Reg. ord. n. 217 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/11/2025 n. 46
Ordinanza del Corte suprema di cassazione del 06/10/2025
Tra: S. V.
Oggetto:
Esecuzione penale – Esecuzione delle pene detentive – Provvedimento di cumulo – Sospensione dell’ordine di esecuzione e accesso al procedimento semplificato per l’eventuale applicazione della liberazione anticipata – Esclusione della scindibilità del cumulo nel caso in cui questo includa pene irrogate per delitti di cui all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975 – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 656
Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 217 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 ottobre 2025
Ordinanza del 6 ottobre 2025 della Corte di cassazione sul ricorso
proposto da S. V..
Esecuzione penale - Esecuzione delle pene detentive - Provvedimento
di cumulo - Sospensione dell'ordine di esecuzione e accesso al
procedimento semplificato per l'eventuale applicazione della
liberazione anticipata - Esclusione della scindibilita' del cumulo
nel caso in cui questo includa pene irrogate per delitti di cui
all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 4-bis, ultimo periodo.
(GU n. 46 del 12-11-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione penale
Composta da:
Giuseppe Santalucia - Presidente;
Giorgio Poscia;
Raffaello Magi - relatore;
Vincenzo Galati;
Carmine Russo;
ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: V.
S. nato a ... il ...
avverso l'ordinanza del 10 aprile 2025 del GIP Tribunale di
Palermo;
vista la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi;
vista la requisitone del sost. Procuratore generale Assunta
Cocomello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
vista altresi' la memoria difensiva depositata nell'interesse del
ricorrente del 6 giugno 2025;
in procedura a trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa in data 10 aprile 2025 il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Palermo - quale giudice della
esecuzione - ha respinto la domanda introdotta da V. S. , tesa ad
ottenere la sospensione temporanea dell'ordine di esecuzione emesso
dal pubblico ministero, in riferimento alla mancata applicazione
della previsione di legge di cui all'art. 656, comma 4-bis del codice
di procedura penale.
2. Giova precisare che: a) secondo la prospettazione difensiva V.
potrebbe ottenere l'applicazione della liberazione anticipata, avendo
sofferte tre semestri di custodia cautelare in arresti domiciliari
per i fatti oggetto del giudizio; b) ove si procedesse in tal senso
la pena inflitta per il reato ostativo risulterebbe integralmente
scontata e cio' dovrebbe determinare, in rapporto alla pena residua,
la sospensione dell'ordine di carcerazione ai sensi dell'art. 656,
comma 5 del codice di procedura penale.
In motivazione il giudice della esecuzione evidenzia che il V. ha
riportato condanna al capo B) per una condotta di detenzione a fini
di spaccio di ingente quantita' di sostanza stupefacente, reato che
risulta ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis della legge di
ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 (da ora in avanti ord.
pen.). Da cio' deriva la doverosa emissione - da parte del pubblico
ministero - dell'ordine di esecuzione senza previa trasmissione degli
atti al magistrato di sorveglianza per la decisione applicativa della
liberazione anticipata, atteso che la disposizione invocata dalla
difesa (art. 656, comma 4-bis) per espresso dettato normativo non si
applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art.
4-bis ord. pen.
3. Avverso detta ordinanza ha proposto - nelle forme di legge -
ricorso per cassazione V. S., con successivo deposito di motivi
aggiunti.
Nell'atto di ricorso, con un unico motivo, si deduce erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione.
La difesa del ricorrente evidenzia che la decisione emessa in
sede di cognizione (alla pena di anni sei di reclusione) di certo
include al capo B) il reato di cui agli articoli 73 e 80, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - ricompreso
nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen. al comma 1-ter - ma la
attribuzione della liberazione anticipata in via preventiva (come
previsto dall'art. 656, comma 4-bis, del codice di procedura penale),
in uno con il periodo di custodia sofferto, ne comporterebbe
l'espiazione (con raggiungimento della soglia di anni due e mesi
cinque di reclusione, superiore alla pena inflitta), sicche' il
titolo in esecuzione, per il tempo residuo, sarebbe stato
«sospendibile» ai sensi dell'art. 656, comma 5, del codice di
procedura penale, perche' correlato a reato non ostativo e per un
residuo pena inferiore a quattro anni.
Pertanto l'interpretazione offerta dal giudice della esecuzione
sarebbe contraria al generale principio della cd. scissione del
cumulo, secondo il quale le ipotesi di ostativita' «scompaiono» li'
dove la pena relativa al reato ostativo - in un decreto di cumulo
eterogeneo - sia stata effettivamente scontata. Non vi sarebbe stata,
pertanto, una corretta applicazione della disposizione di legge, dato
che con l'applicazione della liberazione anticipata il titolo
esecutivo sarebbe stato interamente riferibile a reato non ostativo.
4. In sede di motivi aggiunti viene introdotta dalla difesa la
richiesta di sollevare - in subordine - questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 4-bis del codice di procedura
penale, ove interpretato nel senso esposto nella decisione impugnata.
Secondo la difesa li dove si dovesse ritenere che la voluntas
legis sia quella di escludere l'applicabilita' dell'art. 656, comma
4-bis ad ogni ipotesi di ricorrenza - all'interno del provvedimento
di cumulo - di una fattispecie ricompresa nell'elenco di cui all'art.
4-bis ord. pen., cio' esporrebbe la norma a rilievi di
incostituzionalita' in riferimento a quanto previsto dagli articoli
3, 13 e 27 comma 3 della Costituzione.
