Reg. ord. n. 220 del 2025 pubbl. su G.U. del 19/11/2025 n. 47

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Sezione distaccata di Brescia  del 09/10/2025

Tra: Comune di Rezzato  C/ Provincia di Brescia, Regione Lombardia, La Castella srl ed altri 6



Oggetto:

Ambiente – Rifiuti – Norme della Regione Lombardia – Funzioni delle province – Prevista approvazione, ai sensi degli artt. 208 e 209 del d.lgs. n. 152 del 2006, dei progetti di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, non rientranti nella competenza regionale – Denunciata disciplina che, in spregio alla normativa statale interposta non disciplina, nemmeno con indicazioni di massima, i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo da parte della regione sulle province nell'esercizio delle funzioni relative ai rifiuti e alle discariche e, soprattutto, non prevede alcunché in merito ai poteri sostitutivi regionali – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

- Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, art. 16, comma 1, lettera b), come modificato dall’art. 15, comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18.

- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera s); decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, art. 22, convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2023, n.136.

Ambiente – Rifiuti – Norme della Regione Lombardia – Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) – Autorità competenti – Previsione che le province sono amministrazioni procedenti nell’ambito della conferenza di servizi regolata dall’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dagli artt. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990, la cui determinazione motivata di conclusione con esito favorevole costituisce provvedimento autorizzatorio unico regionale – Denunciata introduzione, da parte del legislatore regionale, di un modello di distribuzione delle competenze decisionali in contrasto con la disciplina statale di riferimento che non prevede la possibilità, per le regioni titolari della funzione di rilascio del predetto provvedimento, di allocare, a loro volta, tali funzioni a enti di livello di governo inferiore – Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

- Legge della Regione Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5, art. 2, comma 7-quinquies.

- Costituzione art. 117, secondo comma, lettera s); decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, art. 27-bis.

Norme impugnate:

legge della Regione Lombardia  del 12/12/2003  Num. 26  Art. 16  Co. 1

legge della Regione Lombardia  del 07/08/2020  Num. 18  Art. 15  Co. 4

legge della Regione Lombardia  del 02/02/2010  Num. 5  Art. 2  Co. 7



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 117   Co.

decreto-legge  Art. 22   Co.  

legge  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 09 ottobre 2025

Ordinanza del 9 ottobre 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia sul  ricorso  proposto
dal Comune di Rezzato contro la Provincia di Brescia e altri. 
 
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione Lombardia -  Funzioni  delle
  province - Prevista approvazione, ai sensi degli artt.  208  e  209
  del d.lgs. n. 152 del 2006, dei progetti di impianti di smaltimento
  e  di  recupero  dei  rifiuti,  non  rientranti  nella   competenza
  regionale. 
- Legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n.  26  (Disciplina
  dei servizi  locali  di  interesse  economico  generale.  Norme  in
  materia di gestione  dei  rifiuti,  di  energia,  di  utilizzo  del
  sottosuolo e di risorse idriche), art. 16,  comma  1,  lettera  b),
  come modificato dall'art. 15, comma  4,  della  legge  regionale  7
  agosto  2020,  n.  18  (Assestamento  al  bilancio  2020-2022   con
  modifiche di leggi regionali). 
Ambiente - Rifiuti - Norme della Regione  Lombardia  -  Provvedimento
  autorizzatorio unico regionale  (PAUR)  -  Autorita'  competenti  -
  Previsione  che  le  province   sono   amministrazioni   procedenti
  nell'ambito della conferenza di servizi regolata dall'art.  27-bis,
  comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dagli  artt.  14  e  seguenti
  della legge n. 241 del 1990,  la  cui  determinazione  motivata  di
  conclusione  con   esito   favorevole   costituisce   provvedimento
  autorizzatorio unico regionale. 
- Legge della Regione Lombardia 2  febbraio  2010,  n.  5  (Norme  in
  materia di  valutazione  di  impatto  ambientale),  art.  2,  comma
  7-quinquies. 


(GU n. 47 del 19-11-2025)

 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                          PER LA LOMBARDIA 
             Sezione staccata di Brescia (Sezione prima) 
 
