HTTP Client

1 Total requests
0 HTTP errors

Clients

http_client 1

Requests

POST https://ws.cortecostituzionale.it/servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/123
Request options
[
  "headers" => [
    "Content-Type" => "application/json"
  ]
  "auth_basic" => [
    "corteservizisito"
    "corteservizisito,2021+1"
  ]
]
Response 200
[
  "info" => [
    "header_size" => 166
    "request_size" => 301
    "total_time" => 0.235866
    "namelookup_time" => 0.000453
    "connect_time" => 0.030984
    "pretransfer_time" => 0.072839
    "size_download" => 71601.0
    "speed_download" => 304685.0
    "starttransfer_time" => 0.072863
    "primary_ip" => "66.22.43.24"
    "primary_port" => 443
    "local_ip" => "65.108.230.242"
    "local_port" => 35228
    "http_version" => 3
    "protocol" => 2
    "scheme" => "HTTPS"
    "appconnect_time_us" => 72751
    "connect_time_us" => 30984
    "namelookup_time_us" => 453
    "pretransfer_time_us" => 72839
    "starttransfer_time_us" => 72863
    "total_time_us" => 235866
    "start_time" => 1757470180.348
    "original_url" => "https://ws.cortecostituzionale.it/servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/123"
    "pause_handler" => Closure(float $duration) {#830
      class: "Symfony\Component\HttpClient\Response\CurlResponse"
      use: {
        $ch: CurlHandle {#809 …}
        $multi: Symfony\Component\HttpClient\Internal\CurlClientState {#797 …}
        $execCounter: -9223372036854775808
      }
    }
    "debug" => """
      *   Trying 66.22.43.24...\n
      * TCP_NODELAY set\n
      * Connected to ws.cortecostituzionale.it (66.22.43.24) port 443 (#0)\n
      * ALPN, offering h2\n
      * ALPN, offering http/1.1\n
      * successfully set certificate verify locations:\n
      *   CAfile: /etc/pki/tls/certs/ca-bundle.crt\n
        CApath: none\n
      * SSL connection using TLSv1.3 / TLS_AES_256_GCM_SHA384\n
      * ALPN, server accepted to use h2\n
      * Server certificate:\n
      *  subject: C=IT; ST=Roma; O=Corte Costituzionale; CN=*.cortecostituzionale.it\n
      *  start date: Nov 19 00:00:00 2024 GMT\n
      *  expire date: Dec 20 23:59:59 2025 GMT\n
      *  subjectAltName: host "ws.cortecostituzionale.it" matched cert's "*.cortecostituzionale.it"\n
      *  issuer: C=IT; ST=Roma; L=Pomezia; O=TI Trust Technologies S.R.L.; CN=TI Trust Technologies OV CA\n
      *  SSL certificate verify ok.\n
      * Using HTTP2, server supports multi-use\n
      * Connection state changed (HTTP/2 confirmed)\n
      * Copying HTTP/2 data in stream buffer to connection buffer after upgrade: len=0\n
      * Using Stream ID: 1 (easy handle 0x271e9d0)\n
      > POST /servizisito/rest/atti/schedaOrdinanza/2025/123 HTTP/2\r\n
      Host: ws.cortecostituzionale.it\r\n
      Content-Type: application/json\r\n
      Accept: */*\r\n
      Authorization: Basic Y29ydGVzZXJ2aXppc2l0bzpjb3J0ZXNlcnZpemlzaXRvLDIwMjErMQ==\r\n
      User-Agent: Symfony HttpClient (Curl)\r\n
      Accept-Encoding: gzip\r\n
      Content-Length: 0\r\n
      \r\n
      * Connection state changed (MAX_CONCURRENT_STREAMS == 128)!\n
      < HTTP/2 200 \r\n
      < content-type: application/json;charset=UTF-8\r\n
      < cache-control: no-cache\r\n
      < pragma: no-cache\r\n
      < content-encoding: UTF-8\r\n
      < date: Wed, 10 Sep 2025 02:09:40 GMT\r\n
      < \r\n
      """
  ]
  "response_headers" => [
    "HTTP/2 200 "
    "content-type: application/json;charset=UTF-8"
    "cache-control: no-cache"
    "pragma: no-cache"
    "content-encoding: UTF-8"
    "date: Wed, 10 Sep 2025 02:09:40 GMT"
  ]
  "response_content" => [
    "{"dtoOrdinanza":{"anno":"2025","numero":"123","numero_parte":"1","autorita":"Tribunale di sorveglianza di Bologna","localita_autorita":"","data_deposito":"30/04/2025","data_emissione":"","data_gazzetta":"25/06/2025","numero_gazzetta":"26","anno_decisione":"","numero_decisione":"","data_seduta":"","descrizione_fissazione":"","stato_fissazione":"","relatore":"","oggetto_lungo":"\u003cp\u003eEsecuzione penale –\u0026nbsp;Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena –\u0026nbsp;Casi in cui l\u0027esecuzione di una pena può essere differita –\u0026nbsp;Omessa previsione che “Se, a seguito degli accertamenti esperiti, ove occorra anche mediante perizia, risulta che lo stato psicofisico del condannato è tale da impedire la cosciente sottoposizione all’esecuzione della pena e che tale stato è irreversibile, il giudice pronuncia ordinanza di non luogo a procedere o ordinanza di doversi procedere” – Violazione del principio di ragionevolezza intrinseca\u0026nbsp;– Lesione del diritto di difesa – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena – Incidenza sul divieto di trattamenti contrari al senso di umanità – Violazione del principio, anche convenzionale, di ragionevole durata del processo.\u003c/p\u003e","prima_parte":"M. G.","altre_parti":"","testo_atto":"N. 123 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 aprile 2025\n\r\nOrdinanza del 30 aprile 2025 del Tribunale di sorveglianza di Bologna\nnel procedimento di sorveglianza nei confronti di M. G.. \n \nEsecuzione penale - Rinvio facoltativo dell\u0027esecuzione della  pena  -\n  Casi in cui l\u0027esecuzione di una pena puo\u0027 essere differita - Omessa\n  previsione che \"Se, a  seguito  degli  accertamenti  esperiti,  ove\n  occorra anche mediante perizia, risulta che  lo  stato  psicofisico\n  del condannato e\u0027 tale  da  impedire  la  cosciente  sottoposizione\n  all\u0027esecuzione della pena e che tale  stato  e\u0027  irreversibile,  il\n  giudice pronuncia ordinanza di non luogo a procedere o ordinanza di\n  doversi procedere\". \n- Codice penale, art. 147. \n\n\r\n(GU n. 26 del 25-06-2025)\n\r\n \n                TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA \n \n    Il Tribunale l\u0027anno 2025 giorno 29 del mese di aprile in  Bologna\nsi e\u0027 riunito in Camera di consiglio nelle persone dei componenti: \n      dott.ssa Vassallo Marta - Presidente \n      dott. Romano Ezio - Giudice relatore \n      dott.ssa Lai Federica - Esperta \n      dott.ssa Mediani Giorgia - Esperta \n    Con la  partecipazione  della  dott.ssa  Marzocchi  Silvia  Sost.\nprocuratore generale  presso  la  Corte  d\u0027Appello  di  Bologna,  per\ndeliberare sulle domande di: \n      detenzione domiciliare, art. 47-ter O.P.· \n      proposte da G. M.   , nato a (    ) il   ,  in  relazione  alla\npena di cui alla sentenza n.    emessa dal G.I.P. presso il Tribunale\ndi Forli\u0027 il   , irrevocabile il 31 ottobre 2020. \n \n                               Osserva \n \n    Con la sentenza in epigrafe, resa ai sensi dell\u0027art.  444  codice\ndi procedura penale G. e\u0027 stato condannato per  numerosi  delitti  di\ntruffa, violenza sessuale (609-bis comma 3 c.p.) ed abusivo esercizio\ndi una professione commessi nel in   , per un totale di ventotto capi\ndi imputazione, alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione. \n    Il   condannato,   all\u0027epoca   di   emissione   dell\u0027ordine    di\ncarcerazione, ha  avanzato  domanda  di  detenzione  domiciliare,  da\neseguirsi al domicilio di famiglia. \n    Nelle more del giudizio, tuttavia, la condizione personale del G.\nrisulta essere di molto cambiata. \n    Il condannato, infatti, che era alla data di  proposizione  della\ndomanda assistito dalla moglie in quanto affetto da alcune  patologie\ninvalidanti,  ha  visto  un  progressivo  deterioramento  delle   sue\ncondizioni sanitarie, acuito dalla scomparsa della  moglie,  deceduta\nnel   . Da allora, il G. e\u0027 inserito in  una  struttura  privata  per\nanziani, ,  sita  in  (     ),  loc.     ,  via     ,  ove  trascorre\nintegralmente le proprie giornate e riceve saltuarie visite da  parte\ndella figlia. \n    Con memoria per l\u0027odierna udienza, i difensori  di  G.  M.  hanno\nsollecitato il Tribunale di Sorveglianza a compiere  una  riflessione\nsu come  le  attuali  condizioni  del  condannato  appaiano  tali  da\ndeterminare non solo una incompatibilita\u0027 con l\u0027espiazione della pena\nin regime detentivo ma, piu\u0027 in generale in generale, a  rendere  non\npossibile in concreto la stessa sottoposizione del proprio  assistito\na  qualsiasi  forma  di  esecuzione  penale,   foss\u0027anche   di   tipo\nextramurario. \n    La persona,  infatti,  e\u0027  inserita  in  struttura  per  anziani,\naffetta da deficit cognitivi e di  deambulazione,  al  punto  da  non\napparire capace di comprendere  il  senso  dell\u0027esecuzione  penale  o\nsvolgere percorsi di tipo risocializzante  propri  della  piu\u0027  ampia\nmisura  dell\u0027affidamento  in  prova  al  servizio  sociale  ai  sensi\ndell\u0027art. 47 legge n. 354/1975 (d\u0027ora innanzi anche O.P.). \n    D\u0027altro canto, continuano i difensori,  l\u0027eventuale  applicazione\ndi una detenzione domiciliare apparirebbe  operativamente  difficile,\npotendo  questa  incidere  sulla  possibilita\u0027  del  G.  di  rimanere\nall\u0027interno  della   struttura   che   attualmente   gli   garantisce\nl\u0027assistenza sanitaria di cui egli necessita e,  in  ogni  caso,  non\nutile ne\u0027 in  senso  rieducativo  ne\u0027  in  senso  special-preventivo.