Reg. ord. n. 221 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/11/2025 n. 47
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio del 19/09/2025
Tra: Agenzia delle Entrate - Riscossione Roma C/ M. P.
Oggetto:
Prescrizione e decadenza – Tributi – Riscossione – Prescrizione ordinaria – Applicazione, in assenza di un’espressa previsione e secondo l’interpretazione del diritto vivente, del termine di prescrizione decennale alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IVA e IRAP) – “Se e per quanto possa occorrere”: Procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli – Condizioni – Riaffidamento in riscossione delle somme non riscosse, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale – Violazione del principio di eguaglianza – Irragionevole differenziazione dei termini di prescrizione per la riscossione delle imposte statali (dieci anni) e delle imposte comunali (cinque anni) – Ingiustificato privilegio per l’amministrazione statale – Irragionevole applicazione del termine di prescrizione decennale in considerazione del mutato contesto tecnologico – Lesione del principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione – Irragionevolezza e anomalia del termine desumibile dal confronto con altre fattispecie per le quali è previsto un termine quinquennale – Contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità anche in confronto con il termine quinquennale stabilito per l’accertamento – Incoerenza rispetto alla tendenza dell’ordinamento a ridurre, in ragione dell’applicazione di strumenti informatici, i termini per il compimento di determinate attività processuali – Violazione del principio di ragionevole durata del processo, conseguente alla durata del procedimento tributario.
Norme impugnate:
codice civile del Num. Art. 2946
decreto legislativo del 13/04/1999 Num. 112 Art. 20 Co. 6
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 settembre 2025
Ordinanza del 19 settembre 2025 della Corte di giustizia tributaria
di secondo grado del Lazio sull'appello proposto dall'Agenzia delle
entrate - Riscossione Roma contro M. P..
Prescrizione e decadenza - Tributi - Riscossione - Prescrizione
ordinaria - Applicazione, in assenza di un'espressa previsione e
secondo l'interpretazione del diritto vivente, del termine di
prescrizione decennale alla riscossione dei tributi erariali.
- Codice civile, art. 2946.
Prescrizione e decadenza - Tributi - Riscossione - Procedura di
discarico per inesigibilita' e reiscrizione nei ruoli - Condizioni
- Riaffidamento in riscossione delle somme non riscosse, a
condizione che non sia decorso il termine di prescrizione
decennale.
- Decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio
nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista
dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), art. 20, comma 6.
(GU n. 47 del 19-11-2025)
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO
Sezione 11
riunita in udienza l'11 dicembre 2024 alle ore 9,30 con la
seguente composizione collegiale:
Perla Pietro, Presidente;
Pannone Andrea, relatore;
Chiappiniello Agostino, giudice;
in data 11 dicembre 2024 ha pronunciato la seguente ordinanza
sull'appello n. 1924/2024 depositato il 18 aprile 2024;
proposto da Ag.entrate - Riscossione - Roma, difeso da Loredana
Alcamo - LCMLDN76B65F061F ed elettivamente domiciliato presso
loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org
contro M. P. - elettivamente domiciliato presso
avvgiancarlopica@puntopec.it
avente ad oggetto l'impugnazione di:
pronuncia sentenza n. 4258/2024 emessa dalla Corte di
giustizia tributaria primo grado Roma sez. 13 e pubblicata il 2
aprile 2024;
atti impositivi:
avviso di intimazione n. ... IRPEF-ALTRO;
a seguito di discussione in camera di consiglio e visto il
dispositivo n. 681/2024 depositato il 13 dicembre 2024.
Elementi in fatto e diritto
A) La sentenza, qui impugnata (della Corte di giustizia
tributaria di primo grado di Roma, Sezione 13, 2 aprile 2024, n.
4258), ha osservato quanto segue.
«P. M. proponeva ricorso nei confronti dell'Agenzia delle entrate
- Riscossione contestando l'intimazione di pagamento n. ...,
notificata il ..., con la quale veniva richiesto il pagamento della
somma di euro 27.941,87 in relazione alla cartella di pagamento n.
..., asseritamente notificata il ... e relativa a IVA, IRAP e IRPEF
per l'anno ....
Proponeva i seguenti motivi di ricorso:
mancata notifica degli atti presupposti e conseguente
nullita' dell'atto impugnato;
intervenuta prescrizione.
Concludeva chiedendo l'annullamento degli atti impugnati.
Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle entrate - Riscossione
che, con proprie controdeduzioni, sosteneva la piena legittimita'
dell'atto in contestazione, producendo documentazione volta a
dimostrare la regolare notifica della cartella di pagamento e, prima
della incontestata notifica dell'intimazione impugnata, la notifica
di altro avviso n. ... in data ... non opposto dal contribuente.
Concludeva chiedendo il rigetto della domanda di parte
ricorrente.
Il ricorso e' fondato e, pertanto, deve essere accolto.
Deve, infatti, ritenersi fondato il motivo di ricorso con il
quale il ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione.
Occorre innanzitutto premettere che, trattandosi di crediti
riferiti a tributi erariali, il termine di prescrizione di
riferimento e' quello ordinario di dieci anni.
Dall'esame della documentazione versata in atti dall'Agenzia
delle entrate - Riscossione emerge l'avvenuta notifica cartella n.
..., presupposto dell'impugnata intimazione, avvenuta il ....
Successivamente, e prima della intimazione in questione, e' stato
notificato il ... un ulteriore avviso avente ad oggetto la cartella
che, quindi, secondo quanto sostenuto da parte resistente, ha
interrotto il decorso del termine di prescrizione, rendendo cosi'
legittimo l'atto oggi impugnato.
