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R. contro Universita\u0027\ndegli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» . \n \nUniversita\u0027 e istituzioni di alta cultura - Professori universitari\n di ruolo - Sanzioni disciplinari - Sospensione dall\u0027ufficio e dallo\n stipendio fino a un anno - Sanzione accessoria dell\u0027ineleggibilita\u0027\n alle cariche di rettore di Universita\u0027 o di direttore di\n Istituzione universitaria per dieci anni - Riconoscimento\n all\u0027organo titolare del potere disciplinare della possibilita\u0027,\n sulla base di una valutazione di proporzionalita\u0027, di non applicare\n la sanzione o di graduarne la durata in base alla gravita\u0027 della\n condotta e dei suoi effetti - Omessa previsione. \n- Regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (Approvazione del testo unico\n delle leggi sull\u0027istruzione superiore), art. 89, secondo comma,\n secondo periodo. \n\n\r\n(GU n. 43 del 22-10-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA \n Sezione seconda \n \n Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di\nregistro generale 1617 del 2024, integrato da motivi aggiunti,\nproposto da ... M. R. R., rappresentata e difesa dagli avvocati\nGiovanni Leone e Benedetta Leone, con domicilio digitale come da PEC\nda Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni\nLeone in Napoli, viale Gramsci, 23; \n Contro Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli»\ndi Napoli, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura Distrettuale\nNapoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11; \n Per l\u0027annullamento: \n Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: \n 1) della delibera del Consiglio di amministrazione\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» n. ...\ndel ..., comunicata con nota del rettore, con la quale e\u0027 stata\ncomminata alla ricorrente la sospensione dalle funzioni e dallo\nstipendio per mesi uno con decorrenza ..., la conseguenziale perdita\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il periodo della sua durata, nonche\u0027 dalla\nnomina «per anni solari dieci, alle funzioni di rettore di\nuniversita\u0027 o direttore di istituzione universitaria (Direttore di\nDipartimento, Direttore di centro, presidente di scuola e similari)»; \n 2) degli atti (verbali) del Collegio di disciplina rese\nnelle sedute del ............... e, in particolare, del parere reso\ncon tale ultimo verbale che ha proposto l\u0027irrogazione della sanzione\ndella sospensione in questione; \n 3) della nota del Rettore prot. ... in data ... di\n«attivazione del Collegio di disciplina»; \n 4) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di convocazione\ndel Collegio di disciplina; \n 5) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente; \n 6) nonche\u0027 di tutti gli atti anteriori, preordinati e\nconseguenziali. \n Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da R. M. R. il 4\naprile 2024: \n per l\u0027annullamento, previo rilascio di misure cautelari: \n 1) della delibera del Consiglio di amministrazione\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» n. ...\ndel ..., comunicata con nota del Rettore, con la quale e\u0027 stata\ncomminata alla ricorrente la sospensione dalle funzioni e dallo\nstipendio per mesi uno con decorrenza ..., la conseguenziale perdita\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il periodo della sua durata, nonche\u0027 dalla\nnomina «per anni solari dieci, alle funzioni di rettore di\nuniversita\u0027 o ... direttore di istituzione universitaria (Direttore\ndi Dipartimento, Direttore di centro, presidente di scuola e\nsimilari)»; \n 2) degli atti (verbali) del Collegio di disciplina rese\nnelle sedute del ............... ed, in particolare, del parere reso\ncon tale ultimo verbale che ha proposto l\u0027irrogazione della sanzione\ndella sospensione in questione; \n 3) della nota del Rettore prot. ... in data ... di\n«attivazione del Collegio di disciplina»; \n 4) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di convocazione\ndel Collegio di disciplina; \n 5) della nota rettorale prot. ... dell\u0027... di contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente; \n 6) nonche\u0027 di tutti gli atti anteriori, preordinati e\nconseguenziali. \n Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; \n Visto l\u0027atto di costituzione in giudizio dell\u0027Universita\u0027 degli\nstudi della Campania Luigi Vanvitelli Napoli; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2025 la\ndott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i difensori come\nspecificato nel verbale; \n Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n Fatto \n \n La ricorrente e\u0027 professoressa ordinaria di medicina interna dal\n... presso il Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche avanzate\ndell\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi Vanvitelli» e dal\n... al ... e\u0027 stata coordinatrice e direttrice della scuola di\nspecializzazione in .... \n Con il ricorso in trattazione ha impugnato la delibera del\nConsiglio di amministrazione n. ... del ... con la quale le e\u0027 stata\nirrogata la sanzione disciplinare della sospensione dall\u0027ufficio e\ndallo stipendio per mesi uno, oltre che l\u0027esonero dalle funzioni\naccademiche e la perdita dell\u0027anzianita\u0027 per tutto il periodo della\nsua durata, a decorrere dal ..., ai sensi degli articoli nn. 87 e 89\ndel regio decreto n. 1592/1993, dell\u0027art. 36 dello statuto di Ateneo\ne dell\u0027art. 10 della legge n. 240/2010. \n L\u0027applicazione della suddetta sanzione ha comportato, ai sensi\ndell\u0027art. 89, comma secondo, regio decreto n. 1592/1933 anche la\npreclusione alla nomina a rettore di universita\u0027, o a direttore di\nistituzione universitaria per dieci anni. \n Il procedimento disciplinare e\u0027 stato avviato con nota prot. n.\n... dell\u0027... in seguito alla pubblicazione sulla pagina facebook\ndell\u0027associazione di specializzandi denominata ..., di un messaggio\ndiffuso dalla ricorrente sul gruppo WhatsApp degli studenti\nspecializzandi, con il quale la direttrice sollecitava i membri del\ngruppo alla compilazione dei questionari CINECA con le seguenti\nparole: «Cari...come sapete il questionario e\u0027 \"segreto\" ... ma non x\nme!!! Cortesemente siate benevoli...Grazie a tutti». \n Il questionario al quale si riferisce il messaggio e\u0027 quello\nrelativo alla qualita\u0027 della formazione specialistica che annualmente\nil Consorzio interuniversitario CINECA sottopone agli studenti delle\nscuole di specializzazione in forma anonima per la valutazione\ndell\u0027offerta formativa e che rileva, tra l\u0027altro, ai fini\ndell\u0027assegnazione alle singole scuole di specializzazione del\ncontingente dei posti disponibili. \n Il collegio di disciplina docenti-I fascia, all\u0027esito\ndell\u0027audizione della ricorrente e del delegato dal Rettore, ha\nritenuto rilevante sotto il profilo disciplinare la condotta della\nprof.ssa R. poiche\u0027 integrante la violazione degli articoli 3, 4 e 10\ndel Codice etico e di comportamento di Ateneo di cui al D.Rs. n.\n406/2020 e ha irrogato la sanzione della sospensione dall\u0027ufficio e\ndallo stipendio per un mese, che ha comportato, altresi\u0027,\nl\u0027applicazione della sanzione accessoria (dovuta ex lege) della\nsospensione per dieci anni dagli incarichi direttivi. \n Ritenendo illegittima la sanzione irrogata, la ricorrente l\u0027ha\nimpugnata articolando i seguenti motivi: \n A) con un primo gruppo di censure la ricorrente ha impugnato\nil decreto del Rettore di avvio del procedimento disciplinare (nota\nprot. ... dell\u0027...), ritenuto affetto dai seguenti vizi: \n 1) violazione dell\u0027art. 10, commi 2 e 3, della legge 30\ndicembre 2010, n. 240, eccesso di potere per carenza di istruttoria,\novvero istruttoria apparente, motivazione carente, illegittimita\u0027\nderivata. \n Il Rettore avrebbe violato la normativa sopra richiamata avendo\nomesso di formulare una «motivata proposta» di sanzione al Collegio\ndi disciplina, essendosi limitato a riportare i fatti e le norme\nviolate (il Codice etico e il D.I. n. 402/2017), senza esprimersi ne\u0027\nin merito alla loro rilevanza disciplinare, ne\u0027 sulla misura della\nsanzione da irrogare. \n Vi sarebbe stata un\u0027inversione procedimentale, poiche\u0027 il Rettore\navrebbe prima convocato il Consiglio di disciplina e solo\nsuccessivamente inviato l\u0027atto di contestazione dell\u0027illecito\ndisciplinare alla ricorrente. \n 2) stessi motivi di cui alla precedente censura, violazione\ndell\u0027art. 10, commi 2 e 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240,\neccesso di potere per carenza di istruttoria, ovvero istruttoria\napparente, motivazione carente, illegittimita\u0027 derivata. \n L\u0027atto di avvio del procedimento conterrebbe un\u0027indicazione\ngenerica delle norme ritenute violate, senza una specifica\ncorrelazione tra la condotta contestata e i doveri trasgrediti. \n Sotto altro profilo e\u0027 dedotto il vizio di difetto di\nistruttoria, poiche\u0027 il Rettore si sarebbe limitato a riportare il\n«messaggio» tratto dalla pagina facebook dell\u0027associazione di medici\nspecializzandi, senza tener conto del tono «amichevole» dello stesso\ne senza acquisire direttamente presso i partecipanti al gruppo\nWhatsApp informazioni circa i dubbi e i sospetti che il messaggio\navrebbe insinuato. Non avrebbe, inoltre, verificato se effettivamente\nla ricorrente fosse in grado di conoscere l\u0027identita\u0027 dei compilatori\ndei singoli questionari, ne\u0027 se i medici si fossero effettivamente\nconvinti della possibilita\u0027 per la stessa di violare l\u0027anonimato. \n Sarebbe stato violato il principio di cui all\u0027art. 112, comma 5,\nlettera b), del T.U. n. 3/57, non risultando che i presidenti del\nconsiglio di disciplina e del consiglio di amministrazione avessero\nraccolto «i voti cominciando dal componente di qualifica meno elevata\nod a parita\u0027 di qualifica dal componente meno anziano e vota per\nultimo». \n B) Con un secondo gruppo di motivi, la ricorrente ha\ncensurato il decreto del Rettore di contestazione degli addebiti, il\nparere del Collegio di disciplina e la delibera del Consiglio di\namministrazione (rispettivamente del ... e del ...) che ha proposto\n(il primo) ed elevato (il secondo) la sanzione disciplinare di un\nmese di sospensione e di preclusione della nomina, per dieci anni\naccademici, alle funzioni di Rettore, direttore di istituzioni\nuniversitarie, e similari. \n 3) violazione degli articoli 87 e 89 del regio decreto 31\nagosto 1993, n. 1592, violazione e falsa applicazione degli articoli\n3,4,10 e 29 del Codice etico e di comportamento di Ateneo