Reg. ord. n. 241 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/11/2025 n. 48
Ordinanza del Corte dei conti del 13/11/2025
Tra: Autostrada del Brennero spa C/ Istituto nazionale di statistica - ISTAT
Oggetto:
Bilancio e contabilità pubblica – Finanza pubblica – Enti indicati nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come convertito, concorrenti, in quanto unità, alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 – Previsione che a tali enti si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge n. 243 del 2012, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica – Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: “operata dall'ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “, ai soli fini dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”.
Norme impugnate:
decreto-legge del 28/10/2020 Num. 137 Art. 23
legge di conversione del 18/12/2020 Num. 176
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 81 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 103 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Costituzione Art. 113 Co.
Costituzione Art. 117 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 13 Co.
Trattato unione europea Art. 19 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 47 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 241 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 novembre 2025
Ordinanza del 13 novembre 2025 della Corte dei conti sezioni riunite
in sede giurisdizionale sul ricorso proposto da Autostrada del
Brennero spa contro Istituto nazionale di statistica - ISTAT e
Ministero dell'economia e delle finanze .
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza pubblica - Enti indicati
nell'elenco 1 annesso al decreto-legge n. 137 del 2020, come
convertito, concorrenti, in quanto unita', alla determinazione dei
saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche, secondo i criteri stabiliti dal Sistema
europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (SEC
2010), di cui al regolamento (UE) 2013/549 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 21 maggio 2013 - Previsione che a tali enti si
applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei
bilanci e sostenibilita' del debito delle amministrazioni
pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 3 e 4 della legge
n. 243 del 2012, nonche' quelle in materia di obblighi di
comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di
finanza pubblica - Previsione che all'art. 11, comma 6, lettera b),
del codice della giustizia contabile, di cui all'Allegato 1 al
decreto legislativo n. 174 del 2016, dopo le parole: "operata
dall'ISTAT" sono aggiunte le seguenti: ", ai soli fini
dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della
spesa pubblica".
- Decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in
materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle
imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 18 dicembre 2020, n. 176, art. 23-quater.
(GU n. 48 del 26-11-2025)
LA CORTE DEI CONTI
Sezioni riunite in sede giurisdizionale
in speciale composizione
Composta dai signori magistrati:
Piergiorgio Della Ventura, Presidente;
Eugenio Musumeci, consigliere;
Giancarlo Astegiano, consigliere;
Marco Smiroldo, consigliere;
Daniele Bertuzzi, consigliere;
Maria Cristina Razzano, consigliere;
Domenico Cerqua, primo referendario relatore;
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
804/SR/RIS del registro di segreteria proposto, ai sensi dell'art.
11, comma 6, lettera b), e 123 e ss. del decreto legislativo n. 174
del 2016, dalla societa' «Autostrada del Brennero S.p.a.», in persona
dell'amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore,
dott. Diego Cattoni, rappresentata e difesa, come da procura in calce
al ricorso, dal prof. avv. Damiano Florenzano, elettivamente
domiciliata presso il seguente indirizzo PEC, presente nel registro
generale indirizzi elettronici - Reginde:
damiano.florenzano@pectrentoavvocati.it
Contro l'Istituto nazionale di statistica - ISTAT, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede
istituzionale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato,
nonche' nei confronti:
della Procura generale della Corte dei conti, con sede in
Roma, alla via A. Baiamonti n. 25;
del Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede
istituzionale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, e'
domiciliato;
per l'accertamento e per la declaratoria della non applicazione
alla ricorrente della «disciplina nazionale sul contenimento della
spesa pubblica» ai sensi dell'art. 11 del decreto legislativo 26
agosto 2016, n. 174 e s.m. e comunque dell'insussistenza dei
presupposti per la qualificazione della ricorrente come
«amministrazione pubblica» ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge
31 dicembre 2009, n. 196 e s.m. e del regolamento UE 549/2013 (d'ora
in poi «SEC» o «SEC 2010»)
e, comunque per l'annullamento, previa sospensione degli effetti,
dell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato, individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. («Legge di contabilita'
e finanza pubblica»), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie
generale - n. 229 del 30 settembre 2022, nella parte in cui
l'Istituto nazionale di statistica ha inserito, tra le «Altre
amministrazioni locali», la societa' Autostrada del Brennero S.p.a.
per l'anno 2023, nonche' di ogni altro atto connesso, presupposto e
conseguente, tra cui il documento denominato «Le unita' istituzionali
appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche (S13)».
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Uditi nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2025 il
relatore, Primo Ref. Domenico Cerqua, il difensore di parte
ricorrente, in persona dell'avv. Damiano Florenzano, l'avv. dello
Stato Pietro Garofoli per ISTAT e Ministero dell'economia e delle
finanze e il pubblico ministero, nella persona del vice Procuratore
generale Luigi D'Angelo, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. La «Autostrada del Brennero S.p.a.» (di seguito, anche
«Autobrennero») e' una societa' per azioni a prevalente
partecipazione pubblica che ha come oggetto sociale «la promozione,
la progettazione, la costruzione e l'esercizio di autostrade compresa
l'autostrada Brennero-Verona-Modena, ad essa gia' assentita in
concessione, nonche' di opere stradali, contigue o complementari e di
opere pubbliche, o di pubblica utilita' accessorie o comunque
connesse con l'attivita' autostradale, affidate in concessione di
costruzione e/o di gestione ai sensi di legge».
La societa', attiva in diversi settori, gestisce il tratto
autostradale A22 (Brennero - Modena), in attesa - al momento del
ricorso - dello svolgimento delle procedure per l'assegnazione della
concessione, a seguito della scadenza della concessione autostradale
di cui alla convenzione sottoscritta nel 1973 e dei suoi atti
aggiuntivi, oggetto di accordo novativo e sostitutivo sottoscritto
con l'Ente Nazionale per le Strade - ANAS il 29 luglio 1999.
E' partecipata per circa l'84,00% da amministrazioni pubbliche
locali, tra le quali la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige
(32,2893%), la Provincia Autonoma di Trento (7,9326%), la Provincia
Autonoma di Bolzano (7,6265%), la Provincia di Verona (5,5128%), il
Comune di Verona (5,5087%), la Provincia di Modena (4,2410%), il
Comune di Trento (4,2319%), il Comune di Bolzano (4,2268%), la
Provincia di Mantova (3,1896%), la Camera di commercio di Mantova
(2,4970%), la Provincia di Reggio Emilia (2,1752 %), il Comune di
Mantova (2,1159%), la Camera di commercio di Verona (1,6972%), la
Camera di commercio di Bolzano (0,8414%), la Camera di commercio di
Trento (0,3370%), l'Azienda consorziale trasporti di Reggio Emilia
(0,3258%).
2. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 229, del 30
settembre 2022, e' stato pubblicato l'Elenco per il 2023 delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato
individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009, n. 196 e successive modificazioni ed integrazioni, elaborato e
annualmente aggiornato da ISTAT, nel quale risulta inserita - come
per le precedenti annualita' - anche la Autobrennero.
In data 11 maggio 2023 la societa' ha depositato ricorso:
per l'accertamento e per la declaratoria della non
applicazione alla ricorrente della disciplina nazionale sul
contenimento della spesa pubblica ai sensi dell'art. 11 del decreto
legislativo 26 agosto 2016, n. 174 e s.m., e comunque
dell'insussistenza dei presupposti per la qualificazione della
ricorrente come «Amministrazione pubblica» ai sensi dell'art. 1,
comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e s.m. e del
regolamento UE 549/2013 (d'ora in poi «SEC» o «SEC 2010»);
e, comunque per l'annullamento, previa sospensione degli
effetti:
a) dell'Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel
conto economico consolidato individuate ai sensi dell'art. 1, comma 3
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm., pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 229 del 30 settembre 2022,
nella parte in cui l'ISTAT ha inserito la ricorrente tra le «Altre
amministrazioni locali»;
b) di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente,
tra cui il documento denominato «Le unita' istituzionali appartenenti
al settore delle amministrazioni pubbliche (S13)».
Con il primo motivo dell'atto introduttivo e' stata allegata la
violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la ritenuta mancata
osservanza, da parte dell'ISTAT, delle regole del giusto procedimento
in virtu' dell'asserita natura vincolata del provvedimento
autoritativo. Con i successivi motivi e' stata contestata la
sussistenza dei requisiti per essere qualificata «amministrazione
pubblica». Infatti, la ricorrente ha argomentato sia in ordine alla
carenza del presupposto del controllo pubblico, richiesto dal par.
20.18 dell'allegato A) del Regolamento SEC 2010, sia con riferimento
alla ritenuta qualita' di soggetto operante nel mercato in ragione
della produzione di beni e servizi destinabili alla vendita ai sensi
del medesimo SEC 2010, posto che la tariffa autostradale integra un
corrispettivo diretto alla remunerazione dei costi (non essendo
decisivo, sul punto, il carattere regolamentato di parte della
medesima tariffa).
3. Il 26 maggio 2023 si sono costituiti in giudizio, con il
patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, il Ministero
dell'economia e delle finanze e l'ISTAT, opponendosi alla concessione
della misura cautelare e formulando la richiesta di dichiarare il
ricorso inammissibile e comunque infondato.
Con memoria conclusionale del 25 maggio 2023, la Procura generale
della Corte dei conti ha chiesto:
in via pregiudiziale, «[...] sollevare questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020»;
comunque, «respingere il ricorso confermando l'inclusione di
Autostrada del Brennero S.p.a. nell'Elenco delle amministrazioni
Pubbliche pubblicato dall'ISTAT in data 30 settembre 2022, previo
rigetto dell'istanza cautelare».
4. All'esito dell'udienza di discussione del 7 giugno 2023, con
ordinanza n. 2/2023/RIS e' stata rigettata la richiesta di
concessione di misure cautelari e disposta la prosecuzione nel merito
del giudizio. Nelle more, e' sopravvenuta la sentenza della Corte di
giustizia del 13 luglio 2023, Ferrovienord Spa e Federazione Italiana
Triathlon, nelle cause riunite C-363/21 e C-364/21. La decisione,
sulla quale si tornera' nel prosieguo, e' stata pronunciata in esito
a rinvio ex art. 267 TFUE, disposto da queste Sezioni riunite in sede
giurisdizionale in speciale composizione nell'ambito di analoghe
controversie, riguardante i profili di compatibilita' unionale
dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, come
introdotto dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176.
Successivamente all'udienza di discussione del 5 settembre 2023
e' stata depositata la sentenza n. 17/2023/RIS, che ha cosi'
statuito:
«disapplica, ai sensi del diritto dell'Unione europea, per le
ragioni di cui in motivazione, l'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020 e, per l'effetto, dichiara la propria giurisdizione su tutte
le domande proposte;
accerta la sussistenza del controllo pubblico sul ricorrente,
ai sensi del SEC 2010;
dispone con separata ordinanza incombenti istruttori, ai
sensi degli articoli 94 e 96 c.g.c., nonche' rinvia il giudizio
all'udienza che sara' fissata con la stessa ordinanza».
