Reg. ord. n. 215 del 2025 pubbl. su G.U. del 12/11/2025 n. 46
Ordinanza del Corte d'appello di Torino del 10/10/2025
Tra: Questura di Torino C/ Y. K.
Oggetto:
Straniero – Immigrazione – Trattenimento disposto dal questore del richiedente la protezione internazionale – Omessa previsione che il richiedente la protezione internazionale, prima di essere sentito dall’autorità giudiziaria in sede di convalida del trattenimento, sia avvisato della possibilità che le sue dichiarazioni siano utilizzate contro di lui – Mancata previsione della facoltà per il medesimo soggetto di non rendere dichiarazioni e di ciò di essere previamente avvertito – Mancanza di una disciplina sulle conseguenze derivanti dalla mancata formulazione di tali avvisi – Lesione del diritto al silenzio dell’imputato, corollario essenziale del diritto di difesa, garantito e riconosciuto anche dal diritto dell’Unione europea – Disparità di trattamento rispetto alla tutela penalistica apprestata alle persone indagate o imputate sottoposta a interrogatorio.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 18/08/2015 Num. 286 Art. 6 Co. 5
decreto legislativo del 18/08/2015 Num. 286 Art. 14 Co. 4
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co. 2
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 215 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 ottobre 2025
Ordinanza del 10 ottobre 2025 della Corte d'appello di Torino nel
procedimento civile promosso dalla Questura di Torino contro Y. K..
Straniero - Immigrazione - Trattenimento disposto dal questore del
richiedente la protezione internazionale - Udienza per la convalida
- Omessa previsione che il richiedente la protezione
internazionale, prima di essere sentito dall'autorita' giudiziaria
in sede di convalida del trattenimento, sia avvisato della
possibilita' che le sue dichiarazioni siano utilizzate contro di
lui - Mancata previsione della facolta' per il medesimo soggetto di
non rendere dichiarazioni e di cio' di essere previamente avvertito
- Mancanza di una disciplina sulle conseguenze derivanti dalla
mancata formulazione di tali avvisi.
- Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della
direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei
richiedenti protezione internazionale, nonche' della direttiva
2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e
della revoca dello status di protezione internazionale), art. 6,
comma 5, in combinato disposto con l'art. 14, comma 4, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero).
(GU n. 46 del 12-11-2025)
CORTE D'APPELLO DI TORINO
Sezione settima civile
Il consigliere Giacomo Marson ha pronunciato la seguente
ordinanza premesso che il Questore di Torino ha disposto il
trattenimento di Y K presso il centro di permanenza per i rimpatri di
Torino con provvedimento del , ai sensi dell'art. 6, comma 3, decreto
legislativo n. 142/2015, chiedendone tempestivamente la convalida a
questa Corte d'appello;
Osserva
All'udienza del 9 ottobre 2025, fissata ai sensi dell'art. 6,
comma 5 del decreto legislativo n. 142/2015, questo consigliere ha
provveduto a sentire il richiedente la protezione internazionale,
come previsto dall'art. 14, comma 4, terz'ultimo periodo, decreto
legislativo n. 286/1998, espressamente richiamato dall'art. 6 citato.
Y K e' stato trattenuto con provvedimento emesso dalla Questura
di Torino il , ai sensi dell'art. 6, comma 3, decreto legislativo n.
142/2015, sulla base della ritenuta strumentalita' della domanda di
protezione internazionale formalizzata dal medesimo in pari data.
In occasione dell'udienza del 9 ottobre 2025, Y K e' stato
sentito e ha dichiarato di essere in Italia dal e di avere avuto il
permesso di soggiorno, che gli e' stato revocato quando e' stata
eseguita la condanna riportata per i delitti di maltrattamenti in
famiglia, atti persecutori e violenza sessuale, tutti commessi in
danno della medesima persona offesa, alla quale era legato
sentimentalmente.
Dopo la revoca del permesso di soggiorno, Y K non ha mai
formalizzato istanza di protezione internazionale, fino al momento
della sua liberazione dal carcere, che e' concisa esattamente con
l'inizio del trattenimento presso il centro di permanenza per i
rimpatri.
