Reg. ord. n. 220 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/11/2025 n. 47
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Sezione distaccata di Brescia del 09/10/2025
Tra: Comune di Rezzato C/ Provincia di Brescia, Regione Lombardia, La Castella srl ed altri 6
Oggetto:
Ambiente – Rifiuti – Norme della Regione Lombardia – Funzioni delle province – Prevista approvazione, ai sensi degli artt. 208 e 209 del d.lgs. n. 152 del 2006, dei progetti di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, non rientranti nella competenza regionale – Denunciata disciplina che, in spregio alla normativa statale interposta non disciplina, nemmeno con indicazioni di massima, i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo da parte della regione sulle province nell'esercizio delle funzioni relative ai rifiuti e alle discariche e, soprattutto, non prevede alcunché in merito ai poteri sostitutivi regionali – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
- Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 16, comma 1, lettera b), come modificato dall’art. 15, comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, art. 22, convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2023, n.136.
Ambiente – Rifiuti – Norme della Regione Lombardia – Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) – Autorità competenti – Previsione che le province sono amministrazioni procedenti nell’ambito della conferenza di servizi regolata dall’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dagli artt. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990, la cui determinazione motivata di conclusione con esito favorevole costituisce provvedimento autorizzatorio unico regionale – Denunciata introduzione, da parte del legislatore regionale, di un modello di distribuzione delle competenze decisionali in contrasto con la disciplina statale di riferimento che non prevede la possibilità, per le regioni titolari della funzione di rilascio del predetto provvedimento, di allocare, a loro volta, tali funzioni a enti di livello di governo inferiore – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
- Legge della Regione Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5, art. 2, comma 7-quinquies.
- Costituzione art. 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 27-bis.
Norme impugnate:
legge della Regione Lombardia del 12/12/2003 Num. 26 Art. 16 Co. 1
legge della Regione Lombardia del 07/08/2020 Num. 18 Art. 15 Co. 4
legge della Regione Lombardia del 02/02/2010 Num. 5 Art. 2 Co. 7
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 117 Co. 2
decreto-legge Art. 22 Co.
legge Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 09 ottobre 2025
Ordinanza del 9 ottobre 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia sul ricorso proposto
dal Comune di Rezzato contro la Provincia di Brescia e altri.
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Lombardia - Funzioni delle
province - Prevista approvazione, ai sensi degli artt. 208 e 209
del d.lgs. n. 152 del 2006, dei progetti di impianti di smaltimento
e di recupero dei rifiuti, non rientranti nella competenza
regionale.
- Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina
dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in
materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del
sottosuolo e di risorse idriche), art. 16, comma 1, lettera b),
come modificato dall'art. 15, comma 4, della legge regionale 7
agosto 2020, n. 18 (Assestamento al bilancio 2020-2022 con
modifiche di leggi regionali).
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Lombardia - Provvedimento
autorizzatorio unico regionale (PAUR) - Autorita' competenti -
Previsione che le province sono amministrazioni procedenti
nell'ambito della conferenza di servizi regolata dall'art. 27-bis,
comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dagli artt. 14 e seguenti
della legge n. 241 del 1990, la cui determinazione motivata di
conclusione con esito favorevole costituisce provvedimento
autorizzatorio unico regionale.
- Legge della Regione Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5 (Norme in
materia di valutazione di impatto ambientale), art. 2, comma
7-quinquies.
(GU n. 47 del 19-11-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA LOMBARDIA
Sezione staccata di Brescia (Sezione prima)
Ha pronunciato la presente rdinanza sul ricorso numero di
registro generale 508 del 2024, integrato da motivi aggiunti,
proposto dal Comune di Rezzato, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Gorlani, con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio
eletto presso il suo studio in Brescia, via Romanino, 16;
Contro Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Magda Poli e
Raffaella Rizzardi, con domicilio digitale come da pec da Registri di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Brescia,
Palazzo Broletto piazza Paolo VI, 29;
Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Piera Pujatti, con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia;
Nei confronti La Castella S.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Domenico Bezzi, Mauro Renna e Nicola Sabbini, con domicilio digitale
come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo
studio del primo in Brescia, via Diaz, 13/C;
Associazione nazionale Legambiente Onlus, A.T.S. Brescia, Arpa
Lombardia - Dipartimento Brescia, Panni S.r.l., non costituiti in
giudizio;
e con l'intervento del Comune di Brescia, in persona del sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Moniga e
Francesco Valente, con domicilio digitale come da pec da Registri di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Brescia,
Corsetto S. Agata, 11/B;
Comune di Borgosatollo, Comune di Mazzano e Comune di
Castenedolo, in persona del rispettivo sindaco pro tempore,
rappresentati e difesi dall'avvocato Mario Gorlani, con domicilio
digitale come da pec da Registri di giustizia e domicilio eletto
presso il suo studio in Brescia, via Romanino, 16;
Comitato Difesa salute ambiente - Co.Di.Sa. Odv, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'avvocato Carlo Capretti, con domicilio digitale come da pec da
Registri di giustizia.
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento:
dell'atto dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024 della
Provincia di Brescia, settore Sostenibilita' ambientale e protezione
civile, che ha disposto di adottare, ai sensi dell'art. 27-bis,
decreto legislativo n. 152/2006, la determinazione motivata di
conclusione con esito favorevole della conferenza dei servizi
decisoria, costituente provvedimento autorizzatorio unico (PAU) per
il progetto di un impianto integrato per lo smaltimento (D1) di
rifiuti non pericolosi per un totale di 905.000 mc sita in Comune di
Rezzato (BS), loc. Cascina Castella;
di tutte le singole autorizzazioni contestualmente rilasciate
e ricomprese nel PAU, tra cui la pronuncia di compatibilita'
ambientale, l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi
degli articoli 29-quater e 29-sexies, decreto legislativo n. 152/2006
per la categoria di cui al punto 5.4. dell'allegato VIII e per la
sottocategoria di discarica per rifiuti inorganici a basso contenuto
organico o biodegradabile, l'Autorizzazione unica alla costruzione ed
esercizio di un impianto di produzione FER ai sensi dell'art. 12,
decreto legislativo n. 387/2003, il permesso di costruire acquisito
ai sensi dell'art. 14-ter, comma 7, legge n. 241/1990, il giudizio di
impatto paesistico;
delle relazioni tecniche istruttorie denominate «allegato
VIA», «allegato tecnico AIA», «allegato tecnico Energia», «allegato
Edilizia» e «allegato Derivazioni acque»;
di tutti gli atti del procedimento, compresi i verbali delle
conferenze di servizio del 29 giugno 2021, 1° marzo 2023, 19 luglio
2023, 27 settembre 2023 e 6 ottobre 2023;
di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale,
ancorche' non conosciuto o non espressamente richiamato in questa
epigrafe.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dal Comune di
Rezzato il 1° luglio 2025: per la declaratoria di nullita' e/o
l'annullamento:
dell'atto dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024 della
Provincia di Brescia, settore Sostenibilita' ambientale e protezione
civile, che ha disposto di adottare, ai sensi dell'art. 27-bis,
decreto legislativo n. 152/2006, la determinazione motivata di
conclusione con esito favorevole della conferenza dei servizi
decisoria, costituente provvedimento autorizzatorio unico (PAU) per
il progetto di un impianto integrato per lo smaltimento (D1) di
rifiuti non pericolosi per un totale di 905.000 mc sita in Comune di
Rezzato (BS), loc. Cascina Castella;
di tutte le singole autorizzazioni contestualmente rilasciate
e ricomprese nel PAU, tra cui la pronuncia di compatibilita'
ambientale, l'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi
degli articoli 29-quater e 29-sexies, decreto legislativo n. 152/2006
per la categoria di cui al punto 5.4. dell'allegato VIII e per la
sottocategoria di discarica per rifiuti inorganici a basso contenuto
organico o biodegradabile, l'Autorizzazione unica alla costruzione ed
esercizio di un impianto di produzione FER ai sensi dell'art. 12,
decreto legislativo n. 387/2003, il permesso di costruire acquisito
ai sensi dell'art. 14.ter, comma 7, legge n. 241/1990, il giudizio di
impatto paesistico;
delle Relazioni tecniche istruttorie denominate «allegato
VIA», «allegato tecnico AIA», «allegato tecnico Energia», «allegato
Edilizia» e «allegato Derivazioni acque»;
di tutti gli atti del procedimento, compresi i verbali delle
conferenze di servizio del 29 giugno 2021, 1° marzo 2023, 19 luglio
2023, 27 settembre 2023 e 6 ottobre 2023;
di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale,
ancorche' non conosciuto o non espressamente richiamato in questa
epigrafe;
del provvedimento di proroga di un anno della data di inizio
lavori, assunto dalla Provincia di Brescia, settore Sostenibilita'
ambientale e protezione civile - Ufficio rifiuti - in data 6 maggio
2025, in accoglimento della richiesta formulata dalla societa' La
Castella S.r.l. con nota del 3 marzo 2025;
del verbale dell'incontro tecnico del 10 aprile 2025 e
relativi allegati, trasmesso al Comune di Rezzato in data 29 aprile
2025;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di
Brescia, della Regione Lombardia, di La Castella S.r.l., dei Comuni
di Brescia, Castenedolo, Borgosatollo e Mazzano e del Comitato
Co.Di.Sa. Odv;
Visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87;
Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2025 la
dott.ssa Francesca Siccardi e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
