Reg. ord. n. 210 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/11/2025 n. 45

Ordinanza del Corte suprema di cassazione  del 11/06/2025

Tra: Agenzia delle Entrate  C/ Silvia Cuneo



Oggetto:

Tributi – Imposte sulle successioni ereditarie – Rendita o pensione vitalizia – Base imponibile – Determinazione mediante moltiplicazione dell’annualità per il coefficiente applicabile in base all’età del beneficiario, secondo il prospetto allegato al d.P.R. n. 131 del 1986 e integrato dall’art. 3 della legge n. 662 del 1996, che àncora la variazione del coefficiente al tasso di interesse – Denunciata disciplina che determina una base imponibile spropositata e un arbitrario valore fiscale – Conflitto con il principio di ragionevolezza e proporzionalità – Previsione che stabilisce i coefficienti da utilizzare per il calcolo della rendita vitalizia oltre che per l’usufrutto vitalizio, considerando uguali e disciplinando allo stesso modo situazioni diverse tra loro – Disparità di trattamento rispetto all’imposta di successione sull’usufrutto – Calcolo della base imponibile contraria al principio di realtà e produttiva, con effetti praticamente confiscatori – Violazione del principio di capacità contributiva e di uguaglianza tributaria.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 31/10/1990  Num. 346  Art. 17

decreto del Presidente della Repubblica  del 26/04/1986  Num. 131

legge  del 23/12/1996  Num. 662  Art. 3  Co. 164



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 53   Co.



Camera di Consiglio del 23 marzo 2026 rel. ANTONINI


Testo dell'ordinanza

                        N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 giugno 2025

Ordinanza dell'11 giugno 2025 della Corte di cassazione  sul  ricorso
proposto da Agenzia delle entrate contro Silvia Cuneo. 
 
Tributi - Imposte sulle successioni ereditarie - Rendita  o  pensione
  vitalizia   -   Base   imponibile   -    Determinazione    mediante
  moltiplicazione dell'annualita' per il coefficiente applicabile  in
  base all'eta' del beneficiario, secondo il  prospetto  allegato  al
  d.P.R. n. 131 del 1986 e integrato dall'art. 3 della legge  n.  662
  del 1996, che ancora la variazione del  coefficiente  al  tasso  di
  interesse. 
- Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo
  unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni  e
  donazioni), art.17, nella sua formulazione originaria,  applicabile
  ratione temporis, nella parte in cui rinvia al  prospetto  allegato
  al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n.  131,
  (Approvazione  del  Testo  unico  delle  disposizioni   concernenti
  l'imposta di registro) cui rimanda anche l'art. 3, comma 164, della
  legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di  razionalizzazione  della
  finanza pubblica). 


(GU n. 45 del 05-11-2025)

 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
 
                         Sezione tributaria 
 
    Composta dagli ill.mi signori magistrati: 
        Giacomo Maria Stalla, Presidente, 
        Liberato Paolitto, consigliere, 
        Maura Nardin, consigliere, 
        Fabio Di Pisa, consigliere, 
        Milena Balsamo, cons. rel., 
ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  interlocutoria  sul  ricorso
iscritto al n. 5150/2023 r.g. proposto da: 
        Agenzia  delle  entrate,  domiciliata  in   Roma,   via   Dei
Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale  dello  Stato  che  la
rappresenta e difende ex lege - ricorrente; 
        contro Cuneo Silvia, elettivamente domiciliata  in  Chiavari,
via Nino Bixio n. 34/4,  presso  lo  studio  dell'avvocato  Dellacasa
Riccardo che la rappresenta e difende per procura speciale in atti  -
controricorrente e ricorrente incidentale; 
        avverso  sentenza  di  Comm.Trib.Reg.  Liguria  n.   688/2022
depositata il 22 agosto 2022. 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
9 aprile 2025 dal Consigliere Milena Balsamo. 
    Udita la requisitoria del procuratore generale nella persona  del
cons. Stefano Pepe che ha concluso  per  l'accoglimento  del  ricorso
principale e la rimessione della controversia  alla  CGT  di  secondo
grado della Liguria, in diversa composizione. 
    Udito l'avvocato dello Stato che ha concluso  per  l'accoglimento
del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale. 
 
                           Fatti di causa 
 
    1. Il  giudizio  ha  ad  oggetto  l'impugnazione  dell'avviso  di
liquidazione dell'imposta principale di successione recante l'importo
di euro 199.715,81, di cui alla  dichiarazione  del  27  luglio  2017
(successione aperta il 22 luglio 2016), dovuta ex art. 17, lettera c)
del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (T.U.S.), in  ragione
della rendita vitalizia devoluta per legato dal de cuius  a  Geronima
Fabbri di cui  l'erede  Silvia  Cuneo  e'  onerata;  atto  impositivo
notificato  sia  alla  beneficiaria   che   alla   legataria,   quali
coobbligate in solido. 
    L'importo veniva  calcolato  ai  sensi  dell'art.  17,  comma  1,
lettera c), del T.U.S., attraverso il metodo di attualizzazione della
rendita. 
    L'erede e la legataria impugnavano l'atto  impositivo  lamentando
l'erroneita' del calcolo della  base  imponibile  e  sollevando,  con
riguardo al coefficiente di cui al prospetto allegato al decreto  del
Presidente  della   Repubblica   n.   131/1986   (T.U.R.),   in   via
pregiudiziale,  questione  di   legittimita'   costituzionale   degli
articoli 17 del decreto legislativo n. 346/1990 e 46, comma  c),  del
decreto del Presidente della Repubblica 26  aprile  1986,  n.  131  -
concernenti la determinazione della  base  imponibile  della  rendita
vitalizia - per violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione. 
    2. La Commissione Tributaria Provinciale di Genova respingeva  il
ricorso della contribuente, con sentenza n.  147/04/2021,  depositata
il 10 marzo 2021. 
    Sull'appello della  contribuente  Silvia  Cuneo,  la  Commissione
Tributaria Regionale della  Liguria,  con  sentenza  n.  688/01/2022,
depositata il 22 agosto 2022, nel riformare parzialmente la pronuncia
di primo grado, disapplicava il decreto  Mef  21  dicembre  2015  che
individuava, per il relativo anno, nella misura dello 0,2  per  cento
l'interesse legale da applicarsi per la  quantificazione  della  base
imponibile della rendita vitalizia,  affermando  che  il  sistema  di
adeguamento dei coefficienti basati sul saggio  legale  di  interesse
riferito  all'usufrutto  vitalizio,   se   applicato   alla   rendita
vitalizia,  produceva  un  effetto  distorsivo  ed   esorbitante   e,
pertanto, ne rideterminava il valore  attraverso  l'applicazione  del
tasso di interesse di cui al precedente decreto Mef del  23  dicembre
2013. 
    Avverso  la  suindicata  sentenza,  l'Agenzia  delle  entrate  ha
proposto ricorso affidato a due motivi. 
    Silvia Cuneo  ha  depositato  controricorso,  proponendo  ricorso
incidentale. 
    In  prossimita'  dell'udienza,  la  contribuente  ha   depositato
memorie difensive. 
    Il Procuratore Generale, nel ribadire la requisitoria scritta, ha
concluso per l'accoglimento del ricorso principale e il  rinvio  alla
CGT di secondo grado della Liguria. 
 