In particolare si evidenzia che una volta ritenuto applicabile
anche in rapporto alla disciplina di cui all'art. 656 del codice di
procedura penale, il principio del necessario scioglimento del
cumulo, con attribuzione della quota di pena espiata al reato
ostativo, sarebbe irragionevole precludere al condannato per un
delitto di cui all'art. 4-bis ord. pen. l'accesso al procedimento
anticipatorio - della decisione sulla liberazione anticipata - di cui
all'art. 656, comma 4-bis e cio' in tutte le occasioni in cui la
concessione della liberazione anticipata determini la «espiazione»
della quota di pena riferibile al reato ostativo.
Considerato in diritto
1. La decisione impugnata. nei suoi contenuti, e' aderente al
contenuto della disposizione di cui all'art. 656, comma 4-bis del
codice di procedura penale.
2. Il particolare meccanismo procedurale de quo e' stato
introdotto dall'art. 1 del decreto-legge n. 78 del 1° luglio 2013,
convertito nella legge n. 94 del 9 agosto 2013 (nell'ambito delle
misure volte a fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento
carcerario anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte
europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Torregiani contro Italia
dell'8 gennaio 2013) e tende a rendere possibile la sospensione
dell'ordine di esecuzione (di cui al comma 5 del medesimo art. 656
del codice di procedura penale) attraverso il riconoscimento in via
immediata della liberazione anticipata (art. 54 ord. pen.) nelle
occasioni in cui l'entita' della «pena scontata» (sia in ragione
della fungibilita' tra custodia cautelare e pena che, appunto, in
ragione della attribuzione dei periodi di liberazione anticipata
maturati) renda possibile la sospensione della efficacia esecutiva
del titolo. Cio' perche', come e' noto, il titolo esecutivo - tranne
le ipotesi di deroga di cui all'art. 659, comma 9 - va sospeso in
rapporto ad una determinata «quota» di pena residua da espiare (pari
ad anni quattro nella ipotesi ordinaria, in ragione dei contenuti
della pronunzia n. 41 del 2018 Corte costituzionale). Il meccanismo
si pone in rapporto alla finalita' essenziale dell'istituto della
sospensione dell'ordine di esecuzione che, come e' noto, e' quella di
consentire al condannato di proporre - da libero - la domanda di
misura alternativa alla detenzione, evitando in tal modo l'ingresso
di costui nel circuito carcerario (come rimarcato proprio da Corte
costituzionale n. 41 del 2018, ove si e' affermato con nettezza che
la natura servente dell'istituto oggetto del dubbio di legittimita'
costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni qual
volta venga spezzato il filo che lega la sospensione dell'ordine di
esecuzione alla possibilita' riconosciuta al condannato di sottoporsi
ad un percorso risocializzante che non includa il trattamento
carcerario).
Come ritenuto da Sez. IV n. 48993/2017, rv 271157, la
trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza ex art. 656,
comma 4-bis, affinche' provveda alla eventuale applicazione della
liberazione anticipata - li' dove cio' possa incidere sulla
sospendibilita' del titolo esecutivo quoad poenam - e' atto
vincolato, tanto da poter dar luogo, in caso di omissione
dell'adempimento, alla ipotesi di ingiusta detenzione per la
emissione del titolo non sospeso.
La disposizione di legge in parola, tuttavia, contiene un divieto
di applicazione espresso «nei confronti dei condannati per i delitti
di cui all'art. 4-bis delle legge n. 354 del 26 luglio 1975». Si
tratta di un divieto chiaro e inequivoco, che non tollera
interpretazioni riduttive o, meno che mai, abrogative.
Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto escludere dal cono
applicativo della disposizione i soggetti che, in rapporto ai
contenuti del titolo esecutivo, risultino condannati per uno dei
reati ricompresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen., senza
operare distinzione alcuna tra l'ipotesi in cui l'attribuzione della
liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire la strada
alla sospensione del titolo (che e', per l'appunto l'in se' della
norma) e le altre. Sotto tale profilo il provvedimento impugnato non
contiene alcun vizio rilevabile nella presente sede di legittimita'.
3. La questione incidentale di legittimita' costituzionale della
disposizione in parola e', tuttavia, rilevante e non manifestamente
infondata, in riferimento ai principi espressi dagli articoli 3 e 27
della Costituzione, per le ragioni che seguono.
Quanto al profilo della rilevanza si osserva che aderendo alla
prevalente interpretazione espressa da questa Corte in ordine alla
«scindibilita' del cumulo» anche li' dove si tratti di dare
applicazione, da parte del pubblico ministero, ai contenuti dell'art.
656 del codice di rito, la pena riferibile a reato ostativo dovrebbe
ritenersi, come affermato dal ricorrente, interamente espiata in
ragione del periodo di presofferto e del preventivo scomputo del
periodo di liberazione anticipata.
Come e' noto per «scissione del cumulo» si intende la
attribuzione dei periodi di pena gia' espiata al reato che condiziona
l'applicazione in concreto di una disposizione di legge peggiorativa
del trattamento penitenziario, come e' quella dell'art. 4-bis ord.
pen.. Cio' allo scopo di rendere possibile e dovuta l'applicazione -
in rapporto al segmento temporale di pena ancora da scontare - delle
disposizioni di legge che disegnano il trattamento penitenziario cd.
ordinario.
L'istituto, quanto alle dinamiche applicative della disposizione
di legge di cui all'art. 4-bis ord. pen. trova radici storiche e di
sistema in Corte costituzionale n. 361 del 1994, intervenuta proprio
per dissipare il dubbio circa la applicabilita' del generale
principio di scindibilita' del cumulo alle situazioni esecutive sorte
dopo la introduzione (gia' con il decreto-legge n. 152 del 13 maggio
1991) della disposizione peggiorativa. Il giudice delle leggi, nella
citata decisione ha affermato che [...] non si rinvengono dati
normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall'art.