Con l'annunciata, separata ordinanza 4/2023/RIS sono stati
rivolti specifici quesiti all'Autorita' garante della concorrenza e
del mercato, funzionali alle acquisizioni istruttorie utili alla
decisione definitiva.
Avverso la sentenza n. 17/2023/RIS il Ministero dell'economia e
delle finanze e l'ISTAT hanno proposto ricorso per cassazione, cui ha
resistito con controricorso la Autostrade del Brennero S.p.a. (che ha
chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, di sollevare
questione di costituzionalita').
Svoltasi, il 6 marzo 2024, nuova udienza di discussione presso
queste Sezioni riunite, e pur risultando esperiti i disposti
incombenti istruttori, con ordinanza n. 7/2024/RIS (depositata in
segreteria il 5 aprile 2024) il Collegio ha sospeso il giudizio e
dato mandato alla segreteria di comunicare alle parti gli esiti
dell'intervenuto deposito della decisione della Corte di cassazione
riguardante la sentenza impugnata n. 17/2023/RIS.
In data 25 novembre 2024 e' stata depositata la sentenza delle
Sezioni unite della Corte di cassazione n. 30220, con cui:
a) il ricordato ricorso e' stato dichiarato inammissibile,
con compensazione delle spese, in considerazione della non immediata
impugnabilita' della sentenza 17/2023, che aveva deciso solo sulle
questioni di giurisdizione insorte, senza definire - neppure
parzialmente - la controversia;
b) e' stato enunciato, ai sensi dell'art. 363 codice di
procedura civile, il seguente principio di diritto: «[i]n tema di
impugnazione dell'elenco annuale ISTAT delle pubbliche
amministrazioni predisposto ai sensi del SEC 2010, l'art. 23-quater
decreto-legge n. 137 del 2020, nel delimitare la giurisdizione delle
Sezioni riunite della Corte dei conti alla sola applicazione della
disciplina nazionale sul contenimento della spesa pubblica, non ha
determinato un vuoto di tutela o il mancato rispetto dell'effetto
utile della disciplina unionale, restando attribuita la
giurisdizione, per ogni ulteriore ambito, al giudice amministrativo».
5. In data 26 febbraio 2025 la Societa' Autostrada del Brennero
S.p.a. ha depositato rituale atto di riassunzione con istanza di
fissazione di udienza ex art. 107 c.g.c.
Nell'atto, previa integrale trascrizione del ricorso originario,
sono state formulate le seguenti conclusioni: «Si chiede,
eventualmente previa remissione della questione di legittimita'
costituzionale dedotta in atti, l'accoglimento del ricorso, e per
l'effetto la dichiarazione della non iscrivibilita' della ricorrente
nell'elenco (per l'anno 2023) di cui all'art. 1, comma 3 della legge
31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm. ai sensi e per gli effetti previsti
dall'art. 11, comma 6, lettera b) del decreto legislativo, n. 174 del
26 agosto 2016 e s.m., con la conseguente non applicabilita' "della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica"».
5.1. Con memoria conclusionale depositata il 23 giugno 2025 la
Procura generale della Corte dei conti ha formulato articolate
conclusioni. Per quanto in questa sede rileva, ha chiesto di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020 come convertito. In via
subordinata, ha sollecitato l'adozione di un provvedimento di
sospensione impropria del giudizio, in attesa del deposito della
sentenza della Consulta investita della questione di legittimita'
costituzionale della citata disposizione con le ordinanze n.
5/2025/RIS e n. 6/2025/RIS di queste Sezioni riunite.
In particolare, con riferimento alle riportate richieste, la
Parte pubblica ha premesso che queste Sezioni riunite in sede
giurisdizionale in speciale composizione, nell'ambito dei giudizi n.
841/RIS e n. 844/RIS, con le citate ordinanze n. 5/2025/RIS e n.
6/2025/RIS hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata
in relazione agli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della
Costituzione, nonche' all'art. 5, comma 1, lettera a), della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020,
n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n.
176). Quindi, tenuto conto che - in coerenza con il ricorso
introduttivo - nelle conclusioni del ricorso in riassunzione anche la
societa' ricorrente chiede l'accoglimento delle domande previa
remissione della questione di legittimita' costituzionale dedotta, la
Procura generale ha ritenuto che si rendesse necessario «prima ancora
di sospendere (anche) detto giudizio in attesa del deposito della
decisione della Consulta [...] di sollevare, al pari delle ordinanze
n. 5/2025/RIS e n. 6/2025/RIS, la stessa questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020,
n. 137 e s.m., al fine di consentire alle parti del presente giudizio
di potersi costituire ovvero intervenire nel processo incidentale
avanti alla Consulta per l'esercizio del diritto al contraddittorio».
5.2. Nella memoria depositata il 4 luglio 2025 la societa' ha
nuovamente concluso per l'eventuale remissione alla Corte
costituzionale delle questioni di legittimita' illustrate sia nel
ricorso che nella memoria medesima.
In particolare, condividendo i profili di illegittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 6, lettera b), del c.g.c. come
modificato dall'art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.
137 (come convertito), contenuti nelle ordinanze n. 5 e n. 6 del 21
marzo 2025, la ricorrente ritiene che la disciplina indubbiata
violerebbe anche gli articoli 24 e 117, primo comma della
Costituzione in riferimento all'art. 47 della Carta di Nizza e agli
articoli 6 e 13 della CEDU, nella misura in cui esclude, del tutto
irragionevolmente, la concentrazione della tutela presso un unico
plesso giudiziario, integrando, rispetto alla previgente disciplina,
una vera e propria, ingiustificabile, reformatio in peius.
L'incostituzionalita' risulterebbe tanto piu' evidente ove si
considerasse che la segmentazione della competenza (su due plessi
giudiziari) non integra l'esito di una specifica, ponderata, voluntas
legis, bensi' l'effetto indiretto della novella, assunto in sede di
interpretazione «ortopedica» ricostruita, ex post, a correzione di un
intervento legislativo mirato a tutt'altro obiettivo. A confermare la
sua ratio concorrerebbero gli allegati contenuti nei Final findings
intercorsi tra l'ISTAT e gli Uffici Eurostat (mai depositati nei
precedenti dinanzi a queste Sezioni riunite, sebbene acquisiti nei
giudizi amministrativi incardinati dopo il 2020). I documenti,
infatti, rivelerebbero che l'ISTAT ha operato, unitamente ad altre
Autorita' ministeriali, per sottrarsi dalla sindacabilita' di
qualsiasi giurisdizione. La societa' ha pertanto insistito affinche'
fosse sollevata specifica questione di legittimita' costituzionale,
anche per le ragioni illustrate dalla Procura, con conseguente
sospensione del giudizio.
5.3. Infine, nelle «Note di udienza» depositate il 9 luglio 2025
la Procura generale ha svolto considerazioni integrative con
riferimento alla richiesta di sollevare la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge 28
ottobre 2020, n. 137 (come convertito), con particolare riferimento
all'invocato - tra gli altri - parametro della ragionevolezza ex art.
3 della Costituzione. Tra l'altro, la Procura si e' soffermata sul
rischio di contrasto tra giudicati amministrativi e contabili.
Sotto altro profilo, il pubblico ministero ha evidenziato le
illogiche e asistematiche conseguenze derivanti dall'eventuale
ammissione del concorso tra giudizi.
Ha aggiunto che, del resto, la normativa europea SEC 2010 e la
normativa interna sulla spending review costituiscono una «stessa
materia», sicche' appare intrinsecamente irragionevole, ex art. 3
della Costituzione, la separazione dei giudizi sotto il profilo della
giurisdizione.
Infine, la soluzione della doppia giurisdizione e' sospettata di
violare il principio di ragionevole durata del processo, tutelato
dall'art. 111 della Costituzione.
Diritto
6. Secondo l'art. 1, comma 169, della legge 24 dicembre 2012, n.
228, «[a]vverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata annualmente dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1, comma
3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' ammesso ricorso alle
Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai
sensi dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione».
La previsione trovava fondamento nella riconosciuta esigenza di
assicurare il «rispetto dell'equilibrio complessivo del bilancio
nazionale in ragione dei vincoli derivanti dall'appartenenza
dell'Italia all'U.E.» (Corte di cassazione, SS.UU., ordinanza 18
maggio 2017, n. 12.517).
Successivamente, l'art. 11, comma 6, lettera b), del decreto
legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recependo i contenuti della
precedente normativa, ha delineato - anche ai fini procedimentali -
in modo piu' puntuale la portata della giurisdizione delle Sezioni
riunite, che, «nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva
in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado sui
giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'ISTAT».
La cognizione del giudice contabile nella fattispecie in esame e'
stata pacificamente intesa come piena ed esclusiva (cfr., ex plur.,
Corte di cassazione SS.UU., ordinanza 12517/2017, cit.; Id., sentenza
8 novembre 2016, n. 22645), quindi potenzialmente estesa a tutti gli
eventuali vizi dell'atto e del procedimento.
L'ormai consolidato quadro normativo riguardante la giurisdizione
sui ricorsi in materia di elenchi ISTAT e' stato, piu' di recente,
interessato dalla legge 18 agosto 2020, n. 176, di conversione del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante «Ulteriori misure
urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e
alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19».
La legge ha inserito nel decreto-legge un nuovo art. 23-quater
(«Unita' ulteriori che concorrono alla determinazione dei saldi di
finanza pubblica del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche»), il cui secondo comma ha modificato
l'art. 11, comma 6, lettera b) del Codice di giustizia contabile,
limitandone l'ambito di applicazione. Infatti, alla previsione
secondo cui le stesse Sezioni riunite in sede giurisdizionale in
speciale composizione, «nell'esercizio della propria giurisdizione
esclusiva in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado
sui giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle
amministrazioni pubbliche operata dall'ISTAT» e' stata aggiunta la
seguente specificazione «, ai soli fini dell'applicazione della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica».
La disposizione deve ritenersi, alla stregua delle osservazioni
che saranno di seguito formulate, in contrasto insanabile con le
norme costituzionali ed eurounitarie in materia di tutela dei diritti
e dei conti pubblici.
7. Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita'
La competenza a decidere interamente il ricorso proposto dalla
societa' Autostrada del Brennero S.p.a. presuppone il riconoscimento
della giurisdizione piena ed esclusiva di queste Sezioni riunite su
tutte le domande proposte.
Al contrario, la possibilita' di pronunciarsi sulla richiesta di
accertamento e declaratoria dell'insussistenza dei presupposti per la
qualificazione della ricorrente come «amministrazione pubblica» ai
sensi dell'art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
ss.mm. e del Regolamento UE 549/2013, ovvero di annullamento, previa
sospensione degli effetti, dell'Elenco delle amministrazioni
pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai
sensi dell'art. 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
ss.mm., pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 229,
del 30 settembre 2022, nella parte in cui l'ISTAT ha inserito la
ricorrente tra le «Altre amministrazioni locali», e' impedita dalla
richiamata disposizione del decreto-legge n. 137/2020, che ha
fortemente limitato la cognizione del giudice contabile.