                          Motivi di diritto 
 
    1. Il ricorso principale dell'Agenzia delle entrate e' affidato a
due motivi. 
    2. Il primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell'art. 360,
primo comma, n. 4, del codice di procedura civile, reca la  deduzione
della «violazione e/o falsa  applicazione  dell'art.  113  codice  di
procedura civile e dell'art. 7, comma 5, del decreto  legislativo  31
dicembre 1992, n.  546  con  riferimento  alla  inammissibilita'  del
giudizio equitativo»; per avere il decidente disapplicato il  decreto
ministeriale dell'Economia e finanze  del  21  dicembre  2015  (nella
Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2015, n. 302)  per  ragioni  puramente
equitative». Si assume che l'art. 7, comma 5, del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546, attribuisce al Giudice tributario il potere
di disapplicare «un regolamento o un atto generale rilevante ai  fini
della decisione», qualora lo ritenga «illegittimo». Si  osserva  che,
tuttavia, il  giudizio  di  illegittimita'  dell'atto  amministrativo
presuppone l'esistenza di una norma giuridica violata e mai  potrebbe
fondarsi su valutazioni di carattere meramente equitativo. Del resto,
l'art. 113 del codice di procedura civile,  ritenuto  applicabile  al
processo tributario, stabilisce che il Giudice deve decidere  secondo
diritto, «salvo che la legge gli attribuisca il  potere  di  decidere
secondo equita'». Si conclude, pertanto,  che  l'equita'  sostitutiva
(che surroga l'equita' alle norme) non e'  ammissibile  nel  giudizio
tributario,  perche'  tale  possibilita'  deve  essere  espressamente
prevista dalla legge. 
    Si  soggiunge  che  i  giudici  distrettuali  hanno  erroneamente
ritenuto  «illogica  ed  eccessiva»  la  determinazione  della   base
imponibile e compiuta dall'Ufficio, sebbene generata  dalla  puntuale
applicazione dei criteri contenuti nel decreto  ministeriale  del  21
dicembre 2015, cosi' sostituendosi al legislatore e creando una nuova
regula iuris, partendo da un quantum  di  imponibile  apoditticamente
reputato  equo,  per  poi  fare  applicazione  di  una   disposizione
ministeriale  che,  sebbene   pacificamente   inapplicabile   ratione
temporis,  consentisse  egualmente  di  pervenire  ad  un   risultato
aprioristicamente reputato «equo». 
    3. Il secondo strumento del ricorso principale deduce «violazione
e/o falsa  applicazione  dell'art.  17  del  decreto  legislativo  31
ottobre 1990, n. 346, e dell'art. 7, comma 5, del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma,  n.
3, del codice di procedura  civile,  con  riferimento  alla  ritenuta
illegittimita' del decreto ministeriale economia  e  finanze  del  21
dicembre 2015». 
    Osserva l'amministrazione finanziaria che la  sentenza  impugnata
e' illegittima per violazione dell'art. 17 del decreto legislativo n.
346/1990 e del decreto ministeriale 21 dicembre 2015,  in  quanto  la
prima norma stabilisce come determinare la  base  imponibile  per  le
rendite e le pensioni incluse nell'attivo ereditario,  prevedendo  il
calcolo del valore attuale dell'annualita' in base al  saggio  legale
di interesse, con un limite massimo che dipende dal tipo  di  rendita
(a tempo determinato o  vitalizia).  Si  osserva  che  il  valore  e'
determinato tramite coefficienti legati all'eta' del  beneficiario  e
viene aggiornato periodicamente in base alle oscillazioni del  saggio
legale   degli   interessi.   Nel   caso    sub    iudice,    secondo
l'amministrazione trova applicazione il decreto ministeriale  del  21
dicembre 2015 che ha stabilito il  saggio  legale  di  interesse  per
l'anno 2016, anno di  apertura  della  successione,  determinando  il
valore del  multiplo  per  il  calcolo  delle  rendite  a  500  volte
l'annualita'. 
    4. Con ricorso incidentale la contribuente insiste nel  devolvere
alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale
degli articoli 17, comma 1, lettera c), del  decreto  legislativo  n.
346 del 1990, 3, comma 164, della legge 23  dicembre  1996,  n.  662,
nonche' 46, comma 2, lettera c), del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, oltre che del prospetto allegato a
detto ultimo decreto  legislativo  (questione  gia'  formulata  nelle
conclusioni del giudizio di primo grado e di appello). 
    Si rileva che  l'art.  17,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto
legislativo n. 346/1990 stabilisce che  la  base  imponibile  per  le
rendite  e  pensioni  incluse  nell'attivo  ereditario  deve   essere
determinata   moltiplicando   l'annualita'   per   il    coefficiente
applicabile in base all'eta' del beneficiario al momento della  morte
del de cuius; che il prospetto dei coefficienti, allegato al  decreto
del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986,  e'  utilizzato  per
calcolare il valore dell'usufrutto e della rendita vitalizia e  viene
aggiornato periodicamente in relazione alla modifica del tasso legale
degli interessi. 
    Si  aggiunge  che,  tuttavia,  l'interpretazione  del   prospetto
implica la risoluzione di  questioni  concernenti  l'assenza  di  una
norma che stabilisca esplicitamente come il  prospetto  debba  essere
elaborato. In particolare, il calcolo del  valore  della  rendita  si
fonda su due elementi: da un lato, la stima del numero di  annualita'
che il beneficiario avra'  diritto  a  percepire  e,  dall'altro,  la
differenza tra il valore presente (somma immediatamente percepita)  e
il valore futuro della rendita; per stimare la differenza tra  valore
presente e valore futuro  di  una  rendita,  si  utilizza  il  metodo
dell'attualizzazione,  che  consiste  nel  «riportare»   al   momento
presente il valore di un certo numero  di  pagamenti  futuri.  Questo
processo si basa su una formula matematica, la quale tiene conto  del
tasso  di  interesse   che   influisce   direttamente   sul   calcolo
dell'attualizzazione; in particolare, l'art. 3, comma 164 della legge
23 dicembre 1996, n.  662  stabilisce  che  il  valore  del  multiplo
dell'annualita' ed il prospetto dei coefficienti, utilizzati  per  il
calcolo del valore della rendita, devono essere  aggiornati  in  base
alla variazione del tasso di interesse legale. 
    In altri termini,  il  prospetto  dei  coefficienti  allegato  al
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  131  del  1986  viene
periodicamente  modificato  «in  ragione  della  modificazione  della
misura del saggio legale degli interessi» con decreto ministeriale ai
sensi dell'art. 3, comma 164, della legge n. 662 del 1996. 
    Al momento del decesso della de cuius, avvenuto  nell'anno  2016,
