GET https://cc.strategiedigitali.net/scheda-ordinanza/2025/74

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L.","prima_controparte":"Assessorato delle infrastrutture e della mobilità della Regione Siciliana","altre_parti":"Associazione AVVOCATI LIBERI - UNITED LAWYERS FOR FREEDOM, G.B.R. C., DROIT UNIFORME ASBL, Confederazione Legale per i Diritti dell’Uomo, Gelso Sergio","testo_atto":"N. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza  del  17  febbraio  2025  del  Tribunale  di  Catania   nel\nprocedimento  civile  promosso  da  E.A.  L.  e  G.B.R.   C.   contro\nAssessorato delle infrastrutture  e  della  mobilita\u0027  della  Regione\nsiciliana. \n \nSalute (Tutela della) - Profilassi  internazionale  -  Certificazione\n  verde COVID-19 (cosiddetto green pass) - Obbligo,  dal  15  ottobre\n  2021 al 31 dicembre 2021, per il  personale  delle  amministrazioni\n  pubbliche (nel caso di specie: dipendenti della Regione  siciliana)\n  di possedere ed esibire la certificazione verde  COVID-19  ai  fini\n  dell\u0027accesso ai luoghi  di  lavoro  -  Inadempimento  -  Effetti  -\n  Previsione che il lavoratore e\u0027 considerato assente  ingiustificato\n  fino alla presentazione della certificazione o al  termine  del  31\n  dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e  con  diritto  alla\n  conservazione del posto di lavoro - Previsione che per i giorni  di\n  assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione,  ne\u0027  altro\n  compenso o emolumento, comunque denominati. \nSalute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni  per\n  la  prevenzione   dell\u0027infezione   da   SARS-CoV-2   -   Previsione\n  dell\u0027obbligo vaccinale per i cittadini italiani e  di  altri  Stati\n  membri dell\u0027Unione europea residenti nel  territorio  dello  Stato,\n  nonche\u0027 per gli stranieri di cui agli artt. 34 e 35 del  d.lgs.  n.\n  286 del 1998, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di eta\u0027  -\n  Obbligo di possedere, ai fini dell\u0027accesso ai luoghi di lavoro,  le\n  certificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione  o  di  guarigione  -\n  Inadempimento  -  Effetti  -  Previsione  che  il   lavoratore   e\u0027\n  considerato assente ingiustificato fino  alla  presentazione  della\n  certificazione o al termine del 15 giugno 2022,  senza  conseguenze\n  disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro -\n  Previsione che per i giorni  di  assenza  ingiustificata  non  sono\n  dovuti la retribuzione, ne\u0027 altro compenso o  emolumento,  comunque\n  denominati. \n- Decreto-legge  21  settembre  2021,  n.  127  (Misure  urgenti  per\n  assicurare lo  svolgimento  in  sicurezza  del  lavoro  pubblico  e\n  privato  mediante  l\u0027estensione   dell\u0027ambito   applicativo   della\n  certificazione verde COVID-19 e il  rafforzamento  del  sistema  di\n  screening), convertito, con modificazioni, nella legge 19  novembre\n  2021, n. 165, art. 1; decreto-legge 7 gennaio 2022,  n.  1  (Misure\n  urgenti per fronteggiare l\u0027emergenza COVID-19, in  particolare  nei\n  luoghi di lavoro, nelle scuole e negli  istituti  della  formazione\n  superiore), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  4  marzo\n  2022, n. 18, art. 1. \n\n\r\n(GU n. 18 del 30-04-2025)\n\r\n \n                        TRIBUNALE DI CATANIA \n \n \n                           Sezione lavoro \n \n    Il Tribunale di Catania in funzione di giudice del lavoro,  nella\npersona del  dott.  Giuseppe  Tripi,  all\u0027esito  dell\u0027udienza  del  7\nfebbraio 2024, trattata in forma scritta o cartolare ex art.  127-ter\ndel codice di procedura civile, ha pronunciato la seguente  ordinanza\ndi  rimessione  alla  Corte  costituzionale   (articoli   134   della\nCostituzione e 23 della legge 11  marzo  1953,  n.  87)  nella  causa\niscritta al n. 2412/2022 R.G.L. \n    Promossa da L. E. A. e C. G.  B.  R.,  con  il  patrocinio  degli\navv.ti Francesca Marchi e Claudia Giacquinta - ricorrenti. \n    Contro assessorato  infrastrutture  e  mobilita\u0027  -  Dipartimento\ninfrastrutture mobilita\u0027 e  trasporti  della  Regione  Siciliana,  in\npersona del legale rappresentante  pro  tempore,  con  il  patrocinio\ndell\u0027Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania - resistente. \n1. Ricostruzione dei fatti. \n    Le parti ricorrenti in epigrafe indicate sono dipendenti a  tempo\nindeterminato  della  Regione  Sicilia  e  prestano  (o,  quantomeno,\nprestavano al momento  del  deposito  del  ricorso)  servizio  presso\nl\u0027Ufficio provinciale della  motorizzazione  civile  di  Catania,  la\nsig.ra L. nella qualifica di istruttore  direttivo  e  la  sig.ra  C.\nnella qualifica di operatore amministrativo. \n    Con ricorso depositato in data 26 marzo 2022, le ricorrenti hanno\nesposto che, a decorrere dal 15 ottobre 2021, e\u0027 stato impedito  loro\ndi accedere nella sede di servizio in attuazione della previsione  di\ncui al decreto-legge n. 127/2021, convertito dalla legge n. 165/2021,\nesse  non  essendosi  sottoposte  alla   vaccinazione   imposta   per\ncontrastare  il  fenomeno  epidemiologico  SARS-CoV-2  e,   pertanto,\nessendo sprovviste della relativa certificazione (c.d.  green  pass);\nhanno  lamentato,  che,  a  decorrere  da  tale  data,   sono   state\nconsiderate  assenti  dal  lavoro  e  non  hanno  piu\u0027  percepito  la\nretribuzione, ne\u0027 qualsiasi altro emolumento legato  al  rapporto  di\nlavoro, e che e\u0027 stata loro chiesta la  restituzione  degli  stipendi\nche, comunque, erano stati loro  versati  per  il  mese  di  ottobre,\nnovembre e, in parte, dicembre 2021. \n    Deducendo il loro stato di necessita\u0027 economica  discendente  dal\nvenir meno della  fonte  di  sostentamento  che  era  assicurato  dal\ngodimento della retribuzione,  hanno  chiesto  in  via  d\u0027urgenza  al\nTribunale adito di essere reintegrate nel posto  di  lavoro,  con  il\npagamento delle retribuzioni dovute al momento dell\u0027interdizione  dal\nluogo di lavoro sino all\u0027effettiva reintegra, ovvero,  in  subordine,\ndi disporre il pagamento di un congruo assegno alimentare, in  attesa\ndella definizione del processo. \n    Nel  merito,  previa,  ove  necessario,   disapplicazione   della\nnormativa sopra citata e remissione alla Corte  costituzionale  delle\nrelative questioni di legittimita\u0027 costituzionale, hanno domandato di\naccertare,  dichiarare  e  ritenere  il  loro   diritto   ad   essere\nimmediatamente reintegrate nel posto  di  lavoro  e  ad  ottenere  il\npagamento della retribuzione, e di  ogni  altro  emolumento  comunque\ndenominato,  incluso  il  versamento  dei  contributi   pensionistici\ndirettamente all\u0027ente previdenziale, con decorrenza  dal  15  ottobre\n2021, o in via meramente gradata con decorrenza dal 15 febbraio 2022,\ne fino alla effettiva reintegra, con conseguente condanna della parte\nresistente alla immediata reintegra delle lavoratrici ed al pagamento\ndelle somme pretese; in  via  meramente  gradata,  hanno  chiesto  di\naccertare e dichiarare il loro diritto, per il periodo ricompreso tra\nil 15 ottobre 2021 e l\u0027effettiva ripresa del  servizio,  a  percepire\nquanto meno un assegno c.d. alimentare,  in  ragione  del  50%  della\nretribuzione corrente, o di quella diversa, maggior o  minore,  somma\nche dovesse essere ritenuta equa e di giustizia, oltre  agli  assegni\nper i carichi di famiglia. \n    A sostegno delle loro domande, le ricorrenti hanno dedotto: \n        la illegittimita\u0027 costituzionale, per violazione dell\u0027art. 32\ndella Costituzione, delle disposizioni (art. 1) del decreto-legge  n.\n1/2022, convertito dalla legge n. 21/2022, che,  introducendo  l\u0027art.