La novella legislativa ha, in particolare, escluso la
possibilita' di attribuire al ricorrente, con la sentenza, il bene
della vita della stabile mancata inclusione nel citato elenco, con la
collegata possibilita' di sottrarsi all'applicazione dei conseguenti
effetti giuridici.
In relazione alla suddetta preclusione appare, quindi, senz'altro
perfezionato il requisito presupposto della rilevanza, che condiziona
la proponibilita' della questione di legittimita' costituzionale
della disposizione interessata, dal momento che dal suo esito
dipende, sul piano processuale, la possibilita' di coltivare dinanzi
alle Sezioni riunite le domande oggetto dell'odierno giudizio.
Infatti, l'eventuale necessita' di perdurante applicazione della
normativa primaria qui in contestazione comporterebbe il non
accoglimento di parte delle richieste formulate dalla societa'
ricorrente, compresa la domanda principale, come conseguenza della
rilevata carenza di giurisdizione.
8. Non manifesta infondatezza delle questioni di
costituzionalita'
Riguardo al requisito della non manifesta infondatezza della
valutazione di incostituzionalita' della disposizione, imposto
dall'art. 23, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(«Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale»), risultano particolarmente evidenti, ad avviso di
queste Sezioni riunite, le ragioni del contrasto con numerosi
principi costituzionali.
In particolare, a carico dell'art. 23-quater, comma 2, del
decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, introdotto dalla legge di
conversione 18 dicembre 2020, n. 176, si ravvisa
l'incostituzionalita' per contrasto con gli articoli 3, 24, 81, 97,
103, 111, 113 e 117 della Carta fondamentale.
9. Violazione dell'art. 103 della Costituzione, in relazione agli
articoli 81, 97 e 117 della Costituzione, nonche' all'art. 100 della
Costituzione.
Gli articoli 100 e 103 della Costituzione italiana riconoscono
alla Corte dei conti un ruolo sia di organo chiamato ad assicurare,
in posizione di indipendenza e imparzialita', il rispetto del
principio di legalita' nell'amministrazione, sia di autorita'
giurisdizionale preposta alla tutela delle situazioni giuridiche
soggettive.
Con particolare riferimento alle funzioni giurisdizionali, l'art.
103, comma 2, della Costituzione dispone che «[l]a Corte dei conti ha
giurisdizione nelle materie di contabilita' pubblica e nelle altre
specificate dalla legge», delineando una competenza per materia di
natura peculiare.
Nella soluzione delle questioni di legittimita' costituzionale ha
assunto ben presto un rilievo centrale la riflessione circa il
significato dell'espressione «nelle materie di contabilita' pubblica»
(in cui il termine «materie» e' indicato nella forma plurale).
Orbene, la Corte costituzionale, chiamata piu' volte a esaminare
la portata dell'art. 103 della Costituzione anche con riferimento ai
confini tra le giurisdizioni, e' stata interessata esclusivamente da
questioni aventi per oggetto i limiti della giurisdizione della Corte
dei conti relativa ai giudizi di responsabilita' amministrativa e di
conto (se si escludono i ricorsi decisi dalla sentenza n. 39/2014,
che non si e' comunque pronunciata sul tema della giurisdizione).
La consolidata giurisprudenza costituzionale ritiene, infatti,
che «il secondo comma dell'art. 103 della Costituzione, nel riservare
alla giurisdizione della Corte dei conti "le materie di contabilita'
pubblica", da un lato e sotto l'aspetto oggettivo, ne abbia assunto
la nozione tradizionalmente accolta nella legislazione vigente e
nella giurisprudenza, comprensiva dei giudizi di conto e di quelli di
responsabilita'; mentre, d'altro lato e sotto l'aspetto soggettivo,
ne abbia allargato l'ambito oltre quello, cui aveva originario
riferimento, dell'amministrazione diretta dello Stato: tale essendo
il significato proprio dell'aggettivo "pubblico", com'e' confermato
dallo stesso uso fattone in altre disposizioni della Costituzione
(come ad esempio nell'art. 54, secondo comma, e negli articoli 97 e
98 [...])» (Corte costituzionale, sentenza 5 aprile 1971, n. 68).
La stessa Corte costituzionale, in esito a un'articolata
evoluzione giurisprudenziale, e' giunta a enunciare il principio, di
rilevanza sistematica, secondo cui la giurisdizione contabile nelle
materie di contabilita' pubblica presenta una portata non assoluta,
limitandosi a stabilire una regola generale determinativa di una
giurisdizione per «materia» (anzi, per «materie»), e tuttavia
disponibile per il legislatore ordinario, che puo' ampliare il novero
delle stesse o restringerle. Si tratta quindi di un criterio di
riparto, inserito direttamente in Costituzione, per materie (quindi
anche esclusivo), ma solo tendenzialmente generale nell'ambito delle
stesse.
Ma tali conclusioni sono state sempre raggiunte con riferimento
al perimetro applicativo formato dalle sopra indicate tipologie di
giudizio, come espressamente confermato in molte decisioni: la Corte
costituzionale, sin dalla sentenza n. 102 del 1977, ha ritenuto il
carattere non cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente generale,
dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad opera dell'art. 103 della
Costituzione, della giurisdizione in materia di contabilita'
pubblica, intesa come comprensiva sia dei giudizi di conto che di
quelli sulla responsabilita' amministrativa patrimoniale dei pubblici
dipendenti ed amministratori (Corte costituzionale, sentenza 29
gennaio 1993, n. 24).
Il legame tra determinate categorie di giudizi (di
responsabilita' amministrativa o di conto) e il vincolo legislativo
cui e' ancorata la provvista di giurisdizione e' stato ribadito, con
particolare efficacia, in una piu' recente decisione: «La
giurisdizione "nelle materie di contabilita' pubblica", come prevista
dalla Costituzione e alla stregua della sua conformazione storica, e'
dotata infatti non di una "assoluta", ma solo di una tendenziale
generalita' (sent. n. 102 del 1977, nonche' sentenza n. 33 del 1968),
in quanto essa e' suscettibile di espansione in via interpretativa,
quando sussistano i presupposti soggettivi e oggettivi della
responsabilita' per danno erariale, ma cio' solo "in carenza di
regolamentazione specifica da parte del legislatore che potrebbe
anche prevedere la giurisdizione ed attribuirla ad un giudice
diverso" (sent. n. 641 del 1987). In un'occasione recente - ribadito
"il carattere non 'cogente' ed assoluto, ma solo tendenzialmente
generale, dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad opera dell'art.
103 della Costituzione, della giurisdizione in materia di
contabilita' pubblica, intesa come comprensiva sia dei giudizi di
conto che di quelli sulla responsabilita' amministrativa patrimoniale
dei pubblici dipendenti ed amministratori" - si e' precisato che "la
concreta attribuzione della giurisdizione, in relazione alle diverse
fattispecie di responsabilita' amministrativa, e' infatti rimessa
alla discrezionalita' del legislatore ordinario e non opera
automaticamente in base all'art. 103 della Costituzione, richiedendo
l'interpositio legislatoris, al quale sono rimesse valutazioni che
non toccano solo gli aspetti procedimentali del giudizio, investendo
la stessa disciplina sostanziale della responsabilita'" (sent. n. 24
del 1993) [...]» (Corte costituzionale sentenza 5 novembre 1996, n.
385).
9.1. L'art. 103 della Costituzione, nel menzionare le «materie»
di contabilita' pubblica, non procedeva a indicarne piu' puntualmente
i contenuti, ne' nell'ordito costituzionale del 1948 si rinvenivano
norme che concorressero a specificarne l'oggetto.
Di conseguenza, la giurisprudenza precedentemente citata
collegava l'interpretazione dell'inciso testuale «contabilita'
pubblica» ad ambiti materiali di disciplina che spettava al
legislatore ordinario definire con la sua interpositio,
nell'esercizio della sua discrezionalita'.
Le richiamate coordinate ermeneutiche non possono, tuttavia,
trovare applicazione rispetto alle questioni di giurisdizione
interessate dalla presente ordinanza, che non riguardano il versante
della responsabilita' amministrativo-contabile, ma sono relative a
una materia che rientra nelle competenze naturalmente e
inderogabilmente ascritte dalla Costituzione al giudice contabile.
Giova sottolineare che l'art. 103, comma 2, della Costituzione,
nell'attribuire alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie
contabili (nonche' «nelle altre specificate dalla legge»), delinea un
criterio di riparto che - diversamente rispetto a quanto previsto dal
primo comma - e' descritto non in funzione delle situazioni
soggettive tutelate, bensi' con riferimento a un complesso di materie
con caratteri comuni, unitariamente considerate in ragione del comun
denominatore di riguardare la «contabilita' pubblica».
Cio' comporta che il regolamento dei confini giurisdizionali con
le altre magistrature non si svolge sul crinale della natura della
situazione giuridica sottostante, in base alla dicotomia diritti
soggettivi - interessi legittimi, collegata a una manifestazione
illegittima del potere amministrativo, ne' in base all'autorita' o
potere che ha emesso l'atto impugnato (autorita' amministrativa o
Sezione regionale di controllo), ma opera sulla decisiva
individuazione dell'ambito normativo perimetrato, identificabile come
«materia» di contabilita' pubblica (Corte dei conti, Sezioni riunite
in spec. comp., sentenza 12 novembre 2020, n. 32). Secondo
l'interpretazione risalente, la riportata formulazione normativa
attesta che i Costituenti non hanno inteso riservare alla Corte la
competenza a conoscere di tutti i giudizi «comunque vertenti nella
materia della "contabilita' pubblica", [...] il cui ambito non si
riesce a definire - tanto per cio' che riguarda l'oggetto, quanto per
cio' che riguarda i soggetti - se non in base a puntuali
specificazioni legislative» (Corte costituzionale, sentenza 31 marzo
1965, n. 17).
Orbene, il quadro ordinamentale nel quale si inscriveva la
richiamata giurisprudenza, che prendeva atto del carattere
storicamente non determinato della nozione di «contabilita'
pubblica», ha subito radicali modifiche con i mutamenti legislativi
intervenuti, in particolare, a partire dalla riforma disposta con la
legge costituzionale 20 aprile 2012 n. 1, che ha codificato il
principio dell'equilibrio del bilancio attuando l'impegno, assunto in
sede eurounitaria (patto «Euro Plus», approvato dai Capi di Stato e
di Governo della zona euro l'11 marzo 2011 e condiviso dal Consiglio
europeo il 24-25 marzo 2011), «ad adottare misure volte a perseguire
gli obiettivi della sostenibilita' delle finanze pubbliche, della
competitivita', dell'occupazione e della stabilita' finanziaria, e in
particolare a recepire nella legislazione nazionale le regole di
bilancio dell'Unione europea fissate nel patto di stabilita' e
crescita, ferma restando «la facolta' di scegliere lo specifico
strumento giuridico nazionale cui ricorrere», purche' avente «una
natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio
costituzione o normativa quadro)» e tale da «garantire la disciplina
di bilancio a livello sia nazionale che subnazionale» (Corte
costituzionale sentenza 10 aprile 2014, n. 88).
