Reg. ord. n. 221 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/11/2025 n. 47

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio  del 19/09/2025

Tra: Agenzia delle Entrate - Riscossione Roma  C/ M. P.



Oggetto:

Prescrizione e decadenza – Tributi – Riscossione – Prescrizione ordinaria – Applicazione, in assenza di un’espressa previsione e secondo l’interpretazione del diritto vivente, del termine di prescrizione decennale alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IVA e IRAP) – “Se e per quanto possa occorrere”: Procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli – Condizioni – Riaffidamento in riscossione delle somme non riscosse, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale – Violazione del principio di eguaglianza – Irragionevole differenziazione dei termini di prescrizione per la riscossione delle imposte statali (dieci anni) e delle imposte comunali (cinque anni) – Ingiustificato privilegio per l’amministrazione statale – Irragionevole applicazione del termine di prescrizione decennale in considerazione del mutato contesto tecnologico – Lesione del principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione – Irragionevolezza e anomalia del termine desumibile dal confronto con altre fattispecie per le quali è previsto un termine quinquennale – Contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità anche in confronto con il termine quinquennale stabilito per l’accertamento – Incoerenza rispetto alla tendenza dell’ordinamento a ridurre, in ragione dell’applicazione di strumenti informatici, i termini per il compimento di determinate attività processuali – Violazione del principio di ragionevole durata del processo, conseguente alla durata del procedimento tributario.

Norme impugnate:

codice civile  del  Num.  Art. 2946

decreto legislativo  del 13/04/1999  Num. 112  Art. 20  Co. 6



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 settembre 2025

Ordinanza del 19 settembre 2025 della Corte di  giustizia  tributaria
di secondo grado del Lazio sull'appello proposto  dall'Agenzia  delle
entrate - Riscossione Roma contro M. P.. 
 
Prescrizione e decadenza  -  Tributi  -  Riscossione  -  Prescrizione
  ordinaria - Applicazione, in assenza di  un'espressa  previsione  e
  secondo l'interpretazione  del  diritto  vivente,  del  termine  di
  prescrizione decennale alla riscossione dei tributi erariali. 
- Codice civile, art. 2946. 
Prescrizione e decadenza -  Tributi  -  Riscossione  -  Procedura  di
  discarico per inesigibilita' e reiscrizione nei ruoli -  Condizioni
  -  Riaffidamento  in  riscossione  delle  somme  non  riscosse,   a
  condizione  che  non  sia  decorso  il  termine   di   prescrizione
  decennale. 
- Decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino  del  servizio
  nazionale della riscossione, in attuazione  della  delega  prevista
  dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), art. 20, comma 6. 


(GU n. 47 del 19-11-2025)

 
     LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO 
                             Sezione 11 
 