1. Nel gennaio 2021 La Castella S.r.l. (gia' Castella S.r.l.)
deposito' un'istanza per il rilascio di un Provvedimento
autorizzatorio unico (PAU), ai sensi dell'art. 27-bis del decreto
legislativo n. 152/2006, relativo ad un progetto per la realizzazione
di un impianto integrato per lo smaltimento (D1) di rifiuti non
pericolosi, con una volumetria complessiva pari a 905.000 mc,
comprendente attivita' di deposito preliminare (D15) dei rifiuti non
pericolosi in ingresso, del percolato e delle acque meteoriche di
prima pioggia e di recupero energetico da fonti rinnovabili (R1):
tale PAU avrebbe dovuto includere la pronuncia di compatibilita'
ambientale, l'autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), ai sensi
dell'art. 29-quater e sexties del decreto legislativo n. 152/2006 per
installazione IPPC per la categoria 5.4 dell'allegato VIII alla parte
II del medesimo testo normativo, nonche' l'autorizzazione unica alla
costruzione e all'esercizio di un nuovo impianto di produzione di
energia da fonti rinnovabili (FER) ai sensi dell'art. 12, comma 3,
del decreto legislativo n. 387/2003.
2.1. L'istanza del 2021 era stata preceduta da due analoghe
richieste.
2.2. Il 20 luglio 2011, infatti, Castella S.r.l. aveva presentato
un primo progetto per la realizzazione di un impianto integrato di
recupero e smaltimento di rifiuti non pericolosi, con annesso
impianto di smaltimento e di produzione di energia elettrica da fonte
rinnovabile nel Comune di Rezzato (localita' La Castella), per una
volumetria complessiva di 1.890.000 mc., valutato negativamente,
sotto il profilo della compatibilita' ambientale, da Regione
Lombardia con provvedimento dell'8 febbraio 2016, impugnato dalla
societa' presso il Tribunale amministrativo regionale Brescia.
Il ricorso era stato rigettato con sentenza n. 153 del 2 febbraio
2017, passata in giudicato, per la quale il provvedimento di diniego
era immune dai vizi denunciati, in considerazione della
«delicatissima e fragilissima situazione del territorio coinvolto»,
che, unitamente alle lacune progettuali, rendeva «la scelta compiuta
sufficientemente ponderata alla luce dei pregnanti valori in gioco».
2.3.1. Successivamente, a dicembre 2016, La Castella S.r.l. (gia'
Castella S.r.l.) aveva presentato, questa volta alla Provincia di
Brescia, nel frattempo divenuta competente in tale materia, una
seconda istanza per la Valutazione di impatto ambientale e la
contestuale Autorizzazione integrata ambientale (AIA), per la
realizzazione di diversa discarica di rifiuti non pericolosi ed
annesso impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile,
da realizzarsi nella medesima localita' - c.d. Cascina Castella - in
un lotto confinante con quello oggetto del primo progetto e con
riduzione della volumetria totale di rifiuti in mc. 905.000.
2.3.2. La Provincia accolse la nuova istanza, ma i conseguenti
decreti di compatibilita' ambientale del progetto, l'AIA e
l'autorizzazione alla discarica furono impugnati dal Comune di
Rezzato dinnanzi a questo Tar, che respinse il ricorso con sentenza
n. 570 del 13 giugno 2019; questa, tuttavia, venne riformata dal
Consiglio di Stato con la pronuncia n. 4893 del 3 agosto 2020, che
annullo' gli atti impugnati, ravvisando un vizio istruttorio per
«mancata effettiva ponderazione degli effetti derivanti dalla
localizzazione della discarica di rifiuti non pericolosi rispetto ad
un contesto territoriale gia' gravemente pregiudicato a livello
ambientale e sottoposto a fattori di rischio e di pressione
fortemente impattanti», incompleta valutazione del tema «alternativa
zero» anche per inadeguato approfondimento circa la possibile
realizzazione del termovalorizzatore e carenze motivazionali.
3. Il progetto di cui alla terza istanza, di cui si e' dato atto
al punto 1, prevede la localizzazione dell'impianto nel medesimo sito
delle due richieste precedenti, ovverosia quello della localita'
Castella, ai mappali 1, 6, 13, 14, 16, 46, 47, 48, 50, 52, 55 e 56
del foglio n. 33 del Comune di Rezzato, che ricade all'interno
dell'ATEg25 del Piano Cave previgente della Provincia di Brescia -
Settore sabbie e ghiaia, confinante ad ovest con il territorio del
Comune di Brescia, e include altresi' la realizzazione di una nuova
installazione per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
4. Il procedimento esitato nell'atto dirigenziale impugnato con
il ricorso in esame ha avuto una durata di circa tre anni e mezzo,
essendosi rese necessarie quattro conferenze di servizi, inframezzate
da diverse sospensioni procedimentali per consentire l'espletamento
di indagini ambientali nel sito oggetto di intervento.
In particolare, per quanto di rilievo ai fini di causa:
il 29 giugno 2021 si e' tenuta la prima seduta di conferenza
di servizi istruttoria, cui ha fatto seguito, il 12 luglio 2021, un
sopralluogo presso l'area di localizzazione dell'impianto e la
produzione di documentazione integrativa da parte di La Castella
S.r.l., come richiesto dalla Provincia;
quest'ultima ha quindi pubblicato un nuovo avviso al
pubblico, in data 22 febbraio 2022, assegnando termine per
osservazioni;
il Comitato difesa salute ambiente (d'ora in poi Co.Di.Sa.),
poi costituitosi nel giudizio, ed i Comuni di Mazzano, Castenedolo,
Brescia, Borgosatollo e Rezzato hanno proposto osservazioni,
rappresentando quest'ultimo che, a seguito di campionamenti eseguiti
presso l'area di cava sarebbe emersa la presenza di materiali
contaminati;
la Provincia di Brescia, pertanto, in data 30 marzo 2022, ha
disposto la sospensione del procedimento, riattivato con successiva
nota del 31 maggio 2022, chiedendo al contempo alla proponente di
procedere alla definizione dello stato di fatto dell'area e
sospendendo nuovamente il procedimento con note del 15 luglio 2022,
14 ottobre 2022 e 13 dicembre 2022;
nel frattempo Panni S.r.l. - che svolge l'attivita'
estrattiva in loco - in contraddittorio con Arpa ha svolto
un'indagine ambientale avente per oggetto la caratterizzazione dei
materiali di riporto presenti sul fondo e dei terreni naturali
sottostanti, nonche' delle acque sotterranee, da cui e' emersa la
presenza di un quantitativo di riporti pari a 153.490 mc, il
ritrovamento di frammenti di eternit ed il riscontro di superamenti
delle CSC della Colonna A della tabella 1 dell'allegato 5 al Titolo V
della Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 in alcune trincee
nell'«area Nord», nonche' superamenti delle CSC delle acque
sotterranee per il parametro 1, 2, 3-tricloropropano nel piezometro
Pz.21.r.;
con nota del 30 dicembre 2022 il Comune di Rezzato ha
presentato osservazioni sugli esiti dell'indagine ambientale,
evidenziando la sussistenza di uno stato di fatto dell'area non
conforme alle autorizzazioni di cava, sia sotto il profilo di fine
escavazione, sia sotto quello del ripristino del fondo cava
approvato;
con nota del 2 febbraio 2023 la Provincia ha riattivato il
procedimento, convocando la prima conferenza di servizi decisoria per
la data del 1° marzo 2023;
con nota del 28 febbraio 2023 Arpa ha evidenziato che «le
ipotesi tecniche/progettuali sulle quasi si basa l'intero progetto,
in particolare quelle relative alla definizione del piano di
riferimento della discarica a partire dalla quota di ripristino della
cava autorizzata, risultano, alla luce degli approfondimenti
condotti, non verificabili e pertanto non valutabili ai fini
istruttori« e che «i risultati delle indagini, finora eseguite in
sito, delineano un potenziale scenario amministrativo dagli esiti
incerti, che potrebbe ridefinire i presupposti ambientali e tecnici
su cui il progetto stesso si basa», demandando alla Provincia le
valutazioni di detti aspetti;
nel corso della conferenza di servizi del 1° marzo 2023 la
Provincia ha ritenuto di non potere ricondurre «l'eventuale
risoluzione delle problematiche connesse all'attivita' di recupero
dell'area estrattiva all'interno del procedimento di Pau, in quanto
non prevista dal progetto e i soggetti coinvolti sono diversi da
quelli dei soggetti proponenti ... la risoluzione di queste
problematiche, una volta terminati tutti gli accertamenti del caso,
deve essere valutata da parte delle autorita' competenti»,
richiedendo comunque alla proponente di fornire un cronoprogramma
relativo alle tempistiche certe per la realizzazione della discarica
e la dimostrazione che i presupposti progettuali e di valutazione
ambientale non sono venuti meno e siano confermati;
in data 4 luglio 2023 e 19 luglio 2023 si sono tenute la
seconda e la terza seduta della conferenza di servizi decisoria, con
trasmissione da parte di Arpa del proprio contributo tecnico
scientifico e parere sul Piano di Monitoraggio;
con nota dell'11 settembre 2023 il Comune di Rezzato ha
trasmesso indicazioni sulle opere compensative, confermando comunque
la contrarieta' al progetto, ribadito in via definitiva con nota del
27 settembre 2023;
nella data del 27 settembre 2023 si e' tenuta l'ultima
conferenza di servizi, poi aggiornata al 6 ottobre 2023;
infine, il 10 aprile 2024 la Provincia di Brescia ha
rilasciato il provvedimento autorizzativo 1964/2024, integrato dai
relativi allegati tecnici.
