Reg. ord. n. 224 del 2025 pubbl. su G.U. del 26/11/2025 n. 48

Ordinanza del Tribunale di Milano  del 16/07/2025

Tra: Hanna Sherif Fathy Fahim, ASGI - Associazione degli studi giuridici sull'immigrazione aps, APN - Avvocati per niente onlus ed altri 3  C/ Regione Lombardia



Oggetto:

Edilizia residenziale pubblica – Straniero – Beneficiari dei servizi abitativi pubblici – Testo unico in materia di immigrazione – Norme della Regione Lombardia – Requisiti di accesso all'edilizia residenziale pubblica per gli stranieri titolari di carta di soggiorno e per gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale – Esercizio di una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo – Irragionevolezza del presupposto della sussistenza di un rapporto di lavoro in essere in relazione alla fruizione di un servizio sociale destinato a soggetti economicamente deboli – Contrasto, sotto diversi profili, con il canone di ragionevolezza – Disparità di trattamento tra cittadini UE ed extra UE a fronte della medesima condizione di bisogno – Violazione del principio di eguaglianza sostanziale.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 40  Co. 6

legge della Regione Lombardia  del 08/07/2016  Num. 16  Art. 22  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art.  Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2025

Ordinanza del 16 luglio 2025 del Tribunale di Milano nel procedimento
civile  promosso  da  ASGI -  Associazione  degli   studi   giuridici
sull'immigrazione APS e altri contro Regione Lombardia e  A.L.E.R.  -
Azienda lombarda edilizia residenziale Milano. 
 
Edilizia residenziale pubblica - Straniero - Beneficiari dei  servizi
  abitativi pubblici - Testo unico in materia di immigrazione - Norme
  della  Regione  Lombardia  -  Requisiti  di  accesso   all'edilizia
  residenziale pubblica  per  gli  stranieri  titolari  di  carta  di
  soggiorno e per gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso
  di permesso  di  soggiorno  almeno  biennale  -  Esercizio  di  una
  regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo. 
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), art. 40, comma  6;  legge  della
  Regione Lombardia [, 8 luglio 2016, n. 16 (Disciplina regionale dei
  servizi abitativi),] art. 22, comma 1, lettera a). 


(GU n. 48 del 26-11-2025)

 
                         TRIBUNALE DI MILANO 
                            Sezione prima 
 
    Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta nel giudizio  n.
12788/2024  R.G.,  promosso  da:  ASGI  -  Associazione  degli  studi
giuridici sull'immigrazione APS (p. iva 97086880156), con sede legale
in Torino, via Gerdil n.  7,  in  persona  del  presidente  e  legale
rappresentante pro tempore; 
    APN - Avvocati per niente Onlus (p. iva  97384770158),  con  sede
legale in Milano, via San Bernardino n. 14,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore; 
    Associazione  NAGA   -   Organizzazione   di   volontariato   per
l'assistenza sociosanitaria e per i diritti di  cittadini  stranieri,
Rom e Sinti (p. iva 97058050150), con sede in Milano, via Zamenhof n.
7/A, in persona del legale rappresentante pro tempore; 
    Sindacato inquilini casa e territorio - Sicet Lombardia  (p.  iva
94556050154), con sede in Sesto San Giovanni (MI), viale Fulvio Testi
n. 42, in persona del segretario pro tempore; 
    S. F. F. H. (c.f.                    ), nato in                  
(   ), il                 , residente in               (    ),  tutti
rappresentati  e  difesi   dagli   avv.ti   Alberto   Guariso   (c.f.
CRSLRT54S15F205S, pec alberto.guarisio@milano.pecavvocati.it),  Livio
Neri (c.f. NRELVI73P16F205H; pec: avvlivioneri@milano.pecavvocati.it)
ed Erika  Colombo  (CLMRKE94M52B729V;  pec:  erika.colombo94@pec.it),
elettivamente domiciliati in Milano, via Giulio Uberti n. 6 presso lo
studio dei difensori; 
    Ricorrenti 
 
                                  e 
 
    S. E. A. (c.f.                     ),  nata  a                   
(   ), il                    , con gli avv.ti Alberto  Guariso  (c.f.
GRSLRT54S15F205S),  Livio  Neri  (c.f.  NRELVI73P16F205H)  ed   Erika
Colombo, elettivamente domiciliata in Milano, via  Giulio  Uberti  6,
presso lo studio dei difensori 
    Intervenuta 
 
                                  e 
 
    Confederazione generale italiana del  lavoro  -  Lombardia  (c.f.
94554190150), con sede in via Palmanova 22 a Milano, in  persona  del
legale rappresentante pro tempore, con  gli  avv.ti  Alberto  Guariso
(c.f. GRSLRT54S15F205S) e Livio Neri,  elettivamente  domiciliata  in
Milano, via Giulio Uberti 6, presso lo studio dei difensori 
    Intervenuta 
 
                               contro 
 
    Regione Lombardia, c.f. 8050050154,  in  persona  del  Presidente
della Giunta pro tempore, rappresentata  e  difesa,  dall'avv.  Maria
Lucia Tamborino, con domicilio eletto in  Milano,  Piazza  Citta'  di
Lombardia n. 1 presso gli uffici dell'Avvocatura Regionale 
    Convenuta 
 