    riunita in udienza l'11  dicembre  2024  alle  ore  9,30  con  la
seguente composizione collegiale: 
        Perla Pietro, Presidente; 
        Pannone Andrea, relatore; 
        Chiappiniello Agostino, giudice; 
    in data 11 dicembre 2024 ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza
sull'appello n. 1924/2024 depositato il 18 aprile 2024; 
    proposto da Ag.entrate - Riscossione - Roma, difeso  da  Loredana
Alcamo  -  LCMLDN76B65F061F  ed  elettivamente   domiciliato   presso
loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org 
    contro    M.    P.    -    elettivamente    domiciliato    presso
avvgiancarlopica@puntopec.it 
    avente ad oggetto l'impugnazione di: 
        pronuncia  sentenza  n.  4258/2024  emessa  dalla  Corte   di
giustizia tributaria primo grado Roma  sez.  13  e  pubblicata  il  2
aprile 2024; 
    atti impositivi: 
        avviso di intimazione n. ... IRPEF-ALTRO; 
    a seguito di discussione  in  camera  di  consiglio  e  visto  il
dispositivo n. 681/2024 depositato il 13 dicembre 2024. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
    A)  La  sentenza,  qui  impugnata  (della  Corte   di   giustizia
tributaria di primo grado di Roma, Sezione  13,  2  aprile  2024,  n.
4258), ha osservato quanto segue. 
    «P. M. proponeva ricorso nei confronti dell'Agenzia delle entrate
-  Riscossione  contestando  l'intimazione  di  pagamento   n.   ...,
notificata il ..., con la quale veniva richiesto il  pagamento  della
somma di euro 27.941,87 in relazione alla cartella  di  pagamento  n.
..., asseritamente notificata il ... e relativa a IVA, IRAP  e  IRPEF
per l'anno .... 
    Proponeva i seguenti motivi di ricorso: 
        mancata  notifica  degli  atti  presupposti   e   conseguente
nullita' dell'atto impugnato; 
        intervenuta prescrizione. 
    Concludeva chiedendo l'annullamento degli atti impugnati. 
    Si costituiva in giudizio l'Agenzia delle entrate  -  Riscossione
che, con proprie controdeduzioni,  sosteneva  la  piena  legittimita'
dell'atto  in  contestazione,  producendo  documentazione   volta   a
dimostrare la regolare notifica della cartella di pagamento e,  prima
della incontestata notifica dell'intimazione impugnata,  la  notifica
di altro avviso n. ... in data ... non opposto dal contribuente. 
    Concludeva  chiedendo  il  rigetto   della   domanda   di   parte
ricorrente. 
    Il ricorso e' fondato e, pertanto, deve essere accolto. 
    Deve, infatti, ritenersi fondato il  motivo  di  ricorso  con  il
quale il ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione. 
    Occorre  innanzitutto  premettere  che,  trattandosi  di  crediti
riferiti  a  tributi  erariali,  il  termine   di   prescrizione   di
riferimento e' quello ordinario di dieci anni. 
    Dall'esame della  documentazione  versata  in  atti  dall'Agenzia
delle entrate - Riscossione emerge l'avvenuta  notifica  cartella  n.
..., presupposto dell'impugnata intimazione, avvenuta il .... 
    Successivamente, e prima della intimazione in questione, e' stato
notificato il ... un ulteriore avviso avente ad oggetto  la  cartella
che,  quindi,  secondo  quanto  sostenuto  da  parte  resistente,  ha
interrotto il decorso del termine  di  prescrizione,  rendendo  cosi'
legittimo l'atto oggi impugnato. 
    La Corte deve, invece, osservare come dalla notifica  dell'ultimo
atto (...) e la notifica dell'intimazione (...) sia stato superato il
termine di  prescrizione  decennale  con  conseguente  illegittimita'
dell'intimazione stessa che deve quindi essere annullata. 
    Per quanto detto, il  ricorso  appare  fondato  e  meritevole  di
accoglimento». 
    B) Ha proposto ricorso  in  appello  l'Agenzia  delle  entrate  -
Riscossione deducendo, per quel che qui rileva, quanto segue. 
    «Nell'odierno giudizio  l'odierna  parte  appellante  oltre  alla
rituale   notifiche   della   cartella   e   prima   della   notifica
(incontestata) dell'avi impugnato, deduceva e  dimostrava  l'avvenuta
notifica, in data ..., dell'avi ... che, in quanto  non  opposto,  ha
fatto decorrere  nuovo  termine  di  prescrizione  dalla  data  dello
stesso. 
    L'odierna appellante richiamava in atti il comma 4-bis  dell'art.
68 del decreto-legge n. 18/2020 che prevede: 
        "Con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie
e non tributarie, affidati all'agente della  riscossione  durante  il
periodo di sospensione di cui ai commi 1 e 2-bis e,  successivamente,
fino alla data del 31 dicembre 2021, .... sono prorogati: 
a) di dodici mesi, il termine di cui all'art. 19, comma 2, lettera a)
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112; 
b) di ventiquattro mesi, anche in deroga alle disposizioni  dell'art.
3, comma 3, della legge 27 luglio  2000,  n.  212,  e  a  ogni  altra
disposizione di legge vigente, i termini di decadenza e  prescrizione
relativi alle stesse entrate". 
    Tale  previsione  e'  stata  ripresa  anche   dall'art.   4   del
decreto-legge  n.  41/2021  (cosiddetto  Decreto  Sostegni)  che   ha
previsto una proroga di 24 mesi sia per i termini  di  decadenza  che
per i termini di prescrizione degli atti impositivi di Agenzia  delle
entrate - Riscossione. 
    Nel caso di specie, trattandosi di tributo per mancato  pagamento
di IVA, IRAP e IRPEF, la relativa prescrizione decennale  sulla  base
della richiamata sospensione della prescrizione sopra richiamata  non
e' decorsa e la sentenza della Corte di giustizia di primo  grado  va
riformata. 
    L'attivita' di sospensione della notifica delle cartelle e  degli
atti di riscossione durante il periodo emergenziale  COVID  (8  marzo
2020 - 31 agosto 2021)  ex  art.  68  del  decreto-legge  n.  18/2020
convertito  in  legge  n.  27/2020  comporta  che   il   termine   di
prescrizione che scade in detto periodo e' prorogato al  31  dicembre
del secondo anno successivo alla scadenza  originale  della  notifica
dell'atto. 
    Da quanto sopra se ne ricava che alla  data  dell'avi  opposto  4
agosto 2022 non era decorsa  prescrizione  decennale  dalla  notifica
dell'avi del .... La sentenza va, pertanto, riformata». 
    C) Parte appellata  (sig.  M.  P.  )  non  si  e'  costituita  in
giudizio, cosicche' il giudice adito deve dar  conto  della  corretta
instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti. 
    Parte  appellante,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Loredana
Alcamo, ha notificato il ricorso in appello ad entrambi  i  difensori
(in primo grado) di parte appellata: avvocati Giancarlo Pica e  Maria
Cherubini. 
    Si trascrive la ricevuta  di  accettazione  della  p.e.c.  (posta
elettronica certificata). 
    «Ricevuta di accettazione. 
    Il giorno 16/04/2024  alle  ore  15:47:05  (+0200)  il  messaggio
"attenzione trattasi di notificazione ai sensi  della  legge  53  del
1994"  proveniente  da   "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org"   ed
indirizzato a: 
        avvmariacherubini@puntopec.it 
        ("posta certificata") 
        avvgiancarlopica@puntopec.it 
        ("posta certificata") 
        e' stato accettato dal sistema ed inoltrato. 
    Identificativo messaggio: 
        31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it. 
    Questa ricevuta, per sua garanzia, e' firmata digitalmente. 
    La  preghiamo  di  conservarla  come  attestato  dell'invio   del
messaggio». 
    Si  trascrivono  le  ricevute  di  consegna  della   p.e.c.   sia
all'avvocato Maria Cherubini, che all'avvocato Giancarlo Pica. 
    «Ricevuta di avvenuta consegna. 
    Il giorno 16/04/2024 alle ore 15:47:07 (+0200) il messaggio 
    "attenzione trattasi di notificazione ai sensi della legge 53 del
1994" 
    proveniente da "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org" 
    ed indirizzato a "avvmariacherubini@puntopec.it" 
    e' stato consegnato nella casella di destinazione. 
    Identificativo messaggio: 
        31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it». 
    «Ricevuta di avvenuta consegna. 
    Il giorno 16/04/2024 alle ore 15:47:07 (+0200) il messaggio 
    "attenzione trattasi di notificazione ai sensi della legge 53 del
1994" 
    proveniente da "loredanaalcamo@ordineavvocatiroma.org" 
    ed indirizzato a "avvgiancarlopica@puntopec.it" 
    e' stato consegnato nella casella di destinazione. 
    Identificativo messaggio: 
        31EC8294.0271675C.E729455B.D8733378.posta-certificata@legalma
il.it». 
    D) Le ricevute trascritte dimostrano  la  corretta  instaurazione
del contraddittorio nei confronti di parte appellata. 
 