emanato con\ndecreto rettorale n. 406 del 10 giugno 2020, nonche\u0027 del codice di\ncomportamento dei dipendenti pubblici approvato dal decreto del\nPresidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, modificato dal\ndecreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2023, n. 81,\neccesso di potere per travisamento dei fatti, per motivazione\ncarente, incongrua, irragionevole e contradditoria, carenza di\nistruttoria, violazione dell\u0027art. 112 del testo unico n. 3 del 1957. \n Alla ricorrente e\u0027 stata irrogata la sanzione della sospensione\ndal servizio per un mese per aver posto in essere atti ritenuti\nlesivi della «dignita\u0027 o l\u0027onore del professore». \n Parte ricorrente afferma che non vi sarebbe corrispondenza tra\nl\u0027atto di contestazione degli addebiti del Rettore ed il parere del\nCollegio di disciplina. \n Vi sarebbe un\u0027intrinseca contraddittorieta\u0027 nel parere del\nCollegio di disciplina laddove, da un lato afferma che il contenuto\ndel messaggio era «formulato con tono \"amichevole\" e dall\u0027altro lo\nritiene \"interpretabile come tentativo di coartare la liberta\u0027 di\nespressione degli specializzandi\"». La ricorrente afferma che nessuna\nminaccia avrebbe potuto essere percepita dagli studenti essendo\nnotorio che i questionari sono anonimi e gestiti a livello centrale\ndal CINECA. Inoltre i questionari CINECA non avrebbero portato alcun\nvantaggio personale alla ricorrente, ma solo alla scuola di\nspecializzazione, alla quale avrebbero potuto essere attribuiti un\nnumero maggiore di posti. \n Non sarebbe neppure possibile affermare che la ricorrente si sia\ncomportata in modo negligente avendo perfetta conoscenza che i\nquestionari sono anonimi, mentre l\u0027intento perseguito era solo quello\ndi sollecitarne la redazione da parte degli studenti, che spesso in\npassato si erano sottratti a tale incombenza. \n 4) Eccesso di potere per mancata valutazione sugli effetti\ndella sanzione della sospensione - violazione dei principi di\nragionevolezza, gradualita\u0027 e proporzionalita\u0027 - illegittimita\u0027\nderivata. \n La sanzione irrogata non rispetterebbe i principi di\nragionevolezza, gradualita\u0027 e proporzionalita\u0027. Il Collegio\ndisciplinare, che pur aveva escluso l\u0027intenzionalita\u0027 del\ncomportamento, rilevando la mancanza di precedenti contestazioni\ndisciplinari e le costanti valutazioni positive circa l\u0027impegno\ndidattico, di ricerca e gestionale della ricorrente, non avrebbe\nvalutato che una sanzione lieve rispetto al massimo della previsione\nnormativa, avrebbe comportato anche l\u0027applicazione automatica della\nsanzione accessoria (ostativa alla eleggibilita\u0027 alle cariche\nuniversitarie) di cui al comma 2 dell\u0027art. 89. \n Si e\u0027 costituita l\u0027Universita\u0027 degli studi della Campania «Luigi\nVanvitelli» per chiedere il rigetto del ricorso. \n Con ordinanza n. 965/2024 del 9 maggio 2024 la domanda cautelare\ne\u0027 stata accolta «limitatamente alla previsione del divieto di\neleggibilita\u0027, onde consentire alla ricorrente la partecipazione, con\nriserva, alle prossime elezioni per la designazione del Direttore\ndella scuola di specializzazione in geriatria, essendo le relative\nvotazioni previste per i giorni ...». \n Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 4 aprile 2024,\nla ricorrente, approfondendo le censure articolate nel quarto motivo\ndel ricorso introduttivo, ha formulato un ulteriore motivo di\nricorso, censurando la sanzione accessoria del divieto di ricoprire\ncariche direttive per dieci anni, in quanto irrogata in applicazione\ndell\u0027art. 89, comma 2, del regio decreto 31 agosto 1993, n. 1592,\nnorma ritenuta incostituzionale, per contrasto con i principi di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027. \n Osserva parte ricorrente, sulla scorta dei principi affermati\ndalla Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del 28 marzo 2024,\nche la previsione del divieto di elettorato passivo per un periodo\nprestabilito di dieci anni quale sanzione accessoria per qualsiasi\nviolazione che abbia dato luogo all\u0027irrogazione di ciascuna delle\naltre sanzioni previste dall\u0027art. 89 del R.D. si porrebbe in\ncontrasto con l\u0027art. 3 della Costituzione, non consentendo una\ngraduazione della sanzione in base alla effettiva gravita\u0027 della\ncondotta tenuta, con conseguente illogicita\u0027 del trattamento\nsanzionatorio complessivo, che finirebbe per trattare con pari\nseverita\u0027 fattispecie di gravita\u0027 anche notevolmente differenti. Ha\nchiesto, dunque, sollevarsi questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndella suddetta previsione. \n All\u0027esito dell\u0027udienza pubblica del 22 gennaio 2025, la causa e\u0027\nstata trattenuta in decisione. \n \n Diritto \n \n 1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta l\u0027insufficiente\nmotivazione della proposta di sanzione formulata dal Rettore, essendo\ncostui venuto meno al suo dovere, sancito dall\u0027art. 10 della legge n.\n240 del 2010, di formulare al Collegio di disciplina «una proposta\nmotivata» che dovrebbe riguardare sia la rilevanza disciplinare dei\nfatti contestati, sia il tipo e la misura della sanzione da irrogare. \n Il motivo non e\u0027 fondato. L\u0027art. 10 sopra citato definisce le\ncompetenze degli organi che sono coinvolti nel procedimento\ndisciplinare, attribuendo al Rettore il potere di proposta delle\nsanzioni piu\u0027 gravi della censura, al Collegio di disciplina, il\ncompito di svolgere l\u0027istruttoria procedimentale e di esprimere un\nparere conclusivo vincolante e, infine al Consiglio di\namministrazione la competenza ad irrogare la sanzione o archiviare il\nprocedimento. \n La norma ai commi 2, 3 e 4 cosi\u0027 recita: «2. L\u0027avvio del\nprocedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che\npossa dar luogo all\u0027irrogazione di una sanzione piu\u0027 grave della\ncensura tra quelle previste dall\u0027art. 87 del testo unico delle leggi\nsull\u0027istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n.\n1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti,\ntrasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata\nproposta. \n 3. Il collegio di disciplina, uditi il rettore ovvero un suo\ndelegato, nonche\u0027 il professore o il ricercatore sottoposto ad azione\ndisciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia,\nentro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal\nrettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano\ndisciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare e\ntrasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l\u0027assunzione\ndelle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio\nresta disciplinato dalla normativa vigente. \n 4. Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio\ndi amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge\nla sanzione ovvero dispone l\u0027archiviazione del procedimento,\nconformemente al parere vincolante espresso dal collegio di\ndisciplina.». \n Il Rettore, nella nota del ... prot. n. ... di contestazione\ndegli addebiti alla ricorrente cosi\u0027 si e\u0027 espresso: «Risulta a\nquesto Ateneo, come da nota prot. n. ... del ..., che sui\nsocial-media dell\u0027associazione \"...\" in data ... sono state segnalate\ncondotte tenute dalla S.V., docente di I fascia in regime di tempo\npieno presso il Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche\navanzate, nella sua qualita\u0027 di\u0027 direttore della scuola di\nspecializzazione in ..., in violazione delle disposizioni del Codice\netico e di comportamento di Ateneo di cui al d.r. n. 406/2020,\nnonche\u0027 delle procedure di cui al decreto interministeriale n. 402\ndel 2017. \n Nello specifico la S.V. in qualita\u0027 di responsabile della citata\nscuola di specializzazione, con riferimento alla compilazione dei\nquestionari per il monitoraggio della qualita\u0027 della formazione\nspecialistica, ha trasmesso, a tutti gli specializzandi, mediante\nmessaggistica istantanea (whatsapp) la seguente comunicazione: \n \"Cari...come sapete il questionario e\u0027 \u0027segreto\u0027... ..ma non\nx me!!! Cortesemente siate \u0027benevoli\u0027...Grazie a tutti\". \n Tale condotta comporta la violazione delle disposizioni di\nseguito indicate: \n Artt. 3, 4, 10 del citato Codice etico di comportamento di\nAteneo di cui al d.r. n. 406/2020 sotto riportati: \"Gli obbligati\nconformano la propria condotta ai principi di buon andamento e\nimparzialita\u0027 dell\u0027azione amministrativa e svolgono i propri compiti\nnel rispetto della legge, perseguendo l\u0027interesse pubblico, senza\nabusare della posizione o dei poteri di cui sono titolari. \n Gli obbligati rispettano, altresi\u0027, i principi di onesta\u0027,\nintegrita\u0027, correttezza, buona fede, imparzialita\u0027, proporzionalita\u0027,\nobiettivita\u0027, trasparenza, equita\u0027, ragionevolezza, valorizzazione\ndel merito, professionalita\u0027, leale collaborazione, astenendosi in\ncaso di conflitto di interessi. \n Gli obbligati concorrono al perseguimento delle finalita\u0027\nistituzionali e degli obiettivi strategici dell\u0027ateneo secondo il\ngrado di responsabilita\u0027 previsto per le funzioni a loro attribuite. \n Gli obbligati non usano a fini privati le informazioni di cui\ndispongono per ragioni di ufficio, evitano situazioni e comportamenti\nche possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere\nagli interessi o all\u0027immagine dell\u0027Ateneo ... omissis ...\"(Art. 3). \n \"Nessun componente dell\u0027Ateneo puo\u0027 utilizzare, direttamente o\nindirettamente, il proprio ruolo o ufficio al fine di determinare\ncomportamenti non coerenti con le funzioni istituzionali proprie e\naltrui, quali definite da norme e disposizioni di rango legislativo\nregolamentare. \n E\u0027 vietata qualsiasi forma di abuso compiute nei confronti di\npersone in condizione di subordinazione o comunque di soggezione\npsicologica omissis ... l\u0027Ateneo vieta qualsiasi comportamento che\npregiudichi il regolare e corretto andamento dei rapporti umani e\nprofessionali ... omissis .... \n Il personale tutto, insieme agli studenti, cura e rispetta\nl\u0027immagine dell\u0027Ateneo. \n L\u0027Ateneo vieta qualsiasi comportamento che pregiudichi il\nregolare e corretto andamento dei rapporti umani e professionali\"\n(Art. 4). \n \"Il rapporto tra docenti e studenti deve ispirarsi a principi di\nintegrita\u0027, fiducia, collaborazione, e correttezza reciproca,\nrispetto della persona, pari opportunita\u0027 e assenza di ogni\ndiscriminazione, sia diretta che indiretta ... omissis\"(Art. 10). \n Decreto interministeriale n. 402 del 2017 con riferimento alle\nprocedure di accreditamento che si basano anche sull\u0027esito dei\nquestionari somministrati previsti dall\u0027art. 6 \"Possesso e\nmonitoraggio degli standard, dei requisiti e degli indicatori per il\nmiglioramento continuo della qualita\u0027 della formazione specialistica\nerogata\". Si richiama, infine, l\u0027art. 29 del Codice etico che al\ncomma 4 dispone \"la violazione delle norme contenute nel presente\nCodice, applicabili, al personale in regime di diritto pubblico, di\ncui all\u0027art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30 settembre 2001,\nn. 165 (docenti e ricercatori) e le relative sanzioni sono valutate,\ncaso per caso, dal collegio di disciplina ai sensi dell\u0027art. 10 della\nlegge 30 dicembre 2010, n. 240, salvo diverse disposizioni\". \n Si contesta, pertanto, sul piano disciplinare, che il\ncomportamento risultante da tutto quanto su riportato costituisce\nviolazione degli articoli 3, 4 e 10 del Codice etico di Ateneo di cui\nal d.r. n. 406/2020 nonche\u0027 delle disposizioni di cui al D.I. n.