Reg. ord. n. 224 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/11/2025 n. 48
Ordinanza del Tribunale di Milano del 16/07/2025
Tra: Hanna Sherif Fathy Fahim, ASGI - Associazione degli studi giuridici sull'immigrazione aps, APN - Avvocati per niente onlus ed altri 3 C/ Regione Lombardia
Oggetto:
Edilizia residenziale pubblica – Straniero – Beneficiari dei servizi abitativi pubblici – Testo unico in materia di immigrazione – Norme della Regione Lombardia – Requisiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica per gli stranieri titolari di carta di soggiorno e per gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale – Esercizio di una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo – Irragionevolezza del presupposto della sussistenza di un rapporto di lavoro in essere in relazione alla fruizione di un servizio sociale destinato a soggetti economicamente deboli – Contrasto, sotto diversi profili, con il canone di ragionevolezza – Disparità di trattamento tra cittadini UE ed extra UE a fronte della medesima condizione di bisogno – Violazione del principio di eguaglianza sostanziale.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 25/07/1998 Num. 286 Art. 40 Co. 6
legge della Regione Lombardia del 08/07/2016 Num. 16 Art. 22 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 3 Co. 2
Testo dell'ordinanza
N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2025
Ordinanza del 16 luglio 2025 del Tribunale di Milano nel procedimento
civile promosso da ASGI - Associazione degli studi giuridici
sull'immigrazione APS e altri contro Regione Lombardia e A.L.E.R. -
Azienda lombarda edilizia residenziale Milano.
Edilizia residenziale pubblica - Straniero - Beneficiari dei servizi
abitativi pubblici - Testo unico in materia di immigrazione - Norme
della Regione Lombardia - Requisiti di accesso all'edilizia
residenziale pubblica per gli stranieri titolari di carta di
soggiorno e per gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso
di permesso di soggiorno almeno biennale - Esercizio di una
regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo.
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero), art. 40, comma 6; legge della
Regione Lombardia [, 8 luglio 2016, n. 16 (Disciplina regionale dei
servizi abitativi),] art. 22, comma 1, lettera a).
(GU n. 48 del 26-11-2025)
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione prima
Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta nel giudizio n.
12788/2024 R.G., promosso da: ASGI - Associazione degli studi
giuridici sull'immigrazione APS (p. iva 97086880156), con sede legale
in Torino, via Gerdil n. 7, in persona del presidente e legale
rappresentante pro tempore;
APN - Avvocati per niente Onlus (p. iva 97384770158), con sede
legale in Milano, via San Bernardino n. 14, in persona del legale
rappresentante pro tempore;
Associazione NAGA - Organizzazione di volontariato per
l'assistenza sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri,
Rom e Sinti (p. iva 97058050150), con sede in Milano, via Zamenhof n.
7/A, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Sindacato inquilini casa e territorio - Sicet Lombardia (p. iva
94556050154), con sede in Sesto San Giovanni (MI), viale Fulvio Testi
n. 42, in persona del segretario pro tempore;
S. F. F. H. (c.f. ), nato in
( ), il , residente in ( ), tutti
rappresentati e difesi dagli avv.ti Alberto Guariso (c.f.
CRSLRT54S15F205S, pec alberto.guarisio@milano.pecavvocati.it), Livio
Neri (c.f. NRELVI73P16F205H; pec: avvlivioneri@milano.pecavvocati.it)
ed Erika Colombo (CLMRKE94M52B729V; pec: erika.colombo94@pec.it),
elettivamente domiciliati in Milano, via Giulio Uberti n. 6 presso lo
studio dei difensori;
Ricorrenti
e
S. E. A. (c.f. ), nata a
( ), il , con gli avv.ti Alberto Guariso (c.f.
GRSLRT54S15F205S), Livio Neri (c.f. NRELVI73P16F205H) ed Erika
Colombo, elettivamente domiciliata in Milano, via Giulio Uberti 6,
presso lo studio dei difensori
Intervenuta
e
Confederazione generale italiana del lavoro - Lombardia (c.f.
94554190150), con sede in via Palmanova 22 a Milano, in persona del
legale rappresentante pro tempore, con gli avv.ti Alberto Guariso
(c.f. GRSLRT54S15F205S) e Livio Neri, elettivamente domiciliata in
Milano, via Giulio Uberti 6, presso lo studio dei difensori
Intervenuta
contro
Regione Lombardia, c.f. 8050050154, in persona del Presidente
della Giunta pro tempore, rappresentata e difesa, dall'avv. Maria
Lucia Tamborino, con domicilio eletto in Milano, Piazza Citta' di
Lombardia n. 1 presso gli uffici dell'Avvocatura Regionale
Convenuta
contro
A.L.E.R. - Azienda Lombarda edilizia residenziale Milano - (c.f.
01349670156), in persona del direttore generale pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Cristoforo Vinci, elettivamente
domiciliata presso lo studio del difensore in Milano, viale Romagna
n. 26
Convenuta
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
Oggetto: discriminazione
Con ricorso ex art. 281-decies codice di procedura civile e 28
decreto legislativo n. 150/2011 ASGI - Associazione degli studi
giuridici sull'immigrazione APS, APN - Avvocati per niente Onlus,
Associazione NAGA - Organizzazione di volontariato per l'assistenza
sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, Rom e Sinti,
Sindacato inquilini casa e territorio - SICET Lombardia, S. F. F. H.