\n4-quater del decreto-legge n. 44 del 2021,  hanno  sancito  l\u0027obbligo\nvaccinale per tutti  i  soggetti  ultracinquantenni  (fossero  o  non\nfossero  lavoratori),   argomentando   sulla   base   del   carattere\nsperimentale della vaccinazione anti COVID-19  e  della  mancanza  di\ncertezze  in  ordine  alla  idoneita\u0027  del  vaccino  ad  impedire  la\ncircolazione del virus (dal positivo riscontro della  quale  soltanto\ndiscenderebbe l\u0027esigenza  di  tutelare  l\u0027interesse  collettivo  alla\nsalute  a  scapito  del   diritto   fondamentale   del   singolo   ad\nautodeterminarsi in materia di tutela della salute  propria)  e  alla\ninesistenza di ripercussioni negative (sotto forma di effetti avversi\no malori improvvisi o compromissione  del  sistema  immunitario)  per\ncoloro che alla vaccinazione si sottopongano; \n        la  illegittimita\u0027  costituzionale,  per   violazione   degli\narticoli 1, 2, 4, 32 e 36 della Costituzione, degli articoli 1, 2 e 3\ndel decreto-legge n. 127/2021, convertito dalla  legge  n.  165/2021,\nche, introducendo gli articoli 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies  del\ndecreto-legge n. 52/2021, convertito dalla legge  n.  87/2021,  hanno\nstabilito, a decorrere dal 15 ottobre 2021, il divieto di accedere ai\nluoghi di lavoro per i lavoratori del settore pubblico e del  settore\nprivato che non fossero in possesso e,  su  richiesta,  non  avessero\nesibito  il  certificato  verde  attestante  lo  stato  di   avvenuta\nvaccinazione  contro  il  SARS-CoV-2  o  lo   stato   di   guarigione\ndall\u0027infezione da SARS-CoV-2 o l\u0027effettuazione, con  esito  negativo,\ndi un test antigenico rapido o molecolare, atteso  che  tale  divieto\nandrebbe ritenuto illegittimo, sproporzionato e  discriminatorio,  in\nquanto impediva lo svolgimento dell\u0027attivita\u0027 lavorativa e comportava\nla  perdita  della  retribuzione,  senza  al  contempo  impedire   la\ncircolazione della infezione e men che mai garantire la sicurezza del\nluogo  di  lavoro,  ne\u0027  varrebbe  a  giustificare  tale  divieto  la\npossibilita\u0027  offerta  al  lavoratore  di  ottenere  un   certificato\ntemporaneo, previa effettuazione di un  tampone,  perche\u0027  sottoporsi\nogni quarantotto ore  ad  un  tempone  si  sarebbe  tradotto  in  una\ninammissibile ulteriore discriminazione, in quanto il  lavoratore  in\ntal modo, a parita\u0027  di  funzioni,  avrebbe  verrebbe  percepito  una\nretribuzione, di fatto, inferiore (al netto dei costi da sostenersi); \n        l\u0027illegittimita\u0027   costituzionale,   per   violazione   degli\narticoli 1, 2, 4,  32  e  36  della  Costituzione,  dell\u0027art.  1, del\ndecreto-legge n. 1/2022, convertito  dalla  legge  n.  21/2022,  che,\nintroducendo l\u0027art. 4-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2021,  ha\nprevisto il divieto di accedere ai  luoghi  di  lavoro  per  tutti  i\nlavoratori, pubblici e privati, ultracinquantenni che non fossero  in\npossesso del certificato verde da vaccinazione  o  guarigione,  cosi\u0027\nimpedendo lo svolgimento di attivita\u0027  lavorativa  e  privando  della\nretribuzione tutti i lavoratori che avessero piu\u0027 di cinquanta  anni,\napparendo come  una  misura  sproporzionata  (prevista  per  tutti  i\nlavoratori ultracinquantenni, a  prescindere  dal  tipo  di  mansioni\nsvolte e dalle modalita\u0027 di esecuzione  della  prestazione,  e  senza\nprevedere forme alternative di esecuzione della prestazione, come  il\nlavoro agile), inefficace a  contenere  la  diffusione  del  virus  e\ncoercitiva, imponendo al lavoratore di scegliere  tra  il  sottoporsi\nalla vaccinazione e il perdere il proprio lavoro e la  propria  fonte\ndi sostentamento,  di  fatto  risultando  una  forma  di  trattamento\nsanitario obbligatorio; \n        l\u0027illegittimita\u0027   costituzionale,   per   violazione   degli\narticoli  2,  3,  e  36  della   Costituzione,   dell\u0027art.   1,   del\ndecreto-legge n. 1/2022,  convertito  dalla  legge  n.  21/2022,  che\nintroducendo l\u0027art 4-quinquies del decreto-legge n. 44 del  2021,  ha\nsancito la mancata spettanza  della  retribuzione  e  di  ogni  altro\nemolumento  connesso  al  rapporto  di  lavoro   per   i   lavoratori\nultracinquantenni che non fossero in possesso del super green pass  o\ndel green pass rafforzato, senza prevedere la  corresponsione  di  un\nassegno alimentare idoneo a garantire loro un minimo  vitale  per  il\nsostentamento,  assegno  che,  avendo  natura  assistenziale,   viene\ngeneralmente  riconosciuto  ai  lavoratori  in  caso  di  sospensione\ndisciplinare o cautelare, e cio\u0027 a fronte di una  condotta  libera  e\nlecita del soggetto (quale sarebbe  quella  di  non  sottoporsi  alla\nvaccinazione), espressamente ritenuta dalla legge priva di  rilevanza\ndisciplinare. \n    Instauratosi il contraddittorio, l\u0027amministrazione resistente  si\ne\u0027 regolarmente costituita in giudizio per il tramite dell\u0027avvocatura\nerariale, la quale, alla luce  della  normativa  in  discussione,  ha\nchiesto il rigetto del ricorso. \n    All\u0027udienza fissata per la trattazione dell\u0027istanza cautelare, il\ndifensore delle ricorrenti ha dato atto che  le  stesse  erano  state\nriammesse in servizio in data 2  maggio  2022  ed  ha  dichiarato  di\nrinunciare al ricorso proposto in via d\u0027urgenza, per cui  il  giudice\nha dichiarato non luogo a provvedere sulla domanda cautelare. \n    Indi, rinviato il procedimento su richiesta del  difensore  delle\nricorrenti, ritenuta la causa matura  per  la  decisione  e  concesso\ntermine per note difensive, all\u0027esito  dell\u0027udienza  del  7  febbraio\n2025, trattata in forma scritta  o  cartolare  ex  art.  127-ter  del\ncodice di procedura civile, e\u0027 stata emessa la presente ordinanza. \n2. Ricognizione normativa. \n    Giova effettuare una breve  ricostruzione  del  quadro  normativo\nvigente, per quanto di interesse per le questioni oggetto di causa. \n    Gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge  21  settembre  2021,  n.\n127, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 2021,  n.\n165, ha introdotto gli articoli 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies del\ndecreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 17 giugno 2021, n. 87, stabilendo,  a  decorrere  dal  15\nottobre 2021 e fino alla cessazione  dello  stato  di  emergenza,  il\ndivieto di accedere ai luoghi di lavoro per i lavoratori del  settore\npubblico (compresi i  magistrati,  i  soggetti  titolari  di  cariche\nelettive o di  cariche  istituzionali  di  vertice,  i  membri  ed  i\ndipendenti degli  organi  costituzionali,  degli  organi  di  rilievo\ncostituzionale e delle autorita\u0027 amministrative indipendenti)  e  del\nsettore privato, nonche\u0027  per  «tutti  i  soggetti  che  svolgono,  a\nqualsiasi titolo, la propria attivita\u0027 lavorativa o di  formazione  o\ndi volontariato presso le amministrazioni» pubbliche o presso aziende\nprivate, «anche sulla base di contratti esterni» che non  fossero  in\npossesso e, su richiesta, non avessero esibito  il  c.d.  certificato\nverde  attestante  lo  stato  di  avvenuta  vaccinazione  contro   il\nSARS-CoV-2  (c.d.  super  green  pass)  o  lo  stato  di   guarigione\ndall\u0027infezione  da  SARS-CoV-2  (c.d.  green   pass   rafforzato)   o\nl\u0027effettuazione, con esito negativo, di un test antigenico  rapido  o\nmolecolare (c.d. green pass base), cio\u0027  «al  fine  di  prevenire  la\ndiffusione dell\u0027infezione da SARS-CoV-2» e «al fine  di  tutelare  la\nsalute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza»  (cosi\u0027\nsi esprimono i citati articoli 9-quinquies, 9-sexies e 9-septies). \n    Il comma 3 dei suddetti articoli 9-quinquies  e  9-septies  e  il\ncomma 7 del citato art. 9-sexies  escludono  dall\u0027applicazione  delle\ndisposizioni in tema di divieto di accesso ai  luoghi  di  lavoro  «i\nsoggetti esentati dalla somministrazione del vaccino  sulla  base  di\nidonea certificazione medica». \n    Ed ancora, per quello che rileva in questa sede, il comma  6  dei\nmedesimi articoli  9-quinquies  e  9-septies,  poi,  prevede  che  il\npersonale, «nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della\ncertificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della  predetta\ncertificazione al momento dell\u0027accesso al luogo di lavoro, al fine di\ntutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro,\ne\u0027 considerato assente ingiustificato fino alla  presentazione  della\npredetta certificazione» e, comunque, non oltre la «cessazione  dello\nstato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla\nconservazione del  rapporto  di  lavoro.  Per  i  giorni  di  assenza\ningiustificata  di  cui  al  primo  periodo  non   sono   dovuti   la\nretribuzione ne\u0027 altro compenso o emolumento, comunque denominati.». \n    Analogamente, il  comma  2,  dell\u0027art.  9-sexies,  con  specifico\nriferimento al personale  di  magistratura,  dispone  che  «l\u0027assenza\ndall\u0027ufficio  conseguente  al  mancato  possesso   o   alla   mancata\nesibizione della certificazione verde COVID-19 [...]  e\u0027  considerata\nassenza ingiustificata con diritto alla conservazione del rapporto di\nlavoro. Per i giorni  di  assenza  ingiustificata  di  cui  al  primo\nperiodo  non  sono  dovuti  la  retribuzione  ne\u0027  altro  compenso  o\nemolumento, comunque denominati.». \n    L\u0027art. 1, del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 4 marzo 2022, n. 18, ha introdotto  l\u0027art.