\n402/2017 e si concretizza in atti, in genere, che comunque ledono la\ndignita\u0027 o l\u0027onore del professore ai sensi dell\u0027art. 89, comma 1,\nlettera d) del testo unico n. 1592 del 31 agosto 1933. \n Il Collegio di disciplina di questo Ateneo, nominato con d.r. n.\n1241/2021 rettificato con d.r. n. 936/2022, ai sensi dell\u0027art. 10\ndella legge n. 240/2010 e dell\u0027art. 36 del vigente Statuto di Ateneo\ne\u0027 competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti\ndisciplinari e ad esprimere parere conclusivo in merito procedendo\nall\u0027accertamento delle violazioni contestate ed alla determinazione\ndelle sanzioni previste dall\u0027art. 87 in combinato disposto con l\u0027art.\n89 del Regio decreto n. 1592/1933. \n Con riferimento al caso di specie la sanzione relativa alla\ncondotta contestata consiste nella sospensione dall\u0027ufficio e dallo\nstipendio fino ad un anno. \n In ogni caso il Collegio di disciplina ai fini della\ndeterminazione e quantificazione della sanzione terra\u0027 conto dei\ncriteri di gradualita\u0027 e proporzionalita\u0027 nonche\u0027\ndell\u0027intenzionalita\u0027 del comportamento, grado di negligenza e\nrilevanza degli obblighi violati nonche\u0027 della sussistenza di\ncircostanze aggravanti e attenuanti.». \n In relazione al grado di sviluppo del procedimento, la proposta\ndel Rettore appare sufficientemente motivata sia riguardo alla\nrilevanza disciplinare della condotta contestata, avendo il Rettore\nesplicitato le norme che compendiano i doveri di diligenza\nprofessionale ritenuti violati, sia la sanzione applicabile in\nastratto in relazione al tipo di condotta. \n La circostanza che non abbia proposto anche la misura della\nsanzione non costituisce circostanza sufficiente ad inficiare la\nlegittimita\u0027 della sanzione stessa, atteso che, da un lato, l\u0027art.\n10, comma 2, legge n. 240/2010 non prevede che il Rettore formuli una\nproposta di sanzione che ne definisca anche l\u0027esatta misura,\ndall\u0027altro, l\u0027irrogazione delle sanzioni piu\u0027 gravi della censura\nsono di competenza del Consiglio di amministrazione, che provvede\nsulla base del parere vincolante del Collegio di disciplina. \n Il Rettore non ha ne\u0027 competenze in materia di istruttoria, ne\u0027\nsulla valutazione in concreto dei fatti contestati, essendo titolare\ndi un mero potere di proposta, la cui fondatezza in punto di fatto e\ndi diritto, e\u0027 oggetto della successiva fase istruttoria. Pertanto,\ne\u0027 nella fase successiva dell\u0027elaborazione del parere e della\nconclusione del procedimento, di competenza rispettivamente del\nCollegio di disciplina e del Consiglio di amministrazione, che gli\noneri motivazionali in merito alla rilevanza disciplinare della\ncondotta ed alla sanzione applicabile in concreto si approfondiscono. \n Tenuto conto delle modalita\u0027 con cui l\u0027universita\u0027 ha avuto\nnotizia dei fatti, risulta anche sufficientemente chiara la\nmotivazione relativa all\u0027astratta configurabilita\u0027 di una lesione\ndella dignita\u0027 e dell\u0027onore del professore, avendo la notizia avuto\nrisalto sui social media. \n Non risulta, inoltre, alcuna inversione procedimentale, atteso\nche la convocazione del Collegio di disciplina e\u0027 avvenuta nella\nmedesima data nella quale e\u0027 stata effettuata la contestazione degli\naddebiti. \n Ne discende l\u0027infondatezza di tutte le censure articolate nel\nprimo motivo. \n 2. Anche il secondo motivo e\u0027 infondato. \n 2.1. La contestazione che l\u0027universita\u0027 ha mosso alla ricorrente\nrisiede nell\u0027aver inviato agli studenti un messaggio che, nella sua\nambiguita\u0027, avrebbe potuto essere interpretato come un tentativo di\ncoartazione della volonta\u0027 degli specializzandi, attraverso la\nprospettazione della possibilita\u0027 da parte della Direttrice della\nscuola di conoscere l\u0027identita\u0027 degli autori dei questionari («I\nquestionari sono anonimi...ma non per me»). \n Tale messaggio e\u0027 stato ritenuto «inadeguato ed equivoco» e\ndunque violativo delle regole di diligenza, declinabili negli\nobblighi di correttezza e fiducia nei confronti degli studenti, cui\ne\u0027 tenuto ogni docente in forza del Codice etico dell\u0027Ateneo. \n Tali elementi emergevano in modo chiaro dalla contestazione degli\naddebiti inviata alla professoressa, nonostante l\u0027ampiezza del novero\ndelle disposizioni richiamate, che, tuttavia, a ben guardare\ncontemplano null\u0027altro che le differenti declinazioni degli obblighi\ndi diligenza e correttezza nei rapporti con gli studenti ai quali e\u0027\ntenuto il personale docente. \n Va rimarcato, in proposito, che, per costante giurisprudenza, «I\nfatti addebitati devono essere individuati con sufficiente precisione\nin modo che vi sia certezza sulle questioni per le quali\nl\u0027interessato e\u0027 chiamato a difendersi. La mancata precisazione e/o\nomessa indicazione di uno o di piu\u0027 elementi di fatto determina\nun\u0027insuperabile incertezza nell\u0027individuazione del fatto da cui trae\norigine la contestazione, tale da pregiudicare il diritto di difesa\ndell\u0027incolpato. In particolare, in tema di sanzioni disciplinari, la\ncontestazione dell\u0027addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore\nincolpato l\u0027immediata difesa e deve, conseguentemente, rivestire il\ncarattere della specificita\u0027, senza l\u0027osservanza di schemi\nprestabiliti e rigidi, purche\u0027 siano fornite al lavoratore le\nindicazioni 6 necessarie per individuare, nella sua materialita\u0027, il\nfatto o i fatti addebitati.» (Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2021,\nn. 560). \n La contestazione, per come formulata, soddisfa i canoni di\nspecificita\u0027 richiesti dalla disciplina in materia, avendo consentito\nalla ricorrente di comprendere sia i fatti contestati, che le norme\ndi diligenza ritenute violate, cosi\u0027 da metterla in grado di\napprontare un\u0027approfondita difesa nel procedimento disciplinare. \n L\u0027atto di contestazione individua anche la sanzione applicabile\nin astratto, rimettendo al Collegio di disciplina la determinazione\ndella sua misura concreta, sulla base di criteri espressamente\nrichiamati (gradualita\u0027, proporzionalita\u0027, intenzionalita\u0027 del\ncomportamento, grado di negligenza e rilevanza degli obblighi\nviolati, sussistenza di circostanze aggravanti e attenuanti). \n Il motivo, dunque, sotto tale profilo non e\u0027 fondato. \n 2.2. Neppure fondato e\u0027 l\u0027ulteriore profilo di censura relativo\nalla presunta carenza di istruttoria. \n La contestazione che l\u0027universita\u0027 ha mosso alla ricorrente\nrisiede nell\u0027aver inviato agli studenti un messaggio che mirava a\nsollecitare l\u0027espressione di giudizi favorevoli nella compilazione\ndei questionari CINECA («siate benevoli»), sui quali si fonda\nl\u0027accreditamento della scuola di specializzazione, insinuando il\ndubbio che i questionari fossero anonimi («i questionari sono anonimi\n... ma non per me»). \n Tale messaggio e\u0027 stato ritenuto «inadeguato ed equivoco», sia\nperche\u0027 suscettibile di essere interpretato come un tentativo di\ncoartare la liberta\u0027 di giudizio degli studenti, sia perche\u0027 idoneo\nad ingenerare dubbi sulla corretta gestione del sistema di\nvalutazione delle scuole di specializzazione, che si fonda\nsull\u0027anonimato dei questionari CINECA. \n Nonostante la riconosciuta non intenzionalita\u0027 del comportamento,\ne\u0027, dunque, l\u0027ambiguita\u0027 del testo diffuso tra gli specializzandi a\ncostituire l\u0027oggetto della contestazione disciplinare, essendosi con\nesso integrata la violazione delle regole di correttezza che devono\nimprontare i rapporti con gli studenti, nonche\u0027 l\u0027obbligo di non\ntenere comportamenti idonei ad arrecare pregiudizio alla reputazione\ndell\u0027Ateneo. \n Ai fini dell\u0027irrogazione della sanzione, non era, dunque,\nnecessario verificare se effettivamente la ricorrente avesse potuto\naccedere all\u0027identita\u0027 degli specializzandi che hanno redatto i\nquestionari, o se il messaggio avesse effettivamente indotto gli\nstudenti a ritenere che i questionari non fossero anonimi, poiche\u0027 a\ndeterminare il vulnus alle regole di condotta era la stessa\nambiguita\u0027 del testo diffuso. In altre parole, non e\u0027, l\u0027effettiva\ncoazione della volonta\u0027 degli studenti ad essere contestata, quanto\nl\u0027opportunita\u0027 sul piano formale del testo diffuso. \n Non risulta, dunque, fondato il vizio di eccesso di potere per\ndifetto di istruttoria dedotto nel secondo motivo. \n 2.3. Neppure risulta provato l\u0027ulteriore profilo di censura\ncontenuto nel secondo motivo, laddove si afferma la violazione\ndell\u0027art. 112, comma 5, lettera b), del T.U. n. 3 cit. che prevede\nche i voti siano raccolti «cominciando dal componente di qualifica\nmeno elevata od a parita\u0027 di qualifica dal componente meno anziano e\nvota per ultimo». L\u0027assenza di verbalizzazione di tale attivita\u0027 non\ncostituisce indice univoco della circostanza che tale regola non sia\nstata seguita. \n Per costante indirizzo giurisprudenziale, ove non sussista una\nspecifica previsione di legge che imponga la verbalizzazione\nanalitica di tutte le operazioni svolte, l\u0027omessa indicazione nel\nverbale riassuntivo dell\u0027espletamento di una determinata attivita\u0027\nnon costituisce prova inconfutabile del suo non espletamento\n(Consiglio di Stato sez. III, 13 marzo 2019, n. 1671). \n 3. E\u0027, altresi\u0027, infondato il primo profilo di censura contenuto\nnel terzo motivo di ricorso, nel quale si lamenta un difetto di\ncorrispondenza tra la contestazione degli addebiti da parte del\nRettore e l\u0027atto