La legge costituzionale n. 1/2012 contiene alcune importanti
disposizioni che arricchiscono sia il testo che il contesto (norme
UE) delle disposizioni costituzionali rilevanti per l'interpretazione
dell'art. 103 della Costituzione, e che stabiliscono, a livello di
fonte che potremmo definire «superprimaria», una materia (tra le
possibili) di contabilita' pubblica.
In particolare, per effetto delle modifiche della Carta
fondamentale contenute nei suoi articoli:
l'art. 117 della Costituzione, comma 1, nell'imporre al
legislatore ordinario il rispetto dei «vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario», ha codificato le stesse diposizioni UE
che definiscono («in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea»:
art. 97, comma 1, della Costituzione) la nozione di «amministrazione
pubblica»;
l'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione determina
la competenza esclusiva della legge statale in materia di
«armonizzazione dei bilanci pubblici»;
l'art. 81, comma 6, della Costituzione individua una fonte
speciale che deve disciplinare anche precisi criteri che consentono
di perseguire, sul piano sostanziale, l'«equilibrio tra entrate e
spese» e la «sostenibilita' del debito» per tutti i bilanci delle
amministrazioni pubbliche.
Ancora, l'art. 5 della medesima legge costituzionale n. 1/2012,
che - come noto - reca disposizioni non incorporate nella
Costituzione, nel definire i principi vincolanti che deve rispettare
la legge «rinforzata» prevista dal comma 6 dell'art. 81 della
Costituzione, ha imposto (al comma 1) lo svolgimento, in modo
dinamico, di controlli lungo l'intero ciclo finanziario dei bilanci
del «complesso delle pubbliche amministrazioni», da attuare mediante
«verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza
pubblica».
Nell'ambito dell'articolato processo di riforma dei principi di
finanza pubblica si colloca altresi' la direttiva 2011/85/UE, dell'8
novembre 2011 (relativa ai «requisiti per i quadri di bilancio degli
Stati membri»), attuata con decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 54,
nonche' con l'art. 30 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, che ha
assegnato alla Corte dei conti compiti di monitoraggio
sull'osservanza delle regole di bilancio delle pubbliche
amministrazioni.
Peraltro, la direttiva n. 85/2011/UE - sebbene la sua attuazione
sia rimessa ad atti di trasposizione nazionale - e' dotata di effetto
diretto, perche' si mostra sufficientemente chiara, precisa ed
incondizionata, enunciando regole dettagliate relative alle
caratteristiche dei quadri di bilancio degli Stati membri. Tali
regole sono necessarie per garantire il rispetto, da parte degli
Stati membri, degli obblighi che incombono loro in virtu' del
Trattato FUE per quanto riguarda l'esigenza di evitare disavanzi
pubblici eccessivi (conf. Corte di giustizia, 13 luglio 2023,
Ferrovienord Spa e Federazione Italiana Triathlon, cit.).
Coerentemente con tali presupposti, l'art. 20 della legge
«rinforzata» 24 dicembre 2012, n. 243, riconosce alla Corte dei conti
il compito di svolgere funzioni di controllo sui bilanci delle
amministrazioni pubbliche, espressamente ancorate «ai fini del
coordinamento della finanza pubblica e dell'equilibrio dei bilanci di
cui all'art. 97 della Costituzione».
La tratteggiata evoluzione del quadro normativo - pur limitata,
in questa sede, al richiamo delle principali direttrici normative,
nell'ambito della gerarchia delle fonti - e' stata completata con
l'entrata in vigore del regolamento (UE) 21 maggio 2013 n. 549/2013
«relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali
nell'Unione europea», che ha istituito il «Sistema europeo dei conti
2010 ("SEC 2010" o "SEC")» (cosi' l'art. 1, comma 1). Tale Sistema
consente di costruire l'anagrafica delle amministrazioni pubbliche
soggette alle norme di coordinamento dei bilanci degli Stati membri,
fino ai sotto-settori (direttiva n. 85/2011) e di perimetrare
l'ambito di applicazione dell'art. 97, comma 1, della Costituzione in
punto di obbligo di rispettare i principi di equilibrio e
sostenibilita' nella formazione dei bilanci.
Piu' nel dettaglio, il SEC 2010 «prevede: a) una metodologia
(allegato A) relativa alle norme, alle definizioni, alle
classificazioni e alle regole contabili comuni, che devono essere
utilizzate per l'elaborazione di conti e tavole su basi comparabili
per le esigenze dell'Unione [...]» (cosi' l'art. 1, comma 2).
Il citato allegato A), a sua volta, fin dal suo esordio chiarisce
che «1.01 Il Sistema europeo dei conti ("SEC 2010" o "SEC") e' un
sistema contabile, comparabile a livello internazionale, che descrive
in maniera sistematica e dettagliata il complesso di una economia
(ossia una regione, un paese o un gruppo di paesi), le sue componenti
e le sue relazioni con altre economie». Prosegue, poi, illustrando i
concetti di base, i principali aggregati contabili, le «unita'
istituzionali utilizzate per misurare l'economia» e le loro modalita'
di classificazione, le operazioni del sistema dei conti, nonche'
analizzando tutti i numerosi, ulteriori profili di rilevanza del
sistema dei conti.
9.2. Il progressivo consolidamento di una componente legislativa
di rango anche costituzionale, ispirata in sede europea e completata
dalle fonti del diritto eurounitario con le quali era destinata a
saldarsi, necessitava di chiare indicazioni in ordine ai soggetti cui
doveva trovare applicazione.
Per il profilo in esame, la difficolta' consisteva
nell'elaborazione di regole comuni, idonee a individuare i
destinatari ai fini della normativa sia interna che europea.
Ebbene, l'ordinamento italiano non ha provveduto a individuare il
perimetro applicativo delle amministrazioni pubbliche rilevante, con
specifico riferimento alla materia finanziaria e contabile, mediante
meccanismi di ricezione diretta e testuale delle regole europee.
In particolare, il legislatore della riforma costituzionale del
2012 ha perseguito tale scopo in via indiretta, recependo le
disposizioni interne che, da alcuni anni, individuano un soggetto
(l'ISTAT) cui spetta il compito della ricognizione annuale di un
elenco di amministrazioni e specificano le procedure da seguire a
tali fini, in conformita' alle norme europee.
Invero, l'art. 1, commi 2-3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196, assegna all'ISTAT il compito di procedere alla ricognizione
delle amministrazioni pubbliche cui si applicano le disposizioni di
finanza pubblica con proprio elenco pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale. Si tratta di un adempimento funzionale alla
predisposizione annuale del conto economico consolidato delle
amministrazioni pubbliche, «formato dagli aggregati contabili delle
entrate e delle spese di tali amministrazioni, classificati in
conformita' alle modalita' stabilite dall'ordinamento dell'Unione
europea» (art. 2, comma 1, legge n. 243/2012).
Per la compilazione dell'elenco delle amministrazioni pubbliche
l'ISTAT applica i criteri previsti nel citato regolamento dell'Unione
europea n. 549/2013.
L'indicata fonte di rango normativo primario (legge n. 196/2009),
come accennato, e' stata «recepita» dal legislatore con la legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 e con la legge «rinforzata» 24
dicembre 2012 n. 243 (recante «[d]isposizioni per l'attuazione del
principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto
comma, della Costituzione»).
Tali conclusioni sono confortate gia' dall'osservazione che la
legge n. 1/2012 ha - tra l'altro - modificato gli articoli 81 e 97,
comma 1, della Costituzione, estendendo sul piano soggettivo l'ambito
applicativo dei fondamentali principi contabili da essa
costituzionalizzati. Come, infatti, sottolineato in dottrina,
l'espressione in forma plurale «amministrazioni pubbliche» (ovvero,
secondo una diversa opzione interpretativa, il «complesso delle
pubbliche amministrazioni» evocato dall'art. 81, comma 6, nonche'
dall'art. 5 della legge costituzionale n. 1/2012) introduce una
nozione ampia di amministrazione pubblica, in cui l'elemento
dell'interesse finanziario pubblico assume un ruolo centrale per la
relativa qualificazione a livello nazionale, in coerenza con
l'ordinamento dell'UE.
Inoltre, la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del
nuovo comma 6 dell'art. 81 della Costituzione, ha espressamente
previsto che «1. Ai fini della presente legge, si intendono: a) per
"amministrazioni pubbliche" gli enti individuati con le procedure e
gli atti previsti, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea,
dalla normativa in materia di contabilita' e finanza pubblica,
articolati nei sotto-settori delle amministrazioni centrali, delle
amministrazioni locali e degli enti nazionali di previdenza e
assistenza sociale» (art. 2, comma 1, lettera a).
Quella che viene a delinearsi anche attraverso l'art. 1, commi
2-3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e' una nozione di P.A. non
statica e formale, bensi' dinamica e funzionale (a «geometrie
variabili»), di natura strettamente contabile e da perimetrare
secondo i criteri dinamici e sostanziali del diritto dell'Unione
europea.
Tale fenomeno di ibridazione delle forme e' stato recentemente
rimarcato dalla giurisprudenza di questo Giudice contabile in sede di
giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per
l'esercizio finanziario 2024, osservando che la pubblica
amministrazione non appare oggi piu' riconducibile a un unico modello
qual e' quello delle articolazioni ministeriali, ma evidenzia una
pluralita' di figure soggettive dai contorni non sempre univoci, che
diversamente attingono a criteri pubblicistici, e che comunque sono
chiamate a svolgere attivita' operative per l'amministrazione nella
concreta attuazione di importanti interventi, in particolare per lo
sviluppo (v. la Relazione in udienza del Presidente di coordinamento
delle Sezioni riunite in sede di controllo del 26 giugno 2025).
La giurisprudenza di legittimita' ha anche avuto modo di
rimarcare che il surriferito art. 1, commi 2-3, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, costituisce chiara espressione di tale
fenomeno, in quanto i criteri utilizzati per la classificazione sono
di natura statistico-economica e sono dettati dalla necessita' di
armonizzare, indipendentemente dalla forma giuridica assunta, i
sistemi della finanza pubblica a livello europeo ai fini della
verifica da parte della Commissione degli eventuali deficit
eccessivi. L'inserimento di un ente nell'elenco ISTAT non e' altro
che il riflesso della natura pubblica dei fondi di cui dispone l'ente
e della correlata necessita' che esso sia assoggettato alle regole di
redazione del bilancio tipici delle pubbliche amministrazioni (Corte
di cassazione, Sezioni unite, sentenza 19 aprile 2021, n. 10244),
regole sulla cui corretta applicazione, nell'attuale quadro
costituzionale, e' chiamata a vigilare la Corte dei conti.