\n4-quater del decreto-legge 1° aprile 2021,  n.  44,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge  28  maggio  2021,  n.  76,  il  quale,  a\ndecorrere dall\u00278 gennaio 2022 e fino al 15 giugno 2022, «al  fine  di\ntutelare la  salute  pubblica  e  mantenere  adeguate  condizioni  di\nsicurezza nell\u0027erogazione delle prestazioni di cura e assistenza», ha\nsancito l\u0027obbligo vaccinale  per  la  prevenzione  dell\u0027infezione  da\nSARS-CoV-2 per tutti  i  soggetti,  cittadini  italiani  o  stranieri\nresidenti in Italia, «che abbiano compiuto il cinquantesimo  anno  di\neta\u0027», salvo che, «in caso di accertato pericolo per  la  salute,  in\nrelazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal\nmedico di medicina generale dell\u0027assistito o dal medico vaccinatore»,\nla vaccinazione venga «omessa o differita». \n    Il citato decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, ha  poi  introdotto\nnel decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, l\u0027art. 4-quinquies, il quale\nstabilisce che, a decorrere dal 15 febbraio 2022, tutti i lavoratori,\npubblici e privati, ultracinquantenni «ai quali si applica  l\u0027obbligo\nvaccinale di cui» al precedente  art.  4-quater,  «per  l\u0027accesso  ai\nluoghi  di  lavoro  nell\u0027ambito  del  territorio  nazionale,   devono\npossedere e sono tenuti a  esibire  una  delle  certificazioni  verdi\nCOVID-19 di vaccinazione o di guarigione»,  con  esclusione,  quindi,\ndella rilevanza tale scopo del c.d. green pass base da esito negativo\ndi tampone. \n    Il quarto ed il quinto comma dello stesso art. 4-quinquies,  poi,\nprevedono che i lavoratori ultracinquantenni destinatari dell\u0027obbligo\nvaccinale, qualora «comunichino  di  non  essere  in  possesso  della\ncertificazione verde COVID-19 di cui al comma  1  o  risultino  privi\ndella stessa al momento dell\u0027accesso ai luoghi di lavoro, al fine  di\ntutelare la salute e  la  sicurezza  dei  lavoratori  nei  luoghi  di\nlavoro,»  non  possono  accedere  «ai  luoghi  di  lavoro»  e   «sono\nconsiderati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari  e\ncon diritto alla conservazione del  rapporto  di  lavoro,  fino  alla\npresentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il\n15 giugno 2022. Per i giorni di  assenza  ingiustificata  di  cui  al\nprimo periodo, non sono dovuti la retribuzione ne\u0027 altro  compenso  o\nemolumento, comunque denominati.». \n3. Rilevanza delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Le parti ricorrenti, come  gia\u0027  anticipato,  sono  dipendenti  a\ntempo  indeterminato  della  Regione  Sicilia  e  rivestono   profili\nprofessionali di natura amministrativa. \n    Le stesse non hanno ritenuto, a decorrere dal 15 ottobre 2021, di\nsottoporsi alla vaccinazione anti  COVID-19  e,  a  decorrere  dall\u00278\ngennaio 2022, di adempiere all\u0027obbligo vaccinale prescritto per tutti\ni  soggetti  ultracinquantenni,  ne\u0027  hanno   allegato   di   essersi\nsottoposte, di volta in volta, a tampone o di versare  in  una  delle\nipotesi per cui la vaccinazione poteva  essere  omessa  o  differita,\nragioni per le quali le stesse, a decorrere dal 15 ottobre 2021, sono\nstate interdette dall\u0027accedere  al  luogo  di  lavoro  e  sono  state\nconsiderate assenti dal servizio, con conseguente  privazione  totale\ndella retribuzione e di  qualsiasi  altro  emolumento  connesso  alla\nprestazione lavorativa. \n    La disciplina prevista dall\u0027art. 9-quinquies del decreto-legge 22\naprile 2021, n. 52  e  dall\u0027art.  4-quinquies  del  decreto-legge  1°\naprile 2021, n. 44, sul punto,  appare  pero\u0027  chiara  ed  inequivoca\nnello stabilire che i dipendenti pubblici che non siano  in  possesso\ndel certificato verde da avvenuta vaccinazione  o  da  guarigione  o,\nnella prima fase, da esito negativo di tampone non potessero accedere\nai luoghi di lavoro e fossero considerati assenti ingiustificati  dal\nservizio,  «senza  conseguenze  disciplinari  e  con   diritto   alla\nconservazione  del  rapporto  di  lavoro.»,  e,  sotto   il   profilo\neconomico,  nello  stabilire  che,   «per   i   giorni   di   assenza\ningiustificata non» erano «dovuti la retribuzione ne\u0027 altro  compenso\no emolumento, comunque denominati.». \n    Cosi\u0027  come  appare  analogamente  ed  inequivoca  la  disciplina\ndettata dall\u0027art. 4-quater del decreto-legge 1° aprile 2021,  n.  44,\nladdove  sancisce  l\u0027obbligo   vaccinale   per   tutti   i   soggetti\nultracinquantenni, prevedendo un  obbligo  generale  di  compiere  un\nadempimento sanitario ben determinato, con una dizione che non sembra\nsuscettibile di diversa interpretazione, e dall\u0027art. 4-quinquies  del\ncitato  decreto-legge,  laddove  ha   previsto   che   i   lavoratori\nultracinquantenni  sottoposti  all\u0027obbligo  vaccinale,   per   potere\naccedere ai luoghi di lavoro, dovevano «possedere» ed erano «tenuti a\nesibire una delle certificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione o  di\nguarigione»,  e  laddove,  in  caso  contrario,  gli   stessi   erano\nconsiderati  assenti  ingiustificati  e  non  avessero  diritto  alla\nretribuzione e a qualsivoglia altro «compenso o emolumento,  comunque\ndenominati.». \n    Le disposizioni legislative sopra  menzionate,  quindi,  dato  il\nloro disposto  certo  e  preciso,  non  prestano  il  fianco  ad  una\npluralita\u0027 di soluzioni interpretative astrattamente possibili. \n    Per  quanto  precede,  non  si  reputa  percorribile  la   strada\ndell\u0027interpretazione costituzionalmente orientata  o  adeguata  delle\ndisposizioni in  esame,  interpretazione  che,  viceversa,  trova  il\nproprio spazio esplicativo soltanto  in  presenza  di  incertezza  ed\nequivocita\u0027 del testo normativo. \n    La Corte costituzionale, invero,  ha  piu\u0027  volte  affermato  che\n«l\u0027univoco tenore della norma segna il confine in presenza del  quale\nil tentativo interpretativo deve cedere  il  passo  al  sindacato  di\nlegittimita\u0027 costituzionale» (cosi\u0027 ex multis sentenza n. 91  del  20\nmaggio 2013; sentenza n. 78 del 5 aprile 2012; sentenza n. 26 del  25\ngennaio 2010; sentenza n. 219 dell\u002711 giugno 2008). \n    L\u0027imprescindibile e chiaro tenore letterale delle disposizioni in\nesame ne comporta un\u0027applicazione obbligata in tutti i casi in cui la\nparte non si sia sottoposta a vaccinazione o, in alternativa, non  si\ntrovi nella situazione di avvenuta guarigione o,  prima  dell\u0027entrata\nin vigore del decreto-legge n.  1/2022,  non  abbia  effettuato,  con\nesito negativo, un tampone e, nella seconda fase, non  abbia  assolto\nl\u0027obbligo vaccinale, senza possibilita\u0027  di  attribuire  ad  essa  un\nsignificato diverso da quello di cui si sospetta la illegittimita\u0027. \n    Non appare quindi possibile,  allo  stato  del  diritto  vigente,\ndichiarare la illegittimita\u0027  della  interdizione  dal  lavoro  delle\nricorrenti  e  della   conseguente   mancata   corresponsione   della\nretribuzione nei loro confronti,  ne\u0027  appare  possibile  riconoscere\nalle parti ricorrenti l\u0027assegno alimentare ovvero ogni altra forma di\ntutela economica di natura assistenziale. \n    La questione che si pone appare dunque rilevante, posto che, solo\nove  le   disposizioni   di   cui   si   chiede   lo   scrutinio   di\ncostituzionalita\u0027 venissero ritenute illegittime, nella parte in cui,\nappunto,  impongono  l\u0027esclusione  dal  contesto   lavorativo   delle\nricorrenti ed il conseguente venir meno del loro diritto al correlato\ntrattamento retributivo, ivi  compresa  l\u0027erogazione  di  un  assegno\nalimentare o di qualsiasi altro emolumento di  natura  assistenziale,\nle domande attoree potrebbero trovare accoglimento. \n4.  Non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale. \n    4.1.  Verranno  unitariamente  esposte  le  ritenute  ragioni  di\nillegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1 del decreto-legge 7 gennaio\n2022, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo  2022,\nn. 18, che, introducendo l\u0027art. 4-quater del decreto-legge 1°  aprile\n2021, n. 44, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  28  maggio\n2021,   n.   76,   ha   sancito   l\u0027obbligo   vaccinale    per    gli\nultracinquantenni, e dell\u0027art. 1 del decreto-legge 21 settembre 2021,\nn. 127, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre  2021,\nn. 165, che introducendo  l\u0027art.  9-quinquies  del  decreto-legge  22\naprile 2021, n. 52, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  17\ngiugno 2021, n. 87, ha stabilito il divieto di accesso  al  luogo  di\nlavoro per i soggetti ivi  menzionati,  in  quanto  analoghi  sono  i\npresupposti applicativi (mancata vaccinazione)  e  analoghe  sono  le\nconseguenze previste, nell\u0027un caso, per l\u0027inadempimento  dell\u0027obbligo\nvaccinale  e,  nell\u0027altro  caso,  per  la  mancata  sottoposizione  a\nvaccinazione (salve, sia nel primo che nel secondo caso,  le  ipotesi\ndi esenzione o guarigione), e cioe\u0027  la  sostanziale  esclusione  dal\nmondo del lavoro, con la conseguente perdita del relativo trattamento\neconomico: e\u0027 possibile quindi ritenere che gia\u0027 il  citato  