassazione  nella
sentenza n. 30220/2024, che nella specie costituisce diritto vivente,
consegue l'impossibilita' del giudice contabile di  disapplicare  gli
atti Istat incompatibili con il diritto  europeo,  sulla  base  delle
conclusioni secondo cui il  giudice  contabile  non  potrebbe,  nella
propria giurisdizione, applicare il diritto dell'Unione europea. 
    Di fatto, l'affermazione  delle  Sezioni  unite ha  l'effetto  di
disarticolare il primato del diritto comunitario, in quanto la  Corte
dei conti, nonostante un ricorso presentato, non puo'  soddisfare  la
pretesa dei ricorrenti al rispetto del diritto dell'Unione europea. 
    Cio'  conduce  a   denunciare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 23-quater per violazione  dell'art.  117,  comma  1,  della
Costituzione, alla luce del contrasto  con  i  principi  del  «giusto
processo»  tutelato  dall'ordinamento   europeo   con   le   seguenti
disposizioni: 
        a) art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, secondo cui  gli
Stati membri stabiliscono  i  rimedi  giurisdizionali  necessari  per
assicurare  una  tutela   giurisdizionale   effettiva   nei   settori
disciplinati dal diritto dell'Unione; 
        b) art. 47  della  Carta  dei  diritti  dell'Unione  europea,
secondo cui ogni persona i cui diritti e le  cui  liberta'  garantiti
dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un  «ricorso
effettivo» dinanzi ad un giudice; 
        c) articoli 6 e 13  della  Convenzione  europea  dei  diritti
dell'uomo, secondo cui ogni persona ha diritto ad  un  processo  equo
(«a che la sua causa  sia  esaminata  equamente»)  e  ad  un  ricorso
effettivo dinanzi a una magistratura nazionale. 
    Dai principi concordemente recepiti nel diritto europeo  e  nella
Costituzione  italiana  discende  la  necessita'  che   il   processo
contabile, da un punto di vista funzionale, assicuri la tutela  piena
ed effettiva del ricorrente. 
    Invero, in una prospettiva funzionale il processo e' «giusto» ove
consenta  adeguate  forme  di  tutela  delle  situazioni   giuridiche
soggettive a fondamento dell'azione  giudiziaria.  La  rilevanza  del
requisito e' tale che secondo la giurisprudenza  europea  l'esistenza
stessa  di  un  controllo  giurisdizionale  effettivo  destinato   ad
assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e' intrinseca  ad  uno
Stato di diritto (Corte di giustizia  dell'Unione  europea,  sentenza
del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e  a.,  C-357/19,  C-379/19,
C-547/19,   C-811/19   e   C-840/19).   Secondo   la   giurisprudenza
eurounitaria, il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei
diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione, cui fa
riferimento  l'art.  19,  paragrafo  1,   secondo   comma,   Trattato
sull'Unione europea - in buona parte sovrapponibile al diritto  a  un
ricorso effettivo ai sensi dell'art. 47 della Carta - costituisce  un
principio  generale  del  diritto  dell'Unione   che   deriva   dalle
tradizioni costituzionali comuni agli  Stati  membri,  che  e'  stato
sancito agli articoli  6  e  13  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ai  quali  corrisponde  l'art.  47
della Carta (cfr., ex plur.: Corte di giustizia dell'Unione  europea,
sentenza 8 maggio 2024, C-53/23, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din
România»). 
    Nel merito, in  ossequio  al  principio  di  cooperazione  leale,
sancito dall'art.  4,  paragrafo  3,  TUE,  e  come  sopra  ricordato
richiamando la sentenza della Corte  di  Giustizia  13  luglio  2023,
Ferrovienord S.p.a.e Federazione  Italiana  Triathlon,  le  modalita'
procedurali dei ricorsi intesi a  garantire  la  tutela  dei  diritti
spettanti ai singoli  in  forza  del  diritto  dell'Unione  risultano
rispettose del principio di effettivita' (e conformi  ai  canoni  del
«giusto  processo»)  ove  non  rendano  praticamente  impossibile   o
eccessivamente   difficile   l'esercizio   dei   diritti    conferiti
dall'ordinamento  giuridico  dell'Unione  (cfr.,  in  questo   senso,
sentenza 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17,  e  sentenza  27  giugno
2013, Agrokonsulting-04, C-93/12). 
    In altri termini, gli Stati membri sono tenuti ad  assicurare  il
rispetto del diritto  a  una  tutela  giurisdizionale  effettiva  dei
diritti  che  i  singoli  traggono  dal  diritto  dell'Unione,  quale
garantito dall'art. 47 della Carta. 
