Reg. ord. n. 218 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/11/2025 n. 46

Ordinanza del Tribunale di Roma  del 23/10/2025

Tra: S. T. e altri

Oggetto:

Spese di giustizia – Processo penale – Nomina del consulente tecnico – Denunciata previsione che, consentendo alle parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla disciplina sul gratuito patrocinio, segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del 2002, che subordinano la nomina e la conseguente anticipazione a carico dell’Erario all’avvenuta ammissione al patrocinio – Denunciata conseguente preclusione della nomina del consulente tecnico (nella specie, traduttore, conoscitore della lingua araba), con spesa anticipata dall’Erario, da parte del difensore d’ufficio che assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell’art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen., nell’ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è risultato impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1 della Convenzione di New York contro la tortura (CAT) – Lesione del diritto di difesa e del principio, anche convenzionale, di parità tra le parti – Disparità di trattamento tra le parti processuali e tra i consulenti tecnici stessi. 

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 225  Co. 2

decreto del Presidente della Repubblica  del 30/05/2002  Num. 115  Art. 102

decreto del Presidente della Repubblica  del 30/05/2002  Num. 115  Art. 107  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 24   Co.

Costituzione  Art. 111   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  



Udienza Pubblica del 14 gennaio 2026 rel. SAN GIORGIO


Testo dell'ordinanza

                        N. 218 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 2025

Ordinanza del 23 ottobre  2025  della  Corte  d'assise  di  Roma  nel
procedimento penale a carico di S. T. e altri. 
 
Spese di giustizia - Processo penale - Nomina del consulente  tecnico
  - Denunciata previsione che,  consentendo  alle  parti  private  la
  nomina di un consulente tecnico a spese dello Stato, ove sia  stata
  ammessa perizia, rinvia alla disciplina  sul  gratuito  patrocinio,
  segnatamente agli artt. 102 e 107 del d.P.R. n. 115 del  2002,  che
  subordinano la nomina  e  la  conseguente  anticipazione  a  carico
  dell'Erario  all'avvenuta  ammissione  al  patrocinio  - Denunciata
  conseguente preclusione della nomina del  consulente  tecnico,  con
  spesa anticipata dall'Erario, da parte del difensore d'ufficio  che
  assista un imputato, dichiarato assente ai sensi dell'art. 420-bis,
  comma 3, cod. proc. pen., nell'ambito di un processo  pendente  per
  delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della
  mancata assistenza dello Stato di  appartenenza  dell'imputato,  e'
  risultato  impossibile  avere  la  prova  che   quest'ultimo,   pur
  consapevole del procedimento, sia stato messo  a  conoscenza  della
  pendenza del processo per delitti commessi  mediante  gli  atti  di
  tortura definiti dall'art. 1 della Convenzione di New  York  contro
  la tortura (CAT). 
- Codice di procedura penale, art. 225, comma 2,  in  relazione  agli
  artt. 102 e 107, comma 3, lettera d), del  decreto  del  Presidente
  della  Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115  (Testo  unico  delle
  disposizioni legislative e regolamentari in  materia  di  spese  di
  giustizia (Testo A)). 


(GU n. 46 del 12-11-2025)