La Corte deve, invece, osservare come dalla notifica dell'ultimo
atto (...) e la notifica dell'intimazione (...) sia stato superato il
termine di prescrizione decennale con conseguente illegittimita'
dell'intimazione stessa che deve quindi essere annullata.
Per quanto detto, il ricorso appare fondato e meritevole di
accoglimento».
B) Ha proposto ricorso in appello l'Agenzia delle entrate -
Riscossione deducendo, per quel che qui rileva, quanto segue.
«Nell'odierno giudizio l'odierna parte appellante oltre alla
rituale notifiche della cartella e prima della notifica
(incontestata) dell'avi impugnato, deduceva e dimostrava l'avvenuta
notifica, in data ..., dell'avi ... che, in quanto non opposto, ha
fatto decorrere nuovo termine di prescrizione dalla data dello
stesso.
L'odierna appellante richiamava in atti il comma 4-bis dell'art.
68 del decreto-legge n. 18/2020 che prevede:
"Con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie
e non tributarie, affidati all'agente della riscossione durante il
periodo di sospensione di cui ai commi 1 e 2-bis e, successivamente,
fino alla data del 31 dicembre 2021, .... sono prorogati:
a) di dodici mesi, il termine di cui all'art. 19, comma 2, lettera a)
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112;
b) di ventiquattro mesi, anche in deroga alle disposizioni dell'art.
3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e a ogni altra
disposizione di legge vigente, i termini di decadenza e prescrizione
relativi alle stesse entrate".
Tale previsione e' stata ripresa anche dall'art. 4 del
decreto-legge n. 41/2021 (cosiddetto Decreto Sostegni) che ha
previsto una proroga di 24 mesi sia per i termini di decadenza che
per i termini di prescrizione degli atti impositivi di Agenzia delle
entrate - Riscossione.
Nel caso di specie, trattandosi di tributo per mancato pagamento
di IVA, IRAP e IRPEF, la relativa prescrizione decennale sulla base
della richiamata sospensione della prescrizione sopra richiamata non
e' decorsa e la sentenza della Corte di giustizia di primo grado va
riformata.
L'attivita' di sospensione della notifica delle cartelle e degli
atti di riscossione durante il periodo emergenziale COVID (8 marzo
2020 - 31 agosto 2021) ex art. 68 del decreto-legge n. 18/2020
convertito in legge n. 27/2020 comporta che il termine di
prescrizione che scade in detto periodo e' prorogato al 31 dicembre
del secondo anno successivo alla scadenza originale della notifica
dell'atto.
Da quanto sopra se ne ricava che alla data dell'avi opposto 4
agosto 2022 non era decorsa prescrizione decennale dalla notifica
dell'avi del .... La sentenza va, pertanto, riformata».
C) Parte appellata (sig. M. P. ) non si e' costituita in
giudizio, cosicche' il giudice adito deve dar conto della corretta
instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti.
Parte appellante, rappresentata e difesa dall'avv. Loredana
Alcamo, ha notificato il ricorso in appello ad entrambi i difensori
(in primo grado) di parte appellata: avvocati Giancarlo Pica e Maria
Cherubini.
Si trascrive la ricevuta di accettazione della p.e.c. (posta
elettronica certificata).
«Ricevuta di accettazione.
Il giorno 16/04/2024 alle ore 15:47:05 (+0200) il messaggio
"attenzione trattasi di notificazione ai sensi della legge 53 del
1994" proveniente da "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org" ed
indirizzato a:
avvmariacherubini@puntopec.it
("posta certificata")
avvgiancarlopica@puntopec.it
("posta certificata")
e' stato accettato dal sistema ed inoltrato.
Identificativo messaggio:
31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it.
Questa ricevuta, per sua garanzia, e' firmata digitalmente.
La preghiamo di conservarla come attestato dell'invio del
messaggio».
Si trascrivono le ricevute di consegna della p.e.c. sia
all'avvocato Maria Cherubini, che all'avvocato Giancarlo Pica.
«Ricevuta di avvenuta consegna.
Il giorno 16/04/2024 alle ore 15:47:07 (+0200) il messaggio
"attenzione trattasi di notificazione ai sensi della legge 53 del
1994"
proveniente da "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org"
ed indirizzato a "avvmariacherubini@puntopec.it"
e' stato consegnato nella casella di destinazione.
Identificativo messaggio:
31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it».
«Ricevuta di avvenuta consegna.
Il giorno 16/04/2024 alle ore 15:47:07 (+0200) il messaggio
"attenzione trattasi di notificazione ai sensi della legge 53 del
1994"
proveniente da "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org"
ed indirizzato a "avvgiancarlopica@puntopec.it"
e' stato consegnato nella casella di destinazione.
Identificativo messaggio:
31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it».
D) Le ricevute trascritte dimostrano la corretta instaurazione
del contraddittorio nei confronti di parte appellata.
*****
E' pacifico in atti che parte appellata ha ricevuto (in data ...)
la cartella ... per un importo complessivo di euro 27.941,87.
La sentenza qui impugnata ha riconosciuto che successivamente, e
prima della intimazione su cui si controverte, e' stato notificato in
data ... un ulteriore avviso [l'intimazione di pagamento n. ...]
avente ad oggetto la cartella or ora richiamata.
I suddetti atti (cartella e intimazione) non sono stati impugnati
nei termini di decadenza e, quindi, il loro contenuto si e'
consolidato: contro essi non possono essere piu' proposte censure di
merito.
