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R.  contro  Universita\u0027\ndegli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» . \n \nUniversita\u0027 e istituzioni di alta cultura -  Professori  universitari\n  di ruolo - Sanzioni disciplinari - Sospensione dall\u0027ufficio e dallo\n  stipendio fino a un anno - Sanzione accessoria dell\u0027ineleggibilita\u0027\n  alle  cariche  di  rettore  di  Universita\u0027  o  di   direttore   di\n  Istituzione  universitaria  per   dieci   anni   -   Riconoscimento\n  all\u0027organo titolare del  potere  disciplinare  della  possibilita\u0027,\n  sulla base di una valutazione di proporzionalita\u0027, di non applicare\n  la sanzione o di graduarne la durata in base  alla  gravita\u0027  della\n  condotta e dei suoi effetti - Omessa previsione. \n- Regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (Approvazione del testo unico\n  delle leggi sull\u0027istruzione superiore),  art.  89,  secondo  comma,\n  secondo periodo. \n\n\r\n(GU n. 43 del 22-10-2025)\n\r\n \n        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA \n                           Sezione seconda \n \n    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale  1617  del  2024,  integrato  da  motivi  aggiunti,\nproposto da ... M. R.  R.,  rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati\nGiovanni Leone e Benedetta Leone, con domicilio digitale come da  PEC\nda Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni\nLeone in Napoli, viale Gramsci, 23; \n    Contro Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi  Vanvitelli»\ndi  Napoli,  rappresentata  e  difesa  dall\u0027Avvocatura   Distrettuale\nNapoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11; \n    Per l\u0027annullamento: \n        Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: \n          1)  della  delibera  del   Consiglio   di   amministrazione\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» n. ...\ndel ..., comunicata con nota del  rettore,  con  la  quale  e\u0027  stata\ncomminata alla ricorrente  la  sospensione  dalle  funzioni  e  dallo\nstipendio per mesi uno con decorrenza ..., la conseguenziale  perdita\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il periodo della sua durata, nonche\u0027  dalla\nnomina  «per  anni  solari  dieci,  alle  funzioni  di   rettore   di\nuniversita\u0027 o direttore di istituzione  universitaria  (Direttore  di\nDipartimento, Direttore di centro, presidente di scuola e similari)»; \n          2) degli atti (verbali) del  Collegio  di  disciplina  rese\nnelle sedute del ............... e, in particolare, del  parere  reso\ncon tale ultimo verbale che ha proposto l\u0027irrogazione della  sanzione\ndella sospensione in questione; \n          3) della  nota  del  Rettore  prot.  ...  in  data  ...  di\n«attivazione del Collegio di disciplina»; \n          4) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di  convocazione\ndel Collegio di disciplina; \n          5) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente; \n          6) nonche\u0027 di  tutti  gli  atti  anteriori,  preordinati  e\nconseguenziali. \n    Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da R. M. R. il 4\naprile 2024: \n        per l\u0027annullamento, previo rilascio di misure cautelari: \n          1)  della  delibera  del   Consiglio   di   amministrazione\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» n. ...\ndel ..., comunicata con nota del  Rettore,  con  la  quale  e\u0027  stata\ncomminata alla ricorrente  la  sospensione  dalle  funzioni  e  dallo\nstipendio per mesi uno con decorrenza ..., la conseguenziale  perdita\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il periodo della sua durata, nonche\u0027  dalla\nnomina  «per  anni  solari  dieci,  alle  funzioni  di   rettore   di\nuniversita\u0027 o ... direttore di istituzione  universitaria  (Direttore\ndi  Dipartimento,  Direttore  di  centro,  presidente  di  scuola   e\nsimilari)»; \n          2) degli atti (verbali) del  Collegio  di  disciplina  rese\nnelle sedute del ............... ed, in particolare, del parere  reso\ncon tale ultimo verbale che ha proposto l\u0027irrogazione della  sanzione\ndella sospensione in questione; \n          3) della  nota  del  Rettore  prot.  ...  in  data  ...  di\n«attivazione del Collegio di disciplina»; \n          4) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di  convocazione\ndel Collegio di disciplina; \n          5) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente; \n          6) nonche\u0027 di  tutti  gli  atti  anteriori,  preordinati  e\nconseguenziali. \n    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; \n    Visto l\u0027atto di costituzione in giudizio  dell\u0027Universita\u0027  degli\nstudi della Campania Luigi Vanvitelli Napoli; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  22  gennaio  2025  la\ndott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i difensori come\nspecificato nel verbale; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n                                Fatto \n \n    La ricorrente e\u0027 professoressa ordinaria di medicina interna  dal\n... presso il Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche  avanzate\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» e  dal\n... al ... e\u0027  stata  coordinatrice  e  direttrice  della  scuola  di\nspecializzazione in .... \n    Con il ricorso  in  trattazione  ha  impugnato  la  delibera  del\nConsiglio di amministrazione n. ... del ... con la quale le e\u0027  stata\nirrogata la sanzione disciplinare della  sospensione  dall\u0027ufficio  e\ndallo stipendio per mesi uno,  oltre  che  l\u0027esonero  dalle  funzioni\naccademiche e la perdita dell\u0027anzianita\u0027 per tutto il  periodo  della\nsua durata, a decorrere dal ..., ai sensi degli articoli nn. 87 e  89\ndel regio decreto n. 1592/1993, dell\u0027art. 36 dello statuto di  Ateneo\ne dell\u0027art. 10 della legge n. 240/2010. \n    L\u0027applicazione della suddetta sanzione ha  comportato,  ai  sensi\ndell\u0027art. 89, comma secondo, regio  decreto  n.  1592/1933  anche  la\npreclusione alla nomina a rettore di universita\u0027, o  a  direttore  di\nistituzione universitaria per dieci anni. \n    Il procedimento disciplinare e\u0027 stato avviato con nota  prot.  n.\n... dell\u0027... in seguito  alla  pubblicazione  sulla  pagina  facebook\ndell\u0027associazione di specializzandi denominata ..., di  un  messaggio\ndiffuso  dalla  ricorrente  sul  gruppo   WhatsApp   degli   studenti\nspecializzandi, con il quale la direttrice sollecitava i  membri  del\ngruppo alla compilazione  dei  questionari  CINECA  con  le  seguenti\nparole: «Cari...come sapete il questionario e\u0027 \"segreto\" ... ma non x\nme!!! Cortesemente siate benevoli...Grazie a tutti». \n    Il questionario al quale si  riferisce  il  messaggio  e\u0027  quello\nrelativo alla qualita\u0027 della formazione specialistica che annualmente\nil Consorzio interuniversitario CINECA sottopone agli studenti  delle\nscuole di  specializzazione  in  forma  anonima  per  la  valutazione\ndell\u0027offerta  formativa  e  che  rileva,   tra   l\u0027altro,   ai   fini\ndell\u0027assegnazione  alle  singole  scuole  di   specializzazione   del\ncontingente dei posti disponibili. \n    Il   collegio   di   disciplina   docenti-I   fascia,   all\u0027esito\ndell\u0027audizione della  ricorrente  e  del  delegato  dal  Rettore,  ha\nritenuto rilevante sotto il profilo disciplinare  la  condotta  della\nprof.ssa R. poiche\u0027 integrante la violazione degli articoli 3, 4 e 10\ndel Codice etico e di comportamento di Ateneo  di  cui  al  D.Rs.  n.\n406/2020 e ha irrogato la sanzione della sospensione  dall\u0027ufficio  e\ndallo  stipendio  per  un  mese,   che   ha   comportato,   altresi\u0027,\nl\u0027applicazione della  sanzione  accessoria  (dovuta  ex  lege)  della\nsospensione per dieci anni dagli incarichi direttivi. \n    Ritenendo illegittima la sanzione irrogata,  la  ricorrente  l\u0027ha\nimpugnata articolando i seguenti motivi: \n        A) con un primo gruppo di censure la ricorrente ha  impugnato\nil decreto del Rettore di avvio del procedimento  disciplinare  (nota\nprot. ... dell\u0027...), ritenuto affetto dai seguenti vizi: \n          1) violazione dell\u0027art. 10, commi 2 e  3,  della  legge  30\ndicembre 2010, n. 240, eccesso di potere per carenza di  istruttoria,\novvero istruttoria  apparente,  motivazione  carente,  illegittimita\u0027\nderivata. \n    Il Rettore avrebbe violato la normativa sopra  richiamata  avendo\nomesso di formulare una «motivata proposta» di sanzione  al  Collegio\ndi disciplina, essendosi limitato a riportare  i  fatti  e  le  norme\nviolate (il Codice etico e il D.I. n. 402/2017), senza esprimersi ne\u0027\nin merito alla loro rilevanza disciplinare, ne\u0027  sulla  misura  della\nsanzione da irrogare. \n    Vi sarebbe stata un\u0027inversione procedimentale, poiche\u0027 il Rettore\navrebbe  prima  convocato  il  Consiglio   di   disciplina   e   solo\nsuccessivamente  inviato  l\u0027atto   di   contestazione   dell\u0027illecito\ndisciplinare alla ricorrente. \n          2) stessi motivi di cui alla precedente censura, violazione\ndell\u0027art. 10, commi 2 e 3, della legge  30  dicembre  2010,  n.  240,\neccesso di potere per  carenza  di  istruttoria,  ovvero  istruttoria\napparente, motivazione carente, illegittimita\u0027 derivata. \n    L\u0027atto  di  avvio  del  procedimento  conterrebbe  un\u0027indicazione\ngenerica  delle  norme  ritenute   violate,   senza   una   specifica\ncorrelazione tra la condotta contestata e i doveri trasgrediti. \n    Sotto  altro  profilo  e\u0027  dedotto  il  vizio   di   difetto   di\nistruttoria, poiche\u0027 il Rettore si sarebbe limitato  a  riportare  il\n«messaggio» tratto dalla pagina facebook dell\u0027associazione di  medici\nspecializzandi, senza tener conto del tono «amichevole» dello  stesso\ne senza  acquisire  direttamente  presso  i  partecipanti  al  gruppo\nWhatsApp informazioni circa i dubbi e i  sospetti  che  il  messaggio\navrebbe insinuato. Non avrebbe, inoltre, verificato se effettivamente\nla ricorrente fosse in grado di conoscere l\u0027identita\u0027 dei compilatori\ndei singoli questionari, ne\u0027 se i medici  si  fossero  effettivamente\nconvinti della possibilita\u0027 per la stessa di violare l\u0027anonimato. \n    Sarebbe stato violato il principio di cui all\u0027art. 112, comma  5,\nlettera b), del T.U. n. 3/57, non risultando  che  i  presidenti  del\nconsiglio di disciplina e del consiglio di  amministrazione  avessero\nraccolto «i voti cominciando dal componente di qualifica meno elevata\nod a parita\u0027 di qualifica dal componente  meno  anziano  e  vota  per\nultimo». \n        B)  Con  un  secondo  gruppo  di  motivi,  la  ricorrente  ha\ncensurato il decreto del Rettore di contestazione degli addebiti,  il\nparere del Collegio di disciplina e  la  delibera  del  Consiglio  di\namministrazione (rispettivamente del ... e del ...) che  ha  proposto\n(il primo) ed elevato (il secondo) la  sanzione  disciplinare  di  un\nmese di sospensione e di preclusione della  nomina,  per  dieci  anni\naccademici,  alle  funzioni  di  Rettore,  direttore  di  istituzioni\nuniversitarie, e similari. \n          3) violazione degli articoli 87 e 89 del regio  decreto  31\nagosto 1993, n. 1592, violazione e falsa applicazione degli  articoli\n3,4,10 e 29 del Codice