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R.G. 1108/2023; \n    A.S.G.I.  -  Associazione   studi   giuridici   sull\u0027immigrazione\n(97086880156) rappresentato e difeso da avv.  Guariso  Alberto  e  da\navv. Roberta Randellini; \n    L\u0027Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca interuniversitario  su\ncarcere,  devianza,   marginalita\u0027   e   governo   delle   migrazioni\n(94093950486) rappresentato e difeso da  avv.  Alida  Surace  e  avv.\nSilvia Ventura - ricorrenti; \n    contro Comune di Arezzo (00176820512) rappresentato e  difeso  da\navv. Rulli Lucia e avv. Stefano Pasquini; \n    Regione Toscana (01386030488)  rappresentato  e  difeso  da  avv.\nFlora Neglia - resistenti. \n    Il Giudice dott. Luca  Minniti,  all\u0027esito  dell\u0027udienza  del  12\nmarzo 2024, ha emesso la seguente ordinanza: \n      Oggetto:  art.  28,   decreto   legislativo   n.   150/2011   -\nControversia in materia di discriminazione. \n    1. Con ricorso ex art. 28, decreto  legislativo  n.  150/2011  le\nassociazioni  ASGI   -   Associazione   per   gli   studi   giuridici\nsull\u0027immigrazione e  L\u0027Altro  Diritto  O.D.V.  -  Centro  di  ricerca\ninteruniversitario su carcere, devianza, marginalita\u0027 e governo delle\nmigrazioni (di seguito solo ASGI e L\u0027Altro Diritto)  hanno  convenuto\nin giudizio il Comune di Arezzo e la Regione Toscana per ivi  sentire\naccogliere le seguenti conclusioni: \n      in via preliminare: \n        dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la\nquestione di costituzionalita\u0027 dell\u0027allegato B, art. 10, lett.  C-1),\nL.R. Toscana 2/2019 e successive  modifiche  e  integrazioni  laddove\nprevede l\u0027assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di  residenza\nanagrafica  o  prestazione  lavorativa  continuativa  di  almeno   un\ncomponente  del  nucleo   familiare   nell\u0027ambito   territoriale   di\nriferimento del bando da almeno 3 anni e fino  ad  oltre venti  anni,\nper contrasto con l\u0027art. 3 della Costituzione e con l\u0027art. 117, comma\n1  della  Costituzione  quest\u0027ultimo  in  riferimento  all\u0027art.   11,\ndirettiva 2003/109 e art. 12 direttiva  2011/98  e  occorrendo  degli\narticoli  21  (non  discriminazione)  e  34  (Diritto  all\u0027assistenza\nabitativa) della CDFUE; \n        per l\u0027effetto sospendere il presente giudizio  rinviando  gli\natti alla Corte costituzionale. \n    In via principale: successivamente, anche all\u0027esito del  predetto\ngiudizio di costituzionalita\u0027: \n      a. accertare e dichiarare il  carattere  discriminatorio  della\ncondotta tenuta: \n        dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione nel bando\nERP 2022  della  clausola  di  cui  all\u0027art.  4,  sub.  C-1  relativa\nall\u0027assegnazione del punteggio basata sulle condizioni di «storicita\u0027\ndi presenza»; \n        dal Comune  di  Arezzo  consistente  nella  introduzione  del\nregolamento in materia di utilizzo autorizzato di alloggi ERP in  via\nemergenziale, delle clausole relative al  requisito  della  pregressa\nresidenza quinquennale e (per i soli stranieri) all\u0027esercizio di  una\nregolare attivita\u0027 di lavoro subordinato o di lavoro  autonomo  (art.