\nInvero, la persona a causa delle  patologie  in  essere  non  esprime\nalcuna  pericolosita\u0027  sociale   residua,   essendo   sostanzialmente\nconfinata all\u0027interno  della  struttura  di  accoglienza  ove  riceve\nassistenza sanitaria. \n    Sono  allegati  in  atti   sia   dalla   difesa   che   dall\u0027UEPE\ncertificazione INPS e  referti  clinici  che  delineano  il  seguente\nquadro. \n    G.   e\u0027 affetto da encefalopatia cronica con  atrofia  cerebrale,\ndiabete mellito pluricomplicato, retinopatia diabetica  con  cecita\u0027,\ncardiopatia, sordita\u0027 e incontinenza urinaria. \n    La persona necessita,  pertanto,  di  assistenza  socio-sanitaria\ncontinuativa e specialistica, erogabile solo  in  ambiente  protetto,\nallo stato garantito dalla residenza per anziani in cui e\u0027 ospitato. \n    L\u0027indagine socio familiare dell\u0027UEPE, a fronte della  incapacita\u0027\ndella persona di recarsi presso il servizio, si  e\u0027  svolta  mediante\ncolloquio con la figlia dell\u0027interessato. \n    La donna ha rappresentato le difficolta\u0027 del padre ed ha espresso\nil proprio  timore  rispetto  all\u0027eventuale  applicazione  di  misure\nalternative, in quanto lo  svolgimento  dei  necessari  controlli  da\nparte delle  Forze  dell\u0027ordine  per  verificare  il  rispetto  della\nmisura, gravando  sulla  struttura  ospitante,  potrebbe  indurre  la\nresidenza  per  anziani,  struttura  privata,  a  non  confermare  la\ndisponibilita\u0027 ad ospitare l\u0027istante,  con  pregiudizio  per  le  sue\nesigenze di cura. \n    L\u0027UEPE indica che alla luce del quadro sanitario emergente  dalla\ndocumentazione   allegate,   la   persona   presenta    significative\ncompromissioni delle funzioni psico-fisiche e, dunque,  difficilmente\npotrebbe prendere parte ad un percorso di reinserimento sociale,  ne\u0027\ncomprendere    appieno    le    finalita\u0027    trattamentali    tipiche\ndell\u0027esecuzione  penale  esterna.  Inoltre,  considerata   l\u0027evidente\nvulnerabilita\u0027 di cui la G.   e\u0027 portatore,  nonche\u0027  il  suo  essere\ndomiciliato in struttura protetta la sua pericolosita\u0027 sociale appare\nragionevolmente attenuata. E\u0027 lo stesso UEPE, dunque,  a  sollecitare\nil Collegio a valutare una forma di sospensione o differimento  della\npena ai sensi della normativa vigente. \n    Cio\u0027 posto, il Tribunale  di  Sorveglianza  deve  evidenziare  in\npunto di diritto, che  il  differimento  della  pena,  nella  lettura\ncostituzionalmente orientata offerta  dalla  Corte  costituzionale  e\ndalla  giurisprudenza  di  legittimita\u0027,  e\u0027  un  istituto  volto   a\nconiugare le esigenze di  tutela  della  salute  e  di  dignita\u0027  del\ndetenuto  o  di  soggetto  che  si  trovi  in  situazioni  di   grave\nvulnerabilita\u0027, quale la madre ed il minore nella  gestazione  e  nel\npuerperio  ovvero  la  persona  gravemente  malata,  con  quelle   di\nesecuzione  penale  e  di  tutela  della  collettivita\u0027,  secondo  un\ngiudizio di bilanciamento degli opposti interessi  costituzionali  in\ngioco. \n    L\u0027individuazione del punto  di  equilibrio  e\u0027  nel  differimento\nobbligatorio ex art. 146 codice penale frutto di una scelta rigida ed\noperata a monte dal legislatore che accorda prevalenza alle  esigenze\nposte alla base del differimento  rispetto  a  quelle  di  esecuzione\npenale. \n    La norma, dunque,  non  lascia  margini  di  discrezionalita\u0027  al\ngiudice, se non nella misura in cui egli e\u0027  preposto  alla  verifica\ndella positiva ricorrenza in fatto dei  presupposti  stabiliti  dalla\nlegge e puo\u0027, al piu\u0027, valutare se il  caso  sottoposto  rientri  nel\ntipo indicato dal legislatore; con margini, in  concreto,  abbastanza\nristretti (per i delitti commessi anteriormente al  12  aprile  2025,\ndata di entrata  in  vigore  del  decreto  legge  n.  48/2025:  donna\nincinta; madre di prole  di  eta\u0027  inferiore  ad  anni  uno;  persona\naffetta da malattia in stadio terminale o HIV conclamato; per  quelli\nsuccessivi e salva ratifica del decreto legge n. 48/2025,  rimarrebbe\nsolo quest\u0027ultima ipotesi). \n    Ma, una volta accertata la sussistenza della  condizione  assunta\ndalla legge quale causa di non sottoposizione ad  esecuzione  penale,\nl\u0027esito del giudizio non  puo\u0027  che  essere  quello  di  disporre  il\ndifferimento della pena  carceraria  che  dovrebbe  essere  eseguita,\nrinviandola sino al termine della condizione ostativa all\u0027esecuzione.\nNel  differimento  facoltativo  ex  art.   147   c.p.,   invece,   la\nponderazione dei diritti e degli interessi antinomici e\u0027 rimessa alla\nvalutazione  della  magistratura  di  sorveglianza  che,   oltre   al\nricorrere  delle  condizioni  di  legge  (per  i   delitti   commessi\nsuccessivamente al 12 aprile 2025, data  di  entrata  in  vigore  del\ndecreto  legge  n.  48/2025  e  salva  conferma  dell\u0027attuale   testo\nnormativo: donna incinta; madre di prole di eta\u0027  inferiore  ad  anni\nuno; madre di prole di eta\u0027 inferiore agli anni tre; persona  affetta\nda grave infermita\u0027 fisica; in caso di domanda di Grazia),  ai  sensi\ndel comma terzo dell\u0027art. 147 codice penale deve altresi\u0027  verificare\nl\u0027assenza di pericolosita\u0027 sociale del condannato. \n    Vi e\u0027, dunque, sotto questo  profilo  l\u0027esercizio  di  un  potere\ndiscrezionale del giudice, nella parte in cui la  norma  da  un  lato\nafferma che questi  puo\u0027  disporre  il  differimento  e,  dall\u0027altro,\nattribuisce allo stesso un sindacato non circoscritto  alla  verifica\ndella ricorrenza dei presupposti e dei casi ivi  indicati,  ma  anche\nsulla adeguatezza del differimento rispetto al rischio che la persona\nreiteri condotte di reato. \n    Laddove si accerti l\u0027attuale pericolosita\u0027 sociale della persona,\nil differimento non potrebbe, dunque per legge trovare  applicazione,\nprevalendo l\u0027interesse di difesa sociale rispetto a quello di  tutela\ndella sua vulnerabilita\u0027. Per questa ragione, in entrambi i  casi  di\ndifferimento,  obbligatorio  o  facoltativo,  laddove   la   persona,\nnonostante la condizione di fragilita\u0027 normativamente prevista in cui\nversa, esprima tutt\u0027ora profili di attuale pericolosita\u0027 sociale, sub\nspecie del rischio di reiterazione  di  condotte  illecite,  sovviene\nl\u0027istituto della detenzione domiciliare in luogo del differimento  di\ncui all\u0027art. 47-ter comma 1-ter O.P.,  quale  misura  intermedia  che\nnell\u0027alternativa   rigida   tra   il   mantenimento   dell\u0027esecuzione\ncarceraria, capace di ledere o anche solo comprimere  oltremisura  il\ndiritto alla salute  e  la  dignita\u0027  del  condannato,  e  la  totale\nliberazione dello stesso, che  viceversa  esporrebbe  ad  un  rischio\neccessivo  le  esigenze  di  sicurezza  sociale  della  collettivita\u0027\n(parimenti inquadrabili come interesse di  caratura  costituzionale),\nconsente  di  operare  una  scelta  esecutiva   mediana   capace   di\nindividuare un piu\u0027 gradato equilibrio tra i contrapposti interessi. \n    Si tratta, all\u0027evidenza, di uno strumento  di  flessibilizzazione\ndel sistema per garantire e bilanciare tutte le esigenze, individuali\ne superindividuali,  che  convergono  nell\u0027esecuzione  di  una  pena,\nsorretto da un giudizio ulteriore e successivo rispetto a quello teso\nall\u0027accertamento delle condizioni  che  legittimano  il  differimento\ndella pena obbligatorio o facoltativo. \n    In  questo  caso,  infatti,   la   valutazione   demandata   alla\nmagistratura  di  sorveglianza  non  puo\u0027  essere  ridotta  al   mero\nricorrere dei requisiti di legge, ma deve  essere  ricostruita  quale\ngiudizio di proporzionalita\u0027 in concreto tra le  esigenze  di  tutela\ndell\u0027individuo, della sua salute e della sua umana dignita\u0027 ovvero di\nmaternita\u0027 e puerperio,  e  quelle  di  salvaguardia  del  resto  dei\nconsociati, alla ricerca di quell\u0027equilibrio che realizzi, a  parita\u0027\ndi tutela delle une, il minor sacrificio possibile delle altre. \n    In sostanza, quel che si richiede e\u0027  di  verificare  se,  pur  a\nfronte di una residua pericolosita\u0027 sociale in capo alla persona,  il\npericolo che egli  rappresenta  per  la  collettivita\u0027  possa  essere\nadeguatamente arginato mediante il ricorso  ad  una  forma  esecutiva\nmeno  afflittiva,  quale  e\u0027  quella  domiciliare,  che   in   ottica\numanitaria  allevi  le  maggiori  sofferenze  che  la  persona   puo\u0027\nsperimentare nell\u0027esecuzione carceraria per la propria condizione  di\nvulnerabilita\u0027 accertata dal giudice a monte del giudizio. \n    E\u0027 chiaro che in questo  tipo  di  giudizi  l\u0027opzione  carceraria\nrimane  quella  astrattamente  piu\u0027   tutelante   per   le   esigenze\ncollettive; tuttavia, lo sforzo ermeneutico richiesto da una  lettura\ncostituzionalmente orientata della norma deve condurre a ritenere che\nladdove il controllo offerto dalla detenzione domiciliare sia  idoneo\nin concreto a  garantire  pari  grado  di  tutela  alle  esigenze  di\nsicurezza collettiva rispetto a quello  offerto  dalla  carcerazione,\nl\u0027opzione    domiciliare    sarebbe    l\u0027unica     costituzionalmente\nproporzionata e compatibile con gli articoli 31,  32  e  27  comma  3\ndella Corte Costituzionale (nonche\u0027 con l\u0027art. 3 CEDU). \n    Si  vedano,  in  questo  senso,  le  puntuali   e   condivisibili\nargomentazioni espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza  n.