Reg. ord. n. 218 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/11/2025 n. 46
Ordinanza del Tribunale di Roma del 23/10/2025
Tra: S. T. e altri
Oggetto:
Spese di giustizia – Processo penale – Nomina del consulente tecnico – Denunciata previsione che, consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio, segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del 2002, che subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico dell’Erario all’avvenuta ammissione al patrocinio – Denunciata conseguente preclusione della nomina del consulente tecnico (nella specie, traduttore, conoscitore della lingua araba), con spesa anticipata dall’Erario, da parte del difensore d’ufficio che assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell’art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen., nell’ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è risultato impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1 della Convenzione di New York contro la tortura (CAT) – Lesione del diritto di difesa e del principio, anche convenzionale, di parità tra le parti – Disparità di trattamento tra le parti processuali e tra i consulenti tecnici stessi.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 225
Co. 2
decreto del Presidente della Repubblica
del 30/05/2002
Num. 115
Art. 102
decreto del Presidente della Repubblica
del 30/05/2002
Num. 115
Art. 107
Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co. 1
Costituzione
Art. 24
Co. 2
Costituzione
Art. 111
Co. 2
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 6
Co.
Udienza Pubblica del 14 gennaio 2026 rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 2025
Ordinanza del 23 ottobre 2025 della Corte d'assise di Roma nel
procedimento penale a carico di S. T. e altri.
Spese di giustizia - Processo penale - Nomina del consulente tecnico
- Denunciata previsione che, consentendo alle parti private la
nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia stata
ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio,
segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del 2002, che
subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico
dell'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio - Denunciata
conseguente preclusione della nomina del consulente tecnico, con
spesa anticipata dall'Erario, da parte del difensore d'ufficio che
assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell'art. 420-bis,
comma 3, cod. proc. pen., nell'ambito di un processo pendente per
delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della
mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, e'
risultato impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo per delitti commessi mediante gli atti di
tortura definiti dall'art. 1 della Convenzione di New York contro
la tortura (CAT).
- Codice di procedura penale, art. 225, comma 2, in relazione agli
artt. 102 e 107, comma 3, lettera d), del decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia (Testo A)).
(GU n. 46 del 12-11-2025)
TRIBUNALE DI ROMA
1° Corte d'Assise
La Corte d'Assise, 1ª Sezione, letti gli atti del processo
pendente nei confronti di:
1. T. S., nato in... nel..., titolare di documento di
identificazione miliare n..., generale della Polizia presso il
Dipartimento di Sicurezza Nazionale, LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Paola Armellin, del Foro di Roma;
2. A. K. M. I., nato in... nel..., titolare di documento di
identificazione miliare n..., colonnello, attualmente direttore di
ispezione presso la Direzione della Sicurezza di... gia' Capo delle
Investigazioni Giudiziarie del Cairo, LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Tranquillino Sarno, del Foro di Roma;
3. U. H., colonnello, nato in... nel..., titolare di documento
di identificazione miliare n..., attualmente in servizio presso la
Direzione Passaporti e Immigrazione, gia' in forza presso la
Direzione di Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE;
assistito e difeso d'ufficio dall'avv. Filomena Pollastro, del Foro
di Roma;
4. M. I. A. S., nato in... il..., Maggiore in servizio presso
Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Anna Lisi Ticconi, del Foro di Roma.
Imputati dei seguenti reati:
a) Delitto di cui agli articoli 110, 605, primo e secondo
comma, n. 2), 61 n. 1), e 4), c.p. perche', in concorso tra loro e
con altri soggetti allo stato non identificati, a seguito della
denuncia presentata, negli uffici della National Security, da S. M.
A., rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti
de Il Cairo Ovest, dopo avere osservato e controllato, direttamente
ed indirettamente, dall'autunno... alla sera del..., dottorando
italiano della Cambridge University, abusando delle loro qualita' di
pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della
metropolitana de... e, dopo averlo condotto contro la sua volonta' ed
al di fuori da ogni attivita' istituzionale, dapprima presso il
Commissariato di... e successivamente presso un edificio a..., lo
privavano della liberta' personale per nove giorni.
In..., dal... al...
Per il solo M. I. A. S. anche le seguenti imputazioni:
b) delitto di cui agli articoli 110, 582, 583, nr. 2, 585, in
relazione all'art. 576 n. 2), e 61 n. 1), 4) e 9), c.p. perche', dopo
aver posto in essere il delitto di cui al capo che precede, in
concorso con soggetti allo stato non identificati, per motivi abietti
e futili ed abusando dei loro poteri, con crudelta', cagionava a...
lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie
occupazioni per oltre quaranta giorni nonche' comportato
l'indebolimento e la perdita permanente di piu' organi, seviziandolo,
con acute sofferenze fisiche, in piu' occasioni ed a distanza di piu'
giorni:
attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente
ed azioni con meccanismo urente, con cui gli cagionavano numerose
lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto
cervico-dorsale e degli arti inferiori;
attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci
o pugni e/o l'uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni,
mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso
contro superfici rigide ed anelastiche con cui gli cagionavano:
frattura degli elementi dentari 11, 12, 31, 41 e 42; frattura della
scapola di sinistra e di destra; frattura dell'omero di destra;
frattura composta di ossa del trapezio e del trapezoide capitato e
dell'uncinato polso destro; frattura della falange prossima/e del II°
dito di destra; frattura della base del I° metacarpo di sinistra,
frattura del III° medio della falange prossimale del I° dito di
sinistra; frattura base del V° metatarso di destra; frattura del III°
distale del V° metatarso di destra, frattura della falange prossimale
del V° dito di destra; frattura della testa del perone di destra;
distacco corticale dell'apice del perone di sinistra.
In..., dal... al...
c) Delitto di cui agli articoli 110, 575, 576 nr. 2), 61 n. 1),
2), 4), e 9), c.p., perche', nelle circostanze di tempo e di luogo di
cui ai precedenti capi e dopo aver posto in essere i delitti di cui
sopra, in concorso con soggetti allo stato non identificati, al fine
di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi
poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudelta',
mediante una violenta azione contusivo, esercitata sui vari distretti
corporei cranico-cervicodorsali, cagionava imponenti lesioni di
natura traumatica a... da cui conseguiva una insufficienza
respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte. Il corpo
veniva, poi, rinvenuto il..., lungo la...
In..., in epoca ricompresa tra il... e il...
Ha pronunciato la seguente ordinanza.
La Corte d'Assise dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 225, comma 2 c.p.p. in relazione agli articoli 102 e 107,
comma 3, lett. d), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, laddove
consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a
spese dello Stato, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio,
segnatamente all'art. 102, che, a sua volta, condiziona la nomina e
la conseguente liquidazione quale spesa anticipata dall'Erario
all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la nomina del
consulente tecnico con anticipazione a carico dell'Erario da parte
del difensore d'ufficio che assista un imputato, dichiarato assente
ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 del codice di procedura penale,
nell'ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli
atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione
contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o
degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984 (ratificata e
resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498), quando, a causa
della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato,
e' risultato impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo.
Si ritiene altresi' che la questione sia rilevante e non
manifestamente infondata.
1. Svolgimento del processo.
Innanzi a questa Corte d'Assise pende il processo nei confronti
degli imputati sopra indicati, tutti accusati di avere sequestrato
nel periodo tra il... e il... il ricercatore italiano..., e il solo
M... I... altresi' di avergli inflitto con crudelta' gravissime
lesioni sino a cagionargli la morte, avvenuta in data compresa tra
il... e il...
E' noto che a seguito di una prima dichiarazione di nullita'
della vocatio in jus da parte della Corte d'Assise di Roma in data 14
gennaio 2022, motivata dalla mancata prova della volontaria
sottrazione al processo degli imputati, di cui non era certa la
conoscenza del processo, a seguito della rimessione della questione a
questa Corte costituzionale da parte del GUP, in data 26 ottobre 2023
e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
420-bis, comma 3, del codice di procedura penale «nella parte in cui
non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi
mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della
Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli,
inumani o degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984,
ratificata e resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498,
quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza
dell'imputato, e' impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a
un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa»
(sentenza n. 192 del 2023).
Disposto nuovo rinvio a giudizio da parte del GUP presso il
Tribunale di Roma, previa dichiarazione di assenza degli imputati, in
data 20 febbraio 2024 questo Ufficio ha aperto il dibattimento ed
avviato l'attivita' istruttoria richiesta dalle parti: tra esse, i
difensori d'ufficio nominati a favore degli imputati ai sensi
dell'art. 97, 1° comma c.p.p., sin dalla fase conclusiva delle
indagini, mai essendo intervenuta alcuna nomina fiduciaria ed, anzi,
proprio su tale premessa essendo fondata a declaratoria detta di
incostituzionalita'.
L'intero dibattimento. sviluppato attraverso numerosissime
udienze (ad oggi ventotto) e pressoche' prossimo alla conclusione,
articolato nell'ascolto di trentotto testimoni (di cui alcuni
richiamati piu' volte) e nell'acquisizione di ventotto verbali di
s.i.t. (talora definiti «interrogatori» dalla Procura del Cairo), e'
stato celebrato nella persistente assenza degli imputati, di cui i
difensori hanno costantemente lamentato il silenzio e la totale
mancanza di contatti e comunicazioni di qualsiasi natura.
Ne sarebbe conseguito grave pregiudizio in termini di facolta' di
replica rispetto all'ampio compendio, orale e documentale, offerto
dal pubblico ministero e dalle parti civili, uniche parti processuali
cui e' stata consentita di fatto l'iniziativa probatoria: sicche'
l'attivita' defensionale si sarebbe interamente esaurita nella
valutazione critica e puramente cartolare dell'attivita'
investigativa compiuta in autonomia dal pubblico ministero, con il
fattivo contributo delle parti civili, senza alcuna possibilita' di
contraddire concretamente sulla bonta', correttezza e sull'univocita'
del dato probatorio, essendo mancata in termini assoluti la
possibilita' di un qualsiasi contatto con il rispettivo assistito.
Tale critica ha attraversato l'intero dibattimento, con la
costante rappresentazione del deficit di posizione e, soprattutto, di
contraddittorio reale e di difesa, sostanzialmente ridotta ed
esaurita nella ricerca di eventuali contraddizioni intrinseche
rispetto ad un'iniziativa processuale rimessa totalmente alle
controparti, nella citazione di alcuni testimoni italiani gia'
individuati in fase di indagini dal pubblico ministero ovvero auditi
in sede di Commissione Parlamentare di Inchiesta (i cui atti sono
stati parimenti prodotti), e nella ricerca dell'altrui consenso,
peraltro libero, al fine di ottenere l'acquisizione di atti del
fascicolo delle indagini ai sensi dell'art. 493, comma 3 c.p.p.,
cosi' da estendere l'orizzonte valutativo della Corte.
Nell'ambito della vasta istruzione dibattimentale, questa Corte,
su istanza del pubblico ministero, in data 12 dicembre 2024 ha
proceduto all'acquisizione mediante lettura ai sensi dell'art.
512-bis. c.p.p., tra i vari, dei verbali di dichiarazioni rese dal
sindacalista egiziano... l'11 aprile 2016 ed il 10 maggio 2016
dinanzi l'Autorita' egiziana, pervenuti in lingua araba.
Conferito incarico peritale di traduzione degli stessi in lingua
italiana alla dott.ssa B.A., seguiva primo deposito degli elaborati
in data 17 febbraio 2025; alla successiva udienza dell'8 aprile 2025
il pubblico ministero, contestatane la significativa parzialita' se
non l'erroneita' su punti qualificanti, cosi' come dedotte dal
proprio interprete di lingua araba (l'appuntato scelto W.H., in
servizio presso il ROS dei Carabinieri di Roma), chiedeva la
rinnovazione dell'attivita' in contraddittorio con il proprio
consulente, unico sino ad allora nominato dalle parti.
Depositati i nuovi elaborati in Cancelleria in data 5 maggio 2025
ed assunto il perito a chiarimenti in occasione dell'udienza del 15
luglio 2025, con ordinanza dd. 17 settembre 2025 questa Corte,
rilevate le importanti contraddizioni interne ed incertezze che hanno
caratterizzato la doppia traduzione dei verbali effettuata
dall'interprete di lingua araba, puntualmente indicate nella memoria
della difesa del M. I., tali da rendere di fatto la ritraduzione
coincidente con quella dell'esperto del pubblico ministero, obiezioni
risultate prive di seria giustificazione, ha ordinato nuova
traduzione dei medesimi atti, nominando altra esperta di lingua araba
(la dott.ssa I.D.C.), attesa la delicatezza e centralita' del
contenuto dei verbali datati 11 aprile 2016 e 10 maggio 2016 rispetto
ad alcune posizioni.
Immediatamente dopo la lettura dell'ordinanza, ribadita la nomina
pregressa del proprio interprete quale consulente tecnico da parte
del pubblico ministero e riservatesi sul punto le parti civili, le
difese chiedevano di essere ammesse a nominare un proprio consulente,
al contempo sollevando la questione di costituzionalita' qui
discussa.