                               contro 
 
    A.L.E.R. - Azienda Lombarda edilizia residenziale Milano -  (c.f.
01349670156),  in  persona  del  direttore  generale   pro   tempore,
rappresentata e  difesa  dall'avv.  Cristoforo  Vinci,  elettivamente
domiciliata presso lo studio del difensore in Milano,  viale  Romagna
n. 26 
    Convenuta 
    ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Oggetto: discriminazione 
    Con ricorso ex art. 281-decies codice di procedura  civile  e  28
decreto legislativo n.  150/2011  ASGI  -  Associazione  degli  studi
giuridici sull'immigrazione APS, APN -  Avvocati  per  niente  Onlus,
Associazione NAGA - Organizzazione di volontariato  per  l'assistenza
sociosanitaria e per i diritti di cittadini stranieri, Rom  e  Sinti,
Sindacato inquilini casa e territorio - SICET Lombardia, S. F. F.  H.
espongono, in sintesi, che: 
      -   dal                      al                      e'   stato
pubblicato  l'avviso  per  l'assegnazione  di  19  alloggi   pubblici
disponibili nell'ambito territoriale del Comune di                   
e di Aler Milano; 
      - i requisiti di partecipazione sono i medesimi previsti  dagli
articoli 22, 23 L.R. 16/2016, richiamati e integrati dal R.R. 4/2017;
in particolare, i requisiti previsti dall'art. 22 L.R. 16/2016 sono i
seguenti: 
        1) cittadinanza italiana o di uno Stato  dell'Unione  europea
ovvero condizione di stranieri titolari di permesso di  soggiorno  CE
per soggiornanti di lungo periodo ai sensi  del  decreto  legislativo
3/2007 o  di  stranieri  regolarmente  soggiornanti  in  possesso  di
permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano  una  regolare
attivita' di  lavoro  subordinato  o  di  lavoro  autonomo  ai  sensi
dell'art. 40, comma 6 decreto legislativo n. 286/98; 
        2) residenza anagrafica o svolgimento di attivita' lavorativa
in Regione Lombardia; 
        3) condizione economica del nucleo  familiare  da  accertarsi
sulla base di  criteri  unificati  di  valutazione  della  situazione
economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali; 
      -    il     ricorrente     S.     F.     F.     H.     ,     di
cittadinanza                     ,  si  e'   trasferito   in   Italia
nel                    ha  ottenuto  la  conversione  del  precedente
permesso per motivi familiari in quello per  motivi  di  lavoro,  con
validita' dal                     al                     ;  e'  stato
successivamente  riconosciuto  invalido  con  permanente   inabilita'
lavorativa al 100% e in data                     e' stato  licenziato
per inidoneita' al lavoro; 
      - il                    ha presentato ad  ALER  la  domanda  di
assegnazione  di  un  alloggio  in                     ;  l'ALER   ha
comunicato la sua cancellazione dalla graduatoria per la mancanza del
requisito di cui all'art. 7 comma 1 R.R. 4/2017, affermando che  «Lei
e' in possesso di un permesso di soggiorno subordinato al lavoro,  ma
non svolge una regolare attivita' lavorativa»; 
      - l'esclusione e' basata su una norma (regionale  e  nazionale)
contrastante con il diritto dell'Unione europea e non  conforme  alla
Costituzione; 
      - l'art. 12, paragrafo  1  direttiva  2011/98  prevede  che  «i
lavoratori dei paesi terzi di cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere  b
e c), beneficiano dello stesso  trattamento  riservato  ai  cittadini
dello Stato membro in cui soggiornano» in relazione a  una  serie  di
diritti e benefici; 
      -  devono  essere  esaminati  un  profilo  individuale  e   uno
collettivo; 
      - quanto al profilo individuale, concernente il cittadino sopra
menzionato, egli rientra nei parametri di natura  soggettiva  imposti
da tale normativa; sul piano oggettivo, il predetto art. 12 comprende
«g) l'accesso  a  beni  e  servizi  a  disposizione  del  pubblico  e
all'erogazione degli stessi, incluse le procedure  per  l'ottenimento
di un alloggio, conformemente al diritto nazionale...»; 
      - la possibilita' di deroga riconosciuta allo  Stato  nazionale
non puo' riguardare una norma preesistente alla direttiva medesima; 
      - ai sensi dell'art. 7 R.R. 4/2017 i  beneficiari  dei  servizi
abitativi  pubblici  possono  essere:  «a)   stranieri   regolarmente
soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno  biennale  e
che esercitano una regolare attivita'  di  lavoro  subordinato  o  di
lavoro  autonomo  ai  sensi  dell'art.  40,  comma  6,  del   decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286»; 
      - tale ultima norma: 1) limita illegittimamente, in  violazione
della normativa UE, la parita' di trattamento ai soli cittadini extra
UE titolari di permesso di lungo periodo e agli altri cittadini extra
UE «regolarmente soggiornanti in possesso di  permesso  di  soggiorno
almeno biennale e che esercitano una  regolare  attivita'  di  lavoro
subordinato   o   di   lavoro   autonomo»;   2)   essendo   anteriore
all'approvazione della direttiva  2011/98,  non  puo'  avere  effetto
derogatorio rispetto ad essa; 
      - ne deriva che l'Italia,  in  assenza  di  valida  deroga,  e'
tenuta a garantire ai titolari di  permesso  unico  lavoro  la  piena
parita' di trattamento con i cittadini italiani; 
      - quanto al profilo collettivo, il bando ALER e il R.R.  4/2017
sono meramente riproduttivi di quanto previsto dalla L.R.  16/2016  e
dall'art. 40 comma 6 TUI; 
      - e' necessario pertanto che  sia  sollevata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 40 comma 6 TUI nella  parte  in
cui limita la parita' di trattamento del cittadino extra UE a  coloro
che svolgono una regolare attivita' di lavoro subordinato o autonomo,
con  riferimento  agli  articoli  3,  117  Cost.,  quest'ultimo   con
riferimento all'art. 12  par.  1,  lettera  g)  direttiva  2011/98  e
all'art. 34 CDFUE; 
      - anche il  requisito  relativo  alla  durata  e'  previsto  in
contrasto con il citato art.  12,  con  riferimento  ai  titolari  di
permessi unici lavoro di durata inferiore ai due anni; 
      -  all'esito  del  giudizio  sulla  questione  di  legittimita'
costituzionale, il R.R. 4/2017 potra' essere rimosso  su  ordine  del
giudice nella parte qui di interesse; 
      - nel  caso  in  cui  il  ripristino  della  parita'  in  forma
specifica non fosse piu' possibile, l'unico rimedio  residuo  sarebbe
quello risarcitorio; 
      -  il  rimedio  che  riguarda  S.  F.  F.  H.  consiste   nella
riammissione nella graduatoria con il medesimo punteggio che  avrebbe
avuto se non fosse stato escluso, fermo  restando  il  diritto  a  un
risarcimento del danno non patrimoniale per il periodo intermedio. 
    I ricorrenti concludono chiedendo: 
      1) quanto alla posizione di S. F. F. H. , di accertare - previa