il prospetto dei coefficienti per la determinazione  dei  diritti  di
usufrutto a vita e delle rendite o pensioni  vitalizie,  allegato  al
testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica  26
aprile 1986, n.  131,  e  successive  modificazioni,  e'  variato  in
ragione della misura del saggio legale degli interessi  fissata  allo
0,2 per cento. 
    L'applicazione del dettato normativo  ha  condotto  l'Ufficio,  a
fronte di una rendita annua pari ad euro 18.000,00 (euro  1500/mese),
a  determinare  in  euro  2.700.000,00   la   base   imponibile   per
l'applicazione dell'aliquota dell'8 per  cento  sui  cespiti  legati,
calcolata alla stregua del coefficiente pari a 150 per  l'anno  2016,
tenendo conto dell'eta' della beneficiaria - 77 anni - all'epoca  del
decesso del testatore. 
    Si obietta che la base imponibile su cui applicare  l'imposta  di
successione e' pari a 120 volte il valore annuo della rendita, il che
farebbe presumere che la  beneficiaria  vivra',  per  accumulare  una
somma pari alla base imponibile presa a riferimento, almeno ulteriori
120 anni dopo  l'apertura  della  successione;  anzi,  posto  che  il
coefficiente 120 e' utilizzato per la fascia d'eta'  57-60  anni,  la
beneficiaria dovrebbe vivere 180 anni per  percepire  interamente  la
somma tassata. 
    Considerato,  tuttavia,  che  il  presupposto   dell'imposta   di
successione e' rappresentato dall'arricchimento del beneficiario (per
tutte,  Corte  costituzionale,  23  giugno  2020,  n.  120)  la  base
imponibile sopra individuata non puo' rispecchiare, ad  avviso  della
contribuente, tale arricchimento. 
    La disciplina contestata viene, dunque, ritenuta illeggittima per
contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione, in  quanto  non
rispetta il principio  di  coerenza  tra  la  base  imponibile  e  il
presupposto dell'imposta, atteso che la base imponibile  dell'imposta
sulle successioni dovrebbe essere rappresentata dal valore dei beni e
diritti trasferiti  al  momento  della  successione,  come  stabilito
dall'art. 8 del decreto legislativo  n.  346  del  1990,  e  dovrebbe
riflettere l'arricchimento reale del beneficiario. Si  evidenzia  che
l'applicazione  dei   coefficienti   stabiliti   nel   1986,   quando
l'interesse legale era al 5%, non e' piu' coerente  con  i  tassi  di
interesse attuali, pari al  3%,  rendendo  irragionevole  il  calcolo
della rendita vitalizia. In particolare, con la diminuzione dei saggi
di interesse, la base imponibile delle rendite vitalizie e' aumentata
in modo ingiustificato ed irrazionale,  in  quanto  non  tiene  conto
della reale aspettativa di vita del beneficiario, cosi' violando i su
richiamati principi costituzionali. 
    5. Il primo motivo di ricorso e' fondato. 
    La Corte territoriale ha affermato che «(...) occorre considerare
che trattasi di una rendita vitalizia di euro  1.500,00  al  mese  in
relazione alla quale il calcolo effettuato  dall'Agenzia  porta  alla
debenza  di  una  somma  esorbitante  cui  consegue  una  imposizione
illogica ed eccessiva, non conferente con il principio  della  giusta
tassazione. Il d.m.,  che  fa  riferimento  solo  ad  un  sistema  di
adeguamento dei coefficienti in base alla modifica del saggio  legale
di  interesse,  produce  effetti  distorsivi  se,  invece  di  essere
riferito  all'usufrutto  vitalizio,  viene  riferito   alla   rendita
vitalizia». In ragione di cio', il decidente ha applicato il  decreto
ministeriale 23.12.2013 «che porta a determinare valori piu' equi». 
    Sul punto e' sufficiente rilevare che,  come  affermato  in  piu'
occasioni dalla Corte di  legittimita',  il  potere  di  disapplicare
l'atto amministrativo in relazione alla decisione del caso  concreto,
potere che spetta al giudice tributario, puo'  conseguire  solo  alla
dimostrazione della sussistenza di ben precisi vizi  di  legittimita'
dell'atto (incompetenza, violazione  di  legge,  eccesso  di  potere)
(Cass., Sez. U, n.  6265  del  2006;  Sez.  5,  n.  7044  del  2014).
Applicando tale principio nella specie, il predicato generico effetto
distorsivo del decreto ministeriale non e' sufficiente per  pervenire
alla dichiarazione (incidentale) d'illegittimita' del decreto stesso,
dovendo  al  riguardo   rilevarsi   che,   nell'ambito   degli   atti
regolamentari, esiste uno spazio di discrezionalita' di  orientamento
politico-amministrativo, insindacabile in sede giudiziaria. L'art. 7,
comma 5 del decreto legislativo n. 546 del 1992 subordina, per  vero,
il potere di disapplicazione  dell'atto  amministrativo  generale  da
parte del giudice  tributario  ad  un  previo  vaglio  originario  ed
autonomo dell'illegittimita' dell'atto  che,  nella  specie,  non  e'
stato svolto. 
    Sotto altro versante, e'  d'uopo  osservare  che  allorquando  la
legge opera un  rinvio  ricettizio  a  un  decreto  ministeriale,  il
decreto diventa parte integrante del sistema normativo che regola  la
materia in  questione.  In  sostanza,  il  rinvio  ricettizio  sta  a
significare che il decreto ministeriale, pur non  essendo  una  legge
formale, viene incorporato nel  sistema  normativo  per  effetto  del
rinvio espresso nella legge. Il rinvio ricettizio comporta, pertanto,
che le disposizioni del decreto ministeriale,  una  volta  approvate,
devono  essere  applicate  in  quanto  parte  integrante  del  quadro
normativo di riferimento, sempre  che  il  decreto  ministeriale  sia
conforme alle disposizioni della legge e non le contraddica. 
    E' evidente che, nel caso in esame, il rinvio operato dal decreto
legislativo n. 346/1990 al decreto ministeriale del 23 dicembre  2015
abbia natura ricettizia, non solo per l'espresso  richiamo  contenuto
nell'art. 17 cit., ma anche in considerazione del  testo  stesso  del
decreto ministeriale che, a sua volta, rimanda all'allegato al  testo
del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,  n.  131,
contenente il prospetto dei coefficienti per  la  determinazione  dei
diritti di usufrutto a vita e delle  rendite  o  pensioni  vitalizie,
stabilendo che «il coefficiente e' variato in  ragione  della  misura
del saggio legale degli interessi fissata allo 0,2 per cento, come da
prospetto  allegato  al  presente  decreto».  In  altri  termini,  la
disposizione rinviante si e' «appropriata  in  modo  definitivo»  del
contenuto  della   rinviata,   il   che   si   inferisce   dall'esame
dell'intenzione del legislatore, deducibile dal testo della norma  in
esame; a favore della  natura  del  rinvio  dinamico,  oltre  che  il
riferimento alla lettera della legge, rileva il contenuto del decreto
a cui essa rinvia, suscettibile di essere trasposto nell'ambito della