Questo Collegio ritiene di dover (sin d'ora) evidenziare (e per
le ragioni che saranno esplicitate piu' innanzi) che tra la
notificazione della cartella (...) e la notificazione
dell'intimazione (...) erano trascorsi meno di 5 anni.
La sentenza ha accolto il ricorso perche' tra la notificazione
dell'avviso di intimazione del 7 aprile 2011 e l'intimazione di
pagamento n. ... (impugnata da parte appellata) del 4 agosto 2022 era
stato superato il termine di prescrizione decennale, ritenuto
applicabile alle imposte erariali richieste con gli atti richiamati.
Parte appellante ha dedotto un solo motivo di ricorso in appello
(e da qui la rilevanza della questione di costituzionalita', che qui
si solleva).
Parte appellante ha invocato il comma 4-bis dell'art. 68
(Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati
all'agente della riscossione) del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
convertito, con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27
(Misure di potenziamento dei Servizio sanitario nazionale e di
sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19).
La norma disponeva:
«Con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie
e non tributarie, affidati all'agente della riscossione durante il
periodo di sospensione di cui ai commi 1 e 2-bis e, successivamente,
fino alla data del 31 dicembre 2021, [...] sono prorogati:
a) [...];
b) di ventiquattro mesi, anche in deroga alle disposizioni dell'art.
3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e a ogni altra
disposizione di legge vigente, i termini di decadenza e prescrizione
relativi alle stesse entrate».
Dal ... (data di notificazione dell'intimazione di pagamento n.
...) decorreva un ulteriore termine di prescrizione decennale, che
sarebbe scaduto il ....
In pendenza del nuovo termine di prescrizione (e, per quel che
piu' conta, prima della sua scadenza) e' intervenuta (nell'anno 2020)
la proroga legislativa or ora richiamata che ha prolungato il termine
di 24 mesi.
L'Agenzia delle entrate - Riscossione poteva quindi notificare
una nuova intimazione di pagamento entro il .... L'intimazione di
pagamento n. ..., notificata il ..., dovrebbe essere considerata
tempestiva e il ricorso in appello dovrebbe essere accolto, con
conseguente rigetto del ricorso di primo grado.
*****
Rilevanza della questione di costituzionalita' delle norme di
seguito indicate.
Questo Collegio ritiene, pero', di dover sollevare questione di
costituzionalita' delle norme che, in via di interpretazione,
applicano il termine di prescrizione decennale alla riscossione dei
tributi erariali.
Il ricorso in appello (come gia' detto) dovrebbe essere accolto
alla luce della proroga legislativa invocata da parte appellante e
non tenuta in conto dal giudice di primo grado.
Ove, al contrario, dovesse essere accolta la questione di
costituzionalita' dedotta, nel senso di applicare il termine di
prescrizione quinquennale anche alla riscossione dei tributi
erariali, il ricorso in appello dovrebbe essere respinto.
Infatti dopo la notificazione della prima intimazione [...]
avvenuta il ... l'Agenzia delle entrate - Riscossione avrebbe dovuto
notificare un nuovo avviso di intimazione entro il .... Cio' non ha
fatto e, di conseguenza, il ricorso in appello non puo' trovare
accoglimento.
La proroga legislativa piu' su richiamata non puo' giovare
all'appellante perche' essa e' intervenuta (con il decreto-legge 17
marzo 2020, n. 18) quando oramai il termine di prescrizione si era
consumato.
La diversita' dell'esito del ricorso in appello (rigetto in luogo
dell'accoglimento) dimostra la rilevanza della questione.
*****
Questa Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio
ritiene rilevante, e non manifestamente infondata, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2946 del codice civile («Salvi
i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono
per prescrizione con il decorso di dieci anni»), per quanto applicato
dalla giurisprudenza di legittimita' alla riscossione dei tributi
erariali (IRPEF - IVA e IRAP).
La questione viene sollevata (se e per quanto possa occorrere)
anche nei confronti del comma 6 dell'art. 20 (Procedura di discarico
per inesigibilita' e reiscrizione nei ruoli) del decreto legislativo
13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della
riscossione), nella parte in cui l'ente creditore puo', a condizione
che non sia decorso il termine di prescrizione decennale, riaffidare
in riscossione le somme non riscosse.
*****
La legislazione a supporto della dedotta questione di
costituzionalita'
A) La legislazione in tema di accertamento.
A1) Il termine per l'accertamento delle imposte dirette (tra le
quali l'IRPEF, imposta sul reddito delle persone fisiche) e'
disciplinato dall'art. 43 (Termine per l'accertamento) del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600
(Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi).
La norma dispone: «Gli avvisi di accertamento devono essere
notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione».
A2) Il termine per l'accertamento dell'IVA (imposta sul valore
aggiunto, istituita con decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633) e' disciplinato dell'art. 57 (Termine per gli
accertamenti).
La norma dispone: «In caso di omessa presentazione della
dichiarazione, l'avviso di accertamento dell'imposta a norma del
primo comma dell'art. 55 puo' essere notificato fino al 31 dicembre
del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe
dovuto essere presentata. [...]».
A3) Il termine per l'accertamento dell'IRAP (Imposta regionale
sulle attivita' produttive, istituita con decreto legislativo 15
dicembre 1997, n. 446) e' disciplinato dall'art. 25 (Disciplina
temporanea).
La norma dispone: «Fino a quando non hanno effetto le leggi
regionali di cui all'art. 24, per le attivita' di controllo e
rettifica della dichiarazione, per l'accertamento e per la
riscossione dell'imposta regionale, nonche' per il relativo
contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui
redditi ad eccezione [...]».