5. Con ricorso notificato alla Provincia di Brescia, a Regione
Lombardia, nonche' a La Castella S.r.l. quale controinteressata e
dandone, altresi', notizia ai Comuni di Brescia, di Borgosatollo, di
Mazzano, di Castenedolo, al Comitato Difesa Salute Ambiente
(Co.Di.Sa.), all'Associazione nazionale legambiente Onlus, ad ATS
Brescia, all'Agenzia regionale protezione ambiente (ARPA) - Lombardia
ed a Panni S.r.l., il Comune di Rezzato ha impugnato l'atto
dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024 con cui la Provincia di
Brescia, Settore sostenibilita' ambientale e protezione civile ha
adottato, ex art. 27-bis, decreto legislativo 152/2006, «la
determinazione motivata di conclusione con esito favorevole della
conferenza dei servizi decisoria, costituente provvedimento
autorizzatorio unico (PAU) per il progetto di un impianto integrato
per lo smaltimento (D1) di rifiuti non pericolosi per una volumetria
complessiva pari a 905.000 mc, sito nel Comune di Rezzato (BS) in
loc. Cascina Castella comprendente attivita' di deposito preliminare
(D15) dei rifiuti non pericolosi in ingresso, del percolato e delle
acque meteoriche di prima pioggia e di recupero energetico da fonti
non rinnovabili (R1)», nonche' le singole autorizzazioni ricomprese
nel PAU, nonche' le relazioni tecniche e gli atti del procedimento,
chiedendone l'annullamento.
6. Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Brescia,
Regione Lombardia, La Castella S.r.l., nonche', con atti di
sostanziale intervento ad adiuvandum, il Comitato Co.Di.Sa. ed i
Comuni di Brescia, Borgosatollo, Mazzano e Castenedolo.
7.1. Successivamente le parti hanno depositato documenti, memorie
e repliche nei termini di cui all'art. 73 c.p.a.
7.2. Il Comune di Rezzato e quello di Brescia, in particolare,
hanno dato atto dei fatti sopravvenuti all'impugnazione del
provvedimento, riferiti al ritrovamento all'interno del sito
estrattivo ATEg25, attualmente gestito da Panni S.r.l., di riporti
difformi dall'autorizzazione per 153.490 mc dallo stesso comune
competente qualificati come rifiuti, in assenza di elementi che ne
dimostrassero l'origine e cioe':
l'emissione, in data 20-25 novembre 2024, delle ordinanze 317
e 328 di rimozione dei rifiuti e ripristino dello stato dei luoghi
nei confronti di Gaburri S.p.a., ex operatore di cava individuato
come responsabile del deposito;
la proposizione di ricorso, da parte di quest'ultima
societa', avverso detto provvedimento con ricorso sub RG 139/2025
dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale Brescia, nel corso del
quale la domanda cautelare e' stata rinunciata, attesa la sospensione
provvisoria dell'esecuzione dei provvedimenti da parte del Comune di
Rezzato;
la presentazione alla Provincia di Brescia, l'8 agosto 2024,
da parte di Panni S.r.l. di una «istanza di variante non essenziale
al recupero a destinazione finale dell'area nord de La Castella»
volta alla modifica dell'originario piano di recupero del fondo cava,
al fine di mantenere in loco il quantitativo di rifiuti inerti ivi
presente, rigettata dalla Provincia per asserita incompetenza,
oggetto di impugnazione dinnanzi al Tribunale amministrativo
regionale Brescia sub RG 915/2024;
la presentazione alla Provincia di Brescia, in data 3
febbraio 2025, da parte de La Castella S.r.l. di un'istanza di
autorizzazione ex art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006 per
l'attivita' di recupero di circa 158.000 mc di rifiuti inerti, di cui
al codice EER 170504 (terre e rocce da scavo), depositati a fondo
cava, finalizzata alla cessazione della qualifica di rifiuto e al
loro riutilizzo in situ per la ricostruzione del piano di fondo cava,
sino alla quota di 121,80 m.s.l.m. e di un'istanza di verifica di
assoggettabilita' a VIA;
l'avvio del procedimento da parte della Provincia con nota
del 28 febbraio 2025;
la rappresentazione da parte del Comune di Rezzato
dell'improcedibilita' dell'istanza, in quanto finalizzata a una
modifica surrettizia delle condizioni previste nel PAU per l'avvio
dei lavori di realizzazione del nuovo impianto ed al mantenimento in
situ di materiale difforme dall'autorizzazione di cava vigente,
anziche' al recupero ambientale del fondo cava, con la precisazione
che gli accertamenti eseguiti documenterebbero che i rifiuti inerti
sarebbero immersi in falda, per essere la quota d'imposta degli
stessi inferiore alla quota di massima risalita della falda indicata
dalla proponente;
la rappresentazione di analoghe osservazioni critiche anche
da parte del Comune di Brescia;
la richiesta rivolta da La Castella S.r.l. alla Provincia, in
data 3 marzo 2025, di una proroga di dodici mesi del termine per
l'avvio dei lavori oggetto di PAU, concessa dall'Amministrazione con
provvedimento del 6 maggio 2025;
l'espletamento di una riunione tecnica, in data 10 aprile
2025, presso la Provincia di Brescia per la valutazione delle misure
di soggiacenza della falda presso l'ATEg25, a seguito dei dati
piezometrici censiti da Arpa all'interno dell'area ATEg25 e trasmessi
da Co.Di.Sa., attestanti quale quota massima di escursione della
falda, per il mese di luglio 2020, la misura di 122,95 m.s.l.m.,
superiore a quella di 120,20 dichiarata da La Castella S.r.l. ed
utilizzata per il progetto autorizzativo della discarica.
7.3. Nella propria memoria di replica La Castella S.r.l. ha
eccepito:
i) l'inammissibilita' degli atti di costituzione dei Comuni
di Mazzano, Castenedolo e Borgosatollo, nonche' di Co.Di.Sa., in
quanto soggetti che avrebbero potuto proporre autonomamente ricorso
avverso i provvedimenti impugnati, apparendo la notifica effettuata
nei loro confronti dal Comune di Rezzato un abuso di strumento
processuale;
ii). l'inammissibilita' del ricorso per difetto di interesse
in capo al Comune di Rezzato, che avrebbe potuto formulare il proprio
dissenso al progetto esclusivamente secondo le forme di cui agli
articoli 14-quater e quinquies della legge n. 241/1990 e non mediante
l'impugnativa proposta.
8. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 27 giugno 2025,
successivamente depositato, il Comune di Rezzato ha impugnato
altresi' il provvedimento n. 85192 del 6 maggio 2025 con cui la
Provincia di Brescia ha concesso la proroga di un anno del termine di
inizio dei lavori per l'approntamento della discarica gia'
autorizzata con A.D. n. 1296 del 10 aprile 2024, nonche' il verbale
dell'incontro tecnico del 10 aprile 2025 e relativi allegati,
chiedendone l'annullamento.
9. Prima di esaminare le censure di merito, il Collegio rileva
l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilita' del ricorso
formulata da La Castella S.r.l.: sussiste, invero, un interesse
concreto, diretto ed attuale in capo al Comune di Rezzato, sul cui
territorio insiste il progetto de La Castella S.r.l., ritenuto fonte
di pregiudizio.
Inoltre, in disparte l'inconferenza del richiamo all'art.
14-quinquies, legge n. 241/1990, che disciplina i rimedi per le
amministrazioni portatrici di interessi sensibili espressamente
indicati, quale non e' il Comune ricorrente, la possibilita' di agire
in giudizio attraverso il rimedio di cui all'art. 29, c.p.a., non
puo' essere ricavata per implicito da quanto previsto dal comma II
dell'art. 14-quater, legge n. 241/1990: quest'ultima norma, come
emerge dal suo tenore letterale, si limita ad attribuire alle
«amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione
motivata di conclusione della conferenza» la mera facolta' di
«sollecitare ... l'amministrazione procedente ad assumere ...
determinazioni in via di autotutela», in ottica deflattiva e coerente
con lo spirito di semplificazione proprio del modulo procedimentale
della conferenza di servizi, ma non gia' un rimedio sostitutivo
rispetto alla proposizione di un'azione giurisdizionale.
Del resto, l'esclusione della possibilita' di agire in giudizio
in capo ad un soggetto - per l'importanza delle conseguenze sulla sua
sfera giuridica - deve essere oggetto di una previsione esplicita e
puntuale e non e' suscettibile di essere ricavata dall'interprete da
una norma, quale quella invocata, da cui non pare affatto poter
essere ricavata l'interpretazione fatta propria da La Castella S.r.l.
10.1. Si puo' cosi' passare a esaminare il merito della
controversia.
10.2. Il ricorso introduttivo contiene undici motivi di
doglianza, rivolti avverso il provvedimento autorizzativo provinciale
n. 1964 del 10 aprile 2024, cosi' compendiati:
i) «Eccezioni di legittimita' costituzionale dell'art. 16,
legge regionale n. 26 del 2003, in eventuale combinato disposto con
l'art. 22 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito con
modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136. Nullita' dell'atto
per incompetenza assoluta derivata»: parte ricorrente ritiene che
l'art. 16 della legge regionale n. 26/2003 (come modificato dall'art.
15, comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18), sulla cui
base la Provincia di Brescia ha esercitato le funzioni
autorizzatorie, sia in contrasto con la Costituzione, con la
conseguenza che la dichiarazione di incostituzionalita' della norma
priverebbe la Provincia del potere di provvedere sull'istanza, con
conseguente nullita' dei provvedimenti adottati per difetto assoluto
di attribuzione. La censura e' articolata sotto tre diversi profili:
a. «Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, legge
regionale n. 26 del 2003, in quanto applicabile ratione temporis, per
violazione dell'art. 117, lettera S, in combinato disposto con l'art.
118, comma primo, e l'art. 9, comma terzo, Cost.»;
b. «Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, legge
regionale n. 26 del 2003, in combinato disposto con l'art. 22 del
decreto-legge n. 104 del 2023, per violazione dell'art. 117, lettera
S, in combinato disposto con l'art. 118, comma primo, e l'art. 9,
comma terzo, Cost., nonche' per violazione dell'art. 77, commi primo
e secondo, e 136 Cost. in relazione all'art. 15, comma 2, lettera e)
della legge n. 400/1988»;
c. «Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, legge
regionale n. 26 del 2003, per violazione dell'art. 117, lettera S, in
riferimento all'art. 22 del decreto-legge n. 104 del 2023»;
ii) «eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,
commi 3 e 7-quinquies della legge regionale n. 5/2010, in combinato
disposto con l'art. 4, commi 3 e 3-bis, della legge regionale n.
5/2010, per violazione dell'art. 117, lettera S, e dell'art. 118,
comma secondo Cost»;
iii) «Nullita' degli atti impugnati per elusione del
giudicato amministrativo formatosi sulla sentenza n. 4893 del 2020
del Consiglio di Stato e sulla sentenza n. 153 del 2017 del Tribunale
amministrativo regionale Brescia»;
iv) «Violazione degli articoli 9 e 41 della Costituzione,
come modificati dalla legge costituzionale n. 1/2022»;
v) «Violazione del principio di precauzione di cui all'art.
3-ter e 301 del decreto legislativo n. 152/2006; violazione del
principio dello sviluppo sostenibile di cui all'art. art. 3-quater
del decreto legislativo n. 152/2006; eccesso di potere per difetto di
istruttoria ovvero travisamento dei fatti»;
vi) «Contrasto con le previsioni del Parco locale di
interesse sovracomunale denominato "Parco delle Cave"; eccesso di
potere per carenza di istruttoria: omessa e/o incompleta analisi
dell'"alternativa zero"»;
vii) «Contrasto con le previsioni del Piano territoriale di
coordinamento provinciale, ovvero contrasto con il Programma
regionale di gestione dei rifiuti; violazione dell'art. 59, comma
7-ter, della legge regionale n. 12/2005»;
viii) «Violazione dell'art. 179, decreto legislativo n.
152/2006; violazione dell'art. 4 della direttiva 2008/98/CE; eccesso
di potere per difetto di istruttoria ovvero travisamento dei fatti»;
ix) «Eccesso di potere per illogicita', contraddittorieta',
obiettiva perplessita' del provvedimento; eccesso di potere per
carenza d'istruttoria per omessa e/o incompleta analisi dello stato
dei luoghi, ovvero travisamento dei fatti; nonche' violazione degli
articoli 24, 25, 27 e 27-bis del decreto legislativo n. 152/2006»;
x) «Eccesso di potere per carenza di istruttoria: omessa e/o
incompleta analisi della falda e degli aspetti idrogeologici e
sismici; violazione dell'art. 7 della direttiva (UE) 2020/2184,
nonche' violazione dell'art. 1 del decreto legislativo n. 18 del 23
febbraio 2023»;
xi) Eccesso di potere per conflitto di interesse, violazione
principio di imparzialita' dell'azione amministrativa di cui all'art.
97 Cost.»;
10.3. Il ricorso per motivi aggiunti, proposto per l'annullamento
del provvedimento con cui il 6 maggio 2025 la Provincia di Brescia ha
assentito la proroga del termine di inizio dei lavori per la
realizzazione della discarica, nonche' del verbale dell'incontro
tecnico del 10 aprile 2025 e relativi allegati, si affida a quattro
motivi di censura:
i) «Violazione falsa applicazione degli articoli 2, 13 e 15
del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001; difetto di
competenza ovvero eccesso di potere per difetto di istruttoria;
violazione del principio del contraddittorio procedimentale»;
ii) «Violazione falsa applicazione dell'art. 15 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 380/2001 per insussistenza dei
presupposti per concedere la proroga»;
iii) «Eccesso di potere per sviamento; eccesso di potere per
illogicita' e irragionevolezza ovvero eccesso di potere
contraddittorieta' tra piu' provvedimenti assunti dalla stessa
Amministrazione»;
iv) «Eccesso di potere per carenza d'istruttoria per omessa
e/o incompleta analisi degli aspetti idrogeologici» (censura rivolta
al verbale del 10 aprile 2025).
11.1. Le questioni principali e potenzialmente assorbenti,
traducendosi in un vizio d'incompetenza dell'Autorita' emanante i
provvedimenti impugnati, sono contenute nel I motivo sub c) e nel II
motivo del ricorso introduttivo, in cui si chiede al Collegio di
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16,
comma 1, lettera b), della legge regionale n. 26 del 2003 - sotto
diversi profili - e dell'art. 2, commi 3 e 7-quinquies, della legge
regionale n. 5/2010, in combinato disposto con l'art. 4, commi 3 e
3-bis, della medesima legge.