4-bis abbia creato una sorta di status di «detenuto pericoloso» che
permei di se' l'intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo
specifico di condanna. Al contrario, proprio perche' la disciplina
sulle misure alternative si articola, ancor piu' che nel passato, in
termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali e'
stata pronunciata condanna la cui pena e' in esecuzione, deve
ritenersi ulteriormente valorizzato il tradizionale insegnamento
giurisprudenziale della necessita' dello scioglimento del cumulo in
presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilita',
richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle
relative pene. La contraria opinione collega invece il permanere
della pericolosita' soggettiva al dato contingente di un rapporto
esecutivo in atto; con la conseguenza che, per circostanze meramente
casuali (dipendenti ad esempio dal sopravvenire di nuovi titoli
detentivi nel corso della esecuzione della pena per precedenti
condanne) verrebbe ad atteggiarsi in modo differente il regime dei
presupposti per l'applicazione delle misure alternative. Una tale
conseguenza configurerebbe, sotto il profilo della irragionevole
discriminazione di situazioni tra loro assimilabili, la lesione
dell'art. 3 della Costituzione; sicche', in presenza del riferito
contrasto di orientamenti giurisprudenziali deve comunque essere
preferita la soluzione interpretativa conforme a Costituzione, che e'
quella di cui e' espressione l'orientamento tradizionale [...]
In sede nomofilattica il principio e' stato riaffermato gia' da
Sezioni Unite ... del 1999 secondo cui [...] questa visione, per
cosi' dire «pluralistica», del reato continuato e' stata confermata
da Sez. Un. 1997, ... , la quale ha riaffermato la legittimita' dello
scioglimento del cumulo giuridico, oltre che ai fini appena
menzionati, anche quanto a individuazione del termine di prescrizione
[...] ... a conforto della soluzione qui accolta puo' essere
richiamata anche la recente decisione resa dalla Corte in sez. I, 26
marzo 1999, n. 2529, la quale, in armonia con la regola affermata da
Corte costituzionale n. 361 del 1994, evidenzia, tra l'altro, come la
tesi della inscindibilita' del cumulo genererebbe inaccettabile
diversita' di trattamento a seconda della eventualita', del tutto
casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo,
ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono
dalle singole condanne. Infatti, solo in tale seconda ipotesi,
sottolinea la decisione in commento, l'avvenuta espiazione della pena
inflitta per il titolo ostativo, determinando l'esaurimento del
corrispondente rapporto esecutivo, permetterebbe la successiva
fruizione dei benefici penitenziari in relazione ad altre condanne;
mentre, nel primo caso, l'unificazione delle pene, ancorche'
destinata a temperare l'asprezza del cumulo materiale, produrrebbe il
paradossale effetto negativo di assegnare alla quantita' di pena
riferita al titolo di reato ostativo una sorta di efficacia
impeditiva permanente agli effetti dei benefici penitenziari,
giacche', nell'ipotesi in cui il corrispondente periodo sia stato
gia' espiato, la preclusione di che trattasi permarrebbe per l'intera
durata delle pene cumulate, anche dopo il concreto «esaurimento»
della condanna ostativa. Ma tali conseguenze, conclude la decisione,
si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di
ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della
pena; conseguenze che - come ha rilevato la Corte costituzionale con
sentenza n. 386 del 1989 - non possono ritenersi assecondate dal
principio della pena unica sancito dall'art. 76, comma 1, codice
penale [...]. Concludendo, sul punto, va affermato il principio di
diritto secondo il quale nel corso dell'esecuzione della pena il
vincolo della continuazione tra reati e' scindibile, in riferimento
alla pena applicata per piu' reati astretti dal vincolo della
continuazione, al fine di consentire la valutazione della
sussistenza, o meno, di ostacolo, veniente dalla tipologia di un dato
reato, giudicato in continuazione, alla concessione dei benefici
penitenziari ex art. 4-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354, come
sostituito dall'art. 15 comma 1, lettera a), decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. Per
effetto dello scioglimento del cumulo, poi, ciascuna fattispecie di
reato riacquista la sua autonomia, sia quanto a pena edittale, sia
quanto a pena applicata o applicabile in concreto la quale, per
scongiurare l'effetto ostativo, deve risultare interamente
scontata[...].
Piu' di recente, Sez. U, n. 30753 del 15 dicembre 2022, dep.
2023, ..., Rv. 284820 ha ribadito il generale principio per cui in
caso di cumulo di pene concorrenti deve ritenersi scontata per prima
quella piu' gravosa per il reo ed ha rimarcato, offrendo continuita'
alla prevalente interpretazione nomofilattica, come in ragione del
principio della scindibilita' del cumulo «una volta avvenuta
l'espiazione della pena inflitta in ordine ai delitti ricompresi
nell'art. 4-bis ord. pen. il divieto di concessione dei benefici
penitenziari ai condannati per uno dei delitti ostativi non ha piu'
ragione di operare».
4. Ora, e' importante precisare, al fine di affermare la
rilevanza del dubbio di costituzionalita', che la prevalente linea
interpretativa di legittimita' ritiene applicabile detto principio
anche alla fase della sospensione dell'ordine di esecuzione.
Si tratta di un momento procedimentale che e' connotato da una
giurisdizionalita' eventuale (essendo possibile la instaurazione di
un incidente di esecuzione ai sensi degli articoli 666 e ss. del
codice di procedura penale li' dove il pubblico ministero non abbia
dato luogo alla sospensione e il condannato invochi la applicazione
dell'art. 656, comma 5 del codice di procedura penale v. per tutte
Sez. I n. 36007 del 2011, rv 250786), essendo affidato alle
determinazioni del pubblico ministero quale organo di attuazione del
titolo esecutivo. Ma da cio' non puo' derivare alcuna variazione di
assetto in punto di necessaria applicazione dei principi di diritto
che governano la fase di emissione dell'ordine di esecuzione e
l'accessibilita' alle misure alternative alla detenzione.