Proprio per questo motivo, il richiedente la protezione
internazionale ha riferito di non avere alcun legame attuale con il
territorio italiano, ne' di svolgere attivita' lavorativa, ne' di
avere una rete familiare che renda ineseguibile il provvedimento di
espulsione dal territorio dello Stato, atto che costituisce il primo,
indefettibile presupposto del trattenimento.
Y K ha dichiarato di avere mantenuto rapporti con il figlio nato
dalla relazione con la persona offesa dei gravi reati per cui e'
stato recluso fin dal 4 luglio 2023, data in cui e' stata data
esecuzione all'ordine di carcerazione, ma soltanto attraverso
videochiamate, senza che risulti ormai da anni instaurata una
convivenza.
Inoltre, anche prima di fare ingresso in carcere, il trattenuto
era disoccupato (dal ) e ha dichiarato di aver vissuto «per strada».
Considerato il tenore di queste dichiarazioni, assume valore
decisivo la valutazione della legittimita' costituzionale della
disciplina derivante dal combinato disposto degli art. 6, comma 5,
decreto legislativo n. 142/2015 e 14, comma 4, decreto legislativo n.
286/1998, in relazione all'omessa previsione della necessita' che,
prima di essere sentito, il soggetto interessato sia avvisato
dell'eventualita' che le sue dichiarazioni potrebbero utilizzate
contro di lui; in relazione alla mancata previsione che il
richiedente la protezione internazionale possa avvalersi della
facolta' di non rendere dichiarazioni e di cio' venga previamente
avvertito; nonche' in relazione alla mancanza di una disciplina sulle
conseguenze derivanti dalla mancata formulazione di questi avvisi.
E' immediatamente possibile cogliere la rilevanza della questione
che si intende prospettare rispetto al caso concreto.
Sotto un primo profilo, in punto di diritto, non osta alla
proposizione del presente incidente di costituzionalita' la peculiare
natura del procedimento di convalida del trattenimento, che e'
sottoposto ai brevi termini perentori previsti dal medesimo complesso
di norme sospettate di incostituzionalita' («Il giudice provvede alla
convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive»
al pervenimento degli atti, pena la cessazione di efficacia del
provvedimento del Questore).
La sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 23, legge n.
87/1953 non consente a questa Corte d'appello di pronunciarsi sulla
convalida del trattenimento entro il termine imposto dalla legge,
ragione per cui deve ritenersi cessato ogni effetto del trattenimento
ai sensi del combinato disposto degli art. 6, comma 5, decreto
legislativo n. 142/2015 e 14, comma 4, penultimo periodo decreto
legislativo n. 286/1998.
Per questo motivo merita precisare che, successivamente al
deposito della presente ordinanza, con separato provvedimento, verra'
disposto il rilascio di Y K dal centro di permanenza per i rimpatri
ove si trova attualmente trattenuto.
La questione concernente la possibilita' di sollevare incidente
di costituzionalita' anche in questi casi e' gia' stata piu' volte
valutata e risolta positivamente dalla Corte costituzionale, da
ultimo con la sentenza n. 96 del 2025 (punti 4. e seguenti del
«Considerato in diritto»).
In particolare, merita richiamare in questa sede il punto 2.1.
del «Considerato in diritto» della sentenza della Corte
costituzionale n. 212 del 2023, al quale puo' farsi in questa sede
integrale rimando per affermare che: «va pertanto riaffermato
l'interesse di colui che e' stato privato della liberta' personale a
una pronuncia sulla legittimita' del provvedimento restrittivo, pur
avendo egli, nelle more, riacquistato la liberta' (sentenza n. 54 del
1993 e ordinanza n. 304 del 1991); e va altresi' ribadito che, quando
il giudice dubiti della legittimita' costituzionale delle norme che
regolano presupposti e condizioni del potere di convalida, la
cessazione dello stato di restrizione non puo' essere di ostacolo al
promovimento della relativa questione di legittimita' costituzionale
(sentenza n. 137 del 2020, punto 2.1. del Considerato in diritto)».