 
                          TRIBUNALE DI ROMA 
                          1° Corte d'Assise 
 
    La Corte d'Assise,  1ª  Sezione,  letti  gli  atti  del  processo
pendente nei confronti di: 
      1.  T.  S.,  nato  in...  nel...,  titolare  di  documento   di
identificazione  miliare  n...,  generale  della  Polizia  presso  il
Dipartimento di  Sicurezza  Nazionale,  LIBERO-ASSENTE;  assistito  e
difeso d'ufficio dall'avv. Paola Armellin, del Foro di Roma; 
      2. A. K. M. I., nato in... nel...,  titolare  di  documento  di
identificazione miliare n..., colonnello,  attualmente  direttore  di
ispezione presso la Direzione della Sicurezza di... gia'  Capo  delle
Investigazioni Giudiziarie del  Cairo,  LIBERO-ASSENTE;  assistito  e
difeso d'ufficio dall'avv. Tranquillino Sarno, del Foro di Roma; 
      3. U. H., colonnello, nato in... nel..., titolare di  documento
di identificazione miliare n..., attualmente in  servizio  presso  la
Direzione  Passaporti  e  Immigrazione,  gia'  in  forza  presso   la
Direzione di Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE;
assistito e difeso d'ufficio dall'avv. Filomena Pollastro,  del  Foro
di Roma; 
      4. M. I. A. S., nato in... il..., Maggiore in  servizio  presso
Sicurezza Nazionale (National Security), LIBERO-ASSENTE; assistito  e
difeso d'ufficio dall'avv. Anna Lisi Ticconi, del Foro di Roma. 
    Imputati dei seguenti reati: 
      a) Delitto di cui agli  articoli  110,  605,  primo  e  secondo
comma, n. 2), 61 n. 1), e 4), c.p. perche', in concorso  tra  loro  e
con altri soggetti allo  stato  non  identificati,  a  seguito  della
denuncia presentata, negli uffici della National Security, da  S.  M.
A., rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti
de Il Cairo Ovest, dopo avere osservato e  controllato,  direttamente
ed  indirettamente,  dall'autunno...  alla  sera  del...,  dottorando
italiano della Cambridge University, abusando delle loro qualita'  di
pubblici  ufficiali  egiziani,  lo   bloccavano   all'interno   della
metropolitana de... e, dopo averlo condotto contro la sua volonta' ed
al di fuori da  ogni  attivita'  istituzionale,  dapprima  presso  il
Commissariato di... e successivamente presso  un  edificio  a...,  lo
privavano della liberta' personale per nove giorni. 
    In..., dal... al... 
    Per il solo M. I. A. S. anche le seguenti imputazioni: 
      b) delitto di cui agli articoli 110, 582, 583, nr. 2,  585,  in
relazione all'art. 576 n. 2), e 61 n. 1), 4) e 9), c.p. perche', dopo
aver posto in essere il delitto  di  cui  al  capo  che  precede,  in
concorso con soggetti allo stato non identificati, per motivi abietti
e futili ed abusando dei loro poteri, con crudelta',  cagionava  a...
lesioni, che gli  avrebbero  impedito  di  attendere  alle  ordinarie
occupazioni   per   oltre   quaranta   giorni   nonche'    comportato
l'indebolimento e la perdita permanente di piu' organi, seviziandolo,
con acute sofferenze fisiche, in piu' occasioni ed a distanza di piu'
giorni: 
        attraverso strumenti dotati di margine affilato  e  tagliente
ed azioni con meccanismo urente, con  cui  gli  cagionavano  numerose
lesioni traumatiche a livello della  testa,  del  volto,  del  tratto
cervico-dorsale e degli arti inferiori; 
        attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci
o pugni e/o l'uso di strumenti personali di  offesa,  quali  bastoni,
mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta  del  corpo  dello  stesso
contro superfici rigide  ed  anelastiche  con  cui  gli  cagionavano:
frattura degli elementi dentari 11, 12, 31, 41 e 42;  frattura  della
scapola di sinistra e  di  destra;  frattura  dell'omero  di  destra;
frattura composta di ossa del trapezio e del  trapezoide  capitato  e
dell'uncinato polso destro; frattura della falange prossima/e del II°
dito di destra; frattura della base del  I°  metacarpo  di  sinistra,
frattura del III° medio della  falange  prossimale  del  I°  dito  di
sinistra; frattura base del V° metatarso di destra; frattura del III°
distale del V° metatarso di destra, frattura della falange prossimale
del V° dito di destra; frattura della testa  del  perone  di  destra;
distacco corticale dell'apice del perone di sinistra. 
    In..., dal... al... 
      c) Delitto di cui agli articoli 110, 575, 576 nr. 2), 61 n. 1),
2), 4), e 9), c.p., perche', nelle circostanze di tempo e di luogo di
cui ai precedenti capi e dopo aver posto in essere i delitti  di  cui
sopra, in concorso con soggetti allo stato non identificati, al  fine
di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi
poteri di pubblico  ufficiale  egiziano,  con  sevizie  e  crudelta',
mediante una violenta azione contusivo, esercitata sui vari distretti
corporei  cranico-cervicodorsali,  cagionava  imponenti  lesioni   di
natura  traumatica  a...  da   cui   conseguiva   una   insufficienza
respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte. Il  corpo
veniva, poi, rinvenuto il..., lungo la... 
    In..., in epoca ricompresa tra il... e il... 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    La  Corte  d'Assise  dubita  della  legittimita'   costituzionale
dell'art. 225, comma 2 c.p.p. in relazione agli articoli 102  e  107,
comma 3, lett. d),  del  d.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  laddove
consentendo alle parti private la nomina di un consulente  tecnico  a
spese dello Stato, rinvia alla disciplina  sul  gratuito  patrocinio,
segnatamente all'art. 102, che, a sua volta, condiziona la  nomina  e
la  conseguente  liquidazione  quale  spesa  anticipata   dall'Erario
all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la nomina  del
consulente tecnico con anticipazione a carico  dell'Erario  da  parte
del difensore d'ufficio che assista un imputato,  dichiarato  assente
ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 del codice di  procedura  penale,
nell'ambito di un processo pendente per delitti commessi mediante gli
atti di tortura definiti dall'art.  1,  comma  1,  della  Convenzione
contro la tortura ed altre pene  o  trattamenti  crudeli,  inumani  o
degradanti, adottata a New York il 10  dicembre  1984  (ratificata  e
resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498),  quando,  a  causa
della mancata assistenza dello Stato di  appartenenza  dell'imputato,
e'  risultato  impossibile  avere  la  prova  che  quest'ultimo,  pur
consapevole del procedimento, sia  stato  messo  a  conoscenza  della
pendenza del processo. 
    Si  ritiene  altresi'  che  la  questione  sia  rilevante  e  non
manifestamente infondata. 
  1. Svolgimento del processo. 
    Innanzi a questa Corte d'Assise pende il processo  nei  confronti
degli imputati sopra indicati, tutti accusati  di  avere  sequestrato
nel periodo tra il... e il... il ricercatore italiano..., e  il  solo
M... I... altresi'  di  avergli  inflitto  con  crudelta'  gravissime
lesioni sino a cagionargli la morte, avvenuta in  data  compresa  tra
il... e il... 
    E' noto che a seguito di  una  prima  dichiarazione  di  nullita'
della vocatio in jus da parte della Corte d'Assise di Roma in data 14
gennaio  2022,  motivata  dalla  mancata   prova   della   volontaria
sottrazione al processo degli imputati,  di  cui  non  era  certa  la
conoscenza del processo, a seguito della rimessione della questione a
questa Corte costituzionale da parte del GUP, in data 26 ottobre 2023
e'  stata  dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.
420-bis, comma 3, del codice di procedura penale «nella parte in  cui
non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti  commessi
mediante gli atti di tortura definiti dall'art.  1,  comma  1,  della
Convenzione contro la tortura ed altre pene  o  trattamenti  crudeli,
inumani o degradanti, adottata  a  New  York  il  10  dicembre  1984,
ratificata e resa esecutiva  con  legge  3  novembre  1988,  n.  498,
quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di  appartenenza