Come e' stato di recente ribadito - in termini generali - da Sez.
I n. 29469 del 30 maggio 2025, ... n.m. (ove si richiama, tra le
altre, Sez. I n. 23902 del 2013, rv 256139, nonche' le decisioni non
massimate Sez. I n. 35390 del 18 febbraio 2019, Sez. I n. 10024 del
21 dicembre 2022, dep. 2023, Sez. I n. 51412 del 2023) non sarebbe
tollerabile, sul piano della tutela della liberta' personale, la
diversita' di approccio tra pubblico ministero e giudice della
esecuzione, sicche' la sola conclusione sostenibile e' quella che
vede l'applicazione del principio anche alla fase di cui all'art. 656
del codice di procedura penale.
Da cio' deriva: che la previsione di cui all'art. 656, comma 9,
lettera a), nella parte in cui esclude la possibilita' di sospensione
del titolo nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art.
4-bis della legge n. 354 del 1975, puo' trovare applicazione solo se
ed in quanto (in caso di cumulo eterogeneo) la quota di pena
riferibile al reato ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis non
sia stata gia' interamente scontata; che la questione di legittimita'
costituzionale e' rilevante, posto che e' proprio il divieto di
applicazione della speciale procedura di cui all'art. 656, comma
4-bis - nel caso del ricorrente - a rendere «non integralmente
scontata» la pena riferibile al reato ostativo.
5. Va dunque esaminato il profilo della non manifesta
infondatezza della questione.
Ad avviso del Collegio la questione non puo' dirsi manifestamente
infondata, per le ragioni che seguono.
A venire in rilievo, al di la' del principio del finalismo
rieducativo di cui all'art. 27 Cost., inciso dall'obbligatorio
passaggio in carcere di un soggetto che potrebbe essere destinatario
di una misura alternativa, e' essenzialmente il principio di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., principio che impone di
rinvenire il fondamento razionale di una scelta legislativa di
diversificazione (in peius) del trattamento.
Cio' perche' il possibile vulnus al principio di ragionevolezza
sta proprio nel fatto che la disposizione di legge in esame realizza
esclusivamente un «modello di tipo procedurale» ispirato, come si e'
detto, alla semplificazione del procedimento di eventuale
attribuzione della liberazione anticipata di cui all'art. 54 ord.
pen., istituto che, sul piano della conformazione legislativa, non
tollera diversificazioni in rapporto al titolo di reato (essendo per
espresso dettato di legge applicabile anche ai soggetti condannati
per reati che rientrano nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen.),
ne' in rapporto alla specie di pena (essendo applicabile anche ai
condannati all'ergastolo in virtu' di quanto deciso da Corte
costituzionale n. 274 del 1983).
Se dunque l'attribuzione della liberazione anticipata - in via
ordinaria - e' prevista dal legislatore anche in riferimento al
periodo trascorso in stato di custodia cautelare, ove abbia raggiunto
almeno un semestre (con i criteri valutativi espressi da Sez. I n.
6204 del 12 novembre 1999, rv 214832 e da Sez. I n. 894 del 9
settembre 2019, dep. 2020, rv 278465) e se il soggetto destinatario
dell'ordine di esecuzione non si trova in stato di custodia cautelare
in carcere (perche' in tal caso opera la deroga alla sospendibilita'
del titolo di cui all'art. 656, comma 9, lettera b) la condizione del
soggetto condannato per un reato ricompreso nel nutrito elenco di cui
all'art. 4-bis ord. pen, (v. Corte costituzionale n. 139 del 2025 al
par. 8.2 del Considerato in diritto) non differisce - sul piano della
aspirazione ad ottenere la valutazione immediata della liberazione
anticipata - rispetto a quella dei condannati per altri titoli di
reato.
La inapplicabilita' del meccanismo procedurale di cui all'art.
656, comma 4-bis a tali soggetti ne determina, pertanto, l'ingresso
temporaneo in carcere anche nelle ipotesi in cui la domanda di misura
alternativa (in virtu' delle ricadute del ricordato principio di
scissione del cumulo) sarebbe resa possibile dalla immediata
attribuzione della liberazione anticipata, con obbligo - a quel punto
- di sospensione del titolo.
Cio' rende ad avviso del Collegio evidente il dubbio di
legittimita' costituzionale, posto che dalla negazione di accesso
(per il solo titolo di reato) ad un meccanismo esclusivamente
procedurale che mira a semplificare la concessione (in presenza dei
presupposti) della liberazione anticipata deriva un surplus di
afflittivita' che non trova razionale giustificazione, posto che -
per definizione - il soggetto condannato che aspira alla sospensione
del titolo non si trova sottoposto ad una misura cautelare
custodiale, il che depone per l'assenza di pericula libertatis da
contenere.
In altre parole, va rilevato che nel caso dell'art. 656, comma
4-bis del codice di procedura penale il diniego di applicazione del
meccanismo, sin qui descritto, si risolve in un pregiudizio «in rito»
il cui fondamento non e' di immediata percezione (posto che, come si
e' detto, la liberazione anticipata e' istituto di portata generale)
e da cui puo', in concreto, derivare un pregiudizio sostanziale di
rilievo, con transito temporaneo in carcere di un soggetto che ben
potrebbe aspirare alla sospensione, essendo potenziale destinatario
di una liberazione anticipata gia' maturata (durante il periodo di
custodia cautelare) ma non oggetto di valutazione da parte del
magistrato di sorveglianza.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 4-bis, ultimo
periodo, codice di procedura penale, in riferimento agli articoli 3 e
27 della Costituzione.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' e' deciso, 11 luglio 2025
Il Presidente: Santalucia
Il consigliere estensore: Magi
Oggetto:
Esecuzione penale – Esecuzione delle pene detentive – Provvedimento di cumulo – Sospensione dell’ordine di esecuzione e accesso al procedimento semplificato per l’eventuale applicazione della liberazione anticipata – Esclusione della scindibilità del cumulo nel caso in cui questo includa pene irrogate per delitti di cui all’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975 – Violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 656 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 217 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 ottobre 2025
Ordinanza del 6 ottobre 2025 della Corte di cassazione sul ricorso
proposto da S. V..
