Reg. ord. n. 242 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/11/2025 n. 48
Ordinanza del Corte dei conti del 17/11/2025
Tra: Trentino Sviluppo spa C/ Istituto nazionale di statistica - ISTAT
Oggetto:
Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica – Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “, ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”.
Norme impugnate:
decreto-legge del 28/10/2020 Num. 137 Art. 23
legge di conversione del 18/12/2020 Num. 176
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 81 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 103 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Costituzione Art. 113 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 13 Co.
Trattato unione europea Art. 19 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 47 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 242 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2025
Ordinanza del 17 novembre 2025 della Corte dei conti sezioni riunite
in sede giurisdizionale sul ricorso proposto da Trentino sviluppo
S.p.a. contro Istituto nazionale di statistica - ISTAT.
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica - Enti indicati
nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come
convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione dei
saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema
europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC
2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali enti si
applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei
bilanci e sostenibilita' del debito delle amministrazioni
pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge
n. 243 del 2012, nonche' quelle in materia di obblighi di
comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di
finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b),
del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al
decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: "operata
dall'ISTAT" sono aggiunte le seguenti: ", ai soli fini
dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della
spesa pubblica".
- Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in
materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle
imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater.
(GU n. 48 del 26-11-2025)
LA CORTE DEI CONTI
Sezioni riunite in sede giurisdizionale
in speciale composizione
Composta dai signori magistrati:
Piergiorgio Della Ventura, Presidente;
Eugenio Musumeci, consigliere;
Giancarlo Astegiano, consigliere;
Marco Smiroldo, consigliere;
Daniele Bertuzzi, consigliere;
Maria Cristina Razzano, consigliere;
Domenico Cerqua, primo ref. estensore.
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
742/SR/RGC del registro di segreteria proposto, ai sensi dell'art.
11, comma 6, lettera b), e 123 e ss. del decreto legislativo n. 174
del 2016, dalla societa' «Trentino Sviluppo S.p.a.», in persona del
Presidente, legale rappresentante pro tempore, sig. Sergio Anzelini,
rappresentata e difesa, come da procura in calce al ricorso,
dall'avv. Maria Cristina Osele, elettivamente domiciliata presso il
seguente indirizzo PEC: mariacristina.osele@pectrentoavvocati.it
Contro l'Istituto nazionale di statistica - Istat, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede
istituzionale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato, e
nei confronti della Procura generale della Corte dei conti, in
persona del Procuratore generale in carica pro tempore, con sede in
Roma alla via A. Baiamonti n. 25;
Nonche', per quanto occorrer possa, nei confronti:
della Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
Presidente in carica pro tempore, con domicilio ex lege presso
l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12;
del Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del
Ministro in carica pro tempore, con domicilio ex lege presso
l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi n.
12.
Per l'annullamento previa sospensione limitatamente alla
posizione della societa' Trentino Sviluppo S.p.a.:
1) dell'elenco sintetico delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi
dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 242 - del 30 settembre 2020;
2) della rettifica dell'elenco sintetico pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 275, del 4 novembre 2020;
3) dell'elenco analitico delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi
dell'art. 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
successive modificazioni, pubblicato sul sito istituzionale
dell'Istat in data 4 novembre 2020;
nonche', per quanto occorrer possa;
4) della nota specificativa 2020 dell'Istat denominata «Le
unita' istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni
pubbliche», pubblicata sul sito istituzionale;
5) degli altri atti conseguenziali presupposti
endoprocedimentali e connessi non ancora acquisiti o acquisendi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Uditi nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2025 il
relatore, primo ref. Domenico Cerqua, il difensore di parte
ricorrente, in persona dell'avv. Maria Cristina Osele, l'avv. dello
Stato Pietro Garofoli per Istat e il Pubblico ministero, nella
persona del vice Procuratore generale Luigi D'Angelo, come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. La societa' «Trentino Sviluppo S.p.a.», costituita tra soci
privati il 16 luglio 1969, a seguito di evoluzioni societarie
succedutesi negli anni e' oggi una societa' per azioni con capitale
sociale interamente posseduto dalla Provincia autonoma di Trento.
In base all'oggetto sociale, «costituisce lo strumento del
sistema della pubblica amministrazione per l'espletamento nei
confronti della Provincia autonoma di Trento di attivita' strumentali
al sostegno, allo sviluppo ed alla promozione, in Italia ed
all'estero, delle attivita' economiche in Trentino [...]».
2. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 242, del 30
settembre 2020, e' stato pubblicato l'elenco - per il 2021 - delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196 e successive modificazioni, elaborato e annualmente
aggiornato da Istat, nel quale risulta inserita - come per le
precedenti annualita' - anche la Trentino Sviluppo S.p.a.
In data 30 luglio 2021 la Societa' ha depositato ricorso per
l'annullamento, previa sospensione, limitatamente alla sua posizione:
1) dell'elenco sintetico delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi
dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 242, del 30 settembre 2020;
2) della rettifica dell'elenco sintetico pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 275, del 4 novembre 2020;
3) dell'elenco analitico delle amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi
dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
successive modificazioni, pubblicato sul sito istituzionale
dell'Istat in data 4 novembre 2020;
nonche', «per quanto occorrer possa»:
4) della nota specificativa 2020 dell'Istat denominata «Le
unita' istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni
pubbliche», pubblicata sul sito istituzionale;
5) degli altri atti conseguenziali presupposti
endoprocedimentali e connessi non ancora acquisiti o acquisendi.
Nell'atto introduttivo sono stati prospettati i motivi che qui di
seguito vengono riassunti.
I) Nullita' degli impugnati elenchi Istat del 30 settembre 2020 e del
4 novembre 2020 per violazione del giudicato di cui alla sentenza
SS.RR. n. 27/2020/RIS.
Questione incidentale di costituzionalita' relativa all'art.
23-quater (rubricato «unita' ulteriori che concorrono alla
determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico
consolidato delle amministrazioni pubbliche») del decreto-legge n.
137 del 28 ottobre 2020 e relativo allegato (elenco 1) e legge di
conversione n. 176 del 18 dicembre 2020 e relativo allegato (elenco
1).
La societa' ha richiamato la sentenza di queste Sezioni riunite
n. 27/2020/RIS, che ha accolto il suo ricorso avverso l'elenco
sintetico delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato per il 2020, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale - Serie generale - n. 229 il 30 settembre 2019, nonche'
l'elenco analitico pubblicato in data 8 novembre 2019.
La sentenza n. 27/2020 avrebbe determinato la conseguente
impossibilita' di considerare la societa' come «amministrazione
pubblica» anche per il futuro, fino a quando non muteranno i suoi
assetti organizzativi e funzionali. In definitiva, il giudicato di
cui alla citata sentenza avrebbe prodotto un «effetto vincolante
pieno» e in qualche modo assoluto, posto che l'annullamento
dell'elenco per il 2019 e' scaturito dall'accertato difetto dei
presupposti soggettivi.
Su queste premesse, la ricorrente ha chiesto di sollevare
questione incidentale di costituzionalita' dell'intero art.
23-quater, per i profili illustrati nell'atto, con riferimento alla
violazione degli articoli 24, 101, 103 e 113 della Costituzione,
nonche' degli articoli 3, 77, comma 2, e 10 della Costituzione
II) In via gradata: violazione dell'art. 23-quater del decreto-legge
n. 137/2020 e relativo elenco 1, come convertiti dalla legge n.
176/2020. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della
disparita' di trattamento.
Per l'ipotesi di mancato accoglimento delle richieste formulate
nel primo motivo, la Trentino Sviluppo S.p.a., prospetta una
doglianza subordinata, in cui l'elenco e' censurato per violazione
dell'art. 23-quater, primo comma, del decreto-legge n. 137/2020, come
convertito. La disposizione, infatti, non avrebbe giustificato
l'inserimento ipso iure nell'elenco Istat, avendo creato «una sorta
di tertium genus» che implicherebbe l'applicazione agli otto enti
indicati nell'elenco annesso al decreto-legge solo di alcuni degli
oneri previsti per le pubbliche amministrazioni.
In ogni caso, continuerebbe a sussistere la legittimazione e
l'interesse ad agire, pur dopo la novita' legislativa. Infatti, le
prescrizioni dell'art. 23-quater del decreto- legge comportano
comunque una serie di obblighi e vincoli procedimentali che implicano
consistenti oneri ed effetti controproducenti rispetto al normale
funzionamento di una societa' per azioni di natura privatistica.
III) Violazione di legge per violazione del regolamento (UE) n.
549/2013 - regolamento SEC 2010 - e del suo allegato A), paragrafi
20.05 ss. per assenza dei requisiti dell'assenza dello scopo di lucro
e della natura non market delle attivita' espletate.
Con il terzo ordine di contestazioni, premessa la propria natura
di societa' in house della Provincia autonoma di Trento, e'
richiamata la giurisprudenza secondo cui nel settore «amministrazioni
pubbliche» di cui al SEC (S.13) le unita' istituzionali sono
classificate sulla base di criteri di natura economica,
indipendentemente dal regime giuridico che le governa.
Riconosciuta la sussistenza del requisito del «controllo
pubblico» e dell'effettuazione del 100% del fatturato nello
svolgimento dei compiti affidati dall'Ente pubblico territoriale, la
ricorrente argomenta sia in ordine allo scopo di lucro perseguito,
che al ritenuto svolgimento di attivita' «market».
IV) Eccesso di potere per disparita' di trattamento.
Infine, considerato che, delle dodici societa' in house della
Provincia di Trento, solo tre sono state inserite nell'elenco (oltre
alla ricorrente, la Cassa del Trentino S.p.a. e la Trentino
riscossioni S.p.a.) e' contestato un trattamento giuridico lesivo del
principio di uguaglianza, osservando che le attivita' svolte dalle
societa' presentano tratti comuni.
3. L'Istat si e' costituito in giudizio, con il patrocinio
dell'Avvocatura generale dello Stato, mediante memoria depositata in
data 16 settembre 2021, nella quale ha concluso per la dichiarazione
di inammissibilita' del ricorso o, comunque, per il suo rigetto
siccome infondato, con vittoria di spese, competenze e onorari.
Ricordato che la Societa' opera con fondi assegnati dalla
Provincia autonoma di Trento o utilizzando per mandato fondi della
medesima, alle condizioni stabilite nelle relative leggi e
convenzioni attuative, e muovendo dall'esame dello statuto
societario, la difesa erariale ha affermato che la ricorrente e'
stata classificata in S.13 in pieno rispetto del percorso
classificatorio definito dal SEC 2010.
Infatti, presenterebbe le caratteristiche proprie delle «societa'
veicolo delle amministrazioni pubbliche», organismi considerati non
come unita' istituzionali distinte, bensi' come parte integrante
della societa' madre, al punto che i relativi conti sono oggetto di
consolidamento.
La prospettazione sarebbe confermata dalla circostanza che
ricorrerebbero, nella specie, le condizioni che integrano la mancanza
di indipendenza di azione, tra le quali: natura di societa' in house
della Provincia autonoma di Trento «che, infatti, ne rappresenta il
cliente pressoche' unico»; svolgimento nei confronti della medesima
Provincia di attivita' strumentali al sostegno, allo sviluppo ed alla
promozione, in Italia ed all'estero, delle attivita' economiche in
Trentino; mancato perseguimento dell'obiettivo di profitto; vocazione
non commerciale per espressa disposizione statutaria. In generale,
opererebbe senza esporsi ai rischi tipici connessi all'acquisizione
di passivita' e di attivita'.
3.1 Con memoria conclusionale del 24 settembre 2021, la Procura
generale della Corte dei conti ha chiesto:
in via pregiudiziale, «[...] sollevare questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020 e dell'art. 1, comma 1, della legge n. 176 del 2020 e del
relativo allegato che ha disposto l'introduzione dell'art. 23-quater
nel testo del decreto-legge in sede di conversione»;
«[n]el merito, respingere il ricorso perche' infondato, con
la conferma dell'inserimento della ricorrente nell'elenco delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
emanato dall'Istat e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 242 del 30 settembre 2020».
La Procura generale ha rinvenuto plurimi profili di
illegittimita' costituzionale nella normativa introdotta dall'art.
23-quater, che avrebbe in sostanza «sterilizzato» gli effetti
onnicomprensivi della decisione della Corte dei conti che escluda
dall'elenco Istat una determinata entita'.
Con la novella, il legislatore avrebbe innanzitutto violato gli
articoli 76 e 77, commi 2 e 3, secondo periodo, della Costituzione
(per l'inserimento, nella legge di conversione di un decreto-legge,
di emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del
testo originario).
Sono inoltre svolti argomenti in ordine alla ritenuta violazione:
degli articoli 24, 103, comma 2, e 113 della Costituzione; degli
articoli 3 e 111, comma 2, della Costituzione; infine, degli articoli
11 e 117, comma 1, della Costituzione e 47, comma 1, CDFUE.
Nel merito, l'infondatezza del ricorso conseguirebbe alla
necessita' di classificare la societa' in S.13 senza che occorra
procedere alla valutazione del comportamento economico attraverso il
test market/non market, presentando la natura di «societa' veicolo
delle amministrazioni pubbliche».
Non risultano costituiti, sebbene destinatari di regolare
notifica del ricorso introduttivo, come da aa.rr. in atti e
comunicazione del decreto di fissazione d'udienza ex art. 126 c.g.c.,
il Ministero dell'economia e delle finanze e la Presidenza del
Consiglio dei ministri.
4. All'esito dell'udienza di discussione del 7 ottobre 2021 e'
stata depositata l'ordinanza n. 13/2021/RIS.
Nel provvedimento e' stato rilevato che, precedentemente
all'instaurazione del giudizio, le ordinanze di queste Sezioni
riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione n.
5/2021/RIS (depositata il 3 giugno 2021) e n. 6/2021/RIS (depositata
il 15 giugno 2021) avevano disposto la rimessione alla Corte di
giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea, delle questioni interpretative
pregiudiziali relative alla compatibilita' del menzionato art.
23-quater decreto-legge n. 137/2020, convertito in legge n. 176/2020,
con la disciplina comunitaria dei saldi di bilancio, come integrata e
interpretata in base ai principi di equivalenza ed effettivita',
nella parte in cui, modificando l'art. 11, comma 6, lettera b),
escluderebbe o renderebbe sostanzialmente inefficace il sindacato
giurisdizionale sull'esatta perimetrazione del settore pubblica
amministrazione disciplinato dal SEC 2010.