    Ha  pronunciato  la  presente  rdinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  508  del  2024,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto dal Comune di Rezzato, in persona del legale  rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Gorlani,  con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia  e  domicilio
eletto presso il suo studio in Brescia, via Romanino, 16; 
    Contro Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e  difesa  dagli  avvocati  Magda  Poli  e
Raffaella Rizzardi, con domicilio digitale come da pec da Registri di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Brescia,
Palazzo Broletto piazza Paolo VI, 29; 
    Regione Lombardia,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e  difesa  dall'avvocato  Piera  Pujatti,  con
domicilio digitale come da pec da Registri di giustizia; 
    Nei  confronti  La  Castella  S.r.l.,  in  persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Domenico Bezzi, Mauro Renna e Nicola Sabbini, con domicilio  digitale
come da pec da Registri di giustizia e  domicilio  eletto  presso  lo
studio del primo in Brescia, via Diaz, 13/C; 
    Associazione nazionale Legambiente Onlus,  A.T.S.  Brescia,  Arpa
Lombardia - Dipartimento Brescia, Panni  S.r.l.,  non  costituiti  in
giudizio; 
    e con l'intervento del Comune di Brescia, in persona del  sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Moniga e
Francesco Valente, con domicilio digitale come da pec da Registri  di
giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima in Brescia,
Corsetto S. Agata, 11/B; 
    Comune  di  Borgosatollo,  Comune  di   Mazzano   e   Comune   di
Castenedolo,  in  persona  del  rispettivo   sindaco   pro   tempore,
rappresentati e difesi dall'avvocato  Mario  Gorlani,  con  domicilio
digitale come da pec da Registri  di  giustizia  e  domicilio  eletto
presso il suo studio in Brescia, via Romanino, 16; 
    Comitato Difesa salute ambiente - Co.Di.Sa. Odv, in  persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'avvocato Carlo Capretti, con domicilio digitale come da  pec  da
Registri di giustizia. 
    Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento: 
        dell'atto dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024  della
Provincia di Brescia, settore Sostenibilita' ambientale e  protezione
civile, che ha disposto  di  adottare,  ai  sensi  dell'art.  27-bis,
decreto  legislativo  n.  152/2006,  la  determinazione  motivata  di
conclusione  con  esito  favorevole  della  conferenza  dei   servizi
decisoria, costituente provvedimento autorizzatorio unico  (PAU)  per
il progetto di un impianto  integrato  per  lo  smaltimento  (D1)  di
rifiuti non pericolosi per un totale di 905.000 mc sita in Comune  di
Rezzato (BS), loc. Cascina Castella; 
        di tutte le singole autorizzazioni contestualmente rilasciate
e  ricomprese  nel  PAU,  tra  cui  la  pronuncia  di  compatibilita'
ambientale, l'Autorizzazione  integrata  ambientale  (AIA)  ai  sensi
degli articoli 29-quater e 29-sexies, decreto legislativo n. 152/2006
per la categoria di cui al punto 5.4. dell'allegato  VIII  e  per  la
sottocategoria di discarica per rifiuti inorganici a basso  contenuto
organico o biodegradabile, l'Autorizzazione unica alla costruzione ed
esercizio di un impianto di produzione FER  ai  sensi  dell'art.  12,
decreto legislativo n. 387/2003, il permesso di  costruire  acquisito
ai sensi dell'art. 14-ter, comma 7, legge n. 241/1990, il giudizio di
impatto paesistico; 
        delle relazioni  tecniche  istruttorie  denominate  «allegato
VIA», «allegato tecnico AIA», «allegato tecnico  Energia»,  «allegato
Edilizia» e «allegato Derivazioni acque»; 
        di tutti gli atti del procedimento, compresi i verbali  delle
conferenze di servizio del 29 giugno 2021, 1° marzo 2023,  19  luglio
2023, 27 settembre 2023 e 6 ottobre 2023; 
        di ogni altro atto presupposto,  connesso  o  consequenziale,
ancorche' non conosciuto o non  espressamente  richiamato  in  questa
epigrafe. 
    Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati  dal  Comune  di
Rezzato il 1° luglio  2025:  per  la  declaratoria  di  nullita'  e/o
l'annullamento: 
        dell'atto dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024  della
Provincia di Brescia, settore Sostenibilita' ambientale e  protezione
civile, che ha disposto  di  adottare,  ai  sensi  dell'art.  27-bis,
decreto  legislativo  n.  152/2006,  la  determinazione  motivata  di
conclusione  con  esito  favorevole  della  conferenza  dei   servizi
decisoria, costituente provvedimento autorizzatorio unico  (PAU)  per
il progetto di un impianto  integrato  per  lo  smaltimento  (D1)  di
rifiuti non pericolosi per un totale di 905.000 mc sita in Comune  di
Rezzato (BS), loc. Cascina Castella; 
        di tutte le singole autorizzazioni contestualmente rilasciate
e  ricomprese  nel  PAU,  tra  cui  la  pronuncia  di  compatibilita'
ambientale, l'Autorizzazione  integrata  ambientale  (AIA)  ai  sensi
degli articoli 29-quater e 29-sexies, decreto legislativo n. 152/2006
per la categoria di cui al punto 5.4. dell'allegato  VIII  e  per  la
sottocategoria di discarica per rifiuti inorganici a basso  contenuto
organico o biodegradabile, l'Autorizzazione unica alla costruzione ed
esercizio di un impianto di produzione FER  ai  sensi  dell'art.  12,
decreto legislativo n. 387/2003, il permesso di  costruire  acquisito
ai sensi dell'art. 14.ter, comma 7, legge n. 241/1990, il giudizio di
impatto paesistico; 
        delle Relazioni  tecniche  istruttorie  denominate  «allegato
VIA», «allegato tecnico AIA», «allegato tecnico  Energia»,  «allegato
Edilizia» e «allegato Derivazioni acque»; 
        di tutti gli atti del procedimento, compresi i verbali  delle
conferenze di servizio del 29 giugno 2021, 1° marzo 2023,  19  luglio
2023, 27 settembre 2023 e 6 ottobre 2023; 
        di ogni altro atto presupposto,  connesso  o  consequenziale,
ancorche' non conosciuto o non  espressamente  richiamato  in  questa
epigrafe; 
        del provvedimento di proroga di un anno della data di  inizio
lavori, assunto dalla Provincia di  Brescia,  settore  Sostenibilita'
ambientale e protezione civile - Ufficio rifiuti - in data  6  maggio
2025, in accoglimento della richiesta  formulata  dalla  societa'  La
Castella S.r.l. con nota del 3 marzo 2025; 
        del verbale  dell'incontro  tecnico  del  10  aprile  2025  e
relativi allegati, trasmesso al Comune di Rezzato in data  29  aprile
2025; 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  della  Provincia  di
Brescia, della Regione Lombardia, di La Castella S.r.l.,  dei  Comuni
di Brescia,  Castenedolo,  Borgosatollo  e  Mazzano  e  del  Comitato
Co.Di.Sa. Odv; 
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  16  luglio  2025  la
dott.ssa Francesca Siccardi e uditi per le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. Nel gennaio 2021 La Castella  S.r.l.  (gia'  Castella  S.r.l.)
deposito'  un'istanza   per   il   rilascio   di   un   Provvedimento
autorizzatorio unico (PAU), ai sensi  dell'art.  27-bis  del  decreto
legislativo n. 152/2006, relativo ad un progetto per la realizzazione
di un impianto integrato per  lo  smaltimento  (D1)  di  rifiuti  non
pericolosi,  con  una  volumetria  complessiva  pari  a  905.000  mc,
comprendente attivita' di deposito preliminare (D15) dei rifiuti  non
pericolosi in ingresso, del percolato e  delle  acque  meteoriche  di
prima pioggia e di recupero energetico  da  fonti  rinnovabili  (R1):
tale PAU avrebbe dovuto  includere  la  pronuncia  di  compatibilita'
ambientale, l'autorizzazione Integrata  Ambientale  (AIA),  ai  sensi
dell'art. 29-quater e sexties del decreto legislativo n. 152/2006 per
installazione IPPC per la categoria 5.4 dell'allegato VIII alla parte
II del medesimo testo normativo, nonche' l'autorizzazione unica  alla
costruzione e all'esercizio di un nuovo  impianto  di  produzione  di
energia da fonti rinnovabili (FER) ai sensi dell'art.  12,  comma  3,
del decreto legislativo n. 387/2003. 
    2.1. L'istanza del 2021  era  stata  preceduta  da  due  analoghe
richieste. 
    2.2. Il 20 luglio 2011, infatti, Castella S.r.l. aveva presentato
un primo progetto per la realizzazione di un  impianto  integrato  di
recupero  e  smaltimento  di  rifiuti  non  pericolosi,  con  annesso
impianto di smaltimento e di produzione di energia elettrica da fonte
rinnovabile nel Comune di Rezzato (localita' La  Castella),  per  una
volumetria complessiva  di  1.890.000  mc.,  valutato  negativamente,
sotto  il  profilo  della  compatibilita'  ambientale,   da   Regione
Lombardia con provvedimento dell'8  febbraio  2016,  impugnato  dalla
societa' presso il Tribunale amministrativo regionale Brescia. 
    Il ricorso era stato rigettato con sentenza n. 153 del 2 febbraio
2017, passata in giudicato, per la quale il provvedimento di  diniego
era   immune   dai   vizi   denunciati,   in   considerazione   della
«delicatissima e fragilissima situazione del  territorio  coinvolto»,
che, unitamente alle lacune progettuali, rendeva «la scelta  compiuta
sufficientemente ponderata alla luce dei pregnanti valori in gioco». 
    2.3.1. Successivamente, a dicembre 2016, La Castella S.r.l. (gia'
Castella S.r.l.) aveva presentato, questa  volta  alla  Provincia  di
Brescia, nel frattempo  divenuta  competente  in  tale  materia,  una
seconda istanza  per  la  Valutazione  di  impatto  ambientale  e  la
contestuale  Autorizzazione  integrata  ambientale  (AIA),   per   la
realizzazione di diversa  discarica  di  rifiuti  non  pericolosi  ed
annesso impianto per la produzione di energia da  fonte  rinnovabile,
da realizzarsi nella medesima localita' - c.d. Cascina Castella -  in
un lotto confinante con quello  oggetto  del  primo  progetto  e  con
riduzione della volumetria totale di rifiuti in mc. 905.000. 
    2.3.2. La Provincia accolse la nuova istanza,  ma  i  conseguenti
decreti  di  compatibilita'  ambientale   del   progetto,   l'AIA   e
l'autorizzazione  alla  discarica  furono  impugnati  dal  Comune  di
Rezzato dinnanzi a questo Tar, che respinse il ricorso  con  sentenza
n. 570 del 13 giugno 2019;  questa,  tuttavia,  venne  riformata  dal