articolo\n(cosi\u0027 come anche gli articoli 2 e 3) del decreto-legge  n.  127/2021\ncontenessero un obbligo surrettizio di vaccinazione, essi  ponendo  i\nlavoratori  di  fronte  all\u0027alternativa  ineludibile  di   vaccinarsi\n(qualora  non  guariti  o  esentati  o,  come  vedremo,  qualora  non\nintendessero sottoporsi a  tampone  ogni  due  giorni)  o  di  essere\ntemporaneamente estromessi dal posto di lavoro. \n    Allo stesso modo, verranno unitariamente analizzate  le  ritenute\nragioni di illegittimita\u0027 costituzionale delle suddette disposizioni,\nnella parte in cui le stesse, in  maniera  del  tutto  sovrapponibile\nanche  sul  piano  testuale,  hanno  stabilito   la   perdita   della\nretribuzione  e  di  ogni  «altro  compenso  o  emolumento,  comunque\ndenominati» (e, quindi, anche di qualsiasi assegno alimentare) per  i\nlavoratori considerati assenti dal servizio perche\u0027 non vaccinati  (o\nnon guariti o esentati). \n    4.2. Possibile violazione degli articoli  2,  3,  4  e  36  della\nCostituzione. \n    Un primo dubbio che riguarda le disposizioni impugnate e\u0027  quello\nrelativo alla compatibilita\u0027 delle stesse con i  principi  desumibili\ndagli articoli 2, 3, 4 e 36 della Costituzione. \n    Una  prima  criticita\u0027  concerne  la  possibile  violazione   del\nprincipio  di  ragionevolezza  e   di   proporzionalita\u0027   desumibile\ndall\u0027art. 3 della Costituzione, nonche\u0027 del principio di tutela della\ndignita\u0027 della persona umana di cui all\u0027art. 2 della Costituzione. \n    Sul punto, giova osservare che l\u0027art. 2 della  Costituzione,  nel\nprevedere una particolare tutela dell\u0027individuo,  sia  come  singolo,\nsia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua  personalita\u0027  (tra\ncui rientrano i luoghi di lavoro), non sembra  permettere  l\u0027adozione\ndi misure che, per l\u0027intransigenza e il  rigorismo  che  le  connoti,\npossano arrivare fino al punto di ledere la dignita\u0027  della  persona,\ncircostanza che sicuramente si verifica quando, come  disposto  dalle\nnorme denunciate, a questa si precluda l\u0027accesso al luogo di lavoro e\nad ogni forma di trattamento retributivo,  normalmente  destinato  al\nsostentamento proprio e della propria famiglia. \n    Cio\u0027 e\u0027 stato affermato, anche di recente,  dalla  giurisprudenza\ncostituzionale, financo nei riguardi di coloro che  hanno  gravemente\n«violato il patto di solidarieta\u0027 sociale  che  e\u0027  alla  base  della\nconvivenza civile», cioe\u0027 i condannati per i gravissimi reati di  cui\nagli articoli 270-bis del codice penale (associazione finalizzata  al\nterrorismo o all\u0027eversione dell\u0027ordine democratico), 280  del  codice\npenale  (attentato  per  finalita\u0027  terroristiche  o  di  eversione),\n289-bis del codice penale (sequestro di persona a scopo di terrorismo\no di eversione), 416-bis del  codice  penale  (associazione  di  tipo\nmafioso),   416-ter   del   codice   penale    (scambio    elettorale\npolitico-mafioso) e 422 del codice penale (strage) del codice penale,\nnonche\u0027 per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni  previste\ndal predetto art. 416-bis ovvero al  fine  di  agevolare  l\u0027attivita\u0027\ndelle   associazioni   previste   dallo   stesso   articolo    (Corte\ncostituzionale, 20 luglio 2021, n. 137). \n    In tale occasione, la Corte ha ricordato che la  possibilita\u0027  di\nmodulare  la  disciplina  delle  misure   assistenziali   «non   puo\u0027\npregiudicare quelle prestazioni che si  configurano  come  misure  di\nsostegno indispensabili per una vita dignitosa, cosi\u0027 come anche  per\nle provvidenze destinate al  soddisfacimento  di  bisogni  primari  e\nvolte alla garanzia per la stessa sopravvivenza, la cui  attribuzione\ncomporta il coinvolgimento di una serie di principi, tutti di rilievo\ncostituzionale (tra cui l\u0027art. 2 della Costituzione)», ed  ha  quindi\ndichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale  dell\u0027art.  2,  comma  61,\nlegge n. 92/2012, nella  parte  in  cui  prevedeva  la  revoca  delle\nprestazioni, comunque denominate in base alla  legislazione  vigente,\nquali l\u0027indennita\u0027 di disoccupazione, l\u0027assegno sociale, la  pensione\nsociale e la pensione per  gli  invalidi  civili,  nei  confronti  di\ncoloro che, condannati per i reati sopra elencati, scontino  la  pena\nin regime alternativo alla detenzione in carcere. \n    Sebbene quella esaminata dalla Corte riguardi fattispecie diversa\nda quella oggi in scrutinio,  i  principi  dalla  stessa  evidenziati\nsembrano (a fortiori) applicabili anche al caso di specie, laddove il\nmancato assolvimento dell\u0027obbligo vaccinale o, comunque,  la  mancata\nvaccinazione non sono considerati dallo stesso legislatore come  atti\npenalmente  o  disciplinarmente  rilevanti  (il  sesto  comma   degli\narticoli 9-quinquies e 9-septies del decreto-legge n.  52/2021  e  il\nquinto comma  dell\u0027art.  4-quinquies  del  decreto-legge  n.  44/2021\nescludono  qualsiasi   tipo   di   «conseguenze   disciplinari»)   e,\ncionondimeno, il lavoratore ultracinquantenne  o,  comunque,  per  il\nperiodo  anteriore  all\u0027introduzione   del   relativo   obbligo,   il\nlavoratore non vaccinato si vede, non solo impossibilitato a svolgere\nla propria prestazione lavorativa a seguito del divieto di accesso al\nluogo di lavoro e della correlata  assenza  dal  servizio,  ma  anche\ndeprivato persino di quegli istituti, come l\u0027assegno alimentare,  che\n- come si vedra\u0027 piu\u0027  ampiamente  infra,  §  4.5. -  gli  verrebbero\ninvece garantiti  laddove  fosse  sospeso  poiche\u0027  coinvolto  in  un\nprocedimento penale e  disciplinare,  con  misure  anche  restrittive\ndella liberta\u0027 personale, e dunque per  procedimenti  riguardanti  il\nsuo coinvolgimento in reati anche di oggettiva gravita\u0027. \n    Giova, peraltro, considerare che  il  lavoratore  non  vaccinato,\nescluso dal contesto lavorativo, non puo\u0027 accedere a quegli  istituti\nche tutelano i lavoratori in caso di perdita dell\u0027occupazione, quale,\nad es., l\u0027indennita\u0027 di disoccupazione,  perche\u0027  non  acquisisce  lo\nstatus di lavoratore disoccupato (conservando  il  posto  di  lavoro,\nancorche\u0027  svuotato  del  suo   contenuto   tipico),   essendo   tale\nprovvidenza in ogni modo preclusa  ai  lavoratori  pubblici  a  tempo\nindeterminato, ne\u0027 puo\u0027 fruire - in quanto in eta\u0027  lavorativa  -  di\nquelle  provvidenze  che  presuppongono  una  determinata  anzianita\u0027\nanagrafica (ad es., l\u0027assegno sociale). \n    I lavoratori ultracinquantenni inadempienti all\u0027obbligo vaccinale\no, per il periodo anteriore, i  lavoratori  comunque  non  vaccinati,\nquindi,  perdono  ogni  possibilita\u0027  di  far  fronte  alle  esigenze\nbasilari della loro vita, non  potendo  fare  affidamento  su  alcuna\nforma  di  sostegno  economico,  e,  ancor   prima   e   ancor   piu\u0027\nsignificativamente,  si  trovano  ad  essere  privati   del   diritto\nfondamentale alla libera esplicazione  della  loro  personalita\u0027  sul\nluogo di lavoro, gli stessi, per effetto delle norme qui  denunciate,\nnon potendo  piu\u0027  frequentare  l\u0027ambiente  di  lavoro,  mantenere  i\nrapporti con i colleghi e con gli utenti e arricchire  sul  campo  la\nloro qualificazione professionale. \n    E\u0027 pertanto ovvio che i lavoratori  non  vaccinati,  costretti  a\nrestare a casa in condizioni di piena inoperosita\u0027, hanno subito  una\ngrave e perdurante lesione della loro sfera di dignita\u0027  personale  e\ndi  integrita\u0027  morale,  finendo   per   essere   ingiustificatamente\nghettizzati e discriminati rispetto alla generalita\u0027 dei lavoratori e\nquesto per effetto di una loro scelta - quella di  non  vaccinarsi  -\nlibera  e  consapevole,  non  costituente  ne\u0027  reato  ne\u0027   illecito\ndisciplinare. \n    Cosi\u0027 come  deve  ritenersi  lesiva  del  valore  della  dignita\u0027\npersonale la  previsione  secondo  la  quale,  sotto  il  vigore  del\ndecreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, il lavoratore non  vaccinato\n(qualora sprovvisto di certificazione  di  avvenuta  guarigione)  era\ncostretto a sottoporsi ogni  due  giorni  al  tampone  che,  oltre  a\nprovocare  inevitabili  fastidi  e  sofferenze   a   livello   fisico\n(provocate dall\u0027inserimento  ripetuto  dell\u0027apposito  attrezzo  nelle\nnarici o nella faringe) e sottrazione di tempo di vita alle ordinarie\noccupazioni personali, a lungo andare comportava un notevole  esborso\neconomico per gli interessati. \n    Sotto tali profili, quindi, le norme denunciate sembrano  lesive,\noltre che del principio di eguaglianza e non discriminazione  di  cui\nall\u0027art. 3 della Costituzione, anche del diritto dei  lavoratori  non\nvaccinati alla  loro  identita\u0027  personale,  ricondotto  dalla  Corte\ncostituzionale alla previsione di cui all\u0027art. 2 della  Costituzione,\nda  intendere  come  il  diritto  ad  essere  se  stesso,   «con   la\nacquisizione di idee ed esperienze, con le  convinzioni  ideologiche,\nreligiose, morali e sociali che differenziano  e,  al  tempo  stesso,\nqualificano l\u0027individuo»; identita\u0027 che costituisce «un bene per  se\u0027\nmedesima, indipendentemente dalla condizione personale e sociale, dai\npregi e dai  difetti  del  soggetto,  di  guisa  che  a  ciascuno  e\u0027\nriconosciuto il diritto a che la sua individualita\u0027  sia  preservata»\n(sentenza n. 13 del 1994); in definitiva, secondo  il  giudice  delle\nleggi, l\u0027art.  2  della  Costituzione  si  pone  quale  presidio  per\n«l\u0027integrita\u0027 della sfera personale [dell\u0027uomo] e la sua liberta\u0027  di\nautodeterminarsi nella vita privata» (sentenza n. 332 del 2000). \n    Ora, sebbene non si ignori che l\u0027impianto  del  decreto-legge  n.