Sotto un secondo profilo, occorre osservare che la normativa
sospettata di illegittimita' costituzionale impone al giudice della
convalida di «sentire» previamente l'interessato, se comparso.
Deve ritenersi che l'interlocuzione con questo soggetto, pur
rispondendo a esigenze di garanzia e pur svolgendosi alla presenza di
un difensore che lo assiste, necessariamente si risolve anche
nell'assunzione di informazioni, veicolate proprio dal diretto
interessato, potenzialmente nocive per lui, come puntualmente
avvenuto anche nel caso concreto.
In altre parole, una volta prevista l'interlocuzione con
l'Autorita' giudiziaria chiamata a valutare la legittimita' della
privazione della sua liberta' personale, si ritiene assolutamente
necessario tutelare il trattenuto attraverso il riconoscimento di un
consapevole diritto al silenzio, che attualmente non e' in alcun modo
contemplato dall'ordinamento.
Tale esigenza di tutela appare particolarmente stringente in
ragione della peculiare situazione in cui versa il richiedente la
protezione internazionale, della quale anche la Corte costituzionale
si e' gia' mostrata perfettamente consapevole.
In particolare, nella sentenza n. 212 del 2023 la Corte
costituzionale ha avuto modo di sottolineare che: «nel caso di
specie, si e' di fronte alla fattispecie particolare dello straniero
che e' anche richiedente asilo, il quale dunque si trova in una
situazione ancor piu' delicata, che richiederebbe un alto grado di
protezione, secondo le norme del diritto dell'Unione europea (di cui
alle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE)».
Le medesime norme che impongono al giudice della convalida di
sentire il trattenuto sono completamente silenti a proposito delle
garanzie che devono presidiare questo incombente.
Questo vuoto normativo non si ritiene possa essere colmato
attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata delle
norme sospettate di incostituzionalita' proprio in ragione della
peculiare posizione giuridica dello straniero trattenuto richiedente
la protezione internazionale e del contesto in cui egli si trova nel
momento in cui deve essere sentito, come nel prosieguo si avra' modo
di specificare piu' dettagliatamente.
In terzo luogo, la non manifesta irrilevanza della questione di
legittimita' prospettata puo' essere ritenuta anche con riferimento a
considerazioni piu' strettamente attinenti al merito.
Deve osservarsi che Y K ha reso dichiarazioni dal contenuto
inequivocabilmente a se' sfavorevole, da sole idonee a dimostrare la
fondatezza delle ragioni sulla cui base il Questore di Torino ha
disposto il trattenimento.
Alla luce delle dichiarazioni rese dal trattenuto all'udienza di
convalida del 9 ottobre 2025, sopra sommariamente riportate, emerge
evidente la sussistenza di fondati motivi per ritenere che la sua
domanda di protezione internazionale sia stata effettivamente
presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione
dell'espulsione.
E' appena il caso di osservare l'irrilevanza del fatto che alcune
delle informazioni riferite da Y K sono desumibili anche da altri
atti del procedimento, questione che, sotto alti profili comunque
connessi alla valutazione del diritto al silenzio che viene in
rilievo anche nella presente sede, e' gia' stata risolta dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 111/2023 (punto 3.5.1. del
«Considerato in diritto»).
Peraltro, molte delle circostanze riportate dal trattenuto nel
corso della sua escussione, come, per esempio, quelle relative alle
condizioni personali precedenti alla carcerazione, ai rapporti col
figlio e all'individuazione della persona offesa dei reati per cui e'
stato detenuto, non erano desumibili dagli atti, ne' dal
provvedimento del Questore, invero motivato facendo esclusivo
riferimento a clausole di stile, riproducenti il mero dato normativo.
Il vuoto normativo denunciato con la presente ordinanza non si
ritiene colmato neppure dalla previsione della presenza del difensore
all'udienza in cui il trattenuto deve essere sentito, imposta dal
combinato disposto degli art. 6, comma 5, decreto legislativo n.
142/2015 e 14, comma 4, decreto legislativo n. 286/1998.