disapplicazione dell'art. 40 comma 6 TUI e dell'art.  7  R.R.  4/2017
nella parte in  cui  limitano  l'accesso  agli  alloggi  di  edilizia
pubblica ai cittadini non UE titolari di un permesso almeno  biennale
che svolgono una regolare attivita' lavorativa, anziche' ai  titolari
di permesso unico lavoro ai sensi della  direttiva  2011/98/UE  -  il
carattere discriminatorio del provvedimento di  ALER  Milano  che  ha
cancellato il ricorrente  H  dalla  graduatoria  per  l'accesso  agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, a  causa  dell'assenza  di
una regolare attivita' lavorativa;  di  accertare  il  diritto  dello
stesso ad essere ammesso nella graduatoria  di  ALER  Milano  per  il
Comune di                    nella medesima posizione che  lo  stesso
aveva prima della cancellazione e  di  ordinare  ad  ALER  Milano  di
riammettere il ricorrente nella graduatoria nella posizione assegnata
prima della cancellazione; di condannare ALER al pagamento in  favore
del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno non  patrimoniale,
di euro 200,00 mensili per il periodo dal 30  gennaio  2024  o  dalla
successiva data nella quale, se non fosse stato  cancellato,  avrebbe
ottenuto un alloggio, fino alla effettiva data di assegnazione di  un
alloggio nell'area di cui al bando, ovvero fino alla ammissione in un
nuovo bando per la medesima area; 
      2) quanto alla  posizione  degli  enti  collettivi  ricorrenti,
dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
costituzionalita' dell'art. 40 comma 6 TUI nella parte in cui  limita
l'accesso agli alloggi di  edilizia  pubblica  ai  cittadini  non  UE
titolari di un permesso almeno biennale e che esercitano una regolare
attivita' di lavoro subordinato o di  lavoro  autonomo,  anziche'  ai
titolari di un permesso di soggiorno o di un permesso unico lavoro ai
sensi della direttiva 2011/98/UE, per contrasto con  gli  articoli  3
Cost. e 117 Cost., quest'ultimo in relazione  all'art.  12,  par.  1,
lettera g) della predetta direttiva e all'art. 34 CDFUE; di accertare
il carattere discriminatorio dell'art. 7 R.R. 4/2017 e del  bando  di
ALER 7961/2023, nella parte in cui limita l'accesso agli  alloggi  di
edilizia pubblica dei  cittadini  non  UE  ai  soli  titolari  di  un
permesso di soggiorno almeno biennale e  che  svolgano  una  regolare
attivita' di lavoro subordinato o autonomo, anziche' ai  titolari  di
permesso  unico  lavoro  ai  sensi  della  direttiva  2011/98/UE;  di
ordinare alla Regione Lombardia di modificare il predetto Regolamento
nei termini di cui al punto che precede e all'ALER Milano la modifica
del  bando  di  cui  sopra,  fissando  un  nuovo   termine   per   la
presentazione delle domande; di condannare l'ALER Milano e la Regione
Lombardia al pagamento  di  una  somma  ex  art.  614-bis  codice  di
procedura civile per il periodo tra il sessantesimo giorno successivo
alla comunicazione della sentenza e l'adempimento  degli  ordini;  in
subordine,  di  condannare  la  Regione  Lombardia  a   pagare   alle
associazioni ricorrenti a titolo di danno non patrimoniale, la  somma
di euro 10.000,00 per ciascuna o la diversa somma  liquidata  in  via
equitativa. 
    Con atto del 5 luglio 2024 ha dispiegato intervento volontario ex
art. 105  comma  2  codice  di  procedura  civile  la  Confederazione
Generale Italiana del Lavoro (CGIL) Lombardia, evidenziando di  avere
un proprio interesse giuridico a sostenere  le  ragioni  delle  parti
ricorrenti, promuovendo - in quanto articolazione territoriale  della
CGIL - la lotta contro ogni forma di discriminazione; e' iscritta  al
Registro delle associazioni e degli enti che svolgono  attivita'  nel
campo della lotta alle discriminazioni di cui al decreto  legislativo
n. 215/2003.  I  soggetti  iscritti  e  in  ogni  caso  rappresentati
trarrebbero vantaggio da una pronuncia  favorevole,  con  particolare
riferimento: 
      - agli stranieri  titolari  di  permesso  di  soggiorno  almeno
biennale  non  lavoratori,  che  cosi',  partecipando  al  bando  per
l'assegno degli alloggi pubblici, avrebbero garantito il loro accesso
alla casa (inteso come diritto a concorrere  all'assegnazione  di  un
alloggio pubblico) e di  conseguenza  migliori  condizioni  di  vita,
idonee ad agevolare la ricerca del lavoro; 
      - all'eliminazione di un fattore di discriminazione sulla  base
della nazionalita' nell'accesso al welfare. 
    Con atto di data 24 aprile 2024 S. E. propone atto di  intervento
adesivo autonomo ex art. 105 comma 1 codice di procedura  civile  (o,
in subordine, atto di intervento adesivo dipendente ex art. 105 comma
2  c.p.c.)  evidenziando  che  e'  nata  a                     (    )
il                    ed e' di cittadinanza                   ; si e'
trasferita  in  Italia  nel                     con  un  permesso  di
soggiorno ex art 31 comma  3  decreto  legislativo  n.  286/1998  per
assistenza minori;  dal                     ha  iniziato  a  prestare
attivita' di lavoro autonomo; il                     ha  ottenuto  il
rilascio di un permesso di soggiorno per motivi  di  lavoro  autonomo
con scadenza al                     ;  il  suo  nucleo  familiare  e'
composto da due figli minori, uno dei quali affetto da disturbo dello
spettro autistico; la stessa interveniente e' in precarie  condizioni
di salute; nel                    non ha svolto attivita' lavorativa;
dal                    non  e'  in  grado  di  pagare  un  canone  di
locazione; dal                    e' stata accolta con i figli in  un
progetto RST, promosso dall'Istituto Beata Vergine Addolorata e  vive
in un alloggio in                    ,                     ,  con  un
contratto piu' volte prorogato e in scadenza il                     ;
dall'                    al                     e'  stato  pubblicato
l'avviso   n.      per   l'assegnazione   delle   unita'    abitative
disponibili nell'ambito territoriale del Comune di                   
; i requisiti  di  partecipazione  sono  i  medesimi  previsti  dagli
articoli 22 e 23 della L.R. n. 16/2016, richiamati  e  integrati  dal
regolamento regionale n. 4/2017;  il                   ha  presentato
all'ALER una domanda di assegnazione di un alloggio in Milano; l'ALER
Milano le ha comunicato la cancellazione  dalla  graduatoria  poiche'
«non esercita alcuna regolare attivita' di lavoro  subordinato  o  di
lavoro  autonomo»;  ritiene  che  l'esclusione  sia  basata  su   una
normativa  regionale  e  nazionale  contrastante   con   il   diritto
dell'Unione e non conforme alla Costituzione; richiama gli  argomenti
svolti con riferimento alla  posizione  del  sig.  H.  ;  il  proprio
diritto dipende dal medesimo titolo e ha il medesimo  oggetto  che  i