Ritenuta la questione rilevante, il Collegio ha rigettato
l'istanza cautelare e sospeso il presente giudizio, in attesa della
definizione della questione pregiudiziale con la pubblicazione della
decisione della Corte di giustizia Gazzetta Ufficiale dell'Unione
europea.
4.1 E' sopravvenuta la sentenza della Corte di giustizia del 13
luglio 2023, Ferrovienord S.p.a.e Federazione Italiana Triathlon,
nelle cause riunite C-363/21 e C-364/21.
Conseguentemente, la ricorrente il 12 ottobre 2023 ha depositato
«atto di prosecuzione/riassunzione ex art. 107 c.g.c.», premettendo
di non essere stata inserita negli elenchi Istat pubblicati nel 2021
e nel 2022, che si limitavano a menzionare, in nota, sia la citata
sentenza n. 27/2020/RIS che la pendenza del presente giudizio.
Inoltre, nell'elenco Istat pubblicato il 26 settembre 2023 era stata
eliminata anche la predetta nota.
Cio' posto, l'Istat non avrebbe mai esplicitato i presupposti a
fondamento di tali attivita' amministrative sopravvenute, ne' i loro
effetti, generando una condizione di incertezza operativa
legittimante la permanenza dell'interesse attuale e concreto a una
pronuncia nel merito.
Pertanto, ha chiesto di fissare udienza in prosecuzione e
accogliere le domande formulate in sede di ricorso, cosi' precisate:
«previa occorrenda proposizione di questione incidentale di
costituzionalita' e accertamento della insussistenza dei requisiti e
presupposti per l'inserimento di Trentino Sviluppo S.p.a. nell'elenco
Istat delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, accogliere il
ricorso e dichiarare la nullita', annullare e/o disapplicare gli atti
impugnati con ogni conseguente effetto», con rifusione di compensi e
accessori.
Con atto depositato il 12 febbraio 2024 la Procura generale ha
insistito, preliminarmente, per la rimessione della questione
relativa alla legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020, non preclusa dalla pronuncia della CGUE,
che anzi ne ha confermato l'attualita' e la non manifesta
infondatezza. Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso e la
conferma dell'inclusione della detta societa' nell'elenco Istat.
Il 15 febbraio 2024 l'Avvocatura dello Stato ha depositato note
d'udienza nell'interesse dell'Istat, concludendo per la non rilevanza
e, comunque, per la manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale.
4.2. In esito all'udienza di discussione del 28 febbraio 2024,
con ordinanza n. 3/2024/RIS, del 12 marzo 2024, e' stata disposta la
sospensione del giudizio nelle more della decisione della Corte di
cassazione sul ricorso per motivi di giurisdizione presentato,
nell'interesse del Ministero dell'economia e delle finanze e Istat,
avverso la sentenza non definitiva n. 17/2023/RIS con cui queste
Sezioni riunite, nell'ambito di una controversia instaurata da
diverso ricorrente avverso un atto di inserimento negli elenchi
Istat, aveva disapplicato, ai sensi del diritto dell'Unione europea e
per le ragioni di cui in motivazione, l'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 e, per l'effetto, dichiarato la propria
giurisdizione su tutte le domande proposte.
Secondo il Collegio, infatti, appariva opportuno attendere la
decisione del giudice regolatore, i cui effetti si sarebbero
riverberati sulle emanande pronunce di merito.
5. In data 25 novembre 2024 e' stata depositata la sentenza delle
Sezioni unite della Corte di cassazione n. 30220, con cui il citato
ricorso e' stato dichiarato inammissibile, con compensazione delle
spese, in considerazione della non immediata impugnabilita' della
sentenza n. 17/2023 (che aveva, in effetti, deciso solo sulle
questioni di giurisdizione insorte, senza definire neppure
parzialmente la controversia).
Tuttavia, e' stato contestualmente enunciato, ai sensi dell'art.
363 c.p.c., il seguente principio di diritto: «[i]n tema di
impugnazione dell'elenco annuale Istat delle pubbliche
amministrazioni predisposto ai sensi del SEC 2010, l'art. 23-quater
decreto-legge n. 137 del 2020, nel delimitare la giurisdizione delle
Sezioni riunite della Corte dei conti alla sola applicazione della
disciplina nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non ha
determinato un vuoto di tutela o il mancato rispetto dell'effetto
utile della disciplina unionale, restando attribuita la
giurisdizione, per ogni ulteriore ambito, al giudice amministrativo».
La segreteria ha comunicato la sentenza alla ricorrente il 29
novembre 2024.
5.1 In data 31 gennaio 2025 la Trentino Sviluppo S.p.a. ha
depositato secondo atto di riassunzione del giudizio, formulando le
medesime conclusioni di cui all'istanza del 12 ottobre 2023.
Con successiva memoria del 30 giugno 2025 la medesima parte
attrice ha preso innanzitutto atto dell'ulteriore sopravvenienza
rappresentata dall'ordinanza n. 5/2025/RIS, del 21 marzo 2025, con la
quale le Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale
composizione hanno sollevato questioni di legittimita' costituzionale
in merito all'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n. 137/2020
come convertito. Ha, quindi, argomentato in ordine alla permanenza
dell'interesse alla decisione, affidandosi ai seguenti motivi:
a) necessita' di valorizzare sul piano processuale gli
effetti della sentenza n. 27/2020/RIS, resa da queste Sezioni riunite
sull'elenco Istat 2019;
b) esigenza di garantire la continuita' storica, giacche'
l'impugnato elenco Istat 2020 rappresenta oggi un unicum per la
ricorrente, la quale - a fronte di assetti organizzativi e funzionali
da sempre invariati - non e' piu' stata inclusa negli elenchi Istat
pubblicati negli anni successivi, peraltro secondo modalita'
operative peculiari (nel 2021 e nel 2022 era annotata la pendenza del
ricorso);
c) evitare possibili pregiudizi, per il periodo dal 30
settembre 2020 al 29 settembre 2021, derivanti dall'inserimento
nell'elenco Istat impugnato e dalla qualificazione dell'ente quale
amministrazione pubblica ex art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196, con particolare riferimento all'applicazione dei
vincoli di finanza pubblica. L'interesse alla decisione rileverebbe
anche in ragione della non intervenuta decorrenza dei termini di
prescrizione di eventuali responsabilita' per violazione dei predetti
vincoli;
d) sotto altro profilo, evitare l'assoggettamento, per
l'annualita' dal 30 settembre 2020 al 29 settembre 2021, a limiti e
oneri procedimentali derivanti dall'applicazione dell'art. 23-quater,
comma 1, del decreto-legge n. 137/2020 (secondo cui «si applicano in
ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e
sostenibilita' del debito delle amministrazioni pubbliche [...],
nonche' quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e
delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica»), ad
oggi non toccato dalle incertezze interpretative insorte, relative
alle questioni di giurisdizione collegate al disposto del secondo
comma del citato articolo;
e) limitare i possibili pregiudizi finanziari derivanti dalla
sua qualificazione come «amministrazione pubblica» con gli atti
contestati mediante l'instaurazione dell'odierno giudizio.
Sul punto sono state depositate alcune note con le quali un
comune ha, finora, negato il pagamento di fatture emesse dalla
Trentino Sviluppo S.p.a., contenenti la richiesta di rimborsi per
permessi per carica pubblica fruiti da una dipendente. Il ritardo e'
stato espressamente motivato dalla controparte con la pendenza della
presente controversia.
Su queste premesse, la ricorrente ha formulato istanza di nuova
sospensione dell'odierno giudizio, anche richiamando i contenuti
dell'ordinanza n. 2/2025/RIS, che ha disposto la sospensione di una
causa pendente tra diverse parti in attesa della decisione sulle
questioni di costituzionalita' sollevate con le ordinanze n. 5 e 6
del 2025.
Per l'ipotesi di adesione, da parte del Collegio, al principio di
diritto enunciato nella sentenza n. 17/2023/RIS, con conseguente
conferma della disapplicazione dell'art. 23-quater del decreto-legge
n. 137/2020, e' stato chiesto l'accoglimento del ricorso, purche'
nell'ambito di una giurisdizione piena e in coerenza con la sentenza
n. 27/2020/RIS.
5.2 Con memoria conclusionale depositata il 2 luglio 2025 la
Procura generale, nel riportarsi integralmente alle richieste gia'
formulate, ha ricordato di avere espresso, fin dal primo atto del
presente giudizio, l'avviso che occorresse sollevare questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020.
Inoltre, sottolineato che la ricorrente, gia' nelle conclusioni
riportate nel ricorso introduttivo, aveva domandato l'accoglimento
«previa occorrenda proposizione di questione incidentale di
costituzionalita'», e che la stessa, da ultimo nella memoria
depositata il 30 giugno 2025, ha sollecitato la proposizione della
questione di legittimita' costituzionale ovvero la sospensione del
giudizio nelle more della decisione della Corte costituzionale sulle
questioni gia' proposte da queste Sezioni riunite, in via principale
ha rinnovato la richiesta di sollevare questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020 come
convertito e del relativo elenco annesso, al fine di consentire alle
parti del presente giudizio di potersi costituire ovvero intervenire
nel processo incidentale avanti alla Consulta per l'esercizio del
diritto al contraddittorio. In subordine, ha concluso per la
sospensione del giudizio fino alla decisione della questione di
costituzionalita' gia' promossa con le ordinanze n. 5 e 6 del 2025.
5.3 Infine, nelle «Note di udienza» depositate il 9 luglio 2025
la Procura generale ha svolto considerazioni integrative con
riferimento alla richiesta di sollevare la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge 28
ottobre 2020, n. 137 (come convertito), con particolare riferimento
all'invocato - tra gli altri - parametro della ragionevolezza ex art.
3 della Costituzione.
Tra l'altro, la Procura si e' soffermata sul rischio di contrasto
tra giudicati amministrativi e contabili.
Sotto altro profilo, ha evidenziato le illogiche e asistematiche
conseguenze derivanti dall'eventuale ammissione del concorso tra
giudizi.
Ha aggiunto che, del resto, la normativa europea SEC 2010 e la
normativa interna sulla spending review costituiscono una «stessa
materia», sicche' appare intrinsecamente irragionevole, ex art. 3
della Costituzione, la separazione dei giudizi sotto il profilo della
giurisdizione.
Infine, la soluzione della doppia giurisdizione e' sospettata di
violare il principio di ragionevole durata del processo, tutelato
dall'art. 111 della Costituzione.
Diritto
A) Questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 23-quater,
comma 2, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176
6. Secondo l'art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n.
228, «[a]vverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata annualmente dall'Istat ai sensi dell'art. 1, comma
3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' ammesso ricorso alle
Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai
sensi dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione».
La previsione trovava fondamento nella riconosciuta esigenza di
assicurare il «rispetto dell'equilibrio complessivo del bilancio
nazionale in ragione dei vincoli derivanti dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea» (Corte di cassazione, Sezioni unite,
ordinanza 18 maggio 2017, 12.517).
Successivamente, l'art. 11, comma 6, lettera b), del decreto
legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recependo i contenuti della
precedente normativa, ha delineato - anche ai fini procedimentali -
in modo piu' puntuale la portata della giurisdizione delle Sezioni
riunite, che, «nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva
in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado sui
giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat».
La cognizione del giudice contabile nella fattispecie in esame e'
stata pacificamente intesa come piena ed esclusiva (cfr., ex plur.,
Corte di Cassazione Sezioni unite, ordinanza n. 12517/2017, cit.;
Id., sentenza 8 novembre 2016, n. 22645), quindi potenzialmente
estesa a tutti gli eventuali vizi dell'atto e del procedimento.
L'ormai consolidato quadro normativo riguardante la giurisdizione
sui ricorsi in materia di elenchi Istat e' stato, piu' di recente,
interessato dalla legge 18 agosto 2020, n. 176, di conversione del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure
urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e
alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19».
La legge ha inserito nel decreto-legge un nuovo art. 23-quater
(«Unita' ulteriori che concorrono alla determinazione dei saldi di
finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche»), il cui secondo comma ha modificato
l'art. 11, comma 6, lettera b), del codice di giustizia contabile,
limitandone l'ambito di applicazione. Infatti, alla previsione
secondo cui le stesse Sezioni riunite in sede giurisdizionale in
speciale composizione, «nell'esercizio della propria giurisdizione
esclusiva in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado
sui giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle
amministrazioni pubbliche operata dall'Istat» e' stata aggiunta la
seguente specificazione «, ai soli fini dell'applicazione della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica».
La disposizione deve ritenersi, alla stregua delle osservazioni
che saranno di seguito formulate, in contrasto insanabile con le
norme costituzionali ed eurounitarie in materia di tutela dei diritti
e dei conti pubblici.
7. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita'
La competenza a decidere interamente il ricorso proposto dalla
societa' Trentino Sviluppo S.p.a. presuppone il riconoscimento della
giurisdizione piena ed esclusiva di queste Sezioni riunite su tutte
le domande proposte.
Al contrario, la possibilita' di pronunciarsi sulla richiesta di
accertamento e declaratoria della insussistenza dei requisiti e
presupposti per l'inserimento di Trentino Sviluppo S.p.a. nell'elenco
Istat delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, di cui all'avviso
del 30 settembre 2020, nonche' alla rettifica e all'elenco analitico
del 4 novembre 2020, con conseguente accoglimento del ricorso e
dichiarazione di nullita', annullamento e/o disapplicazione degli
atti impugnati, e' impedita dalla richiamata disposizione del
decreto-legge n. 137/2020, entrata in vigore prima della proposizione
del ricorso, che ha fortemente limitato la cognizione del giudice
contabile.
La novella legislativa ha, in particolare, escluso la
possibilita' di attribuire al ricorrente, con la sentenza, il bene
della vita della stabile mancata inclusione nel citato elenco, con la
collegata possibilita' di sottrarsi all'applicazione dei conseguenti
effetti giuridici.
In relazione alla suddetta preclusione appare, quindi, senz'altro
perfezionato il requisito presupposto della rilevanza, che condiziona
la proponibilita' della questione di legittimita' costituzionale
della disposizione interessata, dal momento che dal suo esito
dipende, sul piano processuale, la possibilita' di coltivare dinanzi
alle Sezioni riunite le domande oggetto dell'odierno giudizio.