etico e di comportamento di Ateneo emanato con\ndecreto rettorale n. 406 del 10 giugno 2020, nonche\u0027  del  codice  di\ncomportamento dei  dipendenti  pubblici  approvato  dal  decreto  del\nPresidente della Repubblica 16 aprile 2013,  n.  62,  modificato  dal\ndecreto del Presidente  della  Repubblica  13  giugno  2023,  n.  81,\neccesso  di  potere  per  travisamento  dei  fatti,  per  motivazione\ncarente,  incongrua,  irragionevole  e  contradditoria,  carenza   di\nistruttoria, violazione dell\u0027art. 112 del testo unico n. 3 del 1957. \n    Alla ricorrente e\u0027 stata irrogata la sanzione  della  sospensione\ndal servizio per un mese per  aver  posto  in  essere  atti  ritenuti\nlesivi della «dignita\u0027 o l\u0027onore del professore». \n    Parte ricorrente afferma che non vi  sarebbe  corrispondenza  tra\nl\u0027atto di contestazione degli addebiti del Rettore ed il  parere  del\nCollegio di disciplina. \n    Vi  sarebbe  un\u0027intrinseca  contraddittorieta\u0027  nel  parere   del\nCollegio di disciplina laddove, da un lato afferma che  il  contenuto\ndel messaggio era «formulato con tono \"amichevole\"  e  dall\u0027altro  lo\nritiene \"interpretabile come tentativo di  coartare  la  liberta\u0027  di\nespressione degli specializzandi\"». La ricorrente afferma che nessuna\nminaccia avrebbe  potuto  essere  percepita  dagli  studenti  essendo\nnotorio che i questionari sono anonimi e gestiti a  livello  centrale\ndal CINECA. Inoltre i questionari CINECA non avrebbero portato  alcun\nvantaggio  personale  alla  ricorrente,  ma  solo  alla   scuola   di\nspecializzazione, alla quale avrebbero potuto  essere  attribuiti  un\nnumero maggiore di posti. \n    Non sarebbe neppure possibile affermare che la ricorrente si  sia\ncomportata in  modo  negligente  avendo  perfetta  conoscenza  che  i\nquestionari sono anonimi, mentre l\u0027intento perseguito era solo quello\ndi sollecitarne la redazione da parte degli studenti, che  spesso  in\npassato si erano sottratti a tale incombenza. \n          4) Eccesso di potere per mancata valutazione sugli  effetti\ndella  sanzione  della  sospensione  -  violazione  dei  principi  di\nragionevolezza,  gradualita\u0027  e  proporzionalita\u0027  -   illegittimita\u0027\nderivata. \n    La  sanzione   irrogata   non   rispetterebbe   i   principi   di\nragionevolezza,   gradualita\u0027   e   proporzionalita\u0027.   Il   Collegio\ndisciplinare,   che   pur   aveva   escluso   l\u0027intenzionalita\u0027   del\ncomportamento, rilevando  la  mancanza  di  precedenti  contestazioni\ndisciplinari e  le  costanti  valutazioni  positive  circa  l\u0027impegno\ndidattico, di ricerca e  gestionale  della  ricorrente,  non  avrebbe\nvalutato che una sanzione lieve rispetto al massimo della  previsione\nnormativa, avrebbe comportato anche l\u0027applicazione  automatica  della\nsanzione  accessoria  (ostativa  alla  eleggibilita\u0027   alle   cariche\nuniversitarie) di cui al comma 2 dell\u0027art. 89. \n    Si e\u0027 costituita l\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania  «Luigi\nVanvitelli» per chiedere il rigetto del ricorso. \n    Con ordinanza n. 965/2024 del 9 maggio 2024 la domanda  cautelare\ne\u0027 stata  accolta  «limitatamente  alla  previsione  del  divieto  di\neleggibilita\u0027, onde consentire alla ricorrente la partecipazione, con\nriserva, alle prossime elezioni per  la  designazione  del  Direttore\ndella scuola di specializzazione in geriatria,  essendo  le  relative\nvotazioni previste per i giorni ...». \n    Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 aprile 2024,\nla ricorrente, approfondendo le censure articolate nel quarto  motivo\ndel  ricorso  introduttivo,  ha  formulato  un  ulteriore  motivo  di\nricorso, censurando la sanzione accessoria del divieto  di  ricoprire\ncariche direttive per dieci anni, in quanto irrogata in  applicazione\ndell\u0027art. 89, comma 2, del regio decreto 31  agosto  1993,  n.  1592,\nnorma ritenuta incostituzionale, per  contrasto  con  i  principi  di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027. \n    Osserva parte ricorrente, sulla  scorta  dei  principi  affermati\ndalla Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del  28  marzo  2024,\nche la previsione del divieto di elettorato passivo  per  un  periodo\nprestabilito di dieci anni quale sanzione  accessoria  per  qualsiasi\nviolazione che abbia dato luogo  all\u0027irrogazione  di  ciascuna  delle\naltre  sanzioni  previste  dall\u0027art.  89  del  R.D.  si  porrebbe  in\ncontrasto con  l\u0027art.  3  della  Costituzione,  non  consentendo  una\ngraduazione della sanzione in  base  alla  effettiva  gravita\u0027  della\ncondotta  tenuta,  con  conseguente   illogicita\u0027   del   trattamento\nsanzionatorio  complessivo,  che  finirebbe  per  trattare  con  pari\nseverita\u0027 fattispecie di gravita\u0027 anche notevolmente  differenti.  Ha\nchiesto, dunque, sollevarsi questione di legittimita\u0027  costituzionale\ndella suddetta previsione. \n    All\u0027esito dell\u0027udienza pubblica del 22 gennaio 2025, la causa  e\u0027\nstata trattenuta in decisione. \n \n                               Diritto \n \n    1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta  l\u0027insufficiente\nmotivazione della proposta di sanzione formulata dal Rettore, essendo\ncostui venuto meno al suo dovere, sancito dall\u0027art. 10 della legge n.\n240 del 2010, di formulare al Collegio di  disciplina  «una  proposta\nmotivata» che dovrebbe riguardare sia la rilevanza  disciplinare  dei\nfatti contestati, sia il tipo e la misura della sanzione da irrogare. \n    Il motivo non e\u0027 fondato. L\u0027art. 10  sopra  citato  definisce  le\ncompetenze  degli  organi  che  sono   coinvolti   nel   procedimento\ndisciplinare, attribuendo al Rettore  il  potere  di  proposta  delle\nsanzioni piu\u0027 gravi della censura,  al  Collegio  di  disciplina,  il\ncompito di svolgere l\u0027istruttoria procedimentale e  di  esprimere  un\nparere   conclusivo   vincolante   e,   infine   al   Consiglio    di\namministrazione la competenza ad irrogare la sanzione o archiviare il\nprocedimento. \n    La norma ai commi  2,  3  e  4  cosi\u0027  recita:  «2.  L\u0027avvio  del\nprocedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni  fatto  che\npossa dar luogo all\u0027irrogazione di  una  sanzione  piu\u0027  grave  della\ncensura tra quelle previste dall\u0027art. 87 del testo unico delle  leggi\nsull\u0027istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933,  n.\n1592, entro trenta giorni dal momento  della  conoscenza  dei  fatti,\ntrasmette gli atti al collegio  di  disciplina,  formulando  motivata\nproposta. \n    3. Il collegio di disciplina, uditi  il  rettore  ovvero  un  suo\ndelegato, nonche\u0027 il professore o il ricercatore sottoposto ad azione\ndisciplinare, eventualmente assistito da  un  difensore  di  fiducia,\nentro trenta  giorni  esprime  parere  sulla  proposta  avanzata  dal\nrettore  sia  in  relazione  alla  rilevanza  dei  fatti  sul   piano\ndisciplinare sia in relazione al  tipo  di  sanzione  da  irrogare  e\ntrasmette gli atti al consiglio di amministrazione  per  l\u0027assunzione\ndelle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al  collegio\nresta disciplinato dalla normativa vigente. \n    4. Entro trenta giorni dalla ricezione del parere,  il  consiglio\ndi amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti,  infligge\nla  sanzione  ovvero  dispone   l\u0027archiviazione   del   procedimento,\nconformemente  al  parere  vincolante  espresso   dal   collegio   di\ndisciplina.». \n    Il Rettore, nella nota del ...  prot.  n.  ...  di  contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente  cosi\u0027  si  e\u0027  espresso:  «Risulta  a\nquesto  Ateneo,  come  da  nota  prot.  n.  ...  del  ...,  che   sui\nsocial-media dell\u0027associazione \"...\" in data ... sono state segnalate\ncondotte tenute dalla S.V., docente di I fascia in  regime  di  tempo\npieno  presso  il  Dipartimento  di  scienze  mediche  e  chirurgiche\navanzate,  nella  sua  qualita\u0027  di\u0027  direttore   della   scuola   di\nspecializzazione in ..., in violazione delle disposizioni del  Codice\netico e di comportamento di  Ateneo  di  cui  al  d.r.  n.  406/2020,\nnonche\u0027 delle procedure di cui al decreto  interministeriale  n.  402\ndel 2017. \n    Nello specifico la S.V. in qualita\u0027 di responsabile della  citata\nscuola di specializzazione, con  riferimento  alla  compilazione  dei\nquestionari per  il  monitoraggio  della  qualita\u0027  della  formazione\nspecialistica, ha trasmesso, a  tutti  gli  specializzandi,  mediante\nmessaggistica istantanea (whatsapp) la seguente comunicazione: \n        \"Cari...come sapete il questionario e\u0027 \u0027segreto\u0027... ..ma  non\nx me!!! Cortesemente siate \u0027benevoli\u0027...Grazie a tutti\". \n    Tale  condotta  comporta  la  violazione  delle  disposizioni  di\nseguito indicate: \n        Artt. 3, 4, 10 del citato Codice etico  di  comportamento  di\nAteneo di cui al d.r. n. 406/2020  sotto  riportati:  \"Gli  obbligati\nconformano la propria  condotta  ai  principi  di  buon  andamento  e\nimparzialita\u0027 dell\u0027azione amministrativa e svolgono i propri  compiti\nnel rispetto della legge,  perseguendo  l\u0027interesse  pubblico,  senza\nabusare della posizione o dei poteri di cui sono titolari. \n    Gli  obbligati  rispettano,  altresi\u0027,  i  principi  di  onesta\u0027,\nintegrita\u0027, correttezza, buona fede, imparzialita\u0027, proporzionalita\u0027,\nobiettivita\u0027, trasparenza,  equita\u0027,  ragionevolezza,  valorizzazione\ndel merito, professionalita\u0027, leale  collaborazione,  astenendosi  in\ncaso di conflitto di interessi. \n    Gli  obbligati  concorrono  al  perseguimento   delle   finalita\u0027\nistituzionali e degli obiettivi  strategici  dell\u0027ateneo  secondo  il\ngrado di responsabilita\u0027 previsto per le funzioni a loro attribuite. \n    Gli obbligati non usano a fini privati  le  informazioni  di  cui\ndispongono per ragioni di ufficio, evitano situazioni e comportamenti\nche possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o  nuocere\nagli interessi o all\u0027immagine dell\u0027Ateneo ... omissis ...