A4) Il termine per l'accertamento dei tributi locali (tra i quali
assume particolare rilevanza l'IMU, imposta municipale propria,
istituita con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13) e' disciplinato dal
comma 161 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato).
La norma dispone: «Gli enti locali, relativamente ai tributi di
propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni
incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonche'
all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi
versamenti, notificando al contribuente, ..., un apposito avviso
motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono
essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il
versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli
stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni
amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni».
A5) Il termine per l'accertamento delle sanzioni e' disciplinato
dall'art. 20 (Decadenza e prescrizione) del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472 («Disposizioni generali in materia di sanzioni
amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma
dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662»).
La norma dispone: «-1. L'atto di contestazione di cui all'art.
16, ovvero l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di
decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello
in cui e' avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per
l'accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini devono
essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono iscritte le sanzioni
irrogate ai sensi dell'art. 17, comma 3.
-2. Se la notificazione e' stata eseguita nei termini previsti
dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti
obbligati in solido, il termine e' prorogato di un anno.
-3. II diritto alla riscossione della sanzione irrogata si
prescrive nel termine di cinque anni. L'impugnazione del
provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non
corre fino alla definizione del procedimento».
B) Dall'esame delle norme richiamate si evince che (a parte
peculiarita' alle quali non si e' fatto riferimento) il termine per
l'accertamento delle imposte dirette, dell'iva, dell'irap, dell'imu e
delle sanzioni e' sempre di 5 anni.
C) La legislazione in tema di riscossione.
La legislazione non prevede nessun termine di prescrizione per la
riscossione dei crediti erariali derivanti dagli atti di accertamento
delle imposte innanzi esaminate. La prescrizione e' stata individuata
dalla giurisprudenza richiamando discipline di altri rami
dell'ordinamento.
Solo per le sanzioni il legislatore ha previsto uno specifico
termine di prescrizione indicato al comma 3 dell'art. 20 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in precedenza richiamato sub
lettera A5).
D) La legislazione in tema di dimezzamento dei termini.
D1) La modificazione del codice di procedura civile.
L'originaria formulazione del primo comma dell'art. 327 del
codice di procedura civile (approvato con regio decreto 28 ottobre
1940, n. 1443) prevedeva: «Indipendentemente dalla notificazione,
..., il ricorso per cassazione e la revocazione ... non possono
proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza».
La norma in vigore (come modificata dall'art. 46, comma 17, della
legge 18 giugno 2009, n. 69) dispone: «indipendentemente dalla
notificazione ..., l'appello, il ricorso per cassazione e la
revocazione ..., non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla
pubblicazione della sentenza».
D2) La domanda di fissazione d'udienza nel processo
amministrativo.
L'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 («Istituzione dei
tribunali amministrativi regionali») prevedeva: «La discussione del
ricorso deve essere richiesta dal ricorrente [...] con apposita
istanza da presentarsi entro il termine massimo di due anni dal
deposito del ricorso».
L'art. 9, comma 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205 ha
disposto: «A cura della segreteria e' notificato alle parti
costituite, dopo il decorso di dieci anni dalla data di deposito dei
ricorsi, apposito avviso in virtu' del quale e' fatto onere alle
parti ricorrenti di presentare nuova istanza di fissazione
dell'udienza [...]».
Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo
amministrativo) attualmente in vigore prevede al comma 1 dell'art. 71
(Fissazione dell'udienza): «La fissazione dell'udienza di discussione
deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non
revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal
deposito del ricorso [...]».
Il successivo art. 82 (Perenzione dei ricorsi ultraquinquennali),
al comma 1, dispone: «Dopo il decorso di cinque anni dalla data di
deposito del ricorso, la segreteria comunica alle parti costituite
apposito avviso in virtu' del quale e' fatto onere al ricorrente di
presentare nuova istanza di fissazione di udienza [...]. In difetto
di tale nuova istanza, il ricorso e' dichiarato perento».
L'efficacia della domanda di fissazione d'udienza (atto
indispensabile del processo amministrativo per ottenere la pronuncia
del giudice) e' passata del tempo indeterminato dell'anno del 1971 al
termine quinquennale del codice attualmente in vigore.
E) ll decreto legislativo 29 luglio 2024, n. 110 (Disposizioni in
materia di riordino del sistema nazionale della riscossione) art. 3
(Discarico automatico o anticipato).
La norma, per quel che qui rileva, dispone: «1. Le quote affidate
all'Agenzia delle entrate-Riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2025
e non riscosse entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a
quello di affidamento sono automaticamente discaricate secondo quanto
stabilito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze».
F) La legislazione sui termini per la proposizione dei ricorsi.
F1) Nella giustizia civile.
Il comma secondo dell'art. 325 del codice di procedura civile
dispone: «Il termine per proporre il ricorso per cassazione e' di
giorni sessanta».
Il primo comma dell'art. 369 del codice di procedura civile
dispone: «Il ricorso e' depositato, a pena di improcedibilita', nel
termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle parti contro
le quali e' proposto».
F2) Nella giustizia amministrativa.
Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo
amministrativo) prevede, all'art. 29 (Azione di annullamento), che:
«L'azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed
eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta
giorni».
Il successivo art. 45 (Deposito del ricorso e degli altri atti
processuali) dispone: «Il ricorso e gli altri atti processuali
soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria
del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente
[...]».