    12.2 Declinando le esposte coordinate ermeneutiche  in  relazione
all'assetto normativo conseguente  all'entrata  in  vigore  dell'art.
23-quater del decreto-legge n.  137/2020,  inserito  dalla  legge  di
conversione n.  176/2020,  l'incostituzionalita'  della  disposizione
emerge in primo luogo perche' - come gia' osservato - essa esclude il
sindacato degli effetti eurounitari dell'iscrizione nell'elenco Istat
dinanzi ad un giudice. 
    La lettera della disposizione - anche in rapporto  all'art.  103,
comma 2, della Costituzione - e i lavori preparatori non  autorizzano
a prospettare una concorrenza  di  giurisdizioni  sulla  materia,  in
quanto l'effetto innovativo della previsione riguarda non l'an, ma il
quomodo  della  giurisdizione:   il   legislatore   avrebbe,   cioe',
ridefinito l'oggetto della tutela (in relazione sia  al  petitum  che
alla causa petendi), attraverso la limitazione  dei  «fini»  -  ossia
degli  effetti  -  della  giurisdizione  contabile.  L'illegittimita'
costituzionale discende, allora, dalla limitazione dell'oggetto della
tutela  del  giudice  contabile,  combinata  con  l'immodificata   (e
immodificabile)   giurisdizione   esclusiva   sulla   materia   della
ricognizione operata dall'Istat, conforme agli  articoli  100  e  103
della Costituzione. Infatti, in assenza della  tutela  disapplicativa
(e di annullamento) del giudice contabile, il sistema giurisdizionale
non  assicurerebbe  alcun  rimedio  contro  gli  effetti  antieuropei
dell'atto di ricognizione dinanzi a qualsiasi altro giudice. 
    12.3 In ogni caso,  l'art.  117,  comma  1,  anche  in  relazione
all'art. 19 TUE, all'art. 47, paragrafo 2 della Carta di Nizza e agli
articoli 6 e 13 della CEDU, risulta violato perche'  la  novella  del
2020 ha imposto agli enti iscritti nell'elenco  Istat  che  intendano
contestare gli effetti  eurounitari  della  loro  designazione  quali
amministrazioni pubbliche e che  abbiano  gia'  proposto  ricorso  al
giudice  contabile,  di  presentare  necessariamente   due   distinti
ricorsi, il secondo dei quali dinanzi al giudice  amministrativo  per
chiedere l'annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti
nell'elenco. 
    Invero, dinanzi alla Corte dei  conti  essi  non  potrebbero  mai
«contestare le conseguenze della loro iscrizione nell'elenco suddetto
e ottenere, eventualmente, in maniera incidentale, la disapplicazione
di tale iscrizione» (punto 97 della richiamata sentenza  della  Corte
di giustizia), posto che tale incidentale disapplicazione rileva,  in
base alla novella del 2020, ai soli fini della  disciplina  nazionale
sul contenimento della spesa pubblica. 
    Tuttavia, la  qualificazione  ai  sensi  del  SEC  2010,  operata
dall'autorita' nazionale competente (nel  caso  italiano  dall'Istat,
attraverso la compilazione dell'elenco di cui all'art. 1 della  legge
n. 196/2009), non puo' non comportare effetti sia oggettivi  (vincoli
di bilancio su tutte le «amministrazioni pubbliche»,  qualificate  ai
sensi del SEC  2010)  che  soggettivi  (il  radicarsi  di  situazioni
giuridiche sui soggetti classificati, tra cui  quella  alla  corretta
qualificazione, con il connesso diritto ad un ricorso effettivo). 
    Pertanto, escludendo la possibilita' di  assicurare  il  rispetto
del  principio   di   effettivita'   della   tutela   giurisdizionale
«esclusiva», l'art.  23-quater  impedisce  il  legittimo  dispiegarsi
dell'effetto utile della normativa  UE,  considerato  che  la  tutela
giurisdizionale assicurabile dal giudice contabile  non  soddisfa  il
principio dell'autosufficienza del ricorso, secondo cui  il  soggetto
qualificato deve poter proporre, con un  unico  ricorso,  la  domanda
tendente a impedire l'applicazione nei suoi confronti  degli  effetti
comunitari dell'iscrizione. 
B) Questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  23-quater,
comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto  dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176. 
    13. Il primo  comma  dell'art.  23-quater  del  decreto-legge  n.
137/2020, come convertito, ha enumerato, in un elenco  annesso,  otto
enti espressamente indicati come «enti per i quali la Corte dei conti
ha accolto il ricorso dell'unita' avverso la classificazione  operata
ai sensi del SEC 2010 per  l'anno  2019».  Nella  lista  compare  (al
numero 3) anche la «Trentino Sviluppo S.p.a.». 