\n99/2019,  con  cui  la  Consulta  ha  individuato  nella   detenzione\ndomiciliare umanitaria di cui all\u0027art. 47-ter  comma  1-ter  O.P.  lo\nstrumento adeguato  per  contemperare  le  esigenze  sanitarie  anche\npsicologiche della persona con il mantenimento dei vincoli  necessari\nper evitare di porre in pericolo la collettivita\u0027. \n    Ulteriore istituto che potrebbe  venire  in  rilievo,  quando  si\nparla di forme di differimento della pena, e\u0027 quello di cui  all\u0027art.\n148 c.p. relativo all\u0027ipotesi della infermita\u0027 psichica  sopravvenuta\nalla condanna. \n    La norma prevede che se la persona  prima  dell\u0027esecuzione  della\npena o durante la stessa viene colta da una infermita\u0027 psichica  tale\nda  impedire  l\u0027esecuzione  della  pena  il  giudice  ne  dispone  la\nsospensione o il differimento, contestualmente disponendo il ricovero\ndel condannato in un manicomio giudiziario o,  laddove  la  pena  sia\ninferiore ai tre anni e non si tratti di delinquenti o contravventori\nabituali, professionali o per tendenza, in un  manicomio  comune.  Il\nricovero  e\u0027  revocato,  ove  vengano  meno  le  ragioni  che   hanno\ndeterminato il provvedimento. \n    Si tratta di una norma che, invero, ha un ambito applicativo  nel\ndiritto vivente  praticamente  nullo,  soprattutto  a  seguito  della\nchiusura dei manicomi giudiziari e, piu\u0027  di  recente,  della  citata\nsentenza n. 99/2019  della  Corte  Costituzionale,  posto  che  nella\nmaggior parte dei casi le infermita\u0027 psichiche sono  valorizzate  per\nsottoporre  la  persona  a  differimento  pena  nelle   forme   della\ndetenzione domiciliare, piu\u0027 rispondente alle necessita\u0027 di cura  del\nsoggetto rispetto a ricoveri coattivi  sganciati  da  valutazioni  in\npunto di effettiva pericolosita\u0027 sociale. \n    Molti commentatori, invero, considerano la stessa  implicitamente\nabrogata dalla pronuncia della Consulta. \n    Cio\u0027 premesso, nel caso in esame, la condizione di  G.  non  pare\nrientrare in ipotesi di differimento obbligatorio di cui all\u0027art. 146\ncomma 3 c.p. \n    Invero, la persona non si trova in una condizione patologica  non\nrispondente alle cure o in stadio terminale,  che  lo  espone  ad  un\nimminente  rischio  quoad  vitam,  quanto  piuttosto  in  una   grave\ninfermita\u0027 psicofisica.  L\u0027infermita\u0027  in  questione  non  deriva  da\npatologie psichiche - il che, al  netto  delle  valutazioni  espresse\ncirca  la  sostanziale  abrogazione  dell\u0027istituto,  esclude  ricorra\nl\u0027ipotesi di cui all\u0027art. 148 codice penale - ma  e\u0027  determinata  da\npatologie aventi  base  organica  (encefalopatiacronica  con  atrofia\ncerebrale), in parte correlate anche all\u0027eta\u0027 avanzata, che  potrebbe\nassumere ben rilievo ai sensi dell\u0027art. 147 n. 2  codice  penale  per\ndisporre il differimento facoltativo della pena. \n    Sul punto, la giurisprudenza  di  legittimita\u0027  ha  chiarito  che\n«l\u0027istanza di differimento  facoltativo  dell\u0027esecuzione  della  pena\ndetentiva per gravi motivi di salute puo\u0027 essere  accolta  anche  se,\npur non sussistendo un\u0027incompatibilita\u0027 assoluta tra la  patologia  e\nlo  stato  di  detenzione,  ricorra   ma   situazione   nella   quale\nl\u0027infermita\u0027 ola malattia siano tali da comportare un serio  pericolo\ndi vita, ovvero  non  assicurino  la  prestazione  di  adeguate  cure\nmediche  in  ambito  carcerario,  o,  ancora,  causino  al   detenuto\nsofferenze aggiuntive ed  eccessive,  in  spregio  del  diritto  alla\nsalute e del senso di umanita\u0027 al quale  deve  essere  improntato  il\ntrattamento penitenziario (Sez. 1, n. 27352 del 17 maggio 2019,     ,\nRv. 276413 - 01). \n    Sotto tale profilo, quindi, allorche\u0027 il condannato e\u0027 affetto da\ngrave infermita\u0027 fisica per malattia  la  cui  prognosi  puo\u0027  essere\ninfausta, l\u0027istanza di differimento, e  cosi\u0027  anche  la  domanda  di\ndetenzione domiciliare, deve essere  considerata  previa  valutazione\ndell\u0027aspettativa di  vita  del  condannato  stesso,  poiche\u0027,  quando\nquesta e\u0027 ridotta, e\u0027 frustrato lo scopo del  reinserimento  sociale,\nimpossibile per motivi estranei al trattamento o al comportamento del\nsoggetto, e la sanzione diviene sofferenza  inutile  e  contraria  al\nsenso di  umanita\u0027  (Sez.  1,  n.  27352  del  17  maggio  2019,  Rv.\n276413-01; da ultimo Sez. 1, n. 37086 del  8  giugno  2023,  G.,  Rv.\n285760-01; Sez. 1, n. 542 del 30 gennaio 1995, , Rv. 200789-01;  Sez.\n1, n. 27 del 10 gennaio 1994, Rv. 197127 - 01)» (in  questi  termini,\nCassazione, Sez. 1 n. 26588/2024). \n    Tutte condizioni che, a giudizio del Tribunale  di  Sorveglianza,\nsussistono allo stato, posto che ove venisse  eseguita  la  pena,  la\nsanzione diventerebbe per il G. una sofferenza inutile e contraria al\nsenso di umanita\u0027, nella misura in  cui  si  rivolgerebbe  a  persona\nincapace  di  percepire  il  senso  rieducativo   della   pena,   con\nfrustrazione evidente del principio di emenda. \n    A normativa vigente, dunque, questo Collegio potrebbe disporre il\ndifferimento della pena ai sensi dell\u0027art. 147  n.  2  c.p.,  dovendo\nevidenziarsi che la peculiare condizione di  incapacita\u0027  psicofisica\nin cui versa la persona esclude in radice il rischio di  reiterazione\ndi reati. \n    Il  che,   dunque,   osta   all\u0027applicazione   della   detenzione\ndomiciliare surrogatoria, che sarebbe misura in concreto  ultronea  e\nmeno favorevole per il condannato di un differimento pieno  ai  sensi\ndella norma di cui all\u0027art. 147, c. 2 c.p. \n    In questo senso, il Tribunale di Sorveglianza  sarebbe  tenuto  a\ndisporre un differimento,  fissando  un  termine  di  scadenza  della\ndilazione dell\u0027esecuzione della pena,  entro  il  quale  si  dovrebbe\nprocedere ad  una  rivalutazione  in  ordine  alla  permanenza  delle\ncondizioni che legittimano la postergazione dell\u0027esecuzione. \n    Tuttavia, il Collegio ritiene di dover evidenziare  una  lampante\ncontraddizione nella normativa in esame, nella misura in  cui  questa\nsottopone a medesima disciplina ed all\u0027istituto del differimento  una\nserie di situazioni che, invero, risultano  affatto  omogenee  e  che\nrichiederebbero, sia da un punto di vista  operativo  che  sul  piano\ncostituzionale, una differente risposta ordinamentale. \n    In particolare, l\u0027art. 147 c.p., nella sua attuale  formulazione,\nprevede il differimento dell\u0027esecuzione in una serie di casi fissando\nun termine specifico rispetto alla sospensione della pretesa punitiva\ndello Stato, tranne che nel caso di cui al n. 2 della norma citata. \n    Invero,  il  differimento  in  caso  di  domanda  di  grazia   e\u0027\ncircoscritto ai sei mesi successivi al passaggio in  giudicato  della\nsentenza; le ipotesi di differimento a tutela della maternita\u0027 e  del\npuerperio, invece, hanno evidentemente dei termini naturali dati  dal\nparto, dal compimento del primo anno o del terzo  anno  di  eta\u0027  del\nminore. A queste ipotesi, e\u0027 parificata tout court quella della grave\ninfermita\u0027 fisica, che non reca uno  specifico  termine  e  che,  nel\ndiritto vivente, vede i Tribunali di Sorveglianza gestire  la  durata\ndel differimento in modo malleabile  e,  sostanzialmente,  dipendente\ndalle necessita\u0027 di cura della persona. \n    Cio\u0027 appare molto coerente laddove si consideri che  in  un  gran\nnumero  di  casi  le  gravi  infermita\u0027  capaci  di  legittimare   il\ndifferimento sono il frutto di patologie in qualche modo  transitorie\ne/o curabili; in questo senso, potendo le  ragioni  del  differimento\ndisposto oggi non  essere  piu\u0027  presenti  domani,  la  flessibilita\u0027\ndell\u0027istituto quanto all\u0027apposizione di un termine finale consente al\nTribunale di sorveglianza di  valorizzare  adeguatamente  il  decorso\nclinico e l\u0027esigenza di monitorare la permanenza delle condizioni  di\nsalute  che  rendono  recessiva  la  pretesa  punitiva  dello  Stato.\nAll\u0027attenuarsi  o  al  venir   meno   delle   stesse,   infatti,   il\ndifferimento, secco o nelle forme della cattivita\u0027  domiciliare,  non\navrebbe  piu\u0027  ragion  d\u0027essere,  dovendo  riespandersi   l\u0027interesse\nStatuale alla indefettibilita\u0027 ed alla certezza della pena, con avvio\no ripristino dell\u0027esecuzione. \n    La disciplina, pero\u0027,  risulta  carente,  a  giudizio  di  questo\nCollegio, laddove le ragioni del differimento non siano dipendenti da\nuna condizione transitoria o suscettibile di miglioramento, bensi\u0027 da\nuna patologia irreversibile che renda stabilmente incapace di  essere\nsottoposto ad esecuzione penale il condannato. \n    ln  questi  casi,  tutt\u0027altro  che  secondari  nella  prassi,  il\nTribunale  di  Sorveglianza  e\u0027.  