espongono, in sintesi, che:
- dal al e' stato
pubblicato l'avviso per l'assegnazione di 19 alloggi pubblici
disponibili nell'ambito territoriale del Comune di
e di Aler Milano;
- i requisiti di partecipazione sono i medesimi previsti dagli
articoli 22, 23 L.R. 16/2016, richiamati e integrati dal R.R. 4/2017;
in particolare, i requisiti previsti dall'art. 22 L.R. 16/2016 sono i
seguenti:
1) cittadinanza italiana o di uno Stato dell'Unione europea
ovvero condizione di stranieri titolari di permesso di soggiorno CE
per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo
3/2007 o di stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di
permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare
attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo ai sensi
dell'art. 40, comma 6 decreto legislativo n. 286/98;
2) residenza anagrafica o svolgimento di attivita' lavorativa
in Regione Lombardia;
3) condizione economica del nucleo familiare da accertarsi
sulla base di criteri unificati di valutazione della situazione
economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali;
- il ricorrente S. F. F. H. , di
cittadinanza , si e' trasferito in Italia
nel ha ottenuto la conversione del precedente
permesso per motivi familiari in quello per motivi di lavoro, con
validita' dal al ; e' stato
successivamente riconosciuto invalido con permanente inabilita'
lavorativa al 100% e in data e' stato licenziato
per inidoneita' al lavoro;
- il ha presentato ad ALER la domanda di
assegnazione di un alloggio in ; l'ALER ha
comunicato la sua cancellazione dalla graduatoria per la mancanza del
requisito di cui all'art. 7 comma 1 R.R. 4/2017, affermando che «Lei
e' in possesso di un permesso di soggiorno subordinato al lavoro, ma
non svolge una regolare attivita' lavorativa»;
- l'esclusione e' basata su una norma (regionale e nazionale)
contrastante con il diritto dell'Unione europea e non conforme alla
Costituzione;
- l'art. 12, paragrafo 1 direttiva 2011/98 prevede che «i
lavoratori dei paesi terzi di cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere b
e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini
dello Stato membro in cui soggiornano» in relazione a una serie di
diritti e benefici;
- devono essere esaminati un profilo individuale e uno
collettivo;
- quanto al profilo individuale, concernente il cittadino sopra
menzionato, egli rientra nei parametri di natura soggettiva imposti
da tale normativa; sul piano oggettivo, il predetto art. 12 comprende
«g) l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e
all'erogazione degli stessi, incluse le procedure per l'ottenimento
di un alloggio, conformemente al diritto nazionale...»;
- la possibilita' di deroga riconosciuta allo Stato nazionale
non puo' riguardare una norma preesistente alla direttiva medesima;
- ai sensi dell'art. 7 R.R. 4/2017 i beneficiari dei servizi
abitativi pubblici possono essere: «a) stranieri regolarmente
soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e
che esercitano una regolare attivita' di lavoro subordinato o di
lavoro autonomo ai sensi dell'art. 40, comma 6, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;
- tale ultima norma: 1) limita illegittimamente, in violazione
della normativa UE, la parita' di trattamento ai soli cittadini extra
UE titolari di permesso di lungo periodo e agli altri cittadini extra
UE «regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno
almeno biennale e che esercitano una regolare attivita' di lavoro
subordinato o di lavoro autonomo»; 2) essendo anteriore
all'approvazione della direttiva 2011/98, non puo' avere effetto
derogatorio rispetto ad essa;
- ne deriva che l'Italia, in assenza di valida deroga, e'
tenuta a garantire ai titolari di permesso unico lavoro la piena
parita' di trattamento con i cittadini italiani;
- quanto al profilo collettivo, il bando ALER e il R.R. 4/2017
sono meramente riproduttivi di quanto previsto dalla L.R. 16/2016 e
dall'art. 40 comma 6 TUI;
- e' necessario pertanto che sia sollevata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 40 comma 6 TUI nella parte in
cui limita la parita' di trattamento del cittadino extra UE a coloro
che svolgono una regolare attivita' di lavoro subordinato o autonomo,
con riferimento agli articoli 3, 117 Cost., quest'ultimo con
riferimento all'art. 12 par. 1, lettera g) direttiva 2011/98 e
all'art. 34 CDFUE;
- anche il requisito relativo alla durata e' previsto in
contrasto con il citato art. 12, con riferimento ai titolari di
permessi unici lavoro di durata inferiore ai due anni;
- all'esito del giudizio sulla questione di legittimita'
costituzionale, il R.R. 4/2017 potra' essere rimosso su ordine del
giudice nella parte qui di interesse;
- nel caso in cui il ripristino della parita' in forma
specifica non fosse piu' possibile, l'unico rimedio residuo sarebbe
quello risarcitorio;
- il rimedio che riguarda S. F. F. H. consiste nella
riammissione nella graduatoria con il medesimo punteggio che avrebbe
avuto se non fosse stato escluso, fermo restando il diritto a un
risarcimento del danno non patrimoniale per il periodo intermedio.