ricorrenti hanno fatto valere nel  ricorso  introduttivo;  sussistono
pertanto le condizioni  di  cui  all'art.  105  comma  1  c.p.c.;  ha
comunque interesse a intervenire nel  giudizio  per  far  valere  gli
ulteriori profili gia' prospettati  dai  ricorrenti  principali,  con
riferimento  alla   irragionevolezza   dell'esclusione   dall'accesso
all'alloggio pubblico di cittadini di paesi terzi solamente in quanto
privi di occupazione, laddove invece  il  cittadino  italiano,  nelle
medesime condizioni di bisogno e di assenza di lavoro, viene ammesso;
la sua posizione si differenzia da quella del sig.  H.  ,  in  quanto
l'accoglimento della sua domanda e' subordinato alla dichiarazione di
incostituzionalita'  dell'art.  40  comma  6  TU   immigrazione.   In
subordine, chiede che la  presenza  in  giudizio  sia  qualificata  e
ammessa quale intervento adesivo dipendente ai  sensi  dell'art.  105
comma 2  c.p.c.,  avendo  interesse  al  riconoscimento  del  diritto
all'accesso alle graduatorie per alloggi pubblici a tutti i cittadini
extra UE  regolarmente  soggiornanti,  indipendentemente  dalla  loro
condizione  di  lavoratori,  cosi'  come  previsto  per  i  cittadini
italiani.  Conclude  chiedendo  accertare  e  dichiarare   -   previa
disapplicazione dell'art. 40 comma 6 TU Immigrazione  e  dell'art.  7
R.R. 4/2017, nella parte in cui limitano l'accesso  agli  alloggi  di
edilizia pubblica ai cittadini non UE titolari di un permesso  almeno
biennale che svolgono una regolare attivita' lavorativa, anziche'  ai
titolari di permesso unico lavoro ai sensi della direttiva 2011/98/UE
- il carattere discriminatorio del bando n.      , nella parte in cui
recepisce le disposizioni di cui sopra e del  provvedimento  di  ALER
Milano che la ha cancellata  dalla  graduatoria  per  l'accesso  agli
alloggi  di  edilizia  residenziale   pubblica,   quale   conseguenza
dell'assenza  di  una  regolare  attivita'  lavorativa;  accertare  e
dichiarare il proprio diritto a essere ammessa nella  graduatoria  di
ALER Milano per il Comune di  Milano  nella  medesima  posizione  che
aveva prima della cancellazione; conseguentemente, ordinare  ad  ALER
Milano di riammetterla nella graduatoria  nella  posizione  assegnata
prima della cancellazione;  condannare  ALER  Milano  a  versarle,  a
titolo di risarcimento del danno non  patrimoniale,  euro  200,00  al
mese per il periodo dal 19 gennaio 2024 o dalla successiva data nella
quale, ove non cancellata, avrebbe ottenuto un  alloggio,  fino  alla
effettiva data di assegnazione di un alloggio  nell'area  di  cui  al
predetto bando, ovvero fino alla ammissione in un nuovo bando per  la
medesima area che non contenga i requisiti in contestazione; oltre  a
una ulteriore somma a titolo di  danno  patrimoniale  a  causa  della
necessita' di procurarsi  un  alloggio  nel  periodo  di  causa,  con
sentenza generica  e  salva  quantificazione  in  separato  giudizio;
adottare un piano di rimozione delle discriminazioni  accertate,  che
preveda l'ordine alla Regione Lombardia di modificare l'art.  7  R.R.
4/2017 nella parte in cui prevede,  per  i  cittadini  extra  UE,  il
requisito  della  regolare  attivita'   lavorativa;   in   subordine,
accogliere le domande proposte dalle parti ricorrenti. 
    Con comparsa depositata il 9 ottobre 2024  si  e'  costituita  la
Regione  Lombardia,  eccependo  pregiudizialmente   il   difetto   di
giurisdizione   del   giudice   ordinario   in   favore   di   quello
amministrativo; l'improcedibilita' ed  inammissibilita'  del  ricorso
per carenza  dei  presupposti  ex  art.  44  decreto  legislativo  n.
286/1998;  la  carenza  di  legittimazione   passiva   per   la   non
riconducibilita' della  discriminazione  ad  un  comportamento  della
Regione. 
    Nel merito, la difesa della Regione ha dedotto: 
      - che l'Italia ha inteso avvalersi  della  facolta'  di  deroga
espressamente prevista dalla dir. 98/2011/UE, come emerge dai  lavori
preparatori del decreto legislativo 40/2014 e che,  pertanto,  l'art.
40 comma 6 decreto legislativo n.  286/1998  appare  coerente  e  non
discriminatorio, in quanto attuazione  di  una  deroga  espressamente
esercitata dal legislatore; 
      -  che,  in  ogni  caso,  il  rinvio  operato  dalle  normative
regionali alla norma nazionale e' obbligato, non potendo  la  Regione
disporre difformemente dalla norma nazionale. 
    Con comparsa depositata l'11 ottobre 2024 si e'  costituita  ALER
Milano, eccependo in via pregiudiziale il difetto  di  legittimazione
passiva,   essendo   gli   atti   prospettati   come   discriminatori
riconducibili al solo Comune di                   . 
    Nel merito ha dedotto: 
      - che l'art. 40 comma 6 testo unico Immigrazione  si  inserisce
in un sistema graduale di inserimento abitativo degli  stranieri  che
ragionevolmente richiede la presenza di una attivita'  lavorativa  in
atto come requisito per la partecipazione ai  programmi  di  edilizia
residenziale  pubblica,  in  quanto  cio'  esprime   un   particolare
collegamento stabile con il territorio da parte del richiedente; 
      - che tale limitazione e' coerente con l'impianto  del  diritto
dell'UE in materia, in quanto associa il requisito alla  possibilita'
di permanere nel territorio dello Stato; 
      - che l'art. 12, par. 2, lettera d) ha  concesso  a  tutti  gli
Stati di limitare l'accesso alla casa con il requisito dell'attivita'
lavorativa; 
      - che ritenere  tale  limitazione  illegittima  significherebbe
affermare che una facolta', astrattamente riconosciuta  a  tutti  gli
Stati in ambito europeo, possa costituire una violazione dei principi
costituzionali  di  eguaglianza,  con   il   che   l'Italia,   seppur
legittimata  dall'ordinamento  europeo,  non   avrebbe   mai   potuto
esercitare la deroga, perche' contraria alla propria Costituzione; 
      - che le domande proposte da S. F. F. H. e S. E. sono  comunque
infondate, non sussistendo in capo ad essi i requisiti per  l'accesso
all'edilizia residenziale pubblica. 
    Pregiudiziale e' la decisione sulla giurisdizione, il cui difetto
e' eccepito dalla difesa della Regione, che invoca quella del giudice
amministrativo  in  virtu'  del  carattere  di  atto  normativo   del
provvedimento impugnato e del limite della giurisdizione esclusiva in
materia di servizi  pubblici,  nel  cui  novero  e'  da  comprendersi
l'edilizia residenziale pubblica. 
    L'eccezione e' infondata. E' principio ormai  consolidato  quello
secondo cui la tutela antidiscriminatoria si incardina  davanti  alla
giurisdizione del giudice ordinario,  in  quanto  il  legislatore  ha
configurato una posizione di diritto soggettivo assoluto  a  presidio
di un'area  di  liberta'  e  potenzialita'  del  soggetto,  possibile