                                ***** 
 
    E' pacifico in atti che parte appellata ha ricevuto (in data ...)
la cartella ... per un importo complessivo di euro 27.941,87. 
    La sentenza qui impugnata ha riconosciuto che successivamente,  e
prima della intimazione su cui si controverte, e' stato notificato in
data ... un ulteriore avviso  [l'intimazione  di  pagamento  n.  ...]
avente ad oggetto la cartella or ora richiamata. 
    I suddetti atti (cartella e intimazione) non sono stati impugnati
nei  termini  di  decadenza  e,  quindi,  il  loro  contenuto  si  e'
consolidato: contro essi non possono essere piu' proposte censure  di
merito. 
    Questo Collegio ritiene di dover (sin d'ora) evidenziare  (e  per
le  ragioni  che  saranno  esplicitate  piu'  innanzi)  che  tra   la
notificazione   della   cartella    (...)    e    la    notificazione
dell'intimazione (...) erano trascorsi meno di 5 anni. 
    La sentenza ha accolto il ricorso perche'  tra  la  notificazione
dell'avviso di intimazione del  7  aprile  2011  e  l'intimazione  di
pagamento n. ... (impugnata da parte appellata) del 4 agosto 2022 era
stato  superato  il  termine  di  prescrizione  decennale,   ritenuto
applicabile alle imposte erariali richieste con gli atti richiamati. 
    Parte appellante ha dedotto un solo motivo di ricorso in  appello
(e da qui la rilevanza della questione di costituzionalita', che  qui
si solleva). 
    Parte  appellante  ha  invocato  il  comma  4-bis  dell'art.   68
(Sospensione  dei  termini  di  versamento   dei   carichi   affidati
all'agente della riscossione) del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
convertito, con modificazioni dalla  legge  24  aprile  2020,  n.  27
(Misure di  potenziamento  dei  Servizio  sanitario  nazionale  e  di
sostegno  economico  per  famiglie,  lavoratori  e  imprese  connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19). 
    La norma disponeva: 
        «Con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie
e non tributarie, affidati all'agente della  riscossione  durante  il
periodo di sospensione di cui ai commi 1 e 2-bis e,  successivamente,
fino alla data del 31 dicembre 2021, [...] sono prorogati: 
a) [...]; 
b) di ventiquattro mesi, anche in deroga alle disposizioni  dell'art.
3, comma 3, della legge 27 luglio  2000,  n.  212,  e  a  ogni  altra
disposizione di legge vigente, i termini di decadenza e  prescrizione
relativi alle stesse entrate». 
    Dal ... (data di notificazione dell'intimazione di  pagamento  n.
...) decorreva un ulteriore termine di  prescrizione  decennale,  che
sarebbe scaduto il .... 
    In pendenza del nuovo termine di prescrizione (e,  per  quel  che
piu' conta, prima della sua scadenza) e' intervenuta (nell'anno 2020)
la proroga legislativa or ora richiamata che ha prolungato il termine
di 24 mesi. 
    L'Agenzia delle entrate - Riscossione  poteva  quindi  notificare
una nuova intimazione di pagamento entro  il  ....  L'intimazione  di
pagamento n. ..., notificata  il  ...,  dovrebbe  essere  considerata
tempestiva e il ricorso  in  appello  dovrebbe  essere  accolto,  con
conseguente rigetto del ricorso di primo grado. 
 
                                ***** 
 
    Rilevanza della questione di  costituzionalita'  delle  norme  di
seguito indicate. 
    Questo Collegio ritiene, pero', di dover sollevare  questione  di
costituzionalita'  delle  norme  che,  in  via  di   interpretazione,
applicano il termine di prescrizione decennale alla  riscossione  dei
tributi erariali. 
    Il ricorso in appello (come gia' detto) dovrebbe  essere  accolto
alla luce della proroga legislativa invocata da  parte  appellante  e
non tenuta in conto dal giudice di primo grado. 
    Ove,  al  contrario,  dovesse  essere  accolta  la  questione  di
costituzionalita' dedotta, nel  senso  di  applicare  il  termine  di
prescrizione  quinquennale  anche  alla   riscossione   dei   tributi
erariali, il ricorso in appello dovrebbe essere respinto. 
    Infatti dopo  la  notificazione  della  prima  intimazione  [...]
avvenuta il ... l'Agenzia delle entrate - Riscossione avrebbe  dovuto
notificare un nuovo avviso di intimazione entro il .... Cio'  non  ha
fatto e, di conseguenza, il  ricorso  in  appello  non  puo'  trovare
accoglimento. 
    La proroga  legislativa  piu'  su  richiamata  non  puo'  giovare
all'appellante perche' essa e' intervenuta (con il  decreto-legge  17
marzo 2020, n. 18) quando oramai il termine di  prescrizione  si  era
consumato. 
    La diversita' dell'esito del ricorso in appello (rigetto in luogo
dell'accoglimento) dimostra la rilevanza della questione. 
 
                                ***** 
 
    Questa Corte di giustizia tributaria di secondo grado  del  Lazio
ritiene rilevante, e non manifestamente infondata,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2946 del codice civile  («Salvi
i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si  estinguono
per prescrizione con il decorso di dieci anni»), per quanto applicato
dalla giurisprudenza di legittimita'  alla  riscossione  dei  tributi
erariali (IRPEF - IVA e IRAP). 
    La questione viene sollevata (se e per  quanto  possa  occorrere)
anche nei confronti del comma 6 dell'art. 20 (Procedura di  discarico
per inesigibilita' e reiscrizione nei ruoli) del decreto  legislativo
13 aprile  1999,  n.  112  (Riordino  del  servizio  nazionale  della
riscossione), nella parte in cui l'ente creditore puo', a  condizione
che non sia decorso il termine di prescrizione decennale,  riaffidare
in riscossione le somme non riscosse. 
 