I ricorrenti concludono chiedendo:
1) quanto alla posizione di S. F. F. H. , di accertare - previa
disapplicazione dell'art. 40 comma 6 TUI e dell'art. 7 R.R. 4/2017
nella parte in cui limitano l'accesso agli alloggi di edilizia
pubblica ai cittadini non UE titolari di un permesso almeno biennale
che svolgono una regolare attivita' lavorativa, anziche' ai titolari
di permesso unico lavoro ai sensi della direttiva 2011/98/UE - il
carattere discriminatorio del provvedimento di ALER Milano che ha
cancellato il ricorrente H dalla graduatoria per l'accesso agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, a causa dell'assenza di
una regolare attivita' lavorativa; di accertare il diritto dello
stesso ad essere ammesso nella graduatoria di ALER Milano per il
Comune di nella medesima posizione che lo stesso
aveva prima della cancellazione e di ordinare ad ALER Milano di
riammettere il ricorrente nella graduatoria nella posizione assegnata
prima della cancellazione; di condannare ALER al pagamento in favore
del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale,
di euro 200,00 mensili per il periodo dal 30 gennaio 2024 o dalla
successiva data nella quale, se non fosse stato cancellato, avrebbe
ottenuto un alloggio, fino alla effettiva data di assegnazione di un
alloggio nell'area di cui al bando, ovvero fino alla ammissione in un
nuovo bando per la medesima area;
2) quanto alla posizione degli enti collettivi ricorrenti,
dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita' dell'art. 40 comma 6 TUI nella parte in cui limita
l'accesso agli alloggi di edilizia pubblica ai cittadini non UE
titolari di un permesso almeno biennale e che esercitano una regolare
attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, anziche' ai
titolari di un permesso di soggiorno o di un permesso unico lavoro ai
sensi della direttiva 2011/98/UE, per contrasto con gli articoli 3
Cost. e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 12, par. 1,
lettera g) della predetta direttiva e all'art. 34 CDFUE; di accertare
il carattere discriminatorio dell'art. 7 R.R. 4/2017 e del bando di
ALER 7961/2023, nella parte in cui limita l'accesso agli alloggi di
edilizia pubblica dei cittadini non UE ai soli titolari di un
permesso di soggiorno almeno biennale e che svolgano una regolare
attivita' di lavoro subordinato o autonomo, anziche' ai titolari di
permesso unico lavoro ai sensi della direttiva 2011/98/UE; di
ordinare alla Regione Lombardia di modificare il predetto Regolamento
nei termini di cui al punto che precede e all'ALER Milano la modifica
del bando di cui sopra, fissando un nuovo termine per la
presentazione delle domande; di condannare l'ALER Milano e la Regione
Lombardia al pagamento di una somma ex art. 614-bis codice di
procedura civile per il periodo tra il sessantesimo giorno successivo
alla comunicazione della sentenza e l'adempimento degli ordini; in
subordine, di condannare la Regione Lombardia a pagare alle
associazioni ricorrenti a titolo di danno non patrimoniale, la somma
di euro 10.000,00 per ciascuna o la diversa somma liquidata in via
equitativa.
Con atto del 5 luglio 2024 ha dispiegato intervento volontario ex
art. 105 comma 2 codice di procedura civile la Confederazione
Generale Italiana del Lavoro (CGIL) Lombardia, evidenziando di avere
un proprio interesse giuridico a sostenere le ragioni delle parti
ricorrenti, promuovendo - in quanto articolazione territoriale della
CGIL - la lotta contro ogni forma di discriminazione; e' iscritta al
Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attivita' nel
campo della lotta alle discriminazioni di cui al decreto legislativo
n. 215/2003. I soggetti iscritti e in ogni caso rappresentati
trarrebbero vantaggio da una pronuncia favorevole, con particolare
riferimento:
- agli stranieri titolari di permesso di soggiorno almeno
biennale non lavoratori, che cosi', partecipando al bando per
l'assegno degli alloggi pubblici, avrebbero garantito il loro accesso
alla casa (inteso come diritto a concorrere all'assegnazione di un
alloggio pubblico) e di conseguenza migliori condizioni di vita,
idonee ad agevolare la ricerca del lavoro;
- all'eliminazione di un fattore di discriminazione sulla base
della nazionalita' nell'accesso al welfare.
Con atto di data 24 aprile 2024 S. E. propone atto di intervento
adesivo autonomo ex art. 105 comma 1 codice di procedura civile (o,
in subordine, atto di intervento adesivo dipendente ex art. 105 comma
2 c.p.c.) evidenziando che e' nata a ( )
il ed e' di cittadinanza ; si e'
trasferita in Italia nel con un permesso di
soggiorno ex art 31 comma 3 decreto legislativo n. 286/1998 per
assistenza minori; dal ha iniziato a prestare
attivita' di lavoro autonomo; il ha ottenuto il
rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo
con scadenza al ; il suo nucleo familiare e'
composto da due figli minori, uno dei quali affetto da disturbo dello
spettro autistico; la stessa interveniente e' in precarie condizioni
di salute; nel non ha svolto attivita' lavorativa;
dal non e' in grado di pagare un canone di
locazione; dal e' stata accolta con i figli in un
progetto RST, promosso dall'Istituto Beata Vergine Addolorata e vive
in un alloggio in , , con un
contratto piu' volte prorogato e in scadenza il ;
dall' al e' stato pubblicato
l'avviso n. per l'assegnazione delle unita' abitative
disponibili nell'ambito territoriale del Comune di
; i requisiti di partecipazione sono i medesimi previsti dagli
articoli 22 e 23 della L.R. n. 16/2016, richiamati e integrati dal
regolamento regionale n. 4/2017; il ha presentato
all'ALER una domanda di assegnazione di un alloggio in Milano; l'ALER
Milano le ha comunicato la cancellazione dalla graduatoria poiche'
«non esercita alcuna regolare attivita' di lavoro subordinato o di
lavoro autonomo»; ritiene che l'esclusione sia basata su una
normativa regionale e nazionale contrastante con il diritto
dell'Unione e non conforme alla Costituzione; richiama gli argomenti
svolti con riferimento alla posizione del sig. H. ; il proprio