vittima  delle  discriminazioni,  rispetto  a   qualsiasi   tipo   di
violazione posta in essere sia da privati che dalla P.A.,  senza  che
assuma rilievo, a tal fine, che la condotta lesiva sia stata  attuata
nell'ambito di procedimenti per il  riconoscimento,  da  parte  della
P.A., di utilita' rispetto a cui il privato fruisca di  posizioni  di
interesse legittimo, restando assicurata una tutela secondo il modulo
del diritto soggettivo e con attribuzione al giudice del  potere,  in
relazione alla variabilita' del  tipo  di  condotta  lesiva  e  della
preesistenza in capo al soggetto di posizioni di diritto soggettivo o
di interesse legittimo a determinate  prestazioni,  di  «ordinare  la
cessazione del comportamento pregiudizievole e  adottare  ogni  altro
provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti
della  discriminazione»  (Cass.  civ.,  Sez.  Un.,  30  marzo   2011,
ordinanza n. 7186, Rv. 616794; Cass. civ., Sez. I, 15 febbraio  2021,
ordinanza n. 3842,  Rv.  660704;  Cass.  civ.,  Sez.  Un.,  1.2.2022,
ordinanza n. 3057, Rv. 663838).  Con  l'ordinanza  n.  3057/2022,  la
Corte di cassazione a S.U. ha preso specificamente posizione anche in
merito all'ipotesi - supportata da una parte  della  dottrina  -  che
muove  dal  dato  letterale  dell'art.  44  decreto  legislativo   n.
286/1998, che fa riferimento ai soli «comportamenti» della  P.A..  La
Corte richiama in  primo  luogo  il  disposto  dell'art.  43  decreto
legislativo n. 286/98, che fa riferimento anche all'atto compiuto  od
omesso dal pubblico  ufficiale  nell'esercizio  delle  sue  funzioni;
osserva   inoltre   che   deve   «riaffermarsi    che    la    tutela
antidiscriminatoria erogata dal giudice civile  opera  anche  per  le
discriminazioni attuate nell'ambito di procedimenti amministrativi  e
con riguardo ad atti  espressione  di  potesta'  pubblicistica»,  con
espresso richiamo a un precedente avente ad oggetto l'impugnazione di
un bando discriminatorio. 
    Sempre in via pregiudiziale, possono unitamente considerarsi come
infondate le eccezioni di Regione Lombardia ed ALER  con  riferimento
all'asserito difetto di  legittimazione  passiva.  La  legittimazione
passiva  si  distingue  dall'effettiva   titolarita'   del   rapporto
controverso e consiste nella titolarita' del potere di  promuovere  o
subire un giudizio relativo al rapporto sostanziale dedotto:  la  sua
sussistenza dipende, percio', dalla prospettazione della  parte,  non
attiene al  merito  della  controversia  ne'  e'  soggetta  all'onere
deduttivo e probatorio dei litiganti (Cass. civ., Sez.  I,  27  marzo
2017, n. 7776, Rv. 644832, Cass. civ., Sez. III,  27  novembre  2023,
ordinanza n. 32814, Rv. 669522). 
    In base alla rituale  prospettazione  dei  ricorrenti,  tanto  la
Regione Lombardia quanto  ALER  hanno,  attraverso  il  dispiegamento
della propria attivita' normativa (riproduttiva di quella  nazionale)
e di quella amministrativa, realizzato condotte discriminatorie: cio'
e' sufficiente ad incardinare in capo ai convenuti la  legittimazione
passiva, attenendo il  giudizio  sull'effettiva  sussistenza  o  meno
della discriminazione al merito della controversia. 
    Deve in ogni caso rilevarsi come la stessa  prospettazione  della
Regione indichi come la modifica del regolamento  regionale  non  sia
attuabile se non tramite la modifica della norma nazionale (prima)  e
di quella regionale (poi). Non appare inoltre  fondata  la  parallela
eccezione sollevata da ALER Milano con riferimento alla posizione del
Comune di Milano - non citato in giudizio -  non  vertendosi  in  una
ipotesi di litisconsorzio necessario e  tenuto  conto  del  carattere
residuale  delle  domande   risarcitorie   rispetto   a   quelle   di
accertamento  del   carattere   discriminatorio   dell'art.   7   del
regolamento regionale e del bando ALER. 
    Il quadro normativo di riferimento e' il seguente. 
    L'art. 12 par. 1, lettera g) direttiva  2011/98  prevede  che  «I
lavoratori dei paesi terzi di cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere  b
e c), beneficiano dello stesso  trattamento  riservato  ai  cittadini
dello Stato membro in cui soggiornano per  quanto  concerne:  ...  g)
l'accesso  a  beni  e  servizi  a   disposizione   del   pubblico   e
all'erogazione degli stessi, incluse le procedure  per  l'ottenimento
di un alloggio, conformemente al diritto nazionale,  fatta  salva  la
liberta' contrattuale  conformemente  al  diritto  dell'Unione  e  al
diritto nazionale. 
    L'art. 12 par. 2, lettera g) direttiva 2011/98 prevede  che  «Gli
Stati membri possono limitare la parita' di  trattamento  ...  d)  in
ordine al paragrafo 1, lettera g): i) limitandone  l'applicazione  ai
lavoratori di paesi terzi che svolgono un'attivita'  lavorativa;  ii)
limitando l'accesso per quanto concerne l'assistenza abitativa. 
    L'art. 40 comma 6 decreto legislativo n. 286/98 prevede che  «Gli
stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente
soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno  biennale  e
che esercitano una regolare attivita'  di  lavoro  subordinato  o  di
lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni  di  parita'
con i cittadini  italiani,  agli  alloggi  di  edilizia  residenziale
pubblica e  ai  servizi  di  intermediazione  delle  agenzie  sociali
eventualmente predisposte da ogni regione o  dagli  enti  locali  per
agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al  credito  agevolato
in materia di edilizia, recupero, acquisto e  locazione  della  prima
casa di abitazione». 
    L'art.  22  comma  1  lettera  a)  L.R.  Lombardia   n.   16/2016
(«Disciplina regionale dei  servizi  abitativi»)  dispone,  al  primo
comma nella parte qui di interesse, che «1. I beneficiari dei servizi
abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti: a) cittadinanza
italiana o di uno Stato  dell'Unione  europea  ovvero  condizione  di
stranieri titolari di permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti  di
lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini  di  Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo  periodo)  o  di
stranieri  regolarmente  soggiornanti  in  possesso  di  permesso  di
soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attivita'  di
lavoro subordinato o di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 40,  comma
6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero). 
    Il   regolamento   regionale   n.   4/2017   («Disciplina   della
programmazione  dell'offerta   abitativa   pubblica   e   sociale   e
dell'accesso e della  permanenza  nei  servizi  abitativi  pubblici»)
all'art. 7  comma  1  prevede  che  «1.  I  beneficiari  dei  servizi
abitativi pubblici devono avere i seguenti requisiti: 