\n2); \n      b. ordinare al Comune di Arezzo di modificare il bando ERP 2022\ne il regolamento per le assegnazioni emergenziali (e relativo bando),\neliminando le clausole censurate; \n      c. ordinare al Comune di Arezzo di  modificare  le  graduatorie\nrelative al bando ERP 2022  e  al  regolamento  per  le  assegnazioni\nemergenziali (previo  annullamento  della  graduatoria  eventualmente\ngia\u0027  emessa  nelle  more  del  giudizio)  e  di  riformularla  senza\nconsiderazione della anzianita\u0027 di residenza o  attivita\u0027  lavorativa\nnell\u0027area di efficacia del bando; \n      d. ordinare al Comune  di  Arezzo  di  riaprire  i  termini  di\npresentazione delle domande di partecipazione al bando ERP 2022  e  a\nquello relativo  al  regolamento  per  le  assegnazioni  emergenziali\nsecondo le nuove regole risultanti dalla eliminazione delle  predette\nclausole; \n      e. dato atto che le statuizioni richieste attengono a  obblighi\ndi fare infungibili, condannare l\u0027amministrazione convenuta a  pagare\nalle associazioni ricorrenti, in solido tra loro e ai sensi dell\u0027art.\n614-bis  c.p.c.,   euro   100,00   per   ogni   giorno   di   ritardo\nnell\u0027adempimento  integrale  con  decorrenza  dal  trentesimo  giorno\nsuccessivo alla emananda ordinanza; \n      f. condannare la Regione Toscana e  il  Comune  di  Arezzo,  in\nsolido fra loro o, in subordine, in via disgiuntiva per la  parte  di\nrispettiva competenza  a  risarcire  alle  ricorrenti  il  danno  non\npatrimoniale derivante dalla discriminazione  di  cui  al  punto  a),\ndanno da liquidarsi in via equitativa, anche in relazione ai  criteri\nindicati al par. 7, indicandosi sin d\u0027ora la somma  di  euro  10.000,\nper ciascuna associazione, con riserva di precisazione  in  relazione\nalle circostanze esposte al punto 7; \n      g. ordinare la pubblicazione dell\u0027emanando provvedimento  sulla\nhome page del sito istituzionale dell\u0027amministrazione per  un  minimo\ndi giorni trenta, o su un giornale che il Tribunale vorra\u0027  indicare,\ncon caratteri doppi di quelli normalmente utilizzati; \n      h.  Con  vittoria  di  spese,  ivi  compreso  il  rimborso  del\ncontributo  unificato,  da  distrarsi  in  favore   dei   procuratori\nantistatari. \n      1.1. A  sostegno  delle  proprie  domande  i  ricorrenti  hanno\nrappresentato: \n      che con determinazione dirigenziale n. 2387  del  19  settembre\n2022 il Comune di Arezzo  ha  approvato  il  bando  ERP  2022  (bando\ngenerale di concorso, indetto ai sensi della  LRT  n.  2/2019  e  del\nregolamento dei Comuni  del  Lode  di  Arezzo)  «sulle  modalita\u0027  di\naccesso, di assegnazione e di  utilizzo  successivo  all\u0027assegnazione\ndegli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), per formare\nla graduatoria degli aspiranti assegnatari  di  alloggi  di  edilizia\nresidenziale pubblica E.R.P., periodicamente disponibili  nel  Comune\ndi Arezzo»; \n      che il predetto bando conteneva tra le condizioni di accesso  e\nle modalita\u0027 di  attribuzione  del  punteggio  le  medesime  previste\ndall\u0027allegato B della L.R. Toscana 2 gennaio 2019, n. 2,  oggetto  di\nmodifica, unitamente all\u0027allegato A, ad opera della L.R. 21 settembre\n2021, n. 35; \n      che detta modifica si era resa  necessaria  a  seguito  di  due\nsentenze della Corte costituzionale: \n        la sentenza n. 44 del 9 marzo 2020 che, con riferimento a una\nlegge regionale lombarda, aveva dichiarato l\u0027incostituzionalita\u0027  del\nrequisito di