diritto dipende dal medesimo titolo e ha il medesimo oggetto che i
ricorrenti hanno fatto valere nel ricorso introduttivo; sussistono
pertanto le condizioni di cui all'art. 105 comma 1 c.p.c.; ha
comunque interesse a intervenire nel giudizio per far valere gli
ulteriori profili gia' prospettati dai ricorrenti principali, con
riferimento alla irragionevolezza dell'esclusione dall'accesso
all'alloggio pubblico di cittadini di paesi terzi solamente in quanto
privi di occupazione, laddove invece il cittadino italiano, nelle
medesime condizioni di bisogno e di assenza di lavoro, viene ammesso;
la sua posizione si differenzia da quella del sig. H. , in quanto
l'accoglimento della sua domanda e' subordinato alla dichiarazione di
incostituzionalita' dell'art. 40 comma 6 TU immigrazione. In
subordine, chiede che la presenza in giudizio sia qualificata e
ammessa quale intervento adesivo dipendente ai sensi dell'art. 105
comma 2 c.p.c., avendo interesse al riconoscimento del diritto
all'accesso alle graduatorie per alloggi pubblici a tutti i cittadini
extra UE regolarmente soggiornanti, indipendentemente dalla loro
condizione di lavoratori, cosi' come previsto per i cittadini
italiani. Conclude chiedendo accertare e dichiarare - previa
disapplicazione dell'art. 40 comma 6 TU Immigrazione e dell'art. 7
R.R. 4/2017, nella parte in cui limitano l'accesso agli alloggi di
edilizia pubblica ai cittadini non UE titolari di un permesso almeno
biennale che svolgono una regolare attivita' lavorativa, anziche' ai
titolari di permesso unico lavoro ai sensi della direttiva 2011/98/UE
- il carattere discriminatorio del bando n. , nella parte in cui
recepisce le disposizioni di cui sopra e del provvedimento di ALER
Milano che la ha cancellata dalla graduatoria per l'accesso agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, quale conseguenza
dell'assenza di una regolare attivita' lavorativa; accertare e
dichiarare il proprio diritto a essere ammessa nella graduatoria di
ALER Milano per il Comune di Milano nella medesima posizione che
aveva prima della cancellazione; conseguentemente, ordinare ad ALER
Milano di riammetterla nella graduatoria nella posizione assegnata
prima della cancellazione; condannare ALER Milano a versarle, a
titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, euro 200,00 al
mese per il periodo dal 19 gennaio 2024 o dalla successiva data nella
quale, ove non cancellata, avrebbe ottenuto un alloggio, fino alla
effettiva data di assegnazione di un alloggio nell'area di cui al
predetto bando, ovvero fino alla ammissione in un nuovo bando per la
medesima area che non contenga i requisiti in contestazione; oltre a
una ulteriore somma a titolo di danno patrimoniale a causa della
necessita' di procurarsi un alloggio nel periodo di causa, con
sentenza generica e salva quantificazione in separato giudizio;
adottare un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, che
preveda l'ordine alla Regione Lombardia di modificare l'art. 7 R.R.
4/2017 nella parte in cui prevede, per i cittadini extra UE, il
requisito della regolare attivita' lavorativa; in subordine,
accogliere le domande proposte dalle parti ricorrenti.
Con comparsa depositata il 9 ottobre 2024 si e' costituita la
Regione Lombardia, eccependo pregiudizialmente il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello
amministrativo; l'improcedibilita' ed inammissibilita' del ricorso
per carenza dei presupposti ex art. 44 decreto legislativo n.
286/1998; la carenza di legittimazione passiva per la non
riconducibilita' della discriminazione ad un comportamento della
Regione.
Nel merito, la difesa della Regione ha dedotto:
- che l'Italia ha inteso avvalersi della facolta' di deroga
espressamente prevista dalla dir. 98/2011/UE, come emerge dai lavori
preparatori del decreto legislativo 40/2014 e che, pertanto, l'art.
40 comma 6 decreto legislativo n. 286/1998 appare coerente e non
discriminatorio, in quanto attuazione di una deroga espressamente
esercitata dal legislatore;
- che, in ogni caso, il rinvio operato dalle normative
regionali alla norma nazionale e' obbligato, non potendo la Regione
disporre difformemente dalla norma nazionale.
Con comparsa depositata l'11 ottobre 2024 si e' costituita ALER
Milano, eccependo in via pregiudiziale il difetto di legittimazione
passiva, essendo gli atti prospettati come discriminatori
riconducibili al solo Comune di .
Nel merito ha dedotto:
- che l'art. 40 comma 6 testo unico Immigrazione si inserisce
in un sistema graduale di inserimento abitativo degli stranieri che
ragionevolmente richiede la presenza di una attivita' lavorativa in
atto come requisito per la partecipazione ai programmi di edilizia
residenziale pubblica, in quanto cio' esprime un particolare
collegamento stabile con il territorio da parte del richiedente;
- che tale limitazione e' coerente con l'impianto del diritto
dell'UE in materia, in quanto associa il requisito alla possibilita'
di permanere nel territorio dello Stato;
- che l'art. 12, par. 2, lettera d) ha concesso a tutti gli
Stati di limitare l'accesso alla casa con il requisito dell'attivita'
lavorativa;
- che ritenere tale limitazione illegittima significherebbe
affermare che una facolta', astrattamente riconosciuta a tutti gli
Stati in ambito europeo, possa costituire una violazione dei principi
costituzionali di eguaglianza, con il che l'Italia, seppur
legittimata dall'ordinamento europeo, non avrebbe mai potuto
esercitare la deroga, perche' contraria alla propria Costituzione;
- che le domande proposte da S. F. F. H. e S. E. sono comunque
infondate, non sussistendo in capo ad essi i requisiti per l'accesso
all'edilizia residenziale pubblica.
Pregiudiziale e' la decisione sulla giurisdizione, il cui difetto
e' eccepito dalla difesa della Regione, che invoca quella del giudice
amministrativo in virtu' del carattere di atto normativo del
provvedimento impugnato e del limite della giurisdizione esclusiva in
materia di servizi pubblici, nel cui novero e' da comprendersi
l'edilizia residenziale pubblica.