infatti,   costretto   a   ripetere\nciclicamente verifiche sulla permanenza delle  condizioni  di  salute\nche consentono il differimento, sostanzialmente  sino  all\u0027estinzione\ndella pena per morte del condannato ai sensi dell\u0027art. 171 c.p. \n    Invero, l\u0027art. 172 codice penale in materia di prescrizione della\npena stabilisce che «Se l\u0027esecuzione della pena e\u0027  subordinata  alla\nscadenza di un termine o al verificarsi di una condizione,  il  tempo\nnecessario per la estinzione della pena decorre dal giorno in cui  il\ntermine e\u0027 scaduto o la condizione si e\u0027 verificata». \n    Dunque, il termine di prescrizione risulta interrotto in tutti  i\ncasi in cui l\u0027esecuzione della pena venga differita, non  consentendo\nneppure di far valere tale causa estintiva, eventualmente  capace  di\ndare un termine anticipato rispetto a quello  di  definitivo  decesso\ndel condannato non passibile di esecuzione. \n    In sostanza, il sistema non contempla  una  ipotesi  di  rinuncia\nall\u0027esecuzione della pena in casi come questi, in cui  piuttosto  che\nun differimento con continui riesami, ci si  trova  dinnanzi  ad  una\nstabile  impossibilita\u0027  di  eseguire   la   pena   per   incapacita\u0027\nirreversibile della persona ad esservi sottoposto. \n    Il quadro sinora descritto appare a  questo  Collegio  del  tutto\nassimilabile a quello che ha  portato  alla  riforma  degli  articoli\n70-72-bis codice di procedura penale in punto  di  valutazione  della\nstabile incapacita\u0027  di  stare  in  giudizio  dell\u0027imputato,  tesa  a\nrisolvere quello che nel dibattito  dottrinario  e  giurisprudenziale\nera  efficacemente  descritto  come   «il   problema   degli   eterni\ngiudicabili». \n    Trattandosi di materia in cui la Corte costituzionale ha avuto un\nruolo tutt\u0027altro che secondario,  ci  si  esimera\u0027  dal  ripercorrere\nfunditus le varie tappe del  percorso  che  ha  condotto  all\u0027attuale\nformulazione, in particolare, dell\u0027art. 72-bis  c.p.p.,  riepilogando\nper sommi capi l\u0027evoluzione ermeneutica e normativa de quo. \n    Si cerchera\u0027, poi, di evidenziare gli evidenti punti di  contatto\ntra le carenze della previgente disciplina, i moniti della Corte,  le\nsoluzioni adottate sul piano normativo e le nuove questioni emerse in\nseno alla giurisprudenza Costituzionale nella subjecta materia  e  la\ndisciplina del differimento della pena per come oggi normata. \n    Circoscrivendo, pertanto, l\u0027esame  alle  pronunce  piu\u0027  recenti,\nviene in  rilievo  anzitutto  la  Sentenza  n.  23/2013  della  Corte\ncostituzionale. \n    Nel caso di specie, il Tribunale di Milano aveva censurato l\u0027art.\n159 codice penale rispetto ai parametri di cui agli articoli 3, 24  e\n111 Cast. nella misura in cui prevedeva la  sospensione  del  decorso\ndella  prescrizione  allorquando  fosse  accertata  ai  sensi   degli\narticoli  70  e  ss.  codice  di  procedura  penale  la   incapacita\u0027\nirreversibile di stare in giudizio dell\u0027imputato. \n    Ove accolta, infatti, la questione avrebbe consentito al  giudice\nmeneghino di dichiarare l\u0027intervenuta prescrizione del reato,  invece\ndi dover procedere a defatiganti ed  inutili  periodici  accertamenti\ndella incapacita\u0027 della persona,  ormai  stabilmente  acclarata  come\nirreversibile. \n    In quella sede, la Corte evidenzio\u0027 che la  questione  poneva  in\nluce una reale anomalia insita nelle norme correlate  concernenti  la\nsospensione della prescrizione estintiva dei reati e  la  sospensione\ndel processo per incapacita\u0027 dell\u0027imputato  ove  fosse  accertata  la\nnatura irreversibile dell\u0027infermita\u0027 mentale tale  da  precludere  la\ncosciente partecipazione al giudizio dell\u0027interessato. \n    Si   verificava,   infatti,    una    situazione    di    pratica\nimprescrittibilita\u0027 del reato, a cui ne\u0027 il  giudice  ne\u0027  l\u0027imputato\npotevano porre rimedio, con un «\"indefinito protrarsi nel tempo della\nsospensione del processo  -  con  la  conseguenza  della  tendenziale\nperennita\u0027 della  condizione  di  giudicabile  dell\u0027imputato,  dovuta\nall\u0027effetto, a sua volta sospensivo, sulla prescrizione». \n    Tale situazione era giudicata dalla Corte idonea da  assumere  il\ncarattere della irragionevolezza: «giacche\u0027 entra  in  contraddizione\ncon la ratio posta a base, rispettivamente,  della  prescrizione  dei\nreati e della sospensione del  processo.  La  prima  e\u0027  legata,  tra\nl\u0027altro,  sia  all\u0027affievolimento  progressivo  dell\u0027interesse  della\ncomunita\u0027  alla  punizione  del  comportamento  penalmente  illecito,\nvalutato, quanto ai tempi necessari, dal legislatore, secondo  scelte\ndi politica criminale legate alla gravita\u0027 dei reati, sia al «diritto\nall\u0027oblio» dei cittadini, quando il reato  non  sia  cosi\u0027  grave  da\nescludere tale tutela. La seconda poggia sul diritto di  difesa,  che\nesige la possibilita\u0027 di una cosciente  partecipazione  dell\u0027imputato\nal procedimento. Nell\u0027ipotesi di irreversibilita\u0027 dell\u0027impedimento di\ncui sopra risultano frustrate  entrambe  le  finalita\u0027  insite  nelle\nnorme sostanziali e processuali richiamate, con la conseguenza che le\nragioni delle garanzie ivi previste si rovesciano inevitabilmente nel\nloro contrario». \n    Tuttavia,  a  fronte  della  possibilita\u0027  di   diverse   opzioni\nnormative per risolvere siffatta condizione, da  operarsi  non  tanto\nsul terreno della prescrizione, quanto piuttosto della valorizzazione\ndella  incapacita\u0027  irreversibile  dell\u0027imputato  di  partecipare  al\nprocesso, la Corte dichiaro\u0027 inammissibile la questione, lanciando un\nperentorio monito al legislatore affinche\u0027 affrontasse ex professo il\ntema degli eterni giudicabili. \n    La questione, tuttavia, rimase irrisolta da  un  punto  di  vista\nnormativo, tanto da richiedere un nuovo  pronunciamento  della  Corte\ncostituzionale. \n    Con sentenza n. 45/2015, infatti, la Corte fu nuovamente chiamata\ndal Tribunale di Milano a valutare la  compatibilita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 159 codice penale rispetto agli articoli 3 e 111 Cost. \n    In  quella  sede,  la  Consulta,  richiamando  il   monito   gia\u0027\neffettuato al  legislatore  sulla  necessita\u0027  di  intervenire  sulla\ndisciplina in materia e quanto statuito nella  sentenza  n.  23/2013,\naccolse la questione. \n    Nel  corso  di  un\u0027ampia  motivazione,  la  Corte  osservo\u0027   che\noccorreva considerare «la differenza tra  le  diverse  situazioni  di\nsospensione, anche per incapacita\u0027 di partecipare  coscientemente  al\nprocesso, destinate a una durata limitata nel tempo e la  sospensione\nderivante da un\u0027incapacita\u0027 irreversibile, che  e\u0027  destinata  a  non\navere termine, dando luogo per l\u0027imputato alla condizione di  «eterno\ngiudicabile». \n    La differenza e\u0027 fondamentale e rende  irragionevole  l\u0027identita\u0027\ndi disciplina. La sospensione e\u0027 assimilabile a  una  parentesi,  che\nuna volta aperta deve anche chiudersi, altrimenti si modifica la  sua\nnatura e  si  altera  profondamente  la  fattispecie  alla  quale  la\nsospensione si applica. Una sospensione del corso della  prescrizione\nsenza fine determina di  fatto  l\u0027imprescrittibilita\u0027  del  reato,  e\nquesta situazione, in violazione dell\u0027art. 3 Cost., da  luogo  a  una\ningiustificata disparita\u0027 di trattamento nei confronti degli imputati\nche vengono a trovarsi in  uno  stato  irreversibile  di  incapacita\u0027\nprocessuale. [...] \n    Deve  pertanto  concludersi  che  la  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 159, primo comma, codice penale ,  sollevata\ndal Tribunale ordinario di Milano, e\u0027/ondata.». \n    Esaminato il tema sorto il profilo della prescrizione del  reato,\ntuttavia, la stessa Corte noto\u0027 che, pur potendo la  declaratoria  di\nprescrizione intervenire prima della morte dell\u0027imputato, a fronte di\ncasi  di   prescrizioni   particolarmente   lunghe   o   di   delitti\nimprescrittibili, lo stesso rimedio da essa  apprestato  poteva  «non\napparire completamente appagante. Infatti, quando il tempo necessario\na prescrivere e\u0027 ancora lungo, e\u0027 ugualmente lunga  la  durata  della\nsospensione  del  procedimento,  con  l\u0027onere  per  il   giudice   di\nperiodici, inutili accertamenti peritali. \n    Sotto questo aspetto una soluzione, prospettata anche  da  questa\nCorte nella sentenza  n.  23  del  2013,  potrebbe  ravvisarsi  nella\ndefinizione  del  procedimento  con  una  sentenza  di  non   doversi\nprocedere per incapacita\u0027 irreversibile de/l\u0027imputato, ed e\u0027 