residenza quinquennale per  accedere  agli  alloggi  ERP\n(anche la L.R. Toscana prevedeva identico requisito); \n        la sentenza n. 9 del 12 gennaio 2021 che, con  riferimento  a\nuna  legge  regionale  della  Regione   Abruzzo,   aveva   dichiarato\nincostituzionale sia la richiesta  ai  soli  cittadini  stranieri  di\ndocumenti aggiuntivi - rispetto a quanto richiesto  agli  italiani  -\nper comprovare la «impossidenza» di immobili all\u0027estero (e  anche  la\nL.R. Toscana n. 2 prevedeva analogo  onere),  sia  la  valorizzazione\ndella  pregressa  residenza  nella  Regione   nell\u0027attribuzione   dei\npunteggi per la formazione della graduatoria; \n        che nel recepire le citate sentenze, tuttavia, la Regione  (e\nconseguentemente il Comune di Arezzo replicando le  condizioni  ed  i\ncriteri di attribuzione del punteggio nel bando in esame) ha operato,\nnella nuova lettera c) dell\u0027allegato B,  una  «valorizzazione»  della\nresidenza pregressa  che  non  pare,  ad  avviso  delle  associazioni\nricorrenti, conforme  alle  indicazioni  rese  dalla  Consulta  nella\ncitata sentenza n. 9/2021. \n        In particolare, secondo la prospettazione dei  ricorrenti,  i\ncriteri di attribuzione del punteggio basati su condizioni di  durata\ndella presenza (residenza  o  prestazione  di  attivita\u0027  lavorativa)\nrivestirebbero una rilevanza eccessiva rispetto  agli  altri  criteri\n(basati invece sulle condizioni socio-economiche e familiari e  sulle\nsituazioni di grave disagio  abitativo)  maggiormente  coerenti  alla\nratio ed al bisogno che la normativa residenziale  pubblica  tende  a\nsoddisfare (1) (2) \n      che l\u0027applicazione di tali criteri di  punteggio,  pur  essendo\nprevista per la  generalita\u0027  dei  richiedenti,  ha  determinato  una\nconsistente riduzione della presenza dei  cittadini  stranieri  nelle\ngraduatorie per l\u0027accesso agli alloggi ERP. \n    1.2. Le associazioni ricorrenti lamentano inoltre  una  ulteriore\ncondotta discriminatoria, in questo caso del solo Comune  di  Arezzo,\nche attiene al regolamento in materia di utilizzo autorizzato in  via\nemergenziale di alloggi ERP ai sensi della L.R.T.  2/2019  modificato\nda ultimo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 2021 e avente\nad oggetto le «modalita\u0027 ed i criteri di conferimento provvisorio  di\nalloggi ERP a nuclei familiari non assegnatari in via ordinaria e che\nnecessitino di risolvere  in  via  emergenziale  il  proprio  disagio\nabitativo». \n    In particolare, a dispetto della normativa regionale  in  materia\ndi assegnazioni emergenziali (3) ,  nel  regolamento  in  parola  del\nComune di Arezzo, che disciplina l\u0027utilizzo  temporaneo  per  1  anno\nrinnovabile e le  modalita\u0027  di  inserimento  nelle  graduatorie  per\nassegnazioni emergenziali, si prevede: \n      all\u0027art. 2, il requisito di cinque anni di residenza  o  lavoro\nnel Comune e tale requisito e\u0027 riportato anche nel modulo di  istanza\nrisultante dal sito del Comune; \n      per  gli  stranieri,  l\u0027onere  di  documenti  aggiuntivi  nella\nformulazione  soppressa  dalla  L.R.  n.  35/2021   ma   tale   onere\ndocumentale e\u0027 poi riportato nel modulo di domanda nella formulazione\ncorretta; \n      che il  cittadino  extra  UE,  ove  titolare  del  permesso  di\nsoggiorno almeno biennale, debba «esercitare una  regolare  