prima. Dalla natura ricettizia del  rinvio  consegue  il  potere  del
giudice di merito di sollevare questione di  costituzionalita'  della
disciplina primaria rinviante, ma non certamente di  disapplicare  un
decreto che e' parte integrante di questa. 
    E' poi indirizzo consolidato di legittimita'  (v.  Cassazione  n.
13726/2023; n. 10875/2022; n. 16960/2019 ed  altre)  che  il  giudice
tributario non sia dotato di poteri di equita'  sostitutiva,  dovendo
fondare la propria decisione su giudizi estimativi di  cui  deve  dar
conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio conseguito,
ma sempre nell'ambito di un giudizio in diritto, il che e' del  resto
consono alla natura gius-pubblicistica  ed  imperativa  del  rapporto
giuridico tributario. 
    6. La decisione del secondo motivo del ricorso principale  e  del
ricorso incidentale esige un'attenta analisi del compendio  normativo
che regola il meccanismo  di  determinazione  della  base  imponibile
della  rendita  vitalizia,  sulla  quale   applicare   l'imposta   di
successione. 
    6.1. Nell'ambito civilistico la rendita vitaliza, che puo' essere
costituita anche per testamento  o  per  donazione,  e'  disciplinata
dagli articoli 1872 segg. cod.civ. 
    6.2. Ebbene, in tutti i casi in cui, a seguito di una successione
mortis causa, si abbia l'attribuzione (testamentaria o ab  intestato)
a un dato beneficiario del credito alla  percezione  di  una  rendita
(perpetua, a tempo determinato o  vitalizia),  si  pone  il  problema
della tassazione di detta attribuzione. 
    6.3. La materia delle «rendite» (e  delle  «pensioni»)  «comprese
nell'attivo ereditario» e' regolamentata  dall'art.  17  del  decreto
legislativo n. 346/1990  (la  cui  disciplina  si  applica  ai  sensi
dell'art. 56, comma 4, TUS, anche alle «rendite»  e  alle  «pensioni»
che siano costituite a titolo gratuito e, cioe',  mediante  donazione
oppure in esecuzione di un vincolo di destinazione: ad  esempio,  dal
trustee di un trust il cui disponente abbia programmato  una  rendita
per  il  beneficiario),  il  quale,  nel   testo   ratione   temporis
applicabile, prevede che  «la  base  imponibile,  relativamente  alle
rendite e pensioni comprese nell'attivo  ereditario,  e'  determinata
assumendo:  (...)  c)  Il  valore  che   si   ottiene   moltiplicando
l'annualita' per il coefficiente applicabile,  secondo  il  prospetto
allegato al testo  unico  sull'imposta  di  registro,  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986,  n.  131,  in
relazione all'eta' della persona alla cui morte essa deve cessare, se
si tratta di rendita o pensione vitalizia; (...)». In  detto  settore
impositivo ed analogamente in quello relativo all'imposta di registro
disciplinato dall'art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 131/1986, il valore della rendita  vitalizia  e',  pertanto,  pari
all'ammontare   calcolato   moltiplicando   l'annualita'    per    il
coefficiente indicato nel prospetto allegato  al  T.U.R.,  rapportato
all'eta' della persona dalla cui  morte  dipende  l'estinzione  della
rendita. Il  suddetto  prospetto  viene  modificato,  con  i  decreti
ministeriali annualmente emanati, in ragione della misura del  saggio
legale degli interessi. 
    6.4. Difatti, a sua volta, l'art. 3, comma 164,  della  legge  23
dicembre 1996, n.  662  (poi  abrogato  dal  decreto  legislativo  n.
139/24) prevedeva nella versione  applicabile  ratione  temporis  che
«(...) Per le successioni aperte e le  donazioni  fatte  a  decorrere
dalla stessa data ai fini della determinazione della base  imponibile
relativamente alle  rendite  e  alle  pensioni  si  tiene  conto  del
ventuplo dell'annualita'  e  si  applicano  altresi'  i  coefficienti
previsti nel prospetto di cui alla Tabella 3 allegata  alla  presente
legge. Il valore del multiplo dell'annualita' indicato nell'art.  46,
comma 2, lettere a) e  b),  del  citato  testo  unico  approvato  con
decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, e successive
modificazioni, nonche'  il  prospetto  dei  coefficienti  allegato  a
quest'ultimo sono  variati,  in  ragione  della  modificazione  della
misura del saggio legale degli interessi, con  decreto  del  Ministro
delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro,  da  pubblicare
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non  oltre  il  31
dicembre  dell'anno  in  cui  detta  modifica  e'   intervenuta.   Le
variazioni di cui al periodo precedente  hanno  efficacia  anche,  ai
fini della determinazione della base  imponibile  relativamente  alle
rendite ed alle pensioni, per le successioni aperte  e  le  donazioni
fatte a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo a quello  in
cui e' pubblicato il decreto di variazione». 
    6.5. Non assume rilevanza, nel presente  giudizio,  l'entrata  in
vigore, nelle more, dell'art. 1 del decreto legislativo 18  settembre
2024, n. 139 cit. il quale, al fine di  evitare  le  distorsioni  del
meccanismo di determinazione della base imponibile, conseguenti  alle
oscillazioni del saggio legale di interesse, ha inciso sull'art.  17,
comma 1, del decreto legislativo n. 346/1990,  prevedendo,  per  quel
che qui interessa, che la base imponibile, relativamente alle rendite
e pensioni comprese nell'attivo ereditario, e' determinata  assumendo
«...c) il valore che si ottiene  moltiplicando  l'annualita'  per  il
coefficiente indicato nel prospetto allegato al presente testo unico,
in relazione all'eta' della persona alla cui morte essa deve cessare,
se si tratta di rendita o pensione vitalizia...» «1-bis. Il prospetto
dei coefficienti allegato al presente testo unico  e  il  valore  del
multiplo dell'annualita'  indicato  al  comma  1,  lettera  a),  sono
variati in ragione della modificazione della misura del saggio legale
degli interessi, con  decreto  del  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze, da pubblicare nella  Gazzetta  Ufficiale  non  oltre  il  31
dicembre  dell'anno  in  cui  detta  modifica  e'   intervenuta.   Le
variazioni di cui al primo periodo hanno efficacia per le successioni
aperte e le donazioni fatte a  decorrere  dal  1°  gennaio  dell'anno
successivo a quello in cui e' pubblicato il  decreto  di  variazione.
1-ter. Ai fini della determinazione dei valori di cui ai  commi  1  e
1-bis non puo' essere assunto un saggio legale d'interesse  inferiore
al 2,5 per cento». 
    6.6. Tale modifica e' intervenuta per effetto dell'art. 1,  comma
1, lettera r),  n.  3),  decreto  legislativo  n.  139  del  2024,  a
decorrere dal 3 ottobre 2024, ai sensi di quanto  disposto  dall'art.