Esecuzione penale - Esecuzione delle pene detentive - Provvedimento
di cumulo - Sospensione dell'ordine di esecuzione e accesso al
procedimento semplificato per l'eventuale applicazione della
liberazione anticipata - Esclusione della scindibilita' del cumulo
nel caso in cui questo includa pene irrogate per delitti di cui
all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 4-bis, ultimo periodo.
(GU n. 46 del 12-11-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Prima Sezione penale
Composta da:
Giuseppe Santalucia - Presidente;
Giorgio Poscia;
Raffaello Magi - relatore;
Vincenzo Galati;
Carmine Russo;
ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: V.
S. nato a ... il ...
avverso l'ordinanza del 10 aprile 2025 del GIP Tribunale di
Palermo;
vista la relazione svolta dal consigliere Raffaello Magi;
vista la requisitone del sost. Procuratore generale Assunta
Cocomello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
vista altresi' la memoria difensiva depositata nell'interesse del
ricorrente del 6 giugno 2025;
in procedura a trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa in data 10 aprile 2025 il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Palermo - quale giudice della
esecuzione - ha respinto la domanda introdotta da V. S. , tesa ad
ottenere la sospensione temporanea dell'ordine di esecuzione emesso
dal pubblico ministero, in riferimento alla mancata applicazione
della previsione di legge di cui all'art. 656, comma 4-bis del codice
di procedura penale.
2. Giova precisare che: a) secondo la prospettazione difensiva V.
potrebbe ottenere l'applicazione della liberazione anticipata, avendo
sofferte tre semestri di custodia cautelare in arresti domiciliari
per i fatti oggetto del giudizio; b) ove si procedesse in tal senso
la pena inflitta per il reato ostativo risulterebbe integralmente
scontata e cio' dovrebbe determinare, in rapporto alla pena residua,
la sospensione dell'ordine di carcerazione ai sensi dell'art. 656,
comma 5 del codice di procedura penale.
In motivazione il giudice della esecuzione evidenzia che il V. ha
riportato condanna al capo B) per una condotta di detenzione a fini
di spaccio di ingente quantita' di sostanza stupefacente, reato che
risulta ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis della legge di
ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 (da ora in avanti ord.
pen.). Da cio' deriva la doverosa emissione - da parte del pubblico
ministero - dell'ordine di esecuzione senza previa trasmissione degli
atti al magistrato di sorveglianza per la decisione applicativa della
liberazione anticipata, atteso che la disposizione invocata dalla
difesa (art. 656, comma 4-bis) per espresso dettato normativo non si
applica nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art.
4-bis ord. pen.
3. Avverso detta ordinanza ha proposto - nelle forme di legge -
ricorso per cassazione V. S., con successivo deposito di motivi
aggiunti.
Nell'atto di ricorso, con un unico motivo, si deduce erronea
applicazione di legge e vizio di motivazione.
La difesa del ricorrente evidenzia che la decisione emessa in
sede di cognizione (alla pena di anni sei di reclusione) di certo
include al capo B) il reato di cui agli articoli 73 e 80, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 - ricompreso
nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen. al comma 1-ter - ma la
attribuzione della liberazione anticipata in via preventiva (come
previsto dall'art. 656, comma 4-bis, del codice di procedura penale),
in uno con il periodo di custodia sofferto, ne comporterebbe
l'espiazione (con raggiungimento della soglia di anni due e mesi
cinque di reclusione, superiore alla pena inflitta), sicche' il
titolo in esecuzione, per il tempo residuo, sarebbe stato
«sospendibile» ai sensi dell'art. 656, comma 5, del codice di
procedura penale, perche' correlato a reato non ostativo e per un
residuo pena inferiore a quattro anni.
Pertanto l'interpretazione offerta dal giudice della esecuzione
sarebbe contraria al generale principio della cd. scissione del
cumulo, secondo il quale le ipotesi di ostativita' «scompaiono» li'
dove la pena relativa al reato ostativo - in un decreto di cumulo
eterogeneo - sia stata effettivamente scontata. Non vi sarebbe stata,
pertanto, una corretta applicazione della disposizione di legge, dato
che con l'applicazione della liberazione anticipata il titolo
esecutivo sarebbe stato interamente riferibile a reato non ostativo.
4. In sede di motivi aggiunti viene introdotta dalla difesa la
richiesta di sollevare - in subordine - questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 4-bis del codice di procedura
penale, ove interpretato nel senso esposto nella decisione impugnata.
Secondo la difesa li dove si dovesse ritenere che la voluntas
legis sia quella di escludere l'applicabilita' dell'art. 656, comma
4-bis ad ogni ipotesi di ricorrenza - all'interno del provvedimento
di cumulo - di una fattispecie ricompresa nell'elenco di cui all'art.
4-bis ord. pen., cio' esporrebbe la norma a rilievi di
incostituzionalita' in riferimento a quanto previsto dagli articoli
3, 13 e 27 comma 3 della Costituzione.
In particolare si evidenzia che una volta ritenuto applicabile
anche in rapporto alla disciplina di cui all'art. 656 del codice di
procedura penale, il principio del necessario scioglimento del
cumulo, con attribuzione della quota di pena espiata al reato
ostativo, sarebbe irragionevole precludere al condannato per un
delitto di cui all'art. 4-bis ord. pen. l'accesso al procedimento
anticipatorio - della decisione sulla liberazione anticipata - di cui
all'art. 656, comma 4-bis e cio' in tutte le occasioni in cui la
concessione della liberazione anticipata determini la «espiazione»
della quota di pena riferibile al reato ostativo.