attivita\u0027\nlavorativa di lavoro subordinato o di lavoro autonomo» e  anche  tale\nrequisito e\u0027 riportato come obbligatorio nella domanda  online  (che,\ntra l\u0027altro, e\u0027 formulata in modo tale  da  rendere  difficoltosa  la\ndichiarazione dei lavoratori autonomi: «dichiara di  essere  titolare\ndi permesso di soggiorno  almeno  biennale  e  contestuale  attivita\u0027\nlavorativa presso...»); \n      che   la   domanda   deve   essere    presentata    utilizzando\nesclusivamente il predetto modulo reperibile online. Conseguentemente\nchi non ha i requisiti richiesti  nel  modulo  non  potrebbe  neppure\nottenere un provvedimento di diniego perche\u0027 la domanda non  verrebbe\nneppure ammessa. \n    1.3. Alla luce di  quanto  sostenuto  i  ricorrenti  concludevano\nchiedendo  di  rimuovere  la  discriminazione   e   ripristinare   le\ncondizioni di eguaglianza e parita\u0027 di trattamento, previa rimessione\nalla  Corte  costituzionale,  del  criterio   discriminatorio   della\n«residenzialita\u0027 storica» dalla normativa regionale e la  conseguente\ndisapplicazione  dei  relativi  atti   amministrativi;   nonche\u0027   di\nripristinare la parita\u0027 di trattamento anche per il bando  del  2022,\nriformulando la graduatoria  senza  considerare  il  punteggio  della\nresidenza  pregressa,  ed  eventualmente  adottando,   in   caso   di\ninadempienza,  provvedimenti  coercitivi  ex  art.   614-bis   c.p.c.\nconsiderando la natura  del  diritto  dedotto  e  la  gravita\u0027  degli\neffetti dell\u0027inadempimento; di risarcire il  danno  non  patrimoniale\nderivante  dalla  discriminazione  in   favore   delle   associazioni\nricorrenti, sottolineando l\u0027importanza dissuasiva di tale rimedio. \n    2. Si costituiva in giudizio in data 7 settembre 2023  il  Comune\ndi Arezzo chiedendo in via preliminare ed in  diritto  di  dichiarare\nl\u0027inammissibilita\u0027 del ricorso per difetto  di  giurisdizione  e  per\ncarenza di interesse, di  dichiarare  il  difetto  di  legittimazione\nattiva di Asgi e l\u0027Altro Diritto O.D.V. e, nel merito,  di  rigettare\nle domande di parte ricorrente. \n    2.1. L\u0027amministrazione comunale di Arezzo ha dedotto in fatto: \n      che il Comune, in applicazione della L.R.  Toscana  n.  2/2019,\nprocede nell\u0027assegnazione di alloggi ERP in  due  modalita\u0027,  in  via\nordinaria e provvisoria: \nA. Assegnazione alloggi in via ordinaria,  mediante  bando  periodico\nalmeno quadriennale \n      che il Comune ha approvato con  provvedimento  n.  3272  del  2\ndicembre 2019 il bando E.R.P.; \n      che la legge regionale n. 2/2019 e\u0027 stata oggetto  di  modifica\ncon Legge Regionale n. 35/2021 che ha modificato: \n        l\u0027allegato A n. 2, lett. b) che prevedeva tra i requisiti per\npartecipare al  bando  per  l\u0027assegnazione  dell\u0027alloggio  E.R.P.  il\npossesso della residenza anagrafica da almeno 5  anni;  ora,  non  e\u0027\npiu\u0027 richiesto il requisito quinquennale della residenza, ma e\u0027 stato\nprevisto quale requisito solo  la  residenza  anagrafica  o  sede  di\nattivita\u0027 lavorativa stabile ed esclusiva  o  principale  nell\u0027ambito\nterritoriale del comune o dei comuni a  cui  si  riferisce  il  bando\ncosi\u0027 conformandosi alle due pronunce della Corte  costituzionale  n.\n44/2020 e n. 9/2021; \n        l\u0027allegato B, lett. c  1)  della  legge  Regione  Toscana  n.