\"(Art. 3). \n    \"Nessun componente dell\u0027Ateneo puo\u0027  utilizzare,  direttamente  o\nindirettamente, il proprio ruolo o ufficio  al  fine  di  determinare\ncomportamenti non coerenti con le funzioni  istituzionali  proprie  e\naltrui, quali definite da norme e disposizioni di  rango  legislativo\nregolamentare. \n    E\u0027 vietata qualsiasi forma di abuso  compiute  nei  confronti  di\npersone in condizione di  subordinazione  o  comunque  di  soggezione\npsicologica omissis ... l\u0027Ateneo vieta  qualsiasi  comportamento  che\npregiudichi il regolare e corretto andamento  dei  rapporti  umani  e\nprofessionali ... omissis .... \n    Il personale  tutto,  insieme  agli  studenti,  cura  e  rispetta\nl\u0027immagine dell\u0027Ateneo. \n    L\u0027Ateneo  vieta  qualsiasi  comportamento  che   pregiudichi   il\nregolare e corretto andamento dei  rapporti  umani  e  professionali\"\n(Art. 4). \n    \"Il rapporto tra docenti e studenti deve ispirarsi a principi  di\nintegrita\u0027,  fiducia,  collaborazione,   e   correttezza   reciproca,\nrispetto  della  persona,  pari  opportunita\u0027  e  assenza   di   ogni\ndiscriminazione, sia diretta che indiretta ... omissis\"(Art. 10). \n    Decreto interministeriale n. 402 del 2017  con  riferimento  alle\nprocedure di  accreditamento  che  si  basano  anche  sull\u0027esito  dei\nquestionari  somministrati   previsti   dall\u0027art.   6   \"Possesso   e\nmonitoraggio degli standard, dei requisiti e degli indicatori per  il\nmiglioramento continuo della qualita\u0027 della formazione  specialistica\nerogata\". Si richiama, infine, l\u0027art. 29  del  Codice  etico  che  al\ncomma 4 dispone \"la violazione delle  norme  contenute  nel  presente\nCodice, applicabili, al personale in regime di diritto  pubblico,  di\ncui all\u0027art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30  settembre  2001,\nn. 165 (docenti e ricercatori) e le relative sanzioni sono  valutate,\ncaso per caso, dal collegio di disciplina ai sensi dell\u0027art. 10 della\nlegge 30 dicembre 2010, n. 240, salvo diverse disposizioni\". \n    Si  contesta,  pertanto,   sul   piano   disciplinare,   che   il\ncomportamento risultante da tutto  quanto  su  riportato  costituisce\nviolazione degli articoli 3, 4 e 10 del Codice etico di Ateneo di cui\nal d.r. n. 406/2020 nonche\u0027 delle disposizioni  di  cui  al  D.I.  n.\n402/2017 e si concretizza in atti, in genere, che comunque ledono  la\ndignita\u0027 o l\u0027onore del professore ai sensi  dell\u0027art.  89,  comma  1,\nlettera d) del testo unico n. 1592 del 31 agosto 1933. \n    Il Collegio di disciplina di questo Ateneo, nominato con d.r.  n.\n1241/2021 rettificato con d.r. n. 936/2022,  ai  sensi  dell\u0027art.  10\ndella legge n. 240/2010 e dell\u0027art. 36 del vigente Statuto di  Ateneo\ne\u0027  competente  a  svolgere  la  fase  istruttoria  dei  procedimenti\ndisciplinari e ad esprimere parere conclusivo  in  merito  procedendo\nall\u0027accertamento delle violazioni contestate ed  alla  determinazione\ndelle sanzioni previste dall\u0027art. 87 in combinato disposto con l\u0027art.\n89 del Regio decreto n. 1592/1933. \n    Con riferimento al caso  di  specie  la  sanzione  relativa  alla\ncondotta contestata consiste nella sospensione dall\u0027ufficio  e  dallo\nstipendio fino ad un anno. \n    In  ogni  caso  il  Collegio  di   disciplina   ai   fini   della\ndeterminazione e quantificazione  della  sanzione  terra\u0027  conto  dei\ncriteri     di     gradualita\u0027     e     proporzionalita\u0027     nonche\u0027\ndell\u0027intenzionalita\u0027  del  comportamento,  grado  di   negligenza   e\nrilevanza  degli  obblighi  violati  nonche\u0027  della  sussistenza   di\ncircostanze aggravanti e attenuanti.». \n    In relazione al grado di sviluppo del procedimento,  la  proposta\ndel  Rettore  appare  sufficientemente  motivata  sia  riguardo  alla\nrilevanza disciplinare della condotta contestata, avendo  il  Rettore\nesplicitato  le  norme  che  compendiano  i   doveri   di   diligenza\nprofessionale  ritenuti  violati,  sia  la  sanzione  applicabile  in\nastratto in relazione al tipo di condotta. \n    La circostanza che non  abbia  proposto  anche  la  misura  della\nsanzione non costituisce  circostanza  sufficiente  ad  inficiare  la\nlegittimita\u0027 della sanzione stessa, atteso che, da  un  lato,  l\u0027art.\n10, comma 2, legge n. 240/2010 non prevede che il Rettore formuli una\nproposta  di  sanzione  che  ne  definisca  anche  l\u0027esatta   misura,\ndall\u0027altro, l\u0027irrogazione delle sanzioni  piu\u0027  gravi  della  censura\nsono di competenza del Consiglio  di  amministrazione,  che  provvede\nsulla base del parere vincolante del Collegio di disciplina. \n    Il Rettore non ha ne\u0027 competenze in materia di  istruttoria,  ne\u0027\nsulla valutazione in concreto dei fatti contestati, essendo  titolare\ndi un mero potere di proposta, la cui fondatezza in punto di fatto  e\ndi diritto, e\u0027 oggetto della successiva fase  istruttoria.  Pertanto,\ne\u0027  nella  fase  successiva  dell\u0027elaborazione  del  parere  e  della\nconclusione  del  procedimento,  di  competenza  rispettivamente  del\nCollegio di disciplina e del Consiglio di  amministrazione,  che  gli\noneri motivazionali  in  merito  alla  rilevanza  disciplinare  della\ncondotta ed alla sanzione applicabile in concreto si approfondiscono. \n    Tenuto conto delle  modalita\u0027  con  cui  l\u0027universita\u0027  ha  avuto\nnotizia  dei  fatti,  risulta  anche   sufficientemente   chiara   la\nmotivazione relativa all\u0027astratta  configurabilita\u0027  di  una  lesione\ndella dignita\u0027 e dell\u0027onore del professore, avendo la  notizia  avuto\nrisalto sui social media. \n    Non risulta, inoltre, alcuna  inversione  procedimentale,  atteso\nche la convocazione del Collegio  di  disciplina  e\u0027  avvenuta  nella\nmedesima data nella quale e\u0027 stata effettuata la contestazione  degli\naddebiti. \n    Ne discende l\u0027infondatezza di tutte  le  censure  articolate  nel\nprimo motivo. \n    2. Anche il secondo motivo e\u0027 infondato. \n    2.1. La contestazione che l\u0027universita\u0027 ha mosso alla  ricorrente\nrisiede nell\u0027aver inviato agli studenti un messaggio che,  nella  sua\nambiguita\u0027, avrebbe potuto essere interpretato come un  tentativo  di\ncoartazione  della  volonta\u0027  degli  specializzandi,  attraverso   la\nprospettazione della possibilita\u0027 da  parte  della  Direttrice  della\nscuola di conoscere l\u0027identita\u0027  degli  autori  dei  questionari  («I\nquestionari sono anonimi...ma non per me»). \n    Tale messaggio e\u0027  stato  ritenuto  «inadeguato  ed  equivoco»  e\ndunque  violativo  delle  regole  di  diligenza,  declinabili   negli\nobblighi di correttezza e fiducia nei confronti degli  studenti,  cui\ne\u0027 tenuto ogni docente in forza del Codice etico dell\u0027Ateneo. \n    Tali elementi emergevano in modo chiaro dalla contestazione degli\naddebiti inviata alla professoressa, nonostante l\u0027ampiezza del novero\ndelle  disposizioni  richiamate,  che,  tuttavia,  a   ben   guardare\ncontemplano null\u0027altro che le differenti declinazioni degli  obblighi\ndi diligenza e correttezza nei rapporti con gli studenti ai quali  e\u0027\ntenuto il personale docente. \n    Va rimarcato, in proposito, che, per costante giurisprudenza,  «I\nfatti addebitati devono essere individuati con sufficiente precisione\nin  modo  che  vi  sia  certezza  sulle  questioni   per   le   quali\nl\u0027interessato e\u0027 chiamato a difendersi. La mancata  precisazione  e/o\nomessa indicazione di uno o  di  piu\u0027  elementi  di  fatto  determina\nun\u0027insuperabile incertezza nell\u0027individuazione del fatto da cui  trae\norigine la contestazione, tale da pregiudicare il diritto  di  difesa\ndell\u0027incolpato. In particolare, in tema di sanzioni disciplinari,  la\ncontestazione dell\u0027addebito ha lo scopo di consentire  al  lavoratore\nincolpato l\u0027immediata difesa e deve, conseguentemente,  rivestire  il\ncarattere  della   specificita\u0027,   senza   l\u0027osservanza   di   schemi\nprestabiliti  e  rigidi,  purche\u0027  siano  fornite  al  lavoratore  le\nindicazioni 6 necessarie per individuare, nella sua materialita\u0027,  il\nfatto o i fatti addebitati.» (Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio  2021,\nn. 560). \n    La contestazione,  per  come  formulata,  soddisfa  i  canoni  di\nspecificita\u0027 richiesti dalla disciplina in materia, avendo consentito\nalla ricorrente di comprendere sia i fatti contestati, che  le  norme\ndi  diligenza  ritenute  violate,  cosi\u0027  da  metterla  in  grado  di\napprontare un\u0027approfondita difesa nel procedimento disciplinare. \n    L\u0027atto di contestazione individua anche la  sanzione  applicabile\nin astratto, rimettendo al Collegio di disciplina  la  determinazione\ndella sua  misura  concreta,  sulla  base  di  criteri  espressamente\nrichiamati  (gradualita\u0027,   proporzionalita\u0027,   intenzionalita\u0027   del\ncomportamento,  grado  di  negligenza  e  rilevanza  degli   obblighi\nviolati, sussistenza di circostanze aggravanti e attenuanti). \n    Il motivo, dunque, sotto tale profilo non e\u0027 fondato. \n    2.2. Neppure fondato e\u0027 l\u0027ulteriore profilo di  censura  relativo\nalla presunta carenza di istruttoria. \n    La contestazione  che  l\u0027universita\u0027  ha  mosso  alla  ricorrente\nrisiede nell\u0027aver inviato agli studenti un  messaggio  che  mirava  a\nsollecitare l\u0027espressione di giudizi  favorevoli  nella  compilazione\ndei  questionari  CINECA  («siate  benevoli»),  sui  quali  si  fonda\nl\u0027accreditamento della  scuola  di  specializzazione,  insinuando  il\ndubbio che i questionari fossero anonimi («i questionari sono anonimi\n... ma non per me»). \n    Tale messaggio e\u0027 stato ritenuto «inadeguato  ed  equivoco»,  sia\nperche\u0027 suscettibile di essere  interpretato  come  un  tentativo  di\ncoartare la liberta\u0027 di giudizio degli studenti, sia  perche\u0027  idoneo\nad  ingenerare  dubbi  sulla  corretta  gestione   del   sistema   di\nvalutazione  delle  scuole  di   specializzazione,   che   si   fonda\nsull\u0027anonimato dei questionari CINECA. \n    Nonostante la riconosciuta non intenzionalita\u0027 del comportamento,\ne\u0027, dunque, l\u0027ambiguita\u0027 del testo diffuso tra gli  specializzandi  a\ncostituire l\u0027oggetto della contestazione disciplinare, essendosi  con\nesso integrata la violazione delle regole di correttezza  che  devono\nimprontare i rapporti con gli  studenti,  nonche\u0027  l\u0027obbligo  di  non\ntenere comportamenti idonei ad arrecare pregiudizio alla  reputazione\ndell\u0027Ateneo. \n    Ai  fini  dell\u0027irrogazione  della  sanzione,  non  era,   dunque,\nnecessario verificare se effettivamente la ricorrente  avesse  potuto\naccedere all\u0027identita\u0027  degli  specializzandi  che  hanno  redatto  i\nquestionari, o se il  messaggio  avesse  effettivamente  indotto  gli\nstudenti a ritenere che i questionari non fossero anonimi, poiche\u0027  a\ndeterminare  il  vulnus  alle  regole  di  condotta  era  la   stessa\nambiguita\u0027 del testo diffuso. In altre parole,  non  e\u0027,  l\u0027effettiva\ncoazione della volonta\u0027 degli studenti ad essere  contestata,  quanto\nl\u0027opportunita\u0027 sul piano formale del testo diffuso. \n    Non risulta, dunque, fondato il vizio di eccesso  di  potere  per\ndifetto di istruttoria dedotto nel secondo motivo. \n    2.3. Neppure  risulta  provato  l\u0027ulteriore  profilo  di  censura\ncontenuto nel  secondo  motivo,  laddove  si  afferma  la  violazione\ndell\u0027art. 112, comma 5, lettera b), del T.U. n. 3  cit.  che  prevede\nche i voti siano raccolti «cominciando dal  componente  di  qualifica\nmeno elevata od a parita\u0027 di qualifica dal componente meno anziano  e\nvota per ultimo». L\u0027assenza di verbalizzazione di tale attivita\u0027  non\ncostituisce indice univoco della circostanza che tale regola non  sia\nstata seguita. \n    Per costante indirizzo giurisprudenziale, ove  non  sussista  una\nspecifica  previsione  di  legge  che  imponga   la   verbalizzazione\nanalitica di tutte le operazioni  svolte,  l\u0027omessa  indicazione  nel\nverbale riassuntivo dell\u0027espletamento di  una  determinata  attivita\u0027\nnon  costituisce  prova  inconfutabile  del  suo   non   espletamento\n(Consiglio di Stato sez. III, 13 marzo 2019, n. 1671). \n    3. E\u0027, altresi\u0027, infondato il primo profilo di censura  contenuto\nnel terzo motivo di ricorso, nel  quale  si  lamenta  