irrogativo di sanzione. \n 3.1. Come si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di precisare con riferimento al\nsecondo motivo di ricorso (sovrapponibile in parte a quello in\ntrattazione) la contestazione evidenziava in modo chiaro i profili di\ncontrasto della condotta con le norme richiamate, avendo l\u0027Ateneo\nritenuto violati gli obblighi di correttezza, imparzialita\u0027 e fiducia\nche devono improntare l\u0027operato dei docenti nei rapporti con gli\nstudenti e con l\u0027Ateneo. \n 3.2. Infondati sono anche gli altri rilievi contenuti nel terzo\nmotivo, con i quali la ricorrente tenta di affermare l\u0027assenza di\nnegligenza nella condotta tenuta - e, dunque, l\u0027insussistenza del\ncontestato illecito disciplinare - poiche\u0027 un tale addebito sarebbe\nstato configurabile solo se il messaggio avesse dato luogo ad\nun\u0027interpretazione univoca, se i destinatari non fossero stati in\ngrado di sapere che gli autori delle risposte non erano\nriconoscibili, se i destinatari, che ignoravano la disciplina\ndell\u0027anonimato dei questionari, si fossero sentiti negativamente\ncondizionati dal messaggio, tutte circostanze non comprovate. \n Si tratta di argomentazioni che non persuadono. Il ruolo che la\nricorrente ricopriva le imponeva, con tutta evidenza, di evitare\ncomportamenti che potessero essere male interpretati dagli studenti o\nda terzi e potessero esporre se stessa e l\u0027istituzione a critiche sia\nin relazione alla gestione dei rapporti con gli studenti che delle\nprocedure di valutazione. \n La condotta non diligente e, dunque, violativa delle regole di\ncorrettezza, imparzialita\u0027 e fiducia richiamate nell\u0027atto di\ncontestazione degli addebiti e\u0027 da ricondurre al tenore ambiguo del\nmessaggio, poiche\u0027 suscettibile di ingenerare dubbi sulla correttezza\ndell\u0027operato dell\u0027Ateneo. \n Tanto prescinde dallo stato soggettivo di buona fede della\ndirettrice, avendo ella, comunque, redatto un messaggio dal testo\noggettivamente suscettibile di fraintendimenti, di cui la stessa, per\nil ruolo che ricopriva, non poteva non percepire l\u0027inopportunita\u0027. \n Ne deriva l\u0027infondatezza dei profili di censura evidenziati nel\nterzo motivo, non potendosi ravvisare alcuna contraddittorieta\u0027 tra\nl\u0027affermato tono amichevole del messaggio e la sua formulazione\noggettivamente ambigua. Ne\u0027 rileva la conoscenza o conoscibilita\u0027 da\nparte degli specializzandi della natura anonima dei questionari\nCINECA. Altro e\u0027 considerare il meccanismo di tutela dell\u0027anonimato\nprevisto in linea astratta dalla normativa che regola un determinato\nstrumento, altro e\u0027 il suo concreto funzionamento ed e\u0027 evidente che\nl\u0027affermazione da parte della direttrice della scuola della\npossibilita\u0027 di venire a conoscenza dell\u0027identita\u0027 dei redattori dei\nsingoli questionari ben puo\u0027 essere percepita come veritiera da parte\ndegli studenti, i quali plausibilmente non hanno diretta conoscenza\ndell\u0027efficacia degli strumenti di tutela dell\u0027anonimato predisposti\ndall\u0027Ateneo. L\u0027ambiguita\u0027 del messaggio, come piu\u0027 volte gia\u0027\nosservato, integra ex se la violazione degli obblighi di correttezza\nche incombono al docente senza che possa rilevare un principio di\nfavor rei nell\u0027interpretazione del senso delle parole utilizzate. \n 4. Non e\u0027 fondato neppure il quarto motivo, nel quale si censura\nil difetto di proporzionalita\u0027 della sanzione applicata per non avere\nil Collegio di disciplina tenuto conto degli effetti complessivi\ndella stessa e, in particolare, della circostanza che la sanzione\ndella sospensione dal servizio, anche nella misura minima, irrogata\nper l\u0027invio di un messaggio dal tenore ambiguo, avrebbe comportato,\ncome conseguenza indefettibile, il divieto di assunzione delle\ncariche di Rettore e di Direttore di istituzioni universitarie per\ndieci anni. \n Ritiene il Collegio che la sanzione della sospensione per un mese\ndal servizio irrogata alla ricorrente non sia affetta da manifesta\nirragionevolezza o difetto di proporzionalita\u0027, tenuto conto dei\nvincoli normativi previsti per l\u0027irrogazione della piu\u0027 tenue\nsanzione della censura. \n Il regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 recante «Approvazione\ndel testo unico delle leggi sull\u0027istruzione superiori», agli articoli\nda 87 a 89 detta la disciplina delle sanzioni disciplinari irrogabili\nnei confronti dei professori universitari di ruolo. \n L\u0027art. 87 elenca le differenti tipologie di sanzioni applicabili\nsecondo un criterio di gradualita\u0027 rispetto alle violazioni\naccertate: «Ai professori di ruolo possono essere inflitte, secondo\nla gravita\u0027 delle mancanze, le seguenti punizioni disciplinari: \n 1) la censura; \n 2) la sospensione dall\u0027ufficio e dallo stipendio ad un anno; \n 3) la revocazione; \n 4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad\nassegni; \n 5) la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad\nassegni.». \n L\u0027art. 88 detta la disciplina della sanzione della censura,\nprevedendo che «La censura e\u0027 una dichiarazione di biasimo per\nmancanze ai doveri d\u0027ufficio o per irregolare condotta, che non\ncostituiscano grave insubordinazione e che non siano tali da ledere\nla dignita\u0027 e l\u0027onore del professore.». \n L\u0027art. 89 detta, invece, la disciplina delle sanzioni di maggiore\ngravita\u0027, prevedendo: «Le punizioni, di cui ai nn. 2, 3, 4 e 5\ndell\u0027art. 87, si applicano secondo i casi e le circostanze, per le\nseguenti mancanze: \n a) grave insubordinazione; \n b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; \n c) abituale irregolarita\u0027 di condotta; \n d) atti in genere, che comunque ledano la dignita\u0027 o l\u0027onore\ndel professore. \n La punizione di cui al n. 2 importa, oltre la perdita degli\nemolumenti, l\u0027esonero dall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e\nda quelle ad esse connesse, e la perdita ad ogni effetto,\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il tempo della sua durata. Il professore\nche sia incorso nella punizione medesima non puo\u0027 per dieci anni\nsolari essere nominato rettore di universita\u0027 o direttore di\nistituzione universitaria.». \n Dal combinato disposto degli art. 88 e 89, comma 1, lettera d)\nR.D. n. 1592/1933 emerge che la sanzione della censura non puo\u0027\nessere irrogata nel caso in cui la condotta sia tale «da ledere la\ndignita\u0027 e l\u0027onore del professore.». Cio\u0027 emerge sia dal tenore\nletterale dell\u0027art. 88, che esclude l\u0027applicazione della censura\nanche in caso di mancanze ai doveri d\u0027ufficio o irregolare condotta\nche «siano tali da ledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del professore.», sia\ndall\u0027art. 89, che prevede l\u0027applicazione delle sanzioni piu\u0027 gravi\ndella censura, tra gli altri casi, ove siano stati posti in essere\n«d) atti in genere, che comunque ledano la dignita\u0027 o l\u0027onore del\nprofessore». L\u0027utilizzo dell\u0027avverbio «comunque», posto dopo\nl\u0027elencazione delle altre tipologie di infrazioni che possono\ndeterminare l\u0027applicazione delle sanzioni di cui all\u0027art. 87, rende\nmanifesto che, nel caso in cui la condotta contestata sia ritenuta\nlesiva della «dignita\u0027» e dell\u0027«onore» del professore, la sanzione\ndisciplinare non potra\u0027 essere inferiore alla sospensione dal\nservizio per un mese, indipendentemente dalla gravita\u0027\ndell\u0027inadempimento agli obblighi gravanti sul professore. \n La condotta contestata alla ricorrente, seppur non intenzionale e\ncomunque di non rilevante gravita\u0027 sul piano della trasgressione agli\nobblighi indicati nel Codice etico, e\u0027 certamente idonea a ledere «la\ndignita\u0027 e l\u0027onore del professore», poiche\u0027 il suo tenore ambiguo si\nprestava ad essere interpretato, - come poi e\u0027 effettivamente\navvenuto con conseguente clamore mediatico - come volto ad esercitare\nuna forma di pressione sugli studenti nella redazione dei questionari\nCINECA, peraltro, attraverso la diffusione di una notizia (la\nnegazione dell\u0027anonimita\u0027 dei questionari), idonea a mettere in\ndubbio la corretta modalita\u0027 di gestione della procedura di\nvalutazione che deve garantire l\u0027anonimato degli studenti. Il\nmessaggio, dunque, ha esposto prima la docente e poi l\u0027Ateneo a\ncritiche che sono state riportate anche dalla stampa. Appare, quindi,\ncorretta la valutazione operata dall\u0027Ateneo di non applicare la piu\u0027\ntenue sanzione della censura, essendo la condotta della ricorrente\nidonea ad arrecare una lesione al suo prestigio e a quello\ndell\u0027istituzione. \n La sanzione della censura, dunque, non poteva essere irrogata,\nostandovi il chiaro disposto dell\u0027art. 88 regio decreto n. 1592/1933. \n Ne discende la non palese irragionevolezza (sotto il profilo\ndella proporzionalita\u0027) della sanzione principale prevista e in\nconcreto applicata (sospensione dal servizio per un mese). \n 5. Tuttavia, la stessa sanzione, nonostante sia graduabile,\ncomporta a carico del professore che ne sia destinatario, quale\nconseguenza necessaria ed indipendente dalla gravita\u0027 e volontarieta\u0027\ndella condotta sanzionata, il divieto di elettorato passivo per le\ncariche universitarie di vertice nella misura fissa di dieci anni, ai\nsensi di quanto previsto dall\u0027art. 98, comma secondo («La punizione\ndi cui al n. 2 importa, oltre la perdita degli emolumenti, l\u0027esonero\ndall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e da quelle ad esse\nconnesse, e la perdita ad ogni effetto, dell\u0027anzianita\u0027 per tutto il\ntempo della sua durata. Il professore che sia incorso nella punizione\nmedesima non puo\u0027 per dieci anni solari essere nominato rettore di\nuniversita\u0027 o direttore di istituzione universitaria»). \n In adesione alle censure formulate nel ricorso per motivi\naggiunti (con il quale la sanzione accessoria e\u0027 fatta oggetto di\ncensura per difetto di ragionevolezza e proporzionalita\u0027 derivata\ndall\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della norma che la prevede) il\nCollegio dubita della legittimita\u0027 costituzionale della suddetta\ndisposizione, nella parte in cui, prevedendo il divieto di elettorato\npassivo per cariche direttive universitarie in misura fissa per dieci\nanni quale conseguenza obbligatoria della sanzione di cui all\u0027art.