\n2/2019 in  merito  ai  punteggi  da  attribuire  alle  condizioni  di\nstoricita\u0027 di presenza; \n      che con provvedimento n. 2387 del 19 settembre 2022  il  Comune\ndi  Arezzo  ha  pertanto  provveduto  ad  approvare  il  nuovo  bando\nadeguandolo  alle  modifiche  introdotte  dalla  legge  regionale  n.\n35/2021, che e\u0027 stato pubblicato dal 19 settembre 2022 al 18 novembre\n2022; \n      che, scaduto il termine per la presentazione delle domande,  il\nServizio Patrimonio del Comune  di  Arezzo,  ha  effettuato  apposita\nistruttoria in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione  da\nparte dei candidati,  la  Commissione  giudicatrice  ha  valutato  le\ndomande ed ha assegnato i relativi punteggi in conformita\u0027  a  quanto\nprevisto dal bando, procedimento poi conclusa con decisione  n.  1176\ndell\u002711 maggio 2023 di approvazione della graduatoria definitiva; \nB. Assegnazioni alloggi in  via  provvisoria  tramite  autorizzazione\nall\u0027utilizzo degli alloggi \n    che  gli  articoli  7  e  14  della  legge  regionale  n.  2/2019\ndisciplinano l\u0027assegnazione provvisoria di alloggi ERP  a  favore  di\nnuclei familiari, in possesso dei requisiti  previsti  per  l\u0027accesso\nagli alloggi ERP, non assegnatari in via ordinaria e che  necessitino\ndi risolvere in via emergenziale il proprio disagio  abitativo  (c.d.\nutilizzo autorizzato degli alloggi) (4) \n      che in attuazione della legge regionale n. 2/2019 il Comune  di\nArezzo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 29  aprile  2021\nha approvato il regolamento in materia  di  utilizzo  autorizzato  di\nalloggi ERP che all\u0027art. 2 individua i requisiti di accesso che  sono\ni medesimi di quelli previsti per l\u0027accesso all\u0027alloggio ordinario; \n      che tale articolo ad  oggi  non  risulta  adeguato  alla  nuova\nprevisione dell\u0027allegato A n. 2, lett. b) della legge Regione Toscana\nn. 2/2019 nella versione modificata da ultimo con legge regionale  n.\n35/2021 (che  ha  abrogato  il  requisito  di  accesso  rappresentato\ndall\u0027anzianita\u0027 almeno quinquennale della residenza anagrafica); \n      che tuttavia il Servizio Patrimonio  del  Comune  di  Arezzo  a\ndecorrere dall\u0027entrata in vigore delle modifiche apportate alla Legge\nregionale,  ha  sempre  disapplicato   l\u0027art.   2   del   regolamento\nrifacendosi alle prescrizioni contenute nell\u0027atto normativo di  rango\npiu\u0027 elevato (rectius legge regionale) come emerge dai verbali  delle\nsedute della Commissione Comunale per  l\u0027utilizzo  autorizzato  degli\nalloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica  (costituita  ai  sensi\ndell\u0027art. 7, comma 1, lettera c, della L.R.T. n. 02/2019 e  dell\u0027art.\n7 del regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo  sulle  modalita\u0027  di\naccesso, di assegnazione e di  utilizzo  successivo  all\u0027assegnazione\ndegli alloggi di edilizia residenziale pubblica) riunitasi in data  7\nmarzo 2022, 10 ottobre 2022 e 21 marzo 2023; \n      che con provvedimento n. 1901 del 14 luglio  2023  il  Servizio\nPatrimonio ha poi disposto formalmente la disapplicazione dell\u0027art. 2\ndel  regolamento,  nelle  more  dell\u0027aggiornamento  del   regolamento\nstesso, dandone pubblicizzazione tramite la pagina del  proprio  sito\nweb. \n    2.2. Alla luce dei