dell'imputato, e' impossibile avere la prova  che  quest'ultimo,  pur
consapevole del procedimento, sia  stato  messo  a  conoscenza  della
pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso  a
un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della  causa»
(sentenza n. 192 del 2023). 
    Disposto nuovo rinvio a giudizio  da  parte  del  GUP  presso  il
Tribunale di Roma, previa dichiarazione di assenza degli imputati, in
data 20 febbraio 2024 questo Ufficio ha  aperto  il  dibattimento  ed
avviato l'attivita' istruttoria richiesta dalle parti:  tra  esse,  i
difensori  d'ufficio  nominati  a  favore  degli  imputati  ai  sensi
dell'art. 97, 1°  comma  c.p.p.,  sin  dalla  fase  conclusiva  delle
indagini, mai essendo intervenuta alcuna nomina fiduciaria ed,  anzi,
proprio su tale premessa essendo  fondata  a  declaratoria  detta  di
incostituzionalita'. 
    L'intero  dibattimento.   sviluppato   attraverso   numerosissime
udienze (ad oggi ventotto) e pressoche'  prossimo  alla  conclusione,
articolato  nell'ascolto  di  trentotto  testimoni  (di  cui   alcuni
richiamati piu' volte) e nell'acquisizione  di  ventotto  verbali  di
s.i.t. (talora definiti «interrogatori» dalla Procura del Cairo),  e'
stato celebrato nella persistente assenza degli imputati,  di  cui  i
difensori hanno costantemente  lamentato  il  silenzio  e  la  totale
mancanza di contatti e comunicazioni di qualsiasi natura. 
    Ne sarebbe conseguito grave pregiudizio in termini di facolta' di
replica rispetto all'ampio compendio, orale  e  documentale,  offerto
dal pubblico ministero e dalle parti civili, uniche parti processuali
cui e' stata consentita di  fatto  l'iniziativa  probatoria:  sicche'
l'attivita'  defensionale  si  sarebbe  interamente  esaurita   nella
valutazione   critica   e    puramente    cartolare    dell'attivita'
investigativa compiuta in autonomia dal pubblico  ministero,  con  il
fattivo contributo delle parti civili, senza alcuna  possibilita'  di
contraddire concretamente sulla bonta', correttezza e sull'univocita'
del  dato  probatorio,  essendo  mancata  in  termini   assoluti   la
possibilita' di un qualsiasi contatto con il rispettivo assistito. 
    Tale  critica  ha  attraversato  l'intero  dibattimento,  con  la
costante rappresentazione del deficit di posizione e, soprattutto, di
contraddittorio  reale  e  di  difesa,  sostanzialmente  ridotta   ed
esaurita  nella  ricerca  di  eventuali  contraddizioni   intrinseche
rispetto  ad  un'iniziativa  processuale  rimessa   totalmente   alle
controparti,  nella  citazione  di  alcuni  testimoni  italiani  gia'
individuati in fase di indagini dal pubblico ministero ovvero  auditi
in sede di Commissione Parlamentare di Inchiesta  (i  cui  atti  sono
stati parimenti prodotti),  e  nella  ricerca  dell'altrui  consenso,
peraltro libero, al fine  di  ottenere  l'acquisizione  di  atti  del
fascicolo delle indagini ai sensi  dell'art.  493,  comma  3  c.p.p.,
cosi' da estendere l'orizzonte valutativo della Corte. 
    Nell'ambito della vasta istruzione dibattimentale, questa  Corte,
su istanza del pubblico  ministero,  in  data  12  dicembre  2024  ha
proceduto  all'acquisizione  mediante  lettura  ai  sensi   dell'art.
512-bis. c.p.p., tra i vari, dei verbali di  dichiarazioni  rese  dal
sindacalista egiziano... l'11  aprile  2016  ed  il  10  maggio  2016
dinanzi l'Autorita' egiziana, pervenuti in lingua araba. 
    Conferito incarico peritale di traduzione degli stessi in  lingua
italiana alla dott.ssa B.A., seguiva primo deposito  degli  elaborati
in data 17 febbraio 2025; alla successiva udienza dell'8 aprile  2025
il pubblico ministero, contestatane la significativa  parzialita'  se
non l'erroneita'  su  punti  qualificanti,  cosi'  come  dedotte  dal
proprio interprete di  lingua  araba  (l'appuntato  scelto  W.H.,  in
servizio  presso  il  ROS  dei  Carabinieri  di  Roma),  chiedeva  la
rinnovazione  dell'attivita'  in  contraddittorio  con   il   proprio
consulente, unico sino ad allora nominato dalle parti. 
    Depositati i nuovi elaborati in Cancelleria in data 5 maggio 2025
ed assunto il perito a chiarimenti in occasione dell'udienza  del  15
luglio 2025, con  ordinanza  dd.  17  settembre  2025  questa  Corte,
rilevate le importanti contraddizioni interne ed incertezze che hanno
caratterizzato  la   doppia   traduzione   dei   verbali   effettuata
dall'interprete di lingua araba, puntualmente indicate nella  memoria
della difesa del M. I., tali da  rendere  di  fatto  la  ritraduzione
coincidente con quella dell'esperto del pubblico ministero, obiezioni
risultate  prive  di  seria  giustificazione,   ha   ordinato   nuova
traduzione dei medesimi atti, nominando altra esperta di lingua araba
(la  dott.ssa  I.D.C.),  attesa  la  delicatezza  e  centralita'  del
contenuto dei verbali datati 11 aprile 2016 e 10 maggio 2016 rispetto
ad alcune posizioni. 
    Immediatamente dopo la lettura dell'ordinanza, ribadita la nomina
pregressa del proprio interprete quale consulente  tecnico  da  parte
del pubblico ministero e riservatesi sul punto le  parti  civili,  le
difese chiedevano di essere ammesse a nominare un proprio consulente,
al  contempo  sollevando  la  questione  di   costituzionalita'   qui
discussa. 
    Illustrate attraverso apposite memorie  le  rispettive  posizioni
entro il termine concesso del 30 settembre 2025, con replica proposta
dall'avvocato  Ticconi  in  data  2  ottobre  2025,   la   Corte,   a
scioglimento della riserva, osserva: 
  2. Il quadro normativo. 
    E' dato storicamente qui presupposto  che  alcuno  dei  difensori
d'ufficio ha potuto presentare istanza di ammissione al patrocinio ai
sensi dell'art. 78, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002, n. 115, a tacer d'altro per  il  difetto  del  primo  requisito
previsto a pena di inammissibilita', ossia  la  sottoscrizione  della
domanda  da  parte  dell'interessato:  condizione  preliminare   alla
valutazione  dei  requisiti  formali  e  sostanziali  costituenti  il
contenuto dell'istanza stessa, quali richiesti dall'art. 79,  decreto
del Presidente della Repubblica cit., tra i quali il tetto massimo di
reddito  previsto  dall'art.  76,   comma   1,   secondo   i   limiti
periodicamente fissati con decreto dirigenziale del  Ministero  della
Giustizia (art. 77). 
    La  totale  assenza  di  contatti  tra  ciascun  difensore  e  il
rispettivo assistito ha, infatti, impedito ai primi l'informazione su
tale diritto a favore dei secondi e, a  seguire,  la  verifica  della
sussistenza delle condizioni  che  avrebbero  consentito  l'eventuale
presentazione all'Ufficio della domanda di ammissione al  patrocinio,
ove sussistenti i requisiti legali. 
    Non vi e' alcun motivo  per  dubitare  dell'asserzione  difensiva
relativa all'impossibilita' di comunicazioni di qualsiasi natura  con
gli imputati: che, se per il periodo antecedente e' stata  dimostrata
proprio  dalle  condizioni  di   fatto   che   hanno   portato   alla
dichiarazione di incostituzionalita', e' rimasta tale anche in  corso
di dibattimento. 
    Prova  induttiva  si  ricava  dall'atteggiamento  assunto   dalla
Repubblica Araba d'Egitto che, in  data  17  giugno  2024,  ha  fatto
pervenire una nota, trasmessa  dal  Ministero  degli  affari  esteri,
mediante la quale la Procura egiziana  rappresentava  le  motivazioni
per cui non intendeva  dar  luogo  alla  rogatoria  presentata  dalla
Procura di Roma per vie diplomatiche, finalizzata alla  citazione  in
giudizio di alcuni testimoni ai sensi dell'art. 9  della  Convenzione
Internazionale sulla  Tortura,  contemplante  l'impegno  degli  Stati
contraenti e, quindi, pure  di  Italia  ed  Egitto  alla  piu'  vasta
cooperazione giudiziaria possibile. 
    Tra tali testi era compreso, appunto, anche l'..., rispetto a cui
si motivava il diniego, sostenendo che «l'esecuzione della  richiesta
di assistenza giudiziaria cui si fa riferimento al punto precedente -
e la richiesta di assistenza giudiziaria relativa alla  notifica  del