L'eccezione e' infondata. E' principio ormai consolidato quello
secondo cui la tutela antidiscriminatoria si incardina davanti alla
giurisdizione del giudice ordinario, in quanto il legislatore ha
configurato una posizione di diritto soggettivo assoluto a presidio
di un'area di liberta' e potenzialita' del soggetto, possibile
vittima delle discriminazioni, rispetto a qualsiasi tipo di
violazione posta in essere sia da privati che dalla P.A., senza che
assuma rilievo, a tal fine, che la condotta lesiva sia stata attuata
nell'ambito di procedimenti per il riconoscimento, da parte della
P.A., di utilita' rispetto a cui il privato fruisca di posizioni di
interesse legittimo, restando assicurata una tutela secondo il modulo
del diritto soggettivo e con attribuzione al giudice del potere, in
relazione alla variabilita' del tipo di condotta lesiva e della
preesistenza in capo al soggetto di posizioni di diritto soggettivo o
di interesse legittimo a determinate prestazioni, di «ordinare la
cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro
provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti
della discriminazione» (Cass. civ., Sez. Un., 30 marzo 2011,
ordinanza n. 7186, Rv. 616794; Cass. civ., Sez. I, 15 febbraio 2021,
ordinanza n. 3842, Rv. 660704; Cass. civ., Sez. Un., 1.2.2022,
ordinanza n. 3057, Rv. 663838). Con l'ordinanza n. 3057/2022, la
Corte di cassazione a S.U. ha preso specificamente posizione anche in
merito all'ipotesi - supportata da una parte della dottrina - che
muove dal dato letterale dell'art. 44 decreto legislativo n.
286/1998, che fa riferimento ai soli «comportamenti» della P.A.. La
Corte richiama in primo luogo il disposto dell'art. 43 decreto
legislativo n. 286/98, che fa riferimento anche all'atto compiuto od
omesso dal pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni;
osserva inoltre che deve «riaffermarsi che la tutela
antidiscriminatoria erogata dal giudice civile opera anche per le
discriminazioni attuate nell'ambito di procedimenti amministrativi e
con riguardo ad atti espressione di potesta' pubblicistica», con
espresso richiamo a un precedente avente ad oggetto l'impugnazione di
un bando discriminatorio.
Sempre in via pregiudiziale, possono unitamente considerarsi come
infondate le eccezioni di Regione Lombardia ed ALER con riferimento
all'asserito difetto di legittimazione passiva. La legittimazione
passiva si distingue dall'effettiva titolarita' del rapporto
controverso e consiste nella titolarita' del potere di promuovere o
subire un giudizio relativo al rapporto sostanziale dedotto: la sua
sussistenza dipende, percio', dalla prospettazione della parte, non
attiene al merito della controversia ne' e' soggetta all'onere
deduttivo e probatorio dei litiganti (Cass. civ., Sez. I, 27 marzo
2017, n. 7776, Rv. 644832, Cass. civ., Sez. III, 27 novembre 2023,
ordinanza n. 32814, Rv. 669522).
In base alla rituale prospettazione dei ricorrenti, tanto la
Regione Lombardia quanto ALER hanno, attraverso il dispiegamento
della propria attivita' normativa (riproduttiva di quella nazionale)
e di quella amministrativa, realizzato condotte discriminatorie: cio'
e' sufficiente ad incardinare in capo ai convenuti la legittimazione
passiva, attenendo il giudizio sull'effettiva sussistenza o meno
della discriminazione al merito della controversia.
Deve in ogni caso rilevarsi come la stessa prospettazione della
Regione indichi come la modifica del regolamento regionale non sia
attuabile se non tramite la modifica della norma nazionale (prima) e
di quella regionale (poi). Non appare inoltre fondata la parallela
eccezione sollevata da ALER Milano con riferimento alla posizione del
Comune di Milano - non citato in giudizio - non vertendosi in una
ipotesi di litisconsorzio necessario e tenuto conto del carattere
residuale delle domande risarcitorie rispetto a quelle di
accertamento del carattere discriminatorio dell'art. 7 del
regolamento regionale e del bando ALER.
Il quadro normativo di riferimento e' il seguente.
L'art. 12 par. 1, lettera g) direttiva 2011/98 prevede che «I
lavoratori dei paesi terzi di cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere b
e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini
dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: ... g)
l'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e
all'erogazione degli stessi, incluse le procedure per l'ottenimento
di un alloggio, conformemente al diritto nazionale, fatta salva la
liberta' contrattuale conformemente al diritto dell'Unione e al
diritto nazionale.
L'art. 12 par. 2, lettera g) direttiva 2011/98 prevede che «Gli
Stati membri possono limitare la parita' di trattamento ... d) in
ordine al paragrafo 1, lettera g): i) limitandone l'applicazione ai
lavoratori di paesi terzi che svolgono un'attivita' lavorativa; ii)
limitando l'accesso per quanto concerne l'assistenza abitativa.
L'art. 40 comma 6 decreto legislativo n. 286/98 prevede che «Gli
stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente
soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e
che esercitano una regolare attivita' di lavoro subordinato o di
lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parita'
con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale
pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali
eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per
agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato
in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima
casa di abitazione».
L'art. 22 comma 1 lettera a) L.R. Lombardia n. 16/2016
(«Disciplina regionale dei servizi abitativi») dispone, al primo
comma nella parte qui di interesse, che «1. I beneficiari dei servizi
abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti: a) cittadinanza
italiana o di uno Stato dell'Unione europea ovvero condizione di
stranieri titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di
lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3
(Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di
cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo) o di
stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di
soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attivita' di
lavoro subordinato o di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 40, comma
6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme
sulla condizione dello straniero).
Il regolamento regionale n. 4/2017 («Disciplina della
programmazione dell'offerta abitativa pubblica e sociale e
dell'accesso e della permanenza nei servizi abitativi pubblici»)
all'art. 7 comma 1 prevede che «1. I beneficiari dei servizi
abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana o di uno Stato dell'Unione europea
ovvero condizione di stranieri titolari di permesso di soggiorno UE
per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8
gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa
allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo
periodo) o di stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di
permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare
attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo ai sensi
dell'art. 40, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ovvero
di stranieri che, in base alla normativa statale, beneficiano di un
trattamento uguale a quello riservato ai cittadini italiani ai fini
dell'accesso ai servizi abitativi pubblici comunque denominati.
