Reg. ord. n. 212 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/11/2025 n. 45

Ordinanza del Tribunale di Padova  del 16/07/2025

Tra: Stefania Masin  C/ Mondel srl



Oggetto:

Lavoro – Licenziamento individuale – Disciplina del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti – Tutela del lavoratore nei casi di licenziamento ingiustificato intimato da un datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, commi ottavo e nono, della legge n. 300 del 1970 – Previsione che l’ammontare delle indennità e dell’importo, previsti dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite delle sei mensilità – Delimitazione di un massimo risarcitorio di sei mensilità – Denunciata inadeguatezza del risarcimento e della portata dissuasiva della sanzione applicata al licenziamento illegittimo – Irragionevolezza – Riduzione della tutela riconosciuta ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro sottosoglia – Lesione del principio della tutela del lavoro – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali con riguardo alle previsioni dell’art. 24 della Carta sociale europea.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 04/03/2015  Num. 23  Art. 9  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 35   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Carta sociale europea  Art. 24   Co.  

legge  Art.    Co.  



Camera di Consiglio del 23 marzo 2026 rel. SCIARRONE ALIBRANDI


Testo dell'ordinanza

                        N. 212 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2025

Ordinanza del 16 luglio 2025 del Tribunale di Padova nel procedimento
civile promosso da Stefania Masin contro Mondel srl, Criocabin spa  e
Zoin srl. 
 
Lavoro - Licenziamento individuale  -  Disciplina  del  contratto  di
  lavoro a tempo  indeterminato  a  tutele  crescenti  -  Tutela  del
  lavoratore nei casi di licenziamento ingiustificato intimato da  un
  datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali di  cui
  all'art. 18, commi ottavo e nono, della legge n.  300  del  1970  -
  Previsione  che  l'ammontare  delle  indennita'   e   dell'importo,
  previsti dall'art. 3, comma 1,  del  d.lgs.  n.  23  del  2015,  e'
  dimezzato e non puo' in ogni caso  superare  il  limite  delle  sei
  mensilita'. 
- Decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di
  contratto di lavoro a tempo indeterminato a  tutele  crescenti,  in
  attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), art. 9, comma 1. 


(GU n. 45 del 05-11-2025)

 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI PADOVA 
                   Sezione controversie del Lazio 
 