\n87, primo comma, n. 2 regio decreto n. 1592/1933, anche per le\ncondotte non gravi che siano lesive della dignita\u0027 e dell\u0027onore del\nprofessore sembra porsi in contrasto con i principi di necessaria\nproporzionalita\u0027 del trattamento sanzionatorio rispetto al fatto e\nalle sue conseguenze, e di congruita\u0027 della sanzione rispetto al fine\nperseguito e, dunque, con il principio di ragionevolezza di cui\nall\u0027art. 3 della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli\n2, 4 e 35 della Costituzione. \n 5.1. Sulla rilevanza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale. \n L\u0027infondatezza dei motivi articolati nel ricorso introduttivo\nproposti avverso il provvedimento in epigrafe, con cui e\u0027 stata\nirrogata la sanzione della sospensione per un mese dal servizio, ai\nsensi di quanto previsto dall\u0027art. 87, n. 2, r.d. n. 1592/1933, rende\nrilevante la questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 89,\ncomma secondo, regio decreto n. 1592/1933 rispetto all\u0027art. 3 della\nCostituzione, che il ricorrente ha chiesto di sollevare con il\nricorso per motivi aggiunti, per dimostrare l\u0027illegittimita\u0027 della\nsanzione accessoria irrogata per contrasto con i medesimi principi. \n Tale sanzione, come si e\u0027 detto, consegue ex lege\ndall\u0027applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal\nservizio, prevista dall\u0027art. 87, comma 1, n. 2, R.D. n. 1592/1933,\nsenza possibilita\u0027 per l\u0027organo titolare del potere sanzionatorio di\nvalutare la concreta offensivita\u0027 della condotta e la graduazione del\ntrattamento sanzionatorio complessivo. \n Con il ricorso per motivi aggiunti la sanzione accessoria\nirrogata viene censurata per difetto di proporzionalita\u0027 e\nragionevolezza quali vizi derivati dal contrasto della norma che la\nprevede con l\u0027art. 3 della Costituzione. \n Ove l\u0027art. 89, comma secondo, regio decreto n. 1592/1933 fosse\ndichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede\ncome obbligatoria e non graduabile la sanzione accessoria da esso\nprevista, ne deriverebbe l\u0027annullamento del provvedimento impugnato\nnella parte in cui stabilisce la preclusione per dieci anni della\nnomina alle funzioni di rettore di universita\u0027 e di direttore di\nistituzione universitaria, con conseguente restituzione all\u0027organo\ntitolare del potere disciplinare della valutazione relativa\nall\u0027applicabilita\u0027 e/o della durata della sanzione stessa in\nrelazione alla gravita\u0027 del fatto. \n 5.2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n Il Collegio ritiene la questione non manifestamente infondata per\nle ragioni che di seguito di espongono. \n 5.2.1. Il regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 recante\n«Approvazione del testo unico delle leggi sull\u0027istruzione superiori»,\nagli articoli da 87 a 89 detta la disciplina delle sanzioni\ndisciplinari irrogabili nei confronti dei professori universitari di\nruolo. \n L\u0027art. 87 elenca le differenti tipologie di sanzioni applicabili,\ngraduate in ordine crescente di afflittivita\u0027: «Ai professori di\nruolo possono essere inflitte, secondo la gravita\u0027 delle mancanze, le\nseguenti punizioni disciplinari: \n 1) la censura; \n 2) la sospensione dall\u0027ufficio e dallo stipendio ad un anno; \n 3) la revocazione; \n 4) la destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad\nassegni; \n 5) la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad\nassegni.». \n L\u0027art. 88 disciplina la sanzione della censura, prevedendo che\n«La censura e\u0027 una dichiarazione di biasimo per mancanze ai doveri\nd\u0027ufficio o per irregolare condotta, che non costituiscano grave\ninsubordinazione e che non siano tali da ledere la dignita\u0027 e l\u0027onore\ndel professore.». \n L\u0027art. 89 detta, invece, la disciplina delle sanzioni di maggiore\ngravita\u0027, prevedendo che: «Le punizioni, di cui ai nn. 2, 3, 4 e 5\ndell\u0027art. 87, si applicano secondo i casi e le circostanze, per le\nseguenti mancanze: \n a) grave insubordinazione; \n b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; \n c) abituale irregolarita\u0027 di condotta; \n d) atti in genere, che comunque ledano la dignita\u0027 o l\u0027onore\ndel professore. \n La punizione di cui al n. 2 importa, oltre la perdita degli\nemolumenti, l\u0027esonero dall\u0027insegnamento, dalle funzioni accademiche e\nda quelle ad esse connesse, e la perdita ad ogni effetto,\ndell\u0027anzianita\u0027 per tutto il tempo della sua durata. Il professore\nche sia incorso nella punizione medesima non puo\u0027 per dieci anni\nsolari essere nominato rettore di universita\u0027 o direttore di\nistituzione universitaria.». \n Come si e\u0027 gia\u0027 evidenziato, ove con una propria condotta\nviolativa degli obblighi connessi all\u0027esercizio delle proprie\nfunzioni, il professore abbia «comunque» arrecato pregiudizio alla\npropria dignita\u0027 o onore, puo\u0027 incorrere - a seconda della gravita\u0027\ndella condotta e delle sue conseguenze - in una delle sanzioni\npreviste dall\u0027art. 87, nn. 2, 3, 4 e 5, non potendo, invece,\nsoggiacere alla sanzione della censura, ostandovi il disposto\ndell\u0027art. 88 regio decreto n. 1592/1933. \n In ogni caso, ove sia irrogata la sanzione della sospensione dal\nservizio fino a un anno, al professore - indipendentemente dalla\ngravita\u0027 del comportamento tenuto e dalla durata della sospensione\ndal servizio prevista - e\u0027 preclusa ex lege la nomina alle cariche di\nRettore e direttore di istituzioni universitarie per dieci anni. \n Una siffatta sanzione si pone in potenziale conflitto - per le\nragioni che si esporranno in seguito - con i principi di necessaria\nproporzionalita\u0027 della sanzione e congruita\u0027 della stessa rispetto al\nfine perseguito che la giurisprudenza costituzionale ha ritenuti\napplicabili anche con riguardo alle sanzioni accessorie correlate a\nsanzioni disciplinari. \n 5.2.2. Il Collegio non ignora che la Corte di cassazione, Sezione\nlavoro, nella sentenza del 25 maggio 2012, n. 8304, ha dichiarato la\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndella suddetta norma, affermando che la misura di cui all\u0027art. 87,\nsecondo comma, secondo periodo regio decreto n. 1592/1933, non sia\nassoggettata al principio di necessaria proporzionalita\u0027, trattandosi\ndi sanzione accessoria a carattere prevalentemente «preventivo»,\nprevista al fine di evitare la reiterazione della condotta («La\ndurata della sanzione accessoria e\u0027 dunque predeterminata e consegue\nalla semplice applicazione della sanzione principale, a prescindere\ndalla effettiva durata di questa secondo la specifica determinazione\nadottata dall\u0027organismo disciplinare. Il meccanismo non puo\u0027 dirsi\natipico, nell\u0027ambito delle sanzioni accessorie temporanee, la\u0027 dove\nla durata puo\u0027 essere fissata in modo particolare dalla legge e, in\nmancanza di tale previsione, puo\u0027 avere una durata uguale a quella\ndella sanzione principale inflitta. La diversita\u0027 e la modulazione\ndelle sanzioni accessorie rispondono, infatti, al carattere\nessenzialmente preventivo, anziche\u0027 meramente retributivo, delle\nmedesime, la cui funzione e\u0027 quella di evitare la possibilita\u0027 che la\ngrave condotta - sanzionata in via principale - possa reiterarsi con\nulteriore pregiudizio per il bene tutelato; e cio\u0027 spiega, altresi\u0027,\nche alla predeterminazione della durata possa accompagnarsi, come\nnella specie, la obbligatorieta\u0027 della sanzione accessoria, quale\neffetto automatico che accede alla sanzione a prescindere da ogni\npotere discrezionale in ordine alla necessita\u0027, o meno, della\nulteriore inflizione. \n 3-3-3 - Con queste premesse, si rivela manifestamente infondato\nil dubbio di illegittimita\u0027 costituzionale avanzato dal ricorrente,\npoiche\u0027 il criterio della proporzionalita\u0027 e\u0027 connesso a sanzioni a\ncarattere retributivo, in cui l\u0027entita\u0027 della sanzione non puo\u0027 che\ndipendere dalla modalita\u0027 della condotta e dalla intensita\u0027\ndell\u0027elemento soggettivo, mentre le sanzioni a carattere preventivo\nsono riferite alla gravita oggettiva della sanzione principale e\nconseguono semplicemente alla avvenuta inflizione, ben potendo essere\nrimessa al legislatore la scelta di prefissare la durata della\nsanzione accessoria, a prescindere dalla entita\u0027 della sanzione\nconcretamente inflitta in via principale, in ragione della distinta\nesigenza di prevenire il rischio del ripetersi della condotta\nsanzionata.»). \n Tuttavia, il Collegio ritiene che la motivazione che ha indotto\nla Suprema Corte a dichiarare la manifesta infondatezza della\nsanzione non esaurisca le ragioni di contrasto della norma con l\u0027art.\n3, in combinato disposto con gli articoli 2,4 e 35 della\nCostituzione, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale\nintervenuta successivamente alla stregua della quale anche le\nsanzioni accessorie non aventi natura esclusivamente punitiva sono\nassoggettate al vaglio di proporzionalita\u0027 e adeguatezza. \n 5.2.3. In effetti il sindacato di proporzionalita\u0027 sulle norme\nsanzionatorie e\u0027 stato ammesso in prima battuta con riferimento alle\nsanzioni penali, riguardo alle quali, la Corte ha affermato che\n«l\u0027individualizzazione della pena - che si ottiene con l\u0027indicazione\ndi una forbice edittale, che consenta al giudice di determinarla in\nbase alle specificita\u0027 della fattispecie concreta - costituisca\n\"naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali, tanto di\nordine generale (principio d\u0027uguaglianza) quanto attinenti\ndirettamente alla materia penale\" (sentenza n. 50 del 1980). In via\ndi principio, percio\u0027, \"previsioni sanzionatorie rigide non appaiono\nin linea con il \u0027volto costituzionale\u0027 del sistema penale\", potendo\nil dubbio di illegittimita\u0027 costituzionale essere superato solo \"a\ncondizione che, per la natura dell\u0027illecito sanzionato e per la\nmisura della sanzione prevista, quest\u0027ultima appaia ragionevolmente\n\u0027proporzionata\u0027 rispetto all\u0027intera gamma di comportamenti\nriconducibili allo specifico tipo di reato\" (sentenze n. 222 del 2018\ne, nello stesso senso, n. 50 del 1980)». \n La Corte ha, tuttavia, esteso i medesimi principi anche alle\nsanzioni amministrative, anzitutto a quelle c.d. punitive (ossia\nquelle previste quali reazioni alla commissione di un illecito), alle\nquali sono state ritenute estensibili talune delle garanzie previste\nper gli illeciti penali (cfr. Corte costituzionale n. 223 del 2018,\nn. 68 del 2017, n. 276 del 2016, n. 104 del 2014 e n. 196 del 2010). \n Successivamente la Corte ha ritenuto assoggettabili al sindacato\ndi proporzionalita\u0027 anche le sanzioni amministrative non aventi\ncarattere punitivo e alle norme sanzionatorie in generale (cfr. Corte\ncostituzionale n. 112/2019: «non puo\u0027 dubitarsi che il principio di\nproporzionalita\u0027 della sanzione rispetto alla gravita\u0027 dell\u0027illecito\nsia applicabile anche alla generalita\u0027 delle sanzioni amministrative.