un  difetto  di\ncorrispondenza tra la  contestazione  degli  addebiti  da  parte  del\nRettore e l\u0027atto irrogativo di sanzione. \n    3.1. Come si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di precisare con  riferimento  al\nsecondo motivo di  ricorso  (sovrapponibile  in  parte  a  quello  in\ntrattazione) la contestazione evidenziava in modo chiaro i profili di\ncontrasto della condotta con le  norme  richiamate,  avendo  l\u0027Ateneo\nritenuto violati gli obblighi di correttezza, imparzialita\u0027 e fiducia\nche devono improntare l\u0027operato dei  docenti  nei  rapporti  con  gli\nstudenti e con l\u0027Ateneo. \n    3.2. Infondati sono anche gli altri rilievi contenuti  nel  terzo\nmotivo, con i quali la ricorrente tenta  di  affermare  l\u0027assenza  di\nnegligenza nella condotta tenuta -  e,  dunque,  l\u0027insussistenza  del\ncontestato illecito disciplinare - poiche\u0027 un tale  addebito  sarebbe\nstato configurabile  solo  se  il  messaggio  avesse  dato  luogo  ad\nun\u0027interpretazione univoca, se i destinatari  non  fossero  stati  in\ngrado  di  sapere  che  gli   autori   delle   risposte   non   erano\nriconoscibili,  se  i  destinatari,  che  ignoravano  la   disciplina\ndell\u0027anonimato dei  questionari,  si  fossero  sentiti  negativamente\ncondizionati dal messaggio, tutte circostanze non comprovate. \n    Si tratta di argomentazioni che non persuadono. Il ruolo  che  la\nricorrente ricopriva le imponeva,  con  tutta  evidenza,  di  evitare\ncomportamenti che potessero essere male interpretati dagli studenti o\nda terzi e potessero esporre se stessa e l\u0027istituzione a critiche sia\nin relazione alla gestione dei rapporti con gli  studenti  che  delle\nprocedure di valutazione. \n    La condotta non diligente e, dunque, violativa  delle  regole  di\ncorrettezza,  imparzialita\u0027  e  fiducia   richiamate   nell\u0027atto   di\ncontestazione degli addebiti e\u0027 da ricondurre al tenore  ambiguo  del\nmessaggio, poiche\u0027 suscettibile di ingenerare dubbi sulla correttezza\ndell\u0027operato dell\u0027Ateneo. \n    Tanto prescinde  dallo  stato  soggettivo  di  buona  fede  della\ndirettrice, avendo ella, comunque, redatto  un  messaggio  dal  testo\noggettivamente suscettibile di fraintendimenti, di cui la stessa, per\nil ruolo che ricopriva, non poteva non percepire l\u0027inopportunita\u0027. \n    Ne deriva l\u0027infondatezza dei profili di censura  evidenziati  nel\nterzo motivo, non potendosi ravvisare alcuna  contraddittorieta\u0027  tra\nl\u0027affermato tono amichevole  del  messaggio  e  la  sua  formulazione\noggettivamente ambigua. Ne\u0027 rileva la conoscenza o conoscibilita\u0027  da\nparte degli  specializzandi  della  natura  anonima  dei  questionari\nCINECA. Altro e\u0027 considerare il meccanismo di  tutela  dell\u0027anonimato\nprevisto in linea astratta dalla normativa che regola un  determinato\nstrumento, altro e\u0027 il suo concreto funzionamento ed e\u0027 evidente  che\nl\u0027affermazione  da  parte  della  direttrice   della   scuola   della\npossibilita\u0027 di venire a conoscenza dell\u0027identita\u0027 dei redattori  dei\nsingoli questionari ben puo\u0027 essere percepita come veritiera da parte\ndegli studenti, i quali plausibilmente non hanno  diretta  conoscenza\ndell\u0027efficacia degli strumenti di tutela  dell\u0027anonimato  predisposti\ndall\u0027Ateneo.  L\u0027ambiguita\u0027  del  messaggio,  come  piu\u0027  volte   gia\u0027\nosservato, integra ex se la violazione degli obblighi di  correttezza\nche incombono al docente senza che possa  rilevare  un  principio  di\nfavor rei nell\u0027interpretazione del senso delle parole utilizzate. \n    4. Non e\u0027 fondato neppure il quarto motivo, nel quale si  censura\nil difetto di proporzionalita\u0027 della sanzione applicata per non avere\nil Collegio di disciplina  tenuto  conto  degli  effetti  complessivi\ndella stessa e, in particolare, della  circostanza  che  la  sanzione\ndella sospensione dal servizio, anche nella misura  minima,  irrogata\nper l\u0027invio di un messaggio dal tenore ambiguo,  avrebbe  comportato,\ncome  conseguenza  indefettibile,  il  divieto  di  assunzione  delle\ncariche di Rettore e di Direttore di  istituzioni  universitarie  per\ndieci anni. \n    Ritiene il Collegio che la sanzione della sospensione per un mese\ndal servizio irrogata alla ricorrente non sia  affetta  da  manifesta\nirragionevolezza o difetto  di  proporzionalita\u0027,  tenuto  conto  dei\nvincoli  normativi  previsti  per  l\u0027irrogazione  della  piu\u0027   tenue\nsanzione della censura. \n    Il regio decreto 31 agosto 1933, n.  1592  recante  «Approvazione\ndel testo unico delle leggi sull\u0027istruzione superiori», agli articoli\nda 87 a 89 detta la disciplina delle sanzioni disciplinari irrogabili\nnei confronti dei professori universitari di ruolo. \n    L\u0027art. 87 elenca le differenti tipologie di sanzioni  applicabili\nsecondo  un  criterio  di  gradualita\u0027   rispetto   alle   violazioni\naccertate: «Ai professori di ruolo possono essere  inflitte,  secondo\nla gravita\u0027 delle mancanze, le seguenti punizioni disciplinari: \n        1) la censura; \n        2) la sospensione dall\u0027ufficio e dallo stipendio ad un anno; \n        3) la revocazione; \n        4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o  ad\nassegni; \n        5) la destituzione con perdita del diritto a  pensione  o  ad\nassegni.». \n    L\u0027art. 88 detta  la  disciplina  della  sanzione  della  censura,\nprevedendo che «La  censura  e\u0027  una  dichiarazione  di  biasimo  per\nmancanze ai doveri d\u0027ufficio  o  per  irregolare  condotta,  che  non\ncostituiscano grave insubordinazione e che non siano tali  da  ledere\nla dignita\u0027 e l\u0027onore del professore.». \n    L\u0027art. 89 detta, invece, la disciplina delle sanzioni di maggiore\ngravita\u0027, prevedendo: «Le punizioni, di cui  ai  nn.  2,  3,  4  e  5\ndell\u0027art. 87, si applicano secondo i casi e le  circostanze,  per  le\nseguenti mancanze: \n        a) grave insubordinazione; \n        b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; \n        c) abituale irregolarita\u0027 di condotta; \n        d) atti in genere, che comunque ledano la dignita\u0027 o  l\u0027onore\ndel professore. \n    La punizione di cui al n.  2  importa,  oltre  la  perdita  degli\nemolumenti, l\u0027esonero dall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e\nda  quelle  ad  esse  connesse,  e  la  perdita  ad   ogni   effetto,\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il tempo della sua  durata.  Il  professore\nche sia incorso nella punizione medesima  non  puo\u0027  per  dieci  anni\nsolari  essere  nominato  rettore  di  universita\u0027  o  direttore   di\nistituzione universitaria.». \n    Dal combinato disposto degli art. 88 e 89, comma  1,  lettera  d)\nR.D. n. 1592/1933 emerge che  la  sanzione  della  censura  non  puo\u0027\nessere irrogata nel caso in cui la condotta sia tale  «da  ledere  la\ndignita\u0027 e l\u0027onore del  professore.».  Cio\u0027  emerge  sia  dal  tenore\nletterale dell\u0027art. 88,  che  esclude  l\u0027applicazione  della  censura\nanche in caso di mancanze ai doveri d\u0027ufficio o  irregolare  condotta\nche «siano tali da ledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del professore.», sia\ndall\u0027art. 89, che prevede l\u0027applicazione delle  sanzioni  piu\u0027  gravi\ndella censura, tra gli altri casi, ove siano stati  posti  in  essere\n«d) atti in genere, che comunque ledano la  dignita\u0027  o  l\u0027onore  del\nprofessore».  L\u0027utilizzo   dell\u0027avverbio   «comunque»,   posto   dopo\nl\u0027elencazione  delle  altre  tipologie  di  infrazioni  che   possono\ndeterminare l\u0027applicazione delle sanzioni di cui all\u0027art.  87,  rende\nmanifesto che, nel caso in cui la condotta  contestata  sia  ritenuta\nlesiva della «dignita\u0027» e dell\u0027«onore» del  professore,  la  sanzione\ndisciplinare  non  potra\u0027  essere  inferiore  alla  sospensione   dal\nservizio   per   un   mese,    indipendentemente    dalla    gravita\u0027\ndell\u0027inadempimento agli obblighi gravanti sul professore. \n    La condotta contestata alla ricorrente, seppur non intenzionale e\ncomunque di non rilevante gravita\u0027 sul piano della trasgressione agli\nobblighi indicati nel Codice etico, e\u0027 certamente idonea a ledere «la\ndignita\u0027 e l\u0027onore del professore», poiche\u0027 il suo tenore ambiguo  si\nprestava  ad  essere  interpretato,  -  come  poi  e\u0027  effettivamente\navvenuto con conseguente clamore mediatico - come volto ad esercitare\nuna forma di pressione sugli studenti nella redazione dei questionari\nCINECA,  peraltro,  attraverso  la  diffusione  di  una  notizia  (la\nnegazione dell\u0027anonimita\u0027  dei  questionari),  idonea  a  mettere  in\ndubbio  la  corretta  modalita\u0027  di  gestione  della   procedura   di\nvalutazione  che  deve  garantire  l\u0027anonimato  degli  studenti.   Il\nmessaggio, dunque, ha esposto prima  la  docente  e  poi  l\u0027Ateneo  a\ncritiche che sono state riportate anche dalla stampa. Appare, quindi,\ncorretta la valutazione operata dall\u0027Ateneo di non applicare la  piu\u0027\ntenue sanzione della censura, essendo la  condotta  della  ricorrente\nidonea  ad  arrecare  una  lesione  al  suo  prestigio  e  a   quello\ndell\u0027istituzione. \n    La sanzione della censura, dunque, non  poteva  essere  irrogata,\nostandovi il chiaro disposto dell\u0027art. 88 regio decreto n. 1592/1933. \n    Ne discende la non  palese  irragionevolezza  (sotto  il  profilo\ndella proporzionalita\u0027)  della  sanzione  principale  prevista  e  in\nconcreto applicata (sospensione dal servizio per un mese). \n    5. Tuttavia,  la  stessa  sanzione,  nonostante  sia  graduabile,\ncomporta a carico del  professore  che  ne  sia  destinatario,  quale\nconseguenza necessaria ed indipendente dalla gravita\u0027 e volontarieta\u0027\ndella condotta sanzionata, il divieto di elettorato  passivo  per  le\ncariche universitarie di vertice nella misura fissa di dieci anni, ai\nsensi di quanto previsto dall\u0027art. 98, comma secondo  («La  punizione\ndi cui al n. 2 importa, oltre la perdita degli emolumenti,  l\u0027esonero\ndall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e  da  quelle  ad  esse\nconnesse, e la perdita ad ogni effetto, dell\u0027anzianita\u0027 per tutto  il\ntempo della sua durata. Il professore che sia incorso nella punizione\nmedesima non puo\u0027 per dieci anni solari essere  nominato  rettore  di\nuniversita\u0027 o direttore di istituzione universitaria»). \n    In  adesione  alle  censure  formulate  nel  ricorso  per  motivi\naggiunti (con il quale la sanzione accessoria  e\u0027  fatta  oggetto  di\ncensura per difetto di  ragionevolezza  e  proporzionalita\u0027  derivata\ndall\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della norma  che  la  prevede)  il\nCollegio dubita  della  legittimita\u0027  costituzionale  della  suddetta\ndisposizione, nella parte in cui, prevedendo il divieto di elettorato\npassivo per cariche direttive universitarie in misura fissa per dieci\nanni quale conseguenza obbligatoria della sanzione  di  cui  all\u0027art.