Consiglio di Stato con la pronuncia n. 4893 del 3  agosto  2020,  che
annullo' gli atti impugnati,  ravvisando  un  vizio  istruttorio  per
«mancata  effettiva  ponderazione  degli  effetti   derivanti   dalla
localizzazione della discarica di rifiuti non pericolosi rispetto  ad
un contesto  territoriale  gia'  gravemente  pregiudicato  a  livello
ambientale  e  sottoposto  a  fattori  di  rischio  e  di   pressione
fortemente impattanti», incompleta valutazione del tema  «alternativa
zero»  anche  per  inadeguato  approfondimento  circa  la   possibile
realizzazione del termovalorizzatore e carenze motivazionali. 
    3. Il progetto di cui alla terza istanza, di cui si e' dato  atto
al punto 1, prevede la localizzazione dell'impianto nel medesimo sito
delle due richieste  precedenti,  ovverosia  quello  della  localita'
Castella, ai mappali 1, 6, 13, 14, 16, 46, 47, 48, 50, 52,  55  e  56
del foglio n. 33  del  Comune  di  Rezzato,  che  ricade  all'interno
dell'ATEg25 del Piano Cave previgente della Provincia  di  Brescia  -
Settore sabbie e ghiaia, confinante ad ovest con  il  territorio  del
Comune di Brescia, e include altresi' la realizzazione di  una  nuova
installazione per la produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    4. Il procedimento esitato nell'atto dirigenziale  impugnato  con
il ricorso in esame ha avuto una durata di circa tre  anni  e  mezzo,
essendosi rese necessarie quattro conferenze di servizi, inframezzate
da diverse sospensioni procedimentali per  consentire  l'espletamento
di indagini ambientali nel sito oggetto di intervento. 
    In particolare, per quanto di rilievo ai fini di causa: 
        il 29 giugno 2021 si e' tenuta la prima seduta di  conferenza
di servizi istruttoria, cui ha fatto seguito, il 12 luglio  2021,  un
sopralluogo  presso  l'area  di  localizzazione  dell'impianto  e  la
produzione di documentazione integrativa  da  parte  di  La  Castella
S.r.l., come richiesto dalla Provincia; 
        quest'ultima  ha  quindi  pubblicato  un  nuovo   avviso   al
pubblico,  in  data  22  febbraio  2022,   assegnando   termine   per
osservazioni; 
        il Comitato difesa salute ambiente (d'ora in poi  Co.Di.Sa.),
poi costituitosi nel giudizio, ed i Comuni di  Mazzano,  Castenedolo,
Brescia,  Borgosatollo  e  Rezzato   hanno   proposto   osservazioni,
rappresentando quest'ultimo che, a seguito di campionamenti  eseguiti
presso l'area  di  cava  sarebbe  emersa  la  presenza  di  materiali
contaminati; 
        la Provincia di Brescia, pertanto, in data 30 marzo 2022,  ha
disposto la sospensione del procedimento, riattivato  con  successiva
nota del 31 maggio 2022, chiedendo al  contempo  alla  proponente  di
procedere  alla  definizione  dello  stato  di  fatto   dell'area   e
sospendendo nuovamente il procedimento con note del 15  luglio  2022,
14 ottobre 2022 e 13 dicembre 2022; 
        nel  frattempo  Panni  S.r.l.  -   che   svolge   l'attivita'
estrattiva  in  loco  -  in  contraddittorio  con  Arpa   ha   svolto
un'indagine ambientale avente per oggetto  la  caratterizzazione  dei
materiali di riporto  presenti  sul  fondo  e  dei  terreni  naturali
sottostanti, nonche' delle acque sotterranee, da  cui  e'  emersa  la
presenza di  un  quantitativo  di  riporti  pari  a  153.490  mc,  il
ritrovamento di frammenti di eternit ed il riscontro  di  superamenti
delle CSC della Colonna A della tabella 1 dell'allegato 5 al Titolo V
della Parte IV del decreto legislativo n. 152/2006 in alcune  trincee
nell'«area  Nord»,  nonche'  superamenti  delle   CSC   delle   acque
sotterranee per il parametro 1, 2, 3-tricloropropano  nel  piezometro
Pz.21.r.; 
        con nota del  30  dicembre  2022  il  Comune  di  Rezzato  ha
presentato  osservazioni  sugli   esiti   dell'indagine   ambientale,
evidenziando la sussistenza di  uno  stato  di  fatto  dell'area  non
conforme alle autorizzazioni di cava, sia sotto il  profilo  di  fine
escavazione,  sia  sotto  quello  del  ripristino  del   fondo   cava
approvato; 
        con nota del 2 febbraio 2023 la Provincia  ha  riattivato  il
procedimento, convocando la prima conferenza di servizi decisoria per
la data del 1° marzo 2023; 
        con nota del 28 febbraio 2023 Arpa  ha  evidenziato  che  «le
ipotesi tecniche/progettuali sulle quasi si basa  l'intero  progetto,
in  particolare  quelle  relative  alla  definizione  del  piano   di
riferimento della discarica a partire dalla quota di ripristino della
cava  autorizzata,  risultano,  alla   luce   degli   approfondimenti
condotti,  non  verificabili  e  pertanto  non  valutabili  ai   fini
istruttori« e che «i risultati delle  indagini,  finora  eseguite  in
sito, delineano un potenziale  scenario  amministrativo  dagli  esiti
incerti, che potrebbe ridefinire i presupposti ambientali  e  tecnici
su cui il progetto stesso si  basa»,  demandando  alla  Provincia  le
valutazioni di detti aspetti; 
        nel corso della conferenza di servizi del 1°  marzo  2023  la
Provincia  ha  ritenuto  di  non   potere   ricondurre   «l'eventuale
risoluzione delle problematiche connesse  all'attivita'  di  recupero
dell'area estrattiva all'interno del procedimento di Pau,  in  quanto
non prevista dal progetto e i  soggetti  coinvolti  sono  diversi  da
quelli  dei  soggetti  proponenti  ...  la  risoluzione   di   queste
problematiche, una volta terminati tutti gli accertamenti  del  caso,
deve  essere  valutata  da   parte   delle   autorita'   competenti»,
richiedendo comunque alla proponente  di  fornire  un  cronoprogramma
relativo alle tempistiche certe per la realizzazione della  discarica
e la dimostrazione che i presupposti  progettuali  e  di  valutazione
ambientale non sono venuti meno e siano confermati; 
        in data 4 luglio 2023 e 19 luglio  2023  si  sono  tenute  la
seconda e la terza seduta della conferenza di servizi decisoria,  con
trasmissione  da  parte  di  Arpa  del  proprio  contributo   tecnico
scientifico e parere sul Piano di Monitoraggio; 
        con nota dell'11 settembre  2023  il  Comune  di  Rezzato  ha
trasmesso indicazioni sulle opere compensative, confermando  comunque
la contrarieta' al progetto, ribadito in via definitiva con nota  del
27 settembre 2023; 
        nella data del  27  settembre  2023  si  e'  tenuta  l'ultima
conferenza di servizi, poi aggiornata al 6 ottobre 2023; 
        infine,  il  10  aprile  2024  la  Provincia  di  Brescia  ha
rilasciato il provvedimento autorizzativo  1964/2024,  integrato  dai
relativi allegati tecnici. 
    5. Con ricorso notificato alla Provincia di  Brescia,  a  Regione
Lombardia, nonche' a La Castella  S.r.l.  quale  controinteressata  e
dandone, altresi', notizia ai Comuni di Brescia, di Borgosatollo,  di
Mazzano,  di  Castenedolo,  al  Comitato   Difesa   Salute   Ambiente
(Co.Di.Sa.), all'Associazione nazionale  legambiente  Onlus,  ad  ATS
Brescia, all'Agenzia regionale protezione ambiente (ARPA) - Lombardia
ed  a  Panni  S.r.l.,  il  Comune  di  Rezzato  ha  impugnato  l'atto
dirigenziale n. 1296/2024 del 10 aprile 2024 con cui la Provincia  di
Brescia, Settore sostenibilita' ambientale  e  protezione  civile  ha
adottato,  ex  art.  27-bis,  decreto   legislativo   152/2006,   «la
determinazione motivata di conclusione  con  esito  favorevole  della
conferenza   dei   servizi   decisoria,   costituente   provvedimento
autorizzatorio unico (PAU) per il progetto di un  impianto  integrato
per lo smaltimento (D1) di rifiuti non pericolosi per una  volumetria
complessiva pari a 905.000 mc, sito nel Comune  di  Rezzato  (BS)  in
loc. Cascina Castella comprendente attivita' di deposito  preliminare
(D15) dei rifiuti non pericolosi in ingresso, del percolato  e  delle
acque meteoriche di prima pioggia e di recupero energetico  da  fonti
non rinnovabili (R1)», nonche' le singole  autorizzazioni  ricomprese
nel PAU, nonche' le relazioni tecniche e gli atti  del  procedimento,
chiedendone l'annullamento. 
    6. Si sono  costituiti  in  giudizio  la  Provincia  di  Brescia,
Regione  Lombardia,  La  Castella  S.r.l.,  nonche',  con   atti   di
sostanziale intervento ad adiuvandum,  il  Comitato  Co.Di.Sa.  ed  i
Comuni di Brescia, Borgosatollo, Mazzano e Castenedolo. 
    7.1. Successivamente le parti hanno depositato documenti, memorie
e repliche nei termini di cui all'art. 73 c.p.a. 
    7.2. Il Comune di Rezzato e quello di  Brescia,  in  particolare,
hanno  dato  atto  dei  fatti   sopravvenuti   all'impugnazione   del
provvedimento,  riferiti  al  ritrovamento   all'interno   del   sito
estrattivo ATEg25, attualmente gestito da Panni  S.r.l.,  di  riporti
difformi dall'autorizzazione  per  153.490  mc  dallo  stesso  comune
competente qualificati come rifiuti, in assenza di  elementi  che  ne
dimostrassero l'origine e cioe': 
        l'emissione, in data 20-25 novembre 2024, delle ordinanze 317
e 328 di rimozione dei rifiuti e ripristino dello  stato  dei  luoghi
nei confronti di Gaburri S.p.a., ex  operatore  di  cava  individuato
come responsabile del deposito; 
        la  proposizione  di  ricorso,  da  parte   di   quest'ultima
societa', avverso detto provvedimento con  ricorso  sub  RG  139/2025
dinnanzi al Tribunale amministrativo regionale Brescia, nel corso del
quale la domanda cautelare e' stata rinunciata, attesa la sospensione
provvisoria dell'esecuzione dei provvedimenti da parte del Comune  di
Rezzato; 
        la presentazione alla Provincia di Brescia, l'8 agosto  2024,
da parte di Panni S.r.l. di una «istanza di variante  non  essenziale
al recupero a destinazione finale  dell'area  nord  de  La  Castella»
volta alla modifica dell'originario piano di recupero del fondo cava,
al fine di mantenere in loco il quantitativo di  rifiuti  inerti  ivi
presente,  rigettata  dalla  Provincia  per  asserita   incompetenza,
oggetto  di  impugnazione  dinnanzi   al   Tribunale   amministrativo
regionale Brescia sub RG 915/2024; 
        la  presentazione  alla  Provincia  di  Brescia,  in  data  3
febbraio 2025, da parte  de  La  Castella  S.r.l.  di  un'istanza  di
autorizzazione ex art. 208 del decreto legislativo  n.  152/2006  per
l'attivita' di recupero di circa 158.000 mc di rifiuti inerti, di cui