11, comma 1, del medesimo decreto legislativo, con effetto a  partire
dal 1° gennaio 2025 e  con  l'applicabilita'  indicata  nell'art.  9,
comma 3, dello stesso decreto legislativo». Per  effetto  del  rinvio
contenuto nell'art. 14, comma 1, lettera c), del decreto  legislativo
n. 346/1990,  le  nuove  disposizioni  si  estendono  ai  diritti  di
usufrutto, uso e abitazione.  Intervento  analogo  e'  stato  operato
dall'art.  2,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  139/2024  in
relazione all'imposta di registro, ai fini della  determinazione  del
valore delle rendite e  delle  pensioni  (art.  46  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 131/86) e dei  diritti  di  usufrutto,
uso e abitazione (art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica
n.  131/86).  Anche  in  tali  casi   e'   stata   infatti   prevista
l'applicazione di un saggio di interesse legale minimo del 2,5%. 
    6.7. Per le rendite costituite  anteriormente  alla  data  del  3
ottobre 2024, nonche'  per  le  successioni  aperte  e  le  donazioni
fatte anteriormente a tale data, ai fini della  determinazione  della
base imponibile delle  rendite  vitalizie  di  cui  alla  lettera  c)
dell'art. 17 cit., l'art. 9, comma 4, decreto legislativo n. 139  del
2024 prevede  che  «...  ai  fini  della  determinazione  della  base
imponibile delle rendite vitalizie  di  cui  all'art.  46,  comma  2,
lettera c), del testo unico delle disposizioni concernenti  l'imposta
di registro di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26
aprile 1986, n. 131 e di cui all'art. 17, comma 1,  lettera  c),  del
testo  unico   delle   disposizioni   concernenti   l'imposta   sulle
successioni e donazioni di cui  al  decreto  legislativo  31  ottobre
1990, n. 346, relativamente alle quali i relativi rapporti  non  sono
esauriti alla data di entrata in vigore del presente decreto, laddove
il tasso di interesse legale risulta uguale o inferiore allo 0,1  per
cento, si assumono i coefficienti risultanti dal  prospetto  allegato
al decreto del Ministero dell'economia e delle  finanze  21  dicembre
2015,  pubblicato   nella   Gazzetta   Ufficiale   della   Repubblica
italiana n. 302 del 30 dicembre 2015». 
    6.8.  La  norma,  nel  regolare  esclusivamente  le  ipotesi  ivi
indicate,  implica   l'applicazione   della   previgente   disciplina
normativa ai rapporti ancora sub iudice in cui il tasso di  interesse
da applicare non risulti uguale o inferiore allo 0,1 per cento. 
    6.9. Va, in altri termini,  rilevato,  vista  la  chiara  dizione
normativa, che la  norma  in  rassegna  ha  previsto  per  il  futuro
l'applicazione di un preciso tasso  di  interesse,  riferibile  anche
alle successioni apertesi in epoca antecedente alla entrata in vigore
del  decreto  legislativo  n.  139/2024  che  siano  contraddistinte,
tuttavia, dall'applicazione  di  un  saggio  di  interesse  uguale  o
inferiore allo 0,1 per cento. 
    6.10. Quest'ultima disposizione dettata per i rapporti non ancora
esauriti non puo', pertanto, trovare applicazione  nella  fattispecie
sub iudice, come richiesto dalla  Procura  Generale,  atteso  che  il
tasso di interesse nell'anno di apertura della successione (2016) era
pari allo 0,2 per cento in ragione d'anno - come individuato con d.m.
21 dicembre 2015, ai sensi dell'art. 1284 del codice civile - ,  vale
a dire ne' uguale ne' inferiore al saggio di interesse dello 0,1  per
cento,  individuato  come  criterio  di  sbarramento  per   applicare
all'imposta di successione relativa alle rendite vitalizie ancora sub
iudice il saggio individuato dal decreto legislativo n. 139/2024. 
    7. Rileva, a questo punto, il rinvio operato dall'art. 17 decreto
legislativo  n.  346/1990  al  prospetto  allegato  al  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 131/1986 -  il  quale,  a  sua  volta,
specifica  i  coefficienti  per  la  determinazione  dei  diritti  di
usufrutto a vita, delle rendite o  pensioni  vitalizie  calcolati  al
saggio di interesse - e quello disposto dall'art. 3, comma 164, legge
n. 662/1996 che, nell'individuare i coefficienti di cui al  prospetto
allegato al cit. d.P.R., rinvia alla percentuale  di  interesse  come
determinato dai decreti ministeriali annuali. A tal ultimo  riguardo,
vale osservare come l'art. 1284 del codice civile  disponga  che  «il
saggio degli interessi legali e' determinato in misura pari al 5  per
cento in ragione d'anno. Il Ministro del tesoro, con proprio  decreto
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  italiana  non
oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il  saggio  si
riferisce, puo' modificarne annualmente la  misura,  sulla  base  del
rendimento medio annuo lordo dei  titoli  di'  Stato  di  durata  non
superiore a dodici mesi  e  tenuto  conto  del  tasso  di  inflazione
registrato nell'anno. Qualora entro il 15 dicembre  non  sia  fissata
una nuova misura del  saggio,  questo  rimane  invariato  per  l'anno
successivo». 
    7.1. Nella presente fattispecie, il  summenzionato  art.  17  con
l'inciso  «prospetto  allegato  al  decreto  del   Presidente   della
Repubblica  n.  131/1986»  rinvia  ad  una  disposizione  precisa  ed
univoca, la quale calcola il coefficiente in ragione  del  saggio  di
interesse   legale   (individuato   alla   data    di    applicazione
dell'imposta), come individuato dall'art.  3,  comma  164,  legge  n.
662/1996, ratione temporis vigente. 
    8.  La  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.  250/2014,   ha
confermato la propria giurisprudenza - che risale agli  anni  novanta
ed  e'  stata  poi  ribadita  successivamente  -  che,  recependo  la
differenza fra rinvio recettizio e  rinvio  formale,  chiarisce  che,
mentre il rinvio formale concerne la fonte e non la norma, per aversi
rinvio recettizio occorre che il richiamo  sia  indirizzato  a  norme
determinate ed esattamente individuate  dalla  stessa  norma  che  lo
effettua. Il rinvio e'  recettizio  solo  quando  «sia  espressamente
voluto dal  legislatore  o  sia  desumibile  da  elementi  univoci  e
concludenti (sentenze n. 258 del 2014 e n. 80 del 2013)» (sentenza n.
93 del 2019), operando altrimenti una presunzione  della  sua  natura
formale. Secondo la giurisprudenza costituzionale «mentre  il  rinvio
recettizio opera  una  novazione  della  fonte  che  eleva  la  norma
richiamata al rango primario, la funzione del rinvio  non  recettizio
non e' quella di incorporare il  contenuto  della  norma  richiamata,
bensi' di indicare la fonte competente  a  regolare  una  determinata
materia» (sentenza n.  250  del  2014;  n.  44/2025).  Il  rinvio  e'