In assenza di una puntuale disciplina che regoli il diritto al
silenzio, infatti, neppure tale presidio di legalita' risulta
sufficiente a garantire i diritti del soggetto privato della liberta'
personale.
Occorre anche evidenziare che, con riferimento al caso di specie,
gli oneri informativi che si assumono violati non sono stati
garantiti nemmeno nel corso del procedimento amministrativo
prodromico al trattenimento oggetto del giudizio che vede coinvolto Y
K .
Il provvedimento del Questore del 2 ottobre 2015, gia'
convalidato dal Giudice di pace di Torino, fa doverosamente menzione
al fatto che all'ingresso nel centro di permanenza per i rimpatri
«veerra' fornito opuscolo informativo di cui all'art. 10, comma 1,
decreto legisltaivo n. 25/2008».
Tale norma fa riferimento al diritto del richiedente la
protezione internazionale a ricevere informazioni a proposito «della
procedura da seguire, dei suoi diritti e doveri durante il
procedimento e dei tempi e mezzi a sua disposizione per corredare la
domanda degli elementi utili all'esame».
Per espressa previsione normativa, questo onere si ritiene
adempiuto attraverso la consegna all'interessato di un opuscolo
appositamente redatto dalla Commissione nazionale, «secondo le
modalita' definite nel regolamento da adottare ai sensi dell'articolo
38» (art. 10, comma 2, decreto legislativo n. 25/2008), che, fra le
altre indicazioni, deve prevedere «i principali diritti e doveri del
richiedente durante la procedura di esame della domanda di protezione
internazionale» (lettera b).
Benche' l'opuscolo materialmente consegnato a Y K non sia
prodotto agli atti del procedimento, la consultazione delle fonti
aperte di internet consente di apprezzare come nessun cenno sia
contenuto in questo opuscolo al diritto al silenzio, ne' tanto meno
alla possibilita' di comparire davanti all'Autorita' giudiziaria per
essere sentito («Quali sono i miei diritti di richiedente asilo?
Essere informato: l'ufficio di Polizia che riceve la tua domanda di
protezione internazionale ti informa sui tuoi diritti e doveri e su
ogni fase della procedura. Per qualsiasi ulteriore informazione
rivolgiti ad un operatore legale del tuo centro di accoglienza o
delle associazioni di tutela dei richiedenti asilo e rifugiati
presenti sul territorio. In qualsiasi frase della procedura puoi
sempre contattare anche l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per
i Rifugiati - UNHCR»).
Risulta per cio' solo evidente che il trattenuto non ha mai
ricevuto alcuna informazione su un rilevantissimo corollario del
proprio diritto a difendersi, che si ritiene debba essergli
assicurato proprio in virtu' della privazione della liberta'
personale patita.
In conclusione, la questione di legittimita' costituzionale che
ci si appresta a formulare si palesa rilevante nel presente
procedimento, anche perche' da ritenersi decisiva ai fini della
valutazione della fondatezza del provvedimento che questa Corte
d'appello e' chiamata a convalidare.
Per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione
proposta, si rende necessaria una premessa di carattere generale.
Tanto la giurisprudenza della Corte costituzionale, quanto quella
di legittimita' sono ormai da tempo unanimemente assestate nel senso
di affermare la natura limitativa della liberta' personale del
trattenimento dello straniero.
In particolare, oltre alla recente sentenza della Corte
costituzionale n. 96 del 2025, tale principio e' stato affermato
anche nella sentenza n. 212 del 2023, nella sentenza n. 127 del 2022
e, in precedenza, anche nella sentenza n. 105 del 2001.
Nel solco della medesima linea interpretativa si pone la Corte di
cassazione, che ugualmente, ancora piu' di recente, ha ritenuto
«pacifico» il fatto che la materia del trattenimento delle persone
straniere «prevedendo l'intervento di atti che incidono sulla
liberta' personale, concretizzi una forma di restrizione che presenta
connotazioni del tutto analoghe rispetto a quelle dettate... nella
materia della liberta' personale», giungendo a constatare che la
«sostanziale assimilabilita' fra i due moduli restrittivi»
rappresenta «un dato ormai acquisito, nella giurisprudenza
costituzionale (da ultimo, sentenza n. 96 del 2025) e di legittimita'
(fra le tante, si richiamano Sez. 1, n. 9556 del 7 marzo 2025 - Rv.