11.2. Andando con ordine, quanto al motivo I, sostiene parte
ricorrente che l'art. 16, comma 1, lettera b), della legge regionale
n. 26/2003 (come modificato dall'art. 17, comma 1, lettera a), della
legge regionale n. 21 maggio 2020, n. 11), secondo cui «Fermo
restando quanto stabilito dall'art. 197 del decreto legislativo n.
152/2006 spetta alle province: b) l'approvazione ai sensi degli
articoli 208 e 209 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale) dei progetti di impianti non rientranti
nella competenza regionale», contrasterebbe con il riparto di
competenze fissato di cui all'art. 117, comma 2, lettera s) Cost.,
posto che l'art. 208, decreto legislativo n. 152/2006 assegna la
funzione di rilascio della «autorizzazione unica per i nuovi impianti
di smaltimento e di recupero dei rifiuti» alla Regione e che quanto
previsto dall'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023 non sarebbe una
base legale statale idonea ad autorizzare la delega di funzioni in
materia ambientale dalle regioni alle province.
In particolare:
(a) Richiamando il principio del tempus regit actum, parte
ricorrente sostiene che non potrebbe interferire su tale profilo il
fatto che l'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023, anche nel testo
solo marginalmente modificato dalla legge di conversione n. 136/2023,
abbia autorizzato le regioni a delegare anche le funzioni
amministrative di cui al predetto art. 208, per la semplice ragione
che la novella e' entrata in vigore l'11 agosto 2023 e non troverebbe
applicazione per i procedimenti gia' in corso, come quello esitato
nel provvedimento gravato. In proposito, infatti, la stessa Corte
costituzionale ha affermato «la predeterminazione normativa della
distribuzione dei compiti costituisce una proiezione del principio di
legalita', che, ai sensi dell'art. 97 Cost., regola l'agire
amministrativo, l'attitudine della delega a modificare la competenza
ne giustifica il condizionamento al duplice presupposto della
titolarita' originaria, in capo al conferente, del potere che ne
forma oggetto e dell'espressa previsione e delimitazione ad opera
della stessa fonte normativa che attribuisce la competenza a
delegare» (Corte Cost. n. 189 del 7 ottobre 2021);
(b) in via subordinata, quand'anche dovesse applicarsi l'art.
22 del decreto-legge n. 104/2023, l'autorizzazione governativa
contenuta in detto articolo contrasterebbe con principi
costituzionali, con conseguente invalidazione della norma regionale:
il decreto-legge, infatti, privo di una ratio unitaria, avrebbe
aggirato la consolidata giurisprudenza costituzionale in materia,
consentendo alle regioni di trasferire un numero considerevole di
funzioni amministrative agli enti locali senza operare alcuna
distinzione e con limiti di carattere generale, risultando, quindi,
integrato un abuso della decretazione d'urgenza, sub species
violazione dell'art. 15, comma 2, lettera e), della legge n. 400/1988
(«Il Governo non puo', mediante decreto-legge: ... e) ripristinare
l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale per vizi non attinenti al procedimento»). Lo Stato, in
definitiva, si sarebbe spogliato di una competenza legislativa
(identificare le funzioni amministrative delegabili, in base al
principio di legalita') che la Costituzione gli ha assegnato in via
esclusiva anche per ragioni di unitarieta' dell'ordinamento e della
specifica tutela del bene ambientale, senza effettuare un distinguo
tra le diverse attivita' connesse alla tutela ambientale e inserite
negli articoli citati dall'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023. Si
tratterebbe, quindi, di una delega in bianco alle regioni, che
violerebbe anche il principio di sussidiarieta' nella delicata
materia ambientale, non essendo a monte state ponderate le funzioni
che necessitino di un coordinamento unitario a livello amministrativo
regionale;
(c) quand'anche l'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023 fosse
ritenuto conforme a Costituzione, comunque l'art. 16, comma 1,
lettera b), legge regionale n. 26/2003 si porrebbe comunque in
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione
proprio con riferimento al contenuto del decreto-legge stesso.
Infatti, l'art. 22, decreto-legge n. 104/2023, nel prevedere che il
trasferimento delle funzioni debba avvenire mediante legge regionale,
prescrive che «la medesima legge disciplina i poteri di indirizzo,
coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della Regione, il
supporto tecnico-amministrativo agli enti cui sono trasferite le
funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione
in caso di verificata inerzia nell'esercizio delle medesime»;
tuttavia la legge regionale n. 26/2023 non disciplinerebbe - nemmeno
con indicazioni di massima - i poteri di indirizzo, coordinamento e
controllo da parte della Regione sulle Province nell'esercizio delle
funzioni relative ai rifiuti e alle discariche e, soprattutto, non
prevede alcunche' in merito ai poteri sostitutivi regionali.
11.3. Quanto al motivo II, il Comune di Rezzato contesta la
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 3 e 7-quinquies, della
legge regionale n. 5/2010, in combinato disposto con l'art. 4, commi
3 e 3-bis, della medesima legge nella parte in cui individua nella
Provincia l'autorita' competente al rilascio del PAUR, stabilendo «3.
La provincia sul cui territorio si prevede di realizzare l'intervento
e', secondo la decorrenza stabilita dall'art. 14, comma 8, autorita'
competente all'espletamento delle procedure di VIA e di verifica di
assoggettabilita' a VIA con riferimento ai progetti di cui all'art.
1, comma 1:
a) per i quali e' competente all'approvazione o
all'autorizzazione;
b) individuati nella parte II dell'allegato C;
c) localizzati nel territorio di piu' comuni» e «7-quinquies.
Le autorita' competenti di cui al presente articolo sono
amministrazioni procedenti nell'ambito della conferenza di servizi di
cui all'art. 27-bis, comma 7, del decreto legislativo n. 152/2006 e
agli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990».
La norma sarebbe in contrasto con gli articoli 117, comma 2,
lettera s) e 118, comma 2, della Costituzione (come modificati dalla
legge costituzionale n. 3/2001), avendo la Regione delegato alle
province le funzioni amministrative in materia di PAUR (come tale
rientrante nella potesta' legislativa esclusiva statale ex art. 117,
comma 2, lettera «s» Cost., venendo in rilievo la «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali», che
pacificamente ricomprenderebbe la materia della gestione dei rifiuti)
che il decreto legislativo n. 152/2006, cd. TU dell'Ambiente,
attribuisce espressamente alle Regioni, in assenza di una espressa
previsione normativa a livello statale che consenta tale
riallocazione.
Tale delega regionale, quindi, contrasterebbe con il modello di
distribuzione delle competenze decisionali stabilite dal legislatore
nazionale, che ha invece attribuito, con l'art. 27-bis del decreto
legislativo n. 152 del 2006, dette competenze esclusivamente alle
Regioni, senza prevederne una delegabilita' ulteriore, con
conseguente violazione della riserva di competenza legislativa
esclusiva statale stabilita dall'art. 117, comma 2, lettera s), Cost.
Detta illegittimita' non potrebbe essere superata dalla
previsione di cui al comma 8 dell'art. 7-bis del decreto legislativo
n. 152/2006 (secondo cui «le Regioni ... disciplinano con proprie
leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio
delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA,
nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti
specifici agli altri enti territoriali sub-regionali»), ne' dalla
previsione dell'art. 22 decreto-legge n. 104/2023, nel testo
convertito ex legge n. 136/2023 (secondo cui «Le Regioni possono
conferire, con legge, le funzioni amministrative di cui agli articoli
194, comma 6, lettera a), 208, 242 e 242-bis del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, agli enti locali di cui all'art. 114 della
Costituzione, tenendo conto in particolare del principio di
adeguatezza .... Sono fatte salve le disposizioni regionali, vigenti
alla data di entrata in vigore della presente disposizione, che hanno
trasferito le funzioni amministrative predette»), dal momento che
tali disposizioni si limitano a facoltizzare le Regioni a delegare le
proprie competenze esclusivamente in merito al provvedimento di VIA e
al provvedimento di AIA, ma non consentono di delegare anche la
competenza unitaria al rilascio del piu' ampio PAUR di cui all'art.
27-bis, decreto legislativo n. 152/2006.