    La disposizione qualifica testualmente tutti i soggetti giuridici
interessati come «unita' che, secondo criteri stabiliti  dal  Sistema
europeo dei conti nazionali  e  regionali  nell'Unione  europea  (SEC
2010), di cui al regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento  europeo
e del Consiglio, del 21 maggio 2013, concorrono  alla  determinazione
dei saldi di finanza pubblica del conto economico  consolidato  delle
amministrazioni pubbliche». Pertanto, in ragione di tale status, agli
stessi «si applicano in ogni  caso  le  disposizioni  in  materia  di
equilibrio  dei   bilanci   e   sostenibilita'   del   debito   delle
amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli  articoli
3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonche' quelle in materia
di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni  rilevanti
in materia di finanza pubblica». 
    Queste Sezioni riunite, tuttavia, ravvisano dubbi in ordine  alla
legittimita'  costituzionale  anche  di  tale  previsione  normativa.
Quindi,  riservata  ogni  ulteriore  statuizione  sul  merito  e  sul
regolamento  delle  spese  processuali  del  giudizio,  ritengono  di
doverlo sospendere e disporre la trasmissione degli atti del processo
alla Corte costituzionale. 
    14. Sulla rilevanza della questione 
    Secondo il Collegio la questione di legittimita'  costituzionale,
meglio dettagliata di seguito, e' rilevante ai fini del decidere. 
    Si e' difatti riferito, nella superiore narrativa del fatto,  che
la  societa'  Trentino  Sviluppo  S.p.a.  ha  proposto  ricorso   per
l'annullamento,  limitatamente  alla   sua   posizione,   dell'elenco
sintetico  delle  amministrazioni  pubbliche   inserite   nel   conto
economico consolidato individuate ai  sensi  dell'art.  1,  comma  3,
della legge 31 dicembre 2009,  n.  196  e  successive  modificazioni,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  il  30   settembre   2020   e
rettificato  il  4  novembre  2020,  nonche'  dell'elenco   analitico
pubblicato sul sito istituzionale dell'Istat in data 4 novembre 2020. 
    Cio' posto, e in disparte gli esiti della questione sollevata con
riferimento al secondo  comma  dell'art.  23-quater  (che  presentano
altresi' un'autonoma rilevanza, atteso che la  ricorrente  nel  corso
del giudizio ha precisato la domanda chiedendo  l'annullamento  o  la
disapplicazione  degli  atti  impugnati  con  riferimento  alla   sua
posizione   giuridica,   tenuto   conto   della   limitazione   della
giurisdizione contabile disposta dal medesimo articolato  normativo),
la ricorrente non risulterebbe soddisfatta  dall'eventuale  pronuncia
favorevole di questo Collegio. 
    Infatti, ove restasse in vigore la disposizione di cui  al  primo
comma  dell'art.  23-quater  in  relazione  all'elenco   annesso   al
decreto-legge  n.  137/2020  come   convertito,   la   qualificazione
giuridica della Trentino Sviluppo S.p.a. si presenterebbe ancora  del
tutto incerta, considerata la portata letterale della disposizione di
cui al primo comma, che appare aver «legificato» anche per il  futuro
la sua qualita' di «amministrazione pubblica». 
    Come opportunamente osservato dalla difesa, nel 2021 e  nel  2022
l'Istat  non  ha  piu'  compreso  la   societa'   nell'elenco   delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto  economico  consolidato,
limitandosi a menzionare, in nota, la sentenza  n.  27/2020/RIS  (con
cui e' stato accolto -  come  si  precisera'  -  il  ricorso  avverso
l'elenco Istat pubblicato nel 2019 e riferito al 2020) e la  pendenza
del presente giudizio. Inoltre, nell'elenco Istat  pubblicato  il  26
settembre 2023 la  Trentino  Sviluppo  S.p.a.  non  e'  piu'  citata,
neanche in nota. 
    Tuttavia, l'Istat non ha mai  esplicitato  i  presupposti  e  gli
effetti di tali attivita' amministrative sopravvenute, confermando le
incertezze intorno alle quali e' attualmente avviluppata la posizione
giuridica della ricorrente, che ha sottolineato la permanenza  di  un
interesse attuale e concreto a una pronuncia nel merito. E  non  puo'
dubitarsi che detto  interesse  sia  meritevole  di  tutela  in  sede
giurisdizionale. 
    15. Sulla non manifesta infondatezza 
    Sul  piano  generale,   la   nozione   di   «legge-provvedimento»
identifica i casi in cui la legge presenta la stessa sostanza  di  un
provvedimento amministrativo, in quanto il suo contenuto difetta  dei
requisiti  di  generalita'  e  astrattezza,   disciplinando   vicende
particolari, individuali e concrete. 