al codice EER 170504 (terre e rocce da  scavo),  depositati  a  fondo
cava, finalizzata alla cessazione della qualifica  di  rifiuto  e  al
loro riutilizzo in situ per la ricostruzione del piano di fondo cava,
sino alla quota di 121,80 m.s.l.m. e di  un'istanza  di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA; 
        l'avvio del procedimento da parte della  Provincia  con  nota
del 28 febbraio 2025; 
        la  rappresentazione  da  parte   del   Comune   di   Rezzato
dell'improcedibilita'  dell'istanza,  in  quanto  finalizzata  a  una
modifica surrettizia delle condizioni previste nel  PAU  per  l'avvio
dei lavori di realizzazione del nuovo impianto ed al mantenimento  in
situ di  materiale  difforme  dall'autorizzazione  di  cava  vigente,
anziche' al recupero ambientale del fondo cava, con  la  precisazione
che gli accertamenti eseguiti documenterebbero che i  rifiuti  inerti
sarebbero immersi in falda,  per  essere  la  quota  d'imposta  degli
stessi inferiore alla quota di massima risalita della falda  indicata
dalla proponente; 
        la rappresentazione di analoghe osservazioni  critiche  anche
da parte del Comune di Brescia; 
        la richiesta rivolta da La Castella S.r.l. alla Provincia, in
data 3 marzo 2025, di una proroga di  dodici  mesi  del  termine  per
l'avvio dei lavori oggetto di PAU, concessa dall'Amministrazione  con
provvedimento del 6 maggio 2025; 
        l'espletamento di una riunione tecnica,  in  data  10  aprile
2025, presso la Provincia di Brescia per la valutazione delle  misure
di soggiacenza della  falda  presso  l'ATEg25,  a  seguito  dei  dati
piezometrici censiti da Arpa all'interno dell'area ATEg25 e trasmessi
da Co.Di.Sa., attestanti quale  quota  massima  di  escursione  della
falda, per il mese di luglio 2020,  la  misura  di  122,95  m.s.l.m.,
superiore a quella di 120,20 dichiarata  da  La  Castella  S.r.l.  ed
utilizzata per il progetto autorizzativo della discarica. 
    7.3. Nella propria memoria  di  replica  La  Castella  S.r.l.  ha
eccepito: 
        i) l'inammissibilita' degli atti di costituzione  dei  Comuni
di Mazzano, Castenedolo e  Borgosatollo,  nonche'  di  Co.Di.Sa.,  in
quanto soggetti che avrebbero potuto proporre  autonomamente  ricorso
avverso i provvedimenti impugnati, apparendo la  notifica  effettuata
nei loro confronti dal  Comune  di  Rezzato  un  abuso  di  strumento
processuale; 
        ii). l'inammissibilita' del ricorso per difetto di  interesse
in capo al Comune di Rezzato, che avrebbe potuto formulare il proprio
dissenso al progetto esclusivamente secondo  le  forme  di  cui  agli
articoli 14-quater e quinquies della legge n. 241/1990 e non mediante
l'impugnativa proposta. 
    8. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 27 giugno  2025,
successivamente  depositato,  il  Comune  di  Rezzato  ha   impugnato
altresi' il provvedimento n. 85192 del  6  maggio  2025  con  cui  la
Provincia di Brescia ha concesso la proroga di un anno del termine di
inizio  dei  lavori  per   l'approntamento   della   discarica   gia'
autorizzata con A.D. n. 1296 del 10 aprile 2024, nonche'  il  verbale
dell'incontro  tecnico  del  10  aprile  2025  e  relativi  allegati,
chiedendone l'annullamento. 
    9. Prima di esaminare le censure di merito,  il  Collegio  rileva
l'infondatezza  dell'eccezione  di   inammissibilita'   del   ricorso
formulata da La  Castella  S.r.l.:  sussiste,  invero,  un  interesse
concreto, diretto ed attuale in capo al Comune di  Rezzato,  sul  cui
territorio insiste il progetto de La Castella S.r.l., ritenuto  fonte
di pregiudizio. 
    Inoltre,  in  disparte  l'inconferenza  del   richiamo   all'art.
14-quinquies, legge n. 241/1990,  che  disciplina  i  rimedi  per  le
amministrazioni  portatrici  di  interessi  sensibili   espressamente
indicati, quale non e' il Comune ricorrente, la possibilita' di agire
in giudizio attraverso il rimedio di cui  all'art.  29,  c.p.a.,  non
puo' essere ricavata per implicito da quanto previsto  dal  comma  II
dell'art. 14-quater, legge  n.  241/1990:  quest'ultima  norma,  come
emerge dal  suo  tenore  letterale,  si  limita  ad  attribuire  alle
«amministrazioni i cui  atti  sono  sostituiti  dalla  determinazione
motivata  di  conclusione  della  conferenza»  la  mera  facolta'  di
«sollecitare  ...  l'amministrazione  procedente  ad   assumere   ...
determinazioni in via di autotutela», in ottica deflattiva e coerente
con lo spirito di semplificazione proprio del  modulo  procedimentale
della conferenza di servizi,  ma  non  gia'  un  rimedio  sostitutivo
rispetto alla proposizione di un'azione giurisdizionale. 
    Del resto, l'esclusione della possibilita' di agire  in  giudizio
in capo ad un soggetto - per l'importanza delle conseguenze sulla sua
sfera giuridica - deve essere oggetto di una previsione  esplicita  e
puntuale e non e' suscettibile di essere ricavata dall'interprete  da
una norma, quale quella invocata,  da  cui  non  pare  affatto  poter
essere ricavata l'interpretazione fatta propria da La Castella S.r.l. 
    10.1.  Si  puo'  cosi'  passare  a  esaminare  il  merito   della
controversia. 
    10.2.  Il  ricorso  introduttivo  contiene   undici   motivi   di
doglianza, rivolti avverso il provvedimento autorizzativo provinciale
n. 1964 del 10 aprile 2024, cosi' compendiati: 
        i) «Eccezioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,
legge regionale n. 26 del 2003, in eventuale combinato  disposto  con
l'art. 22 del decreto-legge 10 agosto 2023, n.  104,  convertito  con
modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136. Nullita' dell'atto
per incompetenza assoluta derivata»:  parte  ricorrente  ritiene  che
l'art. 16 della legge regionale n. 26/2003 (come modificato dall'art.
15, comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18),  sulla  cui
base  la   Provincia   di   Brescia   ha   esercitato   le   funzioni
autorizzatorie,  sia  in  contrasto  con  la  Costituzione,  con   la
conseguenza che la dichiarazione di incostituzionalita'  della  norma
priverebbe la Provincia del potere di  provvedere  sull'istanza,  con
conseguente nullita' dei provvedimenti adottati per difetto  assoluto
di attribuzione. La censura e' articolata sotto tre diversi profili: 
          a.  «Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  16,   legge
regionale n. 26 del 2003, in quanto applicabile ratione temporis, per
violazione dell'art. 117, lettera S, in combinato disposto con l'art.
118, comma primo, e l'art. 9, comma terzo, Cost.»; 
          b.  «Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  16,   legge
regionale n. 26 del 2003, in combinato disposto  con  l'art.  22  del
decreto-legge n. 104 del 2023, per violazione dell'art. 117,  lettera
S, in combinato disposto con l'art. 118, comma  primo,  e  l'art.  9,
comma terzo, Cost., nonche' per violazione dell'art. 77, commi  primo
e secondo, e 136 Cost. in relazione all'art. 15, comma 2, lettera  e)
della legge n. 400/1988»; 
          c.  «Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  16,   legge
regionale n. 26 del 2003, per violazione dell'art. 117, lettera S, in
riferimento all'art. 22 del decreto-legge n. 104 del 2023»; 
        ii) «eccezione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
commi 3 e 7-quinquies della legge regionale n. 5/2010,  in  combinato
disposto con l'art. 4, commi 3 e  3-bis,  della  legge  regionale  n.
5/2010, per violazione dell'art. 117, lettera  S,  e  dell'art.  118,
comma secondo Cost»; 
        iii)  «Nullita'  degli  atti  impugnati  per   elusione   del
giudicato amministrativo formatosi sulla sentenza n.  4893  del  2020
del Consiglio di Stato e sulla sentenza n. 153 del 2017 del Tribunale
amministrativo regionale Brescia»; 
        iv) «Violazione degli articoli 9  e  41  della  Costituzione,
come modificati dalla legge costituzionale n. 1/2022»; 
        v) «Violazione del principio di precauzione di  cui  all'art.
3-ter e 301 del  decreto  legislativo  n.  152/2006;  violazione  del
principio dello sviluppo sostenibile di cui  all'art.  art.  3-quater
del decreto legislativo n. 152/2006; eccesso di potere per difetto di
istruttoria ovvero travisamento dei fatti»; 
        vi)  «Contrasto  con  le  previsioni  del  Parco  locale   di
interesse sovracomunale denominato "Parco  delle  Cave";  eccesso  di
potere per carenza di  istruttoria:  omessa  e/o  incompleta  analisi
dell'"alternativa zero"»; 
        vii) «Contrasto con le previsioni del Piano  territoriale  di
coordinamento  provinciale,  ovvero  contrasto   con   il   Programma
regionale di gestione dei rifiuti;  violazione  dell'art.  59,  comma
7-ter, della legge regionale n. 12/2005»; 
        viii)  «Violazione  dell'art.  179,  decreto  legislativo  n.
152/2006; violazione dell'art. 4 della direttiva 2008/98/CE;  eccesso
di potere per difetto di istruttoria ovvero travisamento dei fatti»; 
        ix) «Eccesso di potere per  illogicita',  contraddittorieta',
obiettiva perplessita'  del  provvedimento;  eccesso  di  potere  per
carenza d'istruttoria per omessa e/o incompleta analisi  dello  stato
dei luoghi, ovvero travisamento dei fatti; nonche'  violazione  degli
articoli 24, 25, 27 e 27-bis del decreto legislativo n. 152/2006»; 
        x) «Eccesso di potere per carenza di istruttoria: omessa  e/o
incompleta analisi  della  falda  e  degli  aspetti  idrogeologici  e
sismici; violazione  dell'art.  7  della  direttiva  (UE)  2020/2184,
nonche' violazione dell'art. 1 del decreto legislativo n. 18  del  23
febbraio 2023»; 
        xi) Eccesso di potere per conflitto di interesse,  violazione
principio di imparzialita' dell'azione amministrativa di cui all'art.
97 Cost.»; 
    10.3. Il ricorso per motivi aggiunti, proposto per l'annullamento
del provvedimento con cui il 6 maggio 2025 la Provincia di Brescia ha
assentito la  proroga  del  termine  di  inizio  dei  lavori  per  la
realizzazione della  discarica,  nonche'  del  verbale  dell'incontro
tecnico del 10 aprile 2025 e relativi allegati, si affida  a  quattro
motivi di censura: 
        i) «Violazione falsa applicazione degli articoli 2, 13  e  15
del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001;  difetto  di
competenza ovvero eccesso  di  potere  per  difetto  di  istruttoria;