cio\u0027 che\nprevede l\u0027art. 9 del disegno di legge n. 2798, presentato alla Camera\nil 23 dicembre scorso, che intende inserire nel codice  di  procedura\npenale un nuovo art. 72-bis. \n    Con  questa  disposizione,  se  sara\u0027  approvata,   l\u0027incapacita\u0027\nirreversibile  dell\u0027imputato  avra\u0027  una  disciplina  specifica,  ma,\nne/l\u0027allesa, per le ragioni esposte, non  puo\u0027  non  riconoscersi  la\nfondatezza della questione di legittimita\u0027  costituzionale  sollevata\ndal Tribunale ordinario di Milano, e deve pertanto  dichiararsi,  per\ncontrasto  con  l\u0027art.  3  Cosi.,   l\u0027illegittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 159, primo comma, cod pen. , nella parte  in  cui,  ove  lo\nstato mentale  dell\u0027imputato  sia  tale  da  impedirne  la  cosciente\npartecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la\nsospensione della prescrizione quando e\u0027 accertato che tale stato  e\u0027\nirreversibile.». \n    Sebbene, come visto, il tema  era  stato  affrontato  dall\u0027angolo\nprospettico degli effetti della sospensione del processo sul  terreno\ndell\u0027istituto della prescrizione del reato, la Corte non  ha  mancato\ndi considerare che il  piu\u0027  soddisfacente  ed  adeguato  rimedio  si\nsarebbe dovuto costruire normativamente  mediante  la  previsione  di\ndisciplina  che  assumesse  l\u0027incapacita\u0027  irreversibile   non   gia\u0027\nsemplicemente quale fatto idoneo a sospendere il processo, bensi\u0027  ad\nesaurire l\u0027interesse dello Stato alla persecuzione stessa del reato. \n    A fronte dei moniti e delle sentenze della Corte,  con  legge  23\ngiugno 2017, n. 103, cd. Riforma Orlando, e\u0027 stata  dunque  riformata\nl\u0027intera  disciplina  degli  articoli  da   70   a   72-bis   c.p.p.,\nprevedendosi con quest\u0027ultima norma che laddove  il  giudice  accerti\nuna  condizione  mentale  dell\u0027imputato  tale  da  impedire  in  modo\nirreversibile la sua partecipazione al processo, pronunci sentenza di\nnon luogo  a  procedere  o  sentenza  non  doversi  procedere,  salva\nl\u0027applicazione di misure di  sicurezza  diverse  dalla  confisca  nei\nconfronti  della   persona   che   risulti,   comunque,   socialmente\npericolosa. \n    Anche il testo di nuovo conio, tuttavia, non e\u0027 rimasto esente da\ncensure da parte della  Corte  costituzionale.  Invero,  all\u0027indomani\ndell\u0027introduzione dell\u0027art. 72-bis codice di procedura penale  ci  si\nera interrogati circa la possibilita\u0027 di applicare  la  normativa  di\nnuovo conio non solo alle infermita\u0027 psichiche, ma anche a  forme  di\nincapacita\u0027 di stare in giudizio di tipo fisico. \n    La Cassazione, invero, con sentenza n.  14853/2021  emessa  dalla\nsesta sezione, aveva  escluso  la  possibilita\u0027  di  interpretare  la\nnormativa nel senso di ricomprendere anche quelle infermita\u0027 di  tipo\nfisico  che,  pur  non  consentendo  la  presenza  della  persona  al\nprocesso,  non  ledessero  la  sua  capacita\u0027  di   discernimento   o\nautodeterminazione al punto  da  compromettere  l\u0027esercizio  del  suo\ndiritto  di  difesa.  Tali  soggetti,   dunque,   rimanevano   eterni\ngiudicabili. \n    La questione e\u0027 stata nuovamente sottoposta all\u0027attenzione  della\nConsulta che, con sentenza n. 65 del 7  aprile  2023,  ha  dichiarato\nl\u0027art. 72-bis codice di procedura penale non conforme agli articoli 3\ne 24 Cost. nella parte in cui limitava la condizione  di  incapacita\u0027\nprocessuale  irreversibile  allo  stato  mentale  e  non   a   quello\npsicofisico del condannato. In particolare, la Corte ritenne  che  il\nriferimento esclusivo alla sfera psichica  dell\u0027imputato,  desumibile\ndall\u0027impiego dell\u0027aggettivo  «mentale»  nel  testo  dell\u0027art.  72-bis\nc.p.p., determinasse un\u0027irragionevole disparita\u0027 di  trattamento  tra\nl\u0027imputato, il quale non possa esercitare l\u0027autodifesa in modo  pieno\na causa di un\u0027infermita\u0027 mentale stricto sensu, e  quello  che  versi\nnella medesima impossibilita\u0027  per  un\u0027infermita\u0027  di  natura  mista,\nanche di origine fisica che comprometta le  facolta\u0027  di  «coscienza,\npensiero, percezione, espressione», necessarie per il pieno esercizio\ndel diritto di difesa nel processo. \n    L\u0027intervento manipolativo della Consulta, dunque,  oggi  consente\nal giudice di merito di dichiarare  non  luogo  a  provvedere  o  non\ndoversi procedere tutte le volte in cui, ad esito degli  accertamenti\ndisposti,  risulti  che  l\u0027imputato  versa   in   una   irreversibile\ncondizione di incapacita\u0027 di partecipare al processo. \n    Poste queste premesse di ordine costituzionale, il  Tribunale  di\nSorveglianza non puo\u0027 non chiedersi se possa considerarsi ragionevole\nl\u0027attuale quadro normativo, nella misura in cui non  prevede  che,  a\nfronte dell\u0027accertamento a carico del  condannato  di  uno  stato  di\nirreversibile incapacita\u0027 psicofisica,  il  giudice  possa  non  gia\u0027\ndifferire l\u0027esecuzione della pena,  con  continue  rivalutazioni,  ma\ndichiarare non luogo a provvedere sull\u0027esecuzione  della  stessa  per\nl\u0027impossibilita\u0027 di sottoporre ad esecuzione penale il condannato. \n    Cio\u0027 in quanto, l\u0027assetto normativo nella subjecta materia appare\ndel tutto analogo (nei suoi tratti essenziali) a  quello  su  cui  e\u0027\nintervenuta la Consulta nelle sentenze citate in terna  di  capacita\u0027\ndi stare in giudizio che  hanno  portato  alla  riformulazione  degli\narticoli 70-72-bis c.p., esponendosi, pertanto alle medesime  censure\nin punto di irragionevolezza intrinseca dell\u0027opzione normativa  (art.\n3 comma  2  Cost.)  che  non  valorizza  adeguatamente  l\u0027incapacita\u0027\nirreversibile del condannato di essere sottoposto a  pena;  cio\u0027  che\ndetermina, di riflesso, una serie di lesioni ad altrettanti  principi\ndi caratura costituzionale, quali  il  diritto  di  difesa  (art.  24\nCost.), il principio  di  emenda  (art.  27  comma  3  Cost.)  ed  il\nprincipio  di  ragionevole  durata  del  processo,  tanto  in  chiave\ncostituzionale, quanto in chiave  convenzionale  (art.  111  comma  2\nCost. e art. 117 Cost. in relazione all\u0027art. 6 CEDU). \n    Il dubbio di costituzionalita\u0027 che qui ci  si  pone,  in  massima\nparte fondato sulla stessa giurisprudenza costituzionale in  tema  di\nincapacita\u0027  processuale   irreversibile,   richiede   anzitutto   di\naffrontare un tema preliminare: se, ed in che termini,  sussista  una\nassimilabilita\u0027  delle  situazioni  sostanziali   tra   l\u0027incapacita\u0027\ndell\u0027imputato di essere sottoposto a  processo  e  l\u0027incapacita\u0027  del\ncondannato di essere sottoposto ad esecuzione penale. \n    A questo interrogativo,  il  Tribunale  di  Sorveglianza  ritiene\npossa darsi risposta affermativa, pur con le precisazioni del caso. \n    Un profilo di differenziazione tra le  due  posizioni  soggettive\npotrebbe, invero, essere rappresentato dal fatto che mentre nel  caso\ndell\u0027imputato non vi e\u0027 stato un accertamento sul  fatto  e,  dunque,\nuna attribuzione di responsabilita\u0027 dello stesso al soggetto incapace\ndi stare in giudizio, nell\u0027ipotesi al vaglio di questo  Tribunale  di\nSorveglianza tale accertamento sussiste e, dunque, potrebbe venire in\nrilievo il tema della indefettibilita\u0027 della pena, quale  fattispecie\npolimorfica e polifunzionale, in cui coesistono e convergono esigenze\nindividuali ed istanze collettive di certezza del diritto. \n    Tuttavia,  e\u0027  agevole  evidenziare  che   nell\u0027attuale   assetto\nnormativo,  laddove  la  persona  sia   giudicata   non   pericolosa,\nl\u0027esecuzione della sanzione e\u0027 in concreto differita  sine  die  fino\nall\u0027estinzione della pena per morte del reo; dunque,  il  tributo  ad\nastratte esigenze  retributive  o  di  sicurezza  lato  sensu  intesa\nassomiglia al proverbiale specchietto per le  allodole,  risolvendosi\nin un vezzo formale, sostanzialmente privo  di  reale  impatto  sulla\nrealta\u0027 esecutiva. \n    Tributo che, pero\u0027, il sistema nel  suo  complesso  paga  a  caro\nprezzo  sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  intrinseca   della\nnormativa (art. 3 comma 2 Cost.), oltre che di ragionevole durata del\nprocesso (art. 111 Cost. e 117 Cost. in relazione all\u0027art.  6  CEDU),\ndi  tutela  delle  esigenze  difensive   (art.   24   Cost.)   e   di\ncostituzionalita\u0027 della pena rispetto al principio di  emenda  ed  al\ndivieto di trattamenti contrari al senso di umanita\u0027 (art. 27 comma 3\nCost.). \n    Andando a vagliare quelli che il Collegio  ritiene  gli  evidenti\npunti di contatto tra le due situazioni  ritenute  assimilabili,  non\npuo\u0027 non osservarsi, anzitutto, come sia nel caso  dell\u0027imputato  che\ndel condannato quel che viene in rilievo e\u0027 una condizione  di  fatto\nidentica: l\u0027accertamento di una patologia irreversibile che impedisce\nla  partecipazione  dell\u0027interessato  