\n87, primo comma, n. 2  regio  decreto  n.  1592/1933,  anche  per  le\ncondotte non gravi che siano lesive della dignita\u0027 e  dell\u0027onore  del\nprofessore sembra porsi in contrasto con  i  principi  di  necessaria\nproporzionalita\u0027 del trattamento sanzionatorio rispetto  al  fatto  e\nalle sue conseguenze, e di congruita\u0027 della sanzione rispetto al fine\nperseguito e, dunque, con  il  principio  di  ragionevolezza  di  cui\nall\u0027art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli\n2, 4 e 35 della Costituzione. \n    5.1.   Sulla   rilevanza   della   questione   di    legittimita\u0027\ncostituzionale. \n    L\u0027infondatezza dei motivi  articolati  nel  ricorso  introduttivo\nproposti avverso il provvedimento  in  epigrafe,  con  cui  e\u0027  stata\nirrogata la sanzione della sospensione per un mese dal  servizio,  ai\nsensi di quanto previsto dall\u0027art. 87, n. 2, r.d. n. 1592/1933, rende\nrilevante la questione di legittimita\u0027 costituzionale  dell\u0027art.  89,\ncomma secondo, regio decreto n. 1592/1933 rispetto all\u0027art.  3  della\nCostituzione, che il  ricorrente  ha  chiesto  di  sollevare  con  il\nricorso per motivi aggiunti, per  dimostrare  l\u0027illegittimita\u0027  della\nsanzione accessoria irrogata per contrasto con i medesimi principi. \n    Tale   sanzione,   come   si   e\u0027   detto,   consegue   ex   lege\ndall\u0027applicazione della sanzione disciplinare della  sospensione  dal\nservizio, prevista dall\u0027art. 87, comma 1, n. 2,  R.D.  n.  1592/1933,\nsenza possibilita\u0027 per l\u0027organo titolare del potere sanzionatorio  di\nvalutare la concreta offensivita\u0027 della condotta e la graduazione del\ntrattamento sanzionatorio complessivo. \n    Con  il  ricorso  per  motivi  aggiunti  la  sanzione  accessoria\nirrogata  viene  censurata  per   difetto   di   proporzionalita\u0027   e\nragionevolezza quali vizi derivati dal contrasto della norma  che  la\nprevede con l\u0027art. 3 della Costituzione. \n    Ove l\u0027art. 89, comma secondo, regio decreto  n.  1592/1933  fosse\ndichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui  prevede\ncome obbligatoria e non graduabile la  sanzione  accessoria  da  esso\nprevista, ne deriverebbe l\u0027annullamento del  provvedimento  impugnato\nnella parte in cui stabilisce la preclusione  per  dieci  anni  della\nnomina alle funzioni di rettore di  universita\u0027  e  di  direttore  di\nistituzione universitaria, con  conseguente  restituzione  all\u0027organo\ntitolare  del  potere   disciplinare   della   valutazione   relativa\nall\u0027applicabilita\u0027  e/o  della  durata  della  sanzione   stessa   in\nrelazione alla gravita\u0027 del fatto. \n    5.2.  Sulla  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n    Il Collegio ritiene la questione non manifestamente infondata per\nle ragioni che di seguito di espongono. \n    5.2.1.  Il  regio  decreto  31  agosto  1933,  n.  1592   recante\n«Approvazione del testo unico delle leggi sull\u0027istruzione superiori»,\nagli  articoli  da  87  a  89  detta  la  disciplina  delle  sanzioni\ndisciplinari irrogabili nei confronti dei professori universitari  di\nruolo. \n    L\u0027art. 87 elenca le differenti tipologie di sanzioni applicabili,\ngraduate in ordine crescente  di  afflittivita\u0027:  «Ai  professori  di\nruolo possono essere inflitte, secondo la gravita\u0027 delle mancanze, le\nseguenti punizioni disciplinari: \n        1) la censura; \n        2) la sospensione dall\u0027ufficio e dallo stipendio ad un anno; \n        3) la revocazione; \n        4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o  ad\nassegni; \n        5) la destituzione con perdita del diritto a  pensione  o  ad\nassegni.». \n    L\u0027art. 88 disciplina la sanzione della  censura,  prevedendo  che\n«La censura e\u0027 una dichiarazione di biasimo per  mancanze  ai  doveri\nd\u0027ufficio o per irregolare  condotta,  che  non  costituiscano  grave\ninsubordinazione e che non siano tali da ledere la dignita\u0027 e l\u0027onore\ndel professore.». \n    L\u0027art. 89 detta, invece, la disciplina delle sanzioni di maggiore\ngravita\u0027, prevedendo che: «Le punizioni, di cui ai nn. 2, 3,  4  e  5\ndell\u0027art. 87, si applicano secondo i casi e le  circostanze,  per  le\nseguenti mancanze: \n        a) grave insubordinazione; \n        b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; \n        c) abituale irregolarita\u0027 di condotta; \n        d) atti in genere, che comunque ledano la dignita\u0027 o  l\u0027onore\ndel professore. \n    La punizione di cui al n.  2  importa,  oltre  la  perdita  degli\nemolumenti, l\u0027esonero dall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e\nda  quelle  ad  esse  connesse,  e  la  perdita  ad   ogni   effetto,\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il tempo della sua  durata.  Il  professore\nche sia incorso nella punizione medesima  non  puo\u0027  per  dieci  anni\nsolari  essere  nominato  rettore  di  universita\u0027  o  direttore   di\nistituzione universitaria.». \n    Come si  e\u0027  gia\u0027  evidenziato,  ove  con  una  propria  condotta\nviolativa  degli  obblighi  connessi  all\u0027esercizio   delle   proprie\nfunzioni, il professore abbia «comunque»  arrecato  pregiudizio  alla\npropria dignita\u0027 o onore, puo\u0027 incorrere - a seconda  della  gravita\u0027\ndella condotta e delle  sue  conseguenze  -  in  una  delle  sanzioni\npreviste dall\u0027art. 87,  nn.  2,  3,  4  e  5,  non  potendo,  invece,\nsoggiacere  alla  sanzione  della  censura,  ostandovi  il   disposto\ndell\u0027art. 88 regio decreto n. 1592/1933. \n    In ogni caso, ove sia irrogata la sanzione della sospensione  dal\nservizio fino a un anno,  al  professore  -  indipendentemente  dalla\ngravita\u0027 del comportamento tenuto e dalla  durata  della  sospensione\ndal servizio prevista - e\u0027 preclusa ex lege la nomina alle cariche di\nRettore e direttore di istituzioni universitarie per dieci anni. \n    Una siffatta sanzione si pone in potenziale conflitto  -  per  le\nragioni che si esporranno in seguito - con i principi  di  necessaria\nproporzionalita\u0027 della sanzione e congruita\u0027 della stessa rispetto al\nfine perseguito che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  ritenuti\napplicabili anche con riguardo alle sanzioni accessorie  correlate  a\nsanzioni disciplinari. \n    5.2.2. Il Collegio non ignora che la Corte di cassazione, Sezione\nlavoro, nella sentenza del 25 maggio 2012, n. 8304, ha dichiarato  la\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndella suddetta norma, affermando che la misura di  cui  all\u0027art.  87,\nsecondo comma, secondo periodo regio decreto n.  1592/1933,  non  sia\nassoggettata al principio di necessaria proporzionalita\u0027, trattandosi\ndi sanzione  accessoria  a  carattere  prevalentemente  «preventivo»,\nprevista al fine di  evitare  la  reiterazione  della  condotta  («La\ndurata della sanzione accessoria e\u0027 dunque predeterminata e  consegue\nalla semplice applicazione della sanzione principale,  a  prescindere\ndalla effettiva durata di questa secondo la specifica  determinazione\nadottata dall\u0027organismo disciplinare. Il meccanismo  non  puo\u0027  dirsi\natipico, nell\u0027ambito delle sanzioni accessorie temporanee,  la\u0027  dove\nla durata puo\u0027 essere fissata in modo particolare dalla legge  e,  in\nmancanza di tale previsione, puo\u0027 avere una durata  uguale  a  quella\ndella sanzione principale inflitta. La diversita\u0027  e  la  modulazione\ndelle  sanzioni  accessorie   rispondono,   infatti,   al   carattere\nessenzialmente  preventivo,  anziche\u0027  meramente  retributivo,  delle\nmedesime, la cui funzione e\u0027 quella di evitare la possibilita\u0027 che la\ngrave condotta - sanzionata in via principale - possa reiterarsi  con\nulteriore pregiudizio per il bene tutelato; e cio\u0027 spiega,  altresi\u0027,\nche alla predeterminazione della  durata  possa  accompagnarsi,  come\nnella specie, la obbligatorieta\u0027  della  sanzione  accessoria,  quale\neffetto automatico che accede alla sanzione  a  prescindere  da  ogni\npotere  discrezionale  in  ordine  alla  necessita\u0027,  o  meno,  della\nulteriore inflizione. \n    3-3-3 - Con queste premesse, si rivela  manifestamente  infondato\nil dubbio di illegittimita\u0027 costituzionale avanzato  dal  ricorrente,\npoiche\u0027 il criterio della proporzionalita\u0027 e\u0027 connesso a  sanzioni  a\ncarattere retributivo, in cui l\u0027entita\u0027 della sanzione non  puo\u0027  che\ndipendere  dalla  modalita\u0027  della  condotta   e   dalla   intensita\u0027\ndell\u0027elemento soggettivo, mentre le sanzioni a  carattere  preventivo\nsono riferite alla gravita  oggettiva  della  sanzione  principale  e\nconseguono semplicemente alla avvenuta inflizione, ben potendo essere\nrimessa al legislatore  la  scelta  di  prefissare  la  durata  della\nsanzione accessoria,  a  prescindere  dalla  entita\u0027  della  sanzione\nconcretamente inflitta in via principale, in ragione  della  distinta\nesigenza  di  prevenire  il  rischio  del  ripetersi  della  condotta\nsanzionata.»). \n    Tuttavia, il Collegio ritiene che la motivazione che  ha  indotto\nla  Suprema  Corte  a  dichiarare  la  manifesta  infondatezza  della\nsanzione non esaurisca le ragioni di contrasto della norma con l\u0027art.\n3,  in  combinato  disposto  con  gli  articoli  2,4   e   35   della\nCostituzione, anche alla  luce  della  giurisprudenza  costituzionale\nintervenuta  successivamente  alla  stregua  della  quale  anche   le\nsanzioni accessorie non aventi natura  esclusivamente  punitiva  sono\nassoggettate al vaglio di proporzionalita\u0027 e adeguatezza. \n    5.2.3. In effetti il sindacato di  proporzionalita\u0027  sulle  norme\nsanzionatorie e\u0027 stato ammesso in prima battuta con riferimento  alle\nsanzioni penali, riguardo alle  quali,  la  Corte  ha  affermato  che\n«l\u0027individualizzazione della pena - che si ottiene con  l\u0027indicazione\ndi una forbice edittale, che consenta al giudice di  determinarla  in\nbase alle  specificita\u0027  della  fattispecie  concreta  -  costituisca\n\"naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto  di\nordine   generale   (principio   d\u0027uguaglianza)   quanto    attinenti\ndirettamente alla materia penale\" (sentenza n. 50 del 1980).  In  via\ndi principio, percio\u0027, \"previsioni sanzionatorie rigide non  appaiono\nin linea con il \u0027volto costituzionale\u0027 del sistema  penale\",  potendo\nil dubbio di illegittimita\u0027 costituzionale essere  superato  solo  \"a\ncondizione che, per la  natura  dell\u0027illecito  sanzionato  e  per  la\nmisura della sanzione prevista, quest\u0027ultima  appaia  ragionevolmente\n\u0027proporzionata\u0027   rispetto   all\u0027intera   gamma   di    comportamenti\nriconducibili allo specifico tipo di reato\" (sentenze n. 222 del 2018\ne, nello stesso senso, n. 50 del 1980)». \n    La Corte ha, tuttavia, esteso  i  medesimi  principi  anche  alle\nsanzioni amministrative, anzitutto  a  quelle  c.d.  punitive  (ossia\nquelle previste quali reazioni alla commissione di un illecito), alle\nquali sono state ritenute estensibili talune delle garanzie  previste\nper gli illeciti penali (cfr. Corte costituzionale n. 223  del  2018,\nn. 68 del 2017, n. 276 del 2016, n. 104 del 2014 e n. 196 del 2010). \n     Successivamente la Corte ha ritenuto assoggettabili al sindacato\ndi proporzionalita\u0027  anche  le  sanzioni  amministrative  non  aventi\ncarattere punitivo e alle norme sanzionatorie in generale (cfr. Corte\ncostituzionale n. 112/2019: «non puo\u0027 dubitarsi che il  principio  di\nproporzionalita\u0027 della sanzione rispetto alla gravita\u0027  dell\u0027illecito\nsia applicabile anche alla generalita\u0027 delle sanzioni amministrative.