violazione del principio del contraddittorio procedimentale»; 
        ii) «Violazione falsa applicazione dell'art. 15  del  decreto
del Presidente della Repubblica n.  380/2001  per  insussistenza  dei
presupposti per concedere la proroga»; 
        iii) «Eccesso di potere per sviamento; eccesso di potere  per
illogicita'   e   irragionevolezza   ovvero   eccesso    di    potere
contraddittorieta'  tra  piu'  provvedimenti  assunti  dalla   stessa
Amministrazione»; 
        iv) «Eccesso di potere per carenza d'istruttoria  per  omessa
e/o incompleta analisi degli aspetti idrogeologici» (censura  rivolta
al verbale del 10 aprile 2025). 
    11.1.  Le  questioni  principali  e  potenzialmente   assorbenti,
traducendosi in un vizio  d'incompetenza  dell'Autorita'  emanante  i
provvedimenti impugnati, sono contenute nel I motivo sub c) e nel  II
motivo del ricorso introduttivo, in cui  si  chiede  al  Collegio  di
sollevare questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,
comma 1, lettera b), della legge regionale n. 26  del  2003  -  sotto
diversi profili - e dell'art. 2, commi 3 e 7-quinquies,  della  legge
regionale n. 5/2010, in combinato disposto con l'art. 4,  commi  3  e
3-bis, della medesima legge. 
    11.2. Andando con ordine, quanto  al  motivo  I,  sostiene  parte
ricorrente che l'art. 16, comma 1, lettera b), della legge  regionale
n. 26/2003 (come modificato dall'art. 17, comma 1, lettera a),  della
legge regionale n.  21  maggio  2020,  n.  11),  secondo  cui  «Fermo
restando quanto stabilito dall'art. 197 del  decreto  legislativo  n.
152/2006 spetta alle  province:  b)  l'approvazione  ai  sensi  degli
articoli 208 e 209 del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale) dei progetti di impianti non rientranti
nella  competenza  regionale»,  contrasterebbe  con  il  riparto   di
competenze fissato di cui all'art. 117, comma 2,  lettera  s)  Cost.,
posto che l'art. 208, decreto  legislativo  n.  152/2006  assegna  la
funzione di rilascio della «autorizzazione unica per i nuovi impianti
di smaltimento e di recupero dei rifiuti» alla Regione e  che  quanto
previsto dall'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023 non  sarebbe  una
base legale statale idonea ad autorizzare la delega  di  funzioni  in
materia ambientale dalle regioni alle province. 
    In particolare: 
        (a) Richiamando il principio del tempus  regit  actum,  parte
ricorrente sostiene che non potrebbe interferire su tale  profilo  il
fatto che l'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023,  anche  nel  testo
solo marginalmente modificato dalla legge di conversione n. 136/2023,
abbia  autorizzato  le  regioni  a   delegare   anche   le   funzioni
amministrative di cui al predetto art. 208, per la  semplice  ragione
che la novella e' entrata in vigore l'11 agosto 2023 e non troverebbe
applicazione per i procedimenti gia' in corso,  come  quello  esitato
nel provvedimento gravato. In proposito,  infatti,  la  stessa  Corte
costituzionale ha affermato  «la  predeterminazione  normativa  della
distribuzione dei compiti costituisce una proiezione del principio di
legalita',  che,  ai  sensi  dell'art.  97  Cost.,   regola   l'agire
amministrativo, l'attitudine della delega a modificare la  competenza
ne  giustifica  il  condizionamento  al  duplice  presupposto   della
titolarita' originaria, in capo al  conferente,  del  potere  che  ne
forma oggetto e dell'espressa previsione  e  delimitazione  ad  opera
della  stessa  fonte  normativa  che  attribuisce  la  competenza   a
delegare» (Corte Cost. n. 189 del 7 ottobre 2021); 
        (b) in via subordinata, quand'anche dovesse applicarsi l'art.
22  del  decreto-legge  n.  104/2023,  l'autorizzazione   governativa
contenuta   in   detto   articolo   contrasterebbe    con    principi
costituzionali, con conseguente invalidazione della norma  regionale:
il decreto-legge, infatti,  privo  di  una  ratio  unitaria,  avrebbe
aggirato la consolidata  giurisprudenza  costituzionale  in  materia,
consentendo alle regioni di trasferire  un  numero  considerevole  di
funzioni  amministrative  agli  enti  locali  senza  operare   alcuna
distinzione e con limiti di carattere generale,  risultando,  quindi,
integrato  un  abuso  della  decretazione  d'urgenza,   sub   species
violazione dell'art. 15, comma 2, lettera e), della legge n. 400/1988
(«Il Governo non puo', mediante decreto-legge:  ...  e)  ripristinare
l'efficacia  di  disposizioni  dichiarate  illegittime  dalla   Corte
costituzionale per vizi non attinenti al procedimento»). Lo Stato, in
definitiva,  si  sarebbe  spogliato  di  una  competenza  legislativa
(identificare le  funzioni  amministrative  delegabili,  in  base  al
principio di legalita') che la Costituzione gli ha assegnato  in  via
esclusiva anche per ragioni di unitarieta' dell'ordinamento  e  della
specifica tutela del bene ambientale, senza effettuare  un  distinguo
tra le diverse attivita' connesse alla tutela ambientale  e  inserite
negli articoli citati dall'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023.  Si
tratterebbe, quindi, di  una  delega  in  bianco  alle  regioni,  che
violerebbe  anche  il  principio  di  sussidiarieta'  nella  delicata
materia ambientale, non essendo a monte state ponderate  le  funzioni
che necessitino di un coordinamento unitario a livello amministrativo
regionale; 
        (c) quand'anche l'art. 22 del decreto-legge n. 104/2023 fosse
ritenuto conforme  a  Costituzione,  comunque  l'art.  16,  comma  1,
lettera b), legge  regionale  n.  26/2003  si  porrebbe  comunque  in
contrasto con l'art. 117, comma 2,  lettera  s),  della  Costituzione
proprio  con  riferimento  al  contenuto  del  decreto-legge  stesso.
Infatti, l'art. 22, decreto-legge n. 104/2023, nel prevedere  che  il
trasferimento delle funzioni debba avvenire mediante legge regionale,
prescrive che «la medesima legge disciplina i  poteri  di  indirizzo,
coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della  Regione,  il
supporto tecnico-amministrativo agli  enti  cui  sono  trasferite  le
funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte della  Regione
in  caso  di  verificata  inerzia  nell'esercizio  delle   medesime»;
tuttavia la legge regionale n. 26/2023 non disciplinerebbe -  nemmeno
con indicazioni di massima - i poteri di indirizzo,  coordinamento  e
controllo da parte della Regione sulle Province nell'esercizio  delle
funzioni relative ai rifiuti e alle discariche  e,  soprattutto,  non
prevede alcunche' in merito ai poteri sostitutivi regionali. 
    11.3. Quanto al motivo II,  il  Comune  di  Rezzato  contesta  la
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 3 e 7-quinquies, della
legge regionale n. 5/2010, in combinato disposto con l'art. 4,  commi
3 e 3-bis, della medesima legge nella parte in  cui  individua  nella
Provincia l'autorita' competente al rilascio del PAUR, stabilendo «3.
La provincia sul cui territorio si prevede di realizzare l'intervento
e', secondo la decorrenza stabilita dall'art. 14, comma 8,  autorita'
competente all'espletamento delle procedure di VIA e di  verifica  di
assoggettabilita' a VIA con riferimento ai progetti di  cui  all'art.
1, comma 1: 
        a)   per   i   quali   e'   competente   all'approvazione   o
all'autorizzazione; 
        b) individuati nella parte II dell'allegato C; 
        c) localizzati nel territorio di piu' comuni» e «7-quinquies.
Le  autorita'  competenti  di   cui   al   presente   articolo   sono
amministrazioni procedenti nell'ambito della conferenza di servizi di
cui all'art. 27-bis, comma 7, del decreto legislativo n.  152/2006  e
agli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990». 
    La norma sarebbe in contrasto con  gli  articoli  117,  comma  2,
lettera s) e 118, comma 2, della Costituzione (come modificati  dalla
legge costituzionale n. 3/2001),  avendo  la  Regione  delegato  alle
province le funzioni amministrative in materia  di  PAUR  (come  tale
rientrante nella potesta' legislativa esclusiva statale ex art.  117,
comma  2,  lettera  «s»  Cost.,  venendo  in   rilievo   la   «tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema  e   dei   beni   culturali»,   che
pacificamente ricomprenderebbe la materia della gestione dei rifiuti)
che  il  decreto  legislativo  n.  152/2006,  cd.  TU  dell'Ambiente,
attribuisce espressamente alle Regioni, in assenza  di  una  espressa
previsione  normativa   a   livello   statale   che   consenta   tale
riallocazione. 
    Tale delega regionale, quindi, contrasterebbe con il  modello  di
distribuzione delle competenze decisionali stabilite dal  legislatore
nazionale, che ha invece attribuito, con l'art.  27-bis  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006,  dette  competenze  esclusivamente  alle
Regioni,  senza   prevederne   una   delegabilita'   ulteriore,   con
conseguente  violazione  della  riserva  di  competenza   legislativa
esclusiva statale stabilita dall'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. 
    Detta  illegittimita'  non   potrebbe   essere   superata   dalla
previsione di cui al comma 8 dell'art. 7-bis del decreto  legislativo
n. 152/2006 (secondo cui «le Regioni  ...  disciplinano  con  proprie
leggi o regolamenti l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio
delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia  di  VIA,
nonche' l'eventuale  conferimento  di  tali  funzioni  o  di  compiti
specifici agli altri enti  territoriali  sub-regionali»),  ne'  dalla
previsione  dell'art.  22  decreto-legge  n.  104/2023,   nel   testo
convertito ex legge n. 136/2023  (secondo  cui  «Le  Regioni  possono
conferire, con legge, le funzioni amministrative di cui agli articoli
194, comma 6, lettera a), 208, 242 e 242-bis del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152, agli enti locali di  cui  all'art.  114  della
Costituzione,  tenendo  conto  in  particolare   del   principio   di
adeguatezza .... Sono fatte salve le disposizioni regionali,  vigenti
alla data di entrata in vigore della presente disposizione, che hanno
trasferito le funzioni amministrative  predette»),  dal  momento  che