fatti esposti, il Comune di Arezzo argomentava\nin diritto eccependo - in via preliminare: \n      a) l\u0027inammissibilita\u0027 del ricorso per difetto di giurisdizione,\npoiche\u0027 in materia di edilizia residenziale pubblica  il  riparto  di\ngiurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace\nalle comuni regole correlate alla posizione fatta valere in giudizio;\ngiacche\u0027 nel caso  di  specie,  il  giudice  ordinario  non  potrebbe\nordinare alla P.A. di modificare o annullare il proprio provvedimento\namministrativo  (il  bando  ERP  adottato   esercitando   un   potere\nlegalmente previsto) essendo  rimessa  questa  possibilita\u0027  solo  al\nGiudice Amministrativo, l\u0027interesse leso  a  non  subire  trattamenti\ndiscriminatori per effetto  delle  disposizioni  discriminatorie  del\nbando  rappresenta  un  interesse  legittimo  tutelabile  dinanzi  al\ngiudice amministrativo; \n      b) il difetto di legittimazione attiva di  ASGI  e  di  L\u0027Altro\nDiritto legittimate solo nelle ipotesi di discriminazione  diretta  o\nindiretta per razza o origine etnica (per effetto combinato dell\u0027art.\n5, comma 3, e dell\u0027art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per\nragioni di nazionalita\u0027 - come nel caso di specie, e non nel caso  di\ndiscriminazione collettiva  (nelle  quali  ipotesi  sono  legittimate\nall\u0027azione le rappresentanze locali  delle  organizzazioni  sindacali\nmaggiormente rappresentative a livello nazionale). \n    Nel merito: \n      a) quanto alla non conformita\u0027 dell\u0027All. B, lett. c) L.R.T.  n.\n2/2019 alla sentenza della Corte  della  costituzione  n.  9  del  12\ngennaio 2021: \n        che la disposizione contenuta  nella  L.R.T.  2/2019  non  e\u0027\nidentica a quella prevista  dalla  Regione  Abruzzo  censurata  dalla\nCorte costituzionale con sentenza n. 9/2021; \n        che il criterio di attribuzione del  punteggio  basato  sulla\nresidenza  nel   territorio   comunale   e\u0027   idoneo   a   bilanciare\nl\u0027assegnazione degli alloggi ERP a soggetti che offrono  garanzie  di\nstanzialita\u0027,  senza  che  vi  sia  una  sopravvalutazione  di   tale\npresupposto  rispetto  allo  stato  di  bisogno,  in  conformita\u0027  ai\nprincipi dettati da Corte costituzionale n. 9/2021 e 145/2023; \n        che in ogni caso il Comune nell\u0027adozione  del  bando  ERP  e\u0027\ntenuto a dare attuazione alla disciplina della  legge  regionale  non\npotendo prevedere requisiti o criteri premianti diversi; \n      b)  quanto  alla  previsione  all\u0027art.  2  quale  requisito  di\npartecipazione alla procedura per l\u0027utilizzo di tali alloggi  in  via\nemergenziale della residenza almeno quinquennale nel Comune di Arezzo\ne dell\u0027attivita\u0027 lavorativa; \n        che la disposizione regolamentare deve essere  adeguata  alla\nnuova previsione della legge regionale,  e  tuttavia  nelle  more  il\nComune di  Arezzo  ha,  di  fatto,  sempre  disapplicato  tale  norma\nregolamentare; \n      c) l\u0027inammissibilita\u0027  della  richiesta  di  condanna  ex  art.