    Il Giudice dott. Mauro Dallacasa a scioglimento della riserva, ha
emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al  n.  1610
del Ruolo Generale dell'anno 2023, promossa da: Masin Stefania  (Avv.
C. Rizzi), 
    contro Mondel s.r.l., Criocabin  S.p.a.,  Zoin  S.r.l.  (Avv.  P.
Bernardo, C. Schimiedt), 
    In punto a: 
        Impugnazione di licenziamento - Svolgimento  del  processo  e
motivi della decisione 
    La ricorrente ha impugnato il licenziamento intimatole da. Mondel
S.r.l., per motivo oggettivo,  determinato  (secondo  la  motivazione
addotta  nella  comunicazione  di  licenziamento)  dal  processo   di
profonda  riorganizzazione  dell'area  commerciale,  con  conseguente
esternalizzazione dell'attivita'  di  vendita.  La  comunicazione  di
recesso aggiungeva  che  le  mansioni  residuate  in  capo  a  Mondel
sarebbero state avocate dal consigliere di  amministrazione  Cristian
Pivato. 
    Il rapporto di lavoro della ricorrente era stato avviato in. data
23 dicembre 2020. 
    La ricorrente ha allegato  che  il  contratto  prevedeva  che  le
potesse essere richiesto  di  svolgere  la  propria  attivita'  anche
presso le altre aziende del gruppo. 
    In precedenza, una di queste aziende (Criocabin S.p.a.) le  aveva
rilasciato una lettera di impegno all'assunzione. Il rapporto, di li'
a poco, era stato avviato con Mondel. 
    La ricorrente ha chiesto  che  le  tre  societa'  costituenti  il
gruppo di imprese e convenute in. Giudizio (oltre  a  Mondel  S.r.l.,
Criocabin S.p.a. e Zoin S.r.l.)  siano  considerate  come  un  centro
unico di imputazione del rapporto di lavoro e che, in conseguenza  di
cio', si  accerti  l'esistenza  del  requisito  dimensionale  di  cui
all'art. 18, ottavo e nono comma, legge n. 300/70, e si condanni.  la
societa' convenuta al pagamento dell'indennita' prevista dall'art. 3,
decreto legislativo n. 23/2015,  nella  misura  compresa  tra  sei  e
trentasei mensilita' dell'ultima retribuzione utile  per  il  calcolo
del tfr. 
    Tutte e tre le societa' convenute si sono costituite in giudizio,
chiedendo il rigetto del ricorso e  in  particolare  contestando  che
sussistano  le  condizioni  per  imputare  il  rapporto  a  tutte  le
convenute in maniera indifferenziata. 
    Non e' controverso che Mondel S.r.l da se' sola non raggiunga  il
requisito dimensionale previsto dell'art. 18, legge n. 300/70. 
    Ove il licenziamento risultasse illegittimo e tuttavia difettasse
la  possibilita'  di  considerare  unitariamente  le   tre   societa'
convenute come  co-datori  di  lavoro,  dovrebbe  farsi  applicazione
dell'art. 9, comma 1, decreto legislativo  n.  23/2015,  secondo  cui
l'ammontare delle indennita' e  dell'importo  previsti  dall'art.  3,
comma 1, dall'art. 4, comma 1 e dall'art. 6, comma 1, e' dimezzato  e
non puo' in ogni caso superare il limite di sei mensilita'. 
    Secondo quanto affermato  dallo  stesso  amministratore  delegato
delle tre societa', Mondel S.r.l. ha un fatturato annuo  superiore  a
quello previsto dal  decreto  ministeriale  18  aprile  2025  per  le
microimprese. 
    II.  riferimento  alla  nozione  di  microimpresa  si  giustifica
perche' essa e' stata individuata,  nel  dibattito  dottrinale,  come
possibile nuova soglia di una tutela minore in tema di licenziamenti. 
    Le altre societa' del gruppo hanno  fatturati  significativamente
superiori. 
    Tra le tre societa' vi sono indubbie sinergie e tutte  rispondono
ad una direzione unitaria.  La  stessa  esternalizzazione  addotta  a
motivo  del  licenziamento   e'   dichiaratamente   costituita,   dal
trasferimento  della  funzione  prima  svolta  dalla   ricorrente   a
personale di altre societa' del gruppo. 
    Tali sinergie, anche se non dovessero essere ritenute sufficienti
per ascrivere il rapporto di  lavoro  a  tutte  e  tre  le  societa',
costituiscono  comunque  un  fattore  di  stabilita'  economica,   di
riduzione dei costi e di elasticita'  operativa,  anche  quanto  alla
gestione del personale. 
    La Corte costituzionale e' gia' stata investita  della  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  comma   1,   decreto
legislativo  n.  23/15.  Con  la  sentenza  n.  183/22  la  Corte  ha
dichiarato l'inammissibilita' della questione  proposta.  I  passaggi
argomentativi possono cosi' sintetizzarsi: a) l'indennita'  costretta
entro l'esiguo divario tra un minimo di  tre  e  un  massimo  di  sei
mensilita'   vanifica   l'esigenza   di   adeguare   l'importo   alla
specificita' di ogni singola vicenda; b) il limitato  scarto  tra  il
minimo e il massimo  conferisce  un  rilievo  preponderante,  se  non
esclusivo, al numero dei dipendenti che, a ben vedere, non rispecchia
di per se' l'effettiva forza economica del datare di lavoro; c) in un
quadro determinato  dall'incessante  evoluzione  della  tecnologia  e
della trasformazione dei processi  produttivi,  al  contenuto  numero
degli  occupati  possono  fare  riscontro  cospicui  investimenti  in