Ed e' proprio attraverso il recepimento del principio
dell'equilibrio di bilancio (di cui all'art. 81 della Costituzione) e
attraverso l'assoggettamento ai vincoli europei che la struttura
della P.A. viene ricondotta ad unita', nella misura in cui tutti i
centri decisionali in cui si articola la Repubblica sono chiamati,
attraverso l'inclusione nel settore istituzionale delle
amministrazioni pubbliche, sulla cui base viene redatto il conto
economico consolidato dello Stato, a partecipare al rispetto dei
parametri economici di matrice comunitaria.
9.3. Le previsioni costituzionali devono essere lette in armonia
con il contesto.
Occorre, allora, prendere atto che, in conseguenza
dell'evoluzione legislativa intervenuta, e' nitidamente emerso un
nucleo contenutistico essenziale alla nozione di «contabilita'
pubblica», integrato dalle regole indispensabili alla formazione di
un sistema contabile, comparabile a livello internazionale,
comprensivo quantomeno delle amministrazioni coinvolte (individuate
in base a particolari caratteri economico-finanziari), della
disciplina dei bilanci, dei principi di base anche in materia di
consolidamento dei conti, dei principali aggregati contabili e dei
procedimenti in materia di entrate e spese.
Ne consegue che le fonti costituzionali gia' riconoscono la
giurisdizione della Corte dei conti nelle controversie rientranti in
quel ristretto perimetro anche senza la necessita' di specifica
interpositio legislatoris.
Questa conclusione, tra l'altro, conferma la necessita' di
subordinare invece a puntuali specificazioni legislative
l'attribuzione della giurisdizione con riferimento a liti in cui, pur
in presenza di effetti rientranti nel novero della «finanza
pubblica», si riscontri un piu' o meno sensibile allontanamento dai
contenuti essenziali della stessa, costituiti dalla disciplina degli
equilibri di bilancio, dei soggetti e delle procedure finalizzate
alla relativa rappresentazione contabile, interna e sovranazionale.
Coerentemente con la prospettazione finora illustrata, la
giurisdizione in materia di elenchi ISTAT deve ritenersi
inderogabilmente attribuita alla Corte dei conti: di fatto, lo stesso
legislatore con l'art. 1, comma 169, della legge n. 228/2012 - non a
caso, approvato immediatamente dopo la ricordata riforma
costituzionale e poi confluito nell'art. 11, comma 6, lettera b) del
decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 - ha tempestivamente (non
attribuito, ma) riconosciuto tale competenza esclusiva al giudice
contabile.
Del resto, come gia' evidenziato fin dalla prima sentenza delle
Sezioni riunite in speciale composizione, le disposizioni che hanno
enumerato, nel tempo, le relative competenze giurisdizionali in
materia di bilanci pubblici evocano, come titolo legale
dell'attribuzione, direttamente, l'art. 103, comma 2, della
Costituzione (cfr. in tal senso, SS.RR. sentenza n. 2/2013). E cio'
vale, in particolare, proprio per l'art. 1, comma 169, della legge n.
228/2012 (ora, si ripete, art. 11, comma 6, lettera b), del c.g.c.).
9.3.1. Pertanto, non potrebbe essere condivisibile
l'affermazione, anche giurisprudenziale, secondo cui il giudice
amministrativo sarebbe ancora oggi astrattamente competente a
decidere sul contenzioso in oggetto, assegnando all'art. 1, comma
169, della legge n. 228/2012 una natura sostanzialmente innovativa e,
comunque, ritenendo che la sopravvenuta compressione dell'ambito
della giurisdizione contabile, operata dall'art. 23-quater, comma 2,
del decreto-legge n. 137 del 2020 (come introdotto dalla legge di
conversione 137/2020) possa avere comportato una riespansione della
giurisdizione amministrativa.
Queste conclusioni sono state, tuttavia, accolte dalle Sezioni
unite della Corte di cassazione con la sentenza 30220/2024, resa -
come ricordato - tra le parti del presente giudizio. La pronuncia,
pur dichiarando inammissibile il ricorso, ha affermato il principio
di diritto secondo cui il citato art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020 non ha determinato un vuoto di tutela o il mancato rispetto
dell'effetto utile della disciplina unionale, restando attribuita la
giurisdizione al giudice amministrativo per ogni ambito ulteriore
rispetto alla competenza delle Sezioni riunite in sede
giurisdizionale in speciale composizione.
Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite muove
dall'esplicito intento di superare l'ambiguita' di fondo che ha
caratterizzato l'intervento legislativo del 2020. In effetti, dai
lavori preparatori sembra emergere l'obiettivo di precludere, al
giudice contabile, il potere di annullamento dell'elenco ISTAT in
relazione al contrasto con le disposizioni eurounitarie, tenuto conto
dei problemi collegati agli effetti delle decisioni sui saldi di
finanza pubblica.
Considerato che, ove cosi' interpretata, la disposizione avrebbe
implicato l'esclusione di ogni vaglio giudiziale, con la non
consentita compressione dei principi costituzionali ed eurounitari in
tema di tutela giurisdizionale, la Cassazione ha dunque ritenuto di
offrirne una diversa lettura onde porla al riparo da possibili
criticita' costituzionali, configurandola come fonte di delimitazione
oggettiva dell'ambito di giurisdizione esclusiva del giudice
contabile, cui corrisponderebbe il concorrente dispiegarsi di un
ambito di giurisdizione generale del giudice amministrativo.
All'accoglimento di tale opzione interpretativa ostano, tuttavia,
le osservazioni gia' riportate nelle ordinanze n. 5/2025/RIS e n.
6/2025/RIS di queste Sezioni riunite. Con tali decisioni e' stata
sollevata questione di costituzionalita' del medesimo art. 23-quater
del decreto-legge n. 137/2020, esaminando gli argomenti (cfr.,
soprattutto, parr. 6.3-6-5) che inducono a ritenere che la novella
non abbia inteso in alcun modo attribuire la tutela costitutiva ad
altro organo giurisdizionale, sia per il contrasto con i principi
costituzionali in materia di riviviscenza di norma abrogate che per
il mancato rispetto della necessita' di riserva di legge espressa in
materia di giurisdizione. In particolare, la Corte ha richiamato il
puntuale orientamento della Corte costituzionale che, anche nella
recente sentenza 26 novembre 2024, n. 185, ha riconosciuto i limitati
ambiti all'interno dei quali puo' operare la reviviscenza di norme
abrogate: «la espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge
abrogate e' una tecnica normativa non consueta, ma in se' non
illegittima nel senso che il legislatore [...] recepisce per
relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in
tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la
testuale identita' di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono
comunque ben distinte».
In altri termini, la giurisprudenza costituzionale ritiene
eccezionalmente ammissibile la reviviscenza di norme di legge
abrogate, ma a condizione che gli effetti giuridici siano
espressamente previsti dalla legge. Nel caso in esame, l'assenza di
ogni argomento testuale nella disposizione sopravvenuta conferma la
lesione delle attribuzioni del giudice contabile, presidiate
dall'art. 103 della Costituzione (violando altresi' il principio
della riserva di legge sull'ordinamento giudiziario, posto a garanzia
dell'indipendenza della magistratura).
9.3.2. In definitiva, il sopravvenuto tentativo di limitare
l'ambito della giurisdizione contabile operato con il comma 2
dell'art. 23-quater del decreto-legge n. 137/2020, come convertito
dalla legge n. 176/2020 «, ai soli fini dell'applicazione della
normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica», ha inteso
inammissibilmente sottrarre al giudice naturale della res iudicanda -
cui pure continua a riconoscersi espressamente la competenza
«esclusiva» in tema di contabilita' pubblica - la possibilita' di
erogare una tutela piena alle pretese dei ricorrenti, in violazione
innanzitutto dell'art. 103, comma 2, in relazione agli articoli 81 e
97, della Costituzione.
Con la novella, infatti, escludendo la giurisdizione della Corte
dei conti in relazione alla rilevanza eurounitaria degli atti di
ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente
dall'ISTAT, il legislatore interviene su quel nucleo di attribuzioni
attinenti alla perimetrazione delle amministrazioni pubbliche da cui
derivano precisi obblighi di natura contabile, in primo luogo di
concorrere alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del
conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, ossia
del computo dei saldi sulla base dei quali si sviluppano le relazioni
finanziarie tra gli Stati membri dell'Unione europea.
In altri termini, il legislatore ha sottratto alla giurisdizione
contabile la possibilita' di conoscere delle controversie riguardanti
l'ambito soggettivo e i principali effetti dell'inserimento nel
citato elenco, operando una recisione dell'unitaria materia contabile
in esame, in cui i collegamenti tra i profili di rilevanza interna e
quelli di rilevanza sovranazionale, dai quali i primi sono
condizionati, risultano con ogni evidenza del tutto inscindibili.
L'adozione - sul piano interno - di regole di bilancio comuni, con
conseguente assoggettamento degli enti inclusi nell'elenco ai vincoli
di finanza pubblica, e' infatti funzionale alla successiva
aggregazione dei dati contabili riferibili agli stessi ai fini della
formazione del conto economico consolidato dello Stato. Ed e' proprio
attraverso l'esame dei saldi emergenti da tale conto che puo'
verificarsi il rispetto, o meno, dei parametri economici di matrice
eurounitaria, assicurando in tal modo la stabilizzazione delle
economie dei Paesi appartenenti all'area Euro, con l'obiettivo di
evitare la verificazione di effetti di «spillover» e assicurare la
massima efficienza sul territorio comunitario degli stabilizzatori
fiscali. Appare quindi evidente che la verifica del rispetto dei
vincoli nazionali di finanza pubblica non puo' essere
artificiosamente disarticolata dalla verifica avente ad oggetto la
corretta formazione del conto economico consolidato dello Stato -
rilevante sul piano euro-unitario - trattandosi sostanzialmente di
«due facce di una stessa medaglia».
9.4. Ove pure l'interprete ritenesse di continuare a orientarsi,
anche nella materia in argomento, ricorrendo alla su ricordata
visione teorica dell'interpositio legislatoris, i vizi di
costituzionalita' dell'art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n.
137 del 2020 (come introdotto dalla legge di conversione 137/2020)
resterebbero comunque pienamente confermati.
Invero, l'intervenuta violazione dell'art. 103, comma 2, della
Costituzione deriva anche dalla lesione dei principi costituzionali
cui e' ancorata la giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite in
sede giurisdizionale in speciale composizione, poiche' nelle materie
cui si riferiscono le fattispecie espressamente codificate si
manifesta l'intento del legislatore di collegare strettamente le
funzioni di controllo con quelle giurisdizionali attribuite alla
Corte dei conti dal citato art. 103 della Costituzione. In
particolare, l'art. 100 della Costituzione assegna alla Corte di
conti il controllo «successivo sulla gestione del bilancio dello
Stato» esterno ed imparziale, da intendersi oggi esteso ai bilanci e
alla gestione economico-finanziaria di tutti gli enti pubblici che,
nel loro insieme, concorrono alla nozione di «finanza pubblica
allargata» (Corte costituzionale, sentenza 7 giugno 2007, n. 179;
Id., sentenza 20 luglio 2012, n. 198).