ad  un   fatto   diacronico   e\nprocedimentalizzato, nell\u0027un caso volto  ad  accertare  le  eventuali\nresponsabilita\u0027 penali della persona e, nell\u0027altro, volto a stabilire\nquali  limitazioni  siano  adeguate  a  rieducare  la  persona  ed  a\nneutralizzare il pericolo che essa rappresenta per la collettivita\u0027. \n    In questo senso, vi e\u0027 un idemfactum alla  base  di  entrambe  le\nfattispecie. \n    Ma,  ancora,  risulta  innegabile   che   il   fatto-procedimento\nesecutivo richiede da parte del condannato (per citare  la  Consulta)\n«coscienza, pensiero, percezione ed espressione», si\u0027 da garantire la\ncomprensione del significato delle  limitazioni  imposte  e  il  loro\nportato afflittivo; e questo non gia\u0027 quale espressione di  una  mera\npretesa/potesta\u0027  esecutivo-retributiva  dello  Stato,  bensi\u0027   come\ngiusta  sofferenza  adeguata  e  necessaria,  tesa  a  stimolare  nel\ncondannato una riconsiderazione del proprio vissuto ed  orientare  la\npersona sottoposta a pena verso modelli  comportamentali  socialmente\naccettabili. \n    Se manca la capacita\u0027 di cosciente partecipazione del  condannato\nal procedimento esecutivo-trattamentale, questo Collegio ritiene  non\npossa riconoscersi un orizzonte costituzionale alla  mera  esecuzione\ndella pena quale freddo adempimento della  sentenza  di  condanna  in\nottica puramente autoritativa o retributiva. \n    La pena,  cosi\u0027  intesa,  diventerebbe  causa  di  limitazioni  e\nsofferenze inflitte a titolo di vendetta sociale sul singolo  per  il\nreato commesso, ovvero come  pretesa  di  obbedienza  ad  un  comando\nafflittivo fine  a  se\u0027  stesso;  in  quanto  tale,  inutile  per  il\ncondannato, ma anche per la societa\u0027 nel suo complesso. \n    Invero, le condizioni di incapacita\u0027 di essere sottoposto a  pena\nnon  sono  del  tutto  disconosciute  dal  legislatore,  ma   vengono\naffrontate con uno strumento, il differimento, strutturalmente teso a\nrinviare l\u0027esecuzione della pena, che se appare adeguato  rispetto  a\nfattispecie connotate dalla presenza di termini naturali o rispetto a\ncondizioni reversibili, mal si concilia con situazioni di incapacita\u0027\ncroniche, stabili ed irreversibili. \n    In  questi  casi,  infatti,  il  Tribunale  di  Sorveglianza   e\u0027\ncostretto a fissare termine e reiterare gli  accertamenti  sine  die,\nattendendo, in concreto, la morte del condannato per  dichiarare  non\nluogo a provvedere per estinzione della pena ai sensi  dell\u0027art.  171\nc.p. \n    Al differimento, inoltre, si  correla  anche  l\u0027interruzione  del\ndecorso della prescrizione  ai  sensi  dell\u0027art.  172  c.p.,  il  che\nconsentirebbe nel caso di specie di parlare (mutuando la terminologia\ndi cui supra) di eterni esecutabili quali soggetti condannati che non\npotranno mai essere sottoposti in concreto ad esecuzione, ma che  per\nl\u0027ordinamento risultano astrattamente passibili di futura  espiazione\ndella  pena,  trovando  solo  nella  morte  un  termine   alla   loro\ncondizione. \n    Il che, evidentemente, replica, nell\u0027ambito esecutivo quanto gia\u0027\ngiudicato irragionevole rispetto  al  processo  di  cognizione  nelle\nsentenze citate, con evidente lesione dell\u0027art. 3 comma 2 Cost. sotto\nil profilo della ragionevolezza intrinseca del dato normativo. \n    Ma la normativa, allo stato attuale,  risulta  non  garantire  lo\nstesso  diritto  di  difesa  del  condannato  nel   procedimento   di\nsorveglianza, ledendo parimenti l\u0027art. 24  Cost.  Invero,  alla  luce\ndelle profonde innovazioni che hanno interessato la materia,  in  cui\nla Corte costituzionale ha avuto un ruolo tutt\u0027altro che  secondario,\nnon e\u0027 possibile oggi disconoscere che dinnanzi alla magistratura  di\nsorveglianza si svolge non gia\u0027 un mero incidente esecutivo di natura\npara-amministrativa, bensi\u0027 un ulteriore tassello della giurisdizione\npenale: quello teso  a  valutare  con  quali  modalita\u0027  debba  darsi\nattuazione al comando punitivo insito nella  pronuncia  di  condanna,\nsecondo una  valutazione  di  proporzionalita\u0027  e  adeguatezza  delle\nlimitazioni  rispetto  alla  pericolosita\u0027  del  condannato  ed  alla\npossibilita\u0027 che questi esegua la pena in  forme  anche  extramurarie\nche favoriscano la sua reintegrazione nel tessuto sociale, in accordo\ncon il volto costituzionale  della  pena  tratteggiato  dall\u0027art.  27\ncomma 3 Cast. \n    Sebbene  la  disciplina  del  procedimento  di  sorveglianza  sia\nmodellata  sulla  Camera  di  consiglio,  con   mera   ed   eventuale\npartecipazione del condannato, e non sia formalmente un processo  nel\nsenso tradizionale del termine, dunque,  la  capacita\u0027  di  stare  in\ngiudizio innanzi alla magistratura di sorveglianza non  e\u0027  un  fatto\nneutro ai fini dell\u0027esercizio del diritto di difesa ed autodifesa nel\nmerito rispetto al tipo di valutazione  che  e\u0027  proprio  della  sede\ngiurisdizionale in esame; profilo  che  l\u0027attuale  assetto  normativo\ndisconosce del tutto e  la  cui  necessaria  valorizzazione  dovrebbe\ncondurre, nella prospettiva che qui si intende sostenere, a prevedere\nforme di definizione del procedimento  laddove  la  parte  non  possa\nparteciparvi  coscientemente,  si\u0027  come  previsto  nel  procedimento\nattinente il merito della responsabilita\u0027 penale. \n    Sotto altro profilo, la carenza normativa  riscontrata  determina\neffetti lesivi del principio  di  ragionevole  durata  del  processo,\nnella misura in cui alla definizione del procedimento di sorveglianza\nconclusosi con la concessione del  differimento  della  pena  non  fa\nseguito una cessazione del thema decidendum sostanziale, vale a  dire\nil quomodo e l\u0027an dell\u0027esecuzione, ma un mero rinvio dello stesso. \n    Invero, alla scadenza del  termine  indicato  nell\u0027ordinanza  del\nTribunale  di  Sorveglianza  si  possono   verificare   le   seguenti\nalternative:  o  la  parte  reitera  per  tempo  nuova   domanda   di\ndifferimento ai sensi dell\u0027art.  147  codice  penale  e  684  c.p.p.,\neventualmente anche in via provvisoria, consentendo  un  giudizio  di\nproroga-concessione di nuovo differimento che impedisce l\u0027avvio o  la\nripresa dell\u0027esecuzione della  pena;  ovvero  la  parte  omette,  per\nnegligenza, di presentare nuova domanda, con emissione da parte della\nProcura di ordine di esecuzione della pena differita,  potendo  anche\ndeterminare  l\u0027ingresso  in  carcere  del  condannato,   cui   fara\u0027,\nevidentemente, seguito nuova domanda di differimento. \n    In entrambi i casi, si instaurera\u0027 un nuovo giudizio in punto  di\ndifferimento della pena, che, a fronte di condizioni  di  incapacita\u0027\nirreversibile, non potra\u0027 che  concludersi  con  ulteriore  dilazione\ndell\u0027esecuzione  sino  a  nuovo  termine,  alla   cui   scadenza   si\nripresentera\u0027 la medesima situazione e cosi\u0027 via sino alla morte  del\ncondannato. \n    Tutto cio\u0027 con grande dispendio di energie  procedurali  e  costi\nper il sistema della giustizia, ma  anche  per  il  condannato  e  le\npersone a lui prossime, in particolare i familiari e coloro che hanno\ncura della sua persona. \n    Questi,  infatti,  saranno  costretti  ciclicamente  a  reiterare\ndomande di differimento della  pena,  sostenendo  anche  le  relative\nspese legali per la difesa tecnica  nei  vari  giudizi;  giudizi  che\nimporteranno per il sistema ulteriori spese per la celebrazione delle\nrelative udienze (notifiche, atti  istruttori,  partecipazione  degli\nesperti etc. etc.).  Tale  ipertrofia  procedurale  rispetto  ad  una\ncondizione di  irreversibile  incapacita\u0027  della  persona  di  essere\ncoscientemente  assoggettata  a  pena  appare  oltremodo  ridondante,\nesponendo sia il  sistema  che  la  parte  a  spese  processuali  non\ngiustificate  ne\u0027  giustificabili  a  fronte   di   un   accertamento\ndefinitivo che potrebbe porre  fine  in  modo  stabile  alla  vicenda\nprocedurale complessivamente intesa. Una macchina che, in definitiva,\ngirerebbe a vuoto. \n    Verrebbe, dunque, in rilievo, anche una possibile  lesione  degli\narticoli 111  comma  2  Cost.  e  117  Cost.,  quest\u0027ultimo  rispetto\nall\u0027art. 6 CEDU. \n    La Corte europea dei diritti  dell\u0027uomo,  infatti,  ha  da  tempo\nindicato come il diritto alla ragionevole durata del processo non  si\nesaurisce esclusivamente nel contesto dell\u0027attivita\u0027  processuale  in\nsenso stretto, ma  riguarda  tutti  i  procedimenti  giurisdizionali,\ninclusi quelli esecutivi, dovendo  considerarsi  l\u0027esecuzione  di  un\ngiudicato, di qualsiasi giurisdizione, come facente parte  integrante\ndella nozione di processo di cui all\u0027art. 6 (cfr. in particolare caso\nSY v. Italy 11791/2020, § 63). L\u0027ermeneutica in discussione e\u0027  stata\naffermata sin dal caso Burdov v. Russia (caso I nel 2000 e caso 2 nel\n2004) e ribadita nei casi Metaxas v Greece del 2002, con applicazioni\nsia in ambito civile che in ambito penale. In particolare, quanto  al\ndiritto  processuale  penale,  l\u0027arresto  ha  trovato   una   propria\nspecifica applicazione contro l\u0027Italia in tema di mancata  esecuzione\ndell\u0027ordine di rimessione in liberta\u0027 rispetto a misura di  sicurezza\ndi ricovero in o.p.g. da eseguirsi in R.E.M.S. (il citato caso SY  v.