\n127/2021 e del decreto-legge n. 1/2022, sia  ispirato,  almeno  nelle\nintenzioni  del  legislatore,  alla  finalita\u0027   «di   prevenire   la\ndiffusione dell\u0027infezione da SARS-CoV-2» e «al fine  di  tutelare  la\nsalute  pubblica  e  mantenere  adeguate  condizioni  di  sicurezza»,\nnell\u0027ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria,\nle conseguenze che  esso  implica  nella  sfera  del  dipendente  non\nvaccinato   appaiono   tuttavia   eccessivamente   sproporzionate   e\nsbilanciate, nell\u0027ottica della necessaria considerazione degli  altri\nvalori costituzionali coinvolti, tra cui, innanzitutto,  la  dignita\u0027\ndella persona, bene protetto da plurime previsioni della Carta, quali\ngli articoli 2, 3, 32, comma 2, 36, 41 della Costituzione. \n    E\u0027 forse ultroneo rammentare che il diritto al lavoro costituisca\nuna delle principali prerogative dell\u0027individuo,  su  cui  si  radica\nl\u0027ordinamento  italiano,  che  trova   protezione   nell\u0027ambito   dei\n«principi fondamentali» della Carta costituzionale (articoli 1, 4)  e\nche viene tutelato, non  solo  in  quanto  strumento  attraverso  cui\nciascuno puo\u0027 sviluppare la propria personalita\u0027  (art.  2),  potendo\ncosi\u0027 concorrere al progresso materiale e spirituale  della  societa\u0027\n(art. 4), ma innanzitutto perche\u0027 costituisce il mezzo per assicurare\nalla persona e al rispettivo nucleo familiare, attraverso  la  giusta\nretribuzione, il diritto fondamentale di vivere un\u0027esistenza libera e\ndignitosa (art. 36 della Costituzione). \n    Nel momento in cui la legge, nel  precludere  al  lavoratore  non\nvaccinato la possibilita\u0027  di  espletare  la  prestazione  lavorativa\n(anziche\u0027 applicare altre soluzioni, ad es.:  la  sottoposizione  del\nlavoratore  ad  un  rigido  sistema  di  controllo  tramite  test  di\nrilevazione  del  virus;  l\u0027assegnazione  a  mansioni  diverse,   ove\npossibili, etc.), non consente neppure che lo stesso possa fruire  di\nun  sostentamento  minimo  per  far  fronte  alle  proprie   esigenze\nbasilari, essa, cosi\u0027 facendo, non puo\u0027  che  esporsi  al  dubbio  di\nrivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata,  ad  eccessivo\ndetrimento del valore della dignita\u0027  della  persona,  con  possibile\nviolazione,  oltre  che  dell\u0027art.  2,  anche   dell\u0027art.   3   della\nCostituzione. \n    L\u0027art. 1 del decreto-legge 7 gennaio  2022,  n.  1,  nel  sancire\nl\u0027obbligo vaccinale  generalizzato  ed  indiscriminato  per  tutti  i\nsoggetti ultracinquantenni, inoltre, sembra violare il  principio  di\nragionevolezza ex art. 3 della Costituzione anche  sotto  il  profilo\ndella individuazione della platea dei soggetti  destinatari:  invero,\nanziche\u0027 individuare l\u0027ambito applicativo dei soggetti  cui  riferire\nl\u0027obbligo di vaccinazione in base ad  effettive  esigenze  di  tutela\ndella salute individuale e di prevenzione della diffusione del  virus\n(cosa che sarebbe accaduto ove, ad esempio,  fossero  stati  indicati\ncome  destinatari  dell\u0027obbligo  i  soggetti  vulnerabili  o  fragili\nperche\u0027 immunodepressi o immunocompromessi, come i malati  oncologici\no coloro che sono sottoposti a trapianto di organi), il  legislatore,\nprevedendo che fossero obbligati a sottoporsi alla vaccinazione tutti\ncoloro che avessero «compiuto il cinquantesimo anno», ha ancorato  la\nprevisione dell\u0027obbligo vaccinale ad una soglia di  eta\u0027  anagrafica,\nsenza che  sia  dato  comprendere  le  ragioni  oggettive  di  natura\nsanitaria per quali una persona sana di cinquanta anni fosse tenuta a\nvaccinarsi,  mentre  un  soggetto   immunodepresso   e   fragile   di\nquarantanove anni, viceversa, fosse esentato dal correlativo obbligo. \n    Deve reputarsi, quindi, che, sotto tale profilo,  il  legislatore\nabbia operato una scelta fondata su un  elemento  caduco,  labile  ed\neffimero,  quale  e\u0027  quello  connesso  alla  mera  eta\u0027  anagrafica,\nanziche\u0027  individuare   le   categorie   dei   soggetti   destinatari\ndell\u0027obbligo  vaccinale  sulla  scorta  di  oggettive,  specifiche  e\ncomprovate esigenze di natura medica, curativa e preventiva. \n    E\u0027  pertanto  configurabile  una  violazione  dell\u0027art.  3  della\nCostituzione ed una  ingiustificata  disparita\u0027  di  trattamento  tra\ncoloro  che,  a  parita\u0027  di  condizioni  di   salute,   al   momento\ndell\u0027entrata in vigore del decreto-legge  che  ha  sancito  l\u0027obbligo\nvaccinale, avevano compiuto il cinquantesimo anno di  eta\u0027  e  coloro\nche, viceversa, fossero quarantanovenni o di poco piu\u0027 giovani. \n    Si rammenti  al  riguardo  che  il  principio  di  ragionevolezza\ndesumibile dall\u0027art. 3 della Costituzione impone che la legge  regoli\nin maniera  uguale  situazioni  uguali  e  in  maniera  razionalmente\ndiversa situazioni diverse, con la conseguenza che la  disparita\u0027  di\ntrattamento trova giustificazione nella diversita\u0027  delle  situazioni\ndisciplinate: «il principio di uguaglianza e\u0027 violato anche quando la\nlegge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso  ai\ncittadini che si trovino in eguali situazioni» (sentenza  n.  15  del\n1960), poiche\u0027 «l\u0027art.  3  della  Costituzione  vieta  disparita\u0027  di\ntrattamento di situazioni  simili  e  discriminazioni  irragionevoli»\n(sentenza n. 96 del 1980). \n    In altri termini, l\u0027art. 3 della Costituzione «deve assicurare ad\nognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le  condizioni\nsoggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono\nper  la  loro  applicazione»  (sentenza  n.  3  del  1957),  con   la\nconseguenza che il principio risulta violato  «quando,  di  fronte  a\nsituazioni obiettivamente omogenee, si ha  una  disciplina  giuridica\ndifferenziata,    determinando    discriminazioni    arbitrarie    ed\ningiustificate» (sentenza n. 111 del 1981). \n    Non puo\u0027 infine sottacersi che nelle fattispecie esaminate  nelle\nsentenze della Corte costituzionale numeri  14,  15  e  16  del  2023\n(sulle quali v. infra  il  paragrafo  4.3.),  la  prima  e  la  terza\nrelative all\u0027obbligo  vaccinale  per  il  personale  sanitario  e  la\nseconda relativa ai lavoratori impiegati  in  strutture  residenziali\nsocio-sanitarie  e  socio-assistenziali,   le   disposizioni   allora\ncensurate, a differenza di quelle denunciate in questa sede,  avevano\nintrodotto un obbligo vaccinale settoriale e non  generalizzato,  che\npoteva sembrare coerente con la peculiare posizione  degli  operatori\nsanitari e la specifica ratio dell\u0027obbligo  vaccinale  loro  imposto,\nindividuabile nella esigenza di tenuta dei presidi ospedalieri  e  di\ngaranzia, per i pazienti che necessitano di  cura  e  assistenza,  di\npoterle ricevere in  condizioni  di  massima  sicurezza  e  di  minor\nrischio di contagio possibile. \n    E cio\u0027, appunto, a differenza della fattispecie oggi  scrutinata,\nnella quale si discute della legittimita\u0027 costituzionale di norme  di\nlegge che hanno introdotto un  obbligo  vaccinale  generalizzato  per\ntutti i soggetti ultracinquantenni e di un obbligo  di  possesso  del\ngreen pass e, quindi, di sottoporsi  a  vaccinazione  indistintamente\nper tutti i lavoratori, senza operare alcuna ragionevole  distinzione\ntra lavoratori addetti a mansioni comportanti contatti  costanti  con\nil pubblico degli utenti (in relazione alle  quali  avrebbero  potuto\nastrattamente ipotizzarsi esigenze di  contenimento  del  rischio  di\ncontagio) e lavoratori (come sembrano essere le  odierne  ricorrenti,\nassegnate ad  un  ufficio  della  Motorizzazione  civile)  adibiti  a\nmansioni non comportanti tali rischi. \n    4.3.  