Infatti, l'eventuale necessita' di perdurante applicazione della
normativa primaria qui in contestazione comporterebbe il non
accoglimento pressoche' integrale delle richieste formulate dalla
societa' ricorrente, come conseguenza della rilevata carenza di
giurisdizione.
8. Non manifesta infondatezza delle questioni di
costituzionalita'
Riguardo al requisito della non manifesta infondatezza della
valutazione di incostituzionalita' della disposizione, imposto
dall'art. 23, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(«Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale»), risultano particolarmente evidenti, ad avviso di
queste Sezioni riunite, le ragioni del contrasto con numerosi
principi costituzionali.
In particolare, a carico dell'art. 23-quater, comma 2, del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto dalla legge di
conversione 18 dicembre 2020, n. 176, si ravvisa
l'incostituzionalita' per contrasto con gli articoli 3, 24, 81, 97,
103, 111, 113 e 117 della Carta fondamentale.
9. Violazione dell'art. 103 della Costituzione, in relazione agli
articoli 81, 97 e 117 della Costituzione, nonche' all'art. 100 della
Costituzione
Gli articoli 100 e 103 della Costituzione italiana riconoscono
alla Corte dei conti un ruolo sia di organo chiamato ad assicurare,
in posizione di indipendenza e imparzialita', il rispetto del
principio di legalita' nell'amministrazione, sia di autorita'
giurisdizionale preposta alla tutela delle situazioni giuridiche
soggettive.
Con particolare riferimento alle funzioni giurisdizionali, l'art.
103, comma 2, della Costituzione dispone che «[l]a Corte dei conti ha
giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre
specificate dalla legge», delineando una competenza per materia di
natura peculiare.
Nella soluzione delle questioni di legittimita' costituzionale ha
assunto ben presto un rilievo centrale la riflessione circa il
significato dell'espressione «nelle materie di contabilita' pubblica»
(in cui il termine «materie» e' indicato nella forma plurale).
Orbene, la Corte costituzionale, chiamata piu' volte a esaminare
la portata dell'art. 103 della Costituzione anche con riferimento ai
confini tra le giurisdizioni, e' stata interessata esclusivamente da
questioni aventi per oggetto i limiti della giurisdizione della Corte
dei conti relativa ai giudizi di responsabilita' amministrativa e di
conto (se si escludono i ricorsi decisi dalla sentenza n. 39/2014,
che non si e' comunque pronunciata sul tema della giurisdizione).
La consolidata giurisprudenza costituzionale ritiene, infatti,
che «il secondo comma dell'art. 103 della Costituzione, nel riservare
alla giurisdizione della Corte dei conti "le materie di contabilita'
pubblica", da un lato e sotto l'aspetto oggettivo, ne abbia assunto
la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione vigente e
nella giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di
responsabilita'; mentre, d'altro lato e sotto l'aspetto soggettivo,
ne abbia allargato l'ambito oltre quello, cui aveva originario
riferimento, dell'amministrazione diretta dello Stato: tale essendo
il significato proprio dell'aggettivo «pubblico», com'e' confermato
dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione
(come ad esempio nell'art. 54, secondo comma, e negli articoli 97 e
98 [...])» (Corte costituzionale, sentenza 5 aprile 1971, n. 68).
La stessa Corte costituzionale, in esito a un'articolata
evoluzione giurisprudenziale, e' giunta a enunciare il principio, di
rilevanza sistematica, secondo cui la giurisdizione contabile nelle
materie di contabilita' pubblica presenta una portata non assoluta,
limitandosi a stabilire una regola generale determinativa di una
giurisdizione per «materia» (anzi, per «materie»), e tuttavia
disponibile per il legislatore ordinario, che puo' ampliare il novero
delle stesse o restringerle. Si tratta quindi di un criterio di
riparto, inserito direttamente in Costituzione, per materie (quindi
anche esclusivo), ma solo tendenzialmente generale nell'ambito delle
stesse.
Ma tali conclusioni sono state sempre raggiunte con riferimento
al perimetro applicativo formato dalle sopra indicate tipologie di
giudizio, come espressamente confermato in molte decisioni: la Corte
costituzionale, sin dalla sentenza n. 102 del 1977, ha ritenuto il
carattere non cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente generale,
dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad opera dell'art. 103 della
Costituzione, della giurisdizione in materia di contabilita'
pubblica, intesa come comprensiva sia dei giudizi di conto che di
quelli sulla responsabilita' amministrativa patrimoniale dei pubblici
dipendenti ed amministratori» (Corte costituzionale, sentenza 29
gennaio 1993, n. 24).
Il legame tra determinate categorie di giudizi (di
responsabilita' amministrativa o di conto) e il vincolo legislativo
cui e' ancorata la provvista di giurisdizione e' stato ribadito, con
particolare efficacia, in una piu' recente decisione: «La
giurisdizione "nelle materie di contabilita' pubblica", come prevista
dalla Costituzione e alla stregua della sua conformazione storica, e'
dotata infatti non di una "assoluta", ma solo di una tendenziale
generalita' (sentenza n. 102 del 1977, nonche' sentenza n. 33 del
1968), in quanto essa e' suscettibile di espansione in via
interpretativa, quando sussistano i presupposti soggettivi e
oggettivi della responsabilita' per danno erariale, ma cio' solo "in
carenza di regolamentazione specifica da parte del legislatore che
potrebbe anche prevedere la giurisdizione ed attribuirla ad un
giudice diverso" (sentenza n. 641 del 1987). In un'occasione recente
- ribadito "il carattere non 'cogente' ed assoluto, ma solo
tendenzialmente generale, dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad
opera dell'art. 103 della Costituzione, della giurisdizione in
materia di contabilita' pubblica, intesa come comprensiva sia dei
giudizi di conto che di quelli sulla responsabilita' amministrativa
patrimoniale dei pubblici dipendenti ed amministratori" - si e'
precisato che "la concreta attribuzione della giurisdizione, in
relazione alle diverse fattispecie di responsabilita' amministrativa,
e' infatti rimessa alla discrezionalita' del legislatore ordinario e
non opera automaticamente in base all'art. 103 della Costituzione,
richiedendo l'interpositio legislatoris, al quale sono rimesse
valutazioni che non toccano solo gli aspetti procedimentali del
giudizio, investendo la stessa disciplina sostanziale della
responsabilita'" (sentenza n. 24 del 1993) [...]» (Corte
costituzionale, sentenza 5 novembre 1996, n. 385).
9.1 L'art. 103 della Costituzione, nel menzionare le «materie» di
contabilita' pubblica, non procedeva a indicarne piu' puntualmente i
contenuti, ne' nell'ordito costituzionale del 1948 si rinvenivano
norme che concorressero a specificarne l'oggetto.
Di conseguenza, la giurisprudenza precedentemente citata
collegava l'interpretazione dell'inciso testuale «contabilita'
pubblica» ad ambiti materiali di disciplina che spettava al
legislatore ordinario definire con la sua interpositio,
nell'esercizio della sua discrezionalita'.
Le richiamate coordinate ermeneutiche non possono, tuttavia,
trovare applicazione rispetto alle questioni di giurisdizione
interessate dalla presente ordinanza, che non riguardano il versante
della responsabilita' amministrativo-contabile, ma sono relative a
una materia che rientra nelle competenze naturalmente e
inderogabilmente ascritte dalla Costituzione al giudice contabile.
Giova sottolineare che l'art. 103, comma 2, della Costituzione,
nell'attribuire alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie
contabili (nonche' «nelle altre specificate dalla legge»), delinea un
criterio di riparto che - diversamente rispetto a quanto previsto dal
primo comma - e' descritto non in funzione delle situazioni
soggettive tutelate, bensi' con riferimento a un complesso di materie
con caratteri comuni, unitariamente considerate in ragione del comun
denominatore di riguardare la «contabilita' pubblica».
Cio' comporta che il regolamento dei confini giurisdizionali con
le altre magistrature non si svolge sul crinale della natura della
situazione giuridica sottostante, in base alla dicotomia diritti
soggettivi - interessi legittimi, collegata a una manifestazione
illegittima del potere amministrativo, ne' in base all'autorita' o
potere che ha emesso l'atto impugnato (autorita' amministrativa o
Sezione regionale di controllo), ma opera sulla decisiva
individuazione dell'ambito normativo perimetrato, identificabile come
«materia» di contabilita' pubblica (Corte dei conti, Sezioni riunite
in spec. comp., sentenza 12 novembre 2020, n. 32). Secondo
l'interpretazione risalente, la riportata formulazione normativa
attesta che i Costituenti non hanno inteso riservare alla Corte la
competenza a conoscere di tutti i giudizi «comunque vertenti nella
materia della "contabilita' pubblica", [...] il cui ambito non si
riesce a definire - tanto per cio' che riguarda l'oggetto, quanto per
cio' che riguarda i soggetti - se non in base a puntuali
specificazioni legislative» (Corte costituzionale, sentenza 31 marzo
1965, n. 17).
Orbene, il quadro ordinamentale nel quale si inscriveva la
richiamata giurisprudenza, che prendeva atto del carattere
storicamente non determinato della nozione di «contabilita'
pubblica», ha subito radicali modifiche con i mutamenti legislativi
intervenuti, in particolare, a partire dalla riforma disposta con la
legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ha codificato il
principio dell'equilibrio del bilancio attuando l'impegno, assunto in
sede eurounitaria (patto «Euro Plus», approvato dai Capi di Stato e
di Governo della zona Euro l'11 marzo 2011 e condiviso dal Consiglio
europeo il 24-25 marzo 2011), «ad adottare misure volte a perseguire
gli obiettivi della sostenibilita' delle finanze pubbliche, della
competitivita', dell'occupazione e della stabilita' finanziaria, e in
particolare a recepire nella legislazione nazionale le regole di
bilancio dell'Unione europea fissate nel patto di stabilita' e
crescita, ferma restando «la facolta' di scegliere lo specifico
strumento giuridico nazionale cui ricorrere», purche' avente «una
natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio
costituzione o normativa quadro)» e tale da «garantire la disciplina
di bilancio a livello sia nazionale che subnazionale» (Corte
costituzionale, sentenza 10 aprile 2014, n. 88).
La legge costituzionale n. 1/2012 contiene alcune importanti
disposizioni che arricchiscono sia il testo che il contesto (norme
dell'Unione europea) delle disposizioni costituzionali rilevanti per
l'interpretazione dell'art. 103 della Costituzione, e che
stabiliscono, a livello di fonte che potremmo definire
«superprimaria», una materia (tra le possibili) di contabilita'
pubblica. In particolare, per effetto delle modifiche della Carta
fondamentale contenute nei suoi articoli:
l'art. 117 della Costituzione, comma 1, nell'imporre al
legislatore ordinario il rispetto dei «vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario», ha codificato le stesse diposizioni
dell'Unione europea che definiscono («in coerenza con l'ordinamento
dell'Unione europea»: art. 97, comma 1, della Costituzione) la
nozione di «amministrazione pubblica»;
l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione determina
la competenza esclusiva della legge statale in materia di
«armonizzazione dei bilanci pubblici»;
l'art. 81, comma 6, della Costituzione individua una fonte
speciale che deve disciplinare anche precisi criteri che consentono
di perseguire, sul piano sostanziale, l'«equilibrio tra entrate e
spese» e la «sostenibilita' del debito» per tutti i bilanci delle
amministrazioni pubbliche.
Ancora, l'art. 5 della medesima legge costituzionale n. 1/2012,
che - come noto - reca disposizioni non incorporate nella
Costituzione, nel definire i principi vincolanti che deve rispettare
la legge «rinforzata» prevista dal comma 6 dell'art. 81 della
Costituzione, ha imposto (al comma 1) lo svolgimento, in modo
dinamico, di controlli lungo l'intero ciclo finanziario dei bilanci
del «complesso delle pubbliche amministrazioni», da attuare mediante
«verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza
pubblica».
Nell'ambito dell'articolato processo di riforma dei principi di
finanza pubblica si colloca altresi' la direttiva 2011/85/UE, dell'8
novembre 2011 (relativa ai «requisiti per i quadri di bilancio degli
Stati membri»), attuata con decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 54,
nonche' con l'art. 30 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, che ha
assegnato alla Corte dei conti compiti di monitoraggio
sull'osservanza delle regole di bilancio delle pubbliche
amministrazioni.
Peraltro, la direttiva n. 85/2011/UE - sebbene la sua attuazione
sia rimessa ad atti di trasposizione nazionale - e' dotata di effetto
diretto, perche' si mostra sufficientemente chiara, precisa ed
incondizionata, enunciando regole dettagliate relative alle
caratteristiche dei quadri di bilancio degli Stati membri. Tali
regole sono necessarie per garantire il rispetto, da parte degli
Stati membri, degli obblighi che incombono loro in virtu' del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea per quanto riguarda
l'esigenza di evitare disavanzi pubblici eccessivi (conf. Corte di
giustizia, 13 luglio 2023, Ferrovienord S.p.a. e Federazione Italiana
Triathlon, cit.).
Coerentemente con tali presupposti, l'art. 20 della legge
«rinforzata» 24 dicembre 2012, n. 243, riconosce alla Corte dei conti
il compito di svolgere funzioni di controllo sui bilanci delle
amministrazioni pubbliche, espressamente ancorate «ai fini del
coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci di
cui all'art. 97 della Costituzione».
La tratteggiata evoluzione del quadro normativo - pur limitata,
in questa sede, al richiamo delle principali direttrici normative,
nell'ambito della gerarchia delle fonti - e' stata completata con
l'entrata in vigore del regolamento (UE) 21 maggio 2013, n. 549/2013
«relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nell'Unione europea», che ha istituito il «Sistema europeo dei conti
2010 («SEC 2010» o «SEC»)» (cosi' l'art. 1, comma 1). Tale Sistema
consente di costruire l'anagrafica delle amministrazioni pubbliche
soggette alle norme di coordinamento dei bilanci degli Stati membri,
fino ai sottosettori (direttiva n. 85/2011), e di perimetrare
l'ambito di applicazione dell'art. 97, comma 1, della Costituzione in
punto di obbligo di rispettare i principi di equilibrio e
sostenibilita' nella formazione dei bilanci.