recettizio solo quando «sia espressamente voluto  dal  legislatore  o
sia desumibile da elementi univoci e concludenti (sentenze n. 258 del
2014 e  n.  80  del  2013)»  (sentenza  n.  93  del  2019),  operando
altrimenti una presunzione della sua natura formale. 
    8.1. La disposizione richiamata (il Prospetto allegato al decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n.  131/1986),   come   integrata
dall'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996,  per  effetto  del  rinvio
operato dall'art.  17,  decreto  legislativo  n.  346/1990  e'  stata
recepita  e  cristallizzata  all'interno  della  norma   richiamante,
venendo a formare parte integrante  di  quest'ultima;  dirimente  e',
difatti, il dato testuale: il legislatore ha precisato  che,  per  la
rendita  vitalizia,  la  base  imponibile  si'   calcola   applicando
l'annualita' per il coefficiente risultante dal prospetto allegato al
d.P.R. n.  131/1986,  il  quale  si  intitola  «coefficienti  per  la
determinazione dei diritti di usufrutto a  vita  e  delle  rendite  o
pensioni vitalizie»,  coefficienti  che,  ai  sensi  della  legge  n.
662/1996, mutano al variare del tasso di interesse; ne  consegue  che
la lettera della legge esprime in maniera inequivoca la  volonta'  di
«riportare» nel decreto legislativo n. 346/1990 le  prescrizioni  del
prospetto di cui al decreto del  Presidente  della  Repubblica  cit.,
come integrato dall'art.  3,  comma  164,  cit.,  stabilendo  che  il
prospetto dei coefficienti  -  che  prende  in  considerazione  anche
l'eta' del beneficiario - muta in  base  alle  variazioni  del  tasso
legale come individuato dai decreti ministeriali. 
    8.2. Il corollario che si trae dalla natura recettizia del rinvio
e' l'inoperativita' del potere disapplicativo incidentale del decreto
ministeriale che stabilisce la misura del tasso legale  -  in  quanto
tasso applicabile  in  ragione  dell'art.  3,  comma  164,  legge  n.
662/1996 che integra le modalita' di  calcolo  dei  coefficienti  del
prospetto allegato al T.U.R. e del disposto dell'art. 1284 del codice
civile,  e,   dunque,   componente   costitutivo   del   coefficiente
individuato dal prospetto medesimo ai fini  del  calcolo  della  base
imponibile - , non potendo  il  giudice  «scegliere»,  in  violazione
della previsione del cit. art. 3 e del disposto  dell'art.  1284  del
codice civile, il tasso di interesse che reputa piu' «ragionevole»  e
piu'  «equo»  tra  quelli  individuati  anno  per  anno  dai  decreti
ministeriali richiamati. 
    8.3. Nella presente fattispecie, a fronte di  una  rendita  annua
pari ad euro 18.000,00, il coefficiente per l'anno 2016  -  anno  del
decesso del disponente - risulta pari a 150 (considerata l'eta' -  77
anni - della beneficiaria alla data di apertura  della  successione),
derivando una base imponibile di euro 2.700.000,00, su cui  applicare
l'aliquota  dell'otto  per  cento.  Dunque,  un  coefficiente   cosi'
strutturato restituisce una base imponibile non corrispondente ad  un
valore economico reale, giacche' esige una sopravvivenza di 150  anni
di una donna di 77 anni. 
    8.4. Ancora prima dell'entrata in vigore del decreto  legislativo
n. 139/2024 l'Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 51/E del 20
gennaio 2021, interrogata in merito al calcolo della base  imponibile
di una rendita vitalizia costituita mortis  causa,  in  cui  ai  fini
dell'imposta  sulle  successioni  e  donazioni  l'obbligo  impositivo
relativo all'onere a  carico  del  legatario  risultava  abnorme,  ha
ritenuto che la rendita oggetto di eredita' in realta' potesse essere
intesa quale  rendita  a  tempo  determinato,  e  non  quale  rendita
vitalizia, cio' al fine di evitare l'effetto  distorsivo  discendente
dal costante calo del tasso di interesse  legale,  che  a  sua  volta
incide sui coefficienti utilizzati per calcolare il valore  del  bene
(in questo caso la rendita vitalizia) e la relativa  base  imponibile
ai fini dell'imposta. 
    8.5.  Quindi,  gia'   precedentemente   al   recente   intervento
legislativo che ha fissato nella misura del 2,5 per cento il tasso di
interesse per calcolare i coefficienti di cui al  prospetto  allegato
al decreto legislativo n. 642/1990, la stessa amministrazione, almeno
in  un  caso,  sovrapponibile  a  quello  in  rassegna,  ha   escluso
l'applicazione del criterio di attualizzazione per il  calcolo  della
rendita  vitalizia  di  cui  all'art.   17   del   medesimo   decreto
legislativo,  reputando  irragionevole  e  sproporzionata   la   base
imponibile che si veniva a determinare a causa  della  variazione  in
ribasso del tasso di interesse. 
    8.6. L'unica spiegazione matematicamente sostenibile, quanto alla
attualizzazione della rendita (nel nostro caso, per il 2016)  e'  che
il legislatore abbia ipotizzato oscillazioni del tasso  di  interesse
che avrebbero determinato un valore  attuale  della  somma  percepita
nettamente inferiore al valore futuro. 
    8.7. In concreto, il valore della rendita e' il  risultato  della
moltiplicazione  dell'annualita'  di  rendita  per  il   coefficiente
stabilito dalla legge, come determinato dall'art. 3, comma 164  della
legge n. 662 del 1996, per stimare il numero di annualita' che  -  in
relazione all'aspettativa di vita di colui alla cui morte la  rendita
cessa - il beneficiario della rendita avra' verosimilmente diritto ad
avere, nonche' della differenza esistente fra la percezione immediata
di una somma (quello che si definisce «valore  presente»)  e  la  sua
percezione in futuro. Il calcolo dell'attualizzazione e', ovviamente,
influenzato in modo diretto sia dal coefficiente base  (non  ancorato
ad alcuna formula matematica) sia dalla misura del tasso  d'interesse
che, dal 1986, dopo quaranta anni di tasso superiore al 3 per  cento,
e' disceso rapidamente. 
    9. Il complesso di questa disciplina  -  costituito  dalla  norma
richiamante e dal prospetto richiamato unitamente all'art.  3,  comma
164, menzionato - appare palesemente irrazionale,  in  quanto  se  il
primo elemento attiene alla stima del numero di  annualita'  che,  in
relazione all'aspettativa di vita di colui alla cui morte la  rendita
cessa, il beneficiario della rendita avra' verosimilmente diritto  ad
avere, il secondo criterio di determinazione della rendita al fine di
stabilire «il valore attuale»  dell'annualita',  oscilla  ogni  anno,
cosi' determinando, quando si ha un notevole decremento del tasso  di
interesse, una base imponibile che risulta spropositata rispetto alla
vita media, tanto da condurre a risultati  incongrui,  come  accaduto
nella presente fattispecie. 