\nCome  anticipato,  questa  Corte  ha  gia\u0027,  in  numerose  occasioni,\ninvocato tale principio - anche in relazione  a  misure  delle  quali\nveniva espressamente negata  la  natura  \"punitiva\"  (come  nel  caso\ndeciso dalla sentenza n. 22 del 2018) - a fondamento di dichiarazioni\ndi  illegittimita\u0027  costituzionale   di   automatismi   sanzionatori,\nritenuti non conformi al principio in questione proprio perche\u0027  esso\npostula \"l\u0027adeguatezza della sanzione al caso concreto\";  adeguatezza\nche  \"non  puo\u0027  essere  raggiunta  se  non  attraverso  la  concreta\nvalutazione  degli  specifici  comportamenti  messi  in  atto   nella\ncommissione dell\u0027illecito\" (sentenza n. 161 del  2018;  nello  stesso\nsenso, ex multis, sentenze n. 268 del 2016 e n. 170 del 2015). \n    8.2.3.  -  Il  principio  di  proporzionalita\u0027   della   sanzione\npossiede,   peraltro,   potenzialita\u0027   applicative   che    eccedono\nl\u0027orizzonte degli automatismi legislativi, come dimostra  proprio  la\ngiurisprudenza relativa alla materia penale appena  rammentata,  e  i\ncui principali approdi sono  estensibili  anche  alla  materia  delle\nsanzioni  amministrative,  rispetto  alla  quale  -  peraltro  -   il\nprincipio in parola non trae la propria base normativa dal  combinato\ndisposto degli articoli 3 e 27 della Costituzione, bensi\u0027 dall\u0027art. 3\ndella Costituzione in combinato disposto con le norme  costituzionali\nche tutelano i diritti di volta in volta incisi dalla sanzione.»). \n    E\u0027, dunque, per l\u0027intera materia sanzionatoria che  la  Corte  ha\naffermato in linea di  principio  la  contrarieta\u0027  delle  previsioni\nsanzionatorie rigide al principio di proporzionalita\u0027 (Corte Cost. n.\n40/2023: «le previsioni  sanzionatorie  rigide,  \"che  colpiscono  in\negual modo, e quindi equiparano, fatti in qualche misura  differenti,\ndebb[o]no rispondere al principio di ragionevolezza\" (sentenza n. 212\ndel 2019). Di qui l\u0027esigenza di verificare che la  sanzione  non  sia\nmanifestamente sproporzionata anche in relazione alle  condotte  meno\ngravi (sentenze n. 95 del 2022, n. 185 del 2021 e n. 112 del 2019)»). \n    Pertanto,  si  e\u0027  affermato   che   «Pure   \"per   le   sanzioni\namministrative  si  prospetta,  dunque,  l\u0027esigenza  che  non   venga\nmanifestamente meno un rapporto di congruita\u0027 tra la  sanzione  e  la\ngravita\u0027 dell\u0027illecito sanzionato\" (sentenza n. 185 del  2021).  Cio\u0027\ndiscende,  appunto,  dal  dovere  di  assicurare   l\u0027attuazione   del\nprincipio di proporzionalita\u0027, il quale, in questo  ambito,  trae  il\nproprio  fondamento  nell\u0027art.  3  della  Costituzione  in  combinato\ndisposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti di  volta\nin volta incisi dalla sanzione (sentenze n. 112 e n. 88 del 2019). \n    Laddove il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore \"si\nriveli  manifestamente  irragionevole  a  causa  della  sua  evidente\nsproporzione  rispetto  alla  gravita\u0027  del   fatto\",   dunque,   \"un\nintervento  correttivo  del  giudice  delle  leggi  e\u0027  possibile   a\ncondizione che il trattamento  sanzionatorio  medesimo  possa  essere\nsostituito  sulla  base  di  \u0027precisi  punti  di  riferimento,   gia\u0027\nrinvenibili nel sistema legislativo\u0027, intesi  quali  \u0027soluzioni  gia\u0027\nesistenti, idonee a eliminare o ridurre la manifesta irragionevolezza\nlamentata\u0027\" (sentenze n. 222 del 2018, n. 236 del 2016; nello  stesso\nsenso, sentenza n. 40 del 2019)» (ancora cosi\u0027  Corte  costituzionale\nn. 40/2023). \n    5.2.4. La tematica del sindacato  di  proporzionalita\u0027  e\u0027  stata\napprofondita, quanto alle sanzioni non punitive, anche  in  relazione\nalle finalita\u0027 extra-retributive  che  esse  tipicamente  perseguono.\nTali  sanzioni,  infatti,  mirano  anche  alla  tutela  di  specifici\nbeni-interessi, suscettibili di essere lesi dalla condotta  illecita.\nTale tutela viene perseguita  calibrando  la  risposta  punitiva  non\nsoltanto alla gravita\u0027 del fatto, ma alla finalita\u0027 preventiva  avuta\ndi   mira,   ad   esempio   attraverso   una   misura   sanzionatoria\nparticolarmente elevata,  in  funzione  dissuasiva,  ovvero  mediante\nl\u0027imposizione di sospensioni o divieti  di  esercizio  di  diritti  o\nliberta\u0027 volti a scongiurare l\u0027approfondimento della lesione arrecata\nall\u0027ordinamento con la condotta illecita. \n    Orbene,  anche   tale   tipologia   di   sanzioni,   secondo   la\ngiurisprudenza costituzionale piu\u0027 recente soggiace ad  un  sindacato\ndi  proporzionalita\u0027,   piu\u0027   spesso   declinato   in   termini   di\ncongruita\u0027/idoneita\u0027  della  risposta  sanzionatoria  rispetto   alla\nfinalita\u0027 extraretributiva e di non eccessiva gravosita\u0027 della stessa\nrispetto  all\u0027esercizio  di  diritti  e  liberta\u0027  costituzionalmente\ngarantite, talvolta  sulla  base  di  uno  schema  argomentativo  che\nricalca la c.d. struttura tri-fasica del giudizio di proporzionalita\u0027\ndi derivazione tedesca ed eurounitaria. \n    Con  la  sentenza   n.   170/2015,   la   Corte   ha   dichiarato\ncostituzionalmente   illegittima   la   sanzione    dell\u0027obbligatorio\ntrasferimento ad altra sede del magistrato che sia  stato  sanzionato\nper l\u0027ipotesi  di  cui  all\u0027art.  2,  comma  1,  lettera  a)  decreto\nlegislativo n. 109/2006 (ossia per comportamenti che «a) fatto  salvo\nquanto previsto dalle lettere b), c), g) e m) ..., violando i  doveri\ndi cui all\u0027art. 1, arrecano ingiusto danno o  indebito  vantaggio  ad\nuna delle parti»). \n    La Corte, ha ritenuto anche la suddetta  sanzione  -  alla  quale\nviene   espressamente   riconosciuta   natura   non    esclusivamente\nretributiva, essendo volta  anche  a  preservare  il  buon  andamento\ndell\u0027attivita\u0027  giurisdizionale  nella  sede  di   servizio   -   sia\nassoggettabile al vaglio di proporzionalita\u0027. \n    Ha  evidenziato,  infatti,  come,  secondo  il  proprio  costante\norientamento,  «il  \"principio  di  proporzione\",  fondamento   della\nrazionalita\u0027  che  domina  \"il  principio  di  eguaglianza\",  postuli\nl\u0027adeguatezza  della  sanzione  al  caso  concreto;   e   come   tale\nadeguatezza non possa essere raggiunta se non attraverso la  concreta\nvalutazione  degli  specifici  comportamenti  messi  in  atto   nella\ncommissione dell\u0027illecito, valutazione che soltanto  il  procedimento\ndisciplinare consente (sentenze n. 447 del 1995, n. 197 del 1993,  n.\n16 del 1991, n. 40 del 1990 e n. 971 del  1988).»  e  che,  pertanto,\n«Ferma, dunque,  restando  la  discrezionalita\u0027  del  legislatore  di\nprevedere l\u0027indefettibile adozione  di  sanzioni  accessorie,  quando\ncio\u0027 sia giustificato dalla peculiarita\u0027  della  situazione  fattuale\ngeneratrice dell\u0027illecito, nonche\u0027 dalla sussistente correlazione tra\ntale situazione e la gravita\u0027 della sanzione  (sentenza  n.  112  del\n2014), l\u0027ordinamento e\u0027 orientato verso la tendenziale esclusione  di\nprevisioni  sanzionatorie  rigide,  la  cui  applicazione   non   sia\nconseguenza di un riscontrato confacente rapporto di adeguatezza  col\ncaso concreto, e rispetto  alle  quali  l\u0027indispensabile  gradualita\u0027\napplicativa non sia oggetto di  specifica  valutazione  nel  naturale\ncontesto del procedimento giurisdizionale (ex plurimis, sentenze n. 7\ndel 2013, n. 31 del  2012  e  n.  363  del  1996)  ovvero  in  quello\ndisciplinare (ex plurimis, sentenze n. 329 del 2007, n. 212 e n.  195\ndel 1998, n. 363 del 1996).». \n    Anche in tale ipotesi la Corte costituzionale,  pur  riconoscendo\nla natura non esclusivamente retributiva della sanzione l\u0027ha ritenuta\ncontrastante con i principi  di  proporzionalita\u0027  e  adeguatezza  in\nquanto suscettibile di essere applicata obbligatoriamente  nonostante\nl\u0027assenza  di  una   connotazione   di   particolare   gravita\u0027   dei\ncomportamenti  contestati  (tenuto  conto  dell\u0027ampio   e   variegato\nventaglio di condotte sussumibili entro  il  paradigma  dell\u0027art.  2,\ncomma 1, lettera a), e  in  quanto  svincolata  da  un  controllo  di\ncongruita\u0027 della misura con il fine, ulteriore e diverso  rispetto  a\nquello repressivo dello  specifico  illecito  disciplinare,  da  essa\nperseguito. \n    La Corte, dunque, ha ritenuto che anche  le  sanzioni  accessorie\nnon  aventi  natura  esclusivamente   retributiva   soggiacciano   al\nprincipio di proporzionalita\u0027, con la precisazione che il  vaglio  di\nlegittimita\u0027 costituzionale sotto tale profilo dovra\u0027 riguardare  sia\nla gravita\u0027 della sanzione,  che  la  sua  congruita\u0027  rispetto  alla\nfinalita\u0027 ulteriore (rispetto a quella retributiva) perseguita. \n    5.2.5.  Tanto  premesso,  dalla   giurisprudenza   costituzionale\npronunciatasi  nella  materia   emergono   le   seguenti   coordinate\nermeneutiche. \n    Si e\u0027 affermato che le sanzioni (anche disciplinari) stabilite in\nmisura fissa si pongono in un rapporto di potenziale conflitto con  i\nprincipi di ragionevolezza e proporzionalita\u0027 rispetto alla  gravita\u0027\ndell\u0027illecito. \n    Pertanto esse sono da ritenersi in contrasto con l\u0027art.  3  della\nCostituzione, salvo che la sanzione non  risulti  non  manifestamente\nirragionevole rispetto all\u0027intera gamma delle condotte alle quali  la\nsanzione stessa e\u0027 destinata ad applicarsi. (cfr. sentenza n. 51  del\n2024, in cui la Corte ha  affermato:  «Quanto  alla  proporzionalita\u0027\ndella sanzione disciplinare, il requisito puo\u0027,  normalmente,  essere\nsoddisfatto  soltanto  da  una  valutazione  individualizzata   della\ngravita\u0027 dell\u0027illecito, alla quale  la  risposta  sanzionatoria  deve\nessere   calibrata   (su   questo   corollario   del   principio   di\nproporzionalita\u0027 rispetto a ogni tipologia di sanzione,  sentenza  n.\n112 del 2019, punto 8.1.4. del Considerato in diritto, nonche\u0027  -  in\nmateria penale - sentenza n. 197 del 2023, punti 5.2.1. e 5.5.1.  del\nConsiderato  in  diritto).  Le  sanzioni  fisse  sono,  per   contro,\ntendenzialmente in contrasto con questo principio, a meno che -  come\nquesta Corte ha ritenuto nel caso deciso con la sentenza n.  197  del\n2018 (punto 8 del  Considerato  in  diritto)  -  esse  risultino  non\nmanifestamente   sproporzionate   rispetto   all\u0027intera   gamma   dei\ncomportamenti riconducibili alla fattispecie  astratta  dell\u0027illecito\nsanzionato (ancora in materia penale, sentenze n. 195 del 2023, punto\n6.1. del Considerato in  diritto;  n.  94  del  2023,  punto  13  del\nConsiderato in diritto; n. 222 del 2018, punto 7.1.  