Piu' nel dettaglio, il SEC 2010 «prevede: a) una metodologia
(allegato A) relativa alle norme, alle definizioni, alle
classificazioni e alle regole contabili comuni, che devono essere
utilizzate per l'elaborazione di conti e tavole su basi comparabili
per le esigenze dell'Unione [...]» (cosi' l'art. 1, comma 2).
Il citato allegato A), a sua volta, fin dal suo esordio chiarisce
che «1.01 Il Sistema europeo dei conti («SEC 2010» o «SEC») e' un
sistema contabile, comparabile a livello internazionale, che descrive
in maniera sistematica e dettagliata il complesso di una economia
(ossia una regione, un paese o un gruppo di paesi), le sue componenti
e le sue relazioni con altre economie». Prosegue, poi, illustrando i
concetti di base, i principali aggregati contabili, le «unita'
istituzionali utilizzate per misurare l'economia» e le loro modalita'
di classificazione, le operazioni del sistema dei conti, nonche'
analizzando tutti i numerosi, ulteriori profili di rilevanza del
sistema dei conti.
9.2 Il progressivo consolidamento di una componente legislativa
di rango anche costituzionale, ispirata in sede europea e completata
dalle fonti del diritto eurounitario con le quali era destinata a
saldarsi, necessitava di chiare indicazioni in ordine ai soggetti cui
doveva trovare applicazione.
Per il profilo in esame, la difficolta' consisteva
nell'elaborazione di regole comuni, idonee a individuare i
destinatari ai fini della normativa sia interna che europea.
Ebbene, l'ordinamento italiano non ha provveduto a individuare il
perimetro applicativo delle amministrazioni pubbliche rilevante, con
specifico riferimento alla materia finanziaria e contabile, mediante
meccanismi di ricezione diretta e testuale delle regole europee.
In particolare, il legislatore della riforma costituzionale del
2012 ha perseguito tale scopo in via indiretta, recependo le
disposizioni interne che, da alcuni anni, individuano un soggetto
(l'Istat) cui spetta il compito della ricognizione annuale di un
elenco di amministrazioni e specificano le procedure da seguire a
tali fini, in conformita' alle norme europee.
Invero, l'art. 1, commi 2-3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196, assegna all'Istat il compito di procedere alla ricognizione
delle amministrazioni pubbliche cui si applicano le disposizioni di
finanza pubblica con proprio elenco pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
Si tratta di un adempimento funzionale alla predisposizione
annuale del conto economico consolidato delle amministrazioni
pubbliche, «formato dagli aggregati contabili delle entrate e delle
spese di tali amministrazioni, classificati in conformita' alle
modalita' stabilite dall'ordinamento dell'Unione europea» (art. 2,
comma 1, legge n. 243/2012).
Per la compilazione dell'elenco delle amministrazioni pubbliche
l'Istat applica i criteri previsti nel citato regolamento dell'Unione
europea n. 549/2013.
L'indicata fonte di rango normativo primario (legge n. 196/2009),
come accennato, e' stata «recepita» dal legislatore con la legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, e con la legge «rinforzata» 24
dicembre 2012, n. 243 (recante «[d]isposizioni per l'attuazione del
principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto
comma, della Costituzione»).
Tali conclusioni sono confortate gia' dall'osservazione che la
legge n. 1/2012 ha - tra l'altro - modificato gli articoli 81 e 97,
comma 1, della Costituzione, estendendo sul piano soggettivo l'ambito
applicativo dei fondamentali principi contabili da essa
costituzionalizzati. Come, infatti, sottolineato in dottrina,
l'espressione in forma plurale «amministrazioni pubbliche» (ovvero,
secondo una diversa opzione interpretativa, il «complesso delle
pubbliche amministrazioni» evocato dall'art. 81, comma 6, nonche'
dall'art. 5 della legge costituzionale n. 1/2012) introduce una
nozione ampia di amministrazione pubblica, in cui l'elemento
dell'interesse finanziario pubblico assume un ruolo centrale per la
relativa qualificazione a livello nazionale, in coerenza con
l'ordinamento dell'UE.
Inoltre, la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del
nuovo comma 6 dell'art. 81 della Costituzione, ha espressamente
previsto che «1. Ai fini della presente legge, si intendono: a) per
«amministrazioni pubbliche» gli enti individuati con le procedure e
gli atti previsti, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea,
dalla normativa in materia di contabilita' e finanza pubblica,
articolati nei sottosettori delle amministrazioni centrali, delle
amministrazioni locali e degli enti nazionali di previdenza e
assistenza sociale» (art. 2, comma 1, lettera a).
Quella che viene a delinearsi anche attraverso l'art. 1, commi
2-3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' una nozione di pubblica
amministrazione non statica e formale, bensi' dinamica e funzionale
(a «geometrie variabili»), di natura strettamente contabile e da
perimetrare secondo i criteri dinamici e sostanziali del diritto
dell'Unione europea.
Tale fenomeno di ibridazione delle forme e' stato recentemente
rimarcato dalla giurisprudenza di questo giudice contabile in sede di
giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per
l'esercizio finanziario 2024, osservando che la pubblica
amministrazione non appare oggi piu' riconducibile a un unico modello
qual e' quello delle articolazioni ministeriali, ma evidenzia una
pluralita' di figure soggettive dai contorni non sempre univoci, che
diversamente attingono a criteri pubblicistici, e che comunque sono
chiamate a svolgere attivita' operative per l'amministrazione nella
concreta attuazione di importanti interventi, in particolare per lo
sviluppo (v. la Relazione in udienza del Presidente di coordinamento
delle Sezioni riunite in sede di controllo del 26 giugno 2025).
La giurisprudenza di legittimita' ha anche avuto modo di
rimarcare che il surriferito art. 1, commi 2-3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, costituisce chiara espressione di tale
fenomeno, in quanto i criteri utilizzati per la classificazione sono
di natura statistico-economica e sono dettati dalla necessita' di
armonizzare, indipendentemente dalla forma giuridica assunta, i
sistemi della finanza pubblica a livello europeo ai fini della
verifica da parte della Commissione degli eventuali deficit
eccessivi. L'inserimento di un ente nell'elenco Istat non e' altro
che il riflesso della natura pubblica dei fondi di cui dispone l'ente
e della correlata necessita' che esso sia assoggettato alle regole di
redazione del bilancio tipici delle pubbliche amministrazioni (Corte
di cassazione, Sezioni unite, sentenza 19 aprile 2021, n. 10244),
regole sulla cui corretta applicazione, nell'attuale quadro
costituzionale, e' chiamata a vigilare la Corte dei conti.
Ed e' proprio attraverso il recepimento del principio
dell'equilibrio di bilancio (di cui all'art. 81 della Costituzione) e
attraverso l'assoggettamento ai vincoli europei che la struttura
della pubblica amministrazione viene ricondotta ad unita', nella
misura in cui tutti i centri decisionali in cui si articola la
Repubblica sono chiamati, attraverso l'inclusione nel settore
istituzionale delle amministrazioni pubbliche, sulla cui base viene
redatto il conto economico consolidato dello Stato, a partecipare al
rispetto dei parametri economici di matrice comunitaria.
9.3 Le previsioni costituzionali devono essere lette in armonia
con il contesto.
Occorre, allora, prendere atto che, in conseguenza
dell'evoluzione legislativa intervenuta, e' nitidamente emerso un
nucleo contenutistico essenziale alla nozione di «contabilita'
pubblica», integrato dalle regole indispensabili alla formazione di
un sistema contabile, comparabile a livello internazionale,
comprensivo quantomeno delle amministrazioni coinvolte (individuate
in base a particolari caratteri economico-finanziari), della
disciplina dei bilanci, dei principi di base anche in materia di
consolidamento dei conti, dei principali aggregati contabili e dei
procedimenti in materia di entrate e spese.
Ne consegue che le fonti costituzionali gia' riconoscono la
giurisdizione della Corte dei conti nelle controversie rientranti in
quel ristretto perimetro anche senza la necessita' di specifica
interpositio legislatoris.
Questa conclusione, tra l'altro, conferma la necessita' di
subordinare invece a puntuali specificazioni legislative
l'attribuzione della giurisdizione con riferimento a liti in cui, pur
in presenza di effetti rientranti nel novero della «finanza
pubblica», si riscontri un piu' o meno sensibile allontanamento dai
contenuti essenziali della stessa, costituiti dalla disciplina degli
equilibri di bilancio, dei soggetti e delle procedure finalizzate
alla relativa rappresentazione contabile, interna e sovranazionale.
Coerentemente con la prospettazione finora illustrata, la
giurisdizione in materia di elenchi Istat deve ritenersi
inderogabilmente attribuita alla Corte dei conti: di fatto, lo stesso
legislatore con l'art. 1, comma 169, della legge n. 228/2012 - non a
caso, approvato immediatamente dopo la ricordata riforma
costituzionale e poi confluito nell'art. 11, comma 6, lettera b), del
decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 - ha tempestivamente (non
attribuito, ma) riconosciuto tale competenza esclusiva al giudice
contabile.
Del resto, come gia' evidenziato fin dalla prima sentenza delle
Sezioni riunite in speciale composizione, le disposizioni che hanno
enumerato, nel tempo, le relative competenze giurisdizionali in
materia di bilanci pubblici evocano, come titolo legale
dell'attribuzione, direttamente, l'art. 103, comma 2, della
Costituzione (cfr. in tal senso, SS.RR. sentenza n. 2/2013). E cio'
vale, in particolare, proprio per l'art. 1, comma 169, della legge n.
228/2012 (ora, si ripete, art. 11, comma 6, lettera b), del c.g.c.).
9.3.1 Pertanto, non potrebbe essere condivisibile l'affermazione,
anche giurisprudenziale, secondo cui il giudice amministrativo
sarebbe ancora oggi astrattamente competente a decidere sul
contenzioso in oggetto, assegnando all'art. 1, comma 169, della legge
n. 228/2012 una natura sostanzialmente innovativa e, comunque,
ritenendo che la sopravvenuta compressione dell'ambito della
giurisdizione contabile, operata dall'art. 23-quater, comma 2, del
decreto-legge n. 137 del 2020 (come introdotto dalla legge di
conversione n. 137/2020) possa avere comportato una riespansione
della giurisdizione amministrativa.
Queste conclusioni sono state, tuttavia, accolte dalle Sezioni
unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 30220/2024. La
pronuncia, pur dichiarando inammissibile il ricorso, ha affermato il
principio di diritto secondo cui il citato art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020 non ha determinato un vuoto di tutela o il
mancato rispetto dell'effetto utile della disciplina unionale,
restando attribuita la giurisdizione al giudice amministrativo per
ogni ambito ulteriore rispetto alla competenza delle Sezioni riunite
in sede giurisdizionale in speciale composizione.
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite muove
dall'esplicito intento di superare l'ambiguita' di fondo che ha
caratterizzato l'intervento legislativo del 2020. In effetti, dai
lavori preparatori sembra emergere l'obiettivo di precludere, al
giudice contabile, il potere di annullamento dell'elenco Istat in
relazione al contrasto con le disposizioni eurounitarie, tenuto conto
dei problemi collegati agli effetti delle decisioni sui saldi di
finanza pubblica.
Considerato che, ove cosi' interpretata, la disposizione avrebbe
implicato l'esclusione di ogni vaglio giudiziale, con la non
consentita compressione dei principi costituzionali ed eurounitari in
tema di tutela giurisdizionale, la Cassazione ha dunque ritenuto di
offrirne una diversa lettura onde porla al riparo da possibili
criticita' costituzionali, configurandola come fonte di delimitazione
oggettiva dell'ambito di giurisdizione esclusiva del giudice
contabile, cui corrisponderebbe il concorrente dispiegarsi di un
ambito di giurisdizione generale del giudice amministrativo.
All'accoglimento di tale opzione interpretativa ostano, tuttavia,
le osservazioni gia' riportate nelle ordinanze n. 5/2025/RIS e n.
6/2025/RIS di queste Sezioni riunite. Con tali decisioni e' stata
sollevata questione di costituzionalita' del medesimo art. 23-quater
del decreto-legge n. 137/2020, esaminando gli argomenti (cfr.,
soprattutto, parr. 6.3-6-5) che inducono a ritenere che la novella
non abbia inteso in alcun modo attribuire la tutela costitutiva ad
altro organo giurisdizionale, sia per il contrasto con i principi
costituzionali in materia di riviviscenza di norma abrogate che per
il mancato rispetto della necessita' di riserva di legge espressa in
materia di giurisdizione. In particolare, la Corte ha richiamato il
puntuale orientamento della Corte costituzionale che, anche nella
recente sentenza 26 novembre 2024, n. 185, ha riconosciuto i limitati
ambiti all'interno dei quali puo' operare la reviviscenza di norme
abrogate: «la espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge
abrogate e' una tecnica normativa non consueta, ma in se' non
illegittima nel senso che il legislatore [...] recepisce per
relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in
tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la
testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono
comunque ben distinte».
In altri termini, la giurisprudenza costituzionale ritiene
eccezionalmente ammissibile la reviviscenza di norme di legge
abrogate, ma a condizione che gli effetti giuridici siano
espressamente previsti dalla legge. Nel caso in esame, l'assenza di
ogni argomento testuale nella disposizione sopravvenuta conferma la
lesione delle attribuzioni del giudice contabile, presidiate
dall'art. 103 della Costituzione (violando altresi' il principio
della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario, posto a garanzia
dell'indipendenza della magistratura).
9.3.2 In definitiva, il sopravvenuto tentativo di limitare
l'ambito della giurisdizione contabile operato con il comma 2
dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020, come convertito
dalla legge n. 176/2020 «, ai soli fini dell'applicazione della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica», ha inteso
inammissibilmente sottrarre al giudice naturale della res iudicanda -
cui pure continua a riconoscersi espressamente la competenza
«esclusiva» in tema di contabilita' pubblica - la possibilita' di
erogare una tutela piena alle pretese dei ricorrenti, in violazione
innanzitutto dell'art. 103, comma 2, in relazione agli articoli 81 e
97, della Costituzione.