\nCome anticipato, questa Corte ha gia\u0027, in numerose occasioni,\ninvocato tale principio - anche in relazione a misure delle quali\nveniva espressamente negata la natura \"punitiva\" (come nel caso\ndeciso dalla sentenza n. 22 del 2018) - a fondamento di dichiarazioni\ndi illegittimita\u0027 costituzionale di automatismi sanzionatori,\nritenuti non conformi al principio in questione proprio perche\u0027 esso\npostula \"l\u0027adeguatezza della sanzione al caso concreto\"; adeguatezza\nche \"non puo\u0027 essere raggiunta se non attraverso la concreta\nvalutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella\ncommissione dell\u0027illecito\" (sentenza n. 161 del 2018; nello stesso\nsenso, ex multis, sentenze n. 268 del 2016 e n. 170 del 2015). \n 8.2.3. - Il principio di proporzionalita\u0027 della sanzione\npossiede, peraltro, potenzialita\u0027 applicative che eccedono\nl\u0027orizzonte degli automatismi legislativi, come dimostra proprio la\ngiurisprudenza relativa alla materia penale appena rammentata, e i\ncui principali approdi sono estensibili anche alla materia delle\nsanzioni amministrative, rispetto alla quale - peraltro - il\nprincipio in parola non trae la propria base normativa dal combinato\ndisposto degli articoli 3 e 27 della Costituzione, bensi\u0027 dall\u0027art. 3\ndella Costituzione in combinato disposto con le norme costituzionali\nche tutelano i diritti di volta in volta incisi dalla sanzione.»). \n E\u0027, dunque, per l\u0027intera materia sanzionatoria che la Corte ha\naffermato in linea di principio la contrarieta\u0027 delle previsioni\nsanzionatorie rigide al principio di proporzionalita\u0027 (Corte Cost. n.\n40/2023: «le previsioni sanzionatorie rigide, \"che colpiscono in\negual modo, e quindi equiparano, fatti in qualche misura differenti,\ndebb[o]no rispondere al principio di ragionevolezza\" (sentenza n. 212\ndel 2019). Di qui l\u0027esigenza di verificare che la sanzione non sia\nmanifestamente sproporzionata anche in relazione alle condotte meno\ngravi (sentenze n. 95 del 2022, n. 185 del 2021 e n. 112 del 2019)»). \n Pertanto, si e\u0027 affermato che «Pure \"per le sanzioni\namministrative si prospetta, dunque, l\u0027esigenza che non venga\nmanifestamente meno un rapporto di congruita\u0027 tra la sanzione e la\ngravita\u0027 dell\u0027illecito sanzionato\" (sentenza n. 185 del 2021). Cio\u0027\ndiscende, appunto, dal dovere di assicurare l\u0027attuazione del\nprincipio di proporzionalita\u0027, il quale, in questo ambito, trae il\nproprio fondamento nell\u0027art. 3 della Costituzione in combinato\ndisposto con le norme costituzionali che tutelano i diritti di volta\nin volta incisi dalla sanzione (sentenze n. 112 e n. 88 del 2019). \n Laddove il trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore \"si\nriveli manifestamente irragionevole a causa della sua evidente\nsproporzione rispetto alla gravita\u0027 del fatto\", dunque, \"un\nintervento correttivo del giudice delle leggi e\u0027 possibile a\ncondizione che il trattamento sanzionatorio medesimo possa essere\nsostituito sulla base di \u0027precisi punti di riferimento, gia\u0027\nrinvenibili nel sistema legislativo\u0027, intesi quali \u0027soluzioni gia\u0027\nesistenti, idonee a eliminare o ridurre la manifesta irragionevolezza\nlamentata\u0027\" (sentenze n. 222 del 2018, n. 236 del 2016; nello stesso\nsenso, sentenza n. 40 del 2019)» (ancora cosi\u0027 Corte costituzionale\nn. 40/2023). \n 5.2.4. La tematica del sindacato di proporzionalita\u0027 e\u0027 stata\napprofondita, quanto alle sanzioni non punitive, anche in relazione\nalle finalita\u0027 extra-retributive che esse tipicamente perseguono.\nTali sanzioni, infatti, mirano anche alla tutela di specifici\nbeni-interessi, suscettibili di essere lesi dalla condotta illecita.\nTale tutela viene perseguita calibrando la risposta punitiva non\nsoltanto alla gravita\u0027 del fatto, ma alla finalita\u0027 preventiva avuta\ndi mira, ad esempio attraverso una misura sanzionatoria\nparticolarmente elevata, in funzione dissuasiva, ovvero mediante\nl\u0027imposizione di sospensioni o divieti di esercizio di diritti o\nliberta\u0027 volti a scongiurare l\u0027approfondimento della lesione arrecata\nall\u0027ordinamento con la condotta illecita. \n Orbene, anche tale tipologia di sanzioni, secondo la\ngiurisprudenza costituzionale piu\u0027 recente soggiace ad un sindacato\ndi proporzionalita\u0027, piu\u0027 spesso declinato in termini di\ncongruita\u0027/idoneita\u0027 della risposta sanzionatoria rispetto alla\nfinalita\u0027 extraretributiva e di non eccessiva gravosita\u0027 della stessa\nrispetto all\u0027esercizio di diritti e liberta\u0027 costituzionalmente\ngarantite, talvolta sulla base di uno schema argomentativo che\nricalca la c.d. struttura tri-fasica del giudizio di proporzionalita\u0027\ndi derivazione tedesca ed eurounitaria. \n Con la sentenza n. 170/2015, la Corte ha dichiarato\ncostituzionalmente illegittima la sanzione dell\u0027obbligatorio\ntrasferimento ad altra sede del magistrato che sia stato sanzionato\nper l\u0027ipotesi di cui all\u0027art. 2, comma 1, lettera a) decreto\nlegislativo n. 109/2006 (ossia per comportamenti che «a) fatto salvo\nquanto previsto dalle lettere b), c), g) e m) ..., violando i doveri\ndi cui all\u0027art. 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad\nuna delle parti»). \n La Corte, ha ritenuto anche la suddetta sanzione - alla quale\nviene espressamente riconosciuta natura non esclusivamente\nretributiva, essendo volta anche a preservare il buon andamento\ndell\u0027attivita\u0027 giurisdizionale nella sede di servizio - sia\nassoggettabile al vaglio di proporzionalita\u0027. \n Ha evidenziato, infatti, come, secondo il proprio costante\norientamento, «il \"principio di proporzione\", fondamento della\nrazionalita\u0027 che domina \"il principio di eguaglianza\", postuli\nl\u0027adeguatezza della sanzione al caso concreto; e come tale\nadeguatezza non possa essere raggiunta se non attraverso la concreta\nvalutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella\ncommissione dell\u0027illecito, valutazione che soltanto il procedimento\ndisciplinare consente (sentenze n. 447 del 1995, n. 197 del 1993, n.\n16 del 1991, n. 40 del 1990 e n. 971 del 1988).» e che, pertanto,\n«Ferma, dunque, restando la discrezionalita\u0027 del legislatore di\nprevedere l\u0027indefettibile adozione di sanzioni accessorie, quando\ncio\u0027 sia giustificato dalla peculiarita\u0027 della situazione fattuale\ngeneratrice dell\u0027illecito, nonche\u0027 dalla sussistente correlazione tra\ntale situazione e la gravita\u0027 della sanzione (sentenza n. 112 del\n2014), l\u0027ordinamento e\u0027 orientato verso la tendenziale esclusione di\nprevisioni sanzionatorie rigide, la cui applicazione non sia\nconseguenza di un riscontrato confacente rapporto di adeguatezza col\ncaso concreto, e rispetto alle quali l\u0027indispensabile gradualita\u0027\napplicativa non sia oggetto di specifica valutazione nel naturale\ncontesto del procedimento giurisdizionale (ex plurimis, sentenze n. 7\ndel 2013, n. 31 del 2012 e n. 363 del 1996) ovvero in quello\ndisciplinare (ex plurimis, sentenze n. 329 del 2007, n. 212 e n. 195\ndel 1998, n. 363 del 1996).». \n Anche in tale ipotesi la Corte costituzionale, pur riconoscendo\nla natura non esclusivamente retributiva della sanzione l\u0027ha ritenuta\ncontrastante con i principi di proporzionalita\u0027 e adeguatezza in\nquanto suscettibile di essere applicata obbligatoriamente nonostante\nl\u0027assenza di una connotazione di particolare gravita\u0027 dei\ncomportamenti contestati (tenuto conto dell\u0027ampio e variegato\nventaglio di condotte sussumibili entro il paradigma dell\u0027art. 2,\ncomma 1, lettera a), e in quanto svincolata da un controllo di\ncongruita\u0027 della misura con il fine, ulteriore e diverso rispetto a\nquello repressivo dello specifico illecito disciplinare, da essa\nperseguito. \n La Corte, dunque, ha ritenuto che anche le sanzioni accessorie\nnon aventi natura esclusivamente retributiva soggiacciano al\nprincipio di proporzionalita\u0027, con la precisazione che il vaglio di\nlegittimita\u0027 costituzionale sotto tale profilo dovra\u0027 riguardare sia\nla gravita\u0027 della sanzione, che la sua congruita\u0027 rispetto alla\nfinalita\u0027 ulteriore (rispetto a quella retributiva) perseguita. \n 5.2.5. Tanto premesso, dalla giurisprudenza costituzionale\npronunciatasi nella materia emergono le seguenti coordinate\nermeneutiche. \n Si e\u0027 affermato che le sanzioni (anche disciplinari) stabilite in\nmisura fissa si pongono in un rapporto di potenziale conflitto con i\nprincipi di ragionevolezza e proporzionalita\u0027 rispetto alla gravita\u0027\ndell\u0027illecito. \n Pertanto esse sono da ritenersi in contrasto con l\u0027art. 3 della\nCostituzione, salvo che la sanzione non risulti non manifestamente\nirragionevole rispetto all\u0027intera gamma delle condotte alle quali la\nsanzione stessa e\u0027 destinata ad applicarsi. (cfr. sentenza n. 51 del\n2024, in cui la Corte ha affermato: «Quanto alla proporzionalita\u0027\ndella sanzione disciplinare, il requisito puo\u0027, normalmente, essere\nsoddisfatto soltanto da una valutazione individualizzata della\ngravita\u0027 dell\u0027illecito, alla quale la risposta sanzionatoria deve\nessere calibrata (su questo corollario del principio di\nproporzionalita\u0027 rispetto a ogni tipologia di sanzione, sentenza n.