Reg. ord. n. 217 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/11/2025 n. 46

Ordinanza del Corte suprema di cassazione  del 06/10/2025

Tra: S. V.

Oggetto:

Esecuzione penale – Esecuzione delle pene detentive – Provvedimento di cumulo – Sospensione dell’ordine di esecuzione e accesso al procedimento semplificato per l’eventuale applicazione della liberazione anticipata – Esclusione della scindibilità del cumulo nel caso in cui questo includa pene irrogate per delitti di cui all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975 – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 656  Co. 4



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 217 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 ottobre 2025

Ordinanza del 6 ottobre 2025 della Corte di  cassazione  sul  ricorso
proposto da S. V.. 
 
Esecuzione penale - Esecuzione delle pene detentive  -  Provvedimento
  di cumulo - Sospensione dell'ordine  di  esecuzione  e  accesso  al
  procedimento  semplificato  per  l'eventuale   applicazione   della
  liberazione anticipata - Esclusione della scindibilita' del  cumulo
  nel caso in cui questo includa pene irrogate  per  delitti  di  cui
  all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975. 
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 4-bis, ultimo periodo. 


(GU n. 46 del 12-11-2025)

 
                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima Sezione penale 
 
    Composta da: 
        Giuseppe Santalucia - Presidente; 
        Giorgio Poscia; 
        Raffaello Magi - relatore; 
        Vincenzo Galati; 
        Carmine Russo; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da:  V.
S. nato a ... il ... 
    avverso l'ordinanza del 10  aprile  2025  del  GIP  Tribunale  di
Palermo; 
    vista la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi; 
    vista la  requisitone  del  sost.  Procuratore  generale  Assunta
Cocomello, che ha concluso per il rigetto del ricorso; 
    vista altresi' la memoria difensiva depositata nell'interesse del
ricorrente del 6 giugno 2025; 
    in procedura a trattazione scritta. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con ordinanza emessa in data 10 aprile 2025 il giudice per  le
indagini preliminari del Tribunale di Palermo - quale  giudice  della
esecuzione - ha respinto la domanda introdotta da V.  S.  ,  tesa  ad
ottenere la sospensione temporanea dell'ordine di  esecuzione  emesso
dal pubblico ministero,  in  riferimento  alla  mancata  applicazione
della previsione di legge di cui all'art. 656, comma 4-bis del codice
di procedura penale. 
    2. Giova precisare che: a) secondo la prospettazione difensiva V.
potrebbe ottenere l'applicazione della liberazione anticipata, avendo
sofferte tre semestri di custodia cautelare  in  arresti  domiciliari
per i fatti oggetto del giudizio; b) ove si procedesse in  tal  senso
la pena inflitta per il  reato  ostativo  risulterebbe  integralmente
scontata e cio' dovrebbe determinare, in rapporto alla pena  residua,
la sospensione dell'ordine di carcerazione ai  sensi  dell'art.  656,
comma 5 del codice di procedura penale. 
    In motivazione il giudice della esecuzione evidenzia che il V. ha
riportato condanna al capo B) per una condotta di detenzione  a  fini
di spaccio di ingente quantita' di sostanza stupefacente,  reato  che
risulta ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis della  legge  di
ordinamento penitenziario n. 354 del 1975  (da  ora  in  avanti  ord.
pen.). Da cio' deriva la doverosa emissione - da parte  del  pubblico
ministero - dell'ordine di esecuzione senza previa trasmissione degli
atti al magistrato di sorveglianza per la decisione applicativa della
liberazione anticipata, atteso che  la  disposizione  invocata  dalla
difesa (art. 656, comma 4-bis) per espresso dettato normativo non  si
applica nei confronti dei condannati per i delitti  di  cui  all'art.
4-bis ord. pen. 
    3. Avverso detta ordinanza ha proposto - nelle forme di  legge  -
ricorso per cassazione V.  S.,  con  successivo  deposito  di  motivi
aggiunti. 
    Nell'atto di ricorso, con un  unico  motivo,  si  deduce  erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione. 
    La difesa del ricorrente evidenzia che  la  decisione  emessa  in