tali disposizioni si limitano a facoltizzare le Regioni a delegare le
proprie competenze esclusivamente in merito al provvedimento di VIA e
al provvedimento di AIA, ma  non  consentono  di  delegare  anche  la
competenza unitaria al rilascio del piu' ampio PAUR di  cui  all'art.
27-bis, decreto legislativo n. 152/2006. 
    Il PAUR, infatti, sarebbe espressione di una nuova  competenza  a
se' stante rispetto alla VIA e all'AIA, che  supera  e  trascende  le
distinte competenze delle amministrazioni chiamate a partecipare alla
conferenza di servizi: pertanto, se il legislatore  nazionale  avesse
inteso consentire la delega  all'adozione  del  citato  provvedimento
unico, oltre che della VIA e dell'AIA singolarmente  considerate,  lo
avrebbe dovuto espressamente prevedere. Posto che alcuna disposizione
normativa autorizzerebbe alla riallocazione delle funzioni in materia
di PAUR, la delega in  favore  delle  province  operata  dalla  legge
regionale n. 5/2010 contrasterebbe con l'art. 117, comma  2,  lettera
s) e con l'art. 118, comma 2, Cost. 
    12. Il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente  infondate
le questioni di legittimita' costituzionale prospettate dal Comune di
Rezzato nei motivi I c) e II. 
    13.1. Per cio' che attiene alla rilevanza nel presente  giudizio,
il  Collegio  osserva  come  le  censure  su  cui  le  questioni   di
legittimita'  costituzionale   prospettate   si   riverberano   siano
evidentemente  prioritarie  ed  assorbenti,  rispetto  a  ogni  altra
dedotta, sia con il ricorso introduttivo, sia con quello  per  motivi
aggiunti. 
    Il loro carattere pregiudiziale e', infatti, dato, piuttosto  che
dalla gradazione proposta dalla  parte,  dalla  tipologia  del  vizio
censurato, vale a dire la compatibilita' della norma attributiva  del
potere  esercitato  dalla  Provincia  di   Brescia   con   la   Carta
costituzionale e, quindi, se sussista la competenza  della  Provincia
stessa  ad  adottare  l'autorizzazione  impugnata,  con   la   logica
conseguenza che l'accoglimento di una delle questioni di legittimita'
formulate, escludendo tale competenza, comporterebbe  necessariamente
quello del ricorso introduttivo  e  dei  successivi  motivi  aggiunti
sotto tale  profilo,  ovverosia  per  difetto  di  attribuzione,  con
assorbimento  di  ogni  altra  censura  formulata   e   con   effetti
invalidanti altresi' del  provvedimento  di  proroga,  impugnato  con
ricorso per motivi aggiunti. 
    13.2. Tale conclusione e' del resto coerente con quanto affermato
dal Consiglio di Stato, per cui lo stesso potere  del  ricorrente  di
graduare i  motivi  di  ricorso  incontra  un  limite  nel  vizio  di
incompetenza per cui «l'accoglimento del ricorso giurisdizionale  per
la  riconosciuta  sussistenza  del  vizio  di  incompetenza  comporta
l'assorbimento degli ulteriori motivi di impugnazione, in  quanto  la
valutazione del merito  della  controversia  si  risolverebbe  in  un
giudizio meramente ipotetico sull'ulteriore attivita'  amministrativa
dell'organo competente,  cui  spetta  l'effettiva  valutazione  della
vicenda e  che  potrebbe  emanare,  o  non,  l'atto  in  questione  e
comunque, provvedere con un contenuto diverso» (C.d.S., A.P. n. 5 del
27 aprile 2015). 
    14.1.  Quanto  al  concorrente  profilo   della   non   manifesta
infondatezza  della  questione,  il   Collegio   ritiene   necessario
effettuare le seguenti precisazioni. 
    14.2. La riforma del Titolo V della  Costituzione,  avvenuta  con
legge Costituzionale n. 3/2001,  ha  fortemente  inciso  sul  riparto
delle competenze legislative tra Stato e Regioni  e  sull'allocazione
delle competenze amministrative. 
    In merito al primo aspetto e per quanto di  rilievo  ai  presenti
fini, l'art. 117, comma 2, lettera «s» della Costituzione attribuisce
allo  Stato  la  legislazione   esclusiva   nella   materia   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    In merito al secondo profilo, il  novellato  art.  118  Cost.  ha
superato la previgente regola del «parallelismo delle  funzioni»  (in
base al quale il titolare del potere legislativo in  una  determinata
materia  era  altresi'  titolato  garantirne  l'esecuzione   in   via
amministrativa)   in   favore   dell'allocazione    delle    funzioni
amministrative «ai Comuni  salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio
unitario, siano conferite a Province, Citta' metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza» (comma  I),  con  la  precisazione  che  «I  Comuni,  le
Province  e  le  Citta'  metropolitane  sono  titolari  di   funzioni
amministrative proprie e di quelle  conferite  con  legge  statale  o
regionale, secondo le rispettive competenze» (comma II). 
    La giurisprudenza costituzionale,  piu'  volte  pronunciatasi  in
ipotesi di leggi regionali che hanno allocato a livelli inferiori  di
Governo funzioni alle stesse attribuite dalla normativa statale nella
materia della «tutela dell'ambiente» - rientrante nella  legislazione
esclusiva statale ex  art.  117,  comma  2,  lettera  «s»  Cost.,  ha
chiarito  che  «tale  potesta'  esclusiva  comporta   che   il   solo
legislatore nazionale  sia  competente  a  definire  l'organizzazione
delle  corrispondenti  funzioni   amministrative   anche   attraverso
l'allocazione di competenze presso enti diversi dai comuni - ai quali
esse devono ritenersi generalmente  attribuite  secondo  il  criterio
espresso dall'art. 118 Cost. - tutte le volte in  cui  l'esigenza  di
esercizio  unitario  della  funzione  trascenda  il  relativo  ambito
territoriale  di  Governo»  e  che  cio'  «risponde,  del  resto,   a
ineludibili esigenze di protezione di un bene unitario  e  di  valore
primario quale e' l'ambiente (sentenze n. 246 del 2017 e n.  641  del
1987), che risulterebbero vanificate ove si riconoscesse alla regione
la facolta' di rimetterne  indiscriminatamente  la  cura  a  un  ente
territoriale di dimensioni minori,  in  deroga  alla  valutazione  di
adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l'individuazione del
livello regionale (sentenze n. 60 del 2023 e n. 189 del 2021)» (cfr.,
da ultimo sentenza  n.  2/2024,  nonche'  precedenti  n.  160/2023  e
189/2021). 
    La concreta collocazione delle funzioni, pertanto, non  puo'  che
trovare base nella legge, con la conseguenza, che  «sara'  sempre  la
legge, statale o regionale, in relazione al riparto delle  competenze
legislative, a operare la concreta collocazione  delle  funzioni,  in
conformita' alla generale attribuzione costituzionale ai comuni o  in
deroga ad essa  per  esigenze  di  "esercizio  unitario",  a  livello
sovracomunale, delle funzioni medesime»  (Corte  Cost.  n.  43/2004),
anche perche' il  conferimento  di  una  funzione  amministrativa  al
livello di Governo ritenuto piu' adeguato, e' frutto di una specifica
valutazione da parte dell'Ente titolare della competenza  legislativa
in ordine alle «concrete situazioni relative ai diversi settori, alla
luce dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed  adeguatezza
in  riferimento  alle  caratteristiche   proprie   del   sistema   di
amministrazione locale» (Corte Cost., sentenza n. 379 del 2004). 
    14.3.1. Quanto al motivo I c). 
    L'art. 16, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 26/2003,
nella versione attualmente vigente, prevede  «Fermo  restando  quanto
stabilito dall'art. 197 del decreto legislativo  n.  152/2006  spetta
alle province: ... b) l'approvazione ai sensi degli  articoli  208  e
209 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia
ambientale) dei progetti di impianti non rientranti nella  competenza
regionale». 
    A livello nazionale, invece, l'art. 208, decreto  legislativo  n.
152/2006, assegna la funzione di rilascio della «autorizzazione unica
per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei  rifiuti»  alla
Regione. 
    Solo in data 11 agosto 2023 e'  entrato  in  vigore  il  ripetuto
decreto-legge n.  104/2023  («Disposizioni  urgenti  a  tutela  degli
utenti,  in  materia  di  attivita'  economiche   e   finanziarie   e
investimenti strategici»),  convertito  in  legge  n.  136/2023,  che
all'art. 22 prevede «Le Regioni  possono  conferire,  con  legge,  le
funzioni amministrative di cui agli articoli 194,  comma  6,  lettera
a), 208, 242 e 242-bis, del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.
152, agli enti locali di cui all'art. 114 della Costituzione, tenendo
conto in particolare del principio di adeguatezza. La medesima  legge
disciplina i poteri di indirizzo,  coordinamento  e  controllo  sulle
funzioni da parte della Regione  il  supporto  tecnico-amministrativo
agli enti cui sono trasferite le funzioni e  l'esercizio  dei  poteri
sostitutivi da parte della Regione, in  caso  di  verificata  inerzia
nell'esercizio delle  medesime.  Sono  fatte  salve  le  disposizioni
regionali, vigenti alla data di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione,  che  hanno  trasferito  le   funzioni   amministrative
predette». 
    La norma -  come  si  legge  nel  dossier  D23104  della  Camera,
reperibile                          al                           link
https://documenti.camera.it/leg19/dossier/testi/D23104.htm#_Toc144814
748 - e' stata introdotta, in via d'urgenza, al  dichiarato  fine  di
porre rimedio al vulnus riscontrato  dalla  Corte  costituzionale  in
materia di delega  della  competenza  amministrativa  in  materia  di
procedure  di  bonifica:  la  pronuncia  160/2023   aveva,   infatti,
confermato  che  la  potesta'  legislativa  dello  Stato  in  materia
ambientale e' esclusiva e, quindi, tale da impedire alle  Regioni  di
derogarvi, in assenza di una specifica autorizzazione dello Stato  in
tal senso, delegando agli enti locali minori  funzioni  e  poteri  in
questo ambito.  Di  conseguenza  la  disposizione  sarebbe  «volta  a
fornire una copertura normativa ad un  assetto  procedimentale  ormai
consolidato in assenza del quale si rischierebbe ... di registrare un
blocco delle  attivita'  di  bonifica»,  contenendo,  altresi',  «una
clausola di salvaguardia delle disposizioni  regionali  vigenti  alla
data di entrata in vigore del decreto-legge in esame,  in  modo  tale
che sia garantita la prosecuzione dei procedimenti in corso». 