del  Considerato\nin diritto; nonche\u0027, in materia di sanzioni amministrative,  sentenze\nn. 40 del 2023, punto 5.2. del Considerato in  diritto;  n.  266  del\n2022, punto 5.4.3. del Considerato in diritto; n. 185 del 2021, punto\n6 del Considerato in diritto). \n    Al di fuori di questa ipotesi, che presuppone un certo  grado  di\nomogeneita\u0027  della  fattispecie  astratta  sotto  il  profilo   della\ngravita\u0027  delle  condotte  a  essa   riconducibili,   il   corollario\ndell\u0027individualizzazione della sanzione esige una  gradualita\u0027  della\nrisposta,  affinche\u0027  essa  possa  risultare  adeguata  al   concreto\ndisvalore della condotta.»). \n    Con riguardo al rispetto del principio  di  ragionevolezza  e  di\nuguaglianza, nella  sentenza  n.  197/2018,  la  Corte  ha,  inoltre,\naffermato che esso  risulta  rispettato  laddove  la  fattispecie  di\nillecito meno grave tra quelle che  comportano  l\u0027applicazione  della\nsanzione, sia connotata da un grado di disvalore tale da rendere  non\nmanifestamente sproporzionata la comminatoria della sanzione  stessa,\nnonche\u0027  quando  possa  ritenersi  sussistente  un  certo  grado   di\nomogeneita\u0027 tra le fattispecie sanzionate («Essenziale e  sufficiente\na garantire il rispetto del principio  di  eguaglianza  e\u0027,  in  tali\nipotesi, che anche la fattispecie di illecito meno grave  tra  quelle\nche comportano l\u0027applicazione della  sanzione  massima  prevista  dai\ndiversi rami  dell\u0027ordinamento,  isolatamente  considerata,  sia  pur\nsempre connotata da un grado di disvalore tale da rendere  (sotto  il\nprofilo   \"intrinseco\")   non   manifestamente   sproporzionata    la\ncomminatoria della sanzione massima. A prescindere, dunque, dalla sua\neventuale minore gravita\u0027 rispetto alle altre fattispecie  accomunate\ndalla medesima sanzione massima. \n    Ove risulti, invece, impredicabile un simile giudizio  o  perche\u0027\nla  sanzione  risulta  manifestamente  sproporzionata  rispetto  alla\ngravita\u0027  della  condotta,  o   perche\u0027   le   condotte   sussumibili\nall\u0027interno della fattispecie sanzionatoria astratta sono eterogenee,\nla sanzione  e\u0027  stata  ritenuta  contrastante  con  l\u0027art.  3  della\nCostituzione poiche\u0027 non consente al giudice disciplinare di graduare\nla risposta sanzionatoria in relazione  alla  concreta  gravita\u0027  dei\nmolteplici casi di specie suscettibili  di  essere  ricondotti  sotto\nl\u0027astratta previsione normativa.»). \n    Nel caso analogo a quello oggetto del giudizio a quo (Corte cost.\nsentenza 23 giugno 2015, n. 170), nel quale la Corte si  e\u0027  occupata\ndella  legittimita\u0027  costituzionale  di   una   sanzione   accessoria\n(l\u0027obbligatorio trasferimento ad altra sede del  magistrato  che  sia\nstato sanzionato per l\u0027ipotesi di cui all\u0027art. 2, comma 1,  lett.  a)\ndecreto legislativo n. 109/2006 (ossia  l\u0027aver  tenuto  comportamenti\nche «violando  i  doveri  di  imparzialita\u0027,  correttezza,  diligenza\nlaboriosita\u0027 ed equilibrio  e  di  rispetto  per  la  dignita\u0027  della\npersona, arrechi ingiusto danno o indebito  vantaggio  ad  una  delle\nparti»), la questione e\u0027 stata dichiarata fondata, proprio perche\u0027 la\nsanzione del trasferimento d\u0027ufficio ad altra sede era prevista  come\nobbligatoria anche in caso di condotte non connotate  da  particolare\ngravita\u0027 e in assenza di ogni valutazione di congruita\u0027 della  misura\nrispetto al perseguimento della funzione ulteriore (rispetto a quella\nretributivo-disciplinare) da essa perseguito («evitare che,  data  la\ncondotta tenuta dal magistrato, la sua permanenza nella stessa sede o\nufficio   appaia    in    contrasto    con    il    buon    andamento\ndell\u0027amministrazione della giustizia.»). \n    La Corte, inoltre, in talune ipotesi ha  fatto  applicazione  del\nc.d. test di proporzionalita\u0027 di elaborazione tedesca ed eurounitaria\nper operare la propria valutazione. La giurisprudenza  costituzionale\nha  chiarito  che  «in  presenza  di  una  questione  concernente  il\nbilanciamento tra due diritti, il giudizio  di  ragionevolezza  sulle\nscelte legislative  si  avvale  del  test  di  proporzionalita\u0027,  che\nrichiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la  misura\ne le modalita\u0027 di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea  al\nconseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto,  tra\npiu\u0027  misure  appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei\ndiritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al\nperseguimento di detti obiettivi (ex plurimis, sentenze  n.  260  del\n2021, n. 20 del 2019 e n. 137  del  2018).»  (cosi\u0027  Corte  cost.  n.\n88/2023). \n    5.2.6. Compendiando i  parametri  ermeneutici  sopra  richiamati,\ndunque, il Collegio ritiene che la sanzione accessoria «automatica» e\n«fissa» possa  superare  il  vaglio  di  costituzionalita\u0027  sotto  il\nprofilo del rispetto del principio di necessaria proporzionalita\u0027  se\nrisultino soddisfatte le due seguenti condizioni: \n        se tutte le condotte alle  quali  la  misura  e\u0027  applicabile\nsiano connotate da un grado di disvalore minimo tale che la  sanzione\nnon possa ritenersi manifestamente  sproporzionata  per  ciascuna  di\nesse (il che implica che, ove le condotte siano graduabili in termini\ndi  gravita\u0027,  la   sanzione   deve   apparire   non   manifestamente\nsproporzionata in relazione alla condotta meno grave tra quelle  alle\nquali si applica); \n        se avuto riguardo a ciascuna delle  condotte  alle  quali  e\u0027\napplicabile, la misura risulti congrua rispetto al perseguimento  del\nfine ulteriore (e diverso da quello retributivo)  da  essa  avuto  di\nmira; \n        se la restrizione apportata con l\u0027applicazione della sanzione\nai diritti e alle liberta\u0027 protette dalla Costituzione risulti idonea\nal perseguimento del fine avuto di mira, necessaria a  tale  scopo  e\nnon  eccessivamente  restrittiva  del  diritto   o   della   liberta\u0027\ncompressa. \n    Nel caso della sanzione prevista  dall\u0027art.  89,  secondo  comma,\nsecondo periodo R.D. n. 1592/1933, nessuna delle suddette  condizioni\nappare soddisfatta e, pertanto, si configura  un  contrasto  di  tale\nprevisione con l\u0027art. 3 in combinato disposto con gli artt. 2, 4 e 35\ndella Costituzione, essendo il divieto di assumere cariche di vertice\nper dieci anni  sproporzionato  ed  eccessivamente  limitativo  delle\nprospettive di sviluppo professionale del professore  quantomeno  con\nriguardo alle condotte di non rilevante gravita\u0027 «comune  lesive  del\nprestigio e dell\u0027onore del professore». \n    5.2.7 Quanto  al  primo  profilo,  il  Collegio  osserva  che  le\ncondotte soggette alla sanzione della  sospensione  fino  a  un  anno\nprevista dall\u0027art. 87, primo comma, n. 2 regio decreto  n.  1592/1933\nsono di varia gravita\u0027 e natura e dunque tra loro non omogenee. \n    Le fattispecie di illecito alle quali  essa  e\u0027  applicabile  non\nsono predeterminate. \n    Fatto salvo quanto previsto  per  la  censura  dall\u0027art.  88,  il\nlegislatore  ha  rimesso   alla   discrezionalita\u0027   dell\u0027Ateneo   di\nindividuare, in base al principio  di  proporzionalita\u0027,  le  singole\ncondotte assoggettabili a ciascuna tipologia di  sanzione,  essendosi\nlimitato  a  definire  le  tipologie  di  sanzioni   applicabili   ai\nprofessori, graduate in base al loro grado di afflittivita\u0027. \n    Poiche\u0027 la sanzione della sospensione dal servizio fino a un anno\ne\u0027 la meno grave tra  le  sanzioni  diverse  dalla  censura,  da  una\nlettura sinottica degli articoli 87, 88 e 89 R.D. n. 1592/1922,  puo\u0027\naffermarsi che le condotte punibili con la  sospensione  sono  quelle\nmeno gravi rientranti nelle categorie elencate all\u0027art. 89 («a) grave\ninsubordinazione; b) abituale  mancanza  ai  doveri  di  ufficio;  c)\nabituale irregolarita\u0027 di condotta; d) atti in genere,  che  comunque\nledano la dignita\u0027 o l\u0027onore del professore.») per le quali  non  sia\napplicabile la censura.  Ai  sensi  dell\u0027art.  88  regio  decreto  n.\n1592/1933, la censura e\u0027 applicabile in caso  di  mere  «mancanze  ai\ndoveri d\u0027ufficio o per irregolare  condotta,  che  non  costituiscano\ngrave insubordinazione e che non siano tali da ledere la  dignita\u0027  e\nl\u0027onore del professore.». \n    La sanzione di cui all\u0027art. 87, primo comma,  n.  2,  quindi,  e\u0027\napplicabile ad un ampio ventaglio  di  fattispecie  di  illecito:  da\nmancanze gravi o abituali agli obblighi d\u0027ufficio ad  atti  che,  pur\nnon integrando una grave o abituale violazione dei suddetti obblighi,\nsiano  idonei  «comunque»  a  ledere  la  dignita\u0027  e   l\u0027onore   del\nprofessore. \n    Con specifico riguardo a tale ultima  ipotesi,  il  novero  delle\nfattispecie  rilevanti  puo\u0027  essere  molto  ampio  e  variegato.  La\nfattispecie di illecito costituita  dagli  «atti  comunque  idonei  a\nledere  la  dignita\u0027  e  l\u0027onore  del  professore»  utilizzando   una\ncategoria penalistica, puo\u0027 descriversi come «causalmente  orientata»\ned  e\u0027  suscettibile  di  comprendere  al  suo  interno   (attraverso\nl\u0027avverbio «comunque») anche condotte non intenzionali, o che, per le\ncircostanze del caso concreto (ad esempio, perche\u0027  contenuta  in  un\ncontesto circoscritto), possono ritenersi di lieve entita\u0027. \n    In un siffatto contesto, la previsione di una sanzione ad effetto\nautomatico e di una durata predeterminata  significativamente  lunga,\nappare manifestamente sproporzionata,  poiche\u0027,  anche  a  fronte  di\ncondotte non connotate da particolare gravita\u0027, o con effetti  lesivi\nnon rilevanti, preclude un significativo sviluppo della carriera  del\nprofessore per un notevole lasso di tempo senza  che  sia  possibile,\nper  l\u0027organo  titolare  del   potere   disciplinare,   valutare   la\nproporzionalita\u0027 del divieto, ovvero graduarlo nel tempo in base alla\ngravita\u0027 della condotta, e alla  lesione  concretamente  arrecata  al\nbene interesse che la sanzione stessa intende tutelare. \n    Emblematico e\u0027 il caso di specie, in cui la ricorrente ha  subito\nla sanzione disciplinare della sospensione dal servizio  (poiche\u0027  la\ncondotta e\u0027 stata ritenuta lesiva della  dignita\u0027  e  dell\u0027onore  del\nprofessore)  ma  nella  misura  minima  di  un   mese,   proprio   in\nconsiderazione   dell\u0027entita\u0027   del   fatto   e   della    sua    non\nintenzionalita\u0027, ma soggiace ex lege al divieto  per  dieci  anni  di\nassumere cariche di vertice, retrocedendo dal suo attuale status. \n    Non sembra potersi revocare in dubbio che il divieto di nomina  a\ncariche direttive per dieci anni, pur rispondendo anche ad una logica\nextra-disciplinare costituisca una misura particolarmente afflittiva,\nspecie nel caso in cui, in ragione dell\u0027eta\u0027 anagrafica raggiunta  al\nmomento dell\u0027irrogazione della sanzione, il professore abbia  davanti\na se\u0027 un periodo di servizio pari o inferiore a dieci  anni,  poiche\u0027\nin tal caso gli sarebbe definitivamente preclusa ogni prospettiva  di\naspirare  a  cariche  di  vertice.  