teste per comparire davanti al  Tribunale  e  deporre,  basata  sulle
regole di cortesia internazionale - contraddirebbero le  disposizioni
della Costituzione, le leggi vigenti nella Repubblica Araba d'Egitto,
i principi  giuridici  vigenti  e  le  regole  dell'ordine  pubblico.
Infatti,  l'art.  454  del  codice  di   procedura   penale   prevede
l'impossibilita' di processare una persona per lo  stesso  fallo  due
volte.  A  questo   principio   e'   stato   attribuito   un   valore
costituzionale in  quanto  connesso  ai  diritti  dell'uomo  cui  sia
l'Egitto che l'Italia si attengono». 
    La   completa   e   definitiva   interruzione   ufficiale   della
collaborazione delle Autorita' egiziane, che  hanno  provveduto  alla
chiusura delle indagini interne nei confronti degli odierni  imputati
con  provvedimento  di  archiviazione  del  26   dicembre   2020   (c
·«Memorandum»),  al  punto   da   negare   persino   l'attivita'   di
notificazione  delle  citazioni  testimoniati  a   comparire,   rende
altamente credibile l'impossibilita' dei difensori di avere  contatti
di sorta con gli assistiti:  sia  volti  a  costruire  una  strategia
processuale, sia, in tesi, mirati ad accertare la  sussistenza  delle
condizioni che garantiscano loro la miglior difesa, ivi  comprese  le
ampie facolta' che l'ammissione al patrocinio gratuito offre. 
    D'altra parte, la situazione di fatto creatasi spiega le  ragioni
per cui il pubblico ministero, a sua volta, e' stato  impossibilitato
ad adempiere  un  obbligo  strumentale  «nei  casi  in  cui  si  deve
procedere   alla   nomina   di   un   difensore   d'ufficio»,   ossia
l'informazione «(al)la  persona  interessata  delle  disposizioni  in
materia  di  patrocinio  a  spese  dello  Stato  e  dell'obbligo   di
retribuire il difensore che eventualmente e' nominato  d'ufficio,  se
non ricorrono i presupposti per l'ammissione a tale beneficio»  (art.
103, decreto del Presidente della Repubblica n. 115, cit.). 
    Attraverso tale doverosa informazione prevista dalla legge si  e'
fatta cosi' specifica  applicazione  del  principio  secondo  cui  la
garanzia dei mezzi di  azione  e  di  difesa  apprestata  per  i  non
abbienti dall'art. 24, terzo comma, della  Costituzione,  costituisce
applicazione nel campo particolare del processo  -  in  cui  vige  la
regola dell'inviolabilita' della difesa (art. 24,  secondo  comma)  -
del generale  principio  di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione; e che l'assoluta uguaglianza delle parti, in  relazione
alle facolta' processuali  esercitabili  per  la  tutela  dei  propri
interessi, e'  l'essenza  stessa  del  contraddittorio,  cardine  del
processo moderno. 
    Neppure attraverso tale strumento pubblicistico ad iniziativa del
giudice, del pubblico ministero o della polizia giudiziaria,  dunque,
gli imputati sono stati provatamente portati  a  conoscenza  di  tale
diritto in quanto mai raggiunti da alcuna notificazione di  atti  del
procedimento  penale  o  del  processo,  ivi  incluse,  appunto,   le
informazioni prescritte dall'art. 103, decreto del  Presidente  della
Repubblica  n.  115,  cit.  rientranti  nello  statuto  dei   diritti
dell'indagato/imputato. 
    Tale considerazione vale di per se' a sgombrare  il  campo  dalla
situazione, totalmente diversa in fatto, in cui la persona sottoposta
ad indagini ovvero imputata, cui  sia  stato  nominato  un  difensore
d'ufficio   in   assenza   di   designazione    fiduciaria,    riceva
l'informazione  sulle  disposizioni  in  materia  di  patrocinio   e,
all'opposto, del dovere di retribuire il proprio difensore  ai  sensi
dell'art. 103, e per negligenza, incuria o disinteresse non attivi la
relativa procedura,  pur  avendone  astrattamente  diritto  a  fronte
dell'incapacita'  economica:  e'  evidente,  infatti,   la   profonda
differenza che vi e' rispetto a chi non sia stato affatto  portato  a
conoscenza del relativo diritto  per  ragioni  da  lui  indipendenti,
rimesse ad una decisione conseguente «alla mancata  assistenza  dello
Stato di appartenenza»·, in qualche modo subita incolpevolmente dagli
stessi imputati. 
    Nessuno di essi e' stato quindi messo - neppure  astrattamente  -
in condizione di accedere all'istituto, che ben poteva contribuire ad
offrire al proprio legale, oltre  agli  argomenti  fattuali  utili  a
discolpa, pure  la  tranquillita'  economica  nello  svolgimento  del
mandato defensionale. 
    Quello che la difesa in realta' contesta non e'  l'impossibilita'
in se' di ammissione al gratuito patrocinio, essendo ben  consapevole
che al difensore  d'ufficio  e'  comunque  garantita,  attraverso  il
pagamento degli onorari e delle spese, una remunerazione, sia pur nel
caso di specie minimamente compensativa,  a  fronte  di  un  processo
eccezionalmente oneroso, impegnativo per l'elevata complessita' delle
questioni tecniche, dispendioso, non  solo  temporalmente,  avendo  i
difensori sino ad oggi affrontato a proprie spese e con anticipazioni
di denaro un dibattimento straordinario che si  snoda  da  quasi  due
anni. 
    Trattasi, effettivamente,  del  presidio,  posto  nella  medesima
ottica attuativa del diritto incondizionato alla difesa,  contemplato
dagli articoli 116 (a favore  del  difensore  d'ufficio  che  risulti
impossibilitato a percepire il  compenso  dall'assistito  dopo  avere
esperito le procedure per il recupero del  credito  professionale)  e
117, decreto del Presidente della Repubblica n.  115,  cit.  (per  il
difensore d'ufficio  dell'irreperibile):  a  quest'ultimo  la  stessa
difesa efficacemente allude, con  rinvio  alla  figura  della  fictio
iuris della dichiarazione processuale di assenza degli  imputati  (di
fatto irreperibili, e pur nonostante  dichiarati  assenti  a  seguito
della sentenza della Corte n. 192 del 2023). 
    Cio' di cui in realta' la difesa si lamenta  e'  l'impossibilita'
attuale di procedere alla nomina di un proprio consulente (nel  caso:
un interprete di lingua araba) con cui assicurarsi il contraddittorio
in occasione del rinnovo peritale delle  traduzioni,  disposto  dalla
Corte, dei verbali in lingua araba  dell'...,  la  cui  rilevanza  e'
dimostrata proprio dallo stallo del processo da alcuni mesi a  fronte
delle contrapposte contestazioni: sulla base della corretta  premessa
che tale facolta' sia riservata e limitata ai difensori d'ufficio  di
imputati ammessi al patrocinio  gratuito,  ai  sensi  dell'art.  225,
comma 2 in combinato con l'art. 102,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115, cit. 
    Non colgono quindi nel segno le obiezioni del pubblico  ministero
e delle parti civili secondo cui la questione mirerebbe a  colpire  e
scardinare l'intero istituto come attualmente normato, sino quasi  ad
evocare  l'obiettivo  dell'introduzione   nell'ordinamento   di   una
presunzione iuris et de iure di ammissione al patrocinio  laddove  vi
sia una difesa d'ufficio, a prescindere dalla prova  dell'incapacita'
reddituale: atteso che il vulnus  e'  stato  espressamente  collegato
proprio alla deminutio di tale specifica facolta' difensiva piuttosto
che all'intero istituto. 
    Ad ogni buon conto, i poteri officiosi di cui si dispone  rendono
irrilevanti prospettazioni piu' ampie o impostazioni della  questione
difformi comunque dedotte,  trattandosi  di  ambiti  e  di  parametri
oramai devoluti al giudizio, libero e autonomo  rispetto  ai  confini
della domanda, di questo Ufficio. 
    In altri termini, qui non si intendera' mettere in discussione  e
contestare  l'odierna  struttura  portante  del  beneficio,  a  tacer
d'altro per la ritenuta impossibilita' di svincolarlo  dai  requisiti
reddituali e patrimoniali che ne rappresentano l'essenza, tanto  piu'
nell'ignoranza nel caso di specie della loro consistenza,  alla  pari
di qualsiasi altra informazione personale sugli imputati. 
  3. La disciplina ordinamentale del consulente tecnico di parte  nel
processo penale. 