    9.1. Per quanto la valorizzazione di una  rendita  vitalizia  non
possa che essere effettuata in maniera prospettica ed  astratta,  non
essendo dato conoscere in anticipo  con  esattezza  per  quanti  anni
sara' erogata, e' altrettanto vero che  tale  valutazione  proiettiva
debba necessariamente essere ragionevole e correlata  al  presupposto
impositivo ed alle normali  regole  che  presiedono  alla  formazione
della base imponibile - considerando l'eta' media o differenziata per
uomini e donne, che non puo' ovviamente  raggiungere  i  227  anni  -
imponendo  il  rispetto,  ex  art.  53  della  Costituzione,  di  una
proporzionale corrispondenza tra entita' dell'imposta e valore  reale
della base imponibile. 
    9.2. E' motivo di irrazionalita' che la normativa che  regola  la
materia non abbia considerato che la flessione del tasso di interesse
correlato al coefficiente di cui  al  summenzionato  prospetto  possa
generare  una  base  imponibile  esorbitante  e  sproporzionata   sia
rispetto alla stessa volonta'  del  legislatore  che  originariamente
aveva previsto il calcolo  dell'imposta  proporzionale  su  una  base
imponibile congrua, in quanto calcolata su un tasso di  interesse  al
tre per cento, sia rispetto alla prevedibile vita del beneficiario. 
    9.3.  La  salvaguardia  dell'ambito   di   discrezionalita'   del
legislatore non esime questa Corte dal  dubitare  della  razionalita'
del metodo di calcolo, come  dimostra  anche  il  recente  intervento
legislativo del 2024 che ha voluto  indicare  una  misura  fissa  del
tasso di interesse per la determinazione del coefficiente proprio  al
fine di porre un limite alla lievitazione della  base  imponibile  su
cui calcolare l'imposta di successione (e quella di registro). 
    10. La Corte costituzionale gia' da tempo  ha  argomentato  sulla
incostituzionalita' di norme in riferimento alla  percezione  comune,
esprimendo concetti «soggettivi» e «relativi», e vagliando il  canone
di  ragionevolezza  in  rapporto  alla  conformita'  dell'ordinamento
giuridico con i valori di giustizia ed equita' (sentenze n.  264  del
1994 e n. 388  del  1995)  o  con  la  realta'  fattuale  quali  dati
condizionanti in modo oggettivo ed incontrovertibile (sentenza n. 114
del  1998:  «si  appalesa  irragionevole  siccome   non   rispondente
all'esigenza di conformita' dell'ordinamento ai valori  di  giustizia
ed  equita'  connaturati  al  principio  sancito  dall'art.  3  della
Costituzione...»). 
    10.1. Nel declinare detti principi generali al  caso  di  specie,
ritiene questa Corte che un prelievo fiscale come quello posto a base
dell'atto  impositivo  impugnato  producendo  una   base   imponibile
spropositata ed un arbitrario valore fiscale si ponga in contrasto  -
nella normativa ad esso  sottesa  -  con  i  principi  costituzionali
citati. 
    10.2. La disciplina  in  commento  appare  in  conflitto  con  il
principio di ragionevolezza e proporzionalita' posto a corollario  di
quello di eguaglianza recato dall'art. 3 della Costituzione  in  modo
tale  da  risultare  necessario  che  le  distinzioni   operate   dal
legislatore  tributario  non  siano  irragionevoli  o  arbitrarie   o
ingiustificate (cfr. Corte costituzionale n. 201 del 2014),  al  fine
di verificare la coerenza interna della struttura dell'imposta con il
suo  presupposto  economico,   come   pure   la   non   arbitrarieta'
dell'entita' dell'imposizione. 
    10.3. L'ampia  ed  indiscussa  discrezionalita'  del  legislatore
tributario  nella  scelta  degli  indici  rivelatori   di   capacita'
contributiva (ex plurimis, sentenza n. 269 del 2017) non  si  traduce
in  un  potere  d'arbitrio,  sicche',  una  volta   identificato   il
presupposto d'imposta,  quest'ultimo  diviene  il  fondamento  ed  il
limite delle successive scelte del legislatore. 
    10.4. E' del resto  principio  consolidato  nella  giurisprudenza
costituzionale che il controllo «in ordine alla lesione dei  principi
di cui  all'art.  53  della  Costituzione,  come  specificazione  del
fondamentale  principio  di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione, si riconduce a un  «giudizio  sull'uso  ragionevole,  o
meno,  che  il  legislatore  stesso  abbia  fatto  dei  suoi   poteri
discrezionali  in  materia  tributaria,  al  fine  di  verificare  la
coerenza interna della struttura dell'imposta con il suo  presupposto
economico» (sentenza n. 262/2020; sentenza n. 116 del 2013; ma anche,
ex plurimis, sentenze n. 10 del 2015, n. 223 del  2012,  n.  111  del
1997, nonche', in senso analogo,  gia'  sentenza  n.  42  del  1980).
Rimarcando il valore della inderogabilita' del dovere tributario,  la
Corte costituzionale ha, del resto, precisato  che  «tale  qualifica,
dato il contesto sistematico in cui si colloca,  si  giustifica  solo
nella misura in cui il sistema tributario rimanga saldamente ancorato
al complesso  dei  principi  e  dei  relativi  bilanciamenti  che  la
Costituzione prevede e consente, tra cui, appunto,  il  rispetto  del
principio di capacita' contributiva  (art.  53  della  Costituzione).
Sicche'  quando  il  legislatore  disattende  tali   condizioni,   si
allontana dalle altissime ragioni di civilta' giuridica  che  fondano
il dovere tributario: in queste ipotesi si  determina  un'alterazione
del  rapporto  tributario,  con  gravi  conseguenze  in  termini   di
disorientamento non solo dello stesso sviluppo  dell'ordinamento,  ma
anche del relativo contesto sociale» (sentenza n. 288 del 2019). 
    10.5. E' evidente,  inoltre,  la  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione  sotto  il  profilo  della  disparita'  di   trattamento
rispetto all'imposta di successione sull'usufrutto. 
    10.6. L'art. 17 cit. stabilisce i coefficienti da utilizzare  per
il  calcolo  della  rendita  vitalizia  oltre  che  per   l'usufrutto
vitalizio, con  la  conseguenza  che  vengono  considerate  uguali  e
disciplinate allo stesso modo due  situazioni  completamente  diverse
tra loro, tenuto conto che sono innegabilmente differenti i punti  da
cui  si  deve  muovere  per  giungere   a   determinare   il   valore
dell'imponibile da  sottoporre  a  tassazione,  ovvero:  -  nel  caso
dell'usufrutto vitalizio, al valore imponibile si giunge partendo dal
valore del capitale (vale a  dire  dal  valore  del  bene  sul  quale
l'usufrutto e' impresso);-  nel  caso  della  rendita  vitalizia,  al
valore  imponibile  si  giunge  muovendo  dal  valore  della  rendita
periodicamente dovuta e operando  la  sua  capitalizzazione  mediante
attualizzazione. Orbene, i  coefficienti  di  moltiplicazione,  cosi'
come previsti nel prospetto allegato al testo unico  dell'imposta  di