L\u0027applicazione  della   sanzione,\ninoltre, puo\u0027 determinare finanche  un  arretramento  nello  sviluppo\ndella carriera,  per  quei  professori  che,  ricoprendo  al  momento\ndell\u0027irrogazione della sanzione, una delle cariche direttive  oggetto\ndi divieto, vedano necessariamente retrocedere il proprio status. \n    Da  cio\u0027  emerge,  pertanto,  in  violazione  dell\u0027art.  3  della\nCostituzione,  l\u0027ingiustificata  compressione  dell\u0027aspirazione   del\nprofessore allo sviluppo della propria carriera  la  quale,  pur  non\nformando oggetto di  un  diritto  immediatamente  riconosciuto  dalla\nCostituzione,  e\u0027  da  essa  tutelato  in  quanto  espressione  della\npersonalita\u0027   dell\u0027individuo   che   si    esplica    nell\u0027esercizio\ndell\u0027attivita\u0027 lavorativa,  nell\u0027ambito  della  quale,  alla  stregua\ndell\u0027art. 35 della Costituzione,  la  Repubblica  cura  «l\u0027elevazione\nprofessionale». La norma, dunque, risulta in contrasto con l\u0027art.  3,\nin combinato disposto con gli articoli 2, 4 e 35 della Costituzione. \n    5.2.8. La sanzione di  cui  all\u0027art.  89,  comma  secondo,  regio\ndecreto n. 1592/1933,  inoltre,  neppure  appare  proporzionata  (con\nriguardo alle  condotte  di  non  particolare  gravita\u0027  che  abbiano\n«comunque»  arrecato  una  lesione  alla  dignita\u0027  e  all\u0027onore  del\nprofessore) rispetto al «fine ulteriore» (rispetto a quello punitivo)\nche ad essa e\u0027 correlato e che puo\u0027 essere identificato nella  tutela\ndel buon andamento  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa,  suscettibile  di\nessere leso nel caso in cui cariche di  vertice  siano  ricoperte  da\nsoggetti che si siano resi inadempienti agli obblighi derivanti dalla\nfunzione svolta, nonche\u0027 del prestigio dell\u0027Ateneo,  suscettibile  di\nsubire pregiudizio nel caso in cui l\u0027Istituzione sia rappresentata ai\npropri vertici da professori destinatari di sanzioni  disciplinari  o\nche con i loro comportamenti abbiano arrecato nocumento alla  propria\nreputazione (la «dignita\u0027» e l\u0027«onore» del professore). \n    Il legislatore ha ritenuto che le condotte violative in forma non\nlieve degli obblighi concernenti l\u0027esercizio  delle  funzioni  ovvero\n«comunque» lesive della dignita\u0027 e dell\u0027onore del professore  possano\nperdere  la  propria  attitudine  pregiudicante  decorsi  dieci  anni\ndall\u0027irrogazione della sanzione a prescindere  dalla  gravita\u0027  della\ncondotta sanzionata. \n    Ha, dunque, riconosciuto al trascorrere del tempo  una  capacita\u0027\n«ripristinatoria» dell\u0027«affidabilita\u0027 professionale» e del  prestigio\ndel docente e dell\u0027Ateneo stesso. \n    Non ha,  tuttavia,  considerato  il  dato  di  comune  esperienza\nsecondo cui anche il lasso di tempo  necessario  alla  reintegrazione\n«dell\u0027affidabilita\u0027 professionale» e del «buon nome»  del  professore\n(e di riflesso dell\u0027Ateneo), a sua volta, puo\u0027 variare in  base  alla\nminore  o  maggiore  gravita\u0027  della  condotta,  nonche\u0027  del  vulnus\narrecato al bene giuridico tutelato. \n    Un fatto non grave o che abbia  suscitato  un  clamore  mediatico\nlimitato quanto a intensita\u0027 e contesto sara\u0027 suscettibile di  essere\npiu\u0027 rapidamente reintegrato per mezzo di condotte di segno opposto a\nquelle censurate e «dimenticato» in  un  tempo  certamente  inferiore\nrispetto a quello necessario a far cessare il clamore  per  un  fatto\ngrave che abbia assunto rilievo nazionale. \n    Il legislatore, invece, ha  previsto  il  divieto  di  elettorato\npassivo in misura fissa per dieci anni quale  conseguenza  necessaria\ndell\u0027irrogazione della sanzione della sospensione del servizio fino a\nun anno di cui all\u0027art. 87, primo comma,  n.  2  R.D.  n.  1592/1933,\nanche  per  condotte  non  connotate  da  rilevante  gravita\u0027  e  non\nsuscettibili di arrecare un rilevante pregiudizio  della  reputazione\ndel professore o dell\u0027Ateneo (sono sufficienti  atti  che  «comunque»\nledano il  prestigio  e  l\u0027onore  del  professore)  senza  consentire\nall\u0027organo  titolare  del   potere   disciplinare   una   valutazione\nimprontata al principio di proporzionalita\u0027. \n    Com\u0027e\u0027 noto il c.d. test di proporzionalita\u0027 impone una  triplice\nvalutazione:  «l\u0027idoneita\u0027»  della  sanzione  rispetto  al  fine   da\nperseguire, la «necessita\u0027» della restrizione  per  il  perseguimento\ndel fine stesso (da intendersi come verifica che la sanzione irrogata\ncostituisca  il  rimedio  meno  restrittivo  tra  quelli   idonei   a\nperseguire la finalita\u0027) e la proporzionalita\u0027 in senso stretto, ossi\nla non manifesta sproporzione del mezzo rispetto al fine. \n    La sanzione accessoria in questione, essendo  obbligatoria  e  in\nmisura  fissa,  non   consente   all\u0027organo   titolare   del   potere\ndisciplinare di valutare in relazione alla gravita\u0027  della  condotta,\nin special modo la «necessita\u0027» della misura per  il  ripristino  del\n«prestigio»  dell\u0027Istituzione,  ne\u0027  la   stretta   proporzionalita\u0027,\nimponendo un divieto di dieci anni di  assumere  cariche  di  vertice\nanche per condotte  che,  pur  presentando  un\u0027idoneita\u0027  lesiva  del\nprestigio del professore, non  necessiterebbero  di  un  tempo  cosi\u0027\nlungo per consentirne il ripristino. \n    5.2.9. Ne\u0027 puo\u0027  ritenersi  che  la  graduazione  della  sanzione\naccessoria possa essere effettuata nell\u0027ambito delle valutazioni  che\npresiedono all\u0027applicazione della  sanzione  principale  (sospensione\ndal servizio fino ad un anno di cui all\u0027art. 87, primo  comma,  n.  2\nregio decreto n. 1592/1933). Come si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di osservare,\nla  sanzione  disciplinare  «principale»  meno   grave   tra   quelle\napplicabili ai professori universitari e\u0027 costituita  dalla  censura,\nche, tuttavia puo\u0027 essere irrogata solo  se  le  condotte  contestate\n«non costituiscano grave  insubordinazione»  e  «non  siano  tali  da\nledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del professore».  Qualora  la  condotta,\ndunque, non sia grave, ma  sia  «comunque  lesiva  della  dignita\u0027  e\ndell\u0027onore  del  professore»  nessuna  sanzione  meno   grave   della\nsospensione dal servizio e\u0027 irrogabile, con la conseguente necessaria\napplicazione dell\u0027ulteriore misura di divieto di conseguire incarichi\ndi vertice per dieci anni. \n    6. In conclusione, sulla  scorta  delle  coordinate  ermeneutiche\nrinvenibili dalla giurisprudenza costituzionale sopra citata,  appare\nnon   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 89, secondo  comma,  secondo  periodo  regio\ndecreto n. 1592/1933 per contrasto con i principi di proporzionalita\u0027\ne ragionevolezza di cui all\u0027art. 3 della Costituzione, nella parte in\ncui fa  discendere  quale  conseguenza  necessaria  dell\u0027applicazione\ndella sanzione di cui all\u0027art. 87, primo comma, n. 2 regio decreto n.\n1592/1933, ove essa  venga  irrogata  in  relazione  a  condotte  che\nabbiano  compromesso  l\u0027onore   e   la   dignita\u0027   del   professore,\nl\u0027ineleggibilita\u0027 alle  cariche  di  Rettore  dell\u0027universita\u0027  o  di\ndirettore di istituzione universitaria per il periodo di  dieci  anni\nsenza attribuire all\u0027organo titolare del  potere  disciplinare  alcun\npotere  discrezionale  che  possa  consentire,  sulla  base  di   una\nvalutazione di proporzionalita\u0027, di non applicare la sanzione,  o  di\ngraduarne la durata in base alla gravita\u0027 della condotta e  dei  suoi\neffetti. \n    7. In conclusione: \n        i motivi da uno a quattro articolati nel ricorso introduttivo\nvanno dichiarati infondati; \n        per lo scrutinio del ricorso per motivi aggiunti il  processo\nva sospeso ai sensi e per gli effetti degli articoli 79 e 80 c.p.a. e\n295  del  codice  di  procedura   civile,   rimettendo   alla   Corte\ncostituzionale  la  questione  di  costituzionalita\u0027  dell\u0027art.   89,\nsecondo  comma,  secondo  periodo  regio  decreto  n.  1592/1933,  in\nriferimento all\u0027art. 3, in combinato disposto con gli articoli 2, 4 e\n35 della Costituzione. \n    45.  Ogni  ulteriore  statuizione  e\u0027  riservata  alla  decisione\ndefinitiva. \n\n \n                                P.Q.M. \n \n    Il Tribunale amministrativo  regionale  della  Campania  (Sezione\nseconda), non definitivamente pronunciando sul ricorso e  sui  motivi\naggiunti, come in epigrafe proposti: \n        respinge il ricorso introduttivo quanto ai motivi da  1  a  4\ndel ricorso introduttivo; \n        per la disamina  delle  censure  contenute  nel  ricorso  per\nmotivi aggiunti, visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo  1953,  n.  87,\ndichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi dell\u0027art.\n23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  la  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 89, secondo comma, secondo periodo  R.D.  n.\n1592/1933 per violazione dell\u0027art. 3, in combinato disposto  con  gli\narticoli  2,  4  e  35  della  Costituzione  nei  sensi  di  cui   in\nmotivazione; \n        sospende il presente giudizio ai sensi dell\u0027art. 79, comma  1\nc.p.a.; \n        dispone, a cura della  segreteria,  l\u0027immediata  trasmissione\ndegli atti alla Corte costituzionale; \n        rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle\nspese   di   lite,   all\u0027esito   del    giudizio    incidentale    di\ncostituzionalita\u0027. \n    Ordina che la presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della\nsegreteria, a tutte le parti  in  causa,  e  che  sia  comunicata  al\nPresidente del Senato della Repubblica, al  Presidente  della  Camera\ndei deputati e al Presidente del Consiglio dei ministri. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all\u0027art. 52, commi 1\ne 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli\n5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della  dignita\u0027\ndella  parte  interessata,  manda  alla   segreteria   di   procedere\nall\u0027oscuramento delle generalita\u0027 della parte ricorrente  e  di  ogni\ndato atto a identificarla. \n    Cosi\u0027 deciso in Napoli nelle camere di consiglio  dei  giorni  22\ngennaio 2025, 30 aprile 2025, con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Anna Pappalardo, Presidente; \n        Maria Barbara Cavallo, consigliere; \n        Mariagiovanna Amorizzo, Primo referendario, estensore; \n \n                      Il Presidente: Pappalardo \n \n \n                                                L\u0027estensore: Amorizzo","elencoNorme":[{"id":"63790","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"rd","denominaz_legge":"regio decreto","data_legge":"31/08/1933","data_nir":"1933-08-31","numero_legge":"1592","descrizionenesso":"","legge_articolo":"89","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"secondo periodo","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1933-08-31;1592~art89"}],"elencoParametri":[{"id":"80062","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"in combinato disposto con gli artt.","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80061","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"2","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80063","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"4","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80064","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"35","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54984","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Rizzo Maria Rosaria","data_costit_part":"03/11/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}"
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