Illustrate attraverso apposite memorie le rispettive posizioni
entro il termine concesso del 30 settembre 2025, con replica proposta
dall'avvocato Ticconi in data 2 ottobre 2025, la Corte, a
scioglimento della riserva, osserva:
2. Il quadro normativo.
E' dato storicamente qui presupposto che alcuno dei difensori
d'ufficio ha potuto presentare istanza di ammissione al patrocinio ai
sensi dell'art. 78, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, a tacer d'altro per il difetto del primo requisito
previsto a pena di inammissibilita', ossia la sottoscrizione della
domanda da parte dell'interessato: condizione preliminare alla
valutazione dei requisiti formali e sostanziali costituenti il
contenuto dell'istanza stessa, quali richiesti dall'art. 79, decreto
del Presidente della Repubblica cit., tra i quali il tetto massimo di
reddito previsto dall'art. 76, comma 1, secondo i limiti
periodicamente fissati con decreto dirigenziale del Ministero della
Giustizia (art. 77).
La totale assenza di contatti tra ciascun difensore e il
rispettivo assistito ha, infatti, impedito ai primi l'informazione su
tale diritto a favore dei secondi e, a seguire, la verifica della
sussistenza delle condizioni che avrebbero consentito l'eventuale
presentazione all'Ufficio della domanda di ammissione al patrocinio,
ove sussistenti i requisiti legali.
Non vi e' alcun motivo per dubitare dell'asserzione difensiva
relativa all'impossibilita' di comunicazioni di qualsiasi natura con
gli imputati: che, se per il periodo antecedente e' stata dimostrata
proprio dalle condizioni di fatto che hanno portato alla
dichiarazione di incostituzionalita', e' rimasta tale anche in corso
di dibattimento.
Prova induttiva si ricava dall'atteggiamento assunto dalla
Repubblica Araba d'Egitto che, in data 17 giugno 2024, ha fatto
pervenire una nota, trasmessa dal Ministero degli affari esteri,
mediante la quale la Procura egiziana rappresentava le motivazioni
per cui non intendeva dar luogo alla rogatoria presentata dalla
Procura di Roma per vie diplomatiche, finalizzata alla citazione in
giudizio di alcuni testimoni ai sensi dell'art. 9 della Convenzione
Internazionale sulla Tortura, contemplante l'impegno degli Stati
contraenti e, quindi, pure di Italia ed Egitto alla piu' vasta
cooperazione giudiziaria possibile.
Tra tali testi era compreso, appunto, anche l'..., rispetto a cui
si motivava il diniego, sostenendo che «l'esecuzione della richiesta
di assistenza giudiziaria cui si fa riferimento al punto precedente -
e la richiesta di assistenza giudiziaria relativa alla notifica del
teste per comparire davanti al Tribunale e deporre, basata sulle
regole di cortesia internazionale - contraddirebbero le disposizioni
della Costituzione, le leggi vigenti nella Repubblica Araba d'Egitto,
i principi giuridici vigenti e le regole dell'ordine pubblico.
Infatti, l'art. 454 del codice di procedura penale prevede
l'impossibilita' di processare una persona per lo stesso fallo due
volte. A questo principio e' stato attribuito un valore
costituzionale in quanto connesso ai diritti dell'uomo cui sia
l'Egitto che l'Italia si attengono».
La completa e definitiva interruzione ufficiale della
collaborazione delle Autorita' egiziane, che hanno provveduto alla
chiusura delle indagini interne nei confronti degli odierni imputati
con provvedimento di archiviazione del 26 dicembre 2020 (c
·«Memorandum»), al punto da negare persino l'attivita' di
notificazione delle citazioni testimoniati a comparire, rende
altamente credibile l'impossibilita' dei difensori di avere contatti
di sorta con gli assistiti: sia volti a costruire una strategia
processuale, sia, in tesi, mirati ad accertare la sussistenza delle
condizioni che garantiscano loro la miglior difesa, ivi comprese le
ampie facolta' che l'ammissione al patrocinio gratuito offre.
D'altra parte, la situazione di fatto creatasi spiega le ragioni
per cui il pubblico ministero, a sua volta, e' stato impossibilitato
ad adempiere un obbligo strumentale «nei casi in cui si deve
procedere alla nomina di un difensore d'ufficio», ossia
l'informazione «(al)la persona interessata delle disposizioni in
materia di patrocinio a spese dello Stato e dell'obbligo di
retribuire il difensore che eventualmente e' nominato d'ufficio, se
non ricorrono i presupposti per l'ammissione a tale beneficio» (art.
103, decreto del Presidente della Repubblica n. 115, cit.).
Attraverso tale doverosa informazione prevista dalla legge si e'
fatta cosi' specifica applicazione del principio secondo cui la
garanzia dei mezzi di azione e di difesa apprestata per i non
abbienti dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione, costituisce
applicazione nel campo particolare del processo - in cui vige la
regola dell'inviolabilita' della difesa (art. 24, secondo comma) -
del generale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
Costituzione; e che l'assoluta uguaglianza delle parti, in relazione
alle facolta' processuali esercitabili per la tutela dei propri
interessi, e' l'essenza stessa del contraddittorio, cardine del
processo moderno.
Neppure attraverso tale strumento pubblicistico ad iniziativa del
giudice, del pubblico ministero o della polizia giudiziaria, dunque,
gli imputati sono stati provatamente portati a conoscenza di tale
diritto in quanto mai raggiunti da alcuna notificazione di atti del
procedimento penale o del processo, ivi incluse, appunto, le
informazioni prescritte dall'art. 103, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit. rientranti nello statuto dei diritti
dell'indagato/imputato.
Tale considerazione vale di per se' a sgombrare il campo dalla
situazione, totalmente diversa in fatto, in cui la persona sottoposta
ad indagini ovvero imputata, cui sia stato nominato un difensore
d'ufficio in assenza di designazione fiduciaria, riceva
l'informazione sulle disposizioni in materia di patrocinio e,
all'opposto, del dovere di retribuire il proprio difensore ai sensi
dell'art. 103, e per negligenza, incuria o disinteresse non attivi la
relativa procedura, pur avendone astrattamente diritto a fronte
dell'incapacita' economica: e' evidente, infatti, la profonda
differenza che vi e' rispetto a chi non sia stato affatto portato a
conoscenza del relativo diritto per ragioni da lui indipendenti,
rimesse ad una decisione conseguente «alla mancata assistenza dello
Stato di appartenenza»·, in qualche modo subita incolpevolmente dagli
stessi imputati.
Nessuno di essi e' stato quindi messo - neppure astrattamente -
in condizione di accedere all'istituto, che ben poteva contribuire ad
offrire al proprio legale, oltre agli argomenti fattuali utili a
discolpa, pure la tranquillita' economica nello svolgimento del
mandato defensionale.
Quello che la difesa in realta' contesta non e' l'impossibilita'
in se' di ammissione al gratuito patrocinio, essendo ben consapevole
che al difensore d'ufficio e' comunque garantita, attraverso il
pagamento degli onorari e delle spese, una remunerazione, sia pur nel
caso di specie minimamente compensativa, a fronte di un processo
eccezionalmente oneroso, impegnativo per l'elevata complessita' delle
questioni tecniche, dispendioso, non solo temporalmente, avendo i
difensori sino ad oggi affrontato a proprie spese e con anticipazioni
di denaro un dibattimento straordinario che si snoda da quasi due
anni.
Trattasi, effettivamente, del presidio, posto nella medesima
ottica attuativa del diritto incondizionato alla difesa, contemplato
dagli articoli 116 (a favore del difensore d'ufficio che risulti
impossibilitato a percepire il compenso dall'assistito dopo avere
esperito le procedure per il recupero del credito professionale) e
117, decreto del Presidente della Repubblica n. 115, cit. (per il
difensore d'ufficio dell'irreperibile): a quest'ultimo la stessa
difesa efficacemente allude, con rinvio alla figura della fictio
iuris della dichiarazione processuale di assenza degli imputati (di
fatto irreperibili, e pur nonostante dichiarati assenti a seguito
della sentenza della Corte n. 192 del 2023).
Cio' di cui in realta' la difesa si lamenta e' l'impossibilita'
attuale di procedere alla nomina di un proprio consulente (nel caso:
un interprete di lingua araba) con cui assicurarsi il contraddittorio
in occasione del rinnovo peritale delle traduzioni, disposto dalla
Corte, dei verbali in lingua araba dell'..., la cui rilevanza e'
dimostrata proprio dallo stallo del processo da alcuni mesi a fronte
delle contrapposte contestazioni: sulla base della corretta premessa
che tale facolta' sia riservata e limitata ai difensori d'ufficio di
imputati ammessi al patrocinio gratuito, ai sensi dell'art. 225,
comma 2 in combinato con l'art. 102, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit.
Non colgono quindi nel segno le obiezioni del pubblico ministero
e delle parti civili secondo cui la questione mirerebbe a colpire e
scardinare l'intero istituto come attualmente normato, sino quasi ad
evocare l'obiettivo dell'introduzione nell'ordinamento di una
presunzione iuris et de iure di ammissione al patrocinio laddove vi
sia una difesa d'ufficio, a prescindere dalla prova dell'incapacita'
reddituale: atteso che il vulnus e' stato espressamente collegato
proprio alla deminutio di tale specifica facolta' difensiva piuttosto
che all'intero istituto.
Ad ogni buon conto, i poteri officiosi di cui si dispone rendono
irrilevanti prospettazioni piu' ampie o impostazioni della questione
difformi comunque dedotte, trattandosi di ambiti e di parametri
oramai devoluti al giudizio, libero e autonomo rispetto ai confini
della domanda, di questo Ufficio.
In altri termini, qui non si intendera' mettere in discussione e
contestare l'odierna struttura portante del beneficio, a tacer
d'altro per la ritenuta impossibilita' di svincolarlo dai requisiti
reddituali e patrimoniali che ne rappresentano l'essenza, tanto piu'
nell'ignoranza nel caso di specie della loro consistenza, alla pari
di qualsiasi altra informazione personale sugli imputati.
3. La disciplina ordinamentale del consulente tecnico di parte nel
processo penale.
Limitato l'ambito motivazionale a quanto di stretto interesse, e'
principio da tempo fatto proprio dalla Corte costituzionale la
centralita' in ottica difensiva del diritto alla nomina di un
consulente tecnico nell'interesse dell'imputato, al punto che sin
dall'anno 1983 ebbe ad affermare che «il diritto di difesa
costituzionalmente protetto e' in primo luogo garanzia di
contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale. Tale
principio, riferito al difensore, va esteso al consulente tecnico di
parte, il quale svolge funzioni paragonabili a quelle dell'avvocato,
sia pure limitatamente al piano tecnico. essendo la nomina del
consulente di parte prevista a maggior garanzia della regolarita' del
contraddittorio. E' pertanto costituzionalmente illegittimo - per
contrasto con l'art. 21 della Costituzione - l'art. 11, R.D. 30
dicembre 1923, n. 3282 nella parte in cui non prevede che il
beneficio del gratuito patrocinio si estenda alla facolta' della
parte non abbiente di farsi assistere da consulenti tecnici».
Abrogato l'art. 11, R.D. n. 3282 del 1923 dalla legge n. 134 del
29 marzo 2001 ed esteso l'ambito di copertura del gratuito patrocinio
anche al consulente tecnico, quale parte integrante dell'ufficio di
difesa dell'imputato a cui favore presta la propria opera di apporto
tecnico mediante rilievi, argomenti ed osservazioni che hanno la
natura sostanziale di atti defensionali (cosi' Corte costituzionale
n. 199 del 1974), la costruzione dello specifico ordinamento della
figura e' transitata attraverso la declaratoria di illegittimita'
dell'art. 4, comma 2, legge n. 217 del 1990, per contrasto con gli
articoli 3 e 24 della Costituzione., «nella parte in cui, per i
consulenti tecnici, limita gli effetti della ammissione al patrocinio
a spese dello Stato ai casi in cui e' disposta perizia. Infatti (...)
le prestazioni del consulente di parte ineriscono all'esercizio del
diritto di difesa, sicche' privarne il non abbiente significa
negargli il diritto di difendersi in un suo aspetto essenziale.
Peraltro, ove si consideri che, conformemente all'attuale modello
accusatorio e sul fondamento dell'obbligatorieta' dell'azione penale,
al pubblico ministero per sostenere l'accusa e' consentito avvalersi
di esperti nei piu' svariati settori della scienza e della tecnica
senza limitazioni di oneri economici, nella garanzia affermata
dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione non puo' non ritenersi
compresa una istanza di riequilibrio Ira le parli del processo penale
nei procedimenti nei quali siano coinvolte persone sprovviste di
mezzi ed ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Ne consegue che
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma
impugnata deve essere circoscritta a quanto impone la Costituzione a
tutela del diritto di difesa dei non abbienti, ai quali deve essere
pertanto riconosciuta la facolta' di farsi assistere a spese dello
Stato da un consulente per ogni accertamento tecnico ritenuto
necessario» (sentenza n. 33 del 1999).