Il PAUR, infatti, sarebbe espressione di una nuova competenza a
se' stante rispetto alla VIA e all'AIA, che supera e trascende le
distinte competenze delle amministrazioni chiamate a partecipare alla
conferenza di servizi: pertanto, se il legislatore nazionale avesse
inteso consentire la delega all'adozione del citato provvedimento
unico, oltre che della VIA e dell'AIA singolarmente considerate, lo
avrebbe dovuto espressamente prevedere. Posto che alcuna disposizione
normativa autorizzerebbe alla riallocazione delle funzioni in materia
di PAUR, la delega in favore delle province operata dalla legge
regionale n. 5/2010 contrasterebbe con l'art. 117, comma 2, lettera
s) e con l'art. 118, comma 2, Cost.
12. Il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate
le questioni di legittimita' costituzionale prospettate dal Comune di
Rezzato nei motivi I c) e II.
13.1. Per cio' che attiene alla rilevanza nel presente giudizio,
il Collegio osserva come le censure su cui le questioni di
legittimita' costituzionale prospettate si riverberano siano
evidentemente prioritarie ed assorbenti, rispetto a ogni altra
dedotta, sia con il ricorso introduttivo, sia con quello per motivi
aggiunti.
Il loro carattere pregiudiziale e', infatti, dato, piuttosto che
dalla gradazione proposta dalla parte, dalla tipologia del vizio
censurato, vale a dire la compatibilita' della norma attributiva del
potere esercitato dalla Provincia di Brescia con la Carta
costituzionale e, quindi, se sussista la competenza della Provincia
stessa ad adottare l'autorizzazione impugnata, con la logica
conseguenza che l'accoglimento di una delle questioni di legittimita'
formulate, escludendo tale competenza, comporterebbe necessariamente
quello del ricorso introduttivo e dei successivi motivi aggiunti
sotto tale profilo, ovverosia per difetto di attribuzione, con
assorbimento di ogni altra censura formulata e con effetti
invalidanti altresi' del provvedimento di proroga, impugnato con
ricorso per motivi aggiunti.
13.2. Tale conclusione e' del resto coerente con quanto affermato
dal Consiglio di Stato, per cui lo stesso potere del ricorrente di
graduare i motivi di ricorso incontra un limite nel vizio di
incompetenza per cui «l'accoglimento del ricorso giurisdizionale per
la riconosciuta sussistenza del vizio di incompetenza comporta
l'assorbimento degli ulteriori motivi di impugnazione, in quanto la
valutazione del merito della controversia si risolverebbe in un
giudizio meramente ipotetico sull'ulteriore attivita' amministrativa
dell'organo competente, cui spetta l'effettiva valutazione della
vicenda e che potrebbe emanare, o non, l'atto in questione e
comunque, provvedere con un contenuto diverso» (C.d.S., A.P. n. 5 del
27 aprile 2015).
14.1. Quanto al concorrente profilo della non manifesta
infondatezza della questione, il Collegio ritiene necessario
effettuare le seguenti precisazioni.
14.2. La riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta con
legge Costituzionale n. 3/2001, ha fortemente inciso sul riparto
delle competenze legislative tra Stato e Regioni e sull'allocazione
delle competenze amministrative.
In merito al primo aspetto e per quanto di rilievo ai presenti
fini, l'art. 117, comma 2, lettera «s» della Costituzione attribuisce
allo Stato la legislazione esclusiva nella materia «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
In merito al secondo profilo, il novellato art. 118 Cost. ha
superato la previgente regola del «parallelismo delle funzioni» (in
base al quale il titolare del potere legislativo in una determinata
materia era altresi' titolato garantirne l'esecuzione in via
amministrativa) in favore dell'allocazione delle funzioni
amministrative «ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio
unitario, siano conferite a Province, Citta' metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza» (comma I), con la precisazione che «I Comuni, le
Province e le Citta' metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o
regionale, secondo le rispettive competenze» (comma II).
La giurisprudenza costituzionale, piu' volte pronunciatasi in
ipotesi di leggi regionali che hanno allocato a livelli inferiori di
Governo funzioni alle stesse attribuite dalla normativa statale nella
materia della «tutela dell'ambiente» - rientrante nella legislazione
esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lettera «s» Cost., ha
chiarito che «tale potesta' esclusiva comporta che il solo
legislatore nazionale sia competente a definire l'organizzazione
delle corrispondenti funzioni amministrative anche attraverso
l'allocazione di competenze presso enti diversi dai comuni - ai quali
esse devono ritenersi generalmente attribuite secondo il criterio
espresso dall'art. 118 Cost. - tutte le volte in cui l'esigenza di
esercizio unitario della funzione trascenda il relativo ambito
territoriale di Governo» e che cio' «risponde, del resto, a
ineludibili esigenze di protezione di un bene unitario e di valore
primario quale e' l'ambiente (sentenze n. 246 del 2017 e n. 641 del
1987), che risulterebbero vanificate ove si riconoscesse alla regione
la facolta' di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente
territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di
adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l'individuazione del
livello regionale (sentenze n. 60 del 2023 e n. 189 del 2021)» (cfr.,
da ultimo sentenza n. 2/2024, nonche' precedenti n. 160/2023 e
189/2021).
La concreta collocazione delle funzioni, pertanto, non puo' che
trovare base nella legge, con la conseguenza, che «sara' sempre la
legge, statale o regionale, in relazione al riparto delle competenze
legislative, a operare la concreta collocazione delle funzioni, in
conformita' alla generale attribuzione costituzionale ai comuni o in
deroga ad essa per esigenze di "esercizio unitario", a livello
sovracomunale, delle funzioni medesime» (Corte Cost. n. 43/2004),
anche perche' il conferimento di una funzione amministrativa al
livello di Governo ritenuto piu' adeguato, e' frutto di una specifica
valutazione da parte dell'Ente titolare della competenza legislativa
in ordine alle «concrete situazioni relative ai diversi settori, alla
luce dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza
in riferimento alle caratteristiche proprie del sistema di
amministrazione locale» (Corte Cost., sentenza n. 379 del 2004).
14.3.1. Quanto al motivo I c).
L'art. 16, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 26/2003,
nella versione attualmente vigente, prevede «Fermo restando quanto
stabilito dall'art. 197 del decreto legislativo n. 152/2006 spetta
alle province: ... b) l'approvazione ai sensi degli articoli 208 e
209 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale) dei progetti di impianti non rientranti nella competenza
regionale».
A livello nazionale, invece, l'art. 208, decreto legislativo n.
152/2006, assegna la funzione di rilascio della «autorizzazione unica
per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti» alla
Regione.
Solo in data 11 agosto 2023 e' entrato in vigore il ripetuto
decreto-legge n. 104/2023 («Disposizioni urgenti a tutela degli
utenti, in materia di attivita' economiche e finanziarie e
investimenti strategici»), convertito in legge n. 136/2023, che
all'art. 22 prevede «Le Regioni possono conferire, con legge, le
funzioni amministrative di cui agli articoli 194, comma 6, lettera
a), 208, 242 e 242-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, agli enti locali di cui all'art. 114 della Costituzione, tenendo
conto in particolare del principio di adeguatezza. La medesima legge
disciplina i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle
funzioni da parte della Regione il supporto tecnico-amministrativo
agli enti cui sono trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri
sostitutivi da parte della Regione, in caso di verificata inerzia
nell'esercizio delle medesime. Sono fatte salve le disposizioni
regionali, vigenti alla data di entrata in vigore della presente
disposizione, che hanno trasferito le funzioni amministrative
predette».
La norma - come si legge nel dossier D23104 della Camera,
reperibile al link
https://documenti.camera.it/leg19/dossier/testi/D23104.htm#_Toc144814
748 - e' stata introdotta, in via d'urgenza, al dichiarato fine di
porre rimedio al vulnus riscontrato dalla Corte costituzionale in
materia di delega della competenza amministrativa in materia di
procedure di bonifica: la pronuncia 160/2023 aveva, infatti,
confermato che la potesta' legislativa dello Stato in materia
ambientale e' esclusiva e, quindi, tale da impedire alle Regioni di
derogarvi, in assenza di una specifica autorizzazione dello Stato in
tal senso, delegando agli enti locali minori funzioni e poteri in
questo ambito. Di conseguenza la disposizione sarebbe «volta a
fornire una copertura normativa ad un assetto procedimentale ormai
consolidato in assenza del quale si rischierebbe ... di registrare un
blocco delle attivita' di bonifica», contenendo, altresi', «una
clausola di salvaguardia delle disposizioni regionali vigenti alla
data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, in modo tale
che sia garantita la prosecuzione dei procedimenti in corso».