Ora, all'esercizio di tale funzione di controllo,
costituzionalmente assegnata e concretamente conformata dalla vigente
trama legislativa, corrisponde la complementare previsione di una
fattispecie di giurisdizione esclusiva, necessariamente estesa agli
atti che definiscono l'ambito stesso dei soggetti sottoposti ai
controlli del giudice contabile, e che a tale fine ricorrono a
principi e criteri (previsti dal Regolamento SEC 2010) strettamente
economici e contabili.
In altri termini, la giurisdizione esclusiva anche in questa
materia e' espressione dell'evidente osmosi fra la funzione di
controllo e quella giurisdizionale della Corte dei conti. Sotto
questo profilo puo', dunque, concludersi che il legislatore,
nell'esercitare la sua facolta' di interposizione, ha riconosciuto e
valorizzato (da ultimo, nel citato art. 11, comma 6 del c.g.c.)
l'indicato collegamento tra le funzioni, sul quale pero' l'art.
23-quater piu' volte citato ha illegittimamente inciso.
10. Violazione dell'art. 3 della Costituzione.
La limitazione della giurisdizione esclusiva della Corte dei
conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche
operata dall'ISTAT «ai soli fini dell'applicazione della normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica», disposta dall'art.
23-quater, comma 2, del decreto-legge n. 137/2020 come convertito,
risulta altresi' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, data
l'assoluta irragionevolezza della previsione.
Come in precedenza osservato, le stesse Sezioni unite della Corte
di cassazione, nella sentenza n. 30220/2024, hanno rilevato (par.
15.1) che il testo della disposizione «ha delle indubbie ambiguita'.
L'art. 11, comma 6, lettera b), c.g.c., dedicato all'individuazione
delle ipotesi in cui le Sezioni riunite decidono "nell'esercizio
della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilita'
pubblica", prevede, in esito alla novella, che tale giurisdizione
esclusiva in tema di elenchi ISTAT, e' confinata "ai soli fini
dell'applicazione della normativa nazionale sul contenimento della
spesa pubblica", dunque limitata ai soli effetti disapplicativi».
Si e' tentato di superare gli ostacoli ermeneutici concludendo
per una predicata riespansione della competenza del giudice
amministrativo sulle domande non riservate dal testo normativo alla
cognizione della Corte dei conti; a tali fini sono valorizzati il
criterio di riparto per blocchi di materie (che pero' non attiene
all'individuazione delle competenze del giudice contabile, fondata su
una diversa ratio legis: cfr. supra, par. 9.1), nonche' la
giurisprudenza formatasi sulle diverse materie della responsabilita'
amministrativa e delle pensioni (quest'ultima, addirittura,
rientrante nella giurisdizione sulle «altre [materie] specificate
dalla legge», per le quali non si dubita della necessita' della
perimetrazione legislativa della giurisdizione contabile).
La comprensibile scelta di farsi carico di una lettura ritenuta
compatibile con i principi costituzionali non puo' tuttavia riportare
nei confini della legittimita' costituzionale - ampiamente violati,
ad avviso di queste SS.RR. - una disposizione che, innanzitutto,
mantiene ferma la giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite in
sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte dei conti
in materia di elenchi ISTAT.
Deve essere, pertanto, riconosciuta al giudice contabile una
peculiare giurisdizione, nell'esercizio della quale non trova
applicazione la tradizionale distinzione tra interesse legittimo e
diritto soggettivo, rilevando - come osservato dalla consolidata
giurisprudenza di queste SS.RR. (cfr., ex plurimis, le sentenze n.
6/2019, n. 9/2020, n. 14/2020, n. 20/2020, n. 27/2020, n. 38/2020) -
la diversa esigenza di accertamento di un particolare status, per
definizione mutevole nel tempo e ancorato a requisiti di natura
economico-finanziaria, in cui la Corte non si limita al mero vaglio
di legittimita' del procedimento valutativo, estendendo la cognizione
alla verifica della sussistenza o insussistenza dei presupposti per
l'attribuzione dello status di p.a. (e delle conseguenti situazioni
giuridiche attive e passive) con valenza di accertamento costitutivo.
Proprio i particolari connotati del giudizio in esame
costituiscono motivo legittimante l'attribuzione delle relative
controversie alla giurisdizione esclusiva delle Sezioni riunite della
Corte dei conti, ossia a un Collegio singolarmente qualificato,
chiamato a una verifica non sulla legittimita' generale, bensi' piena
e di merito, di accertamento della qualita' di amministrazione
pubblica in capo a una determinata unita' istituzionale, sulla base
della valorizzazione di specifici criteri di natura
statistico-economica (cfr. Corte di cassazione, Sezioni unite,
sentenza 19 aprile 2021, n. 10244).
Nelle controversie in esame la Corte e' cioe' chiamata a valutare
le situazioni di fatto alla stregua di regole tecniche ed economiche
di particolare complessita' - contenute nel SEC 2010 - onde accertare
la qualita' di produttore di beni e servizi destinabili o non
destinabili alla vendita.
A tali fini, come noto, concorrono un criterio «qualitativo» (che
impone di verificare se l'ente interessato si dedichi o meno alla
produzione di servizi ausiliari, sia o meno l'unico fornitore di beni
e servizi dell'amministrazione pubblica e sia o meno incentivato ad
adeguare l'offerta per realizzare un'attivita' redditizia, operando
alle condizioni di mercato e rispettando le proprie obbligazioni
finanziarie) e un «test quantitativo» (paragrafi 20.29 e ss. del SEC)
per stabilire se un'unita' istituzionale produca beni e servizi
destinabili alla vendita (c.d. criterio market/non market),
incentrato sul rapporto tra vendite e costi di produzione, esaminato
per un periodo pluriennale continuativo.
Ora, a fronte del riconoscimento di un'ipotesi di giurisdizione
esclusiva conformata nei termini finora rappresentati, con la norma
del 2020 e' sopravvenuta una limitazione legislativa al suo ambito di
operativita' che addirittura allontana la sfera di giurisdizione
assegnata al giudice contabile dal nucleo centrale della contabilita'
pubblica: si escludono gli effetti della pronunzia strettamente
attinenti alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto
economico consolidato delle amministrazioni pubbliche e si consente
la sola verifica giudiziaria ai limitati fini dell'applicazione della
normativa (peraltro, solo nazionale) sul contenimento della spesa
pubblica, ossia per finalita' piu' latamente riguardanti la materia
della finanza pubblica per le quali, ove fosse mancata la previsione
di una giurisdizione esclusiva del giudice contabile, la questione
dell'eventuale competenza del giudice amministrativo avrebbe potuto
forse piu' fondatamente proporsi.
10.1. L'illegittimita' costituzionale, conseguente alla palese
illogicita' e irragionevolezza della disposizione in esame, emerge
altresi' quando si consideri che, confinando la rilevanza della
giurisdizione esclusiva della Corte dei conti alla normativa
nazionale sul contenimento della spesa pubblica, ne deriva il suo
svuotamento quasi integrale.
Sul punto deve innanzitutto ricordarsi che le disposizioni in
materia di contenimento della spesa che presuppongono l'inserimento
nell'elenco ISTAT negli ultimi anni sono state in gran parte abrogate
o dichiarate non piu' applicabili.
Basti ricordare, al riguardo, che secondo l'art. 1, comma 590,
della legge 27 dicembre 2019, n. 160, anche ai fini «di un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica, a decorrere dall'anno
2020, agli enti e agli organismi, anche costituiti in forma
societaria, di cui all'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009,
n. 196, [...] cessano di applicarsi le norme in materia di
contenimento e di riduzione della spesa di cui all'allegato A annesso
alla presente legge». L'allegato A), a sua volta, contiene un lungo
elenco di previsioni normative di cui e' cessata l'applicazione, con
conseguente, remota possibilita' di prospettare lesioni da cui possa
derivare un concreto interesse alla tutela delle proprie posizioni
giuridiche.
Analoga sorte ha interessato alcune disposizioni in materia di
limitazioni di spesa contenute nell'art. 5 del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95 (convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), di cui
sopravvive l'applicabilita' di limitate e residuali fattispecie.
E' ben vero che il citato art. 1, comma 590, della legge n.
160/2019 conclude precisando che «[r]esta ferma l'applicazione delle
norme che recano vincoli in materia di spese di personale». Peraltro,
la norma intende riferirsi alle disposizioni che, in sede di
perimetrazione del loro ambito soggettivo di applicazione, richiamino
l'inserimento nell'elenco ISTAT, senza considerare che le previsioni
in materia di contenimento della spesa di personale sono, di regola,
dichiarate espressamente applicabili alle amministrazioni pubbliche
come definite dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165.
Pertanto, pure a voler accogliere, sul piano teorico, la tesi che
ritiene ammissibile l'introduzione legislativa di limiti alla
capacita' espansiva della giurisdizione esclusiva, e' tuttavia certo
che la discrezionalita' legislativa non potrebbe mai determinarne il
sostanziale disconoscimento, come accaduto nella fattispecie, per
effetto di una perimetrazione delle controversie conoscibili da cui
derivi la concreta disapplicazione della provvista giurisdizionale
riservata.
10.2. Il delineato riparto della giurisdizione tra giudice
amministrativo e giudice contabile lascia emergere ulteriori,
evidenti profili di intrinseca irragionevolezza dell'assetto
ordinamentale prospettato, con palese contrasto dell'art. 3 della
Costituzione.
Infatti, la legittimita' costituzionale di tale coesistenza
potrebbe sostenersi solo a condizione che gli effetti del sindacato
giudiziale del giudice amministrativo e del giudice contabile
risultassero tra loro «non comunicanti», essendo ben distinte e
autonome le disposizioni normative operanti nei due diversi comparti
giurisdizionali (SEC 2010 e disposizioni sulla spending review).
Al contrario, come anche evidenziato dalla Procura generale,
l'ammissibilita' di un c.d. doppio ricorso deve ritenersi di fatto
precluso rispetto al contenzioso in esame, le due normative
applicabili compenetrandosi al punto che risulta di fatto non
ipotizzabile, sul piano giuridico, una loro operativita' «atomistica»
o «irrelata». Cio', in quanto l'eventuale sindacato del giudice
contabile, nella prospettiva dell'operativita' (o meno) delle
disposizioni nazionali sul contenimento della spesa nel quadro del
rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, e' necessariamente
condizionato dalla previa e corretta attribuzione al soggetto privato
di diritto interno della qualificazione eurounitaria di «pubblica
amministrazione», scaturente dalla sua iscrizione nell'elenco ISTAT.