    Quest'ultima norma, sopravvenuta in  corso  di  procedimento,  se
astrattamente  integra  una  previsione  statale  che  consenta  alla
Regione - cui la funzione di cui all'art. 208, decreto legislativo n.
152/2006 e' stata attribuita dallo Stato in base ad  una  valutazione
di adeguatezza - di delegare detta funzione alle  Province,  tuttavia
si presta al dubbio  di  legittimita'  costituzionale  adombrato  dal
Comune di Rezzato sub c) del motivo I. 
    14.3.2. Quanto al profilo sub c),  infatti,  sussiste  il  dubbio
circa il  contrasto  tra  l'art.  16,  comma  1,  lettera  b),  legge
regionale n. 26/2003 e l'art. 117, comma 2, lettera  «s»  Cost.,  dal
momento che la previsione normativa  regionale,  vigente  al  momento
dell'adozione del provvedimento impugnato, sfugge  all'autorizzazione
alla delega delle funzioni di cui all'art. 208,  decreto  legislativo
n. 52/2006: infatti, l'art. 22 del  decreto-legge  n.  104/2023,  nel
prevedere che il trasferimento delle funzioni debba avvenire mediante
legge regionale, prescrive che «la medesima legge disciplina i poteri
di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della
Regione,  il  supporto  tecnico-amministrativo  agli  enti  cui  sono
trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri sostitutivi da  parte
della Regione in caso  di  verificata  inerzia  nell'esercizio  delle
medesime». 
    Tuttavia la legge regionale n. 26/2023, ratione temporis vigente,
non disciplina - nemmeno con indicazioni di massima  -  i  poteri  di
indirizzo, coordinamento e controllo da  parte  della  Regione  sulle
Province nell'esercizio delle funzioni relative  ai  rifiuti  e  alle
discariche e, soprattutto, non prevede alcunche' in merito ai  poteri
sostitutivi regionali. 
    Ne' e'  dirimente,  in  proposito,  il  richiamo,  effettuato  da
Regione Lombardia, all'art. 16-bis della legge regionale n.  26/2003,
che  regolamenta  gli  aspetti  indicati   previsti   dall'art.   22,
decreto-legge n. 104/2023: infatti tale articolo e' stato  introdotto
nella legge regionale n. 26/2003  soltanto  dall'art.  23,  comma  1,
lettera a), della legge regionale n. 6/2024, entrata in vigore  il  6
dicembre   2024,   ovverosia   successivamente    all'adozione    del
provvedimento impugnato, in data 10 aprile 2024. 
    Pertanto, all'epoca dell'adozione del  provvedimento  detto  art.
16-bis, legge regionale n. 26/2003, non era vigente e, quindi, l'art.
16, comma 1, lettera b), legge regionale n. 26/2003, non rispettava i
criteri  stabiliti  dalla   legge   nazionale   (cioe'   l'art.   22,
decreto-legge n. 104/2023) che ha consentito alla Regione  la  delega
delle funzioni di cui all'art. 208, decreto legislativo  n.  152/2006
agli enti locali di cui all'art. 114  Cost.,  ponendosi  pertanto  in
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera «s» Cost. 
    Neppure pare condivisibile l'affermazione di La Castella  S.r.l.,
secondo cui la salvezza delle «disposizioni regionali,  vigenti  alla
data di entrata in vigore  della  presente  disposizione,  che  hanno
trasferito le funzioni amministrative predette» non sarebbe  soggetta
alle condizioni di cui al secondo periodo, ovverosia alla «disciplina
dei poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni  da
parte della Regione, il supporto tecnico-amministrativo agli enti cui
sono trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri  sostitutivi  da
parte  della  Regione»:  una  siffatta   conclusione,   infatti,   si
presterebbe a  dubbi  di  costituzionalita'  non  soltanto  sotto  il
profilo della intrinseca  ragionevolezza  (imponendo  un  trattamento
differenziato alle norme di delega  regionali  a  seconda  che  siano
intervenute  prima  o  dopo  l'entrata  in   vigore   dell'art.   22,
decreto-legge n. 104/2023), ma sarebbe comunque smentita  dal  tenore
letterale della  disposizione,  che  si  limita  a  fare  «salve»  le
disposizioni   regionali   che   abbiano   trasferito   le   funzioni
amministrative in essa  menzionate,  senza  l'aggiunta  di  locuzioni
quali «comunque» o «in ogni  caso»,  che  avrebbero  potuto  palesare
un'intentio legis di sanatoria sganciata dalle prescrizioni di cui al
periodo che precede. 
    14.3.3.  Alla  luce  delle  considerazioni  sin  qui  esposte  il
Collegio sottopone alla Corte il contrasto  dell'art.  16,  comma  1,
lettera b),  della  legge  regionale  n.  26/2003,  ratione  temporis
vigente, con l'art. 117,  comma  2,  lettera  «s»  Cost.,  atteso  il
mancato rispetto dei parametri indicati nell'art.  22,  decreto-legge
n. 104/2023, nella parte in cui attribuisce alle Province le funzioni
amministrative, in  materia  di  Autorizzazione  unica  per  i  nuovi
impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, senza disciplinare
«i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle  funzioni  da
parte della Regione il supporto tecnico-amministrativo agli enti  cui
sono trasferite le funzioni e l'esercizio dei poteri  sostitutivi  da
parte della Regione, in caso  di  verificata  inerzia  nell'esercizio
delle medesime». 
    14.4. Quanto al motivo II. 
    La Regione Lombardia, con l'art. 10, comma 1, lettera b), n.  7),
della legge regionale n. 36/2017 ha  inserito  il  comma  7-quinquies
all'art. 2 della legge regionale n. 5/2010, secondo cui «Le autorita'
competenti  di  cui  al  presente   articolo   sono   amministrazioni
procedenti nell'ambito della conferenza di servizi  di  cui  all'art.
27-bis, comma 7, del decreto legislativo n. 152/2006 e agli  articoli
14 e seguenti della legge n. 241/1990», cosi' ricollegandosi a quanto
stabilito  nel  comma  3  in  merito  alla  competenza   provinciale,
ovverosia  che  «La  provincia  sul  cui  territorio  si  prevede  di
realizzare l'intervento e', secondo la decorrenza stabilita dall'art.
14, comma 8, autorita' competente all'espletamento delle procedure di
VIA e di verifica di  assoggettabilita'  a  VIA  con  riferimento  ai
progetti di cui all'art. 1, comma 1: 
        a)   per   i   quali   e'   competente   all'approvazione   o
all'autorizzazione; 
        b) individuati nella parte II dell'allegato C; 
        c) localizzati nel territorio di piu' comuni». 
    A livello nazionale, invece, l'art. 27-bis,  decreto  legislativo
n.  152/2006  (introdotto  dal  decreto  legislativo  n.  104/2017  e
rubricato «provvedimento autorizzatorio unico regionale») prevede che
«Nel  caso  di  procedimenti  di  VIA  di  competenza  regionale   il
proponente  presenta  all'autorita'  competente  un'istanza»  per  il
rilascio del  PAUR,  cosi'  individuando  nella  Regione  l'autorita'
competente. 
    Difetta una espressa previsione normativa  di  rango  statale  in
merito alla delegabilita' di dette funzioni da parte delle Regione ad
enti di livello piu' prossimo ai cittadini. 
    Secondo Regione Lombardia la possibilita' di delega discenderebbe
dall'art. 7 bis, comma 8, decreto legislativo n. 152/2006  (parimenti
introdotto dal decreto legislativo n. 104/2017): l'Ente sostiene  che
«in assenza di indicazioni normative contrarie, nonche'  in  coerenza
con l'assetto del  riparto  delle  competenze  delineato  dal  Codice
Ambiente» si debba ritenere «che il  legislatore  statale  non  abbia
inteso operare alcuna differenza tra autorita' competente in  materia
di  VIA  e  autorita'  competente  in  materia   di   PAUR   e   che,
conseguentemente, abbia confermato l'attribuzione alle Regioni e alle
Province autonome la possibilita' di  decentrare  anche  le  funzioni
amministrative in materia di PAUR». A sostegno  dell'assunto  Regione
Lombardia richiama quanto affermato dal Consiglio di Stato, ovverosia
che «non vi e' dubbio che il decreto legislativo  n.  104  del  2017,
nell'attribuire alle Regioni (e alle Province autonome) il potere  di
conferire le funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di
VIA  «agli  altri  enti   territoriali   sub-regionali»,   le   abbia
autorizzate,  in   astratto,   anche   a   decentrare   le   funzioni
amministrative in materia di P.A.U.R.» (C.d.S., sez. IV, 6195  del  2
settembre 2021). 
    Il Collegio, tuttavia, non  puo'  escludere  come  manifestamente
infondato, l'ipotizzato contrasto tra  l'art.  2,  comma  7-quinquies
della legge regionale n. 5/2010 e l'art. 117, comma  2,  lettera  «s»
della Costituzione, in quanto: 
        l'art. 27-bis, decreto legislativo n. 152/2006, si  limita  a
stabilire  che  «Nel  caso  di  procedimenti  di  VIA  di  competenza
regionale» l'istanza di rilascio  del  «provvedimento  autorizzatorio
unico  regionale»  (PAUR)  vada  proposta  all'autorita'  competente,
ovverosia alla Regione, senza prevedere alcuna possibilita' di delega
della funzione da parte di quest'ultima; 
        l'art. 7-bis,  comma  2,  decreto  legislativo  n.  152/2006,
rubricato  «Competenze  in  materia  di  VIA   e   di   verifica   di
assoggettabilita' a  VIA»,  stabilisce  «Le  Regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano  disciplinano  con  proprie  leggi  o
regolamenti  l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio  delle
funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche'
l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli
altri enti territoriali sub-regionali. La potesta' normativa  di  cui
al presente comma e'  esercitata  in  conformita'  alla  legislazione
europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto
salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori  per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi
derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi  di
cui agli articoli 19 e 27-bis»; 
        quest'ultima norma prevede che  le  Regioni  (e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano) disciplinino con  leggi  o  regolamenti
«l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio   delle   funzioni
amministrative ad esse attribuite in  materia  di  VIA»,  attribuendo
altresi' il potere di un «eventuale  conferimento  di  tali  funzioni
(ovverosia in materia di VIA) o di compiti specifici agli altri  enti
territoriali sub-regionali»; con riferimento alla potesta'  normativa
il  legislatore  nazionale  ha  specificato  che  essa  debba  essere