Quest'ultima norma, sopravvenuta in corso di procedimento, se
astrattamente integra una previsione statale che consenta alla
Regione - cui la funzione di cui all'art. 208, decreto legislativo n.
152/2006 e' stata attribuita dallo Stato in base ad una valutazione
di adeguatezza - di delegare detta funzione alle Province, tuttavia
si presta al dubbio di legittimita' costituzionale adombrato dal
Comune di Rezzato sub c) del motivo I.
14.3.2. Quanto al profilo sub c), infatti, sussiste il dubbio
circa il contrasto tra l'art. 16, comma 1, lettera b), legge
regionale n. 26/2003 e l'art. 117, comma 2, lettera «s» Cost., dal
momento che la previsione normativa regionale, vigente al momento
dell'adozione del provvedimento impugnato, sfugge all'autorizzazione
alla delega delle funzioni di cui all'art. 208, decreto legislativo
n. 52/2006: infatti, l'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023, nel
prevedere che il trasferimento delle funzioni debba avvenire mediante
legge regionale, prescrive che «la medesima legge disciplina i poteri
di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della
Regione, il supporto tecnico-amministrativo agli enti cui sono
trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte
della Regione in caso di verificata inerzia nell'esercizio delle
medesime».
Tuttavia la legge regionale n. 26/2023, ratione temporis vigente,
non disciplina - nemmeno con indicazioni di massima - i poteri di
indirizzo, coordinamento e controllo da parte della Regione sulle
Province nell'esercizio delle funzioni relative ai rifiuti e alle
discariche e, soprattutto, non prevede alcunche' in merito ai poteri
sostitutivi regionali.
Ne' e' dirimente, in proposito, il richiamo, effettuato da
Regione Lombardia, all'art. 16-bis della legge regionale n. 26/2003,
che regolamenta gli aspetti indicati previsti dall'art. 22,
decreto-legge n. 104/2023: infatti tale articolo e' stato introdotto
nella legge regionale n. 26/2003 soltanto dall'art. 23, comma 1,
lettera a), della legge regionale n. 6/2024, entrata in vigore il 6
dicembre 2024, ovverosia successivamente all'adozione del
provvedimento impugnato, in data 10 aprile 2024.
Pertanto, all'epoca dell'adozione del provvedimento detto art.
16-bis, legge regionale n. 26/2003, non era vigente e, quindi, l'art.
16, comma 1, lettera b), legge regionale n. 26/2003, non rispettava i
criteri stabiliti dalla legge nazionale (cioe' l'art. 22,
decreto-legge n. 104/2023) che ha consentito alla Regione la delega
delle funzioni di cui all'art. 208, decreto legislativo n. 152/2006
agli enti locali di cui all'art. 114 Cost., ponendosi pertanto in
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera «s» Cost.
Neppure pare condivisibile l'affermazione di La Castella S.r.l.,
secondo cui la salvezza delle «disposizioni regionali, vigenti alla
data di entrata in vigore della presente disposizione, che hanno
trasferito le funzioni amministrative predette» non sarebbe soggetta
alle condizioni di cui al secondo periodo, ovverosia alla «disciplina
dei poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da
parte della Regione, il supporto tecnico-amministrativo agli enti cui
sono trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da
parte della Regione»: una siffatta conclusione, infatti, si
presterebbe a dubbi di costituzionalita' non soltanto sotto il
profilo della intrinseca ragionevolezza (imponendo un trattamento
differenziato alle norme di delega regionali a seconda che siano
intervenute prima o dopo l'entrata in vigore dell'art. 22,
decreto-legge n. 104/2023), ma sarebbe comunque smentita dal tenore
letterale della disposizione, che si limita a fare «salve» le
disposizioni regionali che abbiano trasferito le funzioni
amministrative in essa menzionate, senza l'aggiunta di locuzioni
quali «comunque» o «in ogni caso», che avrebbero potuto palesare
un'intentio legis di sanatoria sganciata dalle prescrizioni di cui al
periodo che precede.
14.3.3. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte il
Collegio sottopone alla Corte il contrasto dell'art. 16, comma 1,
lettera b), della legge regionale n. 26/2003, ratione temporis
vigente, con l'art. 117, comma 2, lettera «s» Cost., atteso il
mancato rispetto dei parametri indicati nell'art. 22, decreto-legge
n. 104/2023, nella parte in cui attribuisce alle Province le funzioni
amministrative, in materia di Autorizzazione unica per i nuovi
impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, senza disciplinare
«i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da
parte della Regione il supporto tecnico-amministrativo agli enti cui
sono trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da
parte della Regione, in caso di verificata inerzia nell'esercizio
delle medesime».
14.4. Quanto al motivo II.
La Regione Lombardia, con l'art. 10, comma 1, lettera b), n. 7),
della legge regionale n. 36/2017 ha inserito il comma 7-quinquies
all'art. 2 della legge regionale n. 5/2010, secondo cui «Le autorita'
competenti di cui al presente articolo sono amministrazioni
procedenti nell'ambito della conferenza di servizi di cui all'art.
27-bis, comma 7, del decreto legislativo n. 152/2006 e agli articoli
14 e seguenti della legge n. 241/1990», cosi' ricollegandosi a quanto
stabilito nel comma 3 in merito alla competenza provinciale,
ovverosia che «La provincia sul cui territorio si prevede di
realizzare l'intervento e', secondo la decorrenza stabilita dall'art.
14, comma 8, autorita' competente all'espletamento delle procedure di
VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA con riferimento ai
progetti di cui all'art. 1, comma 1:
a) per i quali e' competente all'approvazione o
all'autorizzazione;
b) individuati nella parte II dell'allegato C;
c) localizzati nel territorio di piu' comuni».
A livello nazionale, invece, l'art. 27-bis, decreto legislativo
n. 152/2006 (introdotto dal decreto legislativo n. 104/2017 e
rubricato «provvedimento autorizzatorio unico regionale») prevede che
«Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il
proponente presenta all'autorita' competente un'istanza» per il
rilascio del PAUR, cosi' individuando nella Regione l'autorita'
competente.
Difetta una espressa previsione normativa di rango statale in
merito alla delegabilita' di dette funzioni da parte delle Regione ad
enti di livello piu' prossimo ai cittadini.
Secondo Regione Lombardia la possibilita' di delega discenderebbe
dall'art. 7 bis, comma 8, decreto legislativo n. 152/2006 (parimenti
introdotto dal decreto legislativo n. 104/2017): l'Ente sostiene che
«in assenza di indicazioni normative contrarie, nonche' in coerenza
con l'assetto del riparto delle competenze delineato dal Codice
Ambiente» si debba ritenere «che il legislatore statale non abbia
inteso operare alcuna differenza tra autorita' competente in materia
di VIA e autorita' competente in materia di PAUR e che,
conseguentemente, abbia confermato l'attribuzione alle Regioni e alle
Province autonome la possibilita' di decentrare anche le funzioni
amministrative in materia di PAUR». A sostegno dell'assunto Regione
Lombardia richiama quanto affermato dal Consiglio di Stato, ovverosia
che «non vi e' dubbio che il decreto legislativo n. 104 del 2017,
nell'attribuire alle Regioni (e alle Province autonome) il potere di
conferire le funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di
VIA «agli altri enti territoriali sub-regionali», le abbia
autorizzate, in astratto, anche a decentrare le funzioni
amministrative in materia di P.A.U.R.» (C.d.S., sez. IV, 6195 del 2
settembre 2021).
Il Collegio, tuttavia, non puo' escludere come manifestamente
infondato, l'ipotizzato contrasto tra l'art. 2, comma 7-quinquies
della legge regionale n. 5/2010 e l'art. 117, comma 2, lettera «s»
della Costituzione, in quanto:
l'art. 27-bis, decreto legislativo n. 152/2006, si limita a
stabilire che «Nel caso di procedimenti di VIA di competenza
regionale» l'istanza di rilascio del «provvedimento autorizzatorio
unico regionale» (PAUR) vada proposta all'autorita' competente,
ovverosia alla Regione, senza prevedere alcuna possibilita' di delega
della funzione da parte di quest'ultima;
l'art. 7-bis, comma 2, decreto legislativo n. 152/2006,
rubricato «Competenze in materia di VIA e di verifica di
assoggettabilita' a VIA», stabilisce «Le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o
regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle
funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche'
l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli
altri enti territoriali sub-regionali. La potesta' normativa di cui
al presente comma e' esercitata in conformita' alla legislazione
europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto
salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la
semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della
consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di
cui agli articoli 19 e 27-bis»;
quest'ultima norma prevede che le Regioni (e le Province
autonome di Trento e Bolzano) disciplinino con leggi o regolamenti
«l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni
amministrative ad esse attribuite in materia di VIA», attribuendo
altresi' il potere di un «eventuale conferimento di tali funzioni
(ovverosia in materia di VIA) o di compiti specifici agli altri enti
territoriali sub-regionali»; con riferimento alla potesta' normativa
il legislatore nazionale ha specificato che essa debba essere
esercitata in conformita' alla legislazione europea (essendo il
decreto legislativo n. 104/2017 che ha introdotto la previsione in
esame attuazione della direttiva 2014/52/UE) e nel rispetto del TU
dell'Ambiente, salva la possibilita' «di stabilire regole particolari
ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le
modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti
pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei
provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e
locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'art.