Il medesimo decreto legislativo prevede, all'art. 92 (Termini per
le impugnazioni): «..., le impugnazioni si propongono con ricorso e
devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta
giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza».
Il successivo art. 94 (Deposito delle impugnazioni) prevede: «...
il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito,
a pena di decadenza, entro trenta giorni dall'ultima notificazione
...».
F3) Nella giustizia tributaria.
Si fa riferimento al decreto legislativo 14 novembre 2024, n, 175
(Testo unico della giustizia tributaria, in vigore dal 1° gennaio
2026), che, attesa la sua natura compilativa, richiama disposizioni
dell'ordinamento vigente.
Art. 67 (Termine per la proposizione del ricorso) (art. 21 del
decreto legislativo n. 546 del 1992): «Il ricorso deve essere
proposto a pena di inammissibilita' entro sessanta giorni dalla data
di notificazione dell'atto impugnato».
Art. 68 (Costituzione in giudizio del ricorrente) (art. 22 del
decreto legislativo n. 546 del 1992): «Il ricorrente, entro trenta
giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d'inammissibilita' lo
deposita telematicamente, nella segreteria della corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado adita, ovvero, [...]».
Art. 104 (I mezzi d'impugnazione) (art. 50 del decreto
legislativo n. 546 del 1992): «I mezzi per impugnare le sentenze
delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado sono
l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione».
Art. 105 (Termini d'impugnazione) (art. 51 del decreto
legislativo n. 546 del 1992): «Se la legge non dispone diversamente
il termine per impugnare la sentenza della corte di giustizia
tributaria di primo e secondo grado e' di sessanta giorni, decorrente
dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto
dall'art. 87, comma 3».
Art. 107 (Forma dell'appello) (art. 53 del decreto legislativo n.
546 del 1992): «-1. Il ricorso in appello contiene [...]. -2. Il
ricorso in appello e' proposto nelle forme di cui all'art. 66, commi
1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al
giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell'art.
68, commi 1, 2 e 3».
G) Tutte le norme richiamate sono accomunate da un'identica
previsione: il ricorso deve essere proposto nel termine di sessanta
giorni e depositato nel successivo termine di trenta giorni, fatta
eccezione per il ricorso in Cassazione che deve essere depositato nel
piu' breve termine di 20 giorni.
H) La legislazione sulla ragionevole durata del processo.
La legge 24 marzo 2001, n. 89 («Previsione di equa riparazione in
caso di violazione del termine ragionevole del processo e [...]»)
all'art. 2 (Diritto all'equa riparazione), commi 2-bis e 2-ter,
prevede: «2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di
cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in
primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di
legittimita' [...]. 2-ter. Si considera comunque rispettato il
termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo
irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni».
*****
La giurisprudenza della Corte di cassazione
A) La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di tributi
erariali.
La Corte di cassazione, in tema di riscossione dei tributi
erariali, ha costantemente affermato il seguente principio: «Questa
Corte, sulla scia della pronuncia nomofilattica S.U. n. 23397/2016 ha
precisato che: "In tema IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il
credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell'ordinario
termine decennale assumendo rilievo, quanto all'imposta di registro,
l'espresso disposto di cui all'art. 78 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte
dirette, l'assenza di un'espressa previsione, con conseguente
applicabilita' dell'art. 2946 del codice civile, non potendosi
applicare l'estinzione per decorso quinquennale prevista dall'art.
2948, comma 1, n. 4, del codice civile 'per tutto cio' che deve
pagarsi periodicamente ad anno o in termini piu' brevi', in quanto
l'obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a
cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento
non e' mai legato ai precedenti bensi' risente di nuove ed autonome
valutazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi"
(Cassazione civ., Sez. V, ord., 12 febbraio 2024, n. 3827).
Identiche affermazioni si rinvengono nelle seguenti pronunce
della Corte: 28 agosto 2024, n. 23215; 29 novembre 2023, n. 33213; 15
giugno 2023, n. 17234; 13 novembre 2020, n. 25716; 26 giugno 2020, n.
12740; 17 dicembre 2019, n. 33266; 11 dicembre 2019, n. 32308;
Sezioni unite 17 novembre 2016, n. 23397; 13 maggio 2011, n. 10540; 9
febbraio 2007, n. 2941; 8 settembre 2004, n. 18110.
Questo Collegio ritiene di dover evidenziare che la pronuncia
della Corte di cassazione, a Sezioni unite, 17 novembre 2016, n.
23397, era stata adottata in un ricorso (n. 20394/2014) proposto
dall'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) contro la
Serit Sicilia s.p.a., per la cassazione della sentenza n. 456/2014
della Corte d'appello di Catania, depositata il 16 maggio 2014.
La sentenza trattava di contributi previdenziali e non di tributi
erariali.
La prescrizione per la riscossione dei contributi previdenziali
si matura in 5 anni.
La prescrizione per la riscossione dei tributi erariali si matura
in 10 anni.
I richiami a detta sentenza contenuti non solo in atti di parte,
ma anche in pronunce giurisdizionali dei giudici di merito per
applicare anche ai tributi erariali una prescrizione di 5 anni non
possono (ovviamente) essere condivisi.
B) La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di tributi
locali.