Con la novella, infatti, escludendo la giurisdizione della Corte
dei conti in relazione alla rilevanza eurounitaria degli atti di
ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente
dall'Istat, il legislatore interviene su quel nucleo di attribuzioni
attinenti alla perimetrazione delle amministrazioni pubbliche da cui
derivano precisi obblighi di natura contabile, in primo luogo di
concorrere alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del
conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, ossia al
computo dei saldi sulla base dei quali si sviluppano le relazioni
finanziarie tra gli Stati membri dell'Unione europea.
In altri termini, il legislatore ha sottratto alla giurisdizione
contabile la possibilita' di conoscere delle controversie riguardanti
l'ambito soggettivo e i principali effetti dell'inserimento nel
citato elenco, operando una recisione dell'unitaria materia contabile
in esame, in cui i collegamenti tra i profili di rilevanza interna e
quelli di rilevanza sovranazionale, dai quali i primi sono
condizionati, risultano con ogni evidenza del tutto inscindibili.
L'adozione - sul piano interno - di regole di bilancio comuni, con
conseguente assoggettamento degli enti inclusi nell'elenco ai vincoli
di finanza pubblica, e' infatti funzionale alla successiva
aggregazione dei dati contabili riferibili agli stessi ai fini della
formazione del conto economico consolidato dello Stato. Ed e' proprio
attraverso l'esame dei saldi emergenti da tale conto che puo'
verificarsi il rispetto, o meno, dei parametri economici di matrice
eurounitaria, assicurando in tal modo la stabilizzazione delle
economie dei Paesi appartenenti all'area Euro, con l'obiettivo di
evitare la verificazione di effetti di «spillover» e assicurare la
massima efficienza sul territorio comunitario degli stabilizzatori
fiscali. Appare quindi evidente che la verifica del rispetto dei
vincoli nazionali di finanza pubblica non puo' essere
artificiosamente disarticolata dalla verifica avente ad oggetto la
corretta formazione del conto economico consolidato dello Stato -
rilevante sul piano eurounitario - trattandosi sostanzialmente di
«due facce di una stessa medaglia».
9.4 Ove pure l'interprete ritenesse di continuare a orientarsi,
anche nella materia in argomento, ricorrendo alla su ricordata
visione teorica dell'interpositio legislatoris, i vizi di
costituzionalita' dell'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n.
137 del 2020 (come introdotto dalla legge di conversione n. 176/2020)
resterebbero comunque pienamente confermati.
Invero, l'intervenuta violazione dell'art. 103, comma 2, della
della Costituzione deriva anche dalla lesione dei principi
costituzionali cui e' ancorata la giurisdizione esclusiva delle
Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione,
poiche' nelle materie cui si riferiscono le fattispecie espressamente
codificate si manifesta l'intento del legislatore di collegare
strettamente le funzioni di controllo con quelle giurisdizionali
attribuite alla Corte dei conti dal citato art. 103 della
Costituzione. In particolare, l'art. 100 della Costituzione assegna
alla Corte di conti il controllo «successivo sulla gestione del
bilancio dello Stato» esterno ed imparziale, da intendersi oggi
esteso ai bilanci e alla gestione economico-finanziaria di tutti gli
enti pubblici che, nel loro insieme, concorrono alla nozione di
«finanza pubblica allargata» (Corte costituzionale, sentenza 7 giugno
2007, n. 179; Id., sentenza 20 luglio 2012, n. 198).
Ora, all'esercizio di tale funzione di controllo,
costituzionalmente assegnata e concretamente conformata dalla vigente
trama legislativa, corrisponde la complementare previsione di una
fattispecie di giurisdizione esclusiva, necessariamente estesa agli
atti che definiscono l'ambito stesso dei soggetti sottoposti ai
controlli del giudice contabile, e che a tale fine ricorrono a
principi e criteri (previsti dal regolamento SEC 2010) strettamente
economici e contabili.
In altri termini, la giurisdizione esclusiva anche in questa
materia e' espressione dell'evidente osmosi fra la funzione di
controllo e quella giurisdizionale della Corte dei conti. Sotto
questo profilo puo', dunque, concludersi che il legislatore,
nell'esercitare la sua facolta' di interposizione, ha riconosciuto e
valorizzato (da ultimo, nel citato art. 11, comma 6, del c.g.c.)
l'indicato collegamento tra le funzioni, sul quale pero' l'art.
23-quater piu' volte citato ha illegittimamente inciso.
10. Violazione dell'art. 3 della Costituzione
La limitazione della giurisdizione esclusiva della Corte dei
conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche
operata dall'Istat «ai soli fini dell'applicazione della normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica», disposta dall'art.
23-quater, comma 2, del decreto-legge n. 137/2020 come convertito,
risulta altresi' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, data
l'assoluta irragionevolezza della previsione.
Come in precedenza osservato, le stesse Sezioni unite della Corte
di cassazione, nella sentenza n. 30220/2024, hanno rilevato
(paragrafo 15.1) che il testo della disposizione «ha delle indubbie
ambiguita'. L'art. 11, comma 6, lettera b), c.g.c., dedicato
all'individuazione delle ipotesi in cui le Sezioni riunite decidono
«nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di
contabilita' pubblica», prevede, in esito alla novella, che tale
giurisdizione esclusiva in tema di elenchi Istat, e' confinata «ai
soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul
contenimento della spesa pubblica», dunque limitata ai soli effetti
disapplicativi».
Si e' tentato di superare gli ostacoli ermeneutici concludendo
per una predicata riespansione della competenza del giudice
amministrativo sulle domande non riservate dal testo normativo alla
cognizione della Corte dei conti; a tali fini sono valorizzati il
criterio di riparto per blocchi di materie (che pero' non attiene
all'individuazione delle competenze del giudice contabile, fondata su
una diversa ratio legis: cfr. supra, paragrafo 9.1), nonche' la
giurisprudenza formatasi sulle diverse materie della responsabilita'
amministrativa e delle pensioni (quest'ultima, addirittura,
rientrante nella giurisdizione sulle «altre [materie] specificate
dalla legge», per le quali non si dubita della necessita' della
perimetrazione legislativa della giurisdizione contabile).
La comprensibile scelta di farsi carico di una lettura ritenuta
compatibile con i principi costituzionali non puo' tuttavia riportare
nei confini della legittimita' costituzionale - ampiamente violati,
ad avviso di queste SS.RR. - una disposizione che, innanzitutto,
mantiene ferma la giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite in
sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte dei conti
in materia di elenchi Istat.
Deve essere, pertanto, riconosciuta al giudice contabile una
peculiare giurisdizione, nell'esercizio della quale non trova
applicazione la tradizionale distinzione tra interesse legittimo e
diritto soggettivo, rilevando - come osservato dalla consolidata
giurisprudenza di queste SS.RR. (cfr., ex plurimis, le sentenze n.
6/2019, n. 9/2020, n. 14/2020, n. 20/2020, n. 27/2020, n. 38/2020) -
la diversa esigenza di accertamento di un particolare status, per
definizione mutevole nel tempo e ancorato a requisiti di natura
economico-finanziaria, in cui la Corte non si limita al mero vaglio
di legittimita' del procedimento valutativo, estendendo la cognizione
alla verifica della sussistenza o insussistenza dei presupposti per
l'attribuzione dello status di p.a. (e delle conseguenti situazioni
giuridiche attive e passive) con valenza di accertamento costitutivo.
Proprio i particolari connotati del giudizio in esame
costituiscono motivo legittimante l'attribuzione delle relative
controversie alla giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite della
Corte dei conti, ossia a un Collegio singolarmente qualificato,
chiamato a una verifica non sulla legittimita' generale, bensi' piena
e di merito, di accertamento della qualita' di amministrazione
pubblica in capo a una determinata unita' istituzionale, sulla base
della valorizzazione di specifici criteri di natura
statistico-economica (cfr. Corte di cassazione, Sezioni unite,
sentenza 19 aprile 2021, n. 10244).
Nelle controversie in esame la Corte e', cioe', chiamata a
valutare le situazioni di fatto alla stregua di regole tecniche ed
economiche di particolare complessita' - contenute nel SEC 2010 -
onde accertare la qualita' di produttore di beni e servizi
destinabili o non destinabili alla vendita.
A tali fini, come noto, concorrono un criterio «qualitativo» (che
impone di verificare se l'ente interessato si dedichi o meno alla
produzione di servizi ausiliari, sia o meno l'unico fornitore di beni
e servizi dell'amministrazione pubblica e sia o meno incentivato ad
adeguare l'offerta per realizzare un'attivita' redditizia, operando
alle condizioni di mercato e rispettando le proprie obbligazioni
finanziarie) e un «test quantitativo» (paragrafi 20.29 e ss. del SEC)
per stabilire se un'unita' istituzionale produca beni e servizi
destinabili alla vendita (c.d. criterio market/non market),
incentrato sul rapporto tra vendite e costi di produzione, esaminato
per un periodo pluriennale continuativo.
Ora, a fronte del riconoscimento di un'ipotesi di giurisdizione
esclusiva conformata nei termini finora rappresentati, con la norma
del 2020 e' sopravvenuta una limitazione legislativa al suo ambito di
operativita' che addirittura allontana la sfera di giurisdizione
assegnata al giudice contabile dal nucleo centrale della contabilita'
pubblica: si escludono gli effetti della pronunzia strettamente
attinenti alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto
economico consolidato delle amministrazioni pubbliche e si consente
la sola verifica giudiziaria ai limitati fini dell'applicazione della
normativa (peraltro, solo nazionale) sul contenimento della spesa
pubblica, ossia per finalita' piu' latamente riguardanti la materia
della finanza pubblica per le quali, ove fosse mancata la previsione
di una giurisdizione esclusiva del giudice contabile, la questione
dell'eventuale competenza del giudice amministrativo avrebbe potuto
forse piu' fondatamente proporsi.
10.1 L'illegittimita' costituzionale, conseguente alla palese
illogicita' e irragionevolezza della disposizione in esame, emerge
altresi' quando si consideri che, confinando la rilevanza della
giurisdizione esclusiva della Corte dei conti alla normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica, ne deriva il suo
svuotamento quasi integrale.
Sul punto deve innanzitutto ricordarsi che le disposizioni in
materia di contenimento della spesa che presuppongono l'inserimento
nell'elenco Istat negli ultimi anni sono state in gran parte abrogate
o dichiarate non piu' applicabili.
Basti ricordare, al riguardo, che secondo l'art. 1, comma 590,
della legge 27 dicembre 2019, n. 160, anche ai fini «di un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica, a decorrere dall'anno
2020, agli enti e agli organismi, anche costituiti in forma
societaria, di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196, [...] cessano di applicarsi le norme in materia di
contenimento e di riduzione della spesa di cui all'allegato A annesso
alla presente legge». L'allegato A), a sua volta, contiene un lungo
elenco di previsioni normative di cui e' cessata l'applicazione, con
conseguente, remota possibilita' di prospettare lesioni da cui possa
derivare un concreto interesse alla tutela delle proprie posizioni
giuridiche.
Analoga sorte ha interessato alcune disposizioni in materia di
limitazioni di spesa contenute nell'art. 5 del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95 (convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), di cui
sopravvive l'applicabilita' di limitate e residuali fattispecie.
E' ben vero che il citato art. 1, comma 590, della legge n.
160/2019 conclude precisando che «[r]esta ferma l'applicazione delle
norme che recano vincoli in materia di spese di personale». Peraltro,
la norma intende riferirsi alle disposizioni che, in sede di
perimetrazione del loro ambito soggettivo di applicazione, richiamino
l'inserimento nell'elenco Istat, senza considerare che le previsioni
in materia di contenimento della spesa di personale sono, di regola,
dichiarate espressamente applicabili alle amministrazioni pubbliche
come definite dall'art. 1, comma 2, del decreto-legge 30 marzo 2001,
n. 165.
Del resto, nella stessa memoria di costituzione dell'Istat si
afferma il sostanziale difetto di interesse a impugnare l'elenco,
evidenziando le ampie esenzioni dall'applicazione delle diverse norme
di contenimento della spesa pubblica introdotte dalla legge 27
dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020) a beneficio di tutti
gli enti ivi inseriti.
Pertanto, pure a voler accogliere, sul piano teorico, la tesi che
ritiene ammissibile l'introduzione legislativa di limiti alla
capacita' espansiva della giurisdizione esclusiva, e' tuttavia certo
che la discrezionalita' legislativa non potrebbe mai determinarne il
sostanziale disconoscimento, come accaduto nella fattispecie, per
effetto di una perimetrazione delle controversie conoscibili da cui
derivi la concreta disapplicazione della provvista giurisdizionale
riservata.
10.2 Il delineato riparto della giurisdizione tra giudice
amministrativo e giudice contabile lascia emergere ulteriori,
evidenti profili di intrinseca irragionevolezza dell'assetto
ordinamentale prospettato, con palese contrasto dell'art. 3 della
Costituzione.
Infatti, la legittimita' costituzionale di tale coesistenza
potrebbe sostenersi solo a condizione che gli effetti del sindacato
giudiziale del giudice amministrativo e del giudice contabile
risultassero tra loro «non comunicanti», essendo ben distinte e
autonome le disposizioni normative operanti nei due diversi comparti
giurisdizionali (SEC 2010 e disposizioni sulla spending review).
Al contrario, come anche evidenziato dalla Procura generale,
l'ammissibilita' di un c.d. doppio ricorso deve ritenersi di fatto
precluso rispetto al contenzioso in esame, le due normative
applicabili compenetrandosi al punto che risulta di fatto non
ipotizzabile, sul piano giuridico, una loro operativita' «atomistica»
o «irrelata». Cio', in quanto l'eventuale sindacato del giudice
contabile, nella prospettiva dell'operativita' (o meno) delle
disposizioni nazionali sul contenimento della spesa nel quadro del
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, e' necessariamente
condizionato dalla previa e corretta attribuzione al soggetto privato
di diritto interno della qualificazione eurounitaria di «pubblica
amministrazione», scaturente dalla sua iscrizione nell'elenco Istat.
In altri termini, nel caso in esame, l'operativita' della
normativa europea SEC 2010 e' configurata come presupposto legale per
l'applicazione (anche) della normativa nazionale sulla spending
review, il cui dispiegarsi richiede, quindi, che sia stata risolta la
questione della qualificazione di un soggetto di diritto interno
quale pubblica amministrazione europea nella prospettiva della
contabilita' pubblica.