                                ***** 
 
La   legislazione   a   supporto   della   dedotta    questione    di
costituzionalita' 
    A) La legislazione in tema di accertamento. 
    A1) Il termine per l'accertamento delle imposte dirette  (tra  le
quali  l'IRPEF,  imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche)   e'
disciplinato dall'art. 43 (Termine per  l'accertamento)  del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  29   settembre   1973,   n.   600
(Disposizioni comuni in materia di  accertamento  delle  imposte  sui
redditi). 
    La norma dispone:  «Gli  avvisi  di  accertamento  devono  essere
notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione». 
    A2) Il termine per l'accertamento dell'IVA  (imposta  sul  valore
aggiunto, istituita con decreto del Presidente  della  Repubblica  26
ottobre 1972, n. 633) e' disciplinato dell'art. 57 (Termine  per  gli
accertamenti). 
    La  norma  dispone:  «In  caso  di  omessa  presentazione   della
dichiarazione, l'avviso di  accertamento  dell'imposta  a  norma  del
primo comma dell'art. 55 puo' essere notificato fino al  31  dicembre
del quinto anno successivo a quello in cui la  dichiarazione  avrebbe
dovuto essere presentata. [...]». 
    A3) Il termine per l'accertamento  dell'IRAP  (Imposta  regionale
sulle attivita' produttive,  istituita  con  decreto  legislativo  15
dicembre 1997, n.  446)  e'  disciplinato  dall'art.  25  (Disciplina
temporanea). 
    La norma dispone: «Fino a  quando  non  hanno  effetto  le  leggi
regionali di cui  all'art.  24,  per  le  attivita'  di  controllo  e
rettifica  della  dichiarazione,  per   l'accertamento   e   per   la
riscossione  dell'imposta  regionale,   nonche'   per   il   relativo
contenzioso si applicano le disposizioni in materia  di  imposte  sui
redditi ad eccezione [...]». 
    A4) Il termine per l'accertamento dei tributi locali (tra i quali
assume  particolare  rilevanza  l'IMU,  imposta  municipale  propria,
istituita con il decreto-legge 6 dicembre 2011,  n.  201,  convertito
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 13)  e'  disciplinato  dal
comma 161 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato). 
    La norma dispone: «Gli enti locali, relativamente ai  tributi  di
propria competenza,  procedono  alla  rettifica  delle  dichiarazioni
incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti,  nonche'
all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli  omessi
versamenti, notificando al  contribuente,  ...,  un  apposito  avviso
motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio  devono
essere notificati, a pena di decadenza,  entro  il  31  dicembre  del
quinto anno  successivo  a  quello  in  cui  la  dichiarazione  o  il
versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli
stessi termini  devono  essere  contestate  o  irrogate  le  sanzioni
amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni». 
    A5) Il termine per l'accertamento delle sanzioni e'  disciplinato
dall'art. 20 (Decadenza e prescrizione) del  decreto  legislativo  18
dicembre 1997, n. 472 («Disposizioni generali in materia di  sanzioni
amministrative  per  le  violazioni  di  norme  tributarie,  a  norma
dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662»). 
    La norma dispone: «-1. L'atto di contestazione  di  cui  all'art.
16, ovvero l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di
decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo  a  quello
in cui e' avvenuta la violazione o nel diverso termine  previsto  per
l'accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi  termini  devono
essere resi esecutivi i ruoli nei quali  sono  iscritte  le  sanzioni
irrogate ai sensi dell'art. 17, comma 3. 
    -2. Se la notificazione e' stata eseguita  nei  termini  previsti
dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti
obbligati in solido, il termine e' prorogato di un anno. 
    -3. II  diritto  alla  riscossione  della  sanzione  irrogata  si
prescrive  nel   termine   di   cinque   anni.   L'impugnazione   del
provvedimento di irrogazione  interrompe  la  prescrizione,  che  non
corre fino alla definizione del procedimento». 
    B) Dall'esame delle norme  richiamate  si  evince  che  (a  parte
peculiarita' alle quali non si e' fatto riferimento) il  termine  per
l'accertamento delle imposte dirette, dell'iva, dell'irap, dell'imu e
delle sanzioni e' sempre di 5 anni. 
    C) La legislazione in tema di riscossione. 
    La legislazione non prevede nessun termine di prescrizione per la
riscossione dei crediti erariali derivanti dagli atti di accertamento
delle imposte innanzi esaminate. La prescrizione e' stata individuata
dalla   giurisprudenza   richiamando   discipline   di   altri   rami
dell'ordinamento. 
    Solo per le sanzioni il legislatore  ha  previsto  uno  specifico
termine di prescrizione indicato al comma 3 dell'art. 20 del  decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in  precedenza  richiamato  sub
lettera A5). 
    D) La legislazione in tema di dimezzamento dei termini. 
    D1) La modificazione del codice di procedura civile. 
    L'originaria formulazione  del  primo  comma  dell'art.  327  del
codice di procedura civile (approvato con regio  decreto  28  ottobre
1940, n. 1443)  prevedeva:  «Indipendentemente  dalla  notificazione,
..., il ricorso per cassazione  e  la  revocazione  ...  non  possono
proporsi dopo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza». 
    La norma in vigore (come modificata dall'art. 46, comma 17, della
legge 18  giugno  2009,  n.  69)  dispone:  «indipendentemente  dalla
notificazione  ...,  l'appello,  il  ricorso  per  cassazione  e   la
revocazione ..., non possono proporsi dopo  decorsi  sei  mesi  dalla
pubblicazione della sentenza». 
    D2)   La   domanda   di   fissazione   d'udienza   nel   processo
amministrativo. 
    L'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 («Istituzione  dei
tribunali amministrativi regionali») prevedeva: «La  discussione  del
ricorso deve essere  richiesta  dal  ricorrente  [...]  con  apposita
istanza da presentarsi entro il  termine  massimo  di  due  anni  dal
deposito del ricorso». 
    L'art. 9, comma  2,  della  legge  21  luglio  2000,  n.  205  ha