La Corte di cassazione, in tema di imposta municipale propria, ha
affermato: «L'imposta comunale sugli immobili (ICI) [e, oggi, IMU,
imposta municipale propria] soggiace alla prescrizione quinquennale
di cui all'art. 2948, n. 4, c.c., configurandosi alla stregua di
un'obbligazione periodica o di durata e non rientrando nel novero
delle prestazioni unitarie, per le quali rileva una pluralita' di
termini successivi per un adempimento che strutturalmente rimane
eseguibile anche "uno actu", con correlata applicabilita'
dell'ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 del codice civile"
(Cassazione 3 luglio 2020, n. 13683; Cassazione 29 novembre 2017, n.
28576)» (Cassazione n. 31260 del 9 novembre 2023).
C) La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di
sanzioni.
La Corte di cassazione, in tema di sanzioni, ha affermato: «In
caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza
passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve
essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni
e' quello quinquennale, cosi' come previsto dall'art. 20, comma 3,
del decreto legislativo n. 472 del 1997 (Cassazione 8 marzo 2022, n.
7486; Cassazione 6 dicembre 2022, n. 35769; Cassazione, 22 luglio
2011, n. 16099), con decorrenza dall'iscrizione a ruolo del credito,
ossia dall'emissione dell'atto di irrogazione della (allora)
soprattassa (Cassazione, 7 novembre 2011, n. 20600).
Il termine decennale riguarda invece esclusivamente i crediti per
sanzioni per la violazione di norme tributarie "derivanti da sentenza
passata in giudicato" applicandosi allora l'art. 2953 del
codice civile, che disciplina specificamente ed in via generale la
cosiddetta "actio iudicati" (cfr. Cassazione, Sez. U., 10 dicembre
2009, n. 25790; conf., tra altre, Cassazione 11 marzo 2011, n. 5337).
La disciplina prescrizionale di diritto speciale, prevista
dall'art. 20 del decreto legislativo n. 472/1997, e' esaustiva stante
il carattere speciale dell'illecito tributario (Cassazione, 24
gennaio 2023, n. 2095; Cassazione 2 ottobre 2000, n. 12989). La
suddetta disciplina speciale della prescrizione in materia di
sanzioni tributarie e' conforme al sistema e alle norme di
contabilita' pubblica e il carattere di specialita' rispetto alle
norme di diritto comune trova "fondamento nei vincoli di competenza
del bilancio della Stato, in forza dei quali l'amministrazione
finanziaria deve potere, almeno per grandi linee, programmare e
prevedere per ciascun anno il gettito fiscale ed i tempi della
riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse di uomini e
mezzi (bilancio di previsione)" (Cassazione, Sez. U., 10 dicembre
2009, n. 25790; conf. Cassazione, Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16730).
La generalizzata durata quinquennale obbedisce anche a esigenze
di certezza e di tutela del contribuente, in ordine ai tempi di
irrogazione della sanzione stessa. Il regime prescrizionale, in
quanto generalizzato per qualunque provvedimento sanzionatorio, non
puo' essere limitato alle sole sanzioni non contestuali all'atto
impositivo e costituisce principio generale dell'ordinamento
tributario (Cassazione 24 gennaio 2023, n. 2095 cit.)» (Corte di
cassazione, 9 novembre 2023, n. 31260; idem, 26 agosto 2024, n.
23099)».
*****
L'applicazione della prescrizione decennale alla riscossione
delle imposte erariali e' un postulato della giustizia tributaria.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ha introdotto
nell'ordinamento tributario l'art. 2946 del codice civile. I
precedenti giurisprudenziali che ricoprono senza oscillazioni
l'ultimo ventennio impediscono al giudice del merito di prospettare
una diversa soluzione interpretativa, in assenza di una norma di
rango legislativo che (fatta eccezione per la riscossione delle
sanzioni) disciplini il termine per la riscossione delle imposte
erariali.
Il giudice del merito, per ricondurre ad unitarieta' temporale il
sistema della riscossione, puo' solo sottoporre al vaglio di codesta
Corte la questione di costituzionalita' dell'articolo in rassegna.
*****
Questa Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio
ritiene non manifestamente infondata la questione di
costituzionalita' dell'art. 2946 del codice civile (per quanto
applicato alla riscossione dei tributi erariali) per violazione degli
articoli 3, comma 1, 97 e 111 della Costituzione, nonche' per
violazione dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza
dell'azione amministrativa.
*****
A) Violazione dell'art. 3, comma 1, della Costituzione.
La norma (per come applicata) viola innanzitutto il principio di
parita' e uguaglianza enunciato dall'art. 3 della Costituzione. Non
v'e' ragione per differenziare i termini di prescrizione per la
riscossione delle imposte statali (dieci anni) e comunali (cinque
anni). Riconoscere alle imposte erariali un tempo di prescrizione
doppio rispetto alle imposte comunali si risolve in un ingiustificato
privilegio per l'amministrazione statale.
B) Violazione dell'art. 97 della Costituzione.
Questo Collegio ritiene di poter partire da un dato di comune
esperienza, che non abbisogna di specifiche indicazioni normative:
l'utilizzazione dei mezzi informatici nei rapporti con la pubblica
amministrazione. La partecipazione a un procedimento (nella nozione
piu' ampia), disciplinato da norme di qualsiasi rango, richiede
l'utilizzazione di uno strumento elettronico (computer, tablet,
smartphone) che sia in grado di produrre un documento informatico e
di inviarlo, via etere, al suo destinatario.
L'introduzione dei mezzi informatici ha (in alcuni settori)
annullato i tempi di attesa per l'operazione richiesta.