\n112 del 2019, punto 8.1.4. del Considerato in diritto, nonche\u0027 - in\nmateria penale - sentenza n. 197 del 2023, punti 5.2.1. e 5.5.1. del\nConsiderato in diritto). Le sanzioni fisse sono, per contro,\ntendenzialmente in contrasto con questo principio, a meno che - come\nquesta Corte ha ritenuto nel caso deciso con la sentenza n. 197 del\n2018 (punto 8 del Considerato in diritto) - esse risultino non\nmanifestamente sproporzionate rispetto all\u0027intera gamma dei\ncomportamenti riconducibili alla fattispecie astratta dell\u0027illecito\nsanzionato (ancora in materia penale, sentenze n. 195 del 2023, punto\n6.1. del Considerato in diritto; n. 94 del 2023, punto 13 del\nConsiderato in diritto; n. 222 del 2018, punto 7.1. del Considerato\nin diritto; nonche\u0027, in materia di sanzioni amministrative, sentenze\nn. 40 del 2023, punto 5.2. del Considerato in diritto; n. 266 del\n2022, punto 5.4.3. del Considerato in diritto; n. 185 del 2021, punto\n6 del Considerato in diritto). \n Al di fuori di questa ipotesi, che presuppone un certo grado di\nomogeneita\u0027 della fattispecie astratta sotto il profilo della\ngravita\u0027 delle condotte a essa riconducibili, il corollario\ndell\u0027individualizzazione della sanzione esige una gradualita\u0027 della\nrisposta, affinche\u0027 essa possa risultare adeguata al concreto\ndisvalore della condotta.»). \n Con riguardo al rispetto del principio di ragionevolezza e di\nuguaglianza, nella sentenza n. 197/2018, la Corte ha, inoltre,\naffermato che esso risulta rispettato laddove la fattispecie di\nillecito meno grave tra quelle che comportano l\u0027applicazione della\nsanzione, sia connotata da un grado di disvalore tale da rendere non\nmanifestamente sproporzionata la comminatoria della sanzione stessa,\nnonche\u0027 quando possa ritenersi sussistente un certo grado di\nomogeneita\u0027 tra le fattispecie sanzionate («Essenziale e sufficiente\na garantire il rispetto del principio di eguaglianza e\u0027, in tali\nipotesi, che anche la fattispecie di illecito meno grave tra quelle\nche comportano l\u0027applicazione della sanzione massima prevista dai\ndiversi rami dell\u0027ordinamento, isolatamente considerata, sia pur\nsempre connotata da un grado di disvalore tale da rendere (sotto il\nprofilo \"intrinseco\") non manifestamente sproporzionata la\ncomminatoria della sanzione massima. A prescindere, dunque, dalla sua\neventuale minore gravita\u0027 rispetto alle altre fattispecie accomunate\ndalla medesima sanzione massima. \n Ove risulti, invece, impredicabile un simile giudizio o perche\u0027\nla sanzione risulta manifestamente sproporzionata rispetto alla\ngravita\u0027 della condotta, o perche\u0027 le condotte sussumibili\nall\u0027interno della fattispecie sanzionatoria astratta sono eterogenee,\nla sanzione e\u0027 stata ritenuta contrastante con l\u0027art. 3 della\nCostituzione poiche\u0027 non consente al giudice disciplinare di graduare\nla risposta sanzionatoria in relazione alla concreta gravita\u0027 dei\nmolteplici casi di specie suscettibili di essere ricondotti sotto\nl\u0027astratta previsione normativa.»). \n Nel caso analogo a quello oggetto del giudizio a quo (Corte cost.\nsentenza 23 giugno 2015, n. 170), nel quale la Corte si e\u0027 occupata\ndella legittimita\u0027 costituzionale di una sanzione accessoria\n(l\u0027obbligatorio trasferimento ad altra sede del magistrato che sia\nstato sanzionato per l\u0027ipotesi di cui all\u0027art. 2, comma 1, lett. a)\ndecreto legislativo n. 109/2006 (ossia l\u0027aver tenuto comportamenti\nche «violando i doveri di imparzialita\u0027, correttezza, diligenza\nlaboriosita\u0027 ed equilibrio e di rispetto per la dignita\u0027 della\npersona, arrechi ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle\nparti»), la questione e\u0027 stata dichiarata fondata, proprio perche\u0027 la\nsanzione del trasferimento d\u0027ufficio ad altra sede era prevista come\nobbligatoria anche in caso di condotte non connotate da particolare\ngravita\u0027 e in assenza di ogni valutazione di congruita\u0027 della misura\nrispetto al perseguimento della funzione ulteriore (rispetto a quella\nretributivo-disciplinare) da essa perseguito («evitare che, data la\ncondotta tenuta dal magistrato, la sua permanenza nella stessa sede o\nufficio appaia in contrasto con il buon andamento\ndell\u0027amministrazione della giustizia.»). \n La Corte, inoltre, in talune ipotesi ha fatto applicazione del\nc.d. test di proporzionalita\u0027 di elaborazione tedesca ed eurounitaria\nper operare la propria valutazione. La giurisprudenza costituzionale\nha chiarito che «in presenza di una questione concernente il\nbilanciamento tra due diritti, il giudizio di ragionevolezza sulle\nscelte legislative si avvale del test di proporzionalita\u0027, che\nrichiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura\ne le modalita\u0027 di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al\nconseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra\npiu\u0027 misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei\ndiritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al\nperseguimento di detti obiettivi (ex plurimis, sentenze n. 260 del\n2021, n. 20 del 2019 e n. 137 del 2018).» (cosi\u0027 Corte cost. n.\n88/2023). \n 5.2.6. Compendiando i parametri ermeneutici sopra richiamati,\ndunque, il Collegio ritiene che la sanzione accessoria «automatica» e\n«fissa» possa superare il vaglio di costituzionalita\u0027 sotto il\nprofilo del rispetto del principio di necessaria proporzionalita\u0027 se\nrisultino soddisfatte le due seguenti condizioni: \n se tutte le condotte alle quali la misura e\u0027 applicabile\nsiano connotate da un grado di disvalore minimo tale che la sanzione\nnon possa ritenersi manifestamente sproporzionata per ciascuna di\nesse (il che implica che, ove le condotte siano graduabili in termini\ndi gravita\u0027, la sanzione deve apparire non manifestamente\nsproporzionata in relazione alla condotta meno grave tra quelle alle\nquali si applica); \n se avuto riguardo a ciascuna delle condotte alle quali e\u0027\napplicabile, la misura risulti congrua rispetto al perseguimento del\nfine ulteriore (e diverso da quello retributivo) da essa avuto di\nmira; \n se la restrizione apportata con l\u0027applicazione della sanzione\nai diritti e alle liberta\u0027 protette dalla Costituzione risulti idonea\nal perseguimento del fine avuto di mira, necessaria a tale scopo e\nnon eccessivamente restrittiva del diritto o della liberta\u0027\ncompressa. \n Nel caso della sanzione prevista dall\u0027art. 89, secondo comma,\nsecondo periodo R.D. n. 1592/1933, nessuna delle suddette condizioni\nappare soddisfatta e, pertanto, si configura un contrasto di tale\nprevisione con l\u0027art. 3 in combinato disposto con gli artt. 2, 4 e 35\ndella Costituzione, essendo il divieto di assumere cariche di vertice\nper dieci anni sproporzionato ed eccessivamente limitativo delle\nprospettive di sviluppo professionale del professore quantomeno con\nriguardo alle condotte di non rilevante gravita\u0027 «comune lesive del\nprestigio e dell\u0027onore del professore». \n 5.2.7 Quanto al primo profilo, il Collegio osserva che le\ncondotte soggette alla sanzione della sospensione fino a un anno\nprevista dall\u0027art. 87, primo comma, n. 2 regio decreto n. 1592/1933\nsono di varia gravita\u0027 e natura e dunque tra loro non omogenee. \n Le fattispecie di illecito alle quali essa e\u0027 applicabile non\nsono predeterminate. \n Fatto salvo quanto previsto per la censura dall\u0027art. 88, il\nlegislatore ha rimesso alla discrezionalita\u0027 dell\u0027Ateneo di\nindividuare, in base al principio di proporzionalita\u0027, le singole\ncondotte assoggettabili a ciascuna tipologia di sanzione, essendosi\nlimitato a definire le tipologie di sanzioni applicabili ai\nprofessori, graduate in base al loro grado di afflittivita\u0027. \n Poiche\u0027 la sanzione della sospensione dal servizio fino a un anno\ne\u0027 la meno grave tra le sanzioni diverse dalla censura, da una\nlettura sinottica degli articoli 87, 88 e 89 R.D. n. 1592/1922, puo\u0027\naffermarsi che le condotte punibili con la sospensione sono quelle\nmeno gravi rientranti nelle categorie elencate all\u0027art. 89 («a) grave\ninsubordinazione; b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; c)\nabituale irregolarita\u0027 di condotta; d) atti in genere, che comunque\nledano la dignita\u0027 o l\u0027onore del professore.») per le quali non sia\napplicabile la censura. Ai sensi dell\u0027art. 88 regio decreto n.\n1592/1933, la censura e\u0027 applicabile in caso di mere «mancanze ai\ndoveri d\u0027ufficio o per irregolare condotta, che non costituiscano\ngrave insubordinazione e che non siano tali da ledere la dignita\u0027 e\nl\u0027onore del professore.». \n La sanzione di cui all\u0027art. 87, primo comma, n. 2, quindi, e\u0027\napplicabile ad un ampio ventaglio di fattispecie di illecito: da\nmancanze gravi o abituali agli obblighi d\u0027ufficio ad atti che, pur\nnon integrando una grave o abituale violazione dei suddetti obblighi,\nsiano idonei «comunque» a ledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del\nprofessore. \n Con specifico riguardo a tale ultima ipotesi, il novero delle\nfattispecie rilevanti puo\u0027 essere molto ampio e variegato. La\nfattispecie di illecito costituita dagli «atti comunque idonei a\nledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del professore» utilizzando una\ncategoria penalistica, puo\u0027 descriversi come «causalmente orientata»\ned e\u0027 suscettibile di comprendere al suo interno (attraverso\nl\u0027avverbio «comunque») anche condotte non intenzionali, o che, per le\ncircostanze del caso concreto (ad esempio, perche\u0027 contenuta in un\ncontesto circoscritto), possono ritenersi di lieve entita\u0027. \n In un siffatto contesto, la previsione di una sanzione ad effetto\nautomatico e di una durata predeterminata significativamente lunga,\nappare manifestamente sproporzionata, poiche\u0027, anche a fronte di\ncondotte non connotate da particolare gravita\u0027, o con effetti lesivi\nnon rilevanti, preclude un significativo sviluppo della carriera del\nprofessore per un notevole lasso di tempo senza che sia possibile,\nper l\u0027organo titolare del potere disciplinare, valutare la\nproporzionalita\u0027 del divieto, ovvero graduarlo nel tempo in base alla\ngravita\u0027 della condotta, e alla lesione concretamente arrecata al\nbene interesse che la sanzione stessa intende tutelare. \n Emblematico e\u0027 il caso di specie, in cui la ricorrente ha subito\nla sanzione disciplinare della sospensione dal servizio (poiche\u0027 la\ncondotta e\u0027 stata ritenuta lesiva della dignita\u0027 e dell\u0027onore del\nprofessore) ma nella misura minima di un mese, proprio in\nconsiderazione dell\u0027entita\u0027 del fatto e della sua non\nintenzionalita\u0027, ma soggiace ex lege al divieto per dieci anni di\nassumere cariche di vertice, retrocedendo dal suo attuale status. \n Non sembra potersi revocare in dubbio che il divieto di nomina a\ncariche direttive per dieci anni, pur rispondendo anche ad una logica\nextra-disciplinare costituisca una misura particolarmente afflittiva,\nspecie nel caso in cui, in ragione dell\u0027eta\u0027 anagrafica raggiunta al\nmomento dell\u0027irrogazione della sanzione, il professore abbia davanti\na se\u0027 un periodo di servizio pari o inferiore a dieci anni, poiche\u0027\nin tal caso gli sarebbe definitivamente preclusa ogni prospettiva di\naspirare a cariche di vertice. L\u0027applicazione della sanzione,\ninoltre, puo\u0027 determinare finanche un arretramento nello sviluppo\ndella carriera, per quei professori che, ricoprendo al momento\ndell\u0027irrogazione della sanzione, una delle cariche direttive oggetto\ndi divieto, vedano necessariamente retrocedere il proprio status. \n Da cio\u0027 emerge, pertanto, in violazione dell\u0027art. 