disposto:  «A  cura  della  segreteria  e'  notificato   alle   parti
costituite, dopo il decorso di dieci anni dalla data di deposito  dei
ricorsi, apposito avviso in virtu' del  quale  e'  fatto  onere  alle
parti  ricorrenti  di  presentare   nuova   istanza   di   fissazione
dell'udienza [...]». 
    Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo
amministrativo) attualmente in vigore prevede al comma 1 dell'art. 71
(Fissazione dell'udienza): «La fissazione dell'udienza di discussione
deve essere chiesta da una delle  parti  con  apposita  istanza,  non
revocabile, da presentare entro il termine massimo  di  un  anno  dal
deposito del ricorso [...]». 
    Il successivo art. 82 (Perenzione dei ricorsi ultraquinquennali),
al comma 1, dispone: «Dopo il decorso di cinque anni  dalla  data  di
deposito del ricorso, la segreteria comunica  alle  parti  costituite
apposito avviso in virtu' del quale e' fatto onere al  ricorrente  di
presentare nuova istanza di fissazione di udienza [...].  In  difetto
di tale nuova istanza, il ricorso e' dichiarato perento». 
    L'efficacia  della  domanda   di   fissazione   d'udienza   (atto
indispensabile del processo amministrativo per ottenere la  pronuncia
del giudice) e' passata del tempo indeterminato dell'anno del 1971 al
termine quinquennale del codice attualmente in vigore. 
    E) ll decreto legislativo 29 luglio 2024, n. 110 (Disposizioni in
materia di riordino del sistema nazionale della riscossione)  art.  3
(Discarico automatico o anticipato). 
    La norma, per quel che qui rileva, dispone: «1. Le quote affidate
all'Agenzia delle entrate-Riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2025
e non riscosse entro il 31 dicembre  del  quinto  anno  successivo  a
quello di affidamento sono automaticamente discaricate secondo quanto
stabilito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze». 
    F) La legislazione sui termini per la proposizione dei ricorsi. 
    F1) Nella giustizia civile. 
    Il comma secondo dell'art. 325 del  codice  di  procedura  civile
dispone: «Il termine per proporre il ricorso  per  cassazione  e'  di
giorni sessanta». 
    Il primo comma dell'art.  369  del  codice  di  procedura  civile
dispone: «Il ricorso e' depositato, a pena di  improcedibilita',  nel
termine di giorni venti dall'ultima notificazione alle  parti  contro
le quali e' proposto». 
    F2) Nella giustizia amministrativa. 
    Il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo
amministrativo) prevede, all'art. 29 (Azione di  annullamento),  che:
«L'azione di annullamento per violazione di  legge,  incompetenza  ed
eccesso di potere si propone nel termine  di  decadenza  di  sessanta
giorni». 
    Il successivo art. 45 (Deposito del ricorso e  degli  altri  atti
processuali) dispone:  «Il  ricorso  e  gli  altri  atti  processuali
soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella  segreteria
del giudice nel  termine  perentorio  di  trenta  giorni,  decorrente
[...]». 
    Il medesimo decreto legislativo prevede, all'art. 92 (Termini per
le impugnazioni): «..., le impugnazioni si propongono con  ricorso  e
devono essere notificate entro  il  termine  perentorio  di  sessanta
giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza». 
    Il successivo art. 94 (Deposito delle impugnazioni) prevede: «...
il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito,
a pena di decadenza, entro trenta  giorni  dall'ultima  notificazione
...». 
    F3) Nella giustizia tributaria. 
    Si fa riferimento al decreto legislativo 14 novembre 2024, n, 175
(Testo unico della giustizia tributaria, in  vigore  dal  1°  gennaio
2026), che, attesa la sua natura compilativa,  richiama  disposizioni
dell'ordinamento vigente. 
    Art. 67 (Termine per la proposizione del ricorso)  (art.  21  del
decreto legislativo  n.  546  del  1992):  «Il  ricorso  deve  essere
proposto a pena di inammissibilita' entro sessanta giorni dalla  data
di notificazione dell'atto impugnato». 
    Art. 68 (Costituzione in giudizio del ricorrente)  (art.  22  del
decreto legislativo n. 546 del 1992): «Il  ricorrente,  entro  trenta
giorni dalla proposizione del ricorso, a pena  d'inammissibilita'  lo
deposita telematicamente, nella segreteria della corte  di  giustizia
tributaria di primo e secondo grado adita, ovvero, [...]». 
    Art.  104  (I  mezzi  d'impugnazione)  (art.   50   del   decreto
legislativo n. 546 del 1992): «I  mezzi  per  impugnare  le  sentenze
delle corti di giustizia tributaria di primo  e  secondo  grado  sono
l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione». 
    Art.  105  (Termini  d'impugnazione)   (art.   51   del   decreto
legislativo n. 546 del 1992): «Se la legge non  dispone  diversamente
il termine  per  impugnare  la  sentenza  della  corte  di  giustizia
tributaria di primo e secondo grado e' di sessanta giorni, decorrente
dalla sua notificazione ad istanza di parte,  salvo  quanto  disposto
dall'art. 87, comma 3». 
    Art. 107 (Forma dell'appello) (art. 53 del decreto legislativo n.
546 del 1992): «-1. Il ricorso in  appello  contiene  [...].  -2.  Il
ricorso in appello e' proposto nelle forme di cui all'art. 66,  commi
1 e 2, nei confronti di tutte  le  parti  che  hanno  partecipato  al
giudizio di primo grado e deve essere depositato  a  norma  dell'art.
68, commi 1, 2 e 3». 
    G) Tutte le  norme  richiamate  sono  accomunate  da  un'identica
previsione: il ricorso deve essere proposto nel termine  di  sessanta
giorni e depositato nel successivo termine di  trenta  giorni,  fatta
eccezione per il ricorso in Cassazione che deve essere depositato nel
piu' breve termine di 20 giorni. 
    H) La legislazione sulla ragionevole durata del processo. 
    La legge 24 marzo 2001, n. 89 («Previsione di equa riparazione in
caso di violazione del termine ragionevole  del  processo  e  [...]»)
all'art. 2 (Diritto  all'equa  riparazione),  commi  2-bis  e  2-ter,
prevede: «2-bis. Si considera rispettato il  termine  ragionevole  di
cui al comma 1 se il processo non eccede la durata  di  tre  anni  in
primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di
legittimita'  [...].  2-ter.  Si  considera  comunque  rispettato  il
termine  ragionevole  se  il  giudizio   viene   definito   in   modo
irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni». 
 