In altri termini, nel caso in esame, l'operativita' della
normativa europea SEC 2010 e' configurata come presupposto legale per
l'applicazione (anche) della normativa nazionale sulla spending
review, il cui dispiegarsi richiede, quindi, che sia stata risolta la
questione della qualificazione di un soggetto di diritto interno
quale pubblica amministrazione europea nella prospettiva della
contabilita' pubblica.
Sul piano processuale, in caso di pendenza di giudizi presso la
giurisdizione amministrativa e quella contabile l'ipotizzato riparto
- che, non a caso, non e' stato espressamente delineato dal
legislatore del 2020 - determinerebbe il sorgere di insormontabili
ostacoli giuridici, a meno di configurare il giudizio davanti al
giudice amministrativo, circa la corretta attribuzione di una
soggettivita' pubblicistica europea all'ente di diritto interno
ricorrente iscritto nell'elenco ISTAT, come vera e propria causa
pregiudiziale ex art. 295 c.p.c. e art. 106. c.g.c.
L'inscindibile compenetrazione tra le questioni normative e'
illustrata anche dalle conseguenze del tutto irragionevoli cui
condurrebbe l'ipotizzata separazione tra i giudizi, in caso di previa
pronuncia del giudice amministrativo:
a) un eventuale giudicato amministrativo di annullamento
dell'iscrizione nell'elenco ISTAT dovrebbe comportare, rispetto al
parallelo processo pendente avanti al giudice contabile, la
(sopravvenuta) cessazione del materia del contendere, considerato che
le disposizioni di diritto interno sulla spending review sono
finalizzate a garantire i saldi e gli obiettivi di finanza pubblica
nel quadro della governance economica europea, dunque presuppongono
il previo e definitivo riconoscimento della soggettivita'
pubblicistica secondo i parametri della normativa unionale del SEC
2010. Si aggiunge che, in questa prospettiva, la giurisdizione del
giudice amministrativo comporterebbe il superamento, sul piano
pratico, della necessita' di esperire un doppio ricorso per il
soggetto che voglia contestare l'inclusione nell'elenco ISTAT anche
ai fini della disapplicazione delle correlate disposizioni di
contenimento della spesa pubblica: l'espunzione di un soggetto
dall'elenco ISTAT per effetto del vittorioso esperimento del ricorso
innanzi al G.A. comporterebbe ipso iure l'inapplicabilita' delle
norme di contenimento della spesa pubblica, svuotando di significato,
anche per questa via, la previsione dell'art. 11, comma 6, del codice
di giustizia contabile di una giurisdizione «esclusiva» delle Sezioni
riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione nella
materia;
b) al contrario, un eventuale giudicato amministrativo di
rigetto del ricorso avverso l'iscrizione nell'elenco ISTAT renderebbe
eccentrica ogni successiva decisione di accoglimento del ricorso in
sede di giudizio contabile (con la conseguente inoperativita' delle
disposizioni interne sul contenimento della spesa pubblica): a meno
di voler ritenere ammissibile, nonostante il primato del diritto
europeo, la qualificazione di un ente di diritto interno quale
pubblica amministrazione europea nel quadro del SEC 2010 - a valle
del giudicato amministrativo di rigetto del ricorso - ma,
ciononostante, «immune» dall'assoggettamento alle norme interne
finalizzate al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
europea.
In definitiva, postulare la contraddittoria presenza di una
giurisdizione esclusiva e al tempo stesso concorrente implica un vero
e proprio cortocircuito logico-semantico che ha, infatti, generato il
conflitto interpretativo e lo stallo della funzione giurisdizionale
in danno dei ricorrenti.
10.3. In conclusione, l'art. 23-quater del decreto-legge n.
137/2020, come convertito, presenta insuperabili criticita'
interpretative in ragione del suo significato non chiaro, al punto da
indurre a prospettare soluzioni ermeneutiche che giungono a forzare i
limiti consentiti dall'enunciato testuale, nel tentativo di offrirne
una coerenza sistematica non consentita dai principi costituzionali,
con il rischio che l'attivita' ermeneutica trasmodi in una
sostanziale integrazione normativa.
Sul punto, va ricordato che la Corte costituzionale ha da tempo
chiarito che «ciascun consociato ha un'ovvia aspettativa a che la
legge definisca ex ante, e in maniera ragionevolmente affidabile, i
limiti entro i quali i suoi diritti e interessi legittimi potranno
trovare tutela, si' da poter compiere su quelle basi le proprie
libere scelte d'azione» (Corte costituzionale, sentenza 5 giugno
2023, n. 110).
Pertanto, le disposizioni foriere di intollerabile incertezza
nella loro applicazione concreta si pongono in contrasto con il
canone di ragionevolezza della legge di cui all'art. 3 della
Costituzione, nella misura in cui il loro significato risulti
radicalmente inintelligibile o particolarmente ambiguo, soprattutto
in tematiche come quella del riparto di giurisdizione, che attiene a
un presupposto in senso ampio del processo e presenta una rilevanza -
per sua natura - pregiudiziale.
11. Violazione degli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione
Come ripetutamente sottolineato, l'art. 11, comma 6, lettera b),
del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, in cui e' confluita
la disposizione dell'art. 1, comma 169, della legge n. 228/2012,
stabilendo che le Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale
composizione, «nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva
in tema di contabilita' pubblica, decidono in unico grado sui
giudizi: [...] b) in materia di ricognizione delle amministrazioni
pubbliche operata dall'ISTAT», senza ulteriori specificazioni, aveva
espressamente riconosciuto al giudice contabile la competenza a
decidere delle controversie in esame con il potere di assicurare
tutte le tutele richieste dai soggetti interessati, ossia di statuire
su tutte le domande astrattamente proponibili, con esclusione di
altre giurisdizioni concorrenti, assicurando in tal modo piena tutela
giurisdizionale in attuazione degli articoli 24 e 113 della
Costituzione.
Su tali premesse, sul piano processuale emerge il contrasto del
citato art. 23-quater, comma 2, del decreto-legge n. 137/2020 come
convertito con gli articoli 24 e 111 della Costituzione, che
attribuiscono alla funzione giurisdizionale lo scopo di assicurare
piena tutela, attraverso il giudizio, delle situazioni soggettive
qualificate, imponendo che la disciplina dei rapporti tra giudici
appartenenti a ordini diversi si ispiri al principio secondo cui
l'individuazione del giudice munito di giurisdizione non deve
sacrificare il diritto delle parti a ottenere una risposta in ordine
al bene della vita oggetto di interesse.
Risulta, inoltre, violato l'art. 113, primo e secondo comma,
della Costituzione, che dell'art. 24 costituisce sostanzialmente
specifica applicazione e secondo cui contro gli atti della pubblica
amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei
diritti e degli interessi legittimi e tale tutela giurisdizionale non
puo' essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o
per determinate categorie di atti, come accade nella fattispecie.
La disposizione merita ulteriore censura di illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 111 della Carta fondamentale,
con riferimento al diverso e complementare profilo della lesione del
principio di ragionevole durata del processo, riguardato nell'ottica
del principio di concentrazione delle tutele, ove si accolga
l'opzione ermeneutica che ammette la possibilita' di un doppio
ricorso, al giudice amministrativo e a quello contabile, in materia
di elenchi ISTAT.
Infatti, i rischi e le criticita' gia' esaminati derivanti
dall'eventuale pendenza di due giudizi sul medesimo oggetto, con
possibili implicazioni in termini anche di necessita' di sospensione
del processo contabile e conseguente dilatazione dei tempi
processuali del relativo contenzioso («dipendente»), nonche' di
formazione di giudicati contrastanti, vulnerano il bene
costituzionale dell'efficienza del processo di cui la ragionevole
durata e' espressione e il canone fondamentale della razionalita'
delle norme processuali, in assenza di prevalenti esigenze di tutela
di principi soggetti a concorrente ponderazione.
12. Violazione dell'art. 117 della Costituzione, anche in
relazione all'art. 19 TUE, all'art. 47 carta dei diritti UE e agli
articoli 6 e 13 CEDU
La disposizione limitativa contenuta nell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020, come convertito, merita di essere
censurata anche per il contrasto con l'art. 117 della Costituzione,
in ragione della violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali, nella specie resi chiari
dalla funzione nomofilattica della Corte di giustizia UE.
La Corte di giustizia dell'Unione europea, cui le Sezioni riunite
in speciale composizione avevano chiesto di valutare la
compatibilita' eurounitaria della previsione, evidenziando il rischio
che avesse di fatto precluso un controllo indipendente sulle
autorita' di bilancio nazionali e sull'elenco delle amministrazioni
pubbliche predisposto dall'STAT, con la sentenza 13 luglio 2023,
Ferrovienord Spa e Federazione Italiana Triathlon (nelle cause
riunite C-363/21 e C-364/21), ha rilevato che «al fine di assicurare
che l'autorita' nazionale competente rispetti, ai fini della
qualificazione di un ente come "amministrazione pubblica", ai sensi
del regolamento n. 549/2013, la definizione del diritto dell'Unione
che vi si collega e che si impone nei suoi confronti, la sua
decisione deve poter essere contestata ed essere oggetto di un
controllo giurisdizionale. Infatti, in assenza di una possibilita' di
contestare tale qualificazione, l'effetto utile del diritto
dell'Unione non sarebbe garantito. Di conseguenza, l'effetto utile di
detto regolamento osta ad una normativa nazionale che escluda, di
fatto, qualsiasi possibilita' di controllo giurisdizionale della
fondatezza della qualificazione di un ente come amministrazione
pubblica» (punti 69 e 70).
La pronuncia e' giunta alle medesime conclusioni con riferimento
alla questione della compatibilita' dell'art. 23-quater del
decreto-legge n. 137/2020, con le prescrizioni risultanti dalla
direttiva 2011/85/ UE, dell'8 novembre 2011, relativa ai «requisiti
per i quadri di bilancio degli Stati membri» (punti 77 e 78).
Ha, poi, aggiunto che quando le disposizioni UE non disciplinano
le modalita' procedurali dei ricorsi giurisdizionali, in quanto «non
precisano, segnatamente, quale giudice nazionale deve assicurare la
tutela giurisdizionale effettiva», spetta agli Stati membri disegnare
procedimenti che «non siano, nelle situazioni rientranti nel diritto
dell'Unione, meno favorevoli che in situazioni simili disciplinate
dal diritto interno (principio di equivalenza)» e tali da rendere
«praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei
diritti conferiti dal diritto dell'Unione (principio di
effettivita')» (punto 89).
Con particolare riferimento al principio di effettivita', la
Corte ha precisato innanzitutto (punto 92) che il diritto dell'Unione
non impone agli Stati membri di «istituire mezzi di ricorso diversi
da quelli stabiliti dal diritto interno, a meno che dalla struttura
complessiva dell'ordinamento giuridico nazionale in discussione non
risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale tale da
permettere, anche solo in via incidentale, di assicurare il rispetto
dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell'Unione, oppure
che l'unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo
sia quello di commettere violazioni del diritto».