registro, mentre appaiono ragionevoli laddove si tratta di  calcolare
il valore dell'usufrutto vitalizio, viceversa appaiono  completamente
incongrui ed arbitrari allorquando  si  tratta  di  quantificare  (in
misura che risulta di  molto  superiore)  la  base  imponibile  della
rendita vitalizia, generando disparita'  ragguardevoli  in  relazione
alla entita' dell'imposta dovuta. 
    10.7. Nel delineare la portata dell'art. 53  della  Costituzione,
la  Corte  costituzionale  ha,  invero,  individuato  tre   requisiti
essenziali  (che  vanno  riguardati  anche  alla  luce  dell'art.  1,
Protocollo 1 Cedu) della capacita' contributiva:  l'effettivita',  la
certezza e l'attualita' (cfr. Corte costituzionale, 12  luglio  1967,
n.  109;  Corte  costituzionale,  28  luglio  1976,  n.  200;   Corte
costituzionale, 26 marzo 1980, n. 42; Corte costituzionale, 22 aprile
1980, n. 54; Corte costituzionale, n. 252/1992; Corte costituzionale,
29 gennaio 1996, n. 73; Corte  costituzionale,  26  luglio  2000,  n.
362). 
    10.8. In ordine  al  primo  requisito,  il  nesso  tra  il  fatto
rivelatore  di  capacita'  contributiva  e  il  tributo  deve  essere
effettivo  e  non  apparente  o  fittizio;  l'effettivita'   esprime,
infatti,   la   concreta   idoneita'   del    presupposto    rispetto
all'obbligazione d'imposta, la quale  dovra'  avere  ad  oggetto  una
manifestazione  economica   reale,   dovendo   l'imposizione   essere
rapportata ad una forza economica realmente esistente, non  meramente
virtuale o presunta. Alla stregua  dell'impostazione  della  Consulta
(cfr. Corte costituzionale, 12 luglio 1967, n. 109, cit., 223;  Corte
costituzionale, 28 luglio 1976, n. 200, cit.),  va  salvaguardato  il
diritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere  alle  spese
pubbliche  solo  in  quanto  in  possesso  di   effettiva   capacita'
contributiva, non potendo essere qualificata  capacita'  contributiva
un'idoneita' economica che non si basi su fatti reali, ma  abbia  una
base fittizia (cfr. Corte costituzionale, 26 marzo 1980, n.  42);  la
capacita' contributiva deve essere effettiva nel senso  di  certa  ed
attuale, e non meramente  fittizia  (cfr.  Corte  costituzionale,  28
luglio 1976, n. 200, cit., 1254; Corte costituzionale, 26 marzo 1980,
n. 42.; Corte costituzionale, n. 252/1992; Corte  costituzionale,  29
gennaio 1996, n. 73; Corte costituzionale, 26 luglio  2000,  n.  362,
cit.). Infine, in forza del  parametro  dell'attualita',  il  tributo
deve essere correlato ad una capacita contributiva in  atto,  non  ad
una   capacita   contributiva   passata   o   futura   (cfr.    Corte
costituzionale,  22  aprile  1980,  n.  54),  ovvero   la   capacita'
contributiva deve sussistere  nel  momento  in  cui  si  verifica  il
prelievo; in tale ottica la capacita' contributiva risulta, pertanto,
inscindibilmente  connessa  ai  principi  di  ragionevolezza   e   di
uguaglianza tributaria, atteso che, in forza del  connubio  normativo
tra gli articoli 53 e  3  della  Costituzione,  a  situazioni  uguali
devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente,  a
situazioni diverse  un  trattamento  tributario  differenziato  (cfr.
Corte Costituzionale, 6 luglio 1972, n. 120). 
    11.  In  definitiva,  il  Collegio  ritiene  non   manifestamente
infondata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.   17   decreto
legislativo n. 346/1990 (nel  testo  applicabile  ratione  temporis),
nella parte in cui, per il calcolo della base imponibile dell'imposta
di  successione,  richiama  il  prospetto  allegato  al  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  131/1986,  completato  a  sua  volta
dall'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 che  ancora  la  variazione
del  coefficiente  al  variare  del   tasso   di   interesse,   cosi'
determinando una base imponibile contraria al principio di realta'  e
produttiva di effetti praticamente confiscatori. 
    11.1. Ne', per le ragioni gia' indicate e la natura stessa  della
disciplina censurata, informata a rigidi criteri attuariali, appaiono
alternativamente   praticabili   interpretazioni   costituzionalmente
compatibili che esimano dal sollevare la relativa questione. 
    11.2. Questione che risulta all'evidenza rilevante ai fini  della
decisione   della   presente   controversia,   giacche'   l'eventuale
declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  della   summenzionata
disposizione  inciderebbe   sul   calcolo   della   base   imponibile
dell'imposta di successione dei  rapporti  non  ancora  esauriti.  La
decisione del riçorso richiede,  invero,  l'applicazione  del  citato
art.  17,  di  qui  la   rilevanza   del   dubbio   di   legittimita'
costituzionale in considerazione della sussistenza di un effettivo  e
concreto rapporto di strumentalita' fra la definizione  del  giudizio
principale e la risoluzione della  questione  che  viene  oggi  posta
(cfr. Corte costituzionale 21 dicembre 2021, n. 250). 
    12.  Ai  sensi  dell'art.  23  della  legge  n.   87/1953,   alla
dichiarazione  di  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale, segue  la  sospensione  del
giudizio  e  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale.  

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte: 
        visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87; 
        dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
riferimento all'art. 3, primo comma  ed  all'art.  53,  primo  comma,
della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 17 decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346  (nella  sua
formulazione originaria, applicabile ratione temporis),  nella  parte
in cui rinvia al prospetto allegato al decreto del  Presidente  della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 cui rimanda anche l'art.  3,  comma
164, legge 23 dicembre 1996, n. 662; 
        dispone che gli atti, comprensivi dei documenti relativi alle
notificazioni  e  comunicazioni  disposte,   vengano   immediatamente
trasmessi alla Corte costituzionale; 
        dispone che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza
sia notificata alle parti in causa, al  Procuratore  generale  presso
questa  Corte,  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ed  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; 
        sospende il giudizio. 
    Cosi' deciso nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione,
Sezione Tributaria, in data 9 aprile 2025. 
 
                       Il Presidente: Stalla
                    
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