                                ***** 
 
La giurisprudenza della Corte di cassazione 
    A) La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di tributi
erariali. 
    La Corte di  cassazione,  in  tema  di  riscossione  dei  tributi
erariali, ha costantemente affermato il seguente  principio:  «Questa
Corte, sulla scia della pronuncia nomofilattica S.U. n. 23397/2016 ha
precisato che: "In tema IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di  registro,  il
credito erariale per la loro riscossione si prescrive  nell'ordinario
termine decennale assumendo rilievo, quanto all'imposta di  registro,
l'espresso disposto di cui all'art. 78  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n.  131  del  1986  e,  quanto  alle  altre  imposte
dirette,  l'assenza  di  un'espressa  previsione,   con   conseguente
applicabilita'  dell'art.  2946  del codice  civile,  non   potendosi
applicare l'estinzione per decorso  quinquennale  prevista  dall'art.
2948, comma 1, n. 4, del codice  civile  'per  tutto  cio'  che  deve
pagarsi periodicamente ad anno o in termini piu'  brevi',  in  quanto
l'obbligazione tributaria,  pur  consistendo  in  una  prestazione  a
cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario  ed  il  pagamento
non e' mai legato ai precedenti bensi' risente di nuove  ed  autonome
valutazioni in ordine alla sussistenza  dei  presupposti  impositivi"
(Cassazione civ., Sez. V, ord., 12 febbraio 2024, n. 3827). 
    Identiche affermazioni  si  rinvengono  nelle  seguenti  pronunce
della Corte: 28 agosto 2024, n. 23215; 29 novembre 2023, n. 33213; 15
giugno 2023, n. 17234; 13 novembre 2020, n. 25716; 26 giugno 2020, n.
12740; 17 dicembre 2019,  n.  33266;  11  dicembre  2019,  n.  32308;
Sezioni unite 17 novembre 2016, n. 23397; 13 maggio 2011, n. 10540; 9
febbraio 2007, n. 2941; 8 settembre 2004, n. 18110. 
    Questo Collegio ritiene di dover  evidenziare  che  la  pronuncia
della Corte di cassazione, a Sezioni  unite,  17  novembre  2016,  n.
23397, era stata adottata in  un  ricorso  (n.  20394/2014)  proposto
dall'INPS (Istituto nazionale della  previdenza  sociale)  contro  la
Serit Sicilia s.p.a., per la cassazione della  sentenza  n.  456/2014
della Corte d'appello di Catania, depositata il 16 maggio 2014. 
    La sentenza trattava di contributi previdenziali e non di tributi
erariali. 
    La prescrizione per la riscossione dei  contributi  previdenziali
si matura in 5 anni. 
    La prescrizione per la riscossione dei tributi erariali si matura
in 10 anni. 
    I richiami a detta sentenza contenuti non solo in atti di  parte,
ma anche in  pronunce  giurisdizionali  dei  giudici  di  merito  per
applicare anche ai tributi erariali una prescrizione di  5  anni  non
possono (ovviamente) essere condivisi. 
    B) La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di tributi
locali. 
    La Corte di cassazione, in tema di imposta municipale propria, ha
affermato: «L'imposta comunale sugli immobili (ICI)  [e,  oggi,  IMU,
imposta municipale propria] soggiace alla  prescrizione  quinquennale
di cui all'art. 2948, n. 4,  c.c.,  configurandosi  alla  stregua  di
un'obbligazione periodica o di durata e  non  rientrando  nel  novero
delle prestazioni unitarie, per le quali  rileva  una  pluralita'  di
termini successivi per  un  adempimento  che  strutturalmente  rimane
eseguibile   anche   "uno   actu",   con   correlata   applicabilita'
dell'ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 del codice civile"
(Cassazione 3 luglio 2020, n. 13683; Cassazione 29 novembre 2017,  n.
28576)» (Cassazione n. 31260 del 9 novembre 2023). 
    C) La  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  in  tema  di
sanzioni. 
    La Corte di cassazione, in tema di sanzioni,  ha  affermato:  «In
caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una  sentenza
passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale  deve
essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle  sanzioni
e' quello quinquennale, cosi' come previsto dall'art.  20,  comma  3,
del decreto legislativo n. 472 del 1997 (Cassazione 8 marzo 2022,  n.
7486; Cassazione 6 dicembre 2022, n.  35769;  Cassazione,  22  luglio
2011, n. 16099), con decorrenza dall'iscrizione a ruolo del  credito,
ossia  dall'emissione  dell'atto  di   irrogazione   della   (allora)
soprattassa (Cassazione, 7 novembre 2011, n. 20600). 
    Il termine decennale riguarda invece esclusivamente i crediti per
sanzioni per la violazione di norme tributarie "derivanti da sentenza
passata  in  giudicato"   applicandosi   allora   l'art.   2953   del
codice civile, che disciplina specificamente ed in  via  generale  la
cosiddetta "actio iudicati" (cfr. Cassazione, Sez.  U.,  10  dicembre
2009, n. 25790; conf., tra altre, Cassazione 11 marzo 2011, n. 5337). 
    La  disciplina  prescrizionale  di  diritto  speciale,   prevista
dall'art. 20 del decreto legislativo n. 472/1997, e' esaustiva stante
il  carattere  speciale  dell'illecito  tributario  (Cassazione,   24
gennaio 2023, n. 2095; Cassazione  2  ottobre  2000,  n.  12989).  La
suddetta  disciplina  speciale  della  prescrizione  in  materia   di
sanzioni  tributarie  e'  conforme  al  sistema  e  alle   norme   di
contabilita' pubblica e il carattere  di  specialita'  rispetto  alle
norme di diritto comune trova "fondamento nei vincoli  di  competenza
del bilancio  della  Stato,  in  forza  dei  quali  l'amministrazione
finanziaria deve potere,  almeno  per  grandi  linee,  programmare  e
prevedere per ciascun anno  il  gettito  fiscale  ed  i  tempi  della
riscossione, tenendo conto anche delle proprie risorse  di  uomini  e
mezzi (bilancio di previsione)" (Cassazione,  Sez.  U.,  10  dicembre
2009, n. 25790; conf. Cassazione, Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16730). 
    La generalizzata durata quinquennale obbedisce anche  a  esigenze
di certezza e di tutela del  contribuente,  in  ordine  ai  tempi  di
irrogazione della  sanzione  stessa.  Il  regime  prescrizionale,  in
quanto generalizzato per qualunque provvedimento  sanzionatorio,  non
puo' essere limitato alle  sole  sanzioni  non  contestuali  all'atto
impositivo  e   costituisce   principio   generale   dell'ordinamento
tributario (Cassazione 24 gennaio 2023,  n.  2095  cit.)»  (Corte  di
cassazione, 9 novembre 2023, n.  31260;  idem,  26  agosto  2024,  n.
23099)». 
 
                                ***** 
 
    L'applicazione  della  prescrizione  decennale  alla  riscossione
delle imposte erariali e' un postulato della giustizia tributaria. 
    La  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  ha   introdotto
nell'ordinamento  tributario  l'art.  2946  del  codice   civile.   I
precedenti  giurisprudenziali  che   ricoprono   senza   oscillazioni
l'ultimo ventennio impediscono al giudice del merito  di  prospettare
una diversa soluzione interpretativa, in  assenza  di  una  norma  di
rango legislativo che  (fatta  eccezione  per  la  riscossione  delle
sanzioni) disciplini il termine  per  la  riscossione  delle  imposte
erariali. 
    Il giudice del merito, per ricondurre ad unitarieta' temporale il
sistema della riscossione, puo' solo sottoporre al vaglio di  codesta
Corte la questione di costituzionalita' dell'articolo in rassegna. 
 
                                ***** 
 
    Questa Corte di giustizia tributaria di secondo grado  del  Lazio
ritiene   non    manifestamente    infondata    la    questione    di
costituzionalita'  dell'art.  2946  del  codice  civile  (per  quanto
applicato alla riscossione dei tributi erariali) per violazione degli
articoli 3, comma  1,  97  e  111  della  Costituzione,  nonche'  per
violazione  dei  principi  di   proporzionalita'   e   ragionevolezza
dell'azione amministrativa. 
 