\nJtaly), avendo in quella sede la Corte ribadito che la fase esecutiva\ndi una pronuncia di condanna e\u0027 parte del processo ai sensi dell\u0027art.\n6 CEDU. \n    Le sentenze citate, dunque, paiono esprimere un  indirizzo  ormai\nconsolidato nel sistema convenzionale, idoneo ad assurgere, ai  sensi\ndella  sentenza  n.  49/2015  quale  parametro  di  costituzionalita\u0027\nvincolante per l\u0027interprete, quantomeno nella parte in cui indica  il\ngiudizio di esecuzione come rientrante nella nozione di  processo  di\ncui deve essere assicurata, tra le altre, la ragionevole durata. \n    Inoltre, laddove, si volessero anche coltivare le statuizioni  di\nprincipio   sull\u0027integrazione   dei    sistemi    costituzionale    e\nconvenzionale  espressi  nella  recentissima  sentenza  n.   33/2025,\nsecondo cui anche in assenza  di  specifiche:  pronunce  della  Corte\neuropea dei diritti dell\u0027uomo su un dato tema vi  e\u0027  spazio  per  la\nCorte costituzionale di offrire comunque tutela ai diritti  garantiti\ndalla   Convenzione,   in   quanto   questa,   seppur    con    rango\nsub-costituzionale, e\u0027 parte dell\u0027ordinamento costituzionale nel  suo\ncomplesso (si vedano in particolare i paragrafi da 7  in  avanti  del\nConsiderato in diritto di cui alla sentenza n. 33 del 2025), potrebbe\nagevolmente  la  Consulta  valutare  che  il  procedimento  esecutivo\npenale, nel suo cammino di giurisdizionali azione dipanatosi  secondo\nle tappe  marcate  dalla  stessa  giurisprudenza  costituzionale,  e\u0027\ncertamente un terreno in cui l\u0027esercizio dei  poteri  decisori  della\nmagistratura  di  sorveglianza  dovrebbe  rispondere  a  criteri   di\nragionevolezza temporale. \n    Una inutile  o  colpevole  dilazione  della  decisione,  infatti,\nlederebbe non solo il principio di emenda, il  diritto  all\u0027oblio  ed\naltri interessi meritevoli di tutela che si correlano  al  tempo  del\nprocesso, ma anche la legittima aspettativa dei cittadini  di  vedere\nla propria posizione rispetto all\u0027esecuzione di una  pena  o  di  una\nmisura di sicurezza definita entro termini congrui. \n    Nel caso in esame, la  lesione  si  produrrebbe  valorizzando  la\ninutilita\u0027 delle continue dilazioni dell\u0027esecuzione che, senza  alcun\nmotivo, protrarrebbero il giudizio sulla sottoponibilita\u0027 a  pena  di\nchi e\u0027 gia\u0027 certo non potra\u0027 mai esservi sottoposto. L\u0027art.  6  CEDU,\ndunque, sarebbe in cio\u0027 vulnerato, e, di rimando, lo  sarebbe  l\u0027art.\n117 Cost. Analoghe censure, d\u0027altro canto, si estenderebbero rispetto\nal parametro di cui all\u0027art. 111 comma 2 Cost. \n    Da ultimo,  l\u0027attuale  disciplina,  nel  richiedere  il  costante\nriesame di una condizione stabilmente accertata come irreversibile, a\ngiudizio del Collegio risulta ledere l\u0027art. 27 comma 3 Cost. e, nella\nmisura in cui frustra la tendenziale funzione rieducativa della  pena\ne di pone in termini disarmonici rispetto al divieto  di  trattamenti\ncontrari al senso di umanita\u0027. Il riferimento al parametro qui citato\nsi  rende,  a  parere  del   Collegio,   necessario   rispetto   alle\npeculiarita\u0027 della materia in esame. \n    Se nell\u0027ambito del processo volto ad accertare la responsabilita\u0027\ndella persona la Consulta ha ritenuto la disciplina delle incapacita\u0027\nprocessuali carente nella misura in cui non considerava adeguatamente\nla stabile impossibilita\u0027 di difendersi dell\u0027imputato, esponendolo in\nastratto ad un giudizio eternamente rinviato, traslando il  tema  sul\nterreno  dell\u0027esecuzione  penale  e  delle  specifiche  esigenze   di\ncaratura costituzionale che sorreggono questo ramo  dell\u0027ordinamento,\nla disciplina si pone come carente nella misura in  cui  finisce  per\nconsiderare in astratto come eternamente sottoponibile a pena chi non\ne\u0027 ne\u0027 sara\u0027 mai in grado di esservi sottoposto perche\u0027  incapace  di\npercepire la funzione della pena quale emenda. \n    A fronte delle censure  sin  qui  esposte,  il  Collegio  ritiene\ndebbano  valorizzarsi  le  acquisizioni  costituzionali  e  normative\nmaturate sul terreno  della  irreversibile  incapacita\u0027  processuale,\nindividuando nella norma di cui all\u0027art. 72-bis codice  di  procedura\npenale un tertium comparationis da intendersi non tanto o meglio  non\nsoltanto quale parametro  normativo  di  raffronto  per  valutare  la\nragionevolezza  della  disciplina  attualmente   in   esame,   quanto\npiuttosto come opzione normativa adeguata costituzionalmente con  cui\nil  legislatore  ha  dato  una  soluzione  idonea  a  risolvere   una\nsituazione analoga a quella al vaglio del Collegio. \n    Gia\u0027  in  altre  occasioni,  infatti,  la  Corte  costituzionale,\ndiscostandosi  dalla  teoria  delle  cosiddette  soluzioni   a   rime\nobbligate, ha  recentemente  adottato  pronunce  in  cui  sono  state\naccolte soluzioni di tipo  additivo  manipolativo  che,  pur  se  non\nobbligate, apparivano adatte a offrire una cornice di tutela adeguata\nrispetto ai vulnera costituzionali denunciati dai giudici rimettenti,\nevitando al  contempo  che  la  declaratoria  di  incostituzionalita\u0027\ncreasse vuoti di disciplina e precludesse, in astratto, un intervento\ndel legislatore che,  nell\u0027esercizio  della  sua  discrezionalita\u0027  e\ntenendo fermi i criteri costituzionali minimi  offerti  dalla  Corte,\ndesse una diversa riorganizzazione alla materia. \n    Si tratta di un\u0027ermeneutica costituzionale ormai consolidatasi ed\nespressa in diverse pronunce della Consulta: si vedano la Sentenza n.\n40 del 2019, punto 4.2. del Considerato in diritto; Sentenza  n.  236\ndel 2016, punto 4.4. del Considerato in diritto; Sentenza n. 222  del\n2018, punto 8.1. del Considerato in diritto; recentemente Sentenza 46\ndel 2024, punto 4 e seguenti del Considerato in diritto;  ex  multis,\nnello stesso senso, sentenze n. 95 del 2022, punto 5 del  Considerato\nin diritto, e n. 252 del 2020, punto 4.6. del Considerato in diritto.\nSebbene i precedenti citati hanno in massima parte  riguardato  norme\nrelative   a   giudizi   in    cui    era    oggetto    di    censura\nl\u0027adeguatezza-ragionevolezza del trattamento sanzionatorio, non  sono\nmancate pronunce che hanno  fatto  applicazione  della  teoria  delle\nsoluzioni costituzionalmente adeguate anche nell\u0027ambito della materia\ndella sorveglianza: si pensi alle sentenze n. 253/2019 e n.  10/2024,\nrispettivamente, in tema di accesso ai permessi premio per condannati\nper delitti di  cui  all\u0027art.  4-bis  comma 1,  O.P.  in  assenza  di\ncollaborazione  con  la  giustizia  ed  in  tema  di  a  affettivita\u0027\ninframuraria  e  divieto  di  colloqui  intimi,  ove  la   Corte   ha\nsostanzialmente   individuato   il   portato   minimo    di    tutela\ncostituzionalmente necessitato per rispondere alle censure mosse  dai\ngiudici a quo, lasciando  comunque  un  margine  di  discrezionalita\u0027\nall\u0027organo legislativo. \n    Facendo applicazione dei principi citati, questo Collegio ritiene\nche la soluzione costituzionalmente adeguata  per  porre  rimedio  ai\nprofili  di  incostituzionalita\u0027  sopra  esposti  sarebbe  quella  di\nstabilire nella subjecta materia una normativa modellata sul disposto\ndell\u0027art. 72-bis codice di procedura penale che, in caso di accertata\ned irreversibile incapacita\u0027 di sottoposizione ad  esecuzione  penale\ndel  condannato,  consenta  di  dichiarare  non  luogo  a  provvedere\nsull\u0027esecuzione della pena. \n    Un tale effetto potrebbe  essere  realizzato  mediante  pronuncia\nadditiva che dichiari l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale  dell\u0027art.  147\ncodice penale per violazione degli articoli 3 comma 2, 24,  27  comma\n3, 111 comma 2 Cost. e 117 Cost. in relazione all\u0027art. 6 CEDU,  nella\nparte in cui non  prevede  che  «Se,  a  seguito  degli  accertamenti\nesperiti, ove occorra anche mediante perizia, risulta  che  lo  stato\npsicofisico  del  condannato  e\u0027  tale  da  impedire   la   cosciente\nsottoposizione ali  \u0027esecuzione  della  pena  e  che  tale  stato  e\u0027\nirreversibile,  il  giudice  pronuncia  ordinanza  di  non  luogo   a\nprocedere o ordinanza di doversi procedere». \n    Si  e\u0027  espunto,  nella  formulazione  del   parametro   ritenuto\nadeguato, il riferimento all\u0027applicazione di misure di sicurezza, pur\npresente nell\u0027art. 72-bis codice di procedura  penale  posto  che  la\nnorma in esame consente il differimento della pena solo ad  esito  di\nun giudizio che escluda la pericolosita\u0027 sociale del condannato. \n    In questo senso, sarebbe ridondante il riferimento a  misure  che\nhanno  nella  attuale  pericolosita\u0027  sociale  il   loro   principale\npresupposto