      a) cittadinanza italiana o di  uno  Stato  dell'Unione  europea
ovvero condizione di stranieri titolari di permesso di  soggiorno  UE
per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo  8
gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva  2003/109/CE  relativa
allo status  di  cittadini  di  Paesi  terzi  soggiornanti  di  lungo
periodo) o di stranieri  regolarmente  soggiornanti  in  possesso  di
permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano  una  regolare
attivita' di  lavoro  subordinato  o  di  lavoro  autonomo  ai  sensi
dell'art. 40, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo   unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello  straniero),  ovvero
di stranieri che, in base alla normativa statale, beneficiano  di  un
trattamento uguale a quello riservato ai cittadini italiani  ai  fini
dell'accesso ai servizi abitativi pubblici comunque denominati. 
    L'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  e'  rilevante  nei
termini proposti dai ricorrenti, che ne hanno  circoscritto  l'ambito
alla sola posizione degli enti  esponenziali  a  tutela  del  diritto
all'abitazione. Dette  associazioni  hanno  proposto  il  ricorso  in
proprio ex art. 5 decreto legislativo 215/2003 al fine  di  accertare
il carattere discriminatorio della condotta della Regione  Lombardia,
correttamente rilevando come tale carattere avessero  il  regolamento
regionale e, conseguentemente, il bando ALER, meramente  riproduttivi
del dettato di cui all'art. 40 comma 6 testo  unico  Immigrazione;  a
sua volta, l'art. 22 comma 1 lettera a)  L.R.  Lombardia  n.  16/2016
riproduce il dettato dell'art. 40 testo unico Immigrazione;  percio',
solo decidendo sulla legittimita' della  previsione  nazionale  e  di
quella regionale potra' desumersi la legittimita' o meno  degli  atti
regionali. 
    La questione e' anche non manifestamente infondata, nei limiti di
seguito esposti. 
    Il  primo  parametro  dedotto  dai  ricorrenti  che  deve  essere
considerato e' quello ex art. 117 Cost., in base al quale la norma di
cui all'art. 40 comma 6 testo unico  Immigrazione  viene  prospettata
come  costituzionalmente  illegittima  perche'  in  violazione  della
direttiva 2011/98/UE. 
    Si rileva preliminarmente in proposito che con  la  decisione  n.
44/2020  la  Corte  costituzionale  ha  affrontato  il   tema   della
illegittimita' costituzionale dell'art. 22 comma 1  lettera  b)  L.R.
Lombardia 16/2016 con riferimento all'art. 3 Cost., ritenendo in  tal
modo assorbita ogni valutazione in ordine ai profili che erano  stati
dedotti con riferimento all'art. 117 Cost.. 
    Non e' inoltre decisivo quanto statuito dalla Corte di  Giustizia
con la sentenza del 2  settembre  2021,  avente  ad  oggetto  profili
diversi da quelli qui in discussione, in particolare quelli  relativi
all'assegno di natalita' e all'assegno  di  maternita'  e  alla  loro
possibile collocazione nel settore della sicurezza sociale ex art. 12
comma 1 lettera e) della direttiva; in tale sede la Corte ha indicato
che la Repubblica italiana non si e' avvalsa della  facolta'  offerta
agli Stati membri di limitare  la  parita'  di  trattamento,  ma  con
riferimento a quanto previsto dall'art. 12, par. 2, lettera b)  della
direttiva 2011/98, che richiama il  paragrafo  1,  lettera  e),  come
indicato pertinente alla sicurezza sociale. 
    I ricorrenti allegano che lo Stato ha abdicato alla possibilita',
prevista dalla direttiva 2011/98/UE (art. 12  par.  2)  di  prevedere
condizioni piu' stringenti per l'accesso  ai  programmi  di  edilizia
residenziale  pubblica  collegate  alla  posizione   lavorativa   del
cittadino extracomunitario nel proprio  territorio.  Non  esercitando
tale opzione si e', percio', impegnato a garantire piena  parita'  di
trattamento rispetto a quello riservato  ai  propri  cittadini  ed  a
quelli comunitari. 
    Tale ricostruzione, impregiudicata ogni valutazione sulla  natura
discriminatoria o meno dell'attivita' degli enti regionali, pur nella
consapevolezza di pronunce di merito in senso diverso (Trib. Cremona,
Sez.  Civile,  28  novembre  2024,  n.  657),  non  appare   fondata,
sussistendo plurimi  indici  ermeneutici,  in  parte  rilevati  negli
scritti difensivi della Regione  Lombardia,  che  lasciano  intendere
come il legislatore, in sede di recepimento  della  direttiva,  abbia
inteso esercitare il proprio margine di discrezionalita' restrittiva,
riservando a  se'  stesso  la  valutazione  di  compatibilita'  della
disciplina di cui all'art.  40  comma  6  testo  unico  Immigrazione,
insindacabile dal giudice se  non  entro  gli  stretti  limiti  della
manifesta irragionevolezza (art. 3 Cost.). 
    Giova,  in  primo  luogo,  il  richiamo  al  tenore  del  decreto
legislativo 4 marzo 2014, n. 40, recante le norme per la  «Attuazione
della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di  domanda
per il rilascio di un permesso unico che  consente  ai  cittadini  di
Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel  territorio  di  uno  Stato
membro e a un insieme Comune di diritti per  i  lavoratori  di  Paesi
terzi che  soggiornano  regolarmente  in  uno  Stato  membro».  Nelle
premesse il legislatore delegato espressamente si richiama al  «testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero,  di  cui  al   decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni»,  con
cio' dimostrando di avere contemplato le  disposizioni  contenute  in
tale plesso, tra cui quella qui sottoposta a scrutinio preliminare di
legittimita' costituzionale e di averle intese come  compatibili  con
il dettato della direttiva che si accingeva ad attuare. 
    Cio' premesso, si deve tenere  conto  dell'inequivoca  intenzione
del legislatore: emerge dalla Relazione illustrativa allo  schema  di
decreto legislativo predisposto per l'attuazione della delega di  cui
alla legge 6 agosto 2013, n. 96 per il  recepimento  della  direttiva
2011/98 che il legislatore delegato ha considerato il  profilo  della
parita' di  trattamento  dei  lavoratori  stranieri  ed  il  connesso
profilo delle intersezioni  tra  la  disciplina  domestica  e  quella
europea. Ha considerato, su questo punto, che  «Per  quanto  riguarda
l'accesso  ai  pubblici  servizi,  l'equiparazione,  nell'ordinamento
nazionale, riguarda tutti i cittadini  stranieri  (art.  2  comma  5,
decreto legislativo n. 286/1998). L'accesso all'alloggio, invece,  e'
limitato agli stranieri titolari di un permesso di  soggiorno  almeno
biennale che esercitano una regolare attivita' di lavoro  subordinato
(art. 40, comma 6 decreto legislativo n. 286/1998);  la  disposizione
vigente risulta coerente con la direttiva europea (art. 12, paragrafo
2, lettera d) - ii) che  consente  agli  Stati  membri  di  limitarne