Rileva ulteriormente la pronuncia di incostituzionalita' che ha
avuto ad oggetto l'art. 106-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2002 laddove imponeva la diminuzione di un
terzo degli importi spettanti al consulente tecnico di parte in caso
di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate ai sensi di
legge: motivata sul rilievo che «l'irragionevole decurtazione (tra le
cui ricadute di sistema non e' implausibile includere
l'allontanamento dei migliori professionisti dal circuito delle
consulenze) rende altresi' percepibile una disparita' di condizione
fra le parti del processo penale in cui siano coinvolte persone
sprovviste di mezzi e ammesse al patrocinio a spese dello Stato,
derivante dalla circostanza - non di mero fatto, e dunque lesiva del
diritto di difesa assicurato anche ai non abbienti - che la parte
privata puo' sentirsi opporre un rifiuto della consulenza, motivato
dalla prevedibile esiguita' del compenso, mentre il pubblico
ministero puo' avvalersi di consulenti i cui onorari non subiscono la
riduzione e che non possono rifiutare l'incarico (art. 359 del codice
di procedura penale)» (sentenza n. 178 del 2017).
Significativa altresi' nell'ottica presente la sentenza con cui
e' stata dichiarata l'incostituzionalita' per violazione dell'art. 3
della Costituzione, dell'art. 131, comma 3, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, nella parte in cui
prevedeva che gli onorari e le indennita' dovuti al consulente
tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato nell'ambito di un
procedimento civile siano «prenotati a debito, a domanda», «se non e'
possibile la ripetizione», anziche' direttamente anticipati
dall'erario come avveniva nel processo penale. Anche nel caso si e'
argomentata l'irragionevolezza sistematica della norma «perche', in
luogo dell'anticipazione da parte dell'erario, prevede, a carico dei
soggetti che hanno prestato l'attivita' di assistenza, l'onere della
previa intimazione di pagamento e l'eventuale successiva prenotazione
a debito del relativo importo. Tale meccanismo procedimentale,
unitamente all'applicazione dell'istituto della prenotazione a
debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo
sistema normativa incentrato sulla regola dell'assunzione, a carico
dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente.
Per costante giurisprudenza costituzionale, la finalita' del nuovo
istituto del patrocinio a spese dello Stato e' quella di assicurare
la tutela dell'indigente con carico all'erario in tutti i casi in cui
particolari categorie professionali espletano attivita' di assistenza
nei confronti dell'indigente medesimo. Cio' esclude che per alcune
fattispecie vi possano essere deroghe ispirate alla superata logica
del gratuito patrocinio» (sentenza n. 217 del 2019).
Coessenziale all'inserimento nell'ambito del patrocinio e' dunque
pure la spesa per l'assistenza tecnica oltre che per quella
defensionale in senso stretto, tanto che risulta tramontata la logica
del gratuito patrocinio, sostituita dal patrocinio a carico dello
Stato: con la conseguenza che lo Stato assume su di se' gli oneri
della difesa attraverso l'attuale art. 83 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 115 che prevede la liquidazione diretta da parte
del giudice dell'onorario e delle spese spettanti pure
«all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico».
Il consulente dispone, dunque, laddove l'imputato sia stato
ammesso al patrocinio, di un titolo autonomo verso l'Erario volto ad
ottenere la liquidazione dei propri compensi: ne consegue che, non
trattandosi di un onere oggetto di anticipazione da parte del
difensore, non potra' neppure rientrare nel regolamento delle spese
di cui agli articoli 116, comma 1 e 117, comma 1 del Testo unico ed,
anzi, nulla sara' dovuto al difensore semmai ne avesse anticipato
l'importo, non trattandosi di una spesa in senso tecnico (cfr.
altresi' l'art. 107, comma 3, lettera d) che enuncia tra le «spese
anticipale dall'Erario ...l'onorario ...a consulenti tecnici di
parte», passibili di recupero da parte dello Stato in sede di
ripetizione da parte dell'imputato che non sia stato ammesso al
patrocinio, ai sensi degli articoli 116 comma 2 e 117, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115).
4. La rilevanza della questione.
Si premette che la disciplina sino ad ora commentata, avente ad
oggetto la figura del consulente tecnico di parte, ben si adatta all'
ipotesi della richiesta di nomina di un traduttore, nel caso
conoscitore delia lingua araba, atteso che il mezzo processuale
attraverso cui tale contributo linguistico verra' veicolato nel
processo e' la perizia: unico strumento che consente di far
partecipare attivamente la parte pubblica e le parti private al fine
di recare eventualmente i propri apporti.
D'altra parte, se la perizia e' quel mezzo di prova che permette
genericamente l'acquisizione di dati specialistici richiedenti
particolari competenze, non si vede perche' non possa estendersi
all'opera di traduzione di scritti dalla lingua straniera, che
transitera' dunque attraverso la procedura garantita di cui all'art.
221 c.p.p.
Ad essa consegue il diritto delle parti di avvalersi di propri
consulenti, alle condizioni poste dall'art. 225 c.p.p., compresa, per
le parti private, quella di nominarle uno «a spese dello Stato»·«nei
casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale
dei non abbienti» (comma 2).
Sotto questo profilo la prospettata questione di legittimita'
costituzionale e' senz'altro rilevante essendo stata formulata nel
corso dell'udienza del 17 settembre 2025, immediatamente dopo la
lettura del provvedimento dispositivo della rinnovazione peritale
dell'attivita' di traduzione dei verbali di interesse; ne' rileva la
circostanza che in passato i difensori non abbiano inteso
avvalersene, trattandosi di un diritto potestativo il cui esercizio
e' rimesso alla strategia processuale, liberamente gestita dal
difensore stesso rispetto agli specifici momenti processuali e
all'interesse degli atti, laddove e' stato proprio l'esame in
contraddittorio svolto in data 15 luglio 2025 del primo traduttore di
lingua araba, dopo la vistosa rielaborazione delle sue traduzioni, ad
avere indotto e determinato l'esigenza difensiva data la centralita'
delle dichiarazioni dell'..., tanto che la Corte ha disposto nuova
perizia sul punto.
Nessuna obiezione di tardivita' puo' quindi proporsi.
Il dato della rilevanza, a seguire, e' dimostrato dal fatto che
essendo stato affidato in data 17 settembre 2025 nuovo incarico al
perito I.D.C., conoscitore della lingua araba, gia' integrato il
contraddittorio da parte del pubblico ministero attraverso la
conferma della nomina del suo consulente, l'avvio dell'attivita' e'
in concreto condizionato dalla decisione sul buon diritto delle
difese di avvalersi di un proprio traduttore sin dall'avvio dei
lavori e, dunque, dalla sorte della presente questione di
costituzionalita' atteso che gli strumenti normativi ad oggi presenti
nell'ordinamento non consentono loro l'accesso all'istituto
richiesto; ne' vi e' modo di superare i dubbi di costituzionalita'
che si andranno ad esplicitare non essendo consentito forzare gli
istituti ai solo fine di ottenere un risultato sentito come giusto e
tale da riequilibrare i rapporti tra le parti.
5. La non manifesta infondatezza della questione.
5.1. Tanto premesso in punto di rilevanza della questione,
ritiene la Corte che la disposizione censurata violi gli articoli 3,
24 comma 2, 111 comma 2 e 117 comma 1, della Costituzione, per i
motivi di seguito esposti.
Va in primo luogo offerta la considerazione che l'impossibilita'
che qui si contesta non e' di tipo fattuale, bensi' di ordine
normativo: in altri termini, ben potrebbero i difensori procedere
alla nomina di consulenti di parte, ma dovrebbero provvedervi a
proprie spese, attesa l'impossibilita' descritta di procedere al
recupero di tale voce di costo sia, assai verosimilmente, dai propri
assistiti (residenti in Egitto presso indirizzi sconosciuti poiche'
lo Stato egiziano si e' rifiutato di dame comunicazione); sia da
parte dello Stato, che si e' assunto l'onere del pagamento diretto
del professionista tecnico ai sensi degli articoli 83, 107, 116 c. 2
e 117, comma 2 T.U., non trattandosi dunque di spesa rimborsabile per
il legale.
L'alternativa che si pone, dunque, e' quella di imporre al
difensore un onere economico ingiustificato, ovvero di costringerlo
ad una difesa condizionata e sminuita rispetto alle possibilita' di
esercizio di cui dispongono le restanti parti processuali, pubblica e
privata, dopo che l'intero dibattimento e' stato gia' connotato da
una difesa sostanzialmente passiva e concretamente priva di
possibilita' di iniziativa autonoma rispetto alle prove introdotte
dal pubblico ministero e dalle parti civili: alternativa che, dal
punto di vista valoriale e dei principi, va ben al di la' del rischio
professionale del mancato pagamento che sempre accompagna l'attivita'
del difensore di fiducia e del difensore d'ufficio di imputato che
non possa (o non voglia) essere ammesso al gratuito patrocinio.
La ratio cui la Corte costituzionale si e' costantemente ispirata
nelle decisioni in materia e' stata da un lato quella di attuare il
diritto all'inviolabilita' della difesa anche attraverso la presenza,
ove ritenuta necessaria, dell'assistenza di un consulente in funzione
di salvaguardia di una reale dialettica delle posizioni: si' che il
consulente entra a far parte integrante dell'ufficio di difesa
dell'imputato, nel cui interesse presta la propria opera, attraverso
argomenti, rilievi ed osservazioni tecniche che hanno sostanzialmente
natura di attivita' difensiva e che vengono veicolate al giudice,
quali elementi di prova, attraverso la relazione scritta e il suo
esame dibattimentale.
Dall'altro lato, la Corte si e' premurata di garantire anche la
qualita' dell'esperto di parte affermando che, se certamente risulta
non conforme ai principi che il professionista debba prestare la sua
opera gratuitamente laddove l'imputato necessiti di una difesa
specialistica e sia privo di mezzi economici sufficienti, anche un
compenso inadeguato puo' pregiudicare il diritto di difesa delle
parti «allontanando i consulenti tecnici dotati delle migliori
professionalita'. Infatti, questi ultimi, proprio a causa della
decurtazione dei propri onorari, sarebbero indotti a rifiutare gli
incarichi conferiti da soggetti ammessi al patrocinio» (cosi'
sentenza n. 178 del 2017, all'atto della dichiarazione di
incostituzionalita' dell'art. 106-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit.).
La facolta' di avvalersi di un consulente di parte si iscrive,
dunque, a pieno titolo sotto piu' profili nell'area di operativita'
della garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione e privarne il
non abbiente significa negargli il diritto di difendersi su aspetti
essenziali dell'accusa, soprattutto ove si consideri che il pubblico
ministero per sostenerla puo' avvalersi di esperti nei piu' svariati
settori senza limitazione di oneri economici.
La stessa giurisprudenza costituzionale ha sempre affermato la
massima espansione di tale diritto, da ultimo dichiarando che «il
giusto processo, nel quale si attua la giurisdizione e si realizza il
diritto inviolabile di difesa, comporta necessariamente che esso si
svolga nel contraddittorio tra le parti nonche' in condizioni di
parita', davanti a giudice terzo e imparziale. Il contraddittorio,
primaria e fondamentale garanzia del giusto processo, consiste nella
necessita' che tanto l'attore, quanto il contraddittore, partecipino
o siano messi in condizione di partecipare al procedimento, anche se
al legislatore e' consentito di differenziare la tutela
giurisdizionale con riguardo alla particolarita' del rapporto da
regolare. Il principio del contraddittorio costituisce un connotato
intrinseco del processo, nel quale deve essere assicurato il diritto
di difesa, che spetta a tutti i cittadini nei procedimenti
giurisdizionali. Esso e' un momento fondamentale del giudizio,
cardine della ricerca dialettica della verita' processuale, condotta
dal giudice con la collaborazione delle parti, volta alla pronuncia
di una decisione che sia il piu' possibile «giusta» (cfr. sentenza n.
96 del 2024; per l'affermazione che «in via generale, il principio
del contraddittorio consacrato nell'articolo costituzionale indicato
impone esclusivamente di garantire che ogni giudizio si svolga in
modo tale da assicurare alle parti la possibilita' di incidere, con
mezzi paritetici, sul convincimento del giudice», Corte
costituzionale, sentenza n. 73 del 2022).
La stessa sentenza che ha consentito questo dibattimento ha
proclamato l'inviolabilita' della difesa, peraltro bilanciandola con
l'esigenza di ordine costituzionale, convenzionale ed internazionale
di accertare i crimini di tortura nelle forme pubbliche del
dibattimento penale, «gia' solo per questo ... mai inutile, ove anche
circostanze esterne lo privino del contraddittorio dell'imputato», al
fine di impedire l'epilogo inaccettabile della radicale frustrazione
del processo quando si risolve nella creazione di un'immunita' di
fatto, ostativa all'accertamento dei crimini di tortura.