Considerato in diritto
1. La decisione impugnata. nei suoi contenuti, e' aderente al
contenuto della disposizione di cui all'art. 656, comma 4-bis del
codice di procedura penale.
2. Il particolare meccanismo procedurale de quo e' stato
introdotto dall'art. 1 del decreto-legge n. 78 del 1° luglio 2013,
convertito nella legge n. 94 del 9 agosto 2013 (nell'ambito delle
misure volte a fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento
carcerario anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte
europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Torregiani contro Italia
dell'8 gennaio 2013) e tende a rendere possibile la sospensione
dell'ordine di esecuzione (di cui al comma 5 del medesimo art. 656
del codice di procedura penale) attraverso il riconoscimento in via
immediata della liberazione anticipata (art. 54 ord. pen.) nelle
occasioni in cui l'entita' della «pena scontata» (sia in ragione
della fungibilita' tra custodia cautelare e pena che, appunto, in
ragione della attribuzione dei periodi di liberazione anticipata
maturati) renda possibile la sospensione della efficacia esecutiva
del titolo. Cio' perche', come e' noto, il titolo esecutivo - tranne
le ipotesi di deroga di cui all'art. 659, comma 9 - va sospeso in
rapporto ad una determinata «quota» di pena residua da espiare (pari
ad anni quattro nella ipotesi ordinaria, in ragione dei contenuti
della pronunzia n. 41 del 2018 Corte costituzionale). Il meccanismo
si pone in rapporto alla finalita' essenziale dell'istituto della
sospensione dell'ordine di esecuzione che, come e' noto, e' quella di
consentire al condannato di proporre - da libero - la domanda di
misura alternativa alla detenzione, evitando in tal modo l'ingresso
di costui nel circuito carcerario (come rimarcato proprio da Corte
costituzionale n. 41 del 2018, ove si e' affermato con nettezza che
la natura servente dell'istituto oggetto del dubbio di legittimita'
costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni qual
volta venga spezzato il filo che lega la sospensione dell'ordine di
esecuzione alla possibilita' riconosciuta al condannato di sottoporsi
ad un percorso risocializzante che non includa il trattamento
carcerario).
Come ritenuto da Sez. IV n. 48993/2017, rv 271157, la
trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza ex art. 656,
comma 4-bis, affinche' provveda alla eventuale applicazione della
liberazione anticipata - li' dove cio' possa incidere sulla
sospendibilita' del titolo esecutivo quoad poenam - e' atto
vincolato, tanto da poter dar luogo, in caso di omissione
dell'adempimento, alla ipotesi di ingiusta detenzione per la
emissione del titolo non sospeso.
La disposizione di legge in parola, tuttavia, contiene un divieto
di applicazione espresso «nei confronti dei condannati per i delitti
di cui all'art. 4-bis delle legge n. 354 del 26 luglio 1975». Si
tratta di un divieto chiaro e inequivoco, che non tollera
interpretazioni riduttive o, meno che mai, abrogative.
Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto escludere dal cono
applicativo della disposizione i soggetti che, in rapporto ai
contenuti del titolo esecutivo, risultino condannati per uno dei
reati ricompresi nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen., senza
operare distinzione alcuna tra l'ipotesi in cui l'attribuzione della
liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire la strada
alla sospensione del titolo (che e', per l'appunto l'in se' della
norma) e le altre. Sotto tale profilo il provvedimento impugnato non
contiene alcun vizio rilevabile nella presente sede di legittimita'.
3. La questione incidentale di legittimita' costituzionale della
disposizione in parola e', tuttavia, rilevante e non manifestamente
infondata, in riferimento ai principi espressi dagli articoli 3 e 27
della Costituzione, per le ragioni che seguono.
Quanto al profilo della rilevanza si osserva che aderendo alla
prevalente interpretazione espressa da questa Corte in ordine alla
«scindibilita' del cumulo» anche li' dove si tratti di dare
applicazione, da parte del pubblico ministero, ai contenuti dell'art.
656 del codice di rito, la pena riferibile a reato ostativo dovrebbe
ritenersi, come affermato dal ricorrente, interamente espiata in
ragione del periodo di presofferto e del preventivo scomputo del
periodo di liberazione anticipata.
Come e' noto per «scissione del cumulo» si intende la
attribuzione dei periodi di pena gia' espiata al reato che condiziona
l'applicazione in concreto di una disposizione di legge peggiorativa
del trattamento penitenziario, come e' quella dell'art. 4-bis ord.
pen.. Cio' allo scopo di rendere possibile e dovuta l'applicazione -
in rapporto al segmento temporale di pena ancora da scontare - delle
disposizioni di legge che disegnano il trattamento penitenziario cd.
ordinario.
L'istituto, quanto alle dinamiche applicative della disposizione
di legge di cui all'art. 4-bis ord. pen. trova radici storiche e di
sistema in Corte costituzionale n. 361 del 1994, intervenuta proprio
per dissipare il dubbio circa la applicabilita' del generale
principio di scindibilita' del cumulo alle situazioni esecutive sorte
dopo la introduzione (gia' con il decreto-legge n. 152 del 13 maggio
1991) della disposizione peggiorativa. Il giudice delle leggi, nella
citata decisione ha affermato che [...] non si rinvengono dati
normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall'art.