    Limitato l'ambito motivazionale a quanto di stretto interesse, e'
principio da  tempo  fatto  proprio  dalla  Corte  costituzionale  la
centralita' in  ottica  difensiva  del  diritto  alla  nomina  di  un
consulente tecnico nell'interesse dell'imputato,  al  punto  che  sin
dall'anno  1983  ebbe  ad  affermare  che  «il  diritto   di   difesa
costituzionalmente  protetto  e'   in   primo   luogo   garanzia   di
contraddittorio   e   di   assistenza   tecnico-professionale.   Tale
principio, riferito al difensore, va esteso al consulente tecnico  di
parte, il quale svolge funzioni paragonabili a quelle  dell'avvocato,
sia pure limitatamente  al  piano  tecnico.  essendo  la  nomina  del
consulente di parte prevista a maggior garanzia della regolarita' del
contraddittorio. E' pertanto  costituzionalmente  illegittimo  -  per
contrasto con l'art. 21 della  Costituzione  -  l'art.  11,  R.D.  30
dicembre 1923, n.  3282  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il
beneficio del gratuito patrocinio  si  estenda  alla  facolta'  della
parte non abbiente di farsi assistere da consulenti tecnici». 
    Abrogato l'art. 11, R.D. n. 3282 del 1923 dalla legge n. 134  del
29 marzo 2001 ed esteso l'ambito di copertura del gratuito patrocinio
anche al consulente tecnico, quale parte integrante  dell'ufficio  di
difesa dell'imputato a cui favore presta la propria opera di  apporto
tecnico mediante rilievi, argomenti  ed  osservazioni  che  hanno  la
natura sostanziale di atti defensionali (cosi'  Corte  costituzionale
n. 199 del 1974), la costruzione dello  specifico  ordinamento  della
figura e' transitata attraverso  la  declaratoria  di  illegittimita'
dell'art. 4, comma 2, legge n. 217 del 1990, per  contrasto  con  gli
articoli 3 e 24 della Costituzione.,  «nella  parte  in  cui,  per  i
consulenti tecnici, limita gli effetti della ammissione al patrocinio
a spese dello Stato ai casi in cui e' disposta perizia. Infatti (...)
le prestazioni del consulente di parte ineriscono  all'esercizio  del
diritto  di  difesa,  sicche'  privarne  il  non  abbiente  significa
negargli il diritto di  difendersi  in  un  suo  aspetto  essenziale.
Peraltro, ove si consideri  che,  conformemente  all'attuale  modello
accusatorio e sul fondamento dell'obbligatorieta' dell'azione penale,
al pubblico ministero per sostenere l'accusa e' consentito  avvalersi
di esperti nei piu' svariati settori della scienza  e  della  tecnica
senza  limitazioni  di  oneri  economici,  nella  garanzia  affermata
dall'art. 24, terzo comma, della Costituzione non puo' non  ritenersi
compresa una istanza di riequilibrio Ira le parli del processo penale
nei procedimenti nei quali  siano  coinvolte  persone  sprovviste  di
mezzi ed ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Ne  consegue  che
la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale   della   norma
impugnata deve essere circoscritta a quanto impone la Costituzione  a
tutela del diritto di difesa dei non abbienti, ai quali  deve  essere
pertanto riconosciuta la facolta' di farsi assistere  a  spese  dello
Stato  da  un  consulente  per  ogni  accertamento  tecnico  ritenuto
necessario» (sentenza n. 33 del 1999). 
    Rileva ulteriormente la pronuncia di incostituzionalita'  che  ha
avuto  ad  oggetto  l'art.  106-bis,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 115 del 2002 laddove  imponeva  la  diminuzione  di  un
terzo degli importi spettanti al consulente tecnico di parte in  caso
di applicazione di previsioni tariffarie non  adeguate  ai  sensi  di
legge: motivata sul rilievo che «l'irragionevole decurtazione (tra le
cui   ricadute   di   sistema   non   e'    implausibile    includere
l'allontanamento  dei  migliori  professionisti  dal  circuito  delle
consulenze) rende altresi' percepibile una disparita'  di  condizione
fra le parti del processo  penale  in  cui  siano  coinvolte  persone
sprovviste di mezzi e ammesse al  patrocinio  a  spese  dello  Stato,
derivante dalla circostanza - non di mero fatto, e dunque lesiva  del
diritto di difesa assicurato anche ai non abbienti  -  che  la  parte
privata puo' sentirsi opporre un rifiuto della  consulenza,  motivato
dalla  prevedibile  esiguita'  del  compenso,  mentre   il   pubblico
ministero puo' avvalersi di consulenti i cui onorari non subiscono la
riduzione e che non possono rifiutare l'incarico (art. 359 del codice
di procedura penale)» (sentenza n. 178 del 2017). 
    Significativa altresi' nell'ottica presente la sentenza  con  cui
e' stata dichiarata l'incostituzionalita' per violazione dell'art.  3
della  Costituzione,  dell'art.  131,  comma  3,  del   decreto   del
Presidente della Repubblica n. 115  del  2002,  nella  parte  in  cui
prevedeva che gli  onorari  e  le  indennita'  dovuti  al  consulente
tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato  nell'ambito  di  un
procedimento civile siano «prenotati a debito, a domanda», «se non e'
possibile   la   ripetizione»,   anziche'   direttamente   anticipati
dall'erario come avveniva nel processo penale. Anche nel caso  si  e'
argomentata l'irragionevolezza sistematica della norma  «perche',  in
luogo dell'anticipazione da parte dell'erario, prevede, a carico  dei
soggetti che hanno prestato l'attivita' di assistenza, l'onere  della
previa intimazione di pagamento e l'eventuale successiva prenotazione
a  debito  del  relativo  importo.  Tale  meccanismo  procedimentale,
unitamente  all'applicazione  dell'istituto  della   prenotazione   a
debito, impedisce  il  rispetto  della  coerenza  interna  del  nuovo
sistema normativa incentrato sulla regola dell'assunzione,  a  carico
dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio  del  non  abbiente.
Per costante giurisprudenza costituzionale, la  finalita'  del  nuovo
istituto del patrocinio a spese dello Stato e' quella  di  assicurare
la tutela dell'indigente con carico all'erario in tutti i casi in cui
particolari categorie professionali espletano attivita' di assistenza
nei confronti dell'indigente medesimo. Cio' esclude  che  per  alcune
fattispecie vi possano essere deroghe ispirate alla  superata  logica
del gratuito patrocinio» (sentenza n. 217 del 2019). 
    Coessenziale all'inserimento nell'ambito del patrocinio e' dunque
pure  la  spesa  per  l'assistenza  tecnica  oltre  che  per   quella
defensionale in senso stretto, tanto che risulta tramontata la logica
del gratuito patrocinio, sostituita dal  patrocinio  a  carico  dello
Stato: con la conseguenza che lo Stato assume su  di  se'  gli  oneri
della difesa attraverso l'attuale art. 83 del decreto del  Presidente
della Repubblica n. 115 che prevede la liquidazione diretta da  parte
del   giudice   dell'onorario   e   delle   spese   spettanti    pure
«all'ausiliario del magistrato e al consulente tecnico». 
    Il consulente  dispone,  dunque,  laddove  l'imputato  sia  stato
ammesso al patrocinio, di un titolo autonomo verso l'Erario volto  ad
ottenere la liquidazione dei propri compensi: ne  consegue  che,  non
trattandosi di  un  onere  oggetto  di  anticipazione  da  parte  del
difensore, non potra' neppure rientrare nel regolamento  delle  spese
di cui agli articoli 116, comma 1 e 117, comma 1 del Testo unico  ed,
anzi, nulla sara' dovuto al difensore  semmai  ne  avesse  anticipato
l'importo, non trattandosi  di  una  spesa  in  senso  tecnico  (cfr.
altresi' l'art. 107, comma 3, lettera d) che enuncia  tra  le  «spese
anticipale  dall'Erario  ...l'onorario  ...a  consulenti  tecnici  di
parte», passibili di  recupero  da  parte  dello  Stato  in  sede  di
ripetizione da parte dell'imputato  che  non  sia  stato  ammesso  al
patrocinio, ai sensi degli articoli 116  comma  2  e  117,  comma  2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 115). 
  4. La rilevanza della questione. 
    Si premette che la disciplina sino ad ora commentata,  avente  ad
oggetto la figura del consulente tecnico di parte, ben si adatta all'
ipotesi  della  richiesta  di  nomina  di  un  traduttore,  nel  caso