287568-03; Sez. 1, n. 15751 del 22 aprile 2025, Rv. 287812-01; Sez.
1, n. 15757 del 22 aprile 2025, Rv. 287844-03; Sez. 1, n. 15746 del
22 aprile 2025, Rv. 287810-01; Sez. 1, n. 15754 del 22 aprile 2025,
Rv. 287842-02)» (Cfr. Corte di cassazione, Sezione prima penale,
ordinanza n. 30297 del 4 settembre 2025).
Tale ricostruzione trova riscontro anche nella normativa e nella
giurisprudenza comunitarie.
In particolare, la direttiva 2008/115/CE afferma al
«considerando» 17 che «i cittadini di paesi terzi che sono trattenuti
dovrebbero essere trattati in modo umano e dignitoso, nel pieno
rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformita' del diritto
nazionale e internazionale».
Partendo da questa premessa, anche la giurisprudenza della Corte
di giustizia dell'Unione europea e' orientata nel senso di ritenere
che la nozione di trattenimento di un cittadino di un paese terzo
implica il suo confinamento in un luogo determinato, che lo priva
della liberta' personale e, in particolare evidenzia che tale
situazione implica una grave «ingerenza nel diritto alla liberta'
sancito all'art. 6 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea» (Corte di giustizia UE, grande sezione, sentenza 8 novembre
2022, cause riunite C-704/20 e C-39/21, Staatssecretaris van Justitie
en Veiligheid e X, paragrafo 75).
Merita richiamare anche la sentenza della Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo del 6 ottobre 2016 - Ricorsi nn. 3342/11, 3391/11,
3408/11 e 3447/11 - Causa e altri c. Italia, che al paragrafo 70
prevede: «quando si tratta di una privazione della liberta', e'
particolarmente importante soddisfare il principio generale della
certezza del diritto. Di conseguenza, e' essenziale che le condizioni
di privazione della liberta' in virtu' del diritto interno siano
definite chiaramente e che la legge stessa sia prevedibile nella sua
applicazione, in modo da soddisfare il criterio di «legalita'»
stabilito dalla Convenzione, che esige che ogni legge sia
sufficientemente precisa per permettere al cittadino - che
eventualmente potra' avvalersi di consulenti illuminati - di
prevedere, ad un livello ragionevole nelle circostanze della causa,
le conseguenze che possono derivare da un determinato atto
(Baranowski c. Polonia, n. 28358/95, §§ 50-52, CEDU 2000-111, Ječius
c. Lituania, n. 34578/97, § 56, CEDU 2000-1X, e Mooren c. Germania
[GC], n. 11364/03, § 76, 9 luglio 2009)».
Muovendo da tali premesse, e' ineludibile la necessita' di
valutare se il sistema normativo delineato dal combinato disposto
degli art. 6, comma 5, decreto legislativo n. 142/2015 e 14, comma 4,
decreto legislativo n. 286/1998 risponda a tali principi.
In particolare, la questione qui proposta concerne l'escussione
del cittadino straniero richiedente la protezione internazionale,
trattenuto per ordine del Questore, prevista dalle norme appena
richiamate nel corso del procedimento di convalida attualmente svolto
davanti alla Corte d'appello in composizione monocratica.
Si ritiene che tale disciplina contrasti con i principi di cui
agli ad. 24 comma 2 e 3 della Costituzione. Sotto il primo profilo,
la non manifesta infondatezza della questione che si intende
sottoporre all'esame della Corte costituzionale puo' essere affermata
in relazione al diritto al silenzio, che costituisce un corollario
del diritto alla difesa costituzionalmente garantito e riconosciuto
anche dal diritto dell'Unione europea.