l'accesso rispetto alla piu' ampia platea  dei  lavoratori  stranieri
destinatari della direttiva». 
    Deve essere inoltre considerato il tenore dell'Atto  del  Governo
61 («dossier n. 41/0 - 16 dicembre 2013 - Elementi per  l'istruttoria
normativa») - Camera dei deputati Servizio Studi, avente  ad  oggetto
la valutazione dello schema  di  decreto  legislativo  di  attuazione
della delega  di  cui  alla  legge  n.  96/2013,  «stabilita  per  il
recepimento della direttiva 2011/98  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 13 dicembre 2011». In tale documento si evidenzia  che,
premessa la necessita' di definire un  insieme  omogeneo  di  diritti
finalizzato a ridurre  la  disparita'  di  diritti  tra  i  cittadini
dell'Unione e quelli di paesi terzi, elenca «i diritti  garantiti  al
pari dei cittadini», segnalando pero' espressamente che  «In  materia
di alloggio  lo  schema  si  avvale  della  facolta'  di  limitazione
espressamente prevista dalla direttiva». Nella  parte  dedicata  alla
«Incidenza sull'ordinamento giuridico», si  afferma  che  «La  stessa
relazione illustrativa dell'atto in esame rileva che  la  parita'  di
trattamento non  piena  per  l'accesso  all'alloggio,  limitato  agli
stranieri titolari di un permesso di soggiorno  almeno  biennale  che
esercitano una regolare attivita' di  lavoro  subordinato  (art.  40,
comma 6, decreto legislativo  n.  286/1998),  ma  se  ne  afferma  la
coerenza con la direttiva europea (art. 12, paragrafo 2, lettera d) -
ii) in quanto essa consente agli Stai membri di  limitarne  l'accesso
rispetto alla piu' ampia platea dei lavoratori stranieri  destinatari
della direttiva». 
    Esclusa  l'illegittimita'  costituzionale  per  contrarieta'   al
diritto europeo, viceversa si devono rimettere gli  atti  alla  Corte
costituzionale affinche' la valuti con riferimento all'art. 3 comma 1
e 2 Cost., trattandosi di un'eccezione non manifestamente infondata. 
    E' ius receptum nella giurisprudenza costituzionale che l'art.  3
Cost. individua un parametro generale di  ragionevolezza  sulla  base
del quale puo' essere scrutinata ogni norma  dalla  cui  applicazione
derivino  applicazioni  avulse:  cio'  costituisce  un  significativo
presidio di legalita' costituzionale, in  quanto  pone  al  di  sopra
delle scelte legislative un vincolo  sistematico  di  ultima  istanza
alla cui tutela e' preposta l'attivita' della Consulta. 
    La  delicatezza  di  tale  parametro  ne   suggerisce,   percio',
un'interpretazione restrittiva,  che  tenga  conto  della  necessaria
salvaguardia delle prerogative di discrezionalita'  politica  proprie
di un sistema modellato sul principio di separazione dei  poteri  che
rimette  al  solo   circuito   politico-rappresentativo   le   scelte
assiologiche fondamentali dell'ordinamento e  la  responsabilita'  di
tradurle in pratica normativa. E' cio' che emerge, del  resto,  dallo
stesso art. 28 della  legge  n.  87/1953,  con  cui  il  legislatore,
istituendo la Corte costituzionale, ha sancito che «il  controllo  di
legittimita' della Corte costituzionale su una legge o un atto avente
forza di legge esclude ogni valutazione di  natura  politica  e  ogni
sindacato sull'uso del potere discrezionale del Parlamento». 
    E' dunque onere del giudice percorrere ogni  ipotesi  ermeneutica
per cercare una soluzione che  interpreti  il  dettato  normativo  in
senso costituzionalmente compatibile. 
    Il caso di specie presenta profili  di  stretta  contiguita'  con
quello gia' affrontato dalla Corte costituzionale nella  sentenza  n.
44/2020, con cui e' stato dichiarato costituzionalmente  illegittimo,
per violazione dell'art. 3 comma 1 e  comma  2  Cost.,  limitatamente
alle parole  «per  almeno  cinque  anni  nel  periodo  immediatamente
precedente la data di presentazione della domanda», l'art.  22  comma
1, lettera b), della L.R. Lombardia 16/2016,  che  stabilisce  che  i
potenziali beneficiari  dell'edilizia  residenziale  pubblica  devono
soddisfare il requisito della residenza anagrafica o  svolgimento  di
attivita' lavorativa in Regione Lombardia per il predetto periodo. La
Corte ha evidenziato come tale disposizione non superasse la verifica
sulla  sussistenza  e  sull'adeguatezza  del  collegamento   tra   la
finalita' del  servizio  sociale  da  erogare  e  le  caratteristiche
soggettive richieste  ai  suoi  potenziali  beneficiari,  violando  i
principi  di  eguaglianza   e   ragionevolezza   e   producendo   una
irragionevole disparita' di trattamento a danno di chi non  fosse  in
possesso del requisito ultraquinquennale previsto; essa  contrastava,
inoltre, con il principio di eguaglianza sostanziale, dal momento che
il previsto requisito contraddice la funzione  sociale  dell'edilizia
residenziale pubblica, risolvendosi in una soglia rigida che porta  a
negare  l'accesso  a  quest'ultima   a   prescindere   da   qualsiasi
valutazione  attinente  allo  stato  di  bisogno  o  di  disagio  del
richiedente. Ne', infine, il requisito  censurato  dal  Tribunale  di
Milano  poteva  considerarsi  di  per  se'   indice   di   un'elevata
probabilita' di permanenza in un determinato ambito  territoriale  e,
in  ogni  caso,  quand'anche  il   radicamento   territoriale   fosse
adeguatamente  valutato,  non  avrebbe   potuto   comunque   assumere
importanza tale  da  escludere  qualsiasi  rilievo  del  bisogno.  La
prospettiva  della  stabilita'  puo',  pertanto,  rientrare  tra  gli
elementi da valutare in sede di formazione della graduatoria, ma  non
costituire una condizione di generalizzata esclusione dall'accesso al
servizio.  Ne'  il  requisito  alternativo  di   previa   occupazione
protratta  presenta  alcuna  ragionevole  connessione  con  la  ratio
dell'edilizia residenziale pubblica. 
    La Corte evidenzia che il diritto all'abitazione «rientra  fra  i
requisiti essenziali caratterizzanti la socialita' cui si conforma lo
Stato democratico voluto dalla Costituzione», in modo che «la vita di
ogni persona rifletta ogni giorno e  sotto  ogni  aspetto  l'immagine
universale della dignita' umana»  (Corte  cost.  n.  217/1998;  Corte
costituzionale n. 404/1988; Corte costituzionale n.  209/2009;  Corte
costituzionale n. 106/2018).  «L'edilizia  residenziale  pubblica  e'
diretta ad  assicurare  in  concreto  il  soddisfacimento  di  questo
bisogno primario, perche' serve a «garantire un'abitazione a soggetti
economicamente deboli nel luogo ove e' la sede  dei  loro  interessi»
(sentenza n. 176  del  2000),  al  fine  di  assicurare  un'esistenza
dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti». 
    Dunque, «i criteri adottati dal legislatore per la selezione  dei
beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento con