sede di cognizione (alla pena di anni sei  di  reclusione)  di  certo
include al capo B) il reato di cui agli articoli 73 e  80,  comma  2,
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  309/1990  -  ricompreso
nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen. al comma 1-ter  -  ma  la
attribuzione della liberazione anticipata  in  via  preventiva  (come
previsto dall'art. 656, comma 4-bis, del codice di procedura penale),
in  uno  con  il  periodo  di  custodia  sofferto,  ne  comporterebbe
l'espiazione (con raggiungimento della soglia  di  anni  due  e  mesi
cinque di reclusione,  superiore  alla  pena  inflitta),  sicche'  il
titolo  in  esecuzione,  per  il   tempo   residuo,   sarebbe   stato
«sospendibile» ai  sensi  dell'art.  656,  comma  5,  del  codice  di
procedura penale, perche' correlato a reato non  ostativo  e  per  un
residuo pena inferiore a quattro anni. 
    Pertanto l'interpretazione offerta dal giudice  della  esecuzione
sarebbe contraria al  generale  principio  della  cd.  scissione  del
cumulo, secondo il quale le ipotesi di ostativita'  «scompaiono»  li'
dove la pena relativa al reato ostativo - in  un  decreto  di  cumulo
eterogeneo - sia stata effettivamente scontata. Non vi sarebbe stata,
pertanto, una corretta applicazione della disposizione di legge, dato
che  con  l'applicazione  della  liberazione  anticipata  il   titolo
esecutivo sarebbe stato interamente riferibile a reato non ostativo. 
    4. In sede di motivi aggiunti viene introdotta  dalla  difesa  la
richiesta di sollevare - in subordine  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 4-bis  del  codice  di  procedura
penale, ove interpretato nel senso esposto nella decisione impugnata. 
    Secondo la difesa li dove si dovesse  ritenere  che  la  voluntas
legis sia quella di escludere l'applicabilita' dell'art.  656,  comma
4-bis ad ogni ipotesi di ricorrenza - all'interno  del  provvedimento
di cumulo - di una fattispecie ricompresa nell'elenco di cui all'art.
4-bis  ord.  pen.,  cio'   esporrebbe   la   norma   a   rilievi   di
incostituzionalita' in riferimento a quanto previsto  dagli  articoli
3, 13 e 27 comma 3 della Costituzione. 
    In particolare si evidenzia che una  volta  ritenuto  applicabile
anche in rapporto alla disciplina di cui all'art. 656 del  codice  di
procedura  penale,  il  principio  del  necessario  scioglimento  del
cumulo, con  attribuzione  della  quota  di  pena  espiata  al  reato
ostativo, sarebbe  irragionevole  precludere  al  condannato  per  un
delitto di cui all'art. 4-bis ord.  pen.  l'accesso  al  procedimento
anticipatorio - della decisione sulla liberazione anticipata - di cui
all'art. 656, comma 4-bis e cio' in tutte  le  occasioni  in  cui  la
concessione della liberazione anticipata  determini  la  «espiazione»
della quota di pena riferibile al reato ostativo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. La decisione impugnata. nei suoi  contenuti,  e'  aderente  al
contenuto della disposizione di cui all'art.  656,  comma  4-bis  del
codice di procedura penale. 
    2.  Il  particolare  meccanismo  procedurale  de  quo  e'   stato
introdotto dall'art. 1 del decreto-legge n. 78 del  1°  luglio  2013,
convertito nella legge n. 94 del 9  agosto  2013  (nell'ambito  delle
misure  volte  a  fronteggiare  il  fenomeno   del   sovraffollamento
carcerario anche in considerazione di  quanto  statuito  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Torregiani contro Italia
dell'8 gennaio 2013) e  tende  a  rendere  possibile  la  sospensione
dell'ordine di esecuzione (di cui al comma 5 del  medesimo  art.  656
del codice di procedura penale) attraverso il riconoscimento  in  via
immediata della liberazione anticipata  (art.  54  ord.  pen.)  nelle
occasioni in cui l'entita' della  «pena  scontata»  (sia  in  ragione
della fungibilita' tra custodia cautelare e  pena  che,  appunto,  in
ragione della attribuzione  dei  periodi  di  liberazione  anticipata
maturati) renda possibile la sospensione  della  efficacia  esecutiva
del titolo. Cio' perche', come e' noto, il titolo esecutivo -  tranne
le ipotesi di deroga di cui all'art. 659, comma 9  -  va  sospeso  in
rapporto ad una determinata «quota» di pena residua da espiare  (pari
ad anni quattro nella ipotesi ordinaria,  in  ragione  dei  contenuti