Sul piano processuale, in caso di pendenza di giudizi presso la
giurisdizione amministrativa e quella contabile l'ipotizzato riparto
- che, non a caso, non e' stato espressamente delineato dal
legislatore del 2020 - determinerebbe il sorgere di insormontabili
ostacoli giuridici, a meno di configurare il giudizio davanti al
giudice amministrativo, circa la corretta attribuzione di una
soggettivita' pubblicistica europea all'ente di diritto interno
ricorrente iscritto nell'elenco Istat, come vera e propria causa
pregiudiziale ex art. 295 c.p.c. e art. 106. c.g.c.
L'inscindibile compenetrazione tra le questioni normative e'
illustrata anche dalle conseguenze del tutto irragionevoli cui
condurrebbe l'ipotizzata separazione tra i giudizi, in caso di previa
pronuncia del giudice amministrativo:
a) un eventuale giudicato amministrativo di annullamento
dell'iscrizione nell'elenco Istat dovrebbe comportare, rispetto al
parallelo processo pendente avanti al giudice contabile, la
(sopravvenuta) cessazione del materia del contendere, considerato che
le disposizioni di diritto interno sulla spending review sono
finalizzate a garantire i saldi e gli obiettivi di finanza pubblica
nel quadro della governance economica europea, dunque presuppongono
il previo e definitivo riconoscimento della soggettivita'
pubblicistica secondo i parametri della normativa unionale del SEC
2010.
Si aggiunge che, in questa prospettiva, la giurisdizione del
giudice amministrativo comporterebbe il superamento, sul piano
pratico, della necessita' di esperire un doppio ricorso per il
soggetto che voglia contestare l'inclusione nell'elenco Istat anche
ai fini della disapplicazione delle correlate disposizioni di
contenimento della spesa pubblica: l'espunzione di un soggetto
dall'elenco Istat per effetto del vittorioso esperimento del ricorso
innanzi al G.A. comporterebbe ipso iure l'inapplicabilita' delle
norme di contenimento della spesa pubblica, svuotando di significato,
anche per questa via, la previsione dell'art. 11, comma 6, del codice
di giustizia contabile di una giurisdizione «esclusiva» delle Sezioni
riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione nella
materia;
b) al contrario, un eventuale giudicato amministrativo di
rigetto del ricorso avverso l'iscrizione nell'elenco Istat renderebbe
eccentrica ogni successiva decisione di accoglimento del ricorso in
sede di giudizio contabile (con la conseguente inoperativita' delle
disposizioni interne sul contenimento della spesa pubblica): a meno
di voler ritenere ammissibile, nonostante il primato del diritto
europeo, la qualificazione di un ente di diritto interno quale
pubblica amministrazione europea nel quadro del SEC 2010 - a valle
del giudicato amministrativo di rigetto del ricorso - ma,
ciononostante, «immune» dall'assoggettamento alle norme interne
finalizzate al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
europea.
In definitiva, postulare la contraddittoria presenza di una
giurisdizione esclusiva e al tempo stesso concorrente implica un vero
e proprio cortocircuito logico-semantico che ha, infatti, generato il
conflitto interpretativo e lo stallo della funzione giurisdizionale
in danno della ricorrente.
10.3 In conclusione, l'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020, come convertito, presenta insuperabili criticita'
interpretative in ragione del suo significato non chiaro, al punto da
indurre a prospettare soluzioni ermeneutiche che giungono a forzare i
limiti consentiti dall'enunciato testuale, nel tentativo di offrirne
una coerenza sistematica non consentita dai principi costituzionali,
con il rischio che l'attivita' ermeneutica trasmodi in una
sostanziale integrazione normativa.
Sul punto, va ricordato che la Corte costituzionale ha da tempo
chiarito che «ciascun consociato ha un'ovvia aspettativa a che la
legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i
limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno
trovare tutela, si' da poter compiere su quelle basi le proprie
libere scelte d'azione» (Corte costituzionale, sentenza 5 giugno
2023, n. 110).
Pertanto, le disposizioni foriere di intollerabile incertezza
nella loro applicazione concreta si pongono in contrasto con il
canone di ragionevolezza della legge di cui all'art. 3 della
Costituzione, nella misura in cui il loro significato risulti
radicalmente inintelligibile o particolarmente ambiguo, soprattutto
in tematiche come quella del riparto di giurisdizione, che attiene a
un presupposto in senso ampio del processo e presenta una rilevanza -
per sua natura - pregiudiziale.
11. Violazione degli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione
Come ripetutamente sottolineato, l'art. 11, comma 6, lettera b),
del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, in cui e' confluita
la disposizione dell'art. 1, comma 169, della legge n. 228/2012,
stabilendo che le Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale
composizione, «nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva
in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado sui
giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'Istat», senza ulteriori specificazioni, aveva
espressamente riconosciuto al giudice contabile la competenza a
decidere delle controversie in esame con il potere di assicurare
tutte le tutele richieste dai soggetti interessati, ossia di statuire
su tutte le domande astrattamente proponibili, con esclusione di
altre giurisdizioni concorrenti, assicurando in tal modo piena tutela
giurisdizionale in attuazione degli articoli 24 e 113 della
Costituzione.
Su tali premesse, sul piano processuale emerge il contrasto del
citato art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n. 137/2020 come
convertito con gli articoli 24 e 111 della Costituzione, che
attribuiscono alla funzione giurisdizionale lo scopo di assicurare
piena tutela, attraverso il giudizio, delle situazioni soggettive
qualificate, imponendo che la disciplina dei rapporti tra giudici
appartenenti a ordini diversi si ispiri al principio secondo cui
l'individuazione del giudice munito di giurisdizione non deve
sacrificare il diritto delle parti a ottenere una risposta in ordine
al bene della vita oggetto di interesse.
Risulta, inoltre, violato l'art. 113, primo e secondo comma,
della Costituzione, che dell'art. 24 costituisce sostanzialmente
specifica applicazione e secondo cui contro gli atti della pubblica
amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei
diritti e degli interessi legittimi e tale tutela giurisdizionale non
puo' essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o
per determinate categorie di atti, come accade nella fattispecie.
La disposizione merita ulteriore censura di illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 111 della Carta fondamentale,
con riferimento al diverso e complementare profilo della lesione del
principio di ragionevole durata del processo, riguardato nell'ottica
del principio di concentrazione delle tutele, ove si accolga
l'opzione ermeneutica che ammette la possibilita' di un doppio
ricorso, al giudice amministrativo e a quello contabile, in materia
di elenchi Istat.
Infatti, i rischi e le criticita' gia' esaminati derivanti
dall'eventuale pendenza di due giudizi sul medesimo oggetto, con
possibili implicazioni in termini anche di necessita' di sospensione
del processo contabile e conseguente dilatazione dei tempi
processuali del relativo contenzioso («dipendente»), nonche' di
formazione di giudicati contrastanti, vulnerano il bene
costituzionale dell'efficienza del processo di cui la ragionevole
durata e' espressione e il canone fondamentale della razionalita'
delle norme processuali, in assenza di prevalenti esigenze di tutela
di principi soggetti a concorrente ponderazione.
12. Violazione dell'art. 117 della costituzione, anche in
relazione all'art. 19 TUE, all'art. 47 della Carta dei
diritti dell'Unione europea e agli articoli 6 e 13 Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali
La disposizione limitativa contenuta nell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020, come convertito, merita di essere
censurata anche per il contrasto con l'art. 117 della Costituzione,
in ragione della violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali, nella specie resi chiari
dalla funzione nomofilattica della Corte di giustizia dell'Unione
europea.
La Corte di giustizia dell'Unione europea, cui le Sezioni riunite
in speciale composizione avevano chiesto di valutare la
compatibilita' eurounitaria della previsione, evidenziando il rischio
che avesse di fatto precluso un controllo indipendente sulle
autorita' di bilancio nazionali e sull'elenco delle amministrazioni
pubbliche predisposto dall'Istat, con la sentenza 13 luglio 2023,
Ferrovienord S.p.a.e Federazione Italiana Triathlon (nelle cause
riunite C-363/21 e C-364/21), ha rilevato che «al fine di assicurare
che l'autorita' nazionale competente rispetti, ai fini della
qualificazione di un ente come «amministrazione pubblica», ai sensi
del regolamento n. 549/2013, la definizione del diritto dell'Unione
che vi si collega e che si impone nei suoi confronti, la sua
decisione deve poter essere contestata ed essere oggetto di un
controllo giurisdizionale. Infatti, in assenza di una possibilita' di
contestare tale qualificazione, l'effetto utile del diritto
dell'Unione non sarebbe garantito. Di conseguenza, l'effetto utile di
detto regolamento osta ad una normativa nazionale che escluda, di
fatto, qualsiasi possibilita' di controllo giurisdizionale della
fondatezza della qualificazione di un ente come amministrazione
pubblica» (punti 69 e 70).
La pronuncia e' giunta alle medesime conclusioni con riferimento
alla questione della compatibilita' dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020, con le prescrizioni risultanti dalla
direttiva 2011/85/UE, dell'8 novembre 2011, relativa ai «requisiti
per i quadri di bilancio degli Stati membri» (punti 77 e 78).
Ha, poi, aggiunto che quando le disposizioni dell'Unione europea
non disciplinano le modalita' procedurali dei ricorsi
giurisdizionali, in quanto «non precisano, segnatamente, quale
giudice nazionale deve assicurare la tutela giurisdizionale
effettiva», spetta agli Stati membri disegnare procedimenti che «non
siano, nelle situazioni rientranti nel diritto dell'Unione, meno
favorevoli che in situazioni simili disciplinate dal diritto interno
(principio di equivalenza)» e tali da rendere «praticamente
impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti
conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettivita')» (punto
89).
Con particolare riferimento al principio di effettivita', la
Corte ha precisato innanzitutto (punto 92) che il diritto dell'Unione
non impone agli Stati membri di «istituire mezzi di ricorso diversi
da quelli stabiliti dal diritto interno, a meno che dalla struttura
complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale in discussione non
risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale tale da
permettere, anche solo in via incidentale, di assicurare il rispetto
dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell'Unione, oppure
che l'unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo
sia quello di commettere violazioni del diritto».
Ogni caso in cui si ponga la questione se una disposizione
procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile
l'applicazione del diritto dell'Unione deve essere esaminato tenendo
conto del posto occupato da tale disposizione nel complesso della
procedura, nonche' dello svolgimento e delle particolarita' di
quest'ultima dinanzi ai diversi organi nazionali.
Inoltre, ha proseguito la Corte di giustizia dell'Unione europea,
va fatta prudentemente «salva la verifica che incombe al giudice del
rinvio» sull'indicazione (del Governo italiano all'udienza) secondo
cui «gli enti iscritti nell'elenco Istat che intendono contestare la
loro designazione quali amministrazioni pubbliche non sono tenuti a
presentare due distinti ricorsi, vale a dire uno davanti al giudice
amministrativo e un altro davanti alla Corte dei conti», e che «da un
lato, essi potrebbero chiedere al giudice amministrativo
l'annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti in
quest'elenco. Dall'altro, dinanzi alla Corte dei conti, essi
potrebbero contestare le conseguenze della loro iscrizione
nell'elenco suddetto e ottenere, eventualmente, in maniera
incidentale, la disapplicazione di tale iscrizione» (punto 97).
Infine, la mera possibilita' che si verifichino giudicati
contrastanti sulla fondatezza dell'iscrizione di un ente nell'elenco
Istat non impone di concludere in ogni caso per l'esistenza di una
violazione dell'art. 19 TUE, letto alla luce dell'art. 47 della Carta
e del principio di effettivita', ma solo a condizione che «un ente
che contesti la decisione di qualificazione adottata nei suoi
confronti possa limitarsi a proporre un unico ricorso per veder
esaminata la propria domanda» (punto 98). Cio' premesso, la concreta
verifica del rispetto dei presupposti e limiti posti dalla Corte di
giustizia nei citati punti 97 e 98 della decisione conduce ad
accertare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater per
contrasto con la normativa europea.
12.1 Come chiarito dalla Corte costituzionale, la normativa
(oggi) eurounitaria «entra e permane in vigore, nel nostro
territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge
ordinaria dello Stato; e cio' tutte le volte che essa soddisfa il
requisito dell'immediata applicabilita'. Questo principio [...] vale
non soltanto per la disciplina prodotta dagli organi della CEE
mediante regolamento, ma anche per le statuizioni risultanti, come
nella specie, dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia»
(sentenza 23 aprile 1985, n. 113. Conf., ex plur., Corte
costituzionale, sentenza 11 luglio 1989, n. 389; Id., sentenza 18
aprile 1991, n. 168; Id., sentenza 16 giugno 1993, n. 285).
Conseguentemente, tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento
a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di
legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come
gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli
organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti a disapplicare le
norme interne incompatibili con le norme dell'ordinamento dell'Unione
europea nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea
(Corte costituzionale, sentenza n. 389/1989, cit.).
All'interpretazione del quadro normativo in materia di elenchi
Istat fornita dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella
sentenza n. 30220/2024, che nella specie costituisce diritto vivente,
consegue l'impossibilita' del giudice contabile di disapplicare gli
atti Istat incompatibili con il diritto europeo, sulla base delle
conclusioni secondo cui il giudice contabile non potrebbe, nella
propria giurisdizione, applicare il diritto dell'Unione europea.
Di fatto, l'affermazione delle Sezioni unite ha l'effetto di
disarticolare il primato del diritto comunitario, in quanto la Corte
dei conti, nonostante un ricorso presentato, non puo' soddisfare la
pretesa dei ricorrenti al rispetto del diritto dell'Unione europea.
Cio' conduce a denunciare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 23-quater per violazione dell'art. 117, comma 1, della
Costituzione, alla luce del contrasto con i principi del «giusto
processo» tutelato dall'ordinamento europeo con le seguenti
disposizioni:
a) art. 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, secondo cui gli
Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per
assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori
disciplinati dal diritto dell'Unione;
b) art. 47 della Carta dei diritti dell'Unione europea,
secondo cui ogni persona i cui diritti e le cui liberta' garantiti
dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un «ricorso
effettivo» dinanzi ad un giudice;
c) articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, secondo cui ogni persona ha diritto ad un processo equo
(«a che la sua causa sia esaminata equamente») e ad un ricorso
effettivo dinanzi a una magistratura nazionale.