L'eccezione di legittimita' costituzionale e' rilevante nei
termini proposti dai ricorrenti, che ne hanno circoscritto l'ambito
alla sola posizione degli enti esponenziali a tutela del diritto
all'abitazione. Dette associazioni hanno proposto il ricorso in
proprio ex art. 5 decreto legislativo 215/2003 al fine di accertare
il carattere discriminatorio della condotta della Regione Lombardia,
correttamente rilevando come tale carattere avessero il regolamento
regionale e, conseguentemente, il bando ALER, meramente riproduttivi
del dettato di cui all'art. 40 comma 6 testo unico Immigrazione; a
sua volta, l'art. 22 comma 1 lettera a) L.R. Lombardia n. 16/2016
riproduce il dettato dell'art. 40 testo unico Immigrazione; percio',
solo decidendo sulla legittimita' della previsione nazionale e di
quella regionale potra' desumersi la legittimita' o meno degli atti
regionali.
La questione e' anche non manifestamente infondata, nei limiti di
seguito esposti.
Il primo parametro dedotto dai ricorrenti che deve essere
considerato e' quello ex art. 117 Cost., in base al quale la norma di
cui all'art. 40 comma 6 testo unico Immigrazione viene prospettata
come costituzionalmente illegittima perche' in violazione della
direttiva 2011/98/UE.
Si rileva preliminarmente in proposito che con la decisione n.
44/2020 la Corte costituzionale ha affrontato il tema della
illegittimita' costituzionale dell'art. 22 comma 1 lettera b) L.R.
Lombardia 16/2016 con riferimento all'art. 3 Cost., ritenendo in tal
modo assorbita ogni valutazione in ordine ai profili che erano stati
dedotti con riferimento all'art. 117 Cost..
Non e' inoltre decisivo quanto statuito dalla Corte di Giustizia
con la sentenza del 2 settembre 2021, avente ad oggetto profili
diversi da quelli qui in discussione, in particolare quelli relativi
all'assegno di natalita' e all'assegno di maternita' e alla loro
possibile collocazione nel settore della sicurezza sociale ex art. 12
comma 1 lettera e) della direttiva; in tale sede la Corte ha indicato
che la Repubblica italiana non si e' avvalsa della facolta' offerta
agli Stati membri di limitare la parita' di trattamento, ma con
riferimento a quanto previsto dall'art. 12, par. 2, lettera b) della
direttiva 2011/98, che richiama il paragrafo 1, lettera e), come
indicato pertinente alla sicurezza sociale.
I ricorrenti allegano che lo Stato ha abdicato alla possibilita',
prevista dalla direttiva 2011/98/UE (art. 12 par. 2) di prevedere
condizioni piu' stringenti per l'accesso ai programmi di edilizia
residenziale pubblica collegate alla posizione lavorativa del
cittadino extracomunitario nel proprio territorio. Non esercitando
tale opzione si e', percio', impegnato a garantire piena parita' di
trattamento rispetto a quello riservato ai propri cittadini ed a
quelli comunitari.
Tale ricostruzione, impregiudicata ogni valutazione sulla natura
discriminatoria o meno dell'attivita' degli enti regionali, pur nella
consapevolezza di pronunce di merito in senso diverso (Trib. Cremona,
Sez. Civile, 28 novembre 2024, n. 657), non appare fondata,
sussistendo plurimi indici ermeneutici, in parte rilevati negli
scritti difensivi della Regione Lombardia, che lasciano intendere
come il legislatore, in sede di recepimento della direttiva, abbia
inteso esercitare il proprio margine di discrezionalita' restrittiva,
riservando a se' stesso la valutazione di compatibilita' della
disciplina di cui all'art. 40 comma 6 testo unico Immigrazione,
insindacabile dal giudice se non entro gli stretti limiti della
manifesta irragionevolezza (art. 3 Cost.).
Giova, in primo luogo, il richiamo al tenore del decreto
legislativo 4 marzo 2014, n. 40, recante le norme per la «Attuazione
della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda
per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di
Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato
membro e a un insieme Comune di diritti per i lavoratori di Paesi
terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro». Nelle
premesse il legislatore delegato espressamente si richiama al «testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni», con
cio' dimostrando di avere contemplato le disposizioni contenute in
tale plesso, tra cui quella qui sottoposta a scrutinio preliminare di
legittimita' costituzionale e di averle intese come compatibili con
il dettato della direttiva che si accingeva ad attuare.
Cio' premesso, si deve tenere conto dell'inequivoca intenzione
del legislatore: emerge dalla Relazione illustrativa allo schema di
decreto legislativo predisposto per l'attuazione della delega di cui
alla legge 6 agosto 2013, n. 96 per il recepimento della direttiva
2011/98 che il legislatore delegato ha considerato il profilo della
parita' di trattamento dei lavoratori stranieri ed il connesso
profilo delle intersezioni tra la disciplina domestica e quella
europea. Ha considerato, su questo punto, che «Per quanto riguarda
l'accesso ai pubblici servizi, l'equiparazione, nell'ordinamento
nazionale, riguarda tutti i cittadini stranieri (art. 2 comma 5,
decreto legislativo n. 286/1998). L'accesso all'alloggio, invece, e'
limitato agli stranieri titolari di un permesso di soggiorno almeno
biennale che esercitano una regolare attivita' di lavoro subordinato
(art. 40, comma 6 decreto legislativo n. 286/1998); la disposizione
vigente risulta coerente con la direttiva europea (art. 12, paragrafo
2, lettera d) - ii) che consente agli Stati membri di limitarne
l'accesso rispetto alla piu' ampia platea dei lavoratori stranieri
destinatari della direttiva».