Possibile  violazione  dell\u0027art.   32,   comma   1,   della\nCostituzione. \n    Altro  dubbio  di  legittimita\u0027  costituzionale  delle  norme  in\ndiscussione si pone sotto il profilo dell\u0027art. 32 della  Costituzione\nsul  diritto  alla  salute  essendo  evidente  e  pacifico   che   la\nvaccinazione obbligatoria (cosi\u0027 come l\u0027obbligo vaccinale surrettizio\ndi  cui  si  e\u0027  sopra  detto  in  relazione  al  periodo   anteriore\nall\u0027entrata in vigore del decreto-legge n. 1 del 2022)  si  sostanzia\nin un trattamento sanitario obbligatorio. \n    Al riguardo, si deve rammentare che, in materia  di  vaccinazioni\nobbligatorie, la Corte costituzionale ha costantemente affermato che,\ncon  specifico  riferimento  all\u0027art.  32  della   Costituzione,   un\ntrattamento sanitario obbligatorio, disposto ex lege, e\u0027  ammissibile\nalle seguenti condizioni: a) «se il trattamento sia diretto non  solo\na migliorare o  a  preservare  lo  stato  di  salute  di  chi  vi  e\u0027\nassoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute  degli  altri,\ngiacche\u0027 e\u0027 proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute  come\ninteresse della collettivita\u0027,  a  giustificare  la  compressione  di\nquella  autodeterminazione  dell\u0027uomo  che  inerisce  al  diritto  di\nciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale»; b)  se  vi  sia\n«la previsione che esso  non  incida  negativamente  sullo  stato  di\nsalute di colui che vi e\u0027 assoggettato, salvo  che  per  quelle  sole\nconseguenze,  che,  per  la  loro  temporaneita\u0027  e  scarsa  entita\u0027,\nappaiano  normali  di  ogni   intervento   sanitario   e,   pertanto,\ntollerabili»; c) sei nell\u0027ipotesi di danno ulteriore alla salute  del\nsoggetto sottoposto al trattamento obbligatorio  -  ivi  compresa  la\nmalattia contratta per contagio causato da vaccinazione  profilattica\n- sia prevista comunque la corresponsione di una «equa indennita\u0027» in\nfavore del danneggiato (cosi\u0027 ex multis le sentenze n. 258 del 1994 e\nn. 307 del 1990). \n    Gli stessi  principi  sono  stati  ribaditi  dalle  sentenze  del\ngiudice delle leggi che, nel corso  del  2023,  sono  intervenute  in\nmateria di vaccinazione anti SARS-CoV-2, e cioe\u0027 la n. 14 e la n.  16\ndel 9 febbraio 2023, relative all\u0027obbligo vaccinale per il  personale\nsanitario, e la n. 15 del 9 febbraio  2023,  relativa  ai  lavoratori\nimpiegati    in    strutture    residenziali    socio-sanitarie     e\nsocio-assistenziali,  sebbene  lo  scrivente  organo  giudicante  sia\nconsapevole  che,  con  tali  decisioni,  la  Corte  ha  unanimemente\ndichiarato non fondate le questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\nche erano state sollevate da svariati giudici a quo,  ritenendo  «non\nirragionevole  il  bilanciamento  operato  dal  legislatore  fra   le\nliberta\u0027 individuali e il diritto fondamentale alla salute,  definito\ndall\u0027art.  32  della  Costituzione   anche   come   interesse   della\ncollettivita\u0027» (cosi\u0027  si  esprime,  con  efficace  sinteticita\u0027,  la\nrelazione annuale del presidente della Corte  costituzionale  del  18\nmarzo 2024). \n    In questa direzione, la  Corte  costituzionale  ha  ripetutamente\naffermato che l\u0027art. 32  della  Costituzione  postula  il  necessario\ncontemperamento del diritto alla salute del singolo  (anche  nel  suo\ncontenuto negativo di non assoggettabilita\u0027  a  trattamenti  sanitari\nnon richiesti o non accettati) con il coesistente diritto degli altri\ne, quindi, con l\u0027interesse della collettivita\u0027  (sentenze  n.  5  del\n2018, n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990). \n    Come espresso nella sentenza n. 218 del  1994,  la  tutela  della\nsalute implica anche il «dovere  dell\u0027individuo  di  non  ledere  ne\u0027\nporre a rischio con il proprio comportamento  la  salute  altrui,  in\nosservanza del principio generale che vede  il  diritto  di  ciascuno\ntrovare  un  limite  nel  reciproco  riconoscimento   e   nell\u0027eguale\nprotezione  del  coesistente  diritto  degli  altri.  Le  simmetriche\nposizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi\nessenziali della comunita\u0027, che possono richiedere la  sottoposizione\ndella persona a trattamenti sanitari  obbligatori,  posti  in  essere\nanche nell\u0027interesse della persona stessa, o prevedere la  soggezione\ndi essa ad oneri particolari». \n    Nell\u0027ambito di questo contemperamento tra  le  due  declinazioni,\nindividuale e collettiva, del diritto alla salute,  l\u0027imposizione  di\nun trattamento sanitario obbligatorio trova giustificazione  in  quel\nprincipio di solidarieta\u0027 che rappresenta «la base  della  convivenza\nsociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza  n.  75\ndel 1992). \n    Allo stesso tempo, pero\u0027, la Corte  costituzionale  ha  sostenuto\nche il bene della salute e\u0027 tutelato dall\u0027art.  32,  comma  1,  della\nCostituzione, «non solo come interesse della collettivita\u0027, ma  anche\ne soprattutto come diritto fondamentale dell\u0027individuo» (sentenza  n.\n351 del 1991) che impone piena ed esaustiva tutela (sentenza  n.  307\ndel 1990 e n. 455 del 1990), in quanto «diritto primario ed  assoluto\npienamente operante anche nei rapporti tra privati»,  oltre  che  «in\nambito pubblicistico» (sentenza n. 218 del 1994, n. 202 del 1991,  n.\n559 del 1987, n. 184 del 1986 e n. 88 del 1979). \n    E cio\u0027  a  conferma  della  consapevolezza  del  legislatore  che\nl\u0027obbligo   al   trattamento   sanitario   costituisce   pur   sempre\nun\u0027eccezione rispetto al principio, di cui e\u0027 espressione  l\u0027art.  32\ndella Costituzione, della  libera  determinazione  dell\u0027individuo  in\nmateria sanitaria (Cassazione civile - Sez. III, 5  luglio  2017,  n.\n16503). \n    Ebbene, con riferimento alle disposizioni di cui si  sospetta  la\nillegittimita\u0027 costituzionale, va sicuramente ritenuta ricorrente  la\ncondizione di cui alla citata lettera c), atteso che, per il  periodo\nsuccessivo  all\u0027introduzione  dell\u0027obbligo  vaccinale,  il   soggetto\ndanneggiato ha diritto all\u0027indennizzo previsto dall\u0027art. 1, comma  1,\ndella  legge  25  febbraio  1992,  n.  210,  per  tutti  i  casi   di\n«vaccinazioni  obbligatorie»  da  cui  siano   derivate   lesioni   o\ninfermita\u0027,  mentre,  per  il  periodo  anteriore,   analoga   tutela\nindennitaria  e\u0027  stata  introdotta  dall\u0027art.  20,  comma  uno,  del\ndecreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 23 marzo 2022, n. 25, il quale ha  inserito  nell\u0027art.  1\ndella citata legge n. 210/1992 il comma 1-bis,  ai  sensi  del  quale\nl\u0027indennizzo «spetta, alle condizioni  e  nei  modi  stabiliti  dalla\npresente legge, anche  a  coloro  che  abbiano  riportato  lesioni  o\ninfermita\u0027, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della\nintegrita\u0027 psico-fisica, a causa della vaccinazione  anti  SARS-CoV-2\nraccomandata dall\u0027autorita\u0027 sanitaria italiana». \n    Dubbia, invece, e\u0027 la sussistenza delle condizioni descritte alle\nsuddette lettere a) e b). \n    Ed invero, a fronte dell\u0027emergenza epidemiologica determinata dal\nrapido diffondersi di un  nuovo  virus  che,  tuttavia,  generalmente\nprovocava,   almeno   sulle   persone   sane,    sintomi    meramente\npara-influenzali,  il  legislatore  ha  preferito   adottare   misure\ncostrittive e generalizzate, imponendo,  prima  di  fatto  e  poi  di\ndiritto, la sottoposizione ad una  nuova  tecnica  vaccinale  (quella\nc.d.  a  mRNA  o  RNA  messaggero)  che,  sebbene  non   strettamente\nsperimentale, era stata  testata  e  sperimentata  in  condizioni  di\nfrettolosita\u0027 e di  emergenza  e,  conseguentemente,  subordinata  ad\nautorizzazione condizionata; laddove, a fronte  del  diffondersi  del\nnuovo  virus,  cosi\u0027  come  si  e\u0027  sempre  fatto   per   l\u0027influenza\nstagionale,  sarebbe  stato  maggiormente  ragionevole  affidarsi  al\nprincipio  di  auto-responsabilita\u0027   personale,   confidando   nella\nprudenza e nella cautela di coloro che, affetti dal morbo,  avrebbero\ndovuto evitare di uscire da casa e di avere  contatti  con  estranei,\nnonche\u0027 al principio di raccomandazione della vaccinazione, in virtu\u0027\ndel quale le pubbliche  autorita\u0027,  mediante  campagne  vaccinali  ed\naltre  opportune  iniziative  informative,  dovrebbero   tentare   di\nsuggerire  e  consigliare  i  cittadini,  convincendo  la  massa  dei\npazienti  a  sottoporsi   volontariamente   e   coscientemente   alla\nvaccinazione, dopo avere meditato ed essersi formati liberamente  una\npropria opinione al riguardo. \n    Inoltre, rappresenta un dato acquisito che la vaccinazione non ha\nimpedito l\u0027ulteriore circolazione del  