conoscitore delia lingua  araba,  atteso  che  il  mezzo  processuale
attraverso cui  tale  contributo  linguistico  verra'  veicolato  nel
processo  e'  la  perizia:  unico  strumento  che  consente  di   far
partecipare attivamente la parte pubblica e le parti private al  fine
di recare eventualmente i propri apporti. 
    D'altra parte, se la perizia e' quel mezzo di prova che  permette
genericamente  l'acquisizione  di  dati   specialistici   richiedenti
particolari competenze, non si  vede  perche'  non  possa  estendersi
all'opera di  traduzione  di  scritti  dalla  lingua  straniera,  che
transitera' dunque attraverso la procedura garantita di cui  all'art.
221 c.p.p. 
    Ad essa consegue il diritto delle parti di  avvalersi  di  propri
consulenti, alle condizioni poste dall'art. 225 c.p.p., compresa, per
le parti private, quella di nominarle uno «a spese dello  Stato»·«nei
casi e alle condizioni previste dalla legge  sul  patrocinio  statale
dei non abbienti» (comma 2). 
    Sotto questo profilo la  prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale e' senz'altro rilevante essendo  stata  formulata  nel
corso dell'udienza del 17  settembre  2025,  immediatamente  dopo  la
lettura del provvedimento  dispositivo  della  rinnovazione  peritale
dell'attivita' di traduzione dei verbali di interesse; ne' rileva  la
circostanza  che  in  passato  i   difensori   non   abbiano   inteso
avvalersene, trattandosi di un diritto potestativo il  cui  esercizio
e'  rimesso  alla  strategia  processuale,  liberamente  gestita  dal
difensore  stesso  rispetto  agli  specifici  momenti  processuali  e
all'interesse  degli  atti,  laddove  e'  stato  proprio  l'esame  in
contraddittorio svolto in data 15 luglio 2025 del primo traduttore di
lingua araba, dopo la vistosa rielaborazione delle sue traduzioni, ad
avere indotto e determinato l'esigenza difensiva data la  centralita'
delle dichiarazioni dell'..., tanto che la Corte  ha  disposto  nuova
perizia sul punto. 
    Nessuna obiezione di tardivita' puo' quindi proporsi. 
    Il dato della rilevanza, a seguire, e' dimostrato dal  fatto  che
essendo stato affidato in data 17 settembre 2025  nuovo  incarico  al
perito I.D.C., conoscitore della  lingua  araba,  gia'  integrato  il
contraddittorio  da  parte  del  pubblico  ministero  attraverso   la
conferma della nomina del suo consulente, l'avvio  dell'attivita'  e'
in concreto condizionato  dalla  decisione  sul  buon  diritto  delle
difese di avvalersi di  un  proprio  traduttore  sin  dall'avvio  dei
lavori  e,  dunque,  dalla  sorte   della   presente   questione   di
costituzionalita' atteso che gli strumenti normativi ad oggi presenti
nell'ordinamento   non   consentono   loro   l'accesso   all'istituto
richiesto; ne' vi e' modo di superare i  dubbi  di  costituzionalita'
che si andranno ad esplicitare non  essendo  consentito  forzare  gli
istituti ai solo fine di ottenere un risultato sentito come giusto  e
tale da riequilibrare i rapporti tra le parti. 
  5. La non manifesta infondatezza della questione. 
    5.1. Tanto  premesso  in  punto  di  rilevanza  della  questione,
ritiene la Corte che la disposizione censurata violi gli articoli  3,
24 comma 2, 111 comma 2 e 117 comma  1,  della  Costituzione,  per  i
motivi di seguito esposti. 
    Va in primo luogo offerta la considerazione che  l'impossibilita'
che qui si contesta  non  e'  di  tipo  fattuale,  bensi'  di  ordine
normativo: in altri termini, ben  potrebbero  i  difensori  procedere
alla nomina di consulenti  di  parte,  ma  dovrebbero  provvedervi  a
proprie spese, attesa  l'impossibilita'  descritta  di  procedere  al
recupero di tale voce di costo sia, assai verosimilmente, dai  propri
assistiti (residenti in Egitto presso indirizzi  sconosciuti  poiche'
lo Stato egiziano si e' rifiutato  di  dame  comunicazione);  sia  da
parte dello Stato, che si e' assunto l'onere  del  pagamento  diretto
del professionista tecnico ai sensi degli articoli 83, 107, 116 c.  2
e 117, comma 2 T.U., non trattandosi dunque di spesa rimborsabile per
il legale. 
    L'alternativa che si  pone,  dunque,  e'  quella  di  imporre  al
difensore un onere economico ingiustificato, ovvero  di  costringerlo
ad una difesa condizionata e sminuita rispetto alle  possibilita'  di
esercizio di cui dispongono le restanti parti processuali, pubblica e
privata, dopo che l'intero dibattimento e' stato  gia'  connotato  da
una  difesa  sostanzialmente  passiva  e   concretamente   priva   di
possibilita' di iniziativa autonoma rispetto  alle  prove  introdotte
dal pubblico ministero e dalle parti  civili:  alternativa  che,  dal
punto di vista valoriale e dei principi, va ben al di la' del rischio
professionale del mancato pagamento che sempre accompagna l'attivita'
del difensore di fiducia e del difensore d'ufficio  di  imputato  che
non possa (o non voglia) essere ammesso al gratuito patrocinio. 
    La ratio cui la Corte costituzionale si e' costantemente ispirata
nelle decisioni in materia e' stata da un lato quella di  attuare  il
diritto all'inviolabilita' della difesa anche attraverso la presenza,
ove ritenuta necessaria, dell'assistenza di un consulente in funzione
di salvaguardia di una reale dialettica delle posizioni: si'  che  il
consulente entra  a  far  parte  integrante  dell'ufficio  di  difesa
dell'imputato, nel cui interesse presta la propria opera,  attraverso
argomenti, rilievi ed osservazioni tecniche che hanno sostanzialmente
natura di attivita' difensiva e che  vengono  veicolate  al  giudice,
quali elementi di prova, attraverso la relazione  scritta  e  il  suo
esame dibattimentale. 
    Dall'altro lato, la Corte si e' premurata di garantire  anche  la
qualita' dell'esperto di parte affermando che, se certamente  risulta
non conforme ai principi che il professionista debba prestare la  sua
opera  gratuitamente  laddove  l'imputato  necessiti  di  una  difesa
specialistica e sia privo di mezzi economici  sufficienti,  anche  un
compenso inadeguato puo' pregiudicare  il  diritto  di  difesa  delle
parti  «allontanando  i  consulenti  tecnici  dotati  delle  migliori
professionalita'. Infatti,  questi  ultimi,  proprio  a  causa  della
decurtazione dei propri onorari, sarebbero indotti  a  rifiutare  gli
incarichi  conferiti  da  soggetti  ammessi  al  patrocinio»   (cosi'
sentenza  n.  178  del  2017,   all'atto   della   dichiarazione   di
incostituzionalita' dell'art. 106-bis, decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 115, cit.). 
    La facolta' di avvalersi di un consulente di  parte  si  iscrive,
dunque, a pieno titolo sotto piu' profili nell'area  di  operativita'
della garanzia di cui all'art. 24 della Costituzione  e  privarne  il
non abbiente significa negargli il diritto di difendersi  su  aspetti
essenziali dell'accusa, soprattutto ove si consideri che il  pubblico
ministero per sostenerla puo' avvalersi di esperti nei piu'  svariati
settori senza limitazione di oneri economici. 
    La stessa giurisprudenza costituzionale ha  sempre  affermato  la
massima espansione di tale diritto, da  ultimo  dichiarando  che  «il
giusto processo, nel quale si attua la giurisdizione e si realizza il
diritto inviolabile di difesa, comporta necessariamente che  esso  si
svolga nel contraddittorio tra le  parti  nonche'  in  condizioni  di
parita', davanti a giudice terzo e  imparziale.  Il  contraddittorio,
primaria e fondamentale garanzia del giusto processo, consiste  nella
necessita' che tanto l'attore, quanto il contraddittore,  partecipino
o siano messi in condizione di partecipare al procedimento, anche  se
al   legislatore   e'   consentito   di   differenziare   la   tutela
giurisdizionale con riguardo  alla  particolarita'  del  rapporto  da
regolare. Il principio del contraddittorio costituisce  un  connotato
intrinseco del processo, nel quale deve essere assicurato il  diritto
di  difesa,  che  spetta  a  tutti  i  cittadini   nei   procedimenti