la funzione del servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n.  107  del
2018, n. 168 del 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011). Il
giudizio sulla sussistenza e sull'adeguatezza di tale collegamento  -
fra finalita' del servizio da erogare  e  caratteristiche  soggettive
richieste ai suoi potenziali beneficiari - e' operato da questa Corte
secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai  sensi  dell'art.
3, primo comma, Cost., che  muove  dall'identificazione  della  ratio
della norma di riferimento e passa poi alla verifica  della  coerenza
con tale ratio del filtro selettivo introdotto». 
    Anche nel caso in  esame  non  appare  manifestamente  infondato,
applicando analoghi parametri  di  valutazione,  il  dubbio  che  sia
irragionevole ancorare al rigido presupposto della sussistenza di  un
rapporto di lavoro (genericamente definito come regolare)  in  essere
la fruizione di un servizio sociale concepito proprio come  destinato
prioritariamente ai soggetti economicamente deboli. 
    Come gia' evidenziato, il radicamento territoriale in  ogni  caso
non puo' assumere una importanza tale da escludere qualsiasi  rilievo
del bisogno. «Data la  funzione  sociale  del  servizio  di  edilizia
residenziale pubblica, e' irragionevole che  anche  i  soggetti  piu'
bisognosi siano esclusi a priori dall'assegnazione degli alloggi solo
perche' non offrirebbero sufficienti garanzie di  stabilita'»  (Corte
Cost. 44/2020). 
    Tali argomenti, riferiti ad una previsione di legge regionale che
condizionava  l'accesso   all'edilizia   residenziale   pubblica   al
protrarsi  ultraquinquennale  della  residenza,  valgono   anche   se
rapportati alla previsione di cui all'art. 40  comma  6  testo  unico
Immigrazione,  in  quanto  la  condizione  ivi  prevista  rischia  di
comportare  la  negazione   del   beneficio   proprio   ai   soggetti
economicamente piu' deboli, in contraddizione con la funzione sociale
del servizio. 
    In particolare, il requisito dello  svolgimento  della  «regolare
attivita' lavorativa» al momento della  presentazione  della  domanda
non appare conforme al  parametro  della  ragionevolezza  sotto  piu'
profili: 
      - e' in primo luogo contraddittorio prevedere  tale  soglia  di
sbarramento a fronte della finalita' di sostegno pubblico ai soggetti
che si trovino in condizioni di bisogno e che  quindi  incontrino  le
maggiori  difficolta'  a  reperire  un  immobile  in  locazione  alle
condizioni di mercato; la condizione di bisogno nasce piu' facilmente
dalla assenza o dalla precarieta' di una occupazione lavorativa; 
      - la stessa locuzione «regolare attivita' lavorativa»,  per  la
sua  genericita',  consente  interpretazioni  tra  loro  difformi  ed
eventualmente contraddittorie,  in  ragione  della  diversita'  delle
attivita' configurabili,  delle  diverse  possibili  scadenze  e  dei
redditi  che  dalle  stesse  possono  derivare,  anche   estremamente
modesti; 
      - diversamente, non e' detto che la  persona  che  si  trova  -
provvisoriamente e al momento  della  domanda  di  partecipazione  al
bando -  in  condizioni  di  momentanea  disoccupazione  (e  che,  ad
esempio, abbia percepito il TFR) versi in condizioni di bisogno  piu'
accentuate di soggetti che  prestano  una  attivita'  lavorativa  con
reddito modesto (ad esempio, lavori part-time minimi o in  ogni  caso
con retribuzione estremamente ridotta); 
      - concentrare l'attenzione  sulla  esistenza  di  una  regolare
attivita'  lavorativa  (anche  a  prescindere  dalla  genericita'  ed
equivocita' di tale espressione) al momento della presentazione della
domanda si risolve nella  cristallizzazione  di  una  condizione  che
potrebbe non riflettere l'effettivo stato di bisogno del partecipante
al bando, in modo tale da fornire una rappresentazione dei fatti  non
necessariamente conforme alle  finalita'  che  l'offerta  di  alloggi
pubblici mira a perseguire; 
      - la  norma  in  discussione  non  tiene  inoltre  conto  della
eventualita' che chi intende partecipare al bando  si  trovi  in  una
condizione di impossibilita' derivante da cause a se' non imputabili,
come ad esempio nel caso del ricorrente H. , la  cui  invalidita'  e'
stata formalmente riconosciuta; 
      - e' inoltre determinante, al fine del vaglio  di  legittimita'
costituzionale in discussione, la circostanza che tale requisito  non
sia richiesto ai cittadini italiani e ai cittadini  dell'UE;  non  e'
ravvisabile  una  logica,  necessariamente  sottesa  all'applicazione
dell'art. 3 Cost., che giustifichi una disparita' di trattamento  tra
cittadini  UE  ed  extra  UE  a  fronte  di  una  medesima  ipotetica
condizione di bisogno. 
    Le  considerazioni  che  precedono  inducono   a   ritenere   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
relativa all'art. 40 comma 6 decreto legislativo n. 286/98 e all'art.
22 comma 1 lettera a) L.R. Lombardia n. 16/2016 nella  parte  in  cui
richiedono agli stranieri titolari  di  carta  di  soggiorno  e  agli
stranieri  regolarmente  soggiornanti  in  possesso  di  permesso  di
soggiorno  almeno  biennale,  con  analoga  locuzione,  il  requisito
dell'esercizio di «una regolare attivita' di lavoro subordinato o  di
lavoro autonomo» con riferimento sia  all'art.  3  comma  1  Cost.  -
tenuto conto dell'irragionevole disparita' di trattamento in danno di
chi non sia in condizioni di  regolare  attivita'  lavorativa  -  sia
all'art. 3 comma 2 Cost., essendo violato il principio di eguaglianza
sostanziale, venendo meno la tutela di chi versa in maggiore stato di
bisogno. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 legge 87/1953, ritenutane la rilevanza e  la  non
manifesta  infondatezza,  rimette  alla   Corte   costituzionale   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 comma 6 D. Lgs.
25 luglio 1998, n. 286 e dell'art. 22 comma 1 lettera a) L.R. Regione
Lombardia per contrasto con l'art. 3 comma 1 e 2 Cost.,  nella  parte
in  cui  prevedono,  tra  i  requisiti  per  l'accesso   all'edilizia
residenziale pubblica richiesti agli stranieri titolari di  carta  di
soggiorno e agli stranieri regolarmente soggiornanti in  possesso  di
permesso di soggiorno almeno biennale, quello dell'esercizio di  «una
regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo». 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale. 
    Ordina che la presente ordinanza  sia  notificata  a  cura  della
cancelleria alle parti, al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e
sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Milano li', 16 luglio 2025 
 
                        Il Giudice: Di Plotti
                    
Loading…
Loading the web debug toolbar…
Attempt #