    La fattispecie e' integrata non solo quando la  legge  recepisca,
«legificandolo», un precedente provvedimento amministrativo, ma anche
nei casi in cui sia emanata in sostituzione di un  provvedimento  mai
adottato,   costituendo   di   fatto   esercizio    della    funzione
amministrativa in forma legislativa. 
    Poiche' le  norme  e  i  principi  costituzionali  non  assegnano
l'esercizio della funzione provvedimentale esclusivamente agli organi
della pubblica amministrazione, alla legge ordinaria non e'  preclusa
la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti
o materie  normalmente  affidati  all'autorita'  amministrativa,  non
sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e
concreto (Corte costituzionale, sentenza 21 luglio 1995, n. 347). Del
resto,  la  Costituzione  pone  al  legislatore  vincoli  formali   e
procedurali, ma non limiti contenutistici in  termini  di  necessaria
generalita' e astrattezza. 
    In altri termini, nell'ordinamento non si rinviene  una  «riserva
di amministrazione» di rilevanza costituzionale. 
    Tuttavia, la Corte costituzionale ha  precisato  che,  in  taluni
casi, la rilevanza  e  la  complessita'  degli  interessi  coinvolti,
ovvero  la  necessita'  di  adeguato  bilanciamento   tra   interessi
contrapposti, puo' fondare la necessita' che l'azione  amministrativa
si svolga nelle forme del procedimento amministrativo, luogo elettivo
in cui i diversi interessi coinvolti sono  rilevati  e  comparati  ai
fini  dell'adozione   dell'atto.   In   tali   casi,   ove   l'azione
amministrativa  non  si  dipani  secondo  le  forme   ordinarie   del
procedimento amministrativo, manca appunto  la  necessaria,  adeguata
ponderazione degli interessi, con conseguente violazione dell'art. 97
della Costituzione. 
    Ferma l'ammissibilita' in astratto delle leggi-provvedimento,  in
assenza di una riserva di amministrazione (e fatto salvo il ricordato
limite dei casi, specifici, in cui occorre presidiare il rispetto  di
regole che trovano la loro «naturale» applicazione  nel  procedimento
amministrativo), secondo la consolidata  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale  le  leggi-provvedimento  sono  ammissibili  solo  nel
rispetto di rigorosi limiti, sia generali che specifici. 
    Innanzitutto,  occorre  verificare  il  mancato  superamento  dei
limiti generali costituiti  dai  principi  di  ragionevolezza  e  non
arbitrarieta' (Corte costituzionale, sentenza  4  dicembre  1995,  n.
492; Id., sentenza 15 luglio 1991, n. 346;  Id.,  sentenza  21  marzo
1989, n. 143). 
    Infatti, «[i]n  considerazione  del  pericolo  di  disparita'  di
trattamento insito in previsioni di tipo  particolare  o  derogatorio
(sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997),  la  legge-provvedimento
e',  conseguentemente,  soggetta  ad   uno   scrutinio   stretto   di
costituzionalita' (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, n.  153
e 2 del 1997), essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta'
e della non irragionevolezza della scelta del legislatore. Ed un tale
sindacato deve essere tanto piu' rigoroso quanto  piu'  marcata  sia,
come nella specie, la natura  provvedimentale  dell'atto  legislativo
sottoposto  a  controllo  (sentenza  n.   153   del   1997)»   (Corte
costituzionale, sentenza 13 luglio 2007,  n.  267;  Id.,  sentenza  2
luglio 2008, n. 241). 
    Dunque, la  legge-provvedimento  deve  essere  sottoposta  a  uno
scrutinio di ragionevolezza particolarmente intenso, onde  verificare
che non costituisca,  con  il  suo  contenuto  puntuale  e  concreto,
strumento per violare il principio di uguaglianza. 
    Inoltre, la legittimita' delle leggi a contenuto  provvedimentale
e' subordinata a limiti specifici, qual e' quello del rispetto  della
funzione giurisdizionale. 
    Infine,  la  legge-provvedimento  che  ostacoli,   in   concreto,
l'accesso alla giustizia si pone in diretta  violazione  del  diritto
eurounitario. 
    In   definitiva,    la    legittimita'    costituzionale    delle
leggi-provvedimento  deve  essere  valutata  in  relazione  al   loro
specifico  contenuto.  Orbene,  l'art.  23-quater,   comma   1,   del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n.  137,  introdotto  dalla  legge  di
conversione  18  dicembre  2020,  n.  176,  in  relazione  all'elenco
annesso, come si precisera', appare in  contrasto  con  ciascuno  dei
limiti, sia generali  che  specifici,  cui  i  principi  fondamentali
dell'ordinamento subordinano  la  legittimita'  costituzionale  delle
leggi-provvedimento. 