Deve essere inoltre considerato il tenore dell'Atto del Governo
61 («dossier n. 41/0 - 16 dicembre 2013 - Elementi per l'istruttoria
normativa») - Camera dei deputati Servizio Studi, avente ad oggetto
la valutazione dello schema di decreto legislativo di attuazione
della delega di cui alla legge n. 96/2013, «stabilita per il
recepimento della direttiva 2011/98 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 13 dicembre 2011». In tale documento si evidenzia che,
premessa la necessita' di definire un insieme omogeneo di diritti
finalizzato a ridurre la disparita' di diritti tra i cittadini
dell'Unione e quelli di paesi terzi, elenca «i diritti garantiti al
pari dei cittadini», segnalando pero' espressamente che «In materia
di alloggio lo schema si avvale della facolta' di limitazione
espressamente prevista dalla direttiva». Nella parte dedicata alla
«Incidenza sull'ordinamento giuridico», si afferma che «La stessa
relazione illustrativa dell'atto in esame rileva che la parita' di
trattamento non piena per l'accesso all'alloggio, limitato agli
stranieri titolari di un permesso di soggiorno almeno biennale che
esercitano una regolare attivita' di lavoro subordinato (art. 40,
comma 6, decreto legislativo n. 286/1998), ma se ne afferma la
coerenza con la direttiva europea (art. 12, paragrafo 2, lettera d) -
ii) in quanto essa consente agli Stai membri di limitarne l'accesso
rispetto alla piu' ampia platea dei lavoratori stranieri destinatari
della direttiva».
Esclusa l'illegittimita' costituzionale per contrarieta' al
diritto europeo, viceversa si devono rimettere gli atti alla Corte
costituzionale affinche' la valuti con riferimento all'art. 3 comma 1
e 2 Cost., trattandosi di un'eccezione non manifestamente infondata.
E' ius receptum nella giurisprudenza costituzionale che l'art. 3
Cost. individua un parametro generale di ragionevolezza sulla base
del quale puo' essere scrutinata ogni norma dalla cui applicazione
derivino applicazioni avulse: cio' costituisce un significativo
presidio di legalita' costituzionale, in quanto pone al di sopra
delle scelte legislative un vincolo sistematico di ultima istanza
alla cui tutela e' preposta l'attivita' della Consulta.
La delicatezza di tale parametro ne suggerisce, percio',
un'interpretazione restrittiva, che tenga conto della necessaria
salvaguardia delle prerogative di discrezionalita' politica proprie
di un sistema modellato sul principio di separazione dei poteri che
rimette al solo circuito politico-rappresentativo le scelte
assiologiche fondamentali dell'ordinamento e la responsabilita' di
tradurle in pratica normativa. E' cio' che emerge, del resto, dallo
stesso art. 28 della legge n. 87/1953, con cui il legislatore,
istituendo la Corte costituzionale, ha sancito che «il controllo di
legittimita' della Corte costituzionale su una legge o un atto avente
forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni
sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento».
E' dunque onere del giudice percorrere ogni ipotesi ermeneutica
per cercare una soluzione che interpreti il dettato normativo in
senso costituzionalmente compatibile.
Il caso di specie presenta profili di stretta contiguita' con
quello gia' affrontato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
44/2020, con cui e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo,
per violazione dell'art. 3 comma 1 e comma 2 Cost., limitatamente
alle parole «per almeno cinque anni nel periodo immediatamente
precedente la data di presentazione della domanda», l'art. 22 comma
1, lettera b), della L.R. Lombardia 16/2016, che stabilisce che i
potenziali beneficiari dell'edilizia residenziale pubblica devono
soddisfare il requisito della residenza anagrafica o svolgimento di
attivita' lavorativa in Regione Lombardia per il predetto periodo. La
Corte ha evidenziato come tale disposizione non superasse la verifica
sulla sussistenza e sull'adeguatezza del collegamento tra la
finalita' del servizio sociale da erogare e le caratteristiche
soggettive richieste ai suoi potenziali beneficiari, violando i
principi di eguaglianza e ragionevolezza e producendo una
irragionevole disparita' di trattamento a danno di chi non fosse in
possesso del requisito ultraquinquennale previsto; essa contrastava,
inoltre, con il principio di eguaglianza sostanziale, dal momento che
il previsto requisito contraddice la funzione sociale dell'edilizia
residenziale pubblica, risolvendosi in una soglia rigida che porta a
negare l'accesso a quest'ultima a prescindere da qualsiasi
valutazione attinente allo stato di bisogno o di disagio del
richiedente. Ne', infine, il requisito censurato dal Tribunale di
Milano poteva considerarsi di per se' indice di un'elevata
probabilita' di permanenza in un determinato ambito territoriale e,
in ogni caso, quand'anche il radicamento territoriale fosse
adeguatamente valutato, non avrebbe potuto comunque assumere
importanza tale da escludere qualsiasi rilievo del bisogno. La
prospettiva della stabilita' puo', pertanto, rientrare tra gli
elementi da valutare in sede di formazione della graduatoria, ma non
costituire una condizione di generalizzata esclusione dall'accesso al
servizio. Ne' il requisito alternativo di previa occupazione
protratta presenta alcuna ragionevole connessione con la ratio
dell'edilizia residenziale pubblica.
La Corte evidenzia che il diritto all'abitazione «rientra fra i
requisiti essenziali caratterizzanti la socialita' cui si conforma lo
Stato democratico voluto dalla Costituzione», in modo che «la vita di
ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine
universale della dignita' umana» (Corte cost. n. 217/1998; Corte
costituzionale n. 404/1988; Corte costituzionale n. 209/2009; Corte
costituzionale n. 106/2018). «L'edilizia residenziale pubblica e'
diretta ad assicurare in concreto il soddisfacimento di questo
bisogno primario, perche' serve a «garantire un'abitazione a soggetti
economicamente deboli nel luogo ove e' la sede dei loro interessi»
(sentenza n. 176 del 2000), al fine di assicurare un'esistenza
dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti».