4-bis abbia creato una sorta di status di «detenuto pericoloso» che
permei di se' l'intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo
specifico di condanna. Al contrario, proprio perche' la disciplina
sulle misure alternative si articola, ancor piu' che nel passato, in
termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali e'
stata pronunciata condanna la cui pena e' in esecuzione, deve
ritenersi ulteriormente valorizzato il tradizionale insegnamento
giurisprudenziale della necessita' dello scioglimento del cumulo in
presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilita',
richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle
relative pene. La contraria opinione collega invece il permanere
della pericolosita' soggettiva al dato contingente di un rapporto
esecutivo in atto; con la conseguenza che, per circostanze meramente
casuali (dipendenti ad esempio dal sopravvenire di nuovi titoli
detentivi nel corso della esecuzione della pena per precedenti
condanne) verrebbe ad atteggiarsi in modo differente il regime dei
presupposti per l'applicazione delle misure alternative. Una tale
conseguenza configurerebbe, sotto il profilo della irragionevole
discriminazione di situazioni tra loro assimilabili, la lesione
dell'art. 3 della Costituzione; sicche', in presenza del riferito
contrasto di orientamenti giurisprudenziali deve comunque essere
preferita la soluzione interpretativa conforme a Costituzione, che e'
quella di cui e' espressione l'orientamento tradizionale [...]
In sede nomofilattica il principio e' stato riaffermato gia' da
Sezioni Unite ... del 1999 secondo cui [...] questa visione, per
cosi' dire «pluralistica», del reato continuato e' stata confermata
da Sez. Un. 1997, ... , la quale ha riaffermato la legittimita' dello
scioglimento del cumulo giuridico, oltre che ai fini appena
menzionati, anche quanto a individuazione del termine di prescrizione
[...] ... a conforto della soluzione qui accolta puo' essere
richiamata anche la recente decisione resa dalla Corte in sez. I, 26
marzo 1999, n. 2529, la quale, in armonia con la regola affermata da
Corte costituzionale n. 361 del 1994, evidenzia, tra l'altro, come la
tesi della inscindibilita' del cumulo genererebbe inaccettabile
diversita' di trattamento a seconda della eventualita', del tutto
casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo,
ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono
dalle singole condanne. Infatti, solo in tale seconda ipotesi,
sottolinea la decisione in commento, l'avvenuta espiazione della pena
inflitta per il titolo ostativo, determinando l'esaurimento del
corrispondente rapporto esecutivo, permetterebbe la successiva
fruizione dei benefici penitenziari in relazione ad altre condanne;
mentre, nel primo caso, l'unificazione delle pene, ancorche'
destinata a temperare l'asprezza del cumulo materiale, produrrebbe il
paradossale effetto negativo di assegnare alla quantita' di pena
riferita al titolo di reato ostativo una sorta di efficacia
impeditiva permanente agli effetti dei benefici penitenziari,
giacche', nell'ipotesi in cui il corrispondente periodo sia stato
gia' espiato, la preclusione di che trattasi permarrebbe per l'intera
durata delle pene cumulate, anche dopo il concreto «esaurimento»
della condanna ostativa. Ma tali conseguenze, conclude la decisione,
si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di
ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della
pena; conseguenze che - come ha rilevato la Corte costituzionale con
sentenza n. 386 del 1989 - non possono ritenersi assecondate dal
principio della pena unica sancito dall'art. 76, comma 1, codice
penale [...]. Concludendo, sul punto, va affermato il principio di
diritto secondo il quale nel corso dell'esecuzione della pena il
vincolo della continuazione tra reati e' scindibile, in riferimento
alla pena applicata per piu' reati astretti dal vincolo della
continuazione, al fine di consentire la valutazione della
sussistenza, o meno, di ostacolo, veniente dalla tipologia di un dato
reato, giudicato in continuazione, alla concessione dei benefici
penitenziari ex art. 4-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354, come
sostituito dall'art. 15 comma 1, lettera a), decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. Per
effetto dello scioglimento del cumulo, poi, ciascuna fattispecie di
reato riacquista la sua autonomia, sia quanto a pena edittale, sia
quanto a pena applicata o applicabile in concreto la quale, per
scongiurare l'effetto ostativo, deve risultare interamente
scontata[...].
Piu' di recente, Sez. U, n. 30753 del 15 dicembre 2022, dep.
2023, ..., Rv. 284820 ha ribadito il generale principio per cui in
caso di cumulo di pene concorrenti deve ritenersi scontata per prima
quella piu' gravosa per il reo ed ha rimarcato, offrendo continuita'
alla prevalente interpretazione nomofilattica, come in ragione del
principio della scindibilita' del cumulo «una volta avvenuta
l'espiazione della pena inflitta in ordine ai delitti ricompresi
nell'art. 4-bis ord. pen. il divieto di concessione dei benefici
penitenziari ai condannati per uno dei delitti ostativi non ha piu'
ragione di operare».
4. Ora, e' importante precisare, al fine di affermare la
rilevanza del dubbio di costituzionalita', che la prevalente linea
interpretativa di legittimita' ritiene applicabile detto principio
anche alla fase della sospensione dell'ordine di esecuzione.
Si tratta di un momento procedimentale che e' connotato da una
giurisdizionalita' eventuale (essendo possibile la instaurazione di
un incidente di esecuzione ai sensi degli articoli 666 e ss. del
codice di procedura penale li' dove il pubblico ministero non abbia
dato luogo alla sospensione e il condannato invochi la applicazione
dell'art. 656, comma 5 del codice di procedura penale v. per tutte
Sez. I n. 36007 del 2011, rv 250786), essendo affidato alle
determinazioni del pubblico ministero quale organo di attuazione del
titolo esecutivo. Ma da cio' non puo' derivare alcuna variazione di
assetto in punto di necessaria applicazione dei principi di diritto
che governano la fase di emissione dell'ordine di esecuzione e
l'accessibilita' alle misure alternative alla detenzione.