    16. Violazione dell'art. 3 della Costituzione 
    La scelta operata  dal  legislatore  nel  primo  comma  dell'art.
23-quater in esame, in relazione al decreto-legge  n.  137/2020  come
convertito, appare irragionevole ed  arbitraria,  violando  l'art.  3
della Costituzione. 
    Essa integra un caso paradigmatico di norma primaria a  contenuto
puntuale e concreto nella misura  in  cui,  da  un  lato,  sul  piano
soggettivo, i destinatari  sono  ben  determinati  (e'  enunciata  la
ragione  sociale  o  la   denominazione)   e   indicati   in   numero
particolarmente  ristretto;  d'altro  lato,  sul   piano   oggettivo,
l'impugnato comma,  in  relazione  all'elenco  annesso,  presenta  un
contenuto dettagliato, conferendo stabilita' normativa alla  qualita'
di unita'  concorrenti  alla  determinazione  dei  saldi  di  finanza
pubblica  del  conto  economico  consolidato  delle   amministrazioni
pubbliche ai sensi del SEC 2010, con gli effetti conseguenti in punto
di disposizioni applicabili. 
    La marcata natura amministrativa dei contenuti  della  previsione
ne impone,  nel  rispetto  degli  insegnamenti  della  giurisprudenza
costituzionale, uno stringente scrutinio di costituzionalita' sotto i
profili della non arbitrarieta' e della  non  irragionevolezza  della
scelta legislativa. 
    Orbene, la novella ha determinato una palese deroga al  principio
di  uguaglianza  formale,  attribuendo  soltanto   a   otto   persone
giuridiche la qualificazione soggettiva, di fonte legale,  di  unita'
rientrante nel  conto  economico  consolidato  delle  amministrazioni
pubbliche ai sensi del SEC 2010. 
    Gli  effetti  giuridici  di   tale   status   legale   implicano,
all'evidenza, un trattamento di fatto «discriminatorio» delle  unita'
incluse nell'elenco,  assoggettate  -  come  espressamente  enunciato
nella seconda parte del comma  -  alle  disposizioni  in  materia  di
equilibrio   dei   bilanci,   sostenibilita'   del    debito    delle
amministrazioni pubbliche e  obblighi  di  comunicazione  di  dati  e
informazioni  rilevanti  in  materia  di  finanza  pubblica.  Ci   si
riferisce, invero,  ad  un  complessivo  sistema  che,  come  innanzi
accennato,  sottopone  i  suoi  destinatari  a  stringenti   obblighi
procedimentali  e  di  trasparenza,  nonche'  a  vincoli  di   natura
contabile e finanziaria, cui non sono tenuti i soggetti  non  inclusi
ex lege nell'elenco delle amministrazioni pubbliche:  questi  ultimi,
infatti, possono beneficiare del rinnovo delle valutazioni effettuate
dall'Istat   in   sede   di   aggiornamento   annuale,    in    esito
all'applicazione del criterio «qualitativo»  e  del  test  market/non
market, nonche', in caso di ricorso, della verifica della tenuta  dei
risultati dell'analisi economico-finanziaria effettuata dalle Sezioni
riunite, cui spetta la giurisdizione. 
    Cio' posto, il trattamento  differenziato  non  e'  sostenuto  da
alcuna ragione giustificativa collegata a particolari dati  economici
o  di  bilancio  degli  enti  interessati,  neanche  adombrati  dalla
disposizione, che pertanto detta una disciplina che  prescinde  dalla
concreta ricorrenza fattuale di situazioni soggettive  meritevoli  di
un distinto trattamento legislativo. 
    Si aggiunge  che  la  necessita'  di  rinvenire  una  ragionevole
giustificazione a  fondamento  del  trattamento  differenziato  della
Trentino Sviluppo S.p.a. risulta  particolarmente  rigorosa,  ove  si
consideri che la disposizione, in  origine,  non  era  contenuta  nel
decreto-legge 28 ottobre 2020,  n.  137  (pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale 28 ottobre 2020, 269  -  Edizione  straordinaria),  essendo
stata introdotta in sede di conversione  con  la  legge  n.  176/2020
(pubblicata il 24 dicembre 2020 nella Gazzetta Ufficiale n. 319). 