della pronunzia n. 41 del 2018 Corte costituzionale).  Il  meccanismo
si pone in rapporto alla  finalita'  essenziale  dell'istituto  della
sospensione dell'ordine di esecuzione che, come e' noto, e' quella di
consentire al condannato di proporre - da  libero  -  la  domanda  di
misura alternativa alla detenzione, evitando in tal  modo  l'ingresso
di costui nel circuito carcerario (come rimarcato  proprio  da  Corte
costituzionale n. 41 del 2018, ove si e' affermato con  nettezza  che
la natura servente dell'istituto oggetto del dubbio  di  legittimita'
costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni  qual
volta venga spezzato il filo che lega la sospensione  dell'ordine  di
esecuzione alla possibilita' riconosciuta al condannato di sottoporsi
ad  un  percorso  risocializzante  che  non  includa  il  trattamento
carcerario). 
    Come  ritenuto  da  Sez.  IV  n.  48993/2017,   rv   271157,   la
trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza  ex  art.  656,
comma 4-bis, affinche' provveda  alla  eventuale  applicazione  della
liberazione  anticipata  -  li'  dove  cio'  possa   incidere   sulla
sospendibilita'  del  titolo  esecutivo  quoad  poenam  -   e'   atto
vincolato,  tanto  da  poter  dar  luogo,  in   caso   di   omissione
dell'adempimento,  alla  ipotesi  di  ingiusta  detenzione   per   la
emissione del titolo non sospeso. 
    La disposizione di legge in parola, tuttavia, contiene un divieto
di applicazione espresso «nei confronti dei condannati per i  delitti
di cui all'art. 4-bis delle legge n. 354  del  26  luglio  1975».  Si
tratta  di  un  divieto  chiaro  e  inequivoco,   che   non   tollera
interpretazioni riduttive o, meno che mai, abrogative. 
    Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto escludere  dal  cono
applicativo  della  disposizione  i  soggetti  che,  in  rapporto  ai
contenuti del titolo esecutivo,  risultino  condannati  per  uno  dei
reati ricompresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord.  pen.,  senza
operare distinzione alcuna tra l'ipotesi in cui l'attribuzione  della
liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire  la  strada
alla sospensione del titolo (che e', per  l'appunto  l'in  se'  della
norma) e le altre. Sotto tale profilo il provvedimento impugnato  non
contiene alcun vizio rilevabile nella presente sede di legittimita'. 
    3. La questione incidentale di legittimita' costituzionale  della
disposizione in parola e', tuttavia, rilevante e  non  manifestamente
infondata, in riferimento ai principi espressi dagli articoli 3 e  27
della Costituzione, per le ragioni che seguono. 
    Quanto al profilo della rilevanza si osserva  che  aderendo  alla
prevalente interpretazione espressa da questa Corte  in  ordine  alla
«scindibilita'  del  cumulo»  anche  li'  dove  si  tratti  di   dare
applicazione, da parte del pubblico ministero, ai contenuti dell'art.
656 del codice di rito, la pena riferibile a reato ostativo  dovrebbe
ritenersi, come affermato  dal  ricorrente,  interamente  espiata  in
ragione del periodo di presofferto  e  del  preventivo  scomputo  del
periodo di liberazione anticipata. 
    Come  e'  noto  per  «scissione  del  cumulo»   si   intende   la
attribuzione dei periodi di pena gia' espiata al reato che condiziona
l'applicazione in concreto di una disposizione di legge  peggiorativa
del trattamento penitenziario, come e' quella  dell'art.  4-bis  ord.
pen.. Cio' allo scopo di rendere possibile e dovuta l'applicazione  -
in rapporto al segmento temporale di pena ancora da scontare -  delle
disposizioni di legge che disegnano il trattamento penitenziario  cd.
ordinario. 
    L'istituto, quanto alle dinamiche applicative della  disposizione
di legge di cui all'art. 4-bis ord. pen. trova radici storiche  e  di
sistema in Corte costituzionale n. 361 del 1994, intervenuta  proprio
per  dissipare  il  dubbio  circa  la  applicabilita'  del   generale
principio di scindibilita' del cumulo alle situazioni esecutive sorte
dopo la introduzione (gia' con il decreto-legge n. 152 del 13  maggio
1991) della disposizione peggiorativa. Il giudice delle leggi,  nella
citata decisione ha  affermato  che  [...]  non  si  rinvengono  dati
normativi per sostenere che  la  nuova  disciplina  recata  dall'art.