Il vulnus che consequenzialmente si e' creato nell'odierno
processo a sfavore della difesa, dotata di facolta' d'iniziativa
assolutamente ridona e sbilanciata rispetto alle restanti parti, non
si ritiene possa essere colmato dal rimedio che la stessa Corte ha
individuato al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali
protetti dagli articoli 111 Cost. e 6 CEDU, ossia la restituzione
nelle facolta' processuali a favore degli imputati, i quali
potrebbero comparire in ogni momento, «anche prima della pronuncia di
un'eventuale condanna, e quindi anche senza ricorrere a
un'impugnazione», in alternativa al diritto alla riapertura del
processo in presenza e a loro richiesta, con il riesame del merito
della causa.
Non vi e' chi non veda che da un lato si tratta di situazione del
tutto teorica e virtuale, priva di agganci al reale, anche a fronte
del successivo atteggiamento delle Autorita' egiziane; dall'altro
lato non vi e' ragione perche' la difesa debba essere privata nel
presente processo delle facolta' consentite dall'ordinamento e non le
possa sfruttare integralmente, anche rimuovendo limiti rispetto a
diritti che qui si ritengono discutibilmente negati per difetto
sistematico, cosi' da ridurre il dibattimento ad un simulacro a
garanzie ridotte.
Ne' puo' sottacersi che, nell'eventualita' di condanna di uno o
piu' degli imputati, risulterebbe di fatto impossibile per il
difensore la proposizione di un'impugnazione volta a riesaminare i
temi di prova, attesa la necessita' di disporre a pena di
inammissibilita' di uno specifico mandato, che incontrera' i medesimi
limiti odierni, in ragione delle condizioni poste dall'art. 581,
comma 1-quater. c.p.p. («nel caso di imputato rispetto al quale si e'
proceduto in assenza, con l'atto di impugnazione del difensore e'
depositato, a pena di inammissibilita', specifico mandato ad
impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente
la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini
della notificazione del decreto di citazione a giudizio»).
Risulta, quindi, vieppiu' necessario l'integrale sfruttamento
degli istituti di difesa consentiti in giudizio, a fronte della
lesione che si puo' proiettare in prospettiva ma che attualmente gia'
e' insita nella creazione, attraverso la dichiarazione di
incostituzionalita' dell'art. 420-bis, comma 3, c.p.p., di una
partecipazione straordinaria al processo dell'imputato, di tipo
virtuale, essendosi delineata un'assenza cui e' estranea la
conoscenza certa del processo, che e' risultata fonte di adeguamento
di alcuni istituti tradizionali. gia' sperimentato rispetto a varie
questioni postesi nel corso del dibattimento.
In altri termini, ad un processo straordinario, nel senso della
sua instaurazione in deroga agli ordinari criteri del processo in
assenza posti dall'art. 420-bis, commi 1 e 2 c.p.p., devono
conseguire adattamenti di istituti concepiti sulla base di
presupposti diversi, unicamente rispetto ai quali risultano conformi
ai principi generali del sistema; ne' l'astratta, eventuale
possibilita' di rinnovazione del processo puo' autorizzare che il
presente si sviluppi con parzialita' dei diritti difensivi.
La questione attuale non appare risolvibile in via interpretativa
attraverso un'interpretazione costituzionalmente conforme a fronte
del dato normativo testuale inequivoco posto dall'art. 225, commi 1 e
2 c.p.p. che, pur consentendo astrattamente alla difesa, compresa
quella d'ufficio, la nomina del consulente tecnico di parte, nel caso
di specie - a fronte dell'impossibilita' di presentare richiesta di
ammissione al patrocinio gratuito con la conseguente assunzione
dell'onere economico a carico dell'Erario - ne condiziona di fatto
l'opzione prevista dall'art. 102, decreto del Presidente della
Repubblica cit. all'alternativa di sopportare direttamente l'onorario
dell'esperto, o di rivolgersi ad un professionista ·«conveniente»,
non selezionato tra i migliori del circuito, i quali verosimilmente
opporrebbero un rifiuto dell'accettazione gratuita dell'incarico,
ovvero - ulteriormente - di rinunciare all'esercizio di tale diritto
di valore costituzionale» (sentenza n. 96 del 2024).
Non risulta di rilievo l'ignoranza di fatto delle attuali
condizioni patrimoniali degli imputati, a loro volta non accertabili
neppure d'ufficio, e, quindi, l'eventuale diritto all'ammissione al
patrocinio in concreto poiche' cio' che si richiede non e'
l'ammissione al patrocinio a carico dell'Erario, sub condicione di
accertamento della sussistenza dei requisiti reddituali: quel che qui
si propone e' l'attribuzione anticipata degli effetti di un diritto
difensivo insopprimibile, ossia la facolta' di nomina di un proprio
consulente, nel caso fortemente pregiudicata, con anticipazione degli
oneri ex art. 107 a carico dell'Erario, che provvedera'
successivamente al recupero nei confronti degli imputati, secondo il
meccanismo disegnato dagli articoli 116 comma 2 e 117, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, salva futura
ammissione al patrocinio a loro favore.
Si tratta, quindi, a parere della Corte, di un'evidente
menomazione del diritto di difesa che, a prescindere dalle condizioni
di accertamento dell'abbienza, monoma grandemente la possibilita' di
efficacemente contraddire sulla questione rispetto alla quale e'
stata ammessa perizia, senza che cio' possa essere controbilanciato
da rilievi legati alla necessita' del contenimento della spesa
pubblica entro giusti limiti che lo stesso legislatore ha in piu'
occasioni inteso superare privilegiando considerazioni di natura
diversa volte a valorizzare il diritto di difesa, in ogni caso
reputato prevalente rispetto alla tutela dell'equilibrio del bilancio
statuale (cfr. gli articoli 76 commi 4-ter, e 4-quater, decreto del
Presidente della Repubblica n. 115, cit.).
Si ritiene che la lesione, anziche' attingere l'intero impianto
del patrocinio a carico dell'Erario ed, in particolare, gli articoli
74 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
evocati dalla difesa, vada limitata e circoscritta quale frutto
diretto del combinato dell'art. 225, commi 1 e 2 c.p.p., che
facoltizzando la nomina ad opera delle parti del processo di un
proprio consulente nei casi in cui sia stata ammessa perizia. rinvia,
in presenza di situazioni di indisponibilita' economica delle parti
private, alle (sole) condizioni imposte dalla normativa sul
patrocinio dei non abbienti, ossia all'art. 102 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, qui inaccessibile, non
essendo stati gli imputati informati del relativo diritto ai sensi
dell'art. 103, cit., ne' avendo potuto i loro difensori valutare e
sollecitarne l'adesione, trattandosi di un processo celebrato in
assenza, pur in difetto di prova certa sulla conoscenza della sua
pendenza in capo agli imputati stessi, come disposto dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 192 del 2023.
Ne' potrebbe porsi la questione limitatamente al solo art. 225
c.p.p., poiche' a cio' non conseguirebbe l'effetto inseguito di porre
a carico dello Stato quale anticipazione la relativa spesa, ai sensi
dell'art. 107, comma 3, lett. d), decreto del Presidente della
Repubblica: sicche' si ritiene che il dubbio di costituzionalita'
prospettato sia frutto della lettura congiunta delle varie norme qui
individuate e commentate.
5.2. Un'altra rilevante ragione di accoglimento delle questioni
attiene alla violazione del principio fondamentale di uguaglianza e
della parita' delle parti se e' vero che, tra le ricadute di sistema
prodotte dall'irragionevole situazione di fatto e di diritto
censurata, potrebbe esservi quella dell'allontanamento dei soggetti
dotati delle migliori professionalita', tanto piu' che mentre
l'ausiliario del magistrato rende prestazioni non rifiutabili (art.
221 c.p.p.), sul consulente di parte non grava tale obbligo.
Ma anche a prescindere da cio', decisiva e' la circostanza per
cui il pubblico ministero puo' scegliere il proprio consulente
tecnico senza che costui possa rifiutare l'incarico (art. 359 del
codice di procedura penale) e tutte le disposizioni del testo unico
in materia di spese di giustizia riferite all'ausiliario del
magistrato vanno intese come comprensive dei consulenti della parte
pubblica (secondo la definizione contenuta nell'art. 3, comma 1,
lettera a, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del
2002).
Ne consegue, nell'ambito di un rito di tipo accusatorio, una
percepibile disparita' di condizione tra le parti del processo
penale, nei procedimenti nei quali siano coinvolte persone non
ammesse al patrocinio a spese dello Stato perche' non informate e non
informabili del relativo diritto, in maniera tale da condizionare
anche le facolta' accessorie, quale la nomina di un proprio
consulente da parte del difensore: dove la parte pubblica puo'
avvalersi dei migliori esperti, senza limitazioni di onorari, mentre
la parte privata puo' sentirsi opporre un rifiuto, motivato dalla
prevedibile esiguita' del compenso, erogabile a proprie spese dal
difensore, se non dalla gratuita', quand'anche taluno degli esperti
ne accettasse la nomina.
Si tratta, all'evidenza, di una disparita' di condizione fattuale
che, oltre a ledere il diritto di difesa, introduce una significativa
disparita' sostanziale tra le parti processuali, pur vietata
dall'art. 111, comma 2 della Costituzione («ogni processo si svolge
nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'...») e tra
i consulenti tecnici stessi.
A tali complessive considerazioni non potrebbe opporsi che si e'
in presenza di circostanze di mero fatto, non suscettibili, come
tali, di incidere sulla legittimita' costituzionale di una
disposizione di legge: giacche', in realta', la discrasia sottoposta,
idonea a pregiudicare la piena garanzia del diritto di difesa, lede
altresi' il principio di parita' e il diritto di uguaglianza e
discende direttamente dal descritto contesto normativo in tema di
nomina dei consulenti di parte privata, letto in combinato con il
regime attuale delle spese di giustizia.
5.3. Un ulteriore parametro che si reputa violato e' quello posto
dall'art. 117, comma 1 della Costituzione, in rapporto all'art. 6,
par. 3 lett. d) CEDU e all'interpretazione datane nella
giurisprudenza della Corte europea dei diritti (cfr. sentenza 27
marzo 2014, Matitsyna contro Russia e sentenza 24 aprile 2014, Dusko
Ivanovski contro ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), laddove e'
stato sottolineato il diritto all'ammissione della prova scientifica
in capo all'imputato e sanzionata l'iniquita' delle procedure che
avevano portato alla condanna dei ricorrenti a causa della mancata
ammissione della stessa, pregiudicando la possibilita' della difesa
di contraddire l'accusa ad armi pari.
Ogni qualvolta, dunque, il difensore non sia posto m condizione
di confutare efficacemente tramite propri esperti le conclusioni dei
consulenti dell'accusa vi e' violazione del diritto alla parita'
delle parti e alla possibilita' di confutare adeguatamente ogni
elemento di prova a carico: valori tutelati a livello sovranazionale
quale profilo specifico del diritto di difesa e dell'equo processo
convenzionale.
5.4. Tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui
le norme censurate, vietando di fatto ai difensori, nei termini sopra
illustrati, il libero esercizio di una facolta' loro spettante, in
quanto insita nei diritti inviolabili di difesa e di parita' delle
armi nonche' del principio di uguaglianza, idonee a limitarne il
pieno esercizio quale garantito dagli ambiti costituzionali e
sovranazionali richiamati, risultano non conformi ai principi
fondamentali che governano i l processo penale.
La questione di costituzionalita', dunque, che qui si sottopone
d'ufficio alla Corte, appare rilevante al fine della definizione del
giudizio e non manifestamente infondata avuto riguardo ai parametri
indicati di cui agli articoli 3, 24, comma 2, 111, comma 2 e 117,
comma 1 della Costituzione.
P.Q.M.
Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e
non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 225, comma 2 c.p.p. in relazione agli
articoli 102 e 107, comma 3, lettera d), del decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, laddove consentendo alle
parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato
ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito
patrocinio, segnatamente agli articoli 102 e 107, che, a loro volta,
subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico
dell'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la
nomina del consulente tecnico, con spesa anticipata dall'Erario, da
parte del difensore d'ufficio che assista un imputato, dichiarato
assente ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura
penale, nell'ambito di un processo pendente per delitti commessi
mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza
dello Stato di appartenenza dell'imputato, e' risultato impossibile
avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento,
sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per delitti
commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1 C.A.T.,
per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 24, comma 2, 111, comma 2
e 117, comma 1 della Costituzione.
Ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza, comunicata al pubblico
ministero e notificata alle restanti parti, sia notificata al
Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del
Senato e al Presidente della Camera dei Deputati.