In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha
rilevato che, benche' l'ad. 6 della Convenzione per la salvaguardia
dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' fondamentali non menzioni
espressamente il diritto al silenzio, quest'ultimo costituisce una
norma internazionale generalmente riconosciuta, che si trova al
centro della nozione di equo processo e pone il giudicato al riparo
da una coercizione abusiva da parte delle autorita', in quanto
contribuisce ad evitare errori giudiziari e a garantire il risultato
a cui mira tale norma (cfr. sentenza John Murray c. Regno Unito, 8
febbraio 1996, paragrafo 45).
Del resto, nelle gia' richiamate sentenze Baranowski c. Polonia,
n. 28358/95, paragrafi 50-52; Ječius c. Lituania, n. 34578/97,
paragrafo 56; Mooren c. Germania [GC], n. 11364/03, paragrafo 76, la
Corte europea dei diritti dell'uomo ha esplicitamente statuito che e'
dovere della legislazione nazionale quello di porre ogni soggetto che
viene sottoposto a una privazione della liberta' personale «di
prevedere, ad un livello ragionevole nelle circostanze della causa,
le conseguenze che possono derivare da un determinato atto».
Il non aver previsto che il trattenuto richiedente la protezione
internazionale, prima di essere sentito nel corso dell'udienza di
convalida del trattenimento, venga avvisato della possibilita' che le
sue dichiarazioni vengano utilizzate per motivare una privazione
della liberta' personale e della possibilita', proprio per questo, di
astenersi dal rendere dichiarazioni si ritiene costituisca un
pregiudizio del diritto di difesa e, dunque, integri una violazione
degli art. 24, comma 2 della Costituzione e dell'art. 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle
Liberta' fondamentali, applicabile anche alla materia dei
trattenimenti in virtu' di quanto sopra precisato attraverso il
rimando a pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo.
La circostanza che la privazione della liberta' personale non
derivi dalla commissione di un reato non puo' costituire ragione
sufficiente a eliminare tale pregiudizio.
Muovendo dalla «sostanziale assimilabiita' fra i due moduli
restrittivi», gia' a piu' riprese affermata dalla giurisprudenza
costituzionale e di legittimita', deve osservarsi che l'art. 24 della
Costituzione non pone alcuna distinzione di materia in quanto prevede
al primo comma il diritto di chiunque ad agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi, senza alcuna
limitazione e, correlativamente, statuisce al secondo comma
l'inviolabilita' del diritto di difesa in ogni stato e grado del
procedimento, vale a dire, ancora una volta, indipendentemente dalla
natura dei diritti che si intendono tutelare in giudizio.
In altre parole, si ritiene che il diritto al silenzio,
espressione del principio «nemo tenetur se detegere», corollario dei
diritti riconosciuti tanto dalla Costituzione italiana, quanto dalla
normativa dell'Unione europea, trascende dall'ambito penalistico
strettamente inteso e deve trovare applicazione anche nei casi in cui
la limitazione alla liberta' personale derivi da una fonte
amministrativa, qual e' da considerare il provvedimento di
trattenimento del richiedente la protezione internazionale disposto
dal Questore ai sensi dell'art. 6, decreto legislativo n. 142/2015.
Quanto precede pare tanto piu' vero se si considera il grado
estremamente elevato di pregiudizio per la liberta' personale che
implica il trattenimento nel centro di permanenza per i rimpatri, il
fatto che tale misura e' astrattamente destinata a protrarsi per un
periodo non certo limitato di tempo (pari a dodici mesi, secondo
quanto previsto dall'art. 6, comma 8, decreto legislativo n.
142/2015) e, stando a quanto espressamente indicato all'art. 5, comma
1, lettera F della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti
dell'Uomo e delle Liberta' fondamentali, legittima la privazione
della liberta' in quanto e' rivolta a «una persona contro la quale e'
in corso un procedimento d'espulsione o d'estradizione».
Non e' casuale osservare che la disciplina del trattenimento dei
richiedenti la protezione internazionale, per quanto compatibile,
contempla esattamente i medesimi principi sanciti dall'art. 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle
Liberta' fondamentali a garanzia dell'«accusato».