Dunque, «i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei
beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento con
la funzione del servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del
2018, n. 168 del 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011). Il
giudizio sulla sussistenza e sull'adeguatezza di tale collegamento -
fra finalita' del servizio da erogare e caratteristiche soggettive
richieste ai suoi potenziali beneficiari - e' operato da questa Corte
secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai sensi dell'art.
3, primo comma, Cost., che muove dall'identificazione della ratio
della norma di riferimento e passa poi alla verifica della coerenza
con tale ratio del filtro selettivo introdotto».
Anche nel caso in esame non appare manifestamente infondato,
applicando analoghi parametri di valutazione, il dubbio che sia
irragionevole ancorare al rigido presupposto della sussistenza di un
rapporto di lavoro (genericamente definito come regolare) in essere
la fruizione di un servizio sociale concepito proprio come destinato
prioritariamente ai soggetti economicamente deboli.
Come gia' evidenziato, il radicamento territoriale in ogni caso
non puo' assumere una importanza tale da escludere qualsiasi rilievo
del bisogno. «Data la funzione sociale del servizio di edilizia
residenziale pubblica, e' irragionevole che anche i soggetti piu'
bisognosi siano esclusi a priori dall'assegnazione degli alloggi solo
perche' non offrirebbero sufficienti garanzie di stabilita'» (Corte
Cost. 44/2020).
Tali argomenti, riferiti ad una previsione di legge regionale che
condizionava l'accesso all'edilizia residenziale pubblica al
protrarsi ultraquinquennale della residenza, valgono anche se
rapportati alla previsione di cui all'art. 40 comma 6 testo unico
Immigrazione, in quanto la condizione ivi prevista rischia di
comportare la negazione del beneficio proprio ai soggetti
economicamente piu' deboli, in contraddizione con la funzione sociale
del servizio.
In particolare, il requisito dello svolgimento della «regolare
attivita' lavorativa» al momento della presentazione della domanda
non appare conforme al parametro della ragionevolezza sotto piu'
profili:
- e' in primo luogo contraddittorio prevedere tale soglia di
sbarramento a fronte della finalita' di sostegno pubblico ai soggetti
che si trovino in condizioni di bisogno e che quindi incontrino le
maggiori difficolta' a reperire un immobile in locazione alle
condizioni di mercato; la condizione di bisogno nasce piu' facilmente
dalla assenza o dalla precarieta' di una occupazione lavorativa;
- la stessa locuzione «regolare attivita' lavorativa», per la
sua genericita', consente interpretazioni tra loro difformi ed
eventualmente contraddittorie, in ragione della diversita' delle
attivita' configurabili, delle diverse possibili scadenze e dei
redditi che dalle stesse possono derivare, anche estremamente
modesti;
- diversamente, non e' detto che la persona che si trova -
provvisoriamente e al momento della domanda di partecipazione al
bando - in condizioni di momentanea disoccupazione (e che, ad
esempio, abbia percepito il TFR) versi in condizioni di bisogno piu'
accentuate di soggetti che prestano una attivita' lavorativa con
reddito modesto (ad esempio, lavori part-time minimi o in ogni caso
con retribuzione estremamente ridotta);
- concentrare l'attenzione sulla esistenza di una regolare
attivita' lavorativa (anche a prescindere dalla genericita' ed
equivocita' di tale espressione) al momento della presentazione della
domanda si risolve nella cristallizzazione di una condizione che
potrebbe non riflettere l'effettivo stato di bisogno del partecipante
al bando, in modo tale da fornire una rappresentazione dei fatti non
necessariamente conforme alle finalita' che l'offerta di alloggi
pubblici mira a perseguire;
- la norma in discussione non tiene inoltre conto della
eventualita' che chi intende partecipare al bando si trovi in una
condizione di impossibilita' derivante da cause a se' non imputabili,
come ad esempio nel caso del ricorrente H. , la cui invalidita' e'
stata formalmente riconosciuta;
- e' inoltre determinante, al fine del vaglio di legittimita'
costituzionale in discussione, la circostanza che tale requisito non
sia richiesto ai cittadini italiani e ai cittadini dell'UE; non e'
ravvisabile una logica, necessariamente sottesa all'applicazione
dell'art. 3 Cost., che giustifichi una disparita' di trattamento tra
cittadini UE ed extra UE a fronte di una medesima ipotetica
condizione di bisogno.
Le considerazioni che precedono inducono a ritenere non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
relativa all'art. 40 comma 6 decreto legislativo n. 286/98 e all'art.
22 comma 1 lettera a) L.R. Lombardia n. 16/2016 nella parte in cui
richiedono agli stranieri titolari di carta di soggiorno e agli
stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di
soggiorno almeno biennale, con analoga locuzione, il requisito
dell'esercizio di «una regolare attivita' di lavoro subordinato o di
lavoro autonomo» con riferimento sia all'art. 3 comma 1 Cost. -
tenuto conto dell'irragionevole disparita' di trattamento in danno di
chi non sia in condizioni di regolare attivita' lavorativa - sia
all'art. 3 comma 2 Cost., essendo violato il principio di eguaglianza
sostanziale, venendo meno la tutela di chi versa in maggiore stato di
bisogno.
P.Q.M.
Visto l'art. 23 legge 87/1953, ritenutane la rilevanza e la non
manifesta infondatezza, rimette alla Corte costituzionale la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 comma 6 D. Lgs.
25 luglio 1998, n. 286 e dell'art. 22 comma 1 lettera a) L.R. Regione
Lombardia per contrasto con l'art. 3 comma 1 e 2 Cost., nella parte
in cui prevedono, tra i requisiti per l'accesso all'edilizia
residenziale pubblica richiesti agli stranieri titolari di carta di
soggiorno e agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di
permesso di soggiorno almeno biennale, quello dell'esercizio di «una
regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo».
Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della
cancelleria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e
sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Milano li', 16 luglio 2025
Il Giudice: Di Plotti