Cosi' deciso in Roma, 23 ottobre 2025
Il Presidente: Roja
Il Giudice a. l.: Della Vecchia
Oggetto:
Spese di giustizia – Processo penale – Nomina del consulente tecnico – Denunciata previsione che, consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio, segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del 2002, che subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico dell’Erario all’avvenuta ammissione al patrocinio – Denunciata conseguente preclusione della nomina del consulente tecnico (nella specie, traduttore, conoscitore della lingua araba), con spesa anticipata dall’Erario, da parte del difensore d’ufficio che assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell’art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen., nell’ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è risultato impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1 della Convenzione di New York contro la tortura (CAT) – Lesione del diritto di difesa e del principio, anche convenzionale, di parità tra le parti – Disparità di trattamento tra le parti processuali e tra i consulenti tecnici stessi.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 225 Co. 2
decreto del Presidente della Repubblica del 30/05/2002 Num. 115 Art. 102
decreto del Presidente della Repubblica del 30/05/2002 Num. 115 Art. 107 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 24 Co. 2
Costituzione Art. 111 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Udienza Pubblica del 14 gennaio 2026 rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 2025
Ordinanza del 23 ottobre 2025 della Corte d'assise di Roma nel
procedimento penale a carico di S. T. e altri.
Spese di giustizia - Processo penale - Nomina del consulente tecnico
- Denunciata previsione che, consentendo alle parti private la
nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia stata
ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio,
segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del 2002, che
subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico
dell'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio - Denunciata
conseguente preclusione della nomina del consulente tecnico, con
spesa anticipata dall'Erario, da parte del difensore d'ufficio che
assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell'art. 420-bis,
comma 3, cod. proc. pen., nell'ambito di un processo pendente per
delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della
mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, e'
risultato impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo per delitti commessi mediante gli atti di
tortura definiti dall'art. 1 della Convenzione di New York contro
la tortura (CAT).
- Codice di procedura penale, art. 225, comma 2, in relazione agli
artt. 102 e 107, comma 3, lettera d), del decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia (Testo A)).
(GU n. 46 del 12-11-2025)
TRIBUNALE DI ROMA
1° Corte d'Assise
La Corte d'Assise, 1ª Sezione, letti gli atti del processo
pendente nei confronti di:
1. T. S., nato in... nel..., titolare di documento di
identificazione miliare n..., generale della Polizia presso il
Dipartimento di Sicurezza Nazionale, LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Paola Armellin, del Foro di Roma;
2. A. K. M. I., nato in... nel..., titolare di documento di
identificazione miliare n..., colonnello, attualmente direttore di
ispezione presso la Direzione della Sicurezza di... gia' Capo delle
Investigazioni Giudiziarie del Cairo, LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Tranquillino Sarno, del Foro di Roma;
3. U. H., colonnello, nato in... nel..., titolare di documento
di identificazione miliare n..., attualmente in servizio presso la
Direzione Passaporti e Immigrazione, gia' in forza presso la
Direzione di Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE;
assistito e difeso d'ufficio dall'avv. Filomena Pollastro, del Foro
di Roma;
4. M. I. A. S., nato in... il..., Maggiore in servizio presso
Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE; assistito e
difeso d'ufficio dall'avv. Anna Lisi Ticconi, del Foro di Roma.
Imputati dei seguenti reati:
a) Delitto di cui agli articoli 110, 605, primo e secondo
comma, n. 2), 61 n. 1), e 4), c.p. perche', in concorso tra loro e
con altri soggetti allo stato non identificati, a seguito della
denuncia presentata, negli uffici della National Security, da S. M.
A., rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti
de Il Cairo Ovest, dopo avere osservato e controllato, direttamente
ed indirettamente, dall'autunno... alla sera del..., dottorando
italiano della Cambridge University, abusando delle loro qualita' di
pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della
metropolitana de... e, dopo averlo condotto contro la sua volonta' ed
al di fuori da ogni attivita' istituzionale, dapprima presso il
Commissariato di... e successivamente presso un edificio a..., lo
privavano della liberta' personale per nove giorni.
In..., dal... al...
Per il solo M. I. A. S. anche le seguenti imputazioni:
b) delitto di cui agli articoli 110, 582, 583, nr. 2, 585, in
relazione all'art. 576 n. 2), e 61 n. 1), 4) e 9), c.p. perche', dopo
aver posto in essere il delitto di cui al capo che precede, in
concorso con soggetti allo stato non identificati, per motivi abietti
e futili ed abusando dei loro poteri, con crudelta', cagionava a...
lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie
occupazioni per oltre quaranta giorni nonche' comportato
l'indebolimento e la perdita permanente di piu' organi, seviziandolo,
con acute sofferenze fisiche, in piu' occasioni ed a distanza di piu'
giorni:
attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente
ed azioni con meccanismo urente, con cui gli cagionavano numerose
lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto
cervico-dorsale e degli arti inferiori;
attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci
o pugni e/o l'uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni,
mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso
contro superfici rigide ed anelastiche con cui gli cagionavano:
frattura degli elementi dentari 11, 12, 31, 41 e 42; frattura della
scapola di sinistra e di destra; frattura dell'omero di destra;
frattura composta di ossa del trapezio e del trapezoide capitato e
dell'uncinato polso destro; frattura della falange prossima/e del II°
dito di destra; frattura della base del I° metacarpo di sinistra,
frattura del III° medio della falange prossimale del I° dito di
sinistra; frattura base del V° metatarso di destra; frattura del III°
distale del V° metatarso di destra, frattura della falange prossimale
del V° dito di destra; frattura della testa del perone di destra;
distacco corticale dell'apice del perone di sinistra.
In..., dal... al...
c) Delitto di cui agli articoli 110, 575, 576 nr. 2), 61 n. 1),
2), 4), e 9), c.p., perche', nelle circostanze di tempo e di luogo di
cui ai precedenti capi e dopo aver posto in essere i delitti di cui
sopra, in concorso con soggetti allo stato non identificati, al fine
di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi
poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudelta',
mediante una violenta azione contusivo, esercitata sui vari distretti
corporei cranico-cervicodorsali, cagionava imponenti lesioni di
natura traumatica a... da cui conseguiva una insufficienza
respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte. Il corpo
veniva, poi, rinvenuto il..., lungo la...
In..., in epoca ricompresa tra il... e il...
Ha pronunciato la seguente ordinanza.
La Corte d'Assise dubita della legittimita' costituzionale
dell'art. 225, comma 2 c.p.p. in relazione agli articoli 102 e 107,
comma 3, lett. d), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, laddove
consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a
spese dello Stato, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio,
segnatamente all'art. 102, che, a sua volta, condiziona la nomina e
la conseguente liquidazione quale spesa anticipata dall'Erario
all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la nomina del
consulente tecnico con anticipazione a carico dell'Erario da parte
del difensore d'ufficio che assista un imputato, dichiarato assente
ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 del codice di procedura penale,
nell'ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli
atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione
contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o
degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984 (ratificata e
resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498), quando, a causa
della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato,
e' risultato impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo.
Si ritiene altresi' che la questione sia rilevante e non
manifestamente infondata.
1. Svolgimento del processo.
Innanzi a questa Corte d'Assise pende il processo nei confronti
degli imputati sopra indicati, tutti accusati di avere sequestrato
nel periodo tra il... e il... il ricercatore italiano..., e il solo
M... I... altresi' di avergli inflitto con crudelta' gravissime
lesioni sino a cagionargli la morte, avvenuta in data compresa tra
il... e il...
E' noto che a seguito di una prima dichiarazione di nullita'
della vocatio in jus da parte della Corte d'Assise di Roma in data 14
gennaio 2022, motivata dalla mancata prova della volontaria
sottrazione al processo degli imputati, di cui non era certa la
conoscenza del processo, a seguito della rimessione della questione a
questa Corte costituzionale da parte del GUP, in data 26 ottobre 2023
e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
420-bis, comma 3, del codice di procedura penale «nella parte in cui
non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi
mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della
Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli,
inumani o degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984,
ratificata e resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498,
quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza
dell'imputato, e' impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur
consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della
pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a
un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa»
(sentenza n. 192 del 2023).
Disposto nuovo rinvio a giudizio da parte del GUP presso il
Tribunale di Roma, previa dichiarazione di assenza degli imputati, in
data 20 febbraio 2024 questo Ufficio ha aperto il dibattimento ed
avviato l'attivita' istruttoria richiesta dalle parti: tra esse, i
difensori d'ufficio nominati a favore degli imputati ai sensi
dell'art. 97, 1° comma c.p.p., sin dalla fase conclusiva delle
indagini, mai essendo intervenuta alcuna nomina fiduciaria ed, anzi,
proprio su tale premessa essendo fondata a declaratoria detta di
incostituzionalita'.
L'intero dibattimento. sviluppato attraverso numerosissime
udienze (ad oggi ventotto) e pressoche' prossimo alla conclusione,
articolato nell'ascolto di trentotto testimoni (di cui alcuni
richiamati piu' volte) e nell'acquisizione di ventotto verbali di
s.i.t. (talora definiti «interrogatori» dalla Procura del Cairo), e'
stato celebrato nella persistente assenza degli imputati, di cui i
difensori hanno costantemente lamentato il silenzio e la totale
mancanza di contatti e comunicazioni di qualsiasi natura.
Ne sarebbe conseguito grave pregiudizio in termini di facolta' di
replica rispetto all'ampio compendio, orale e documentale, offerto
dal pubblico ministero e dalle parti civili, uniche parti processuali
cui e' stata consentita di fatto l'iniziativa probatoria: sicche'
l'attivita' defensionale si sarebbe interamente esaurita nella
valutazione critica e puramente cartolare dell'attivita'
investigativa compiuta in autonomia dal pubblico ministero, con il
fattivo contributo delle parti civili, senza alcuna possibilita' di
contraddire concretamente sulla bonta', correttezza e sull'univocita'
del dato probatorio, essendo mancata in termini assoluti la
possibilita' di un qualsiasi contatto con il rispettivo assistito.
Tale critica ha attraversato l'intero dibattimento, con la
costante rappresentazione del deficit di posizione e, soprattutto, di
contraddittorio reale e di difesa, sostanzialmente ridotta ed
esaurita nella ricerca di eventuali contraddizioni intrinseche
rispetto ad un'iniziativa processuale rimessa totalmente alle
controparti, nella citazione di alcuni testimoni italiani gia'
individuati in fase di indagini dal pubblico ministero ovvero auditi
in sede di Commissione Parlamentare di Inchiesta (i cui atti sono
stati parimenti prodotti), e nella ricerca dell'altrui consenso,
peraltro libero, al fine di ottenere l'acquisizione di atti del
fascicolo delle indagini ai sensi dell'art. 493, comma 3 c.p.p.,
cosi' da estendere l'orizzonte valutativo della Corte.
Nell'ambito della vasta istruzione dibattimentale, questa Corte,
su istanza del pubblico ministero, in data 12 dicembre 2024 ha
proceduto all'acquisizione mediante lettura ai sensi dell'art.
512-bis. c.p.p., tra i vari, dei verbali di dichiarazioni rese dal
sindacalista egiziano... l'11 aprile 2016 ed il 10 maggio 2016
dinanzi l'Autorita' egiziana, pervenuti in lingua araba.
Conferito incarico peritale di traduzione degli stessi in lingua
italiana alla dott.ssa B.A., seguiva primo deposito degli elaborati
in data 17 febbraio 2025; alla successiva udienza dell'8 aprile 2025
il pubblico ministero, contestatane la significativa parzialita' se
non l'erroneita' su punti qualificanti, cosi' come dedotte dal
proprio interprete di lingua araba (l'appuntato scelto W.H., in
servizio presso il ROS dei Carabinieri di Roma), chiedeva la
rinnovazione dell'attivita' in contraddittorio con il proprio
consulente, unico sino ad allora nominato dalle parti.
Depositati i nuovi elaborati in Cancelleria in data 5 maggio 2025
ed assunto il perito a chiarimenti in occasione dell'udienza del 15
luglio 2025, con ordinanza dd. 17 settembre 2025 questa Corte,
rilevate le importanti contraddizioni interne ed incertezze che hanno
caratterizzato la doppia traduzione dei verbali effettuata
dall'interprete di lingua araba, puntualmente indicate nella memoria
della difesa del M. I., tali da rendere di fatto la ritraduzione
coincidente con quella dell'esperto del pubblico ministero, obiezioni
risultate prive di seria giustificazione, ha ordinato nuova
traduzione dei medesimi atti, nominando altra esperta di lingua araba
(la dott.ssa I.D.C.), attesa la delicatezza e centralita' del
contenuto dei verbali datati 11 aprile 2016 e 10 maggio 2016 rispetto
ad alcune posizioni.
Immediatamente dopo la lettura dell'ordinanza, ribadita la nomina
pregressa del proprio interprete quale consulente tecnico da parte
del pubblico ministero e riservatesi sul punto le parti civili, le
difese chiedevano di essere ammesse a nominare un proprio consulente,
al contempo sollevando la questione di costituzionalita' qui
discussa.