In particolare, il comma 3 di questa norma sancisce i diritti a
«(a) essere informato, nel piu' breve tempo possibile, in una lingua
a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi
dell'accusa formulata a suo carico; (b) disporre del tempo e delle
facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (c) difendersi
personalmente o avere l'assistenza di un difensore di sua scelta e,
se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito
gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli
interessi della giustizia; (d) OMISSIS; (e) farsi assistere
gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua
usata in udienza», vale a dire di godere delle medesime garanzie gia'
attualmente riconosciute al trattenuto.
Con il prevedere che «ogni legge sia sufficientemente precisa»,
anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ( e altri c. Italia nn.
3342/11, 3391/11, 3408/11 e 3447/11, paragrafo 70, Baranowski c.
Polonia, n. 28358/95, paragrafi 50-52; Ječius c. Lituania, n.
34578/97, paragrafo 56; Mooren c. Germania [GC], n. 11364/03,
paragrafo 76) sembra stigmatizzare il vuoto normativo che si sospetta
di illegittimita' costituzionale.
Tutto cio' premesso, come gia' accennato, si ritiene che la
garanzia effettiva del diritto a non rendere dichiarazioni contro se'
stesso esiga la previsione di idonei strumenti procedurali, che ne
assicurino il rispetto da parte dell'Autorita' procedente.
In analogia con la disciplina penalistica prevista a tutela della
persona indagata sottoposta a interrogatorio (art. 64, commi 3 e
3-bis del codice di procedura penale), tali strumenti possono essere
individuati, in primo luogo, nell'integrare la disciplina relativa
alla convalida del trattenimento del cittadino straniero richiedente
la protezione internazionale prevedendo esplicitamente la necessita'
di fornire al cittadino straniero richiedente la protezione
internazionale le necessarie informazioni, rendendolo edotto del
fatto che le sue dichiarazioni potrebbero usate contro di lui.
In seconda istanza, il pieno rispetto del diritto di difesa
costituzionalmente garantito impone di riconoscere espressamente al
soggetto trattenuto la facolta' di non essere sentito, pur comparendo
come suo diritto, proprio al fine di non trovarsi nella posizione di
riferire circostanze a se' sfavorevoli e che di cio' venga
previamente avvertito.
Tali profili si ritengono meritevoli di particolare
considerazione in rapporto alla necessita' di controbilanciare la
pressione psicologica che inevitabilmente e' connessa a un incombente
che, per espressa previsione normativa, si svolge «ove possibile, a
distanza mediante un collegamento audiovisivo, tra l'aula d'udienza e
il centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 nel quale egli [il richiedente la protezione
internazionale - n.d.e.] e' trattenuto».
Il pieno rispetto del diritto al silenzio impone, infine, che
l'ordinamento preveda la sanzione processuale dell'inutilizzabilita'
di tutte le dichiarazioni rese dall'interessato, allorche' questi
obblighi procedurali siano stati violati.
Nessuna di queste tutele e' attualmente contemplata nei casi di
interlocuzione del richiedente la protezione internazionale con il
giudice, nonostante tale incombente sia normativamente imposto nel
corso dell'udienza di convalida del trattenimento, quando
l'interessato sia comparso.
Deve ritenersi che da tali omissioni derivino conseguenze molto
rilevanti sui diritti di difesa dell'interessato, al quale non e'
oggi riconosciuto un consapevole diritto al silenzio, pur a fronte
del fatto che tale diritto viene necessariamente in gioco tutte le
volte in cui il richiedente la protezione internazionale compare
davanti alla Corte d'appello per la convalida del trattenimento e
potrebbe trovarsi nella condizione di rendere dichiarazioni
suscettibili di essere utilizzate nell'ambito di quel procedimento e,
dunque, di patire una rilevante menomazione della sua liberta'
personale anche motivata dal contenuto delle circostanze riferite
quando viene sentito.
Discende da cio' la ritenuta non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale appena prospettata in
relazione combinato disposto degli art. 6, comma 5, decreto
legislativo n. 142/2015 e 14 comma 4 decreto legislativo n. 286/1998
per violazione dell'art. 24, comma 2 della Costituzione, oltre
dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti
dell'Uomo e delle Liberta' fondamentali.