    Alla data  di  pubblicazione  del  decreto-legge,  si  ribadisce,
pendevano i termini per il deposito delle motivazioni della  sentenza
con cui queste Sezioni riunite, con dispositivo letto in  udienza  il
16 settembre 2020, avevano accolto il ricorso della societa'  avverso
la classificazione  operata  dall'Istat  con  riferimento  all'elenco
pubblicato  nel  2019,  relativo  all'annualita'  2020.  La  societa'
ricorrente era stata comunque inclusa nell'elenco Istat per  il  2021
di cui al comunicato del 30 settembre 2020,  nonostante  i  contenuti
del dispositivo (richiamato in apposita nota). 
    Depositate, il 29 ottobre 2020, le motivazioni della sentenza  di
accoglimento del citato ricorso (n. 27/2020/RIS), l'inserimento della
societa' era stato confermato nell'elenco di cui alla versione del  4
novembre 2020 (in specifica nota restava, comunque,  il  richiamo  al
dispositivo). 
    La sintetizzata dinamica  temporale  dell'intervento  legislativo
dimostra chiaramente la volonta' del Legislatore di  attribuire  alla
ricorrente - e  agli  altri  enti  inseriti  nell'elenco  annesso  al
decreto-legge  come  convertito  -  la  qualita'  di  amministrazione
pubblica ai fini dell'inserimento nel  conto  economico  consolidato,
con l'applicazione dei conseguenti effetti. 
    A  conferma  della  sostanziale  «elusione»  degli  esiti   degli
accertamenti compiuti dal  giudice  contabile,  si  annota  che  gia'
l'art. 5 del decreto-legge 23 novembre 2020,  n.  154,  conteneva  la
disposizione, poi trasfusa nel  decreto-legge  n.  137/2020  all'atto
della sua conversione (con contestuale abrogazione del  decreto-legge
n. 154, fatti salvi gli effetti gia'  prodotti),  saldandosi  con  un
annesso elenco di soliti otto enti, nonostante anche alla citata data
del 23 novembre pendessero ancora i termini  per  il  deposito  delle
motivazioni delle richiamate sentenze n. 41 e n. 42. 
    Orbene, l'esigenza di individuare un ragionevole e non arbitrario
fondamento della legge-provvedimento appare piu' evidente e  doverosa
proprio nei casi, come quello in disamina, in cui i contenuti di  una
disposizione  legislativa  a  contenuto  individuale  e  concreto  si
discostino radicalmente dagli  esiti  di  un  vaglio  giurisdizionale
riguardante il  medesimo  oggetto,  peraltro  in  assenza  di  limiti
temporali all'applicazione della previsione (secondo la lettera della
novella, lo status attribuito dalla norma rileva sia per il passato -
nonostante l'intervenuto giudizio - che per il futuro). 
    17. Violazione degli articoli 24, 103 e 111  della  Costituzione,
in relazione all'art. 3 della Costituzione 
    La circostanza che la  legge-provvedimento  sia  intervenuta  per
qualificare come «amministrazione pubblica» enti il  cui  inserimento
nell'elenco Istat aveva determinato  l'instaurazione  di  contenziosi
con ricorsi accolti dalle Sezioni riunite rileva  anche  sotto  altri
profili. Il sindacato di ragionevolezza, infatti, risulta  rafforzato
nei casi in cui la  «legificazione»  dell'atto  amministrativo  abbia
l'effetto diretto di sottrarre un determinato soggetto  al  sindacato
giurisdizionale,  secondo  una  prospettiva  complementare  a  quella
esaminata autonomamente nel paragrafo che precede (che  attiene  alla
non adeguata  ponderazione  dei  contenuti  inseriti  nella  legge  a
contenuto concreto). 
    Riguardata da questo angolo di visuale, infatti, la  disposizione
della cui legittimita' costituzionale  si  dubita  contrasta  con  lo
svolgimento della  funzione  giurisdizionale  e,  comunque,  lede  il
principio di effettivita' della  relativa  tutela.  Con  l'intervento
normativo in questione si e' quindi vanificato il diritto  di  difesa
della ricorrente, esercitato con la  proposizione  dell'azione  e  in
precedenza soddisfatto con la pronuncia di accoglimento delle domande
riguardanti l'elenco per il 2020, alterando la regolamentazione degli
interessi stabilita  dalla  sentenza.  Infatti,  come  in  precedenza
osservato, la formulazione letterale della previsione non consente di
limitarne la  portata  alle  sole  annualita'  decorrenti  dal  2021,
occorrendo estenderla anche al 2020 (anno di entrata  in  vigore  del
precetto). Ma tale latitudine applicativa,  vanificando  gli  effetti
della pronuncia giurisdizionale - sentenza n. 27/2020/RIS -  divenuta
intangibile,   ha   invaso    l'area    riservata    alla    funzione
giurisdizionale, vulnerando il principio della divisione  dei  poteri
giurisdizionali e normativi. 