Ogni caso in cui si ponga la questione se una disposizione
procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile
l'applicazione del diritto dell'Unione deve essere esaminato tenendo
conto del posto occupato da tale disposizione nel complesso della
procedura, nonche' dello svolgimento e delle particolarita' di
quest'ultima dinanzi ai diversi organi nazionali.
Inoltre, ha proseguito la Corte di giustizia UE, va fatta
prudentemente «salva la verifica che incombe al giudice del rinvio»
sull'indicazione (del Governo italiano all'udienza) secondo cui «gli
enti iscritti nell'elenco ISTAT che intendono contestare la loro
designazione quali amministrazioni pubbliche non sono tenuti a
presentare due distinti ricorsi, vale a dire uno davanti al giudice
amministrativo e un altro davanti alla Corte dei conti», e che «da un
lato, essi potrebbero chiedere al giudice amministrativo
l'annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti in
quest'elenco. Dall'altro, dinanzi alla Corte dei conti, essi
potrebbero contestare le conseguenze della loro iscrizione
nell'elenco suddetto e ottenere, eventualmente, in maniera
incidentale, la disapplicazione di tale iscrizione» (punto 97).
Infine, la mera possibilita' che si verifichino giudicati
contrastanti sulla fondatezza dell'iscrizione di un ente nell'elenco
ISTAT non impone di concludere in ogni caso per l'esistenza di una
violazione dell'art. 19 TUE, letto alla luce dell'art. 47 della Carta
e del principio di effettivita', ma solo a condizione che «un ente
che contesti la decisione di qualificazione adottata nei suoi
confronti possa limitarsi a proporre un unico ricorso per veder
esaminata la propria domanda» (punto 98). Cio' premesso, la concreta
verifica del rispetto dei presupposti e limiti posti dalla Corte di
giustizia nei citati punti 97 e 98 della decisione conduce ad
accertare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23-quater per
contrasto con la normativa europea.
12.1. Come chiarito dalla Corte costituzionale, la normativa
(oggi) eurounitaria «entra e permane in vigore, nel nostro
territorio, senza che i suoi effetti siano intaccati dalla legge
ordinaria dello Stato; e cio' tutte le volte che essa soddisfa il
requisito dell'immediata applicabilita'. Questo principio [...] vale
non soltanto per la disciplina prodotta dagli organi della CEE
mediante regolamento, ma anche per le statuizioni risultanti, come
nella specie, dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia»
(sentenza 23 aprile 1985, n. 113. Conf., ex plur., Corte
costituzionale, sentenza 11 luglio 1989, n. 389; Id., sentenza 18
aprile 1991, n. 168; Id., sentenza 16 giugno 1993, n. 285).
Conseguentemente, tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento
a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di
legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come
gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli
organi amministrativi - sono giuridicamente tenuti a disapplicare le
norme interne incompatibili con le norme dell'ordinamento UE
nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea (Corte
costituzionale, sentenza n. 389/1989, cit.).
All'interpretazione del quadro normativo in materia di elenchi
ISTAT fornita dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella
sentenza 30220/2024, che nella specie costituisce diritto vivente,
consegue l'impossibilita' del giudice contabile di disapplicare gli
atti ISTAT incompatibili con il diritto europeo, sulla base delle
conclusioni secondo cui il giudice contabile non potrebbe, nella
propria giurisdizione, applicare il diritto UE.
Di fatto, l'affermazione delle SS.UU. ha l'effetto di
disarticolare il primato del diritto comunitario, in quanto la Corte
dei conti, nonostante un ricorso presentato, non puo' soddisfare la
pretesa dei ricorrenti al rispetto del diritto UE.
Cio' conduce a denunciare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 23-quater per violazione dell'art. 117, comma 1, della
Costituzione, alla luce del contrasto con i principi del «giusto
processo» tutelato dall'ordinamento europeo con le seguenti
disposizioni:
a) art. 19, par. 1, secondo comma, TUE, secondo cui gli Stati
membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare
una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal
diritto dell'Unione;
b) art. 47 della Carta dei diritti UE, secondo cui ogni
persona i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto
dell'Unione siano stati violati ha diritto a un «ricorso effettivo»
dinanzi ad un giudice;
c) articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo, secondo cui ogni persona ha diritto ad un processo equo
(«a che la sua causa sia esaminata equamente») e ad un ricorso
effettivo dinanzi a una magistratura nazionale.
Dai principi concordemente recepiti nel diritto europeo e nella
Costituzione italiana discende la necessita' che il processo
contabile, da un punto di vista funzionale, assicuri la tutela piena
ed effettiva del ricorrente.
Invero, in una prospettiva funzionale il processo e' «giusto» ove
consenta adeguate forme di tutela delle situazioni giuridiche
soggettive a fondamento dell'azione giudiziaria. La rilevanza del
requisito e' tale che secondo la giurisprudenza europea l'esistenza
stessa di un controllo giurisdizionale effettivo destinato ad
assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e' intrinseca ad uno
Stato di diritto (Corte di giustizia UE, sentenza del 21 dicembre
2021, Euro Box Promotion e a., C-357/19, C-379/19, C-547/19, C-811/19
e C-840/19).
Secondo la giurisprudenza eurounitaria, il principio della tutela
giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza
del diritto dell'Unione, cui fa riferimento l'art. 19, paragrafo 1,
secondo comma, TUE - in buona parte sovrapponibile al diritto a un
ricorso effettivo ai sensi dell'art. 47 della Carta - costituisce un
principio generale del diritto dell'Unione che deriva dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che e' stato
sancito agli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ai quali corrisponde l'art. 47
della Carta (cfr., ex plur.: Corte di giustizia UE, sentenza 8 maggio
2024, C-53/23, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România»).
Nel merito, in ossequio al principio di cooperazione leale,
sancito dall'art. 4, paragrafo 3, TUE, e come sopra ricordato
richiamando la sentenza della Corte di Giustizia 13 luglio 2023,
Ferrovienord Spa e Federazione Italiana Triathlon, le modalita'
procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti
spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione risultano
rispettose del principio di effettivita' (e conformi ai canoni del
«giusto processo») ove non rendano praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti
dall'ordinamento giuridico dell'Unione (cfr., in questo senso,
sentenza 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, e sentenza 27 giugno
2013, Agrokonsulting-04, C-93/12).
In altri termini, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare il
rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dei
diritti che i singoli traggono dal diritto dell'Unione, quale
garantito dall'art. 47 della Carta.
12.2. Declinando le esposte coordinate ermeneutiche in relazione
all'assetto normativo conseguente all'entrata in vigore dell'art.
23-quater del decreto-legge n. 137/2020, inserito dalla legge di
conversione n. 176/2020, l'incostituzionalita' della disposizione
emerge in primo luogo perche' - come gia' osservato - essa esclude il
sindacato degli effetti eurounitari dell'iscrizione nell'elenco ISTAT
dinanzi ad un giudice.
La lettera della disposizione - anche in rapporto all'art. 103,
comma 2, della Costituzione - e i lavori preparatori non autorizzano
a prospettare una concorrenza di giurisdizioni sulla materia, in
quanto l'effetto innovativo della previsione riguarda non l'an, ma il
quomodo della giurisdizione: il legislatore avrebbe, cioe',
ridefinito l'oggetto della tutela (in relazione sia al petitum che
alla causa petendi), attraverso la limitazione dei «fini» - ossia
degli effetti - della giurisdizione contabile.
L'illegittimita' costituzionale discende, allora, dalla
limitazione dell'oggetto della tutela del giudice contabile,
combinata con l'immodificata (e immodificabile) giurisdizione
esclusiva sulla materia della ricognizione operata dall'ISTAT,
conforme agli articoli 100 e 103 della Costituzione. Infatti, in
assenza della tutela disapplicativa (e di annullamento) del giudice
contabile, il sistema giurisdizionale non assicurerebbe alcun rimedio
contro gli effetti antieuropei dell'atto di ricognizione dinanzi a
qualsiasi altro giudice.
12.3. In ogni caso, l'art. 117, comma 1, anche in relazione
all'art. 19 TUE, all'art. 47, paragrafo 2 della Carta di Nizza e agli
articoli 6 e 13 della CEDU, risulta violato perche' la novella del
2020 ha imposto agli enti iscritti nell'elenco ISTAT che intendano
contestare gli effetti eurounitari della loro designazione quali
amministrazioni pubbliche e che abbiano gia' proposto ricorso al
giudice contabile, di presentare necessariamente due distinti
ricorsi, il secondo dei quali dinanzi al giudice amministrativo per
chiedere l'annullamento erga omnes della decisione che li ha iscritti
nell'elenco.
Invero, dinanzi alla Corte dei conti essi non potrebbero mai
«contestare le conseguenze della loro iscrizione nell'elenco suddetto
e ottenere, eventualmente, in maniera incidentale, la disapplicazione
di tale iscrizione» (punto 97 della richiamata sentenza della Corte
di giustizia), posto che tale incidentale disapplicazione rileva, in
base alla novella del 2020, ai soli fini della disciplina nazionale
sul contenimento della spesa pubblica.
Tuttavia, la qualificazione ai sensi del SEC 2010, operata
dall'autorita' nazionale competente (nel caso italiano dall'ISTAT,
attraverso la compilazione dell'elenco di cui all'art. 1 della legge
n. 196/2009) non puo' non comportare effetti sia oggettivi (vincoli
di bilancio su tutte le «amministrazioni pubbliche», qualificate ai
sensi del SEC 2010) che soggettivi (il radicarsi di situazioni
giuridiche sui soggetti classificati, tra cui quella alla corretta
qualificazione, con il connesso diritto ad un ricorso effettivo).
Pertanto, escludendo la possibilita' di assicurare il rispetto
del principio di effettivita' della tutela giurisdizionale
«esclusiva», l'art. 23-quater impedisce il legittimo dispiegarsi
dell'effetto utile della normativa UE, considerato che la tutela
giurisdizionale assicurabile dal giudice contabile non soddisfa il
principio dell'autosufficienza del ricorso, secondo cui il soggetto
qualificato deve poter proporre, con un unico ricorso, la domanda
tendente a impedire l'applicazione nei suoi confronti degli effetti
comunitari dell'iscrizione.
13. Conclusioni
Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va pertanto
rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134 della
Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1, e dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 23-quater del decreto-legge
28 ottobre 2020, n. 137 (inserito dalla legge di conversione 18
dicembre 2020, n. 176).
P.Q.M.
La Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in
speciale composizione, non definitivamente pronunciando sul ricorso
in epigrafe:
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli articoli 3, 24, 81, 97, 103, 111, 113 e 117 della
Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, inserito dalla
legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176;
dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la
immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera
dei deputati.
Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in
rito, nel merito ed in ordine alle spese.
Dispositivo letto in udienza ai sensi dell'art. 128, comma 3, del
codice di giustizia contabile.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 16 luglio
2025.
Il Presidente: Della Ventura