4-bis abbia creato una sorta di status di «detenuto  pericoloso»  che
permei di se' l'intero rapporto esecutivo a  prescindere  dal  titolo
specifico di condanna. Al contrario, proprio  perche'  la  disciplina
sulle misure alternative si articola, ancor piu' che nel passato,  in
termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali  e'
stata pronunciata  condanna  la  cui  pena  e'  in  esecuzione,  deve
ritenersi  ulteriormente  valorizzato  il  tradizionale  insegnamento
giurisprudenziale della necessita' dello scioglimento del  cumulo  in
presenza  di  istituti  che,  ai  fini  della  loro   applicabilita',
richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e  delle
relative pene. La contraria  opinione  collega  invece  il  permanere
della pericolosita' soggettiva al dato  contingente  di  un  rapporto
esecutivo in atto; con la conseguenza che, per circostanze  meramente
casuali (dipendenti ad  esempio  dal  sopravvenire  di  nuovi  titoli
detentivi nel  corso  della  esecuzione  della  pena  per  precedenti
condanne) verrebbe ad atteggiarsi in modo differente  il  regime  dei
presupposti per l'applicazione delle  misure  alternative.  Una  tale
conseguenza configurerebbe,  sotto  il  profilo  della  irragionevole
discriminazione di  situazioni  tra  loro  assimilabili,  la  lesione
dell'art. 3 della Costituzione; sicche',  in  presenza  del  riferito
contrasto di  orientamenti  giurisprudenziali  deve  comunque  essere
preferita la soluzione interpretativa conforme a Costituzione, che e'
quella di cui e' espressione l'orientamento tradizionale [...] 
    In sede nomofilattica il principio e' stato riaffermato  gia'  da
Sezioni Unite ... del 1999 secondo  cui  [...]  questa  visione,  per
cosi' dire «pluralistica», del reato continuato e'  stata  confermata
da Sez. Un. 1997, ... , la quale ha riaffermato la legittimita' dello
scioglimento  del  cumulo  giuridico,  oltre  che  ai   fini   appena
menzionati, anche quanto a individuazione del termine di prescrizione
[...]  ...  a  conforto  della  soluzione  qui  accolta  puo'  essere
richiamata anche la recente decisione resa dalla Corte in sez. I,  26
marzo 1999, n. 2529, la quale, in armonia con la regola affermata  da
Corte costituzionale n. 361 del 1994, evidenzia, tra l'altro, come la
tesi  della  inscindibilita'  del  cumulo  genererebbe  inaccettabile
diversita' di trattamento a seconda  della  eventualita',  del  tutto
casuale, di un  rapporto  esecutivo  unico,  conseguente  al  cumulo,
ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che  scaturiscono
dalle singole  condanne.  Infatti,  solo  in  tale  seconda  ipotesi,
sottolinea la decisione in commento, l'avvenuta espiazione della pena
inflitta per  il  titolo  ostativo,  determinando  l'esaurimento  del
corrispondente  rapporto  esecutivo,  permetterebbe   la   successiva
fruizione dei benefici penitenziari in relazione ad  altre  condanne;
mentre,  nel  primo  caso,  l'unificazione  delle   pene,   ancorche'
destinata a temperare l'asprezza del cumulo materiale, produrrebbe il
paradossale effetto negativo di  assegnare  alla  quantita'  di  pena
riferita  al  titolo  di  reato  ostativo  una  sorta  di   efficacia
impeditiva  permanente  agli  effetti  dei   benefici   penitenziari,
giacche', nell'ipotesi in cui il  corrispondente  periodo  sia  stato
gia' espiato, la preclusione di che trattasi permarrebbe per l'intera
durata delle pene cumulate,  anche  dopo  il  concreto  «esaurimento»
della condanna ostativa. Ma tali conseguenze, conclude la  decisione,
si  porrebbero  in  contrasto  con  i  principi   costituzionali   di
ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della
pena; conseguenze che - come ha rilevato la Corte costituzionale  con
sentenza n. 386 del 1989 -  non  possono  ritenersi  assecondate  dal
principio della pena unica sancito  dall'art.  76,  comma  1,  codice
penale [...]. Concludendo, sul punto, va affermato  il  principio  di
diritto secondo il quale nel  corso  dell'esecuzione  della  pena  il
vincolo della continuazione tra reati e' scindibile,  in  riferimento
alla pena  applicata  per  piu'  reati  astretti  dal  vincolo  della
continuazione,  al  fine   di   consentire   la   valutazione   della
sussistenza, o meno, di ostacolo, veniente dalla tipologia di un dato