Come e' stato di recente ribadito - in termini generali - da Sez.
I n. 29469 del 30 maggio 2025, ... n.m. (ove si richiama, tra le
altre, Sez. I n. 23902 del 2013, rv 256139, nonche' le decisioni non
massimate Sez. I n. 35390 del 18 febbraio 2019, Sez. I n. 10024 del
21 dicembre 2022, dep. 2023, Sez. I n. 51412 del 2023) non sarebbe
tollerabile, sul piano della tutela della liberta' personale, la
diversita' di approccio tra pubblico ministero e giudice della
esecuzione, sicche' la sola conclusione sostenibile e' quella che
vede l'applicazione del principio anche alla fase di cui all'art. 656
del codice di procedura penale.
Da cio' deriva: che la previsione di cui all'art. 656, comma 9,
lettera a), nella parte in cui esclude la possibilita' di sospensione
del titolo nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'art.
4-bis della legge n. 354 del 1975, puo' trovare applicazione solo se
ed in quanto (in caso di cumulo eterogeneo) la quota di pena
riferibile al reato ricompreso nell'elenco di cui all'art. 4-bis non
sia stata gia' interamente scontata; che la questione di legittimita'
costituzionale e' rilevante, posto che e' proprio il divieto di
applicazione della speciale procedura di cui all'art. 656, comma
4-bis - nel caso del ricorrente - a rendere «non integralmente
scontata» la pena riferibile al reato ostativo.
5. Va dunque esaminato il profilo della non manifesta
infondatezza della questione.
Ad avviso del Collegio la questione non puo' dirsi manifestamente
infondata, per le ragioni che seguono.
A venire in rilievo, al di la' del principio del finalismo
rieducativo di cui all'art. 27 Cost., inciso dall'obbligatorio
passaggio in carcere di un soggetto che potrebbe essere destinatario
di una misura alternativa, e' essenzialmente il principio di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., principio che impone di
rinvenire il fondamento razionale di una scelta legislativa di
diversificazione (in peius) del trattamento.
Cio' perche' il possibile vulnus al principio di ragionevolezza
sta proprio nel fatto che la disposizione di legge in esame realizza
esclusivamente un «modello di tipo procedurale» ispirato, come si e'
detto, alla semplificazione del procedimento di eventuale
attribuzione della liberazione anticipata di cui all'art. 54 ord.
pen., istituto che, sul piano della conformazione legislativa, non
tollera diversificazioni in rapporto al titolo di reato (essendo per
espresso dettato di legge applicabile anche ai soggetti condannati
per reati che rientrano nell'elenco di cui all'art. 4-bis ord. pen.),
ne' in rapporto alla specie di pena (essendo applicabile anche ai
condannati all'ergastolo in virtu' di quanto deciso da Corte
costituzionale n. 274 del 1983).
Se dunque l'attribuzione della liberazione anticipata - in via
ordinaria - e' prevista dal legislatore anche in riferimento al
periodo trascorso in stato di custodia cautelare, ove abbia raggiunto
almeno un semestre (con i criteri valutativi espressi da Sez. I n.
6204 del 12 novembre 1999, rv 214832 e da Sez. I n. 894 del 9
settembre 2019, dep. 2020, rv 278465) e se il soggetto destinatario
dell'ordine di esecuzione non si trova in stato di custodia cautelare
in carcere (perche' in tal caso opera la deroga alla sospendibilita'
del titolo di cui all'art. 656, comma 9, lettera b) la condizione del
soggetto condannato per un reato ricompreso nel nutrito elenco di cui
all'art. 4-bis ord. pen, (v. Corte costituzionale n. 139 del 2025 al
par. 8.2 del Considerato in diritto) non differisce - sul piano della
aspirazione ad ottenere la valutazione immediata della liberazione
anticipata - rispetto a quella dei condannati per altri titoli di
reato.
La inapplicabilita' del meccanismo procedurale di cui all'art.
656, comma 4-bis a tali soggetti ne determina, pertanto, l'ingresso
temporaneo in carcere anche nelle ipotesi in cui la domanda di misura
alternativa (in virtu' delle ricadute del ricordato principio di
scissione del cumulo) sarebbe resa possibile dalla immediata
attribuzione della liberazione anticipata, con obbligo - a quel punto
- di sospensione del titolo.
Cio' rende ad avviso del Collegio evidente il dubbio di
legittimita' costituzionale, posto che dalla negazione di accesso
(per il solo titolo di reato) ad un meccanismo esclusivamente
procedurale che mira a semplificare la concessione (in presenza dei
presupposti) della liberazione anticipata deriva un surplus di
afflittivita' che non trova razionale giustificazione, posto che -
per definizione - il soggetto condannato che aspira alla sospensione
del titolo non si trova sottoposto ad una misura cautelare
custodiale, il che depone per l'assenza di pericula libertatis da
contenere.
In altre parole, va rilevato che nel caso dell'art. 656, comma
4-bis del codice di procedura penale il diniego di applicazione del
meccanismo, sin qui descritto, si risolve in un pregiudizio «in rito»
il cui fondamento non e' di immediata percezione (posto che, come si
e' detto, la liberazione anticipata e' istituto di portata generale)
e da cui puo', in concreto, derivare un pregiudizio sostanziale di
rilievo, con transito temporaneo in carcere di un soggetto che ben
potrebbe aspirare alla sospensione, essendo potenziale destinatario
di una liberazione anticipata gia' maturata (durante il periodo di
custodia cautelare) ma non oggetto di valutazione da parte del
magistrato di sorveglianza.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 4-bis, ultimo
periodo, codice di procedura penale, in riferimento agli articoli 3 e
27 della Costituzione.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' e' deciso, 11 luglio 2025
Il Presidente: Santalucia
Il consigliere estensore: Magi