Illustrate attraverso apposite memorie le rispettive posizioni
entro il termine concesso del 30 settembre 2025, con replica proposta
dall'avvocato Ticconi in data 2 ottobre 2025, la Corte, a
scioglimento della riserva, osserva:
2. Il quadro normativo.
E' dato storicamente qui presupposto che alcuno dei difensori
d'ufficio ha potuto presentare istanza di ammissione al patrocinio ai
sensi dell'art. 78, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, a tacer d'altro per il difetto del primo requisito
previsto a pena di inammissibilita', ossia la sottoscrizione della
domanda da parte dell'interessato: condizione preliminare alla
valutazione dei requisiti formali e sostanziali costituenti il
contenuto dell'istanza stessa, quali richiesti dall'art. 79, decreto
del Presidente della Repubblica cit., tra i quali il tetto massimo di
reddito previsto dall'art. 76, comma 1, secondo i limiti
periodicamente fissati con decreto dirigenziale del Ministero della
Giustizia (art. 77).
La totale assenza di contatti tra ciascun difensore e il
rispettivo assistito ha, infatti, impedito ai primi l'informazione su
tale diritto a favore dei secondi e, a seguire, la verifica della
sussistenza delle condizioni che avrebbero consentito l'eventuale
presentazione all'Ufficio della domanda di ammissione al patrocinio,
ove sussistenti i requisiti legali.
Non vi e' alcun motivo per dubitare dell'asserzione difensiva
relativa all'impossibilita' di comunicazioni di qualsiasi natura con
gli imputati: che, se per il periodo antecedente e' stata dimostrata
proprio dalle condizioni di fatto che hanno portato alla
dichiarazione di incostituzionalita', e' rimasta tale anche in corso
di dibattimento.
Prova induttiva si ricava dall'atteggiamento assunto dalla
Repubblica Araba d'Egitto che, in data 17 giugno 2024, ha fatto
pervenire una nota, trasmessa dal Ministero degli affari esteri,
mediante la quale la Procura egiziana rappresentava le motivazioni
per cui non intendeva dar luogo alla rogatoria presentata dalla
Procura di Roma per vie diplomatiche, finalizzata alla citazione in
giudizio di alcuni testimoni ai sensi dell'art. 9 della Convenzione
Internazionale sulla Tortura, contemplante l'impegno degli Stati
contraenti e, quindi, pure di Italia ed Egitto alla piu' vasta
cooperazione giudiziaria possibile.
Tra tali testi era compreso, appunto, anche l'..., rispetto a cui
si motivava il diniego, sostenendo che «l'esecuzione della richiesta
di assistenza giudiziaria cui si fa riferimento al punto precedente -
e la richiesta di assistenza giudiziaria relativa alla notifica del
teste per comparire davanti al Tribunale e deporre, basata sulle
regole di cortesia internazionale - contraddirebbero le disposizioni
della Costituzione, le leggi vigenti nella Repubblica Araba d'Egitto,
i principi giuridici vigenti e le regole dell'ordine pubblico.
Infatti, l'art. 454 del codice di procedura penale prevede
l'impossibilita' di processare una persona per lo stesso fallo due
volte. A questo principio e' stato attribuito un valore
costituzionale in quanto connesso ai diritti dell'uomo cui sia
l'Egitto che l'Italia si attengono».
La completa e definitiva interruzione ufficiale della
collaborazione delle Autorita' egiziane, che hanno provveduto alla
chiusura delle indagini interne nei confronti degli odierni imputati
con provvedimento di archiviazione del 26 dicembre 2020 (c
·«Memorandum»), al punto da negare persino l'attivita' di
notificazione delle citazioni testimoniati a comparire, rende
altamente credibile l'impossibilita' dei difensori di avere contatti
di sorta con gli assistiti: sia volti a costruire una strategia
processuale, sia, in tesi, mirati ad accertare la sussistenza delle
condizioni che garantiscano loro la miglior difesa, ivi comprese le
ampie facolta' che l'ammissione al patrocinio gratuito offre.
D'altra parte, la situazione di fatto creatasi spiega le ragioni
per cui il pubblico ministero, a sua volta, e' stato impossibilitato
ad adempiere un obbligo strumentale «nei casi in cui si deve
procedere alla nomina di un difensore d'ufficio», ossia
l'informazione «(al)la persona interessata delle disposizioni in
materia di patrocinio a spese dello Stato e dell'obbligo di
retribuire il difensore che eventualmente e' nominato d'ufficio, se
non ricorrono i presupposti per l'ammissione a tale beneficio» (art.
103, decreto del Presidente della Repubblica n. 115, cit.).
Attraverso tale doverosa informazione prevista dalla legge si e'
fatta cosi' specifica applicazione del principio secondo cui la
garanzia dei mezzi di azione e di difesa apprestata per i non
abbienti dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione, costituisce
applicazione nel campo particolare del processo - in cui vige la
regola dell'inviolabilita' della difesa (art. 24, secondo comma) -
del generale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
Costituzione; e che l'assoluta uguaglianza delle parti, in relazione
alle facolta' processuali esercitabili per la tutela dei propri
interessi, e' l'essenza stessa del contraddittorio, cardine del
processo moderno.
Neppure attraverso tale strumento pubblicistico ad iniziativa del
giudice, del pubblico ministero o della polizia giudiziaria, dunque,
gli imputati sono stati provatamente portati a conoscenza di tale
diritto in quanto mai raggiunti da alcuna notificazione di atti del
procedimento penale o del processo, ivi incluse, appunto, le
informazioni prescritte dall'art. 103, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit. rientranti nello statuto dei diritti
dell'indagato/imputato.
Tale considerazione vale di per se' a sgombrare il campo dalla
situazione, totalmente diversa in fatto, in cui la persona sottoposta
ad indagini ovvero imputata, cui sia stato nominato un difensore
d'ufficio in assenza di designazione fiduciaria, riceva
l'informazione sulle disposizioni in materia di patrocinio e,
all'opposto, del dovere di retribuire il proprio difensore ai sensi
dell'art. 103, e per negligenza, incuria o disinteresse non attivi la
relativa procedura, pur avendone astrattamente diritto a fronte
dell'incapacita' economica: e' evidente, infatti, la profonda
differenza che vi e' rispetto a chi non sia stato affatto portato a
conoscenza del relativo diritto per ragioni da lui indipendenti,
rimesse ad una decisione conseguente «alla mancata assistenza dello
Stato di appartenenza»·, in qualche modo subita incolpevolmente dagli
stessi imputati.
Nessuno di essi e' stato quindi messo - neppure astrattamente -
in condizione di accedere all'istituto, che ben poteva contribuire ad
offrire al proprio legale, oltre agli argomenti fattuali utili a
discolpa, pure la tranquillita' economica nello svolgimento del
mandato defensionale.
Quello che la difesa in realta' contesta non e' l'impossibilita'
in se' di ammissione al gratuito patrocinio, essendo ben consapevole
che al difensore d'ufficio e' comunque garantita, attraverso il
pagamento degli onorari e delle spese, una remunerazione, sia pur nel
caso di specie minimamente compensativa, a fronte di un processo
eccezionalmente oneroso, impegnativo per l'elevata complessita' delle
questioni tecniche, dispendioso, non solo temporalmente, avendo i
difensori sino ad oggi affrontato a proprie spese e con anticipazioni
di denaro un dibattimento straordinario che si snoda da quasi due
anni.
Trattasi, effettivamente, del presidio, posto nella medesima
ottica attuativa del diritto incondizionato alla difesa, contemplato
dagli articoli 116 (a favore del difensore d'ufficio che risulti
impossibilitato a percepire il compenso dall'assistito dopo avere
esperito le procedure per il recupero del credito professionale) e
117, decreto del Presidente della Repubblica n. 115, cit. (per il
difensore d'ufficio dell'irreperibile): a quest'ultimo la stessa
difesa efficacemente allude, con rinvio alla figura della fictio
iuris della dichiarazione processuale di assenza degli imputati (di
fatto irreperibili, e pur nonostante dichiarati assenti a seguito
della sentenza della Corte n. 192 del 2023).
Cio' di cui in realta' la difesa si lamenta e' l'impossibilita'
attuale di procedere alla nomina di un proprio consulente (nel caso:
un interprete di lingua araba) con cui assicurarsi il contraddittorio
in occasione del rinnovo peritale delle traduzioni, disposto dalla
Corte, dei verbali in lingua araba dell'..., la cui rilevanza e'
dimostrata proprio dallo stallo del processo da alcuni mesi a fronte
delle contrapposte contestazioni: sulla base della corretta premessa
che tale facolta' sia riservata e limitata ai difensori d'ufficio di
imputati ammessi al patrocinio gratuito, ai sensi dell'art. 225,
comma 2 in combinato con l'art. 102, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit.
Non colgono quindi nel segno le obiezioni del pubblico ministero
e delle parti civili secondo cui la questione mirerebbe a colpire e
scardinare l'intero istituto come attualmente normato, sino quasi ad
evocare l'obiettivo dell'introduzione nell'ordinamento di una
presunzione iuris et de iure di ammissione al patrocinio laddove vi
sia una difesa d'ufficio, a prescindere dalla prova dell'incapacita'
reddituale: atteso che il vulnus e' stato espressamente collegato
proprio alla deminutio di tale specifica facolta' difensiva piuttosto
che all'intero istituto.
Ad ogni buon conto, i poteri officiosi di cui si dispone rendono
irrilevanti prospettazioni piu' ampie o impostazioni della questione
difformi comunque dedotte, trattandosi di ambiti e di parametri
oramai devoluti al giudizio, libero e autonomo rispetto ai confini
della domanda, di questo Ufficio.
In altri termini, qui non si intendera' mettere in discussione e
contestare l'odierna struttura portante del beneficio, a tacer
d'altro per la ritenuta impossibilita' di svincolarlo dai requisiti
reddituali e patrimoniali che ne rappresentano l'essenza, tanto piu'
nell'ignoranza nel caso di specie della loro consistenza, alla pari
di qualsiasi altra informazione personale sugli imputati.
3. La disciplina ordinamentale del consulente tecnico di parte nel
processo penale.
Limitato l'ambito motivazionale a quanto di stretto interesse, e'
principio da tempo fatto proprio dalla Corte costituzionale la
centralita' in ottica difensiva del diritto alla nomina di un
consulente tecnico nell'interesse dell'imputato, al punto che sin
dall'anno 1983 ebbe ad affermare che «il diritto di difesa
costituzionalmente protetto e' in primo luogo garanzia di
contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale. Tale
principio, riferito al difensore, va esteso al consulente tecnico di
parte, il quale svolge funzioni paragonabili a quelle dell'avvocato,
sia pure limitatamente al piano tecnico. essendo la nomina del
consulente di parte prevista a maggior garanzia della regolarita' del
contraddittorio. E' pertanto costituzionalmente illegittimo - per
contrasto con l'art. 21 della Costituzione - l'art. 11, R.D. 30
dicembre 1923, n. 3282 nella parte in cui non prevede che il
beneficio del gratuito patrocinio si estenda alla facolta' della
parte non abbiente di farsi assistere da consulenti tecnici».
Abrogato l'art. 11, R.D. n. 3282 del 1923 dalla legge n. 134 del
29 marzo 2001 ed esteso l'ambito di copertura del gratuito patrocinio
anche al consulente tecnico, quale parte integrante dell'ufficio di
difesa dell'imputato a cui favore presta la propria opera di apporto
tecnico mediante rilievi, argomenti ed osservazioni che hanno la
natura sostanziale di atti defensionali (cosi' Corte costituzionale
n. 199 del 1974), la costruzione dello specifico ordinamento della
figura e' transitata attraverso la declaratoria di illegittimita'
dell'art. 4, comma 2, legge n. 217 del 1990, per contrasto con gli
articoli 3 e 24 della Costituzione., «nella parte in cui, per i
consulenti tecnici, limita gli effetti della ammissione al patrocinio
a spese dello Stato ai casi in cui e' disposta perizia. Infatti (...)
le prestazioni del consulente di parte ineriscono all'esercizio del
diritto di difesa, sicche' privarne il non abbiente significa
negargli il diritto di difendersi in un suo aspetto essenziale.
Peraltro, ove si consideri che, conformemente all'attuale modello
accusatorio e sul fondamento dell'obbligatorieta' dell'azione penale,
al pubblico ministero per sostenere l'accusa e' consentito avvalersi
di esperti nei piu' svariati settori della scienza e della tecnica
senza limitazioni di oneri economici, nella garanzia affermata
dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione non puo' non ritenersi
compresa una istanza di riequilibrio Ira le parli del processo penale
nei procedimenti nei quali siano coinvolte persone sprovviste di
mezzi ed ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Ne consegue che
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma
impugnata deve essere circoscritta a quanto impone la Costituzione a
tutela del diritto di difesa dei non abbienti, ai quali deve essere
pertanto riconosciuta la facolta' di farsi assistere a spese dello
Stato da un consulente per ogni accertamento tecnico ritenuto
necessario» (sentenza n. 33 del 1999).