                                ***** 
 
    A) Violazione dell'art. 3, comma 1, della Costituzione. 
    La norma (per come applicata) viola innanzitutto il principio  di
parita' e uguaglianza enunciato dall'art. 3 della  Costituzione.  Non
v'e' ragione per differenziare  i  termini  di  prescrizione  per  la
riscossione delle imposte statali (dieci  anni)  e  comunali  (cinque
anni). Riconoscere alle imposte erariali  un  tempo  di  prescrizione
doppio rispetto alle imposte comunali si risolve in un ingiustificato
privilegio per l'amministrazione statale. 
    B) Violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    Questo Collegio ritiene di poter partire da  un  dato  di  comune
esperienza, che non abbisogna di  specifiche  indicazioni  normative:
l'utilizzazione dei mezzi informatici nei rapporti  con  la  pubblica
amministrazione. La partecipazione a un procedimento  (nella  nozione
piu' ampia), disciplinato  da  norme  di  qualsiasi  rango,  richiede
l'utilizzazione  di  uno  strumento  elettronico  (computer,  tablet,
smartphone) che sia in grado di produrre un documento  informatico  e
di inviarlo, via etere, al suo destinatario. 
    L'introduzione dei  mezzi  informatici  ha  (in  alcuni  settori)
annullato i tempi di attesa per l'operazione richiesta. 
    Quando la redazione degli atti avveniva su supporto cartaceo,  il
compimento dell'atto  di  notificazione  richiedeva  giorni.  Codesta
Corte intervenne con la sentenza 26 novembre 2002,  n.  477,  con  la
quale si dichiarava  l'illegittimita'  costituzionale  del  combinato
disposto dell'art. 149 del codice di procedura civile e dell'art.  4,
comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890  (Notificazioni  di
atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse  con  la
notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede(va) che
la notificazione si perfeziona(sse), per il notificante, alla data di
ricezione dell'atto da parte  del  destinatario  anziche'  a  quella,
antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. 
    La  sentenza  aveva  il  fine  di  consentire  al  ricorrente  di
utilizzare  appieno  il  tempo  riconosciuto  dalla  legge   per   il
compimento dell'atto. 
    Oggi quella pronuncia risulta  superata  dall'introduzione  delle
tecnologie informatiche. 
    Nel caso di specie (come risulta dalle ricevute di accettazione e
di consegna della p.e.c. con la quale e' stato inviato il ricorso  in
appello) tra la spedizione (accettazione) e la ricezione della p.e.c.
(consegna) sono trascorsi solo 2 secondi. 
    E' pacifico che l'Agenzia delle entrate  -  Riscossione  utilizzi
strumenti informatici di varia complessita' per  lo  svolgimento  dei
suoi compiti istituzionali. 
    Ma l'utilizzazione  dei  mezzi  informatici  non  puo'  andare  a
beneficio della sola amministrazione finanziaria  per  il  compimento
dei propri atti; deve avere delle ricadute anche per il contribuente. 
    Se l'utilizzazione dei mezzi informatici ha ridotto i  tempi  per
il   compimento   dell'attivita'   dell'amministrazione,   non   puo'
mantenersi in vita una norma (l'art. 2946 del codice civile approvato
con regio decreto 16 marzo 1942, n. 262) entrata in vigore quando  il
primo computer di tipo commerciale non era stato nemmeno immaginato. 
    Se la norma (applicata alla riscossione delle  imposte  erariali)
poteva  avere  una  giustificazione  nell'anno  2004  (Cassazione,  8
settembre 2004, n. 18110), non puo' piu' averla oggi. 
    Codesta Corte ha riconosciuto  che  una  norma  «puo'  diventare»
incostituzionale. 
    Valga l'esempio della pronuncia (alle cui ragioni si  rinvia)  di
codesta Corte n. 50 del 16 febbraio 1989 con la quale  si  dichiarava
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  39,  primo  comma,   del
decreto del Presidente della  Repubblica  26  ottobre  1972,  n.  636
(Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella  parte
in  cui  escludeva  l'applicabilita'  dell'art.  128  del  codice  di
procedura civile  (pubblicita'  delle  udienze)  ai  giudizi  che  si
svolgono dinanzi alle commissioni tributarie di primo  e  di  secondo
grado, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa
sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, ferma restando la
validita' di tutti gli atti anteriormente compiuti. 
    C) Violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  per  l'anomala
previsione di un termine decennale in tema di riscossione dei tributi
erariali. 
    Si e' visto che l'ordinamento prevede: a) un termine quinquennale
per  l'accertamento  delle  imposte  dirette,  dell'iva,   dell'irap,
dell'imu  e  delle  sanzioni;  b)  un  termine  quinquennale  per  la
riscossione dell'imu e delle sanzioni; c) un termine quinquennale  di
efficacia  della  domanda  di  fissazione  d'udienza   nel   processo
amministrativo e (last but non least) d) un termine quinquennale  per
il discarico automatico (art. 3 del  decreto  legislativo  29  luglio
2024, n. 110, in precedenza richiamato). 
    L'ultima  norma  non  puo'  trovare  applicazione  diretta  nella
fattispecie in esame perche' il discarico automatico opera  solo  per
le quote affidate all'Agenzia delle entrate - Riscossione a decorrere
dal  1°  gennaio  2025.  In  caso  contrario  (ossia   di   immediata
applicazione anche ai rapporti pendenti) il  ricorso  in  trattazione
doveva essere dichiarato inammissibile  perche'  (non  essendo  state
effettivamente riscosse le somme richieste) avrebbe dovuto operare il
discarico automatico. 
    La norma, pero', esprime una tendenza generale  dell'ordinamento:
il termine quinquennale e' oramai percepito come  il  termine  ultimo
entro il quale debbono essere compiute determinate  attivita'  ovvero
come il termine che (se superato) determina l'inefficacia dell'atto. 
    Prevedere ancora (in  tale  contesto)  un  termine  decennale  e'
un'anomalia che si pone in contrasto con il parametro  costituzionale
invocato. 
    D) Violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  per  l'anomala
previsione (sotto altro profilo) di un termine decennale in  tema  di
riscossione  dei  tributi  erariali.  Violazione  dei   principi   di
ragionevolezza e di proporzionalita'. 
    Questo Collegio ha richiamato la normativa sulla  disciplina  dei
ricorsi giurisdizionali (innanzi alla Corte  di  cassazione,  innanzi
alla  giurisdizione  amministrativa  e  innanzi  alla   giurisdizione
tributaria)  per  evidenziare  come  il  tempo  riconosciuto  per  la
redazione del ricorso (sessanta giorni) sia sempre doppio rispetto al
tempo assegnato per il suo deposito; e cio'  perche'  l'attivita'  di
redazione  del   ricorso   richiede   uno   sforzo   di   creativita'
intellettuale che il deposito (mera attivita' materiale) non esige. 
    Questo Collegio ritiene di poter stabilire  un  parallelismo  tra
ricorso e deposito (da un lato)  e  tra  accertamento  e  riscossione
(dall'altro). 
    L'accertamento e' l'atto  (a  volte  molto  complesso)  che  deve
essere motivato e, quindi,  richiede  uno  sforzo  intellettuale  non
insignificante.  L'esecuzione,  al  contrario,  presuppone  il   solo
consolidamento dell'accertamento. 
    Il paradosso (e, quindi, la sussistenza dei vizi  denunciati)  e'
che (allo stato della legislazione e dell'interpretazione)  il  tempo
riservato all'accertamento  (cinque  anni)  e'  la  meta'  del  tempo
riconosciuto per l'attivita' di riscossione (10 anni). 
    E)  Violazione  del  principio   di   coerenza   dell'ordinamento
giuridico. 
    Nell'ultimo quindicennio (dal 2009 ad  oggi)  il  legislatore  ha
dimezzato i  termini  per  il  compimento  di  determinate  attivita'
processuali. 
    Al di la' delle singole fattispecie,  l'accelerazione  e'  indice
della tendenza (giustificata dall'introduzione dei mezzi informatici)
ad accorciare i tempi per il compimento di determinate attivita'. 
    Il Legislatore ha dimezzato (da un anno a sei  mesi)  il  termine
per il passaggio in  giudicato  della  sentenza  non  notificata.  Ha
ridotto da 10 a 5 anni il  termine  di  efficacia  della  domanda  di
fissazione d'udienza nel processo amministrativo. 
    Anche in  questa  prospettiva  la  conservazione  di  un  termine
decennale contrasta con la tendenza dell'ordinamento. 
    F) Violazione dell'art. 111 della Costituzione sulla  ragionevole
durata del processo e, in subordine, dell'art. 97 della Costituzione. 
    La norma costituzionale invocata dispone che la legge assicura la
ragionevole durata del processo. 
    La legge 24 marzo 2001, n. 89 (in precedenza richiamata) fissa in
sei anni complessivi il termine ragionevole per  la  conclusione  del
giudizio. 
    Questo  Collegio  e'  ovviamente  e  pienamente  consapevole  che
processo e procedimento sono  entita'  ontologicamente  distinte;  ma
cio' non vale ad escludere che anche il procedimento tributario debba
avere una ragionevole durata. 
    Non puo' non rimarcarsi che la  controversia  in  esame  riguarda
imposte dell'anno .... 
    Dall'anno per il quale il contribuente era tenuto  a  determinati
versamenti e la  data  di  passaggio  in  decisione  del  ricorso  in
trattazione sono trascorsi 25 anni, periodo  di  tempo  assolutamente
irragionevole. 
 