29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni
amministrative pecuniarie», senza tuttavia poter derogare ai «termini
procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis»;
difetta una previsione espressa circa la possibilita' che le
Regioni (e le Province autonome), titolari della funzione di rilascio
del Provvedimento di autorizzazione unica regionale - PAUR, possano,
a loro volta, delegare tali funzioni ad enti di livello di governo
inferiore;
tale previsione non pare ricavabile, per implicito, dal
predetto art. 7-bis, comma 8, decreto legislativo n. 152/2006, in
quanto: i) secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale
«Posto che la predeterminazione normativa della distribuzione dei
compiti costituisce una proiezione del principio di legalita', che,
ai sensi dell'art. 97 Cost., regola l'agire amministrativo,
l'attitudine della delega a modificare la competenza ne giustifica il
condizionamento al duplice presupposto della titolarita' originaria,
in capo al conferente, del potere che ne forma oggetto e
dell'espressa previsione e delimitazione ad opera della stessa fonte
normativa che attribuisce la competenza a delegare» (§ 6.1. della
sentenza n. 189/2021); ii) il richiamo che l'ultimo periodo di tale
norma effettua all'art. 27-bis del decreto legislativo n. 152/2006
deve ritenersi riferito alla «potesta' normativa»" di Regioni e
Province autonome e non gia' al conferimento delle funzioni
amministrative in materia di VIA, militando in tal senso la lettera
della norma (che non consente la deroga dei termini procedimentali,
chiaramente riferita al potere regolatorio), oltre che il costrutto
sintattico del periodo; iii) il rilievo che il PAUR sia un
procedimento finalizzato a semplificare e velocizzare la VIA di
competenza regionale non consente di affermare che la delegabilita'
di quest'ultima - espressamente consentita dal legislatore statale -
implichi, per implicito, la delegabilita' del PAUR stesso, giacche'
«Esso ha, dunque, una natura per cosi' dire unitaria, includendo in
un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a seguito della
conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede
decisoria le diverse amministrazioni competenti ... il provvedimento
unico regionale non e' quindi un atto sostitutivo, bensi' comprensivo
delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del
progetto. Evidente, allora, la riconducibilita' della disposizione
alla competenza esclusiva in materia ambientale, ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost.» (Corte Cost., sentenza n.
198/2018), costituendo un quid pluris rispetto alla VIA.
Cio' posto, il Collegio - ritenuto che l'art. 117, comma 2,
lettera s), Cost. e le norme statali passate in rassegna confermano
che le Province, nella loro qualita' di enti esponenziali della
relativa comunita', non sono titolari, in materia ambientale, di
funzioni amministrative proprie - e' dell'avviso che il legislatore
regionale lombardo, nell'attribuire alle Province le funzioni di
rilascio del PAUR di cui all'art. 2, comma 7-quinquies, legge
regionale n. 5/2010, abbia introdotto un modello di distribuzione
delle competenze decisionali che viola la riserva della competenza
legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema, in quanto contrastante con l'art. 27-bis del decreto
legislativo n. 152/2006, che disciplina il provvedimento
autorizzatorio unico regionale con riferimento ai soli progetti
sottoposti a VIA di competenza regionale: appare, quindi,
pregiudicata «la legittimazione del solo legislatore nazionale a
definire l'organizzazione delle corrispondenti funzioni
amministrative anche attraverso l'allocazione di competenze presso
enti diversi dai Comuni - ai quali devono ritenersi generalmente
attribuite secondo il criterio espresso dall'art. 118, primo comma,
Cost. - tutte le volte in cui l'esigenza di esercizio unitario della
funzione trascenda tale ambito territoriale di Governo» (Corte Cost.,
sentenza n. 189/2021, nonche' n. 160/2023 e 2/2024).
L'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, nello
stabilire che lo Stato ha legislazione esclusiva nella materia della
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali»,
fornisce una chiara e univoca indicazione della fonte legislativa
legittimata ad operare, in via esclusiva, la distribuzione delle
connesse funzioni amministrative tra i vari livelli territoriali,
sicche' deve escludersi che il Codice dell'ambiente, nel conferire
alle Regioni la relativa competenza, ne abbia anche consentito
l'allocazione ad un diverso livello amministrativo: va esclusa,
pertanto, la possibilita' di delegare tali funzioni alle Province
costi' insistenti, anche qualora il progetto oggetto di
autorizzazione unica sia «localizzato nel territorio di piu' comuni»
(cfr. art. 2, comma 3, legge regionale n. 5/2010).
Depone, in tal senso, anche una lettura combinata con l'art. 118
Cost., il quale prevede, infatti, che in generale «le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni» a meno che le stesse «per
assicurare l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Citta'
metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza»: in tal modo il
legislatore costituzionale ha inteso introdurre un elemento di
elasticita' nell'attribuzione delle funzioni amministrative,
correlato alle esigenze unitarie di esercizio «sovraterritoriale»
delle medesime, attraverso la valorizzazione dei predetti canoni di
sussidiarieta' verticale, differenziazione e adeguatezza, quali
criteri guida della diversa distribuzione delle competenze.
A supporto della dedotta incompatibilita' milita anche la gia'
richiamata decisione della Corte costituzionale (n. 189/2021), sopra
citata, la quale, in omaggio ad un orientamento giurisprudenziale
consolidato, ha ribadito che nelle materie riservate dalla
Costituzione alla competenza legislativa dello Stato, una discrasia
normativa tra la norma statale (che stabilisce un determinato assetto
di attribuzione delle funzioni) e la norma regionale (che finisce per
alterarne, entro il proprio ambito territoriale, il riparto)
giustifica di per se' l'illegittimita' costituzionale di quest'ultima
per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), che a livello
costituzionale ne attribuisce la disciplina al legislatore nazionale.
Quanto fin qui osservato induce a concludere nuovamente che,
nella materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», non
possono essere ammesse iniziative del legislatore regionale di
regolamentazione, nel proprio ambito territoriale, delle funzioni
amministrative che modifichino l'assetto delle competenze come
delineato dalla legge statale, ponendosi la relativa normativa quale
limite inderogabile anche da parte regioni (cfr. Corte
costituzionale, n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008).
Alla luce delle considerazioni sin qui esposte il Collegio
sottopone alla Corte, poiche' rilevante e non manifestamente
infondata, la questione di legittimita' costituzionale concernente il
contrasto dell'art. 2, comma 7-quinquies, della legge regionale n.
5/2010 con l'art. 117, comma 2, lettera «s», della Costituzione,
nella parte in cui attribuisce alle Province le funzioni
amministrative, in materia di rilascio del PAUR, che il legislatore
statale ha, con l'art. 27-bis, decreto legislativo n. 152/2006,
attribuito esclusivamente alle regioni.
15. Di conseguenza, il Collegio dispone la sospensione del
presente giudizio e la rimessione della predetta questione alla Corte
costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.
87.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sezione
staccata di Brescia (Sezione prima) rimette alla Corte costituzionale
le questioni di legittimita' costituzionale illustrate in
motivazione, relative:
all'art. 16, comma 1, lettera b), della legge della regione
Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, come modificato dall'art. 15,
comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18;
all'art. 2, comma 7-quinquies, della legge della Regione
Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5.
Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio,
con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel
merito e sulle spese di lite, e l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale.
Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale
della Lombardia e che venga comunicata al Presidente del consiglio
regionale della Lombardia.
Cosi' deciso in Brescia, nella Camera di consiglio del giorno 16
luglio 2025, con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente;
Alessandro Fede, referendario;
Francesca Siccardi, referendario, estensore.
Il Presidente: Gabbricci
L'estensore: Siccardi