reato, giudicato in  continuazione,  alla  concessione  dei  benefici
penitenziari ex art. 4-bis,  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  come
sostituito dall'art. 15 comma 1, lettera a), decreto-legge  8  giugno
1992, n. 306, convertito dalla legge  7  agosto  1992,  n.  356.  Per
effetto dello scioglimento del cumulo, poi, ciascuna  fattispecie  di
reato riacquista la sua autonomia, sia quanto a  pena  edittale,  sia
quanto a pena applicata o  applicabile  in  concreto  la  quale,  per
scongiurare   l'effetto   ostativo,   deve   risultare    interamente
scontata[...]. 
    Piu' di recente, Sez. U, n. 30753  del  15  dicembre  2022,  dep.
2023, ..., Rv. 284820 ha ribadito il generale principio  per  cui  in
caso di cumulo di pene concorrenti deve ritenersi scontata per  prima
quella piu' gravosa per il reo ed ha rimarcato, offrendo  continuita'
alla prevalente interpretazione nomofilattica, come  in  ragione  del
principio  della  scindibilita'  del  cumulo  «una   volta   avvenuta
l'espiazione della pena inflitta  in  ordine  ai  delitti  ricompresi
nell'art. 4-bis ord. pen. il  divieto  di  concessione  dei  benefici
penitenziari ai condannati per uno dei delitti ostativi non  ha  piu'
ragione di operare». 
    4.  Ora,  e'  importante  precisare,  al  fine  di  affermare  la
rilevanza del dubbio di costituzionalita', che  la  prevalente  linea
interpretativa di legittimita' ritiene  applicabile  detto  principio
anche alla fase della sospensione dell'ordine di esecuzione. 
    Si tratta di un momento procedimentale che e'  connotato  da  una
giurisdizionalita' eventuale (essendo possibile la  instaurazione  di
un incidente di esecuzione ai sensi degli  articoli  666  e  ss.  del
codice di procedura penale li' dove il pubblico ministero  non  abbia
dato luogo alla sospensione e il condannato invochi  la  applicazione
dell'art. 656, comma 5 del codice di procedura penale  v.  per  tutte
Sez.  I  n.  36007  del  2011,  rv  250786),  essendo  affidato  alle
determinazioni del pubblico ministero quale organo di attuazione  del
titolo esecutivo. Ma da cio' non puo' derivare alcuna  variazione  di
assetto in punto di necessaria applicazione dei principi  di  diritto
che governano la  fase  di  emissione  dell'ordine  di  esecuzione  e
l'accessibilita' alle misure alternative alla detenzione. 
    Come e' stato di recente ribadito - in termini generali - da Sez.
I n. 29469 del 30 maggio 2025, ... n.m.  (ove  si  richiama,  tra  le
altre, Sez. I n. 23902 del 2013, rv 256139, nonche' le decisioni  non
massimate Sez. I n. 35390 del 18 febbraio 2019, Sez. I n.  10024  del
21 dicembre 2022, dep. 2023, Sez. I n. 51412 del  2023)  non  sarebbe
tollerabile, sul piano della  tutela  della  liberta'  personale,  la
diversita' di  approccio  tra  pubblico  ministero  e  giudice  della
esecuzione, sicche' la sola conclusione  sostenibile  e'  quella  che
vede l'applicazione del principio anche alla fase di cui all'art. 656
del codice di procedura penale. 
    Da cio' deriva: che la previsione di cui all'art. 656,  comma  9,
lettera a), nella parte in cui esclude la possibilita' di sospensione
del titolo nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art.
4-bis della legge n. 354 del 1975, puo' trovare applicazione solo  se
ed in quanto  (in  caso  di  cumulo  eterogeneo)  la  quota  di  pena
riferibile al reato ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis  non
sia stata gia' interamente scontata; che la questione di legittimita'
costituzionale e' rilevante, posto  che  e'  proprio  il  divieto  di
applicazione della speciale procedura  di  cui  all'art.  656,  comma
4-bis - nel caso  del  ricorrente  -  a  rendere  «non  integralmente
scontata» la pena riferibile al reato ostativo. 
    5.  Va  dunque  esaminato  il   profilo   della   non   manifesta
infondatezza della questione. 
    Ad avviso del Collegio la questione non puo' dirsi manifestamente
infondata, per le ragioni che seguono. 
    A venire in rilievo,  al  di  la'  del  principio  del  finalismo
rieducativo  di  cui  all'art.  27  Cost.,  inciso  dall'obbligatorio
passaggio in carcere di un soggetto che potrebbe essere  destinatario
di  una  misura  alternativa,  e'  essenzialmente  il  principio   di
ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,  principio  che  impone  di
rinvenire il  fondamento  razionale  di  una  scelta  legislativa  di
diversificazione (in peius) del trattamento. 
    Cio' perche' il possibile vulnus al principio  di  ragionevolezza
sta proprio nel fatto che la disposizione di legge in esame  realizza
esclusivamente un «modello di tipo procedurale» ispirato, come si  e'
detto,   alla   semplificazione   del   procedimento   di   eventuale
attribuzione della liberazione anticipata di  cui  all'art.  54  ord.
pen., istituto che, sul piano della  conformazione  legislativa,  non
tollera diversificazioni in rapporto al titolo di reato (essendo  per
espresso dettato di legge applicabile anche  ai  soggetti  condannati
per reati che rientrano nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen.),
ne' in rapporto alla specie di pena  (essendo  applicabile  anche  ai
condannati  all'ergastolo  in  virtu'  di  quanto  deciso  da   Corte
costituzionale n. 274 del 1983). 
    Se dunque l'attribuzione della liberazione anticipata  -  in  via
ordinaria - e' prevista  dal  legislatore  anche  in  riferimento  al
periodo trascorso in stato di custodia cautelare, ove abbia raggiunto
almeno un semestre (con i criteri valutativi espressi da  Sez.  I  n.
6204 del 12 novembre 1999, rv 214832  e  da  Sez.  I  n.  894  del  9
settembre 2019, dep. 2020, rv 278465) e se il  soggetto  destinatario
dell'ordine di esecuzione non si trova in stato di custodia cautelare
in carcere (perche' in tal caso opera la deroga alla  sospendibilita'
del titolo di cui all'art. 656, comma 9, lettera b) la condizione del
soggetto condannato per un reato ricompreso nel nutrito elenco di cui
all'art. 4-bis ord. pen, (v. Corte costituzionale n. 139 del 2025  al
par. 8.2 del Considerato in diritto) non differisce - sul piano della
aspirazione ad ottenere la valutazione  immediata  della  liberazione
anticipata - rispetto a quella dei condannati  per  altri  titoli  di
reato. 
    La inapplicabilita' del meccanismo procedurale  di  cui  all'art.
656, comma 4-bis a tali soggetti ne determina,  pertanto,  l'ingresso
temporaneo in carcere anche nelle ipotesi in cui la domanda di misura
alternativa (in virtu' delle  ricadute  del  ricordato  principio  di
scissione  del  cumulo)  sarebbe  resa  possibile   dalla   immediata
attribuzione della liberazione anticipata, con obbligo - a quel punto
- di sospensione del titolo. 
    Cio'  rende  ad  avviso  del  Collegio  evidente  il  dubbio   di
legittimita' costituzionale, posto che  dalla  negazione  di  accesso
(per il  solo  titolo  di  reato)  ad  un  meccanismo  esclusivamente
procedurale che mira a semplificare la concessione (in  presenza  dei
presupposti)  della  liberazione  anticipata  deriva  un  surplus  di
afflittivita' che non trova razionale giustificazione,  posto  che  -
per definizione - il soggetto condannato che aspira alla  sospensione
del  titolo  non  si  trova  sottoposto  ad  una   misura   cautelare
custodiale, il che depone per l'assenza  di  pericula  libertatis  da
contenere. 
    In altre parole, va rilevato che nel caso  dell'art.  656,  comma
4-bis del codice di procedura penale il diniego di  applicazione  del
meccanismo, sin qui descritto, si risolve in un pregiudizio «in rito»
il cui fondamento non e' di immediata percezione (posto che, come  si
e' detto, la liberazione anticipata e' istituto di portata  generale)
e da cui puo', in concreto, derivare un  pregiudizio  sostanziale  di
rilievo, con transito temporaneo in carcere di un  soggetto  che  ben
potrebbe aspirare alla sospensione, essendo  potenziale  destinatario
di una liberazione anticipata gia' maturata (durante  il  periodo  di
custodia cautelare) ma  non  oggetto  di  valutazione  da  parte  del
magistrato di sorveglianza. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  656,  comma  4-bis,   ultimo
periodo, codice di procedura penale, in riferimento agli articoli 3 e
27 della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte  di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' e' deciso, 11 luglio 2025 
 
                      Il Presidente: Santalucia 
 
 
                                       Il consigliere estensore: Magi
                    

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