giurisdizionali.  Esso  e'  un  momento  fondamentale  del  giudizio,
cardine della ricerca dialettica della verita' processuale,  condotta
dal giudice con la collaborazione delle parti, volta  alla  pronuncia
di una decisione che sia il piu' possibile «giusta» (cfr. sentenza n.
96 del 2024; per l'affermazione che «in via  generale,  il  principio
del contraddittorio consacrato nell'articolo costituzionale  indicato
impone esclusivamente di garantire che ogni  giudizio  si  svolga  in
modo tale da assicurare alle parti la possibilita' di  incidere,  con
mezzi   paritetici,   sul   convincimento   del    giudice»,    Corte
costituzionale, sentenza n. 73 del 2022). 
    La stessa sentenza  che  ha  consentito  questo  dibattimento  ha
proclamato l'inviolabilita' della difesa, peraltro bilanciandola  con
l'esigenza di ordine costituzionale, convenzionale ed  internazionale
di  accertare  i  crimini  di  tortura  nelle  forme  pubbliche   del
dibattimento penale, «gia' solo per questo ... mai inutile, ove anche
circostanze esterne lo privino del contraddittorio dell'imputato», al
fine di impedire l'epilogo inaccettabile della radicale  frustrazione
del processo quando si risolve nella  creazione  di  un'immunita'  di
fatto, ostativa all'accertamento dei crimini di tortura. 
    Il  vulnus  che  consequenzialmente  si  e'  creato  nell'odierno
processo a sfavore della  difesa,  dotata  di  facolta'  d'iniziativa
assolutamente ridona e sbilanciata rispetto alle restanti parti,  non
si ritiene possa essere colmato dal rimedio che la  stessa  Corte  ha
individuato al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali
protetti dagli articoli 111 Cost. e 6  CEDU,  ossia  la  restituzione
nelle  facolta'  processuali  a  favore  degli  imputati,   i   quali
potrebbero comparire in ogni momento, «anche prima della pronuncia di
un'eventuale   condanna,   e   quindi   anche   senza   ricorrere   a
un'impugnazione», in  alternativa  al  diritto  alla  riapertura  del
processo in presenza e a loro richiesta, con il  riesame  del  merito
della causa. 
    Non vi e' chi non veda che da un lato si tratta di situazione del
tutto teorica e virtuale, priva di agganci al reale, anche  a  fronte
del successivo atteggiamento  delle  Autorita'  egiziane;  dall'altro
lato non vi e' ragione perche' la difesa  debba  essere  privata  nel
presente processo delle facolta' consentite dall'ordinamento e non le
possa sfruttare integralmente, anche  rimuovendo  limiti  rispetto  a
diritti che qui  si  ritengono  discutibilmente  negati  per  difetto
sistematico, cosi' da ridurre  il  dibattimento  ad  un  simulacro  a
garanzie ridotte. 
    Ne' puo' sottacersi che, nell'eventualita' di condanna di  uno  o
piu'  degli  imputati,  risulterebbe  di  fatto  impossibile  per  il
difensore la proposizione di un'impugnazione volta  a  riesaminare  i
temi  di  prova,  attesa  la  necessita'  di  disporre  a   pena   di
inammissibilita' di uno specifico mandato, che incontrera' i medesimi
limiti odierni, in ragione  delle  condizioni  poste  dall'art.  581,
comma 1-quater. c.p.p. («nel caso di imputato rispetto al quale si e'
proceduto in assenza, con l'atto di  impugnazione  del  difensore  e'
depositato,  a  pena  di  inammissibilita',  specifico   mandato   ad
impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza  e  contenente
la dichiarazione o l'elezione di  domicilio  dell'imputato,  ai  fini
della notificazione del decreto di citazione a giudizio»). 
    Risulta, quindi,  vieppiu'  necessario  l'integrale  sfruttamento
degli istituti di difesa  consentiti  in  giudizio,  a  fronte  della
lesione che si puo' proiettare in prospettiva ma che attualmente gia'
e'  insita  nella   creazione,   attraverso   la   dichiarazione   di
incostituzionalita'  dell'art.  420-bis,  comma  3,  c.p.p.,  di  una
partecipazione  straordinaria  al  processo  dell'imputato,  di  tipo
virtuale,  essendosi  delineata  un'assenza  cui   e'   estranea   la
conoscenza certa del processo, che e' risultata fonte di  adeguamento
di alcuni istituti tradizionali. gia' sperimentato rispetto  a  varie
questioni postesi nel corso del dibattimento. 
    In altri termini, ad un processo straordinario, nel  senso  della
sua instaurazione in deroga agli ordinari  criteri  del  processo  in
assenza  posti  dall'art.  420-bis,  commi  1  e  2  c.p.p.,   devono
conseguire  adattamenti  di  istituti   concepiti   sulla   base   di
presupposti diversi, unicamente rispetto ai quali risultano  conformi
ai  principi  generali  del  sistema;   ne'   l'astratta,   eventuale
possibilita' di rinnovazione del processo  puo'  autorizzare  che  il
presente si sviluppi con parzialita' dei diritti difensivi. 
    La questione attuale non appare risolvibile in via interpretativa
attraverso un'interpretazione costituzionalmente  conforme  a  fronte
del dato normativo testuale inequivoco posto dall'art. 225, commi 1 e
2 c.p.p. che, pur consentendo  astrattamente  alla  difesa,  compresa
quella d'ufficio, la nomina del consulente tecnico di parte, nel caso
di specie - a fronte dell'impossibilita' di presentare  richiesta  di
ammissione al  patrocinio  gratuito  con  la  conseguente  assunzione
dell'onere economico a carico dell'Erario - ne  condiziona  di  fatto
l'opzione  prevista  dall'art.  102,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica cit. all'alternativa di sopportare direttamente l'onorario
dell'esperto, o di rivolgersi ad  un  professionista  ·«conveniente»,
non selezionato tra i migliori del circuito, i  quali  verosimilmente
opporrebbero un  rifiuto  dell'accettazione  gratuita  dell'incarico,
ovvero - ulteriormente - di rinunciare all'esercizio di tale  diritto
di valore costituzionale» (sentenza n. 96 del 2024). 
    Non  risulta  di  rilievo  l'ignoranza  di  fatto  delle  attuali
condizioni patrimoniali degli imputati, a loro volta non  accertabili
neppure d'ufficio, e, quindi, l'eventuale diritto  all'ammissione  al
patrocinio  in  concreto  poiche'  cio'  che  si  richiede   non   e'
l'ammissione al patrocinio a carico dell'Erario,  sub  condicione  di
accertamento della sussistenza dei requisiti reddituali: quel che qui
si propone e' l'attribuzione anticipata degli effetti di  un  diritto
difensivo insopprimibile, ossia la facolta' di nomina di  un  proprio
consulente, nel caso fortemente pregiudicata, con anticipazione degli
oneri  ex  art.   107   a   carico   dell'Erario,   che   provvedera'
successivamente al recupero nei confronti degli imputati, secondo  il
meccanismo disegnato dagli articoli 116  comma  2  e  117,  comma  2,
decreto del Presidente della Repubblica  n.  115/2002,  salva  futura
ammissione al patrocinio a loro favore. 
    Si  tratta,  quindi,  a  parere  della  Corte,   di   un'evidente
menomazione del diritto di difesa che, a prescindere dalle condizioni
di accertamento dell'abbienza, monoma grandemente la possibilita'  di
efficacemente contraddire sulla  questione  rispetto  alla  quale  e'
stata ammessa perizia, senza che cio' possa  essere  controbilanciato
da rilievi  legati  alla  necessita'  del  contenimento  della  spesa
pubblica entro giusti limiti che lo stesso  legislatore  ha  in  piu'
occasioni inteso  superare  privilegiando  considerazioni  di  natura
diversa volte a valorizzare  il  diritto  di  difesa,  in  ogni  caso
reputato prevalente rispetto alla tutela dell'equilibrio del bilancio
statuale (cfr. gli articoli 76 commi 4-ter, e 4-quater,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115, cit.). 
    Si ritiene che la lesione, anziche' attingere  l'intero  impianto
del patrocinio a carico dell'Erario ed, in particolare, gli  articoli
74 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del  2002,
evocati dalla difesa,  vada  limitata  e  circoscritta  quale  frutto
diretto del  combinato  dell'art.  225,  commi  1  e  2  c.p.p.,  che
facoltizzando la nomina ad opera  delle  parti  del  processo  di  un
proprio consulente nei casi in cui sia stata ammessa perizia. rinvia,