Quando la redazione degli atti avveniva su supporto cartaceo, il
compimento dell'atto di notificazione richiedeva giorni. Codesta
Corte intervenne con la sentenza 26 novembre 2002, n. 477, con la
quale si dichiarava l'illegittimita' costituzionale del combinato
disposto dell'art. 149 del codice di procedura civile e dell'art. 4,
comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di
atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la
notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede(va) che
la notificazione si perfeziona(sse), per il notificante, alla data di
ricezione dell'atto da parte del destinatario anziche' a quella,
antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario.
La sentenza aveva il fine di consentire al ricorrente di
utilizzare appieno il tempo riconosciuto dalla legge per il
compimento dell'atto.
Oggi quella pronuncia risulta superata dall'introduzione delle
tecnologie informatiche.
Nel caso di specie (come risulta dalle ricevute di accettazione e
di consegna della p.e.c. con la quale e' stato inviato il ricorso in
appello) tra la spedizione (accettazione) e la ricezione della p.e.c.
(consegna) sono trascorsi solo 2 secondi.
E' pacifico che l'Agenzia delle entrate - Riscossione utilizzi
strumenti informatici di varia complessita' per lo svolgimento dei
suoi compiti istituzionali.
Ma l'utilizzazione dei mezzi informatici non puo' andare a
beneficio della sola amministrazione finanziaria per il compimento
dei propri atti; deve avere delle ricadute anche per il contribuente.
Se l'utilizzazione dei mezzi informatici ha ridotto i tempi per
il compimento dell'attivita' dell'amministrazione, non puo'
mantenersi in vita una norma (l'art. 2946 del codice civile approvato
con regio decreto 16 marzo 1942, n. 262) entrata in vigore quando il
primo computer di tipo commerciale non era stato nemmeno immaginato.
Se la norma (applicata alla riscossione delle imposte erariali)
poteva avere una giustificazione nell'anno 2004 (Cassazione, 8
settembre 2004, n. 18110), non puo' piu' averla oggi.
Codesta Corte ha riconosciuto che una norma «puo' diventare»
incostituzionale.
Valga l'esempio della pronuncia (alle cui ragioni si rinvia) di
codesta Corte n. 50 del 16 febbraio 1989 con la quale si dichiarava
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma, del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636
(Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte
in cui escludeva l'applicabilita' dell'art. 128 del codice di
procedura civile (pubblicita' delle udienze) ai giudizi che si
svolgono dinanzi alle commissioni tributarie di primo e di secondo
grado, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa
sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, ferma restando la
validita' di tutti gli atti anteriormente compiuti.
C) Violazione dell'art. 97 della Costituzione per l'anomala
previsione di un termine decennale in tema di riscossione dei tributi
erariali.
Si e' visto che l'ordinamento prevede: a) un termine quinquennale
per l'accertamento delle imposte dirette, dell'iva, dell'irap,
dell'imu e delle sanzioni; b) un termine quinquennale per la
riscossione dell'imu e delle sanzioni; c) un termine quinquennale di
efficacia della domanda di fissazione d'udienza nel processo
amministrativo e (last but non least) d) un termine quinquennale per
il discarico automatico (art. 3 del decreto legislativo 29 luglio
2024, n. 110, in precedenza richiamato).
L'ultima norma non puo' trovare applicazione diretta nella
fattispecie in esame perche' il discarico automatico opera solo per
le quote affidate all'Agenzia delle entrate - Riscossione a decorrere
dal 1° gennaio 2025. In caso contrario (ossia di immediata
applicazione anche ai rapporti pendenti) il ricorso in trattazione
doveva essere dichiarato inammissibile perche' (non essendo state
effettivamente riscosse le somme richieste) avrebbe dovuto operare il
discarico automatico.
La norma, pero', esprime una tendenza generale dell'ordinamento:
il termine quinquennale e' oramai percepito come il termine ultimo
entro il quale debbono essere compiute determinate attivita' ovvero
come il termine che (se superato) determina l'inefficacia dell'atto.
Prevedere ancora (in tale contesto) un termine decennale e'
un'anomalia che si pone in contrasto con il parametro costituzionale
invocato.
D) Violazione dell'art. 97 della Costituzione per l'anomala
previsione (sotto altro profilo) di un termine decennale in tema di
riscossione dei tributi erariali. Violazione dei principi di
ragionevolezza e di proporzionalita'.
Questo Collegio ha richiamato la normativa sulla disciplina dei
ricorsi giurisdizionali (innanzi alla Corte di cassazione, innanzi
alla giurisdizione amministrativa e innanzi alla giurisdizione
tributaria) per evidenziare come il tempo riconosciuto per la
redazione del ricorso (sessanta giorni) sia sempre doppio rispetto al
tempo assegnato per il suo deposito; e cio' perche' l'attivita' di
redazione del ricorso richiede uno sforzo di creativita'
intellettuale che il deposito (mera attivita' materiale) non esige.
Questo Collegio ritiene di poter stabilire un parallelismo tra
ricorso e deposito (da un lato) e tra accertamento e riscossione
(dall'altro).
L'accertamento e' l'atto (a volte molto complesso) che deve
essere motivato e, quindi, richiede uno sforzo intellettuale non
insignificante. L'esecuzione, al contrario, presuppone il solo
consolidamento dell'accertamento.
Il paradosso (e, quindi, la sussistenza dei vizi denunciati) e'
che (allo stato della legislazione e dell'interpretazione) il tempo
riservato all'accertamento (cinque anni) e' la meta' del tempo
riconosciuto per l'attivita' di riscossione (10 anni).
E) Violazione del principio di coerenza dell'ordinamento
giuridico.