3 della\nCostituzione, l\u0027ingiustificata compressione dell\u0027aspirazione del\nprofessore allo sviluppo della propria carriera la quale, pur non\nformando oggetto di un diritto immediatamente riconosciuto dalla\nCostituzione, e\u0027 da essa tutelato in quanto espressione della\npersonalita\u0027 dell\u0027individuo che si esplica nell\u0027esercizio\ndell\u0027attivita\u0027 lavorativa, nell\u0027ambito della quale, alla stregua\ndell\u0027art. 35 della Costituzione, la Repubblica cura «l\u0027elevazione\nprofessionale». La norma, dunque, risulta in contrasto con l\u0027art. 3,\nin combinato disposto con gli articoli 2, 4 e 35 della Costituzione. \n 5.2.8. La sanzione di cui all\u0027art. 89, comma secondo, regio\ndecreto n. 1592/1933, inoltre, neppure appare proporzionata (con\nriguardo alle condotte di non particolare gravita\u0027 che abbiano\n«comunque» arrecato una lesione alla dignita\u0027 e all\u0027onore del\nprofessore) rispetto al «fine ulteriore» (rispetto a quello punitivo)\nche ad essa e\u0027 correlato e che puo\u0027 essere identificato nella tutela\ndel buon andamento dell\u0027attivita\u0027 amministrativa, suscettibile di\nessere leso nel caso in cui cariche di vertice siano ricoperte da\nsoggetti che si siano resi inadempienti agli obblighi derivanti dalla\nfunzione svolta, nonche\u0027 del prestigio dell\u0027Ateneo, suscettibile di\nsubire pregiudizio nel caso in cui l\u0027Istituzione sia rappresentata ai\npropri vertici da professori destinatari di sanzioni disciplinari o\nche con i loro comportamenti abbiano arrecato nocumento alla propria\nreputazione (la «dignita\u0027» e l\u0027«onore» del professore). \n Il legislatore ha ritenuto che le condotte violative in forma non\nlieve degli obblighi concernenti l\u0027esercizio delle funzioni ovvero\n«comunque» lesive della dignita\u0027 e dell\u0027onore del professore possano\nperdere la propria attitudine pregiudicante decorsi dieci anni\ndall\u0027irrogazione della sanzione a prescindere dalla gravita\u0027 della\ncondotta sanzionata. \n Ha, dunque, riconosciuto al trascorrere del tempo una capacita\u0027\n«ripristinatoria» dell\u0027«affidabilita\u0027 professionale» e del prestigio\ndel docente e dell\u0027Ateneo stesso. \n Non ha, tuttavia, considerato il dato di comune esperienza\nsecondo cui anche il lasso di tempo necessario alla reintegrazione\n«dell\u0027affidabilita\u0027 professionale» e del «buon nome» del professore\n(e di riflesso dell\u0027Ateneo), a sua volta, puo\u0027 variare in base alla\nminore o maggiore gravita\u0027 della condotta, nonche\u0027 del vulnus\narrecato al bene giuridico tutelato. \n Un fatto non grave o che abbia suscitato un clamore mediatico\nlimitato quanto a intensita\u0027 e contesto sara\u0027 suscettibile di essere\npiu\u0027 rapidamente reintegrato per mezzo di condotte di segno opposto a\nquelle censurate e «dimenticato» in un tempo certamente inferiore\nrispetto a quello necessario a far cessare il clamore per un fatto\ngrave che abbia assunto rilievo nazionale. \n Il legislatore, invece, ha previsto il divieto di elettorato\npassivo in misura fissa per dieci anni quale conseguenza necessaria\ndell\u0027irrogazione della sanzione della sospensione del servizio fino a\nun anno di cui all\u0027art. 87, primo comma, n. 2 R.D. n. 1592/1933,\nanche per condotte non connotate da rilevante gravita\u0027 e non\nsuscettibili di arrecare un rilevante pregiudizio della reputazione\ndel professore o dell\u0027Ateneo (sono sufficienti atti che «comunque»\nledano il prestigio e l\u0027onore del professore) senza consentire\nall\u0027organo titolare del potere disciplinare una valutazione\nimprontata al principio di proporzionalita\u0027. \n Com\u0027e\u0027 noto il c.d. test di proporzionalita\u0027 impone una triplice\nvalutazione: «l\u0027idoneita\u0027» della sanzione rispetto al fine da\nperseguire, la «necessita\u0027» della restrizione per il perseguimento\ndel fine stesso (da intendersi come verifica che la sanzione irrogata\ncostituisca il rimedio meno restrittivo tra quelli idonei a\nperseguire la finalita\u0027) e la proporzionalita\u0027 in senso stretto, ossi\nla non manifesta sproporzione del mezzo rispetto al fine. \n La sanzione accessoria in questione, essendo obbligatoria e in\nmisura fissa, non consente all\u0027organo titolare del potere\ndisciplinare di valutare in relazione alla gravita\u0027 della condotta,\nin special modo la «necessita\u0027» della misura per il ripristino del\n«prestigio» dell\u0027Istituzione, ne\u0027 la stretta proporzionalita\u0027,\nimponendo un divieto di dieci anni di assumere cariche di vertice\nanche per condotte che, pur presentando un\u0027idoneita\u0027 lesiva del\nprestigio del professore, non necessiterebbero di un tempo cosi\u0027\nlungo per consentirne il ripristino. \n 5.2.9. Ne\u0027 puo\u0027 ritenersi che la graduazione della sanzione\naccessoria possa essere effettuata nell\u0027ambito delle valutazioni che\npresiedono all\u0027applicazione della sanzione principale (sospensione\ndal servizio fino ad un anno di cui all\u0027art. 87, primo comma, n. 2\nregio decreto n. 1592/1933). Come si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di osservare,\nla sanzione disciplinare «principale» meno grave tra quelle\napplicabili ai professori universitari e\u0027 costituita dalla censura,\nche, tuttavia puo\u0027 essere irrogata solo se le condotte contestate\n«non costituiscano grave insubordinazione» e «non siano tali da\nledere la dignita\u0027 e l\u0027onore del professore». Qualora la condotta,\ndunque, non sia grave, ma sia «comunque lesiva della dignita\u0027 e\ndell\u0027onore del professore» nessuna sanzione meno grave della\nsospensione dal servizio e\u0027 irrogabile, con la conseguente necessaria\napplicazione dell\u0027ulteriore misura di divieto di conseguire incarichi\ndi vertice per dieci anni. \n 6. In conclusione, sulla scorta delle coordinate ermeneutiche\nrinvenibili dalla giurisprudenza costituzionale sopra citata, appare\nnon manifestamente infondata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 89, secondo comma, secondo periodo regio\ndecreto n. 1592/1933 per contrasto con i principi di proporzionalita\u0027\ne ragionevolezza di cui all\u0027art. 3 della Costituzione, nella parte in\ncui fa discendere quale conseguenza necessaria dell\u0027applicazione\ndella sanzione di cui all\u0027art. 87, primo comma, n. 2 regio decreto n.\n1592/1933, ove essa venga irrogata in relazione a condotte che\nabbiano compromesso l\u0027onore e la dignita\u0027 del professore,\nl\u0027ineleggibilita\u0027 alle cariche di Rettore dell\u0027universita\u0027 o di\ndirettore di istituzione universitaria per il periodo di dieci anni\nsenza attribuire all\u0027organo titolare del potere disciplinare alcun\npotere discrezionale che possa consentire, sulla base di una\nvalutazione di proporzionalita\u0027, di non applicare la sanzione, o di\ngraduarne la durata in base alla gravita\u0027 della condotta e dei suoi\neffetti. \n 7. In conclusione: \n i motivi da uno a quattro articolati nel ricorso introduttivo\nvanno dichiarati infondati; \n per lo scrutinio del ricorso per motivi aggiunti il processo\nva sospeso ai sensi e per gli effetti degli articoli 79 e 80 c.p.a. e\n295 del codice di procedura civile, rimettendo alla Corte\ncostituzionale la questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 89,\nsecondo comma, secondo periodo regio decreto n. 1592/1933, in\nriferimento all\u0027art. 3, in combinato disposto con gli articoli 2, 4 e\n35 della Costituzione. \n 45. Ogni ulteriore statuizione e\u0027 riservata alla decisione\ndefinitiva. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale della Campania (Sezione\nseconda), non definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi\naggiunti, come in epigrafe proposti: \n respinge il ricorso introduttivo quanto ai motivi da 1 a 4\ndel ricorso introduttivo; \n per la disamina delle censure contenute nel ricorso per\nmotivi aggiunti, visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,\ndichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi dell\u0027art.\n23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 89, secondo comma, secondo periodo R.D. n.\n1592/1933 per violazione dell\u0027art. 3, in combinato disposto con gli\narticoli 2, 4 e 35 della Costituzione nei sensi di cui in\nmotivazione; \n sospende il presente giudizio ai sensi dell\u0027art. 79, comma 1\nc.p.a.; \n dispone, a cura della segreteria, l\u0027immediata trasmissione\ndegli atti alla Corte costituzionale; \n rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle\nspese di lite, all\u0027esito del giudizio incidentale di\ncostituzionalita\u0027. \n Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della\nsegreteria, a tutte le parti in causa, e che sia comunicata al\nPresidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera\ndei deputati e al Presidente del Consiglio dei ministri. \n Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all\u0027art. 52, commi 1\ne 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli\n5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignita\u0027\ndella parte interessata, manda alla segreteria di procedere\nall\u0027oscuramento delle generalita\u0027 della parte ricorrente e di ogni\ndato atto a identificarla. \n Cosi\u0027 deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 22\ngennaio 2025, 30 aprile 2025, con l\u0027intervento dei magistrati: \n Anna Pappalardo, Presidente; \n Maria Barbara Cavallo, consigliere; \n Mariagiovanna Amorizzo, Primo referendario, estensore; \n \n Il Presidente: Pappalardo \n \n \n L\u0027estensore: Amorizzo","elencoNorme":[{"id":"63790","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"rd","denominaz_legge":"regio decreto","data_legge":"31/08/1933","data_nir":"1933-08-31","numero_legge":"1592","descrizionenesso":"","legge_articolo":"89","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"secondo periodo","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto:1933-08-31;1592~art89"}],"elencoParametri":[{"id":"80062","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"in combinato disposto con gli artt.","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80061","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"2","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80063","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"4","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80064","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"35","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54984","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Rizzo Maria Rosaria","data_costit_part":"03/11/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}" ] ] |
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