Rileva ulteriormente la pronuncia di incostituzionalita' che ha
avuto ad oggetto l'art. 106-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115 del 2002 laddove imponeva la diminuzione di un
terzo degli importi spettanti al consulente tecnico di parte in caso
di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate ai sensi di
legge: motivata sul rilievo che «l'irragionevole decurtazione (tra le
cui ricadute di sistema non e' implausibile includere
l'allontanamento dei migliori professionisti dal circuito delle
consulenze) rende altresi' percepibile una disparita' di condizione
fra le parti del processo penale in cui siano coinvolte persone
sprovviste di mezzi e ammesse al patrocinio a spese dello Stato,
derivante dalla circostanza - non di mero fatto, e dunque lesiva del
diritto di difesa assicurato anche ai non abbienti - che la parte
privata puo' sentirsi opporre un rifiuto della consulenza, motivato
dalla prevedibile esiguita' del compenso, mentre il pubblico
ministero puo' avvalersi di consulenti i cui onorari non subiscono la
riduzione e che non possono rifiutare l'incarico (art. 359 del codice
di procedura penale)» (sentenza n. 178 del 2017).
Significativa altresi' nell'ottica presente la sentenza con cui
e' stata dichiarata l'incostituzionalita' per violazione dell'art. 3
della Costituzione, dell'art. 131, comma 3, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, nella parte in cui
prevedeva che gli onorari e le indennita' dovuti al consulente
tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato nell'ambito di un
procedimento civile siano «prenotati a debito, a domanda», «se non e'
possibile la ripetizione», anziche' direttamente anticipati
dall'erario come avveniva nel processo penale. Anche nel caso si e'
argomentata l'irragionevolezza sistematica della norma «perche', in
luogo dell'anticipazione da parte dell'erario, prevede, a carico dei
soggetti che hanno prestato l'attivita' di assistenza, l'onere della
previa intimazione di pagamento e l'eventuale successiva prenotazione
a debito del relativo importo. Tale meccanismo procedimentale,
unitamente all'applicazione dell'istituto della prenotazione a
debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo
sistema normativa incentrato sulla regola dell'assunzione, a carico
dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente.
Per costante giurisprudenza costituzionale, la finalita' del nuovo
istituto del patrocinio a spese dello Stato e' quella di assicurare
la tutela dell'indigente con carico all'erario in tutti i casi in cui
particolari categorie professionali espletano attivita' di assistenza
nei confronti dell'indigente medesimo. Cio' esclude che per alcune
fattispecie vi possano essere deroghe ispirate alla superata logica
del gratuito patrocinio» (sentenza n. 217 del 2019).
Coessenziale all'inserimento nell'ambito del patrocinio e' dunque
pure la spesa per l'assistenza tecnica oltre che per quella
defensionale in senso stretto, tanto che risulta tramontata la logica
del gratuito patrocinio, sostituita dal patrocinio a carico dello
Stato: con la conseguenza che lo Stato assume su di se' gli oneri
della difesa attraverso l'attuale art. 83 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 115 che prevede la liquidazione diretta da parte
del giudice dell'onorario e delle spese spettanti pure
«all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico».
Il consulente dispone, dunque, laddove l'imputato sia stato
ammesso al patrocinio, di un titolo autonomo verso l'Erario volto ad
ottenere la liquidazione dei propri compensi: ne consegue che, non
trattandosi di un onere oggetto di anticipazione da parte del
difensore, non potra' neppure rientrare nel regolamento delle spese
di cui agli articoli 116, comma 1 e 117, comma 1 del Testo unico ed,
anzi, nulla sara' dovuto al difensore semmai ne avesse anticipato
l'importo, non trattandosi di una spesa in senso tecnico (cfr.
altresi' l'art. 107, comma 3, lettera d) che enuncia tra le «spese
anticipale dall'Erario ...l'onorario ...a consulenti tecnici di
parte», passibili di recupero da parte dello Stato in sede di
ripetizione da parte dell'imputato che non sia stato ammesso al
patrocinio, ai sensi degli articoli 116 comma 2 e 117, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115).
4. La rilevanza della questione.
Si premette che la disciplina sino ad ora commentata, avente ad
oggetto la figura del consulente tecnico di parte, ben si adatta all'
ipotesi della richiesta di nomina di un traduttore, nel caso
conoscitore delia lingua araba, atteso che il mezzo processuale
attraverso cui tale contributo linguistico verra' veicolato nel
processo e' la perizia: unico strumento che consente di far
partecipare attivamente la parte pubblica e le parti private al fine
di recare eventualmente i propri apporti.
D'altra parte, se la perizia e' quel mezzo di prova che permette
genericamente l'acquisizione di dati specialistici richiedenti
particolari competenze, non si vede perche' non possa estendersi
all'opera di traduzione di scritti dalla lingua straniera, che
transitera' dunque attraverso la procedura garantita di cui all'art.
221 c.p.p.
Ad essa consegue il diritto delle parti di avvalersi di propri
consulenti, alle condizioni poste dall'art. 225 c.p.p., compresa, per
le parti private, quella di nominarle uno «a spese dello Stato»·«nei
casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale
dei non abbienti» (comma 2).
Sotto questo profilo la prospettata questione di legittimita'
costituzionale e' senz'altro rilevante essendo stata formulata nel
corso dell'udienza del 17 settembre 2025, immediatamente dopo la
lettura del provvedimento dispositivo della rinnovazione peritale
dell'attivita' di traduzione dei verbali di interesse; ne' rileva la
circostanza che in passato i difensori non abbiano inteso
avvalersene, trattandosi di un diritto potestativo il cui esercizio
e' rimesso alla strategia processuale, liberamente gestita dal
difensore stesso rispetto agli specifici momenti processuali e
all'interesse degli atti, laddove e' stato proprio l'esame in
contraddittorio svolto in data 15 luglio 2025 del primo traduttore di
lingua araba, dopo la vistosa rielaborazione delle sue traduzioni, ad
avere indotto e determinato l'esigenza difensiva data la centralita'
delle dichiarazioni dell'..., tanto che la Corte ha disposto nuova
perizia sul punto.
Nessuna obiezione di tardivita' puo' quindi proporsi.
Il dato della rilevanza, a seguire, e' dimostrato dal fatto che
essendo stato affidato in data 17 settembre 2025 nuovo incarico al
perito I.D.C., conoscitore della lingua araba, gia' integrato il
contraddittorio da parte del pubblico ministero attraverso la
conferma della nomina del suo consulente, l'avvio dell'attivita' e'
in concreto condizionato dalla decisione sul buon diritto delle
difese di avvalersi di un proprio traduttore sin dall'avvio dei
lavori e, dunque, dalla sorte della presente questione di
costituzionalita' atteso che gli strumenti normativi ad oggi presenti
nell'ordinamento non consentono loro l'accesso all'istituto
richiesto; ne' vi e' modo di superare i dubbi di costituzionalita'
che si andranno ad esplicitare non essendo consentito forzare gli
istituti ai solo fine di ottenere un risultato sentito come giusto e
tale da riequilibrare i rapporti tra le parti.
5. La non manifesta infondatezza della questione.
5.1. Tanto premesso in punto di rilevanza della questione,
ritiene la Corte che la disposizione censurata violi gli articoli 3,
24 comma 2, 111 comma 2 e 117 comma 1, della Costituzione, per i
motivi di seguito esposti.
Va in primo luogo offerta la considerazione che l'impossibilita'
che qui si contesta non e' di tipo fattuale, bensi' di ordine
normativo: in altri termini, ben potrebbero i difensori procedere
alla nomina di consulenti di parte, ma dovrebbero provvedervi a
proprie spese, attesa l'impossibilita' descritta di procedere al
recupero di tale voce di costo sia, assai verosimilmente, dai propri
assistiti (residenti in Egitto presso indirizzi sconosciuti poiche'
lo Stato egiziano si e' rifiutato di dame comunicazione); sia da
parte dello Stato, che si e' assunto l'onere del pagamento diretto
del professionista tecnico ai sensi degli articoli 83, 107, 116 c. 2
e 117, comma 2 T.U., non trattandosi dunque di spesa rimborsabile per
il legale.
L'alternativa che si pone, dunque, e' quella di imporre al
difensore un onere economico ingiustificato, ovvero di costringerlo
ad una difesa condizionata e sminuita rispetto alle possibilita' di
esercizio di cui dispongono le restanti parti processuali, pubblica e
privata, dopo che l'intero dibattimento e' stato gia' connotato da
una difesa sostanzialmente passiva e concretamente priva di
possibilita' di iniziativa autonoma rispetto alle prove introdotte
dal pubblico ministero e dalle parti civili: alternativa che, dal
punto di vista valoriale e dei principi, va ben al di la' del rischio
professionale del mancato pagamento che sempre accompagna l'attivita'
del difensore di fiducia e del difensore d'ufficio di imputato che
non possa (o non voglia) essere ammesso al gratuito patrocinio.
La ratio cui la Corte costituzionale si e' costantemente ispirata
nelle decisioni in materia e' stata da un lato quella di attuare il
diritto all'inviolabilita' della difesa anche attraverso la presenza,
ove ritenuta necessaria, dell'assistenza di un consulente in funzione
di salvaguardia di una reale dialettica delle posizioni: si' che il
consulente entra a far parte integrante dell'ufficio di difesa
dell'imputato, nel cui interesse presta la propria opera, attraverso
argomenti, rilievi ed osservazioni tecniche che hanno sostanzialmente
natura di attivita' difensiva e che vengono veicolate al giudice,
quali elementi di prova, attraverso la relazione scritta e il suo
esame dibattimentale.
Dall'altro lato, la Corte si e' premurata di garantire anche la
qualita' dell'esperto di parte affermando che, se certamente risulta
non conforme ai principi che il professionista debba prestare la sua
opera gratuitamente laddove l'imputato necessiti di una difesa
specialistica e sia privo di mezzi economici sufficienti, anche un
compenso inadeguato puo' pregiudicare il diritto di difesa delle
parti «allontanando i consulenti tecnici dotati delle migliori
professionalita'. Infatti, questi ultimi, proprio a causa della
decurtazione dei propri onorari, sarebbero indotti a rifiutare gli
incarichi conferiti da soggetti ammessi al patrocinio» (cosi'
sentenza n. 178 del 2017, all'atto della dichiarazione di
incostituzionalita' dell'art. 106-bis, decreto del Presidente della
Repubblica n. 115, cit.).
La facolta' di avvalersi di un consulente di parte si iscrive,
dunque, a pieno titolo sotto piu' profili nell'area di operativita'
della garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione e privarne il
non abbiente significa negargli il diritto di difendersi su aspetti
essenziali dell'accusa, soprattutto ove si consideri che il pubblico
ministero per sostenerla puo' avvalersi di esperti nei piu' svariati
settori senza limitazione di oneri economici.
La stessa giurisprudenza costituzionale ha sempre affermato la
massima espansione di tale diritto, da ultimo dichiarando che «il
giusto processo, nel quale si attua la giurisdizione e si realizza il
diritto inviolabile di difesa, comporta necessariamente che esso si
svolga nel contraddittorio tra le parti nonche' in condizioni di
parita', davanti a giudice terzo e imparziale. Il contraddittorio,
primaria e fondamentale garanzia del giusto processo, consiste nella
necessita' che tanto l'attore, quanto il contraddittore, partecipino
o siano messi in condizione di partecipare al procedimento, anche se
al legislatore e' consentito di differenziare la tutela
giurisdizionale con riguardo alla particolarita' del rapporto da
regolare. Il principio del contraddittorio costituisce un connotato
intrinseco del processo, nel quale deve essere assicurato il diritto
di difesa, che spetta a tutti i cittadini nei procedimenti
giurisdizionali. Esso e' un momento fondamentale del giudizio,
cardine della ricerca dialettica della verita' processuale, condotta
dal giudice con la collaborazione delle parti, volta alla pronuncia
di una decisione che sia il piu' possibile «giusta» (cfr. sentenza n.
96 del 2024; per l'affermazione che «in via generale, il principio
del contraddittorio consacrato nell'articolo costituzionale indicato
impone esclusivamente di garantire che ogni giudizio si svolga in
modo tale da assicurare alle parti la possibilita' di incidere, con
mezzi paritetici, sul convincimento del giudice», Corte
costituzionale, sentenza n. 73 del 2022).
La stessa sentenza che ha consentito questo dibattimento ha
proclamato l'inviolabilita' della difesa, peraltro bilanciandola con
l'esigenza di ordine costituzionale, convenzionale ed internazionale
di accertare i crimini di tortura nelle forme pubbliche del
dibattimento penale, «gia' solo per questo ... mai inutile, ove anche
circostanze esterne lo privino del contraddittorio dell'imputato», al
fine di impedire l'epilogo inaccettabile della radicale frustrazione
del processo quando si risolve nella creazione di un'immunita' di
fatto, ostativa all'accertamento dei crimini di tortura.