virus,  i  soggetti  vaccinati\npotendo ugualmente contagiarsi e contagiare,  ma,  tutt\u0027al  piu\u0027,  ha\nevitato,   nei   confronti   di   taluni   di    soggetti    fragili,\nl\u0027ospedalizzazione, il ricovero nei reparti di terapia  intensiva  ed\nil decesso, per  cui,  in  mancanza  di  efficacia  nel  contenere  e\nlimitare la diffusione virale, deve ritenersi mancante  il  requisito\nconsistente nella finalita\u0027 di «preservare lo stato di  salute  degli\naltri». \n    Peraltro, nello stesso foglio illustrativo  di  uno  dei  vaccini\nmaggiormente utilizzati durante la campagna vaccinale del  2021/2022,\nquale e\u0027 il Comirnaty sviluppato dalla azienda  Pfizer-BionTech,  non\ne\u0027  riportato,  quale  effetto  del  vaccino,  quello  di   prevenire\nl\u0027infezione da Sars-CoV-2, bensi\u0027  quello  di  limitare  gli  effetti\ndannosi della malattia COVID-19 causata dal virus: «Comirnaty  e\u0027  un\nvaccino utilizzato per la prevenzione di COVID-19,  malattia  causata\nda SARS-CoV-2», specificando peraltro  che  «Comirnaty  potrebbe  non\nproteggere completamente tutti coloro che lo ricevono,  e  la  durata\ndella protezione non e\u0027 nota» (foglietto illustrativo reperibile  sul\nsito web istituzionale dell\u0027AIFA). \n    Infine, quanto alla condizione  sopra  menzionata  sub  c),  deve\nreputarsi che la vaccinazione per la  prevenzione  dell\u0027infezione  da\nSARS-CoV-2 abbia prodotto, in coloro che ad essa si sono  sottoposti,\nconseguenze lesive che appaiano superiori  e  piu\u0027  significative  di\nquelle  normali  ed  insite   in   ogni   trattamento   sanitario   o\nfarmacologico e, pertanto, non «tollerabili». \n    E\u0027 cronaca di tutti i giorni il fatto che persone giovani e sane,\na volte anche atleti e sportivi famosi, vengano  colpite  da  «malori\nimprovvisi» che ne provocano la menomazione o,  in  alcuni  casi,  la\nmorte. \n    Deve  quindi  ritenersi  necessaria   una   rivisitazione   degli\norientamenti giurisprudenziali fin qui espressi sulla  base  di  dati\normai superati, nel senso che il  vaccino  contro  il  SARS-CoV-2  ha\ninciso negativamente  sullo  stato  di  salute  di  coloro  che  sono\nobbligati  a  vaccinarsi,  oltre  quelle  conseguenze  «che  appaiano\nnormali e, pertanto, tollerabili», la sua inoculazione provocando  il\nrischio di insorgenza di eventi avversi gravi e/o fatali. \n    Lo  stesso  rapporto  annuale   sulla   sicurezza   dei   vaccini\nanti-COVID-19 dell\u0027A.I.F.A. (27 dicembre 2020 -  26  dicembre  2022),\npubblicato       sul        sito        ufficiale        dell\u0027Agenzia\n(https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianz\na_vaccini_COVID-19_14), nel  confermare  la  sicurezza  dei  vaccini,\nanalizza  le  percentuali  delle  segnalazioni  di  sospetti  effetti\navversi, non gravi (reazioni locali  nel  sito  di  somministrazione,\nfebbre e stanchezza/astenia, parestesie agli arti di durata limitata,\ncefalee di vario genere e capogiri o vertigini, artralgie  o  mialgie\ndiffuse e  dolori  a  livello  di  singole  articolazioni,  patologie\ngastrointestinali, come nausea, vomito  e  diarrea)  e  gravi  (shock\nanafilattico, parestesie durature, miocardite, pericardite,  paralisi\nperiferica del nervo facciale), anche in rapporto alle diverse  fasce\ndi eta\u0027 e al sesso, e dei casi in cui e\u0027 stato rilevato il  nesso  di\ncausalita\u0027. \n    Ed ancora, si deve ricordare che uno degli studi piu\u0027  importanti\ne recenti, i  cui  risultati  sono  stati  pubblicati  sulla  rivista\nspecializzata «Vaccine» del 2  aprile  2024  (consultabile  sul  sito\nCOVID-19  vaccines  and  adverse  events  of  special   interest:   A\nmultinational Global Vaccine Data Network (GVDN) cohort study  of  99\nmillion vaccinated individuals -  ScienceDirect),  sulla  scorta  del\nmonitoraggio delle condizioni cliniche di oltre 99 milioni di persone\nvaccinate in otto Paesi diversi, ha riscontrato  importanti  e  gravi\neffetti avversi correlati alla somministrazione del vaccino contro il\nSARS-CoV-2, essendo stati accertati casi particolarmente frequenti di\nmiocardite  (infiammazione  del  muscolo  cardiaco),  di  pericardite\n(infiammazione del sacco sottile che copre il cuore), di sindrome  di\nGuillain-Barre\u0027   (debolezza   muscolare    e    alterazione    della\nsensibilita\u0027) e di  trombosi  del  seno  venoso  cerebrale  (tipo  di\ncoagulo di sangue nel cervello);  sono  stati  altresi\u0027  identificati\npossibili segnali di mielite trasversa (infiammazione  di  una  parte\ndel  midollo  spinale)  dopo  vaccini   a   vettore   virale   e   di\nencefalomielite  acuta  disseminata  (infiammazione  e  gonfiore  nel\ncervello e nel midollo spinale) dopo l\u0027identificazione di  vaccini  a\nvettore virale e mRNA. \n    4.3.  Possibile  violazione  dell\u0027art.   32,   comma   2,   della\nCostituzione. \n    Sospetti ulteriori di incostituzionalita\u0027 delle  norme  censurate\nesistono rispetto all\u0027art. 32, comma  2,  della  Costituzione,  nella\nmisura in cui  esso  dispone  che,  anche  nei  casi  di  trattamenti\nsanitari obbligatori disposti per legge, quest\u0027ultima  «non  puo\u0027  in\nnessun caso violare i  limiti  imposti  dal  rispetto  della  persona\numana». \n    Le stesse norme interposte, tra cui la legge 23  dicembre,  1978,\nn. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, nel ribadire che\ngli accertamenti e trattamenti sanitari  «sono  di  norma  volontari»\n(art. 33, comma 1), specifica che nei casi in cui  la  legge  prevede\nche possano essere disposti dall\u0027autorita\u0027 sanitaria  «questi  devono\navvenire nel rispetto della dignita\u0027  della  persona  e  dei  diritti\ncivili e politici.» (art. 33, comma 2, legge n. 833 cit.). \n    Sebbene la legge possa prevedere l\u0027obbligatorieta\u0027 di determinati\ntrattamenti  sanitari,  sono  rarissimi,  ed   ancorati   a   precisi\npresupposti, i casi in cui l\u0027ordinamento consente la possibilita\u0027  di\neseguirli contro la volonta\u0027 della persona (ad es., e\u0027  il  caso  del\nT.S.O.), valendo da sempre il principio che  gli  accertamenti  ed  i\ntrattamenti obbligatori debbano essere  «accompagnati  da  iniziative\nrivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi\nvi e\u0027 obbligato» e che «L\u0027unita\u0027 sanitaria locale opera  per  ridurre\nil ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori,  sviluppando\nle iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i  rapporti\norganici tra servizi  e  comunita\u0027»  (art.  33,  comma  5,  legge  n.\n833/1978). \n    La Corte costituzionale ha  sottolineato  al  riguardo  che  deve\nessere salvaguardata in ogni caso la  «dignita\u0027  della  persona,  che\ncomprende anche il diritto alla riservatezza  sul  proprio  stato  di\nsalute ed al  mantenimento  della  vita  lavorativa  e  di  relazione\ncompatibile con tale stato» (sentenza n. 218  del  1994,  secondo  la\nquale «il rispetto della persona esige  l\u0027efficace  protezione  della\nriservatezza,  necessaria  anche  per  contrastare  il   rischio   di\nemarginazione nella vita lavorativa e di relazione.»). \n    Ebbene, per quanto sopra detto, deve ritenersi che le  estreme  e\ndraconiane  conseguenze  imposte  ex  lege  per  i   lavoratori   non\nsottoposti  a  vaccinazione  (esclusione   dalla   sede   lavorativa,\nemarginazione dal contesto lavorativo, assenza dal lavoro, privazione\ndi qualsiasi  emolumento  legato  al  rapporto  di  lavoro),  con  il\nnecessario clamore creatosi agli occhi dei colleghi e  degli  utenti,\nabbiano determinato negli interessati la  lesione  del  loro  diritto\nalla riservatezza e al mantenimento della loro vita lavorative  e  di\nrelazione. \n    4.2.   