\n614-bis c.p.c. poiche\u0027 nessuna obbligazione di fare infungibile  puo\u0027\nessere ordinata al Comune di Arezzo e comunque non e\u0027 in  alcun  modo\nprovato il danno e l\u0027entita\u0027 della richiesta risarcitoria. \n      3. Anche la Regione Toscana si costituiva in giudizio in data 7\nsettembre 2023 chiedendo il rigetto di tutte le  domande  svolte  dai\nricorrenti nei confronti della Regione Toscana. \n    3.1. Sosteneva nel merito: \n      che non vi e\u0027 identita\u0027 tra la legge della Regione Toscana e la\nlegge della Regione Abruzzo oggetto della sentenza  n.  9/2021  della\nCorte costituzionale; \n      che la stessa Corte costituzionale con la sentenza n.  145/2023\nha stabilito che  dalla  previsione  di  elementi  espressione  della\n«prospettiva di stabilita\u0027» non consegue in maniera automatica alcuna\nillegittimita\u0027 costituzionale nei termini lamentati dalle ricorrenti; \n      che con la modifica del 2021, la Regione Toscana  ha  elaborato\nun sistema complesso articolato e bilanciato per contemplare  i  vari\naspetti in cui si  esprime  il  bisogno  abitativo,  in  particolare:\ninserendo  come  alternativa  alla  residenza  la   «prestazione   di\nattivita\u0027 lavorativa continuativa»; ridimensionando il criterio della\nresidenza storica attraverso la sua graduazione in un maggior  numero\ndi  fasce  di  punteggio;  prevedendo  la  prevalenza  del  punteggio\nattribuibile  per  le  condizioni  sociali  rispetto   al   punteggio\nconseguibile con la residenza storica; \n      quanto al rispetto del principio di  non  discriminazione:  che\npuo\u0027 parlarsi solo di discriminazione indiretta e comunque  l\u0027effetto\ndiscriminatorio non sarebbe  provato  dai  documenti  prodotti  dalle\nassociazioni ricorrenti ed in ogni caso  contestando  il  valore  dei\ndati statistici portati a fondamento delle  argomentazioni  di  parte\nricorrente; \n      che alla luce  della  giurisprudenza  eurounitaria  ed  europea\nrelativa ai dati statistici e alla  presunzione  di  discriminazione,\nsolo in presenza di dati statistici ufficiali relativi a  percentuali\nmolto alte di appartenenti ad  una  data  categoria,  in  genere,  e\u0027\nriconosciuta una discriminazione indiretta  (5) \n      che una percentuale pari al  62%  del  totale  degli  stranieri\npresenti  in  Provincia  di  Arezzo,  peraltro  indimostrata  -   che\nsarebbero colpiti dall\u0027effetto discriminatorio non e\u0027  sufficiente  a\nfornire un principio di prova di discriminazione; \n      quanto alla domanda di risarcimento del danno, che tale domanda\nsarebbe inammissibile alla stregua di Cass. n. 23730 del 22  novembre\n2016  che   ha   evidenziato   come   non   sia   configurabile   una\nresponsabilita\u0027  dello  Stato  (e  quindi   anche   del   legislatore\nregionale) per «illecito legislativo» cio\u0027 sia nel caso di  omissione\nche di ritardo nell\u0027attivita\u0027 legislativa ed  anche  nell\u0027ipotesi  di\nillegittimita\u0027 costituzionale; \n      che in ogni caso  non  sarebbero  stati  provati  gli  elementi\ncostitutivi  della  domanda  di  risarcimento   e   difetterebbe   in\nparticolare l\u0027elemento della colpevolezza della Regione; \n      quanto all\u0027infondatezza della domanda di  condanna  degli  enti\nconvenuti al pagamento di  una  somma  ex  art.  614-bis  c.p.c,  che\n«trattandosi di enti pubblici e  di  adempimenti  amministrativi  che\nrichiedono (in particolare per la modifica  regolamentare  e  l\u0027esame\ndelle  graduatorie)  tempi  non  preventivabili,  non  puo\u0027   trovare\naccoglimento la domanda di condanna degli enti convenuti al pagamento\ndi una somma ex art. 614-bis c.p.c., poiche\u0027