    Di qui il denunciato conflitto con l'art.  103,  comma  2,  della
Costituzione, che attribuisce alla Corte dei conti l'esercizio  della
funzione giurisdizionale nelle materie di contabilita' pubblica. 
    Infine, e per quanto  esposto,  le  rilevate  violazioni  offrono
chiaro  fondamento  al  sospetto  di  incostituzionalita'   dell'art.
23-quater, comma primo, del decreto-legge n. 137/2020  per  conflitto
con l'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione. 
    Nel caso sottoposto ad analisi la novella si e' sovrapposta  alla
giurisdizione e ha radicalmente obliterato la condizione  di  parita'
davanti al giudice naturale imparziale e terzo. 
    18. Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione 
    Le leggi-provvedimento, come gia'  innanzi  accennato,  non  sono
incompatibili, in se' e per se', con l'assetto dei  poteri  stabilito
in Costituzione. Tuttavia, nel vagliare la legittimita'  delle  leggi
regionali e nazionali, la  Corte  costituzionale  ha  valorizzato  il
ruolo svolto dalla partecipazione al procedimento amministrativo  nel
disegno della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi). In particolare, e' stato con chiarezza puntualizzato
che il procedimento amministrativo costituisce il luogo  elettivo  di
composizione  degli   interessi,   in   quanto   «[e']   nella   sede
procedimentale  [...]  che  puo'  e  deve  avvenire  la   valutazione
sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela,
a confronto  sia  con  l'interesse  del  soggetto  privato  operatore
economico, sia ancora (e non da ultimo) con  ulteriori  interessi  di
cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e  che  trovano  nei
principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del
procedimento amministrativo, infatti, rende possibile l'emersione  di
tali  interessi,  la  loro  adeguata   prospettazione,   nonche'   la
pubblicita' e la trasparenza della loro  valutazione,  in  attuazione
dei principi di cui all'art. 1 della legge  7  agosto  1990,  n.  241
[...]: efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza. Viene  in
tal modo garantita, in primo  luogo,  l'imparzialita'  della  scelta,
alla stregua  dell'art.  97  della  Costituzione,  ma  poi  anche  il
perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,  dell'interesse
primario,  in   attuazione   del   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 della  Costituzione»
(Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). 
    Ancor  piu'  di  recente,  e'  stato  nettamente  osservato   che
«[l]'insistente   valorizzazione    delle    modalita'    dell'azione
amministrativa e dei  suoi  pregi  non  puo'  evidentemente  rimanere
confinata nella sfera dei dati di fatto, ma  deve  poter  emergere  a
livello  giuridico-formale,  quale  limite  intrinseco  alla   scelta
legislativa, pur senza mettere in discussione il tema della  «riserva
di amministrazione» nel nostro ordinamento», evidenziando che  se  la
materia su cui insiste la disposizione di legge  statale  oggetto  di
sospetta illegittimita' presenta  una  conformazione  legale  che  la
connota «con caratteristiche  tali  da  enfatizzare  il  rispetto  di
regole che trovano la loro  naturale  applicazione  nel  procedimento
amministrativo, cio' deve essere tenuto in conto nel  vagliare  sotto
il profilo della ragionevolezza la successiva scelta legislativa, pur
tipicamente discrezionale, di un intervento normativo diretto» (Corte
costituzionale, sentenza 23 giugno 2020, n  116).  L'applicazione  di
questo criterio al caso in esame induce a concludere nel senso che la
disposizione in questione contrasta con i canoni della ragionevolezza
e i principi imparzialita' e buon andamento, tutelati dagli  articoli
3 e 97 della Costituzione 
    Secondo il disegno legislativo gia'  esaminato,  la  qualita'  di
amministrazione pubblica consegue all'accertamento di un  particolare
status, suscettibile di variazioni nel corso del tempo  e,  comunque,
ancorato  a  specifici  criteri  di  natura  statistico-economica  di
derivazione eurounitaria. Al giudice contabile  e'  poi  riconosciuta
(dall'art. 11, comma 6,  lettera  b,  del  c.g.c.),  in  una  materia
tipicamente «amministrativa», conformata da regole di fonte unionale,
la possibilita'  di  accertare  il  fatto  controverso  senza  essere
vincolato alle  pregresse  valutazioni  compendiate  nell'inserimento
dell'elenco formato dall'Istituto nazionale di statistica. 
    Ora, in casi come quello in esame, attribuire ex lege a otto enti
una  qualita'  soggettiva  stabile,  impedendo  agli  interessati  di
intervenire nel procedimento istruttorio che precede la pubblicazione
dell'elenco, preclude loro la possibilita' di tutela contro  mancanze
che non potrebbero essere addebitate all'atto legislativo, in  quanto
fisiologicamente estranee al relativo procedimento di formazione,  in
difformita' dai principi di ragionevolezza. 