esercitata in  conformita'  alla  legislazione  europea  (essendo  il
decreto legislativo n. 104/2017 che ha introdotto  la  previsione  in
esame attuazione della direttiva 2014/52/UE) e nel  rispetto  del  TU
dell'Ambiente, salva la possibilita' «di stabilire regole particolari
ed  ulteriori  per  la  semplificazione  dei  procedimenti,  per   le
modalita' della consultazione del pubblico  e  di  tutti  i  soggetti
pubblici  potenzialmente  interessati,  per  il   coordinamento   dei
provvedimenti  e  delle  autorizzazioni  di  competenza  regionale  e
locale, nonche' per la destinazione alle finalita'  di  cui  all'art.
29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle  sanzioni
amministrative pecuniarie», senza tuttavia poter derogare ai «termini
procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis»; 
        difetta una previsione espressa circa la possibilita' che  le
Regioni (e le Province autonome), titolari della funzione di rilascio
del Provvedimento di autorizzazione unica regionale - PAUR,  possano,
a loro volta, delegare tali funzioni ad enti di  livello  di  governo
inferiore; 
        tale previsione  non  pare  ricavabile,  per  implicito,  dal
predetto art. 7-bis, comma 8, decreto  legislativo  n.  152/2006,  in
quanto: i)  secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale
«Posto che la predeterminazione  normativa  della  distribuzione  dei
compiti costituisce una proiezione del principio di  legalita',  che,
ai  sensi  dell'art.  97  Cost.,   regola   l'agire   amministrativo,
l'attitudine della delega a modificare la competenza ne giustifica il
condizionamento al duplice presupposto della titolarita'  originaria,
in  capo  al  conferente,  del  potere  che  ne   forma   oggetto   e
dell'espressa previsione e delimitazione ad opera della stessa  fonte
normativa che attribuisce la competenza a  delegare»  (§  6.1.  della
sentenza n. 189/2021); ii) il richiamo che l'ultimo periodo  di  tale
norma effettua all'art. 27-bis del decreto  legislativo  n.  152/2006
deve ritenersi riferito  alla  «potesta'  normativa»"  di  Regioni  e
Province  autonome  e  non  gia'  al  conferimento   delle   funzioni
amministrative in materia di VIA, militando in tal senso  la  lettera
della norma (che non consente la deroga dei  termini  procedimentali,
chiaramente riferita al potere regolatorio), oltre che  il  costrutto
sintattico  del  periodo;  iii)  il  rilievo  che  il  PAUR  sia   un
procedimento finalizzato a  semplificare  e  velocizzare  la  VIA  di
competenza regionale non consente di affermare che  la  delegabilita'
di quest'ultima - espressamente consentita dal legislatore statale  -
implichi, per implicito, la delegabilita' del PAUR  stesso,  giacche'
«Esso ha, dunque, una natura per cosi' dire unitaria,  includendo  in
un unico atto i singoli titoli abilitativi  emessi  a  seguito  della
conferenza  di  servizi  che,  come  noto,  riunisce  in  unica  sede
decisoria le diverse amministrazioni competenti ... il  provvedimento
unico regionale non e' quindi un atto sostitutivo, bensi' comprensivo
delle  altre  autorizzazioni  necessarie   alla   realizzazione   del
progetto. Evidente, allora, la  riconducibilita'  della  disposizione
alla competenza esclusiva in materia ambientale, ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.»  (Corte  Cost.,  sentenza  n.
198/2018), costituendo un quid pluris rispetto alla VIA. 
    Cio' posto, il Collegio -  ritenuto  che  l'art.  117,  comma  2,
lettera s), Cost. e le norme statali passate in  rassegna  confermano
che le Province, nella  loro  qualita'  di  enti  esponenziali  della
relativa comunita', non sono  titolari,  in  materia  ambientale,  di
funzioni amministrative proprie - e' dell'avviso che  il  legislatore
regionale lombardo, nell'attribuire  alle  Province  le  funzioni  di
rilascio del  PAUR  di  cui  all'art.  2,  comma  7-quinquies,  legge
regionale n. 5/2010, abbia introdotto  un  modello  di  distribuzione
delle competenze decisionali che viola la  riserva  della  competenza
legislativa esclusiva statale in materia di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, in quanto contrastante con l'art. 27-bis del decreto
legislativo   n.   152/2006,   che   disciplina   il    provvedimento
autorizzatorio unico  regionale  con  riferimento  ai  soli  progetti
sottoposti  a  VIA   di   competenza   regionale:   appare,   quindi,
pregiudicata «la legittimazione  del  solo  legislatore  nazionale  a
definire    l'organizzazione    delle     corrispondenti     funzioni
amministrative anche attraverso l'allocazione  di  competenze  presso
enti diversi dai Comuni -  ai  quali  devono  ritenersi  generalmente
attribuite secondo il criterio espresso dall'art. 118,  primo  comma,
Cost. - tutte le volte in cui l'esigenza di esercizio unitario  della
funzione trascenda tale ambito territoriale di Governo» (Corte Cost.,
sentenza n. 189/2021, nonche' n. 160/2023 e 2/2024). 
    L'art. 117,  comma  2,  lettera  s),  della  Costituzione,  nello
stabilire che lo Stato ha legislazione esclusiva nella materia  della
«tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei   beni   culturali»,
fornisce una chiara e univoca  indicazione  della  fonte  legislativa
legittimata ad operare, in  via  esclusiva,  la  distribuzione  delle
connesse funzioni amministrative tra  i  vari  livelli  territoriali,
sicche' deve escludersi che il Codice  dell'ambiente,  nel  conferire
alle Regioni  la  relativa  competenza,  ne  abbia  anche  consentito
l'allocazione ad  un  diverso  livello  amministrativo:  va  esclusa,
pertanto, la possibilita' di delegare  tali  funzioni  alle  Province
costi'   insistenti,   anche   qualora   il   progetto   oggetto   di
autorizzazione unica sia «localizzato nel territorio di piu'  comuni»
(cfr. art. 2, comma 3, legge regionale n. 5/2010). 
    Depone, in tal senso, anche una lettura combinata con l'art.  118
Cost., il quale  prevede,  infatti,  che  in  generale  «le  funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni» a meno che le  stesse  «per
assicurare l'esercizio unitario, siano conferite a  Province,  Citta'
metropolitane,  Regioni  e  Stato,  sulla  base   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione  e  adeguatezza»:  in  tal  modo  il
legislatore  costituzionale  ha  inteso  introdurre  un  elemento  di
elasticita'   nell'attribuzione   delle   funzioni    amministrative,
correlato alle esigenze  unitarie  di  esercizio  «sovraterritoriale»
delle medesime, attraverso la valorizzazione dei predetti  canoni  di
sussidiarieta'  verticale,  differenziazione  e  adeguatezza,   quali
criteri guida della diversa distribuzione delle competenze. 
    A supporto della dedotta incompatibilita' milita  anche  la  gia'
richiamata decisione della Corte costituzionale (n. 189/2021),  sopra
citata, la quale, in omaggio  ad  un  orientamento  giurisprudenziale
consolidato,  ha  ribadito  che   nelle   materie   riservate   dalla
Costituzione alla competenza legislativa dello Stato,  una  discrasia
normativa tra la norma statale (che stabilisce un determinato assetto
di attribuzione delle funzioni) e la norma regionale (che finisce per
alterarne,  entro  il  proprio  ambito  territoriale,   il   riparto)
giustifica di per se' l'illegittimita' costituzionale di quest'ultima
per violazione dell'art. 117, comma 2,  lettera  s),  che  a  livello
costituzionale ne attribuisce la disciplina al legislatore nazionale. 
    Quanto fin qui osservato  induce  a  concludere  nuovamente  che,
nella materia della «tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema»,  non
possono  essere  ammesse  iniziative  del  legislatore  regionale  di
regolamentazione, nel proprio  ambito  territoriale,  delle  funzioni
amministrative  che  modifichino  l'assetto  delle  competenze   come
delineato dalla legge statale, ponendosi la relativa normativa  quale
limite   inderogabile   anche   da   parte   regioni   (cfr.    Corte
costituzionale, n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008). 
    Alla luce  delle  considerazioni  sin  qui  esposte  il  Collegio
sottopone  alla  Corte,  poiche'  rilevante  e   non   manifestamente
infondata, la questione di legittimita' costituzionale concernente il
contrasto dell'art. 2, comma 7-quinquies, della  legge  regionale  n.
5/2010 con l'art. 117, comma  2,  lettera  «s»,  della  Costituzione,
nella  parte  in  cui   attribuisce   alle   Province   le   funzioni
amministrative, in materia di rilascio del PAUR, che  il  legislatore
statale ha, con  l'art.  27-bis,  decreto  legislativo  n.  152/2006,
attribuito esclusivamente alle regioni. 
    15. Di  conseguenza,  il  Collegio  dispone  la  sospensione  del
presente giudizio e la rimessione della predetta questione alla Corte
costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953,  n.
87. 

 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Lombardia  sezione
staccata di Brescia (Sezione prima) rimette alla Corte costituzionale
le   questioni   di   legittimita'   costituzionale   illustrate   in
motivazione, relative: 
        all'art. 16, comma 1, lettera b), della legge  della  regione
Lombardia 12 dicembre 2003, n.  26,  come  modificato  dall'art.  15,
comma 4, della legge regionale 7 agosto 2020, n. 18; 
        all'art. 2, comma  7-quinquies,  della  legge  della  Regione
Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5. 
    Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente  giudizio,
con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito,  nel
merito e sulle spese di lite, e l'immediata trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale. 
    Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale
della Lombardia e che venga comunicata al  Presidente  del  consiglio
regionale della Lombardia. 
    Cosi' deciso in Brescia, nella Camera di consiglio del giorno  16
luglio 2025, con l'intervento dei magistrati: 
        Angelo Gabbricci, Presidente; 
        Alessandro Fede, referendario; 
        Francesca Siccardi, referendario, estensore. 
 
                      Il Presidente: Gabbricci 
 
 
                                                L'estensore: Siccardi
                    
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