Il vulnus che consequenzialmente si e' creato nell'odierno
processo a sfavore della difesa, dotata di facolta' d'iniziativa
assolutamente ridona e sbilanciata rispetto alle restanti parti, non
si ritiene possa essere colmato dal rimedio che la stessa Corte ha
individuato al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali
protetti dagli articoli 111 Cost. e 6 CEDU, ossia la restituzione
nelle facolta' processuali a favore degli imputati, i quali
potrebbero comparire in ogni momento, «anche prima della pronuncia di
un'eventuale condanna, e quindi anche senza ricorrere a
un'impugnazione», in alternativa al diritto alla riapertura del
processo in presenza e a loro richiesta, con il riesame del merito
della causa.
Non vi e' chi non veda che da un lato si tratta di situazione del
tutto teorica e virtuale, priva di agganci al reale, anche a fronte
del successivo atteggiamento delle Autorita' egiziane; dall'altro
lato non vi e' ragione perche' la difesa debba essere privata nel
presente processo delle facolta' consentite dall'ordinamento e non le
possa sfruttare integralmente, anche rimuovendo limiti rispetto a
diritti che qui si ritengono discutibilmente negati per difetto
sistematico, cosi' da ridurre il dibattimento ad un simulacro a
garanzie ridotte.
Ne' puo' sottacersi che, nell'eventualita' di condanna di uno o
piu' degli imputati, risulterebbe di fatto impossibile per il
difensore la proposizione di un'impugnazione volta a riesaminare i
temi di prova, attesa la necessita' di disporre a pena di
inammissibilita' di uno specifico mandato, che incontrera' i medesimi
limiti odierni, in ragione delle condizioni poste dall'art. 581,
comma 1-quater. c.p.p. («nel caso di imputato rispetto al quale si e'
proceduto in assenza, con l'atto di impugnazione del difensore e'
depositato, a pena di inammissibilita', specifico mandato ad
impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente
la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato, ai fini
della notificazione del decreto di citazione a giudizio»).
Risulta, quindi, vieppiu' necessario l'integrale sfruttamento
degli istituti di difesa consentiti in giudizio, a fronte della
lesione che si puo' proiettare in prospettiva ma che attualmente gia'
e' insita nella creazione, attraverso la dichiarazione di
incostituzionalita' dell'art. 420-bis, comma 3, c.p.p., di una
partecipazione straordinaria al processo dell'imputato, di tipo
virtuale, essendosi delineata un'assenza cui e' estranea la
conoscenza certa del processo, che e' risultata fonte di adeguamento
di alcuni istituti tradizionali. gia' sperimentato rispetto a varie
questioni postesi nel corso del dibattimento.
In altri termini, ad un processo straordinario, nel senso della
sua instaurazione in deroga agli ordinari criteri del processo in
assenza posti dall'art. 420-bis, commi 1 e 2 c.p.p., devono
conseguire adattamenti di istituti concepiti sulla base di
presupposti diversi, unicamente rispetto ai quali risultano conformi
ai principi generali del sistema; ne' l'astratta, eventuale
possibilita' di rinnovazione del processo puo' autorizzare che il
presente si sviluppi con parzialita' dei diritti difensivi.
La questione attuale non appare risolvibile in via interpretativa
attraverso un'interpretazione costituzionalmente conforme a fronte
del dato normativo testuale inequivoco posto dall'art. 225, commi 1 e
2 c.p.p. che, pur consentendo astrattamente alla difesa, compresa
quella d'ufficio, la nomina del consulente tecnico di parte, nel caso
di specie - a fronte dell'impossibilita' di presentare richiesta di
ammissione al patrocinio gratuito con la conseguente assunzione
dell'onere economico a carico dell'Erario - ne condiziona di fatto
l'opzione prevista dall'art. 102, decreto del Presidente della
Repubblica cit. all'alternativa di sopportare direttamente l'onorario
dell'esperto, o di rivolgersi ad un professionista ·«conveniente»,
non selezionato tra i migliori del circuito, i quali verosimilmente
opporrebbero un rifiuto dell'accettazione gratuita dell'incarico,
ovvero - ulteriormente - di rinunciare all'esercizio di tale diritto
di valore costituzionale» (sentenza n. 96 del 2024).
Non risulta di rilievo l'ignoranza di fatto delle attuali
condizioni patrimoniali degli imputati, a loro volta non accertabili
neppure d'ufficio, e, quindi, l'eventuale diritto all'ammissione al
patrocinio in concreto poiche' cio' che si richiede non e'
l'ammissione al patrocinio a carico dell'Erario, sub condicione di
accertamento della sussistenza dei requisiti reddituali: quel che qui
si propone e' l'attribuzione anticipata degli effetti di un diritto
difensivo insopprimibile, ossia la facolta' di nomina di un proprio
consulente, nel caso fortemente pregiudicata, con anticipazione degli
oneri ex art. 107 a carico dell'Erario, che provvedera'
successivamente al recupero nei confronti degli imputati, secondo il
meccanismo disegnato dagli articoli 116 comma 2 e 117, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, salva futura
ammissione al patrocinio a loro favore.
Si tratta, quindi, a parere della Corte, di un'evidente
menomazione del diritto di difesa che, a prescindere dalle condizioni
di accertamento dell'abbienza, monoma grandemente la possibilita' di
efficacemente contraddire sulla questione rispetto alla quale e'
stata ammessa perizia, senza che cio' possa essere controbilanciato
da rilievi legati alla necessita' del contenimento della spesa
pubblica entro giusti limiti che lo stesso legislatore ha in piu'
occasioni inteso superare privilegiando considerazioni di natura
diversa volte a valorizzare il diritto di difesa, in ogni caso
reputato prevalente rispetto alla tutela dell'equilibrio del bilancio
statuale (cfr. gli articoli 76 commi 4-ter, e 4-quater, decreto del
Presidente della Repubblica n. 115, cit.).
Si ritiene che la lesione, anziche' attingere l'intero impianto
del patrocinio a carico dell'Erario ed, in particolare, gli articoli
74 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002,
evocati dalla difesa, vada limitata e circoscritta quale frutto
diretto del combinato dell'art. 225, commi 1 e 2 c.p.p., che
facoltizzando la nomina ad opera delle parti del processo di un
proprio consulente nei casi in cui sia stata ammessa perizia. rinvia,
in presenza di situazioni di indisponibilita' economica delle parti
private, alle (sole) condizioni imposte dalla normativa sul
patrocinio dei non abbienti, ossia all'art. 102 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, qui inaccessibile, non
essendo stati gli imputati informati del relativo diritto ai sensi
dell'art. 103, cit., ne' avendo potuto i loro difensori valutare e
sollecitarne l'adesione, trattandosi di un processo celebrato in
assenza, pur in difetto di prova certa sulla conoscenza della sua
pendenza in capo agli imputati stessi, come disposto dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 192 del 2023.
Ne' potrebbe porsi la questione limitatamente al solo art. 225
c.p.p., poiche' a cio' non conseguirebbe l'effetto inseguito di porre
a carico dello Stato quale anticipazione la relativa spesa, ai sensi
dell'art. 107, comma 3, lett. d), decreto del Presidente della
Repubblica: sicche' si ritiene che il dubbio di costituzionalita'
prospettato sia frutto della lettura congiunta delle varie norme qui
individuate e commentate.
5.2. Un'altra rilevante ragione di accoglimento delle questioni
attiene alla violazione del principio fondamentale di uguaglianza e
della parita' delle parti se e' vero che, tra le ricadute di sistema
prodotte dall'irragionevole situazione di fatto e di diritto
censurata, potrebbe esservi quella dell'allontanamento dei soggetti
dotati delle migliori professionalita', tanto piu' che mentre
l'ausiliario del magistrato rende prestazioni non rifiutabili (art.
221 c.p.p.), sul consulente di parte non grava tale obbligo.
Ma anche a prescindere da cio', decisiva e' la circostanza per
cui il pubblico ministero puo' scegliere il proprio consulente
tecnico senza che costui possa rifiutare l'incarico (art. 359 del
codice di procedura penale) e tutte le disposizioni del testo unico
in materia di spese di giustizia riferite all'ausiliario del
magistrato vanno intese come comprensive dei consulenti della parte
pubblica (secondo la definizione contenuta nell'art. 3, comma 1,
lettera a, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del
2002).
Ne consegue, nell'ambito di un rito di tipo accusatorio, una
percepibile disparita' di condizione tra le parti del processo
penale, nei procedimenti nei quali siano coinvolte persone non
ammesse al patrocinio a spese dello Stato perche' non informate e non
informabili del relativo diritto, in maniera tale da condizionare
anche le facolta' accessorie, quale la nomina di un proprio
consulente da parte del difensore: dove la parte pubblica puo'
avvalersi dei migliori esperti, senza limitazioni di onorari, mentre
la parte privata puo' sentirsi opporre un rifiuto, motivato dalla
prevedibile esiguita' del compenso, erogabile a proprie spese dal
difensore, se non dalla gratuita', quand'anche taluno degli esperti
ne accettasse la nomina.
Si tratta, all'evidenza, di una disparita' di condizione fattuale
che, oltre a ledere il diritto di difesa, introduce una significativa
disparita' sostanziale tra le parti processuali, pur vietata
dall'art. 111, comma 2 della Costituzione («ogni processo si svolge
nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'...») e tra
i consulenti tecnici stessi.
A tali complessive considerazioni non potrebbe opporsi che si e'
in presenza di circostanze di mero fatto, non suscettibili, come
tali, di incidere sulla legittimita' costituzionale di una
disposizione di legge: giacche', in realta', la discrasia sottoposta,
idonea a pregiudicare la piena garanzia del diritto di difesa, lede
altresi' il principio di parita' e il diritto di uguaglianza e
discende direttamente dal descritto contesto normativo in tema di
nomina dei consulenti di parte privata, letto in combinato con il
regime attuale delle spese di giustizia.
5.3. Un ulteriore parametro che si reputa violato e' quello posto
dall'art. 117, comma 1 della Costituzione, in rapporto all'art. 6,
par. 3 lett. d) CEDU e all'interpretazione datane nella
giurisprudenza della Corte europea dei diritti (cfr. sentenza 27
marzo 2014, Matitsyna contro Russia e sentenza 24 aprile 2014, Dusko
Ivanovski contro ex Repubblica Jugoslava di Macedonia), laddove e'
stato sottolineato il diritto all'ammissione della prova scientifica
in capo all'imputato e sanzionata l'iniquita' delle procedure che
avevano portato alla condanna dei ricorrenti a causa della mancata
ammissione della stessa, pregiudicando la possibilita' della difesa
di contraddire l'accusa ad armi pari.
Ogni qualvolta, dunque, il difensore non sia posto m condizione
di confutare efficacemente tramite propri esperti le conclusioni dei
consulenti dell'accusa vi e' violazione del diritto alla parita'
delle parti e alla possibilita' di confutare adeguatamente ogni
elemento di prova a carico: valori tutelati a livello sovranazionale
quale profilo specifico del diritto di difesa e dell'equo processo
convenzionale.
5.4. Tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo cui
le norme censurate, vietando di fatto ai difensori, nei termini sopra
illustrati, il libero esercizio di una facolta' loro spettante, in
quanto insita nei diritti inviolabili di difesa e di parita' delle
armi nonche' del principio di uguaglianza, idonee a limitarne il
pieno esercizio quale garantito dagli ambiti costituzionali e
sovranazionali richiamati, risultano non conformi ai principi
fondamentali che governano i l processo penale.
La questione di costituzionalita', dunque, che qui si sottopone
d'ufficio alla Corte, appare rilevante al fine della definizione del
giudizio e non manifestamente infondata avuto riguardo ai parametri
indicati di cui agli articoli 3, 24, comma 2, 111, comma 2 e 117,
comma 1 della Costituzione.
P.Q.M.
Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e
non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 225, comma 2 c.p.p. in relazione agli
articoli 102 e 107, comma 3, lettera d), del decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, laddove consentendo alle
parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato
ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito
patrocinio, segnatamente agli articoli 102 e 107, che, a loro volta,
subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico
dell'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la
nomina del consulente tecnico, con spesa anticipata dall'Erario, da
parte del difensore d'ufficio che assista un imputato, dichiarato
assente ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura
penale, nell'ambito di un processo pendente per delitti commessi
mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza
dello Stato di appartenenza dell'imputato, e' risultato impossibile
avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento,
sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per delitti
commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1 C.A.T.,
per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 24, comma 2, 111, comma 2
e 117, comma 1 della Costituzione.
Ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza, comunicata al pubblico
ministero e notificata alle restanti parti, sia notificata al
Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente del
Senato e al Presidente della Camera dei Deputati.
Cosi' deciso in Roma, 23 ottobre 2025
Il Presidente: Roja
Il Giudice a. l.: Della Vecchia