Possibile   ulteriore   violazione   dell\u0027art.   3   della\nCostituzione. \n    Come  gia\u0027  accennato,  l\u0027impossibilita\u0027   del   lavoratore   non\nvaccinato, estromesso dal lavoro, di accedere a forme  di  assistenza\nminime, come quella dell\u0027assegno  alimentare  (comunque  denominato),\nsembra  integrare   un\u0027ulteriore   violazione   dell\u0027art.   3   della\nCostituzione, per violazione  del  principio  di  eguaglianza  e  per\nirragionevolezza, posto che impedisce anche l\u0027applicazione di  quelle\nmisure di sostegno previste persino in caso di sospensione  cautelare\ndel lavoratore, laddove quest\u0027ultimo abbia commesso (o sia sospettato\ndi aver integrato) la commissione di  determinati  fatti  costituenti\nreato,  idonei  a  determinare  anche   l\u0027irrogazione   di   sanzioni\ndisciplinari. \n    Nel  tempo,  l\u0027ordinamento  ha  sempre  previsto  tali  forme  di\nsostentamento, riconoscendo in favore del  lavoratore  pubblico,  nel\nperiodo di  sospensione,  un  assegno  alimentare  o  altri  istituti\nsostanzialmente analoghi. \n    Si considerino, a titolo esemplificativo: \n        l\u0027art. 82 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  10\ngennaio 1957,  n.  3,  recante  il  testo  unico  delle  disposizioni\nconcernenti lo statuto degli impiegati civili  dello  Stato,  secondo\ncui «All\u0027impiegato sospeso  e\u0027  concesso  un  assegno  alimentare  in\nmisura non superiore alla meta\u0027 dello stipendio,  oltre  gli  assegni\nper carichi di famiglia»; \n        l\u0027art. 500 del decreto legislativo 16 aprile  1994,  n.  297,\nrecante il testo unico del personale scolastico,  contenente  analoga\ndisposizione anche in materia di sospensione disciplinare; \n        gli articoli 10, 21, comma 4,  e  22,  comma  4  del  decreto\nlegislativo del 23 febbraio 2006, n. 109, recante la disciplina degli\nilleciti  disciplinari  dei  magistrati,  i   quali   contengono   la\nprevisione dell\u0027erogazione dell\u0027assegno alimentare sia nelle  ipotesi\ndi sospensione disciplinare (art. 10 del decreto legislativo  n.  109\ncit.), sia nelle ipotesi di  sospensione  cautelare,  obbligatoria  o\nfacoltativa (articoli  21,  comma  4,  e  22,  comma  4  del  decreto\nlegislativo n. 109 cit.); \n        l\u0027art. 920, comma 1, del decreto legislativo 15  marzo  2010,\nn. 66, contenente il «Codice dell\u0027ordinamento militare», ai sensi del\nquale, in tutti i  casi  di  sospensione  dal  servizio  (sospensione\nobbligatoria  a  seguito  di  condanna  penale  definitiva   a   pena\ndetentiva, sospensione precauzionale, obbligatoria o facoltativa,  in\nconnessione  a   procedimento   penale,   sospensione   precauzionale\nfacoltativa  in  corso  di  procedimento  disciplinare)  al  militare\nsospeso «dall\u0027impiego compete la  meta\u0027  degli  assegni  a  carattere\nfisso e continuativo». \n    La  stessa  contrattazione  collettiva   del   pubblico   impiego\nprivatizzato ex art. 2, comma 2, del  decreto  legislativo  30  marzo\n2001, n. 165, competente a regolare «la tipologia delle infrazioni  e\ndelle  relative  sanzioni»,  ex  art.  55,  comma  2,   del   decreto\nlegislativo n. 165/2001, prevede l\u0027assegno  alimentare  nei  casi  di\nsospensione cautelare del dipendente, anche laddove  quest\u0027ultima  si\nprotragga per un notevole  arco  temporale,  in  quanto  disposta  in\nattesa degli esiti di un procedimento  penale,  e  dunque  anche  per\nfatti ritenuti di oggettiva gravita\u0027 e disvalore sociale. \n    Si consideri, per quanto  riguarda  il  comparto  dei  dipendenti\ndella Regione Sicilia non appartenenti alla qualifica dirigenziale, a\ncui afferisce il rapporto di lavoro delle  parti  ricorrenti,  l\u0027art.\n75, comma 1, del C.C.R.L. del 9 maggio  2019,  relativo  al  triennio\ngiuridico ed economico 2016/2018, il quale prevede  la  conservazione\ndel diritto alla retribuzione nell\u0027ipotesi di  sospensione  cautelare\ndisposta (per un massimo di giorni trenta) in corso  di  procedimento\ndisciplinare. \n    Si valuti, ancor di  piu\u0027,  l\u0027art.  76,  comma  7,  del  suddetto\nC.C.R.L.,  il  quale  prevede  in  caso  di  sospensione   cautelare,\nobbligatoria o facoltativa, per la pendenza di un procedimento penale\na carico del dipendente,  l\u0027erogazione  in  favore  dello  stesso  di\n«un\u0027indennita\u0027 pari al 50% dello  stipendio  tabellare,  nonche\u0027  gli\nassegni  del  nucleo  familiare  e  la  retribuzione  individuale  di\nanzianita\u0027, ove spettanti». \n    Si  consideri  che  tale  indennita\u0027,  del  tutto  sovrapponibile\nall\u0027istituto  dell\u0027assegno  alimentare  previsto  dall\u0027art.  82   del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957, viene riconosciuta\nin tutti i casi di sospensione cautelare individuati dall\u0027art. 76 del\nC.C.R.L., e, dunque, anche laddove  il  dipendente  sia  «colpito  da\nmisura restrittiva della  liberta\u0027  personale»  (art.  76,  comma  1)\novvero anche nel caso  in  cui  il  dipendente  «venga  sottoposto  a\nprocedimento penale che non comporti la  restrizione  della  liberta\u0027\npersonale o questa sia comunque cessata,  qualora  l\u0027Azienda  o  ente\ndisponga, ai sensi dell\u0027art. 55-ter del decreto  legislativo  n.  165\ndel 2001,  la  sospensione  del  procedimento  disciplinare  fino  al\ntermine di quello penale» (art. 76, comma 2). \n    Trattasi di indennita\u0027 che viene riconosciuta anche  per  periodi\nmolto ampi di sospensione, come risulta dalla lettura  dell\u0027art.  76,\ncomma  6,  C.C.R.L.,  secondo  cui  la   sospensione   dal   servizio\neventualmente  disposta  a  causa  di  procedimento  penale  conserva\nefficacia, se non revocata, per un periodo  non  superiore  a  cinque\nanni. \n    Alla  luce  di  quanto  previsto,  genera  dubbi   di   possibile\nviolazione dell\u0027art. 3, della  Costituzione,  una  previsione,  quale\nquella formante oggetto delle disposizioni impugnate, che,  a  fronte\ndi una condotta (il mancato  adempimento  dell\u0027obbligo  vaccinale  o,\ncomunque, la mancata sottoposizione a  vaccinazione)  non  integrante\nillecito ne\u0027 sul versante disciplinare, ne\u0027 sul  versante  penale,  e\nche riguarda  una  fattispecie  introdotta  in  una  fase  del  tutto\nemergenziale,  in  un  contesto  del  tutto  eccezionale,  neghi   ai\nlavoratori  non  vaccinati  persino  la  corresponsione   di   quelle\nindennita\u0027 - come l\u0027assegno alimentare  -  generalmente  riconosciute\ndall\u0027ordinamento per far fronte ai bisogni  alimentari  basilari  del\nlavoratore sospeso,  anche  laddove  quest\u0027ultimo  sia  coinvolto  in\nprocedimenti penali e disciplinari per fatti di  oggettiva  gravita\u0027,\nposto che  cio\u0027  sembra  generare  una  irragionevole  disparita\u0027  di\ntrattamento, peraltro a scapito di quelle condotte  che  proprio  per\nprevisione legislativa sono esenti da alcun tipo di rilievo. \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23,  legge  11  marzo\n1953, n. 87; \n    Visti gli articoli 2, 3, 4, 32 e 36 della Costituzione; \n    Ritenuto, in relazione alle suddette  disposizioni,  rilevanti  e\nnon   manifestamente   infondate   le   questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale relative: \n        all\u0027art. 1 del  decreto-legge  21  settembre  2021,  n.  127,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 2021, n.  165,\nnella parte in cui prevede che, «ai fini dell\u0027accesso  ai  luoghi  di\nlavoro, nell\u0027ambito del territorio nazionale, ... e\u0027 fatto obbligo di\npossedere e di esibire, su richiesta, una delle certificazioni  verdi\nCOVID-19 da vaccinazione, guarigione o test,», nonche\u0027 nella parte in\ncui prevede che il lavoratore pubblico privo di certificazione  verde\n«e\u0027 considerato assente ingiustificato fino alla presentazione  della\npredetta certificazione» e, comunque, non oltre la «cessazione  dello\nstato di emergenza» e che «per i giorni di assenza ingiustificata  di\ncui al primo periodo  non  sono  dovuti  la  retribuzione  ne\u0027  altro\ncompenso o emolumento, comunque denominati.»; \n        all\u0027art.  1.  del  decreto-legge  7  gennaio  2022,   n.   1,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2022, n. 18, nella\nparte in cui prevede che l\u0027obbligo vaccinale per la  prevenzione  del\nCOVID-19 si «applica» a tutti i cittadini «che  abbiano  compiuto  il\ncinquantesimo anno di eta\u0027»,  che  tutti  i  lavoratori,  pubblici  e\nprivati, ultracinquantenni «ai quali si applica l\u0027obbligo  vaccinale»\n«per  l\u0027accesso  ai  luoghi  di  lavoro  nell\u0027ambito  del  territorio\nnazionale, devono  possedere  e  sono  tenuti  a  esibire  una  delle\ncertificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione o di guarigione» e  che\ni lavoratori ultracinquantenni  destinatari  dell\u0027obbligo  vaccinale,\nqualora «comunichino di non essere in possesso  della  certificazione\nverde COVID-19 di cui al comma 1 o risultino privi  della  stessa  al\nmomento dell\u0027accesso ai luoghi di lavoro» non  possono  accedere  «ai\nluoghi di lavoro» e «sono considerati assenti ingiustificati»  e  che\n«per i giorni di assenza  ingiustificata  ...,  non  sono  dovuti  la\nretribuzione ne\u0027 altro compenso o emolumento, comunque denominati.»; \n    Sospende il giudizio e  dispone  l\u0027immediata  trasmissione  degli\natti alla Corte costituzionale; \n    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga\nnotificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei\nministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del\nSenato della Repubblica. \n        Catania, 14 febbraio 2025 \n \n                    Il giudice del lavoro: Tripi","elencoNorme":[{"id":"62424","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"21/09/2021","data_nir":"2021-09-21","numero_legge":"127","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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