capitali e un consistente volume di affari; d) il limite  uniforme  e
invalicabile di sei mensilita' opera in riferimento ad attivita'  tra
loro eterogenee,  accomunate  dal  dato  del  numero  dei  dipendenti
occupati, sprovvisto di per se' di una significativa  valenza;  e)  a
tale vulnus non puo' porre rimedio la Corte, perche' la richiesta del
remittente concerne la  ridefinizione  della  stessa  soglia  massima
dell'indennita', in difetto  di  soluzioni  predefinite  che  possano
circoscrivere il carattere manipolativo dell'intervento auspicato; f)
anche l'eliminazione del  regime  speciale  previsto  per  i  piccoli
datori di  lavoro  non  puo'  che  essere  rimessa  all'apprezzamento
discrezionale del legislatore. 
    La Corte, tuttavia rileva che «un ulteriore protarsi dell'inerzia
legislativa non sarebbe tollerabile e la indurrebbe,  ove  nuovamente
investita, a provvedere nuovamente». 
    La sentenza porta la data del 23  giugno  2022  e  da  allora  il
legislatore  non  e'  intervenuto  per  riportare  nell'alveo   della
legittimita' costituzionale la disposizione oggetto della censura. 
    La fattispecie concreta in esame, per le ragioni  sopra  esposte,
puo' avvalorare, sulla base di un apprezzamento del caso concreto, il
giudizio  di  inadeguatezza  della  norma  a  consentire  un'adeguata
individualizzazione  della  sanzione.  In  particolare,  il  contesto
fattuale sopra succintamente riportato fa ritenere  che  vi  sia  una
discrasia tra numero  degli  occupati  e  effettiva  forza  economica
dell'impresa datrice di lavoro. 
    Cio' si ripercuote sia sull'adeguatezza del risarcimento,  tenuto
conto  che   esso,   «ancorche'   non   necessariamente   riparatorio
dell'intero  pregiudizio  subito   dal   danneggiato,   deve   essere
necessariamente equilibrato»,  sia  sulla  portata  dissuasiva  della
sanzione applicabile. Il diritto al lavoro (art. 4, primo comma della
Costituzione) e la tutela  del  lavoro  in  tutte  le  sue  forme  ed
applicazioni (art. 35, primo comma,  della  Costituzione)  richiedono
che i limiti  posti  al  potere  di  recesso  del  datore  di  lavoro
correggano un disequilibrio  di  fatto  esistente  nel  contratto  di
lavoro. 
    La  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  della  sola
previsione di un massimo risarcitorio di sei mensilita'  da  un  lato
conserverebbe la differenziazione di disciplina tra imprese minori  e
maggiori, dall'altro offrirebbe al  giudice  un  piu'  ampio  spettro
sanzionatorio, con  cui  adeguare  la  indennita'  risarcitoria  alle
specificita'  del  caso,  impregiudicata  la   discrezionalita'   del
legislatore di introdurre modifiche piu' rilevanti  della  disciplina
sostanziale. 
    Deve quindi ribadirsi l'irragionevolezza della tutela  apprestata
per i lavoratori dipendenti da  datori  di  lavoro  sottosoglia,  non
potendo essa superare le sei mensilita'. 
    Come gia' evidenziato nell'ordinanza di rimessione del  Tribunale
di Roma che ha dato luogo  alla  sentenza  n.  183/2022,  la  mancata
adeguatezza del ristoro nei termini  precisati  viola  gli  artt.  3,
comma 1, 4, 35, comma 1  e  117,  comma  1,  della  Costituzione,  in
relazione all'art.  24  della  Carta  sociale  europea,  secondo  cui
«l'indennizzo e' congruo se e' tale da assicurare un adeguato ristoro
per il concreto pregiudizio subito dal lavoratore licenziato senza un
valido motivo». 
    Appare quindi non  manifestamente  infondata,  in  rapporto  agli
articoli 3, comma 1,  4,  35  comma  1,  della  Costituzione  nonche'
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione in relazione  all'art.  24
della  Carta  sociale   europea,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo 4  marzo
2015, n. 23, con riguardo alle  parole  «e  non  puo'  in  ogni  caso
superare il limite di sei mensilita'». 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Giudice, visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    Visto l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  comma  1,  del   decreto
legislativo 4 marzo 2015, n. 23, con riguardo alle parole «e non puo'
in ogni caso superare il limite di sei mensilita'» in  rapporto  agli
articoli 3, comma  1,  4,  35  comma  1  della  Costituzione  nonche'
dell'art. 117, comma 1, della Costituzione in relazione  all'art.  24
della Carta sociale europea; 
    dispone la sospensione del giudizio; 
    ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza  alle
parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei  ministri,  nonche'
di comunicarla ai Presidenti della Camera dei Deputati e  del  Senato
della Repubblica; 
    ordina alla  cancelleria  di  trasmettere  gli  atti  alla  Corte
costituzionale, unitamente alla prova delle avvenute notificazioni  e
comunicazioni. 
    Cosi' deciso in Padova, 16 luglio 2025 
 
                   Il Giudice estensore: Dallacasa
                    
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