                                ***** 
 
Conseguenze   dell'accoglimento   della   sottoposta   questione   di
costituzionalita' 
    L'accoglimento  della  dedotta  questione  di   costituzionalita'
comporta il rigetto del ricorso in appello. 
    L'accoglimento della questione non  comporta  alcuna  conseguenza
negativa per l'Erario per tutti i procedimenti pendenti alla data  di
pubblicazione  della  sentenza  di  (eventuale)  accoglimento   della
questione. 
    L'art. 136 della Costituzione dispone: «Quando la Corte  dichiara
l'illegittimita' costituzionale di una  norma  di  legge  o  di  atto
avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia  dal  giorno
successivo alla pubblicazione della decisione». 
    L'unico onere che la sentenza di  accoglimento  porra'  a  carico
dell'Agenzia delle entrate - Riscossione  e'  la  notificazione  (nel
quinquennio decorrente dalla data in cui il diritto di  credito  puo'
esser fatto valere) dell'avviso previsto dal comma 2 dell'art. 50 del
decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,  n.  602
(«Se l'espropriazione non e' iniziata entro un  anno  dalla  notifica
della cartella di  pagamento,  l'espropriazione  stessa  deve  essere
preceduta dalla notifica, da effettuarsi con  le  modalita'  previste
dall'art. 26, di un avviso che contiene  l'intimazione  ad  adempiere
l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni»). 
    La vicenda sottoposta al giudizio di questa Corte attiene  a  una
questione di prescrizione. 
    E la prescrizione, ai sensi dell'art.  2943  del  codice  civile,
puo'  sempre  essere  interrotta  infinite  volte  dal  titolare  del
diritto. 
    L'accoglimento della questione di costituzionalita' non incide in
alcun modo sui diritti di credito che, alla data della  pubblicazione
della decisione, siano stati richiesti da un periodo superiore  ai  5
anni;  per  questi  diritti  continuera'  a  trascorrere  l'ulteriore
periodo (inferiore ai 5 anni) fino al compimento del decennio. 
    Per i diritti, per i quali,  alla  data  di  pubblicazione  della
decisione, non si sia compiuto un quinquennio, decorrera' l'ulteriore
termine  quinquennale,  per  un  periodo  complessivo  inferiore   al
decennio. 
    Ove l'Agenzia delle entrate - Riscossione  vorra'  prolungare  il
termine di  prescrizione  dovra'  necessariamente  notificare  l'atto
interruttivo di cui si e' detto. 
    Questo Collegio ritiene che onerare  l'Agenzia  delle  entrate  -
Riscossione di un ulteriore  avviso  (che  si  aggiunge  ai  numerosi
avvisi gia' previsti  dalla  legislazione  tributaria,  ivi  compresi
quelli  postali)  non   sia   adempimento   oltremodo   gravoso,   in
considerazione del personale e dei mezzi di cui essa dispone. 
    Questo  Collegio  ritiene  poi  di  dover  evidenziare  che   nel
procedimento esaminato in questo giudizio, l'Agenzia delle entrate  -
Riscossione  aveva  notificato  al  contribuente  (in  data  ...)  la
cartella di pagamento n. .... 
    In data ... l'Agenzia  delle  entrate  -  Riscossione  notificava
l'avviso di intimazione n. .... 
    Tra i due atti era trascorso un periodo inferiore al quinquennio. 
    Cio' dimostra che gia' nell'anno ... (e  con  i  mezzi  all'epoca
disponibili) l'Agenzia delle entrate - Riscossione  aveva  effettuato
l'adempimento che l'accoglimento della questione di costituzionalita'
imporra' in via generalizzata. 
 
                                ***** 
 
    In conclusione questa Corte di giustizia  tributaria  di  secondo
grado del Lazio chiede a codesta Corte costituzionale di adottare una
pronuncia (nelle forme ritenute piu' opportune) che riduca il periodo
di prescrizione per la riscossione tributi statali a 5 anni. 
    La presente ordinanza e' stata  redatta  sulla  base  degli  atti
pubblicati e delle  norme  in  vigore  alla  data  del  passaggio  in
decisione del ricorso indicato in epigrafe (11 dicembre 2024). 

 
                               P.Q.M. 
 
    la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio cosi'
provvede: 
        visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; 
        rimette alla Corte costituzionale, ritenendone la rilevanza e
la non manifesta infondatezza nei termini di cui in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art.  2946  del  codice
civile, per quanto applicato  dalla  giurisprudenza  di  legittimita'
alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF -  IVA  e  IRAP)  e  del
comma 6 dell'art. 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112; 
        sospende il giudizio a quo e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale; 
        dispone che la presente  ordinanza  sia  notificata,  a  cura
della segreteria, alle parti e  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, e sia comunicata ai presidenti dei due rami del Parlamento. 
 
                        Il Presidente: Perla 
 
 
                                                 Il relatore: Pannone
                    
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