in presenza di situazioni di indisponibilita' economica  delle  parti
private,  alle  (sole)  condizioni  imposte   dalla   normativa   sul
patrocinio dei non abbienti,  ossia  all'art.  102  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, qui  inaccessibile,  non
essendo stati gli imputati informati del relativo  diritto  ai  sensi
dell'art. 103, cit., ne' avendo potuto i loro  difensori  valutare  e
sollecitarne l'adesione, trattandosi  di  un  processo  celebrato  in
assenza, pur in difetto di prova certa  sulla  conoscenza  della  sua
pendenza in capo agli imputati  stessi,  come  disposto  dalla  Corte
costituzionale con sentenza n. 192 del 2023. 
    Ne' potrebbe porsi la questione limitatamente al  solo  art.  225
c.p.p., poiche' a cio' non conseguirebbe l'effetto inseguito di porre
a carico dello Stato quale anticipazione la relativa spesa, ai  sensi
dell'art. 107, comma  3,  lett.  d),  decreto  del  Presidente  della
Repubblica: sicche' si ritiene che  il  dubbio  di  costituzionalita'
prospettato sia frutto della lettura congiunta delle varie norme  qui
individuate e commentate. 
    5.2. Un'altra rilevante ragione di accoglimento  delle  questioni
attiene alla violazione del principio fondamentale di  uguaglianza  e
della parita' delle parti se e' vero che, tra le ricadute di  sistema
prodotte  dall'irragionevole  situazione  di  fatto  e   di   diritto
censurata, potrebbe esservi quella dell'allontanamento  dei  soggetti
dotati  delle  migliori  professionalita',  tanto  piu'  che   mentre
l'ausiliario del magistrato rende prestazioni non  rifiutabili  (art.
221 c.p.p.), sul consulente di parte non grava tale obbligo. 
    Ma anche a prescindere da cio', decisiva e'  la  circostanza  per
cui il  pubblico  ministero  puo'  scegliere  il  proprio  consulente
tecnico senza che costui possa rifiutare  l'incarico  (art.  359  del
codice di procedura penale) e tutte le disposizioni del  testo  unico
in  materia  di  spese  di  giustizia  riferite  all'ausiliario   del
magistrato vanno intese come comprensive dei consulenti  della  parte
pubblica (secondo la definizione  contenuta  nell'art.  3,  comma  1,
lettera a, del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  115  del
2002). 
    Ne consegue, nell'ambito di un  rito  di  tipo  accusatorio,  una
percepibile disparita'  di  condizione  tra  le  parti  del  processo
penale, nei  procedimenti  nei  quali  siano  coinvolte  persone  non
ammesse al patrocinio a spese dello Stato perche' non informate e non
informabili del relativo diritto, in  maniera  tale  da  condizionare
anche  le  facolta'  accessorie,  quale  la  nomina  di  un   proprio
consulente da parte  del  difensore:  dove  la  parte  pubblica  puo'
avvalersi dei migliori esperti, senza limitazioni di onorari,  mentre
la parte privata puo' sentirsi opporre  un  rifiuto,  motivato  dalla
prevedibile esiguita' del compenso, erogabile  a  proprie  spese  dal
difensore, se non dalla gratuita', quand'anche taluno  degli  esperti
ne accettasse la nomina. 
    Si tratta, all'evidenza, di una disparita' di condizione fattuale
che, oltre a ledere il diritto di difesa, introduce una significativa
disparita'  sostanziale  tra  le  parti  processuali,   pur   vietata
dall'art. 111, comma 2 della Costituzione («ogni processo  si  svolge
nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'...») e tra
i consulenti tecnici stessi. 
    A tali complessive considerazioni non potrebbe opporsi che si  e'
in presenza di circostanze di  mero  fatto,  non  suscettibili,  come
tali,  di  incidere  sulla   legittimita'   costituzionale   di   una
disposizione di legge: giacche', in realta', la discrasia sottoposta,
idonea a pregiudicare la piena garanzia del diritto di  difesa,  lede
altresi' il principio di  parita'  e  il  diritto  di  uguaglianza  e
discende direttamente dal descritto contesto  normativo  in  tema  di
nomina dei consulenti di parte privata, letto  in  combinato  con  il
regime attuale delle spese di giustizia. 
    5.3. Un ulteriore parametro che si reputa violato e' quello posto
dall'art. 117, comma 1 della Costituzione, in  rapporto  all'art.  6,
par.  3  lett.   d)   CEDU   e   all'interpretazione   datane   nella
giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti  (cfr.  sentenza  27
marzo 2014, Matitsyna contro Russia e sentenza 24 aprile 2014,  Dusko
Ivanovski contro ex Repubblica Jugoslava di  Macedonia),  laddove  e'
stato sottolineato il diritto all'ammissione della prova  scientifica
in capo all'imputato e sanzionata  l'iniquita'  delle  procedure  che
avevano portato alla condanna dei ricorrenti a  causa  della  mancata
ammissione della stessa, pregiudicando la possibilita'  della  difesa
di contraddire l'accusa ad armi pari. 
    Ogni qualvolta, dunque, il difensore non sia posto  m  condizione
di confutare efficacemente tramite propri esperti le conclusioni  dei
consulenti dell'accusa vi e'  violazione  del  diritto  alla  parita'
delle parti e  alla  possibilita'  di  confutare  adeguatamente  ogni
elemento di prova a carico: valori tutelati a livello  sovranazionale
quale profilo specifico del diritto di difesa  e  dell'equo  processo
convenzionale. 
    5.4. Tutto quanto argomentato porta alla conclusione secondo  cui
le norme censurate, vietando di fatto ai difensori, nei termini sopra
illustrati, il libero esercizio di una facolta'  loro  spettante,  in
quanto insita nei diritti inviolabili di difesa e  di  parita'  delle
armi nonche' del principio di  uguaglianza,  idonee  a  limitarne  il
pieno  esercizio  quale  garantito  dagli  ambiti  costituzionali   e
sovranazionali  richiamati,  risultano  non  conformi   ai   principi
fondamentali che governano i l processo penale. 
    La questione di costituzionalita', dunque, che qui  si  sottopone
d'ufficio alla Corte, appare rilevante al fine della definizione  del
giudizio e non manifestamente infondata avuto riguardo  ai  parametri
indicati di cui agli articoli 3, 24, comma 2, 111,  comma  2  e  117,
comma 1 della Costituzione. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  225,  comma  2  c.p.p.  in  relazione  agli
articoli 102 e 107, comma 3, lettera d), del decreto  del  Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n.  115,  laddove  consentendo  alle
parti private la nomina di un consulente tecnico a spese dello  Stato
ove sia stata ammessa perizia, rinvia alla  disciplina  sul  gratuito
patrocinio, segnatamente agli articoli 102 e 107, che, a loro  volta,
subordinano  la  nomina  e  la  conseguente  anticipazione  a  carico
dell'Erario all'avvenuta ammissione al patrocinio, non consentendo la
nomina del consulente tecnico, con spesa anticipata  dall'Erario,  da
parte del difensore d'ufficio che  assista  un  imputato,  dichiarato
assente ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di  procedura
penale, nell'ambito di un  processo  pendente  per  delitti  commessi
mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza
dello Stato di appartenenza dell'imputato, e'  risultato  impossibile
avere la prova che quest'ultimo, pur  consapevole  del  procedimento,
sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo per  delitti
commessi mediante gli atti di tortura definiti  dall'art.  1  C.A.T.,
per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 24, comma 2, 111, comma  2
e 117, comma 1 della Costituzione. 
    Ordina la sospensione del procedimento  in  corso  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone  che  la  presente  ordinanza,  comunicata  al   pubblico
ministero  e  notificata  alle  restanti  parti,  sia  notificata  al
Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente  del
Senato e al Presidente della Camera dei Deputati. 
      Cosi' deciso in Roma, 23 ottobre 2025 
 
                         Il Presidente: Roja 
 
 
                                      Il Giudice a. l.: Della Vecchia
                    

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