applicativo. \n    La questione di costituzionalita\u0027 cosi\u0027 posta  risulta  rilevante\nnel caso di specie,  oltre  che,  per  le  ragioni  su  esposte,  non\nmanifestamente infondata. \n    In punto di rilevanza, invero, deve osservarsi che la  condizione\ndi G e\u0027 quella di chi e\u0027  affetto  da  grave  infermita\u0027  psichica  e\nfisica e non puo\u0027 essere ritenuto, per ragioni oggettive  discendenti\ndalle  sue  patologie  e  dalla  incapacita\u0027  di  azione  che  queste\ndeterminano, socialmente pericoloso ai sensi dell\u0027art.  147  comma  3\nc.p., apparendo possibile escludere il  rischio  di  reiterazione  di\nreati. \n    Nei suoi  confronti,  dunque,  si  imporrebbe  una  decisione  in\ntermini di differimento, che pero\u0027 sarebbe del  tutto  arbitraria  in\npunto di quantum, apparendo evidente sin da ora che la sua condizione\nclinica e la relativa infermita\u0027 psicofisica sono irreversibili e non\npotranno che peggiorare con  l\u0027avanzare  dell\u0027eta\u0027,  determinando  un\nsusseguirsi di differimenti sino al suo trapasso. \n    Laddove venisse accolta la prospettazione di questo Tribunale  di\nSorveglianza, viceversa, il  giudizio  potrebbe  concludersi  con  un\nesito giuridicamente diverso da quello attualmente possibile:  invece\ndell\u0027apposizione di un termine di durata del  differimento,  infatti,\npotrebbe  statuirsi  definitivamente  sull\u0027esecuzione   della   pena,\nevitando la reiterazione di futuri giudizi. \n    Ne\u0027 la questione potrebbe essere risolta mediante accesso ad  una\ninterpretazione costituzionalmente orientata.  Invero,  sotto  questo\nprofilo, il dato non nativo risulta piuttosto chiaro nello  stabilire\nche la pronuncia del giudice si risolva in un mero differimento o  in\nuna sospensione dell\u0027esecuzione.  In  altri  termini,  la  legge  non\nattribuisce al giudice il potere di dichiarare una  volta  per  tutte\nl\u0027ineseguibilita\u0027 della pena tout court; effetto che si realizza solo\ncon il decesso della persona  a  seguito  di  piu\u0027  o  meno  numerosi\ndifferimenti. \n    Potrebbe, invero, immaginarsi che il Tribunale  di  Sorveglianza,\nproprio in ragione della mancata  indicazione  nell\u0027art.  147  codice\npenale di un termine  specifico  per  il  differimento,  disponga  un\nrinvio dell\u0027esecuzione sino alla morte del condannato, ovvero sino al\nperdurare delle condizioni di  incapacita\u0027.  Ma,  a  ben  vedere,  si\ntratterebbe di soluzioni pratiche che, invece di affrontare  il  tema\ned il problema nella sua effettiva realta\u0027 e alla luce di una lettura\ncostituzionale delle norme, realizzerebbero un effetto di sostanziale\naggiramento del dato di legge, stabilendo un  differimento  sine  die\nsostanzialmente idoneo a risolversi in  una  rinuncia  all\u0027esecuzione\nnormativamente non prevista, oltreche\u0027  di  difficile  compatibilita\u0027\ncon il quadro costituzionale  tratteggiato  supra.  Come  tali,  sono\nopzioni che questo Collegio stima non  praticabili  metodologicamente\ned assiologicamente non adeguate. \n    Quanto alla non manifesta infondatezza, ci si richiama in massima\nparte a quanto gia\u0027 indicato sopra. \n    Appare, tuttavia, opportuno svolgere alcune considerazioni  sulla\nadeguatezza della soluzione prospettata non soltanto con  riferimento\nalle esigenze di tutela del singolo rispetto  alla  pretesa  punitiva\ndello Stato, ma anche rispetto alla  rispondenza  della  stessa  alle\nesigenze di difesa della collettivita\u0027. \n    Potendo, invero, il differimento della pena essere concesso  solo\na fronte di un giudizio che  escluda  la  pericolosita\u0027  sociale  del\ncondannato, l\u0027eventuale accoglimento della questione non esporrebbe a\nmaggiori rischi il consorzio civile; i potenziali  destinatari  della\nnorma, infatti, rimarrebbero solo  coloro  che,  incapaci  di  essere\nsottoposti  a  pena,  non  rappresentano  piu\u0027  un  pericolo  per  la\nsocieta\u0027. \n    Ancora, si consideri che la rinuncia alla esecuzione  della  pena\nrimarrebbe ancorata all\u0027esperimento di  accertamenti  particolarmente\npregnanti in punto di attuale assenza della capacita\u0027  di  essere  la\npersona sottoposta a pena e di irreversibilita\u0027 di talestato, secondo\nle medesime opzioni normative assunte sul terreno della capacita\u0027  di\nstare in processo dagli articoli 70 e seguenti c.p.p. \n    Da ultimo,  preme  evidenziarsi  che  in  caso  di  eventuali  ed\nimprevedibili mutamenti  nella  condizione  della  persona  (che  non\ndovrebbero verificarsi, ma non possono non  essere  considerati  come\nevenienza, seppur remota) tali  da  far  riacquistare  al  condannato\ncapacita\u0027 di essere sottoposto ad esecuzione penale, sarebbe comunque\npossibile rivalutare la posizione  dell\u0027interessato.  Invero,  da  un\nlato le pronunce della magistratura di  sorveglianza  sono  rese  con\nordinanza e vige, in generale, un principio  di  revocabilita\u0027  delle\nstesse ove si accerti che la situazione di  fatto  sulla  base  della\nquale esse sono  state  emesse  risulta  difforme  o  sostanzialmente\nmutata;  dall\u0027altro,  a  fronte  di  una  pronuncia  di  non  doversi\nprocedere all\u0027esecuzione, che non attiene  al  merito  del  giudizio,\npotrebbe immaginarsi la riedizione di nuovo  giudizio,  eventualmente\nda promuoversi da parte della Procura  competente,  onde  sollecitare\nuna rivalutazione. Ma, e\u0027 bene indicarlo,  si  dovrebbe  trattare  di\ncasi  piu\u0027  che   eccezionali,   a   fronte   della   condizione   di\nirreversibilita\u0027 accertata. \n    In  presenza  di  profili  di  pericolosita\u0027   sociale,   invece,\nrimarrebbero valide  le  opzioni  costituzionalmente  indicate  dalla\nConsulta nella sentenza n. 99/2019, quali la  detenzione  domiciliare\numanitaria,  adeguata  a  contemperare   le   contrapposte   esigenze\nrilevanti nel caso concreto. \n    E\u0027 chiaro che, nella prospettiva sin qui sostenuta, una pena  che\nrisulti priva di qualsiasi possibilita\u0027 di proiezione rieducativa per\nincapacita\u0027  del  condannato  si  porrebbe  in  termini  problematici\nrispetto all\u0027art. 27 comma 3 Cost. anche laddove eseguita nelle forme\ndella  detenzione  domiciliare  nei  confronti  di  chi  sia,  pero\u0027,\npericoloso; ma un tale approfondimento della questione, oltre  a  non\nessere rilevante nel caso di specie, posto che si e\u0027 escluso  G.  sia\nsoggetto pericoloso, dovrebbe essere piu\u0027 adeguatamente oggetto di un\nintervento  legislativo  che  ripensi  il  rapporto  tra  incapacita\u0027\nirreversibile ed esecuzione della  pena  nelle  diverse  sfumature  e\ncombinazioni che possono presentarsi nella realta\u0027,  potendo  esservi\ndiverse soluzioni ipotizzabili per disciplinare la materia. \n    Ma, quantomeno rispetto a chi  sia  stato  giudicato  stabilmente\nincapace e non piu\u0027 socialmente  pericoloso,  come  G.  ,  e  che  si\nvedrebbe  comunque  non  sottoposto  a  pena,  non  paiono   emergere\nalternative costituzionalmente adeguate ulteriori rispetto  a  quella\nqui indicata e di cui si auspica l\u0027accoglimento. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei  termini  indicati,  questione  di  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. dell\u0027art. 147 codice penale per violazione degli articoli 3\ncomma 2, 24, 27 comma 3, 111 comma 2 Cost. e 117 Cost.  in  relazione\nall\u0027art. 6 CEDU, nella parte in cui non prevede che  «Se,  a  seguito\ndegli accertamenti esperiti,  ove  occorra  anche  mediante  perizia,\nrisulta che lo stato psicofisico del condannato e\u0027 tale  da  impedire\nla cosciente sottoposizione all\u0027esecuzione  della  pena  e  che  tale\nstato e\u0027 irreversibile, il giudice pronuncia ordinanza di non luogo a\nprocedere o ordinanza di doversi procedere.». \n    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale; \n    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano\nimmediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente\nordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al   pubblico\nministero, nonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei  ministri,  e  che\nsia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n      Cosi\u0027 deciso in Bologna, il 29 aprile 2025. \n \n                       Il Presidente: Vassallo \n \n \n                                     Il Magistrato estensore: Romano","elencoNorme":[{"id":"62775","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"147","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79421","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79422","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"24","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79423","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79424","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"111","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79425","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79426","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"6","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
  ]
]