Dai principi concordemente recepiti nel diritto europeo e nella
Costituzione italiana discende la necessita' che il processo
contabile, da un punto di vista funzionale, assicuri la tutela piena
ed effettiva del ricorrente.
Invero, in una prospettiva funzionale il processo e' «giusto» ove
consenta adeguate forme di tutela delle situazioni giuridiche
soggettive a fondamento dell'azione giudiziaria. La rilevanza del
requisito e' tale che secondo la giurisprudenza europea l'esistenza
stessa di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad
assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e' intrinseca ad uno
Stato di diritto (Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza
del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C-357/19, C-379/19,
C-547/19, C-811/19 e C-840/19). Secondo la giurisprudenza
eurounitaria, il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei
diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione, cui fa
riferimento l'art. 19, paragrafo 1, secondo comma, Trattato
sull'Unione europea - in buona parte sovrapponibile al diritto a un
ricorso effettivo ai sensi dell'art. 47 della Carta - costituisce un
principio generale del diritto dell'Unione che deriva dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che e' stato
sancito agli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ai quali corrisponde l'art. 47
della Carta (cfr., ex plur.: Corte di giustizia dell'Unione europea,
sentenza 8 maggio 2024, C-53/23, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din
România»).
Nel merito, in ossequio al principio di cooperazione leale,
sancito dall'art. 4, paragrafo 3, TUE, e come sopra ricordato
richiamando la sentenza della Corte di Giustizia 13 luglio 2023,
Ferrovienord S.p.a.e Federazione Italiana Triathlon, le modalita'
procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti
spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione risultano
rispettose del principio di effettivita' (e conformi ai canoni del
«giusto processo») ove non rendano praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti
dall'ordinamento giuridico dell'Unione (cfr., in questo senso,
sentenza 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, e sentenza 27 giugno
2013, Agrokonsulting-04, C-93/12).
In altri termini, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare il
rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dei
diritti che i singoli traggono dal diritto dell'Unione, quale
garantito dall'art. 47 della Carta.
12.2 Declinando le esposte coordinate ermeneutiche in relazione
all'assetto normativo conseguente all'entrata in vigore dell'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020, inserito dalla legge di
conversione n. 176/2020, l'incostituzionalita' della disposizione
emerge in primo luogo perche' - come gia' osservato - essa esclude il
sindacato degli effetti eurounitari dell'iscrizione nell'elenco Istat
dinanzi ad un giudice.
La lettera della disposizione - anche in rapporto all'art. 103,
comma 2, della Costituzione - e i lavori preparatori non autorizzano
a prospettare una concorrenza di giurisdizioni sulla materia, in
quanto l'effetto innovativo della previsione riguarda non l'an, ma il
quomodo della giurisdizione: il legislatore avrebbe, cioe',
ridefinito l'oggetto della tutela (in relazione sia al petitum che
alla causa petendi), attraverso la limitazione dei «fini» - ossia
degli effetti - della giurisdizione contabile. L'illegittimita'
costituzionale discende, allora, dalla limitazione dell'oggetto della
tutela del giudice contabile, combinata con l'immodificata (e
immodificabile) giurisdizione esclusiva sulla materia della
ricognizione operata dall'Istat, conforme agli articoli 100 e 103
della Costituzione. Infatti, in assenza della tutela disapplicativa
(e di annullamento) del giudice contabile, il sistema giurisdizionale
non assicurerebbe alcun rimedio contro gli effetti antieuropei
dell'atto di ricognizione dinanzi a qualsiasi altro giudice.
12.3 In ogni caso, l'art. 117, comma 1, anche in relazione
all'art. 19 TUE, all'art. 47, paragrafo 2 della Carta di Nizza e agli
articoli 6 e 13 della CEDU, risulta violato perche' la novella del
2020 ha imposto agli enti iscritti nell'elenco Istat che intendano
contestare gli effetti eurounitari della loro designazione quali
amministrazioni pubbliche e che abbiano gia' proposto ricorso al
giudice contabile, di presentare necessariamente due distinti
ricorsi, il secondo dei quali dinanzi al giudice amministrativo per
chiedere l'annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti
nell'elenco.
Invero, dinanzi alla Corte dei conti essi non potrebbero mai
«contestare le conseguenze della loro iscrizione nell'elenco suddetto
e ottenere, eventualmente, in maniera incidentale, la disapplicazione
di tale iscrizione» (punto 97 della richiamata sentenza della Corte
di giustizia), posto che tale incidentale disapplicazione rileva, in
base alla novella del 2020, ai soli fini della disciplina nazionale
sul contenimento della spesa pubblica.
Tuttavia, la qualificazione ai sensi del SEC 2010, operata
dall'autorita' nazionale competente (nel caso italiano dall'Istat,
attraverso la compilazione dell'elenco di cui all'art. 1 della legge
n. 196/2009), non puo' non comportare effetti sia oggettivi (vincoli
di bilancio su tutte le «amministrazioni pubbliche», qualificate ai
sensi del SEC 2010) che soggettivi (il radicarsi di situazioni
giuridiche sui soggetti classificati, tra cui quella alla corretta
qualificazione, con il connesso diritto ad un ricorso effettivo).
Pertanto, escludendo la possibilita' di assicurare il rispetto
del principio di effettivita' della tutela giurisdizionale
«esclusiva», l'art. 23-quater impedisce il legittimo dispiegarsi
dell'effetto utile della normativa UE, considerato che la tutela
giurisdizionale assicurabile dal giudice contabile non soddisfa il
principio dell'autosufficienza del ricorso, secondo cui il soggetto
qualificato deve poter proporre, con un unico ricorso, la domanda
tendente a impedire l'applicazione nei suoi confronti degli effetti
comunitari dell'iscrizione.
B) Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater,
comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176.
13. Il primo comma dell'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020, come convertito, ha enumerato, in un elenco annesso, otto
enti espressamente indicati come «enti per i quali la Corte dei conti
ha accolto il ricorso dell'unita' avverso la classificazione operata
ai sensi del SEC 2010 per l'anno 2019». Nella lista compare (al
numero 3) anche la «Trentino Sviluppo S.p.a.».
La disposizione qualifica testualmente tutti i soggetti giuridici
interessati come «unita' che, secondo criteri stabiliti dal Sistema
europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC
2010), di cui al regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 21 maggio 2013, concorrono alla determinazione
dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche». Pertanto, in ragione di tale status, agli
stessi «si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di
equilibrio dei bilanci e sostenibilita' del debito delle
amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli articoli
3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonche' quelle in materia
di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti
in materia di finanza pubblica».
Queste Sezioni riunite, tuttavia, ravvisano dubbi in ordine alla
legittimita' costituzionale anche di tale previsione normativa.
Quindi, riservata ogni ulteriore statuizione sul merito e sul
regolamento delle spese processuali del giudizio, ritengono di
doverlo sospendere e disporre la trasmissione degli atti del processo
alla Corte costituzionale.
14. Sulla rilevanza della questione
Secondo il Collegio la questione di legittimita' costituzionale,
meglio dettagliata di seguito, e' rilevante ai fini del decidere.
Si e' difatti riferito, nella superiore narrativa del fatto, che
la societa' Trentino Sviluppo S.p.a. ha proposto ricorso per
l'annullamento, limitatamente alla sua posizione, dell'elenco
sintetico delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 30 settembre 2020 e
rettificato il 4 novembre 2020, nonche' dell'elenco analitico
pubblicato sul sito istituzionale dell'Istat in data 4 novembre 2020.
Cio' posto, e in disparte gli esiti della questione sollevata con
riferimento al secondo comma dell'art. 23-quater (che presentano
altresi' un'autonoma rilevanza, atteso che la ricorrente nel corso
del giudizio ha precisato la domanda chiedendo l'annullamento o la
disapplicazione degli atti impugnati con riferimento alla sua
posizione giuridica, tenuto conto della limitazione della
giurisdizione contabile disposta dal medesimo articolato normativo),
la ricorrente non risulterebbe soddisfatta dall'eventuale pronuncia
favorevole di questo Collegio.
Infatti, ove restasse in vigore la disposizione di cui al primo
comma dell'art. 23-quater in relazione all'elenco annesso al
decreto-legge n. 137/2020 come convertito, la qualificazione
giuridica della Trentino Sviluppo S.p.a. si presenterebbe ancora del
tutto incerta, considerata la portata letterale della disposizione di
cui al primo comma, che appare aver «legificato» anche per il futuro
la sua qualita' di «amministrazione pubblica».
Come opportunamente osservato dalla difesa, nel 2021 e nel 2022
l'Istat non ha piu' compreso la societa' nell'elenco delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato,
limitandosi a menzionare, in nota, la sentenza n. 27/2020/RIS (con
cui e' stato accolto - come si precisera' - il ricorso avverso
l'elenco Istat pubblicato nel 2019 e riferito al 2020) e la pendenza
del presente giudizio. Inoltre, nell'elenco Istat pubblicato il 26
settembre 2023 la Trentino Sviluppo S.p.a. non e' piu' citata,
neanche in nota.
Tuttavia, l'Istat non ha mai esplicitato i presupposti e gli
effetti di tali attivita' amministrative sopravvenute, confermando le
incertezze intorno alle quali e' attualmente avviluppata la posizione
giuridica della ricorrente, che ha sottolineato la permanenza di un
interesse attuale e concreto a una pronuncia nel merito. E non puo'
dubitarsi che detto interesse sia meritevole di tutela in sede
giurisdizionale.
15. Sulla non manifesta infondatezza
Sul piano generale, la nozione di «legge-provvedimento»
identifica i casi in cui la legge presenta la stessa sostanza di un
provvedimento amministrativo, in quanto il suo contenuto difetta dei
requisiti di generalita' e astrattezza, disciplinando vicende
particolari, individuali e concrete.
La fattispecie e' integrata non solo quando la legge recepisca,
«legificandolo», un precedente provvedimento amministrativo, ma anche
nei casi in cui sia emanata in sostituzione di un provvedimento mai
adottato, costituendo di fatto esercizio della funzione
amministrativa in forma legislativa.
Poiche' le norme e i principi costituzionali non assegnano
l'esercizio della funzione provvedimentale esclusivamente agli organi
della pubblica amministrazione, alla legge ordinaria non e' preclusa
la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti
o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa, non
sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e
concreto (Corte costituzionale, sentenza 21 luglio 1995, n. 347). Del
resto, la Costituzione pone al legislatore vincoli formali e
procedurali, ma non limiti contenutistici in termini di necessaria
generalita' e astrattezza.
In altri termini, nell'ordinamento non si rinviene una «riserva
di amministrazione» di rilevanza costituzionale.
Tuttavia, la Corte costituzionale ha precisato che, in taluni
casi, la rilevanza e la complessita' degli interessi coinvolti,
ovvero la necessita' di adeguato bilanciamento tra interessi
contrapposti, puo' fondare la necessita' che l'azione amministrativa
si svolga nelle forme del procedimento amministrativo, luogo elettivo
in cui i diversi interessi coinvolti sono rilevati e comparati ai
fini dell'adozione dell'atto. In tali casi, ove l'azione
amministrativa non si dipani secondo le forme ordinarie del
procedimento amministrativo, manca appunto la necessaria, adeguata
ponderazione degli interessi, con conseguente violazione dell'art. 97
della Costituzione.
Ferma l'ammissibilita' in astratto delle leggi-provvedimento, in
assenza di una riserva di amministrazione (e fatto salvo il ricordato
limite dei casi, specifici, in cui occorre presidiare il rispetto di
regole che trovano la loro «naturale» applicazione nel procedimento
amministrativo), secondo la consolidata giurisprudenza della Corte
costituzionale le leggi-provvedimento sono ammissibili solo nel
rispetto di rigorosi limiti, sia generali che specifici.
Innanzitutto, occorre verificare il mancato superamento dei
limiti generali costituiti dai principi di ragionevolezza e non
arbitrarieta' (Corte costituzionale, sentenza 4 dicembre 1995, n.
492; Id., sentenza 15 luglio 1991, n. 346; Id., sentenza 21 marzo
1989, n. 143).
Infatti, «[i]n considerazione del pericolo di disparita' di
trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio
(sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997), la legge-provvedimento
e', conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto di
costituzionalita' (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, n. 153
e 2 del 1997), essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta'
e della non irragionevolezza della scelta del legislatore. Ed un tale
sindacato deve essere tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata sia,
come nella specie, la natura provvedimentale dell'atto legislativo
sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (Corte
costituzionale, sentenza 13 luglio 2007, n. 267; Id., sentenza 2
luglio 2008, n. 241).
Dunque, la legge-provvedimento deve essere sottoposta a uno
scrutinio di ragionevolezza particolarmente intenso, onde verificare
che non costituisca, con il suo contenuto puntuale e concreto,
strumento per violare il principio di uguaglianza.
Inoltre, la legittimita' delle leggi a contenuto provvedimentale
e' subordinata a limiti specifici, qual e' quello del rispetto della
funzione giurisdizionale.
Infine, la legge-provvedimento che ostacoli, in concreto,
l'accesso alla giustizia si pone in diretta violazione del diritto
eurounitario.
In definitiva, la legittimita' costituzionale delle
leggi-provvedimento deve essere valutata in relazione al loro
specifico contenuto. Orbene, l'art. 23-quater, comma 1, del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto dalla legge di
conversione 18 dicembre 2020, n. 176, in relazione all'elenco
annesso, come si precisera', appare in contrasto con ciascuno dei
limiti, sia generali che specifici, cui i principi fondamentali
dell'ordinamento subordinano la legittimita' costituzionale delle
leggi-provvedimento.
16. Violazione dell'art. 3 della Costituzione
La scelta operata dal legislatore nel primo comma dell'art.
23-quater in esame, in relazione al decreto-legge n. 137/2020 come
convertito, appare irragionevole ed arbitraria, violando l'art. 3
della Costituzione.
Essa integra un caso paradigmatico di norma primaria a contenuto
puntuale e concreto nella misura in cui, da un lato, sul piano
soggettivo, i destinatari sono ben determinati (e' enunciata la
ragione sociale o la denominazione) e indicati in numero
particolarmente ristretto; d'altro lato, sul piano oggettivo,
l'impugnato comma, in relazione all'elenco annesso, presenta un
contenuto dettagliato, conferendo stabilita' normativa alla qualita'
di unita' concorrenti alla determinazione dei saldi di finanza
pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni
pubbliche ai sensi del SEC 2010, con gli effetti conseguenti in punto
di disposizioni applicabili.