Nell'ultimo quindicennio (dal 2009 ad oggi) il legislatore ha
dimezzato i termini per il compimento di determinate attivita'
processuali.
Al di la' delle singole fattispecie, l'accelerazione e' indice
della tendenza (giustificata dall'introduzione dei mezzi informatici)
ad accorciare i tempi per il compimento di determinate attivita'.
Il Legislatore ha dimezzato (da un anno a sei mesi) il termine
per il passaggio in giudicato della sentenza non notificata. Ha
ridotto da 10 a 5 anni il termine di efficacia della domanda di
fissazione d'udienza nel processo amministrativo.
Anche in questa prospettiva la conservazione di un termine
decennale contrasta con la tendenza dell'ordinamento.
F) Violazione dell'art. 111 della Costituzione sulla ragionevole
durata del processo e, in subordine, dell'art. 97 della Costituzione.
La norma costituzionale invocata dispone che la legge assicura la
ragionevole durata del processo.
La legge 24 marzo 2001, n. 89 (in precedenza richiamata) fissa in
sei anni complessivi il termine ragionevole per la conclusione del
giudizio.
Questo Collegio e' ovviamente e pienamente consapevole che
processo e procedimento sono entita' ontologicamente distinte; ma
cio' non vale ad escludere che anche il procedimento tributario debba
avere una ragionevole durata.
Non puo' non rimarcarsi che la controversia in esame riguarda
imposte dell'anno ....
Dall'anno per il quale il contribuente era tenuto a determinati
versamenti e la data di passaggio in decisione del ricorso in
trattazione sono trascorsi 25 anni, periodo di tempo assolutamente
irragionevole.
*****
Conseguenze dell'accoglimento della sottoposta questione di
costituzionalita'
L'accoglimento della dedotta questione di costituzionalita'
comporta il rigetto del ricorso in appello.
L'accoglimento della questione non comporta alcuna conseguenza
negativa per l'Erario per tutti i procedimenti pendenti alla data di
pubblicazione della sentenza di (eventuale) accoglimento della
questione.
L'art. 136 della Costituzione dispone: «Quando la Corte dichiara
l'illegittimita' costituzionale di una norma di legge o di atto
avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno
successivo alla pubblicazione della decisione».
L'unico onere che la sentenza di accoglimento porra' a carico
dell'Agenzia delle entrate - Riscossione e' la notificazione (nel
quinquennio decorrente dalla data in cui il diritto di credito puo'
esser fatto valere) dell'avviso previsto dal comma 2 dell'art. 50 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602
(«Se l'espropriazione non e' iniziata entro un anno dalla notifica
della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere
preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalita' previste
dall'art. 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere
l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni»).
La vicenda sottoposta al giudizio di questa Corte attiene a una
questione di prescrizione.
E la prescrizione, ai sensi dell'art. 2943 del codice civile,
puo' sempre essere interrotta infinite volte dal titolare del
diritto.
L'accoglimento della questione di costituzionalita' non incide in
alcun modo sui diritti di credito che, alla data della pubblicazione
della decisione, siano stati richiesti da un periodo superiore ai 5
anni; per questi diritti continuera' a trascorrere l'ulteriore
periodo (inferiore ai 5 anni) fino al compimento del decennio.
Per i diritti, per i quali, alla data di pubblicazione della
decisione, non si sia compiuto un quinquennio, decorrera' l'ulteriore
termine quinquennale, per un periodo complessivo inferiore al
decennio.
Ove l'Agenzia delle entrate - Riscossione vorra' prolungare il
termine di prescrizione dovra' necessariamente notificare l'atto
interruttivo di cui si e' detto.
Questo Collegio ritiene che onerare l'Agenzia delle entrate -
Riscossione di un ulteriore avviso (che si aggiunge ai numerosi
avvisi gia' previsti dalla legislazione tributaria, ivi compresi
quelli postali) non sia adempimento oltremodo gravoso, in
considerazione del personale e dei mezzi di cui essa dispone.
Questo Collegio ritiene poi di dover evidenziare che nel
procedimento esaminato in questo giudizio, l'Agenzia delle entrate -
Riscossione aveva notificato al contribuente (in data ...) la
cartella di pagamento n. ....
In data ... l'Agenzia delle entrate - Riscossione notificava
l'avviso di intimazione n. ....
Tra i due atti era trascorso un periodo inferiore al quinquennio.
Cio' dimostra che gia' nell'anno ... (e con i mezzi all'epoca
disponibili) l'Agenzia delle entrate - Riscossione aveva effettuato
l'adempimento che l'accoglimento della questione di costituzionalita'
imporra' in via generalizzata.
*****
In conclusione questa Corte di giustizia tributaria di secondo
grado del Lazio chiede a codesta Corte costituzionale di adottare una
pronuncia (nelle forme ritenute piu' opportune) che riduca il periodo
di prescrizione per la riscossione tributi statali a 5 anni.
La presente ordinanza e' stata redatta sulla base degli atti
pubblicati e delle norme in vigore alla data del passaggio in
decisione del ricorso indicato in epigrafe (11 dicembre 2024).
P.Q.M.
la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio cosi'
provvede:
visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;
rimette alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e
la non manifesta infondatezza nei termini di cui in motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2946 del codice
civile, per quanto applicato dalla giurisprudenza di legittimita'
alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF - IVA e IRAP) e del
comma 6 dell'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112;
sospende il giudizio a quo e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale;
dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura
della segreteria, alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, e sia comunicata ai presidenti dei due rami del Parlamento.
Il Presidente: Perla
Il relatore: Pannone