    Inoltre, il controllo giurisdizionale in questione e'  volto  non
solo a «sanzionare»  con  l'annullamento  l'attivita'  amministrativa
illegittima, ma  anche  a  conformare  l'attivita'  stessa  cosi'  da
renderla  pienamente   rispettosa   dei   principi   di   efficienza,
imparzialita' e trasparenza costituzionalizzati  dall'art.  97  della
Costituzione (Corte costituzionale, sentenza n. 116/2020, cit.). 
    19. Violazione dell'art. 117  della  Costituzione,  in  relazione
agli articoli 3 e 111 della Costituzione, con riferimento all'art. 19
TUE, all'art. 47 della Carta dei diritti dell'Unione europea  e  agli
articoli 6 e 13 Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali 
    In  sede  di  trattazione  dei  dubbi  di  costituzionalita'  che
interessano il secondo comma dell'art. 23-quater e' stata  richiamata
la giurisprudenza della Corte di  giustizia  secondo  cui  gli  Stati
membri sono tenuti a delineare  procedimenti  che  non  siano,  nelle
situazioni rientranti nel diritto dell'Unione, meno favorevoli che in
situazioni simili disciplinate  dal  diritto  interno  (principio  di
equivalenza)  e  tali   da   rendere   praticamente   impossibile   o
eccessivamente  difficile  l'esercizio  dei  diritti  conferiti   dal
diritto dell'Unione (principio di effettivita'). 
    Anche con riferimento al primo comma dell'articolo  in  esame  si
constata la lesione del principio di  effettivita',  considerato  che
«dalla struttura complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale  in
discussione [risulta] che non esiste  alcun  rimedio  giurisdizionale
tale da permettere, anche solo in via incidentale, di  assicurare  il
rispetto dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell'Unione,
oppure che l'unico modo per poter adire un giudice  da  parte  di  un
singolo sia quello di commettere violazioni del  diritto»  (Corte  di
giustizia dell'Unione europea, sentenza 21  dicembre  2021,  Randstad
Italia, C-497/20, punto 62). 
    La valutazione della disposizione  sospettata  di  illegittimita'
costituzionale alla  stregua  dei  parametri  di  diritto  interno  e
convenzionale, secondo cui il principio della tutela  giurisdizionale
effettiva dei diritti spettanti  ai  singoli  in  forza  del  diritto
dell'Unione,  costituisce   un   principio   generale   del   diritto
dell'Unione europea, sancito agli articoli 6 e 13  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, firmata a Roma il  4  novembre  1950.  Cio'  conduce  a
sollevare  questione  di  costituzionalita'  anche  con   riferimento
all'art.  117,  comma  1,  della  Costituzione,  letto  in  combinato
disposto con gli articoli 3,  24  e  111  della  Costituzione  e  con
riferimento all'art. 19 TUE, all'art.  47  della  Carta  dei  diritti
dell'Unione europea e agli articoli 6 e 13  CEDU.  Infatti,  la  mera
disapplicazione  della  norma  anticomunitaria  non  appare   rimedio
sufficiente, tenuto  conto  della  lesione  di  diritti  fondamentali
presidiati  sia  dalla  Costituzione   che   in   sede   di   diritto
sovranazionale e della necessita' di offrire una stabile  tutela  del
diritto  della  ricorrente  alla  corretta  rivalutazione  della  sua
qualita' di «amministrazione  pubblica»  alla  stregua  delle  regole
dettate dal regolamento SEC 2010. 
    20. Conclusioni 
    Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va pertanto
rimessa alla Corte  costituzionale,  ai  sensi  dell'art.  134  della
Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art.23-quater  del  decreto-legge
28 ottobre 2020, n. 137  (inserito  dalla  legge  di  conversione  18
dicembre 2020, n. 176). 

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale  in
speciale composizione, non definitivamente pronunciando  sul  ricorso
in epigrafe: 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli articoli 3, 24, 81, 97, 103,  111,  113  e  117  della
Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
23-quater del decreto-legge 28  ottobre  2020,  137,  inserito  dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176; 
        dispone la sospensione del  presente  giudizio  e  ordina  la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che a cura della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
dei  deputati.  Riserva  alla  decisione  definitiva  ogni  ulteriore
statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese. 
    Dispositivo letto in udienza ai sensi dell'art. 128, comma 3, del
codice di giustizia contabile. 
      Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del  16  luglio
2025. 
 
                    Il Presidente: Della Ventura
                    
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