Sotto altro profilo, la «sostanziale assimilabilita'» fra la
materia del trattenimento delle persone straniere e quella della
liberta' personale di matrice penalistica, costantemente affermata
dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita' e data ormai
per «pacifica», impone di rilevare come la disciplina prevista in
tema di convalida del trattenimento dei richiedenti la protezione
internazionale presenti profili di irragionevole disparita' di
trattamento rispetto a quella dettata a tutela delle persone indagate
o imputate nel procedimento penale.
Si e' gia' avuto modo di evidenziare, ma merita ribadire anche in
questa sede, che la Corte costituzionale ha descritto la materia
disciplinata dall'art. 6, decreto legislativo n. 142/2015 come una
«fattispecie particolare dello straniero che e' anche richiedente
asilo, il quale dunque si trova in una situazione ancor piu'
delicata, che richiederebbe un alto grado di protezione, secondo le
norme del diritto dell'Unione europea (di cui alle direttive
2013/32/UE e 2013/33/UE)» (cfr. sentenza n. 212 del 2023). Tale
precisazione si ritiene particolarmente rilevante in quanto dimostra
con ancora maggiore evidenza il carattere irragionevole della minore
tutela che l'ordinamento appresta a questi soggetti rispetto a quella
delle persone sottoposte a indagini o imputate, pur a fronte della
identica situazione di grave pregiudizio per la liberta' personale
che tutti questi soggetti si trovano a subire.
A causa della sua incompletezza, la disciplina che in questa sede
si intende censurare di illegittimita' costituzionale presenta,
pertanto, profili di irragionevole disparita' di trattamento,
contrastanti con il principio di cui all'art. 3 della Costituzione.
Infatti, il combinato disposto degli art. 6, comma 5, decreto
legislativo n. 142/2015 e 14, comma 4, decreto legislativo n.
286/1998 prevede una disciplina che regola in modo diverso situazioni
definite anche dalla Corte di cassazione come connotate da
«sostanziale assimilabilita'», quanto meno con riferimento agli
effetti, o, meglio, omette di prevedere e con cio' regola in modo
diverso.
In ragione di cio', e' ragionevole ritenere che, oltre agli
effetti, anche le garanzie che assistono i soggetti accomunati dal
rischio di veder limitata la propria liberta' personale debbano
essere assicurate in egual misura nel corso dei procedimenti (i «due
moduli restrittivi» «sostanzialmente» assimilabili, secondo
l'ordinanza n. 30297 del 4 settembre 2025 della Corte di cassazione,
Sezione prima penale precedentemente citata) che li vedono
rispettivamente coinvolti.
In conclusione, alla luce di tutto quanto in qui esposto, la
questione di legittimita' costituzionale oggetto della presente
ordinanza risulta non manifestamente infondata.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 Costituzione e 23, legge n. 87/1953,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale del combinato disposto degli art. 6,
comma 5, decreto legislativo n. 142/2015 e 14, comma 4, decreto
legislativo n. 286/1998, nella parte in cui non prevede che, prima di
essere sentito dall'Autorita' giudiziaria in sede di convalida del
trattenimento, il richiedente la protezione internazionale sia
avvisato della possibilita' che le sue dichiarazioni siano utilizzate
contro di lui; nella parte in cui non riconosce espressamente al
medesimo soggetto la facolta' di non essere sentito, pur comparendo e
di cio' venga previamente avvertito; nonche' nella parte in cui non
disciplina le conseguenze derivanti dalla mancata formulazione di
questi avvisi, per violazione degli art. 24 comma 2 e art. 3 della
Costituzione;
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Sospende il procedimento n. 1245/2025 R.G.C. sino all'esito del
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale;
Ordina la notificazione della presente ordinanza alla Presidente
del Consiglio dei Ministri;
Dispone la comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento;
Ordina la notificazione della presente ordinanza alle parti del
presente procedimento;
Manda alla cancelleria per quanto di competenza.
Torino, 10 ottobre 2025
Il consigliere: Marson