La marcata natura amministrativa dei contenuti della previsione
ne impone, nel rispetto degli insegnamenti della giurisprudenza
costituzionale, uno stringente scrutinio di costituzionalita' sotto i
profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza della
scelta legislativa.
Orbene, la novella ha determinato una palese deroga al principio
di uguaglianza formale, attribuendo soltanto a otto persone
giuridiche la qualificazione soggettiva, di fonte legale, di unita'
rientrante nel conto economico consolidato delle amministrazioni
pubbliche ai sensi del SEC 2010.
Gli effetti giuridici di tale status legale implicano,
all'evidenza, un trattamento di fatto «discriminatorio» delle unita'
incluse nell'elenco, assoggettate - come espressamente enunciato
nella seconda parte del comma - alle disposizioni in materia di
equilibrio dei bilanci, sostenibilita' del debito delle
amministrazioni pubbliche e obblighi di comunicazione di dati e
informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica. Ci si
riferisce, invero, ad un complessivo sistema che, come innanzi
accennato, sottopone i suoi destinatari a stringenti obblighi
procedimentali e di trasparenza, nonche' a vincoli di natura
contabile e finanziaria, cui non sono tenuti i soggetti non inclusi
ex lege nell'elenco delle amministrazioni pubbliche: questi ultimi,
infatti, possono beneficiare del rinnovo delle valutazioni effettuate
dall'Istat in sede di aggiornamento annuale, in esito
all'applicazione del criterio «qualitativo» e del test market/non
market, nonche', in caso di ricorso, della verifica della tenuta dei
risultati dell'analisi economico-finanziaria effettuata dalle Sezioni
riunite, cui spetta la giurisdizione.
Cio' posto, il trattamento differenziato non e' sostenuto da
alcuna ragione giustificativa collegata a particolari dati economici
o di bilancio degli enti interessati, neanche adombrati dalla
disposizione, che pertanto detta una disciplina che prescinde dalla
concreta ricorrenza fattuale di situazioni soggettive meritevoli di
un distinto trattamento legislativo.
Si aggiunge che la necessita' di rinvenire una ragionevole
giustificazione a fondamento del trattamento differenziato della
Trentino Sviluppo S.p.a. risulta particolarmente rigorosa, ove si
consideri che la disposizione, in origine, non era contenuta nel
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 28 ottobre 2020, 269 - Edizione straordinaria), essendo
stata introdotta in sede di conversione con la legge n. 176/2020
(pubblicata il 24 dicembre 2020 nella Gazzetta Ufficiale n. 319).
Alla data di pubblicazione del decreto-legge, si ribadisce,
pendevano i termini per il deposito delle motivazioni della sentenza
con cui queste Sezioni riunite, con dispositivo letto in udienza il
16 settembre 2020, avevano accolto il ricorso della societa' avverso
la classificazione operata dall'Istat con riferimento all'elenco
pubblicato nel 2019, relativo all'annualita' 2020. La societa'
ricorrente era stata comunque inclusa nell'elenco Istat per il 2021
di cui al comunicato del 30 settembre 2020, nonostante i contenuti
del dispositivo (richiamato in apposita nota).
Depositate, il 29 ottobre 2020, le motivazioni della sentenza di
accoglimento del citato ricorso (n. 27/2020/RIS), l'inserimento della
societa' era stato confermato nell'elenco di cui alla versione del 4
novembre 2020 (in specifica nota restava, comunque, il richiamo al
dispositivo).
La sintetizzata dinamica temporale dell'intervento legislativo
dimostra chiaramente la volonta' del Legislatore di attribuire alla
ricorrente - e agli altri enti inseriti nell'elenco annesso al
decreto-legge come convertito - la qualita' di amministrazione
pubblica ai fini dell'inserimento nel conto economico consolidato,
con l'applicazione dei conseguenti effetti.
A conferma della sostanziale «elusione» degli esiti degli
accertamenti compiuti dal giudice contabile, si annota che gia'
l'art. 5 del decreto-legge 23 novembre 2020, n. 154, conteneva la
disposizione, poi trasfusa nel decreto-legge n. 137/2020 all'atto
della sua conversione (con contestuale abrogazione del decreto-legge
n. 154, fatti salvi gli effetti gia' prodotti), saldandosi con un
annesso elenco di soliti otto enti, nonostante anche alla citata data
del 23 novembre pendessero ancora i termini per il deposito delle
motivazioni delle richiamate sentenze n. 41 e n. 42.
Orbene, l'esigenza di individuare un ragionevole e non arbitrario
fondamento della legge-provvedimento appare piu' evidente e doverosa
proprio nei casi, come quello in disamina, in cui i contenuti di una
disposizione legislativa a contenuto individuale e concreto si
discostino radicalmente dagli esiti di un vaglio giurisdizionale
riguardante il medesimo oggetto, peraltro in assenza di limiti
temporali all'applicazione della previsione (secondo la lettera della
novella, lo status attribuito dalla norma rileva sia per il passato -
nonostante l'intervenuto giudizio - che per il futuro).
17. Violazione degli articoli 24, 103 e 111 della Costituzione,
in relazione all'art. 3 della Costituzione
La circostanza che la legge-provvedimento sia intervenuta per
qualificare come «amministrazione pubblica» enti il cui inserimento
nell'elenco Istat aveva determinato l'instaurazione di contenziosi
con ricorsi accolti dalle Sezioni riunite rileva anche sotto altri
profili. Il sindacato di ragionevolezza, infatti, risulta rafforzato
nei casi in cui la «legificazione» dell'atto amministrativo abbia
l'effetto diretto di sottrarre un determinato soggetto al sindacato
giurisdizionale, secondo una prospettiva complementare a quella
esaminata autonomamente nel paragrafo che precede (che attiene alla
non adeguata ponderazione dei contenuti inseriti nella legge a
contenuto concreto).
Riguardata da questo angolo di visuale, infatti, la disposizione
della cui legittimita' costituzionale si dubita contrasta con lo
svolgimento della funzione giurisdizionale e, comunque, lede il
principio di effettivita' della relativa tutela. Con l'intervento
normativo in questione si e' quindi vanificato il diritto di difesa
della ricorrente, esercitato con la proposizione dell'azione e in
precedenza soddisfatto con la pronuncia di accoglimento delle domande
riguardanti l'elenco per il 2020, alterando la regolamentazione degli
interessi stabilita dalla sentenza. Infatti, come in precedenza
osservato, la formulazione letterale della previsione non consente di
limitarne la portata alle sole annualita' decorrenti dal 2021,
occorrendo estenderla anche al 2020 (anno di entrata in vigore del
precetto). Ma tale latitudine applicativa, vanificando gli effetti
della pronuncia giurisdizionale - sentenza n. 27/2020/RIS - divenuta
intangibile, ha invaso l'area riservata alla funzione
giurisdizionale, vulnerando il principio della divisione dei poteri
giurisdizionali e normativi.
Di qui il denunciato conflitto con l'art. 103, comma 2, della
Costituzione, che attribuisce alla Corte dei conti l'esercizio della
funzione giurisdizionale nelle materie di contabilita' pubblica.
Infine, e per quanto esposto, le rilevate violazioni offrono
chiaro fondamento al sospetto di incostituzionalita' dell'art.
23-quater, comma primo, del decreto-legge n. 137/2020 per conflitto
con l'art. 111, primo e secondo comma, della Costituzione.
Nel caso sottoposto ad analisi la novella si e' sovrapposta alla
giurisdizione e ha radicalmente obliterato la condizione di parita'
davanti al giudice naturale imparziale e terzo.
18. Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione
Le leggi-provvedimento, come gia' innanzi accennato, non sono
incompatibili, in se' e per se', con l'assetto dei poteri stabilito
in Costituzione. Tuttavia, nel vagliare la legittimita' delle leggi
regionali e nazionali, la Corte costituzionale ha valorizzato il
ruolo svolto dalla partecipazione al procedimento amministrativo nel
disegno della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi). In particolare, e' stato con chiarezza puntualizzato
che il procedimento amministrativo costituisce il luogo elettivo di
composizione degli interessi, in quanto «[e'] nella sede
procedimentale [...] che puo' e deve avvenire la valutazione
sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela,
a confronto sia con l'interesse del soggetto privato operatore
economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di
cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei
principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del
procedimento amministrativo, infatti, rende possibile l'emersione di
tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la
pubblicita' e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione
dei principi di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241
[...]: efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza. Viene in
tal modo garantita, in primo luogo, l'imparzialita' della scelta,
alla stregua dell'art. 97 della Costituzione, ma poi anche il
perseguimento, nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse
primario, in attuazione del principio del buon andamento
dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 della Costituzione»
(Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018).
Ancor piu' di recente, e' stato nettamente osservato che
«[l]'insistente valorizzazione delle modalita' dell'azione
amministrativa e dei suoi pregi non puo' evidentemente rimanere
confinata nella sfera dei dati di fatto, ma deve poter emergere a
livello giuridico-formale, quale limite intrinseco alla scelta
legislativa, pur senza mettere in discussione il tema della «riserva
di amministrazione» nel nostro ordinamento», evidenziando che se la
materia su cui insiste la disposizione di legge statale oggetto di
sospetta illegittimita' presenta una conformazione legale che la
connota «con caratteristiche tali da enfatizzare il rispetto di
regole che trovano la loro naturale applicazione nel procedimento
amministrativo, cio' deve essere tenuto in conto nel vagliare sotto
il profilo della ragionevolezza la successiva scelta legislativa, pur
tipicamente discrezionale, di un intervento normativo diretto» (Corte
costituzionale, sentenza 23 giugno 2020, n 116). L'applicazione di
questo criterio al caso in esame induce a concludere nel senso che la
disposizione in questione contrasta con i canoni della ragionevolezza
e i principi imparzialita' e buon andamento, tutelati dagli articoli
3 e 97 della Costituzione
Secondo il disegno legislativo gia' esaminato, la qualita' di
amministrazione pubblica consegue all'accertamento di un particolare
status, suscettibile di variazioni nel corso del tempo e, comunque,
ancorato a specifici criteri di natura statistico-economica di
derivazione eurounitaria. Al giudice contabile e' poi riconosciuta
(dall'art. 11, comma 6, lettera b, del c.g.c.), in una materia
tipicamente «amministrativa», conformata da regole di fonte unionale,
la possibilita' di accertare il fatto controverso senza essere
vincolato alle pregresse valutazioni compendiate nell'inserimento
dell'elenco formato dall'Istituto nazionale di statistica.
Ora, in casi come quello in esame, attribuire ex lege a otto enti
una qualita' soggettiva stabile, impedendo agli interessati di
intervenire nel procedimento istruttorio che precede la pubblicazione
dell'elenco, preclude loro la possibilita' di tutela contro mancanze
che non potrebbero essere addebitate all'atto legislativo, in quanto
fisiologicamente estranee al relativo procedimento di formazione, in
difformita' dai principi di ragionevolezza.
Inoltre, il controllo giurisdizionale in questione e' volto non
solo a «sanzionare» con l'annullamento l'attivita' amministrativa
illegittima, ma anche a conformare l'attivita' stessa cosi' da
renderla pienamente rispettosa dei principi di efficienza,
imparzialita' e trasparenza costituzionalizzati dall'art. 97 della
Costituzione (Corte costituzionale, sentenza n. 116/2020, cit.).
19. Violazione dell'art. 117 della Costituzione, in relazione
agli articoli 3 e 111 della Costituzione, con riferimento all'art. 19
TUE, all'art. 47 della Carta dei diritti dell'Unione europea e agli
articoli 6 e 13 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali
In sede di trattazione dei dubbi di costituzionalita' che
interessano il secondo comma dell'art. 23-quater e' stata richiamata
la giurisprudenza della Corte di giustizia secondo cui gli Stati
membri sono tenuti a delineare procedimenti che non siano, nelle
situazioni rientranti nel diritto dell'Unione, meno favorevoli che in
situazioni simili disciplinate dal diritto interno (principio di
equivalenza) e tali da rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal
diritto dell'Unione (principio di effettivita').
Anche con riferimento al primo comma dell'articolo in esame si
constata la lesione del principio di effettivita', considerato che
«dalla struttura complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale in
discussione [risulta] che non esiste alcun rimedio giurisdizionale
tale da permettere, anche solo in via incidentale, di assicurare il
rispetto dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell'Unione,
oppure che l'unico modo per poter adire un giudice da parte di un
singolo sia quello di commettere violazioni del diritto» (Corte di
giustizia dell'Unione europea, sentenza 21 dicembre 2021, Randstad
Italia, C-497/20, punto 62).
La valutazione della disposizione sospettata di illegittimita'
costituzionale alla stregua dei parametri di diritto interno e
convenzionale, secondo cui il principio della tutela giurisdizionale
effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto
dell'Unione, costituisce un principio generale del diritto
dell'Unione europea, sancito agli articoli 6 e 13 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Cio' conduce a
sollevare questione di costituzionalita' anche con riferimento
all'art. 117, comma 1, della Costituzione, letto in combinato
disposto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione e con
riferimento all'art. 19 TUE, all'art. 47 della Carta dei diritti
dell'Unione europea e agli articoli 6 e 13 CEDU. Infatti, la mera
disapplicazione della norma anticomunitaria non appare rimedio
sufficiente, tenuto conto della lesione di diritti fondamentali
presidiati sia dalla Costituzione che in sede di diritto
sovranazionale e della necessita' di offrire una stabile tutela del
diritto della ricorrente alla corretta rivalutazione della sua
qualita' di «amministrazione pubblica» alla stregua delle regole
dettate dal regolamento SEC 2010.
20. Conclusioni
Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va pertanto
rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134 della
Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art.23-quater del decreto-legge
28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18
dicembre 2020, n. 176).
P.Q.M.
La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in
speciale composizione, non definitivamente pronunciando sul ricorso
in epigrafe:
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli articoli 3, 24, 81, 97, 103, 111, 113 e 117 della
Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, 137, inserito dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176;
dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore
statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese.
Dispositivo letto in udienza ai sensi dell'art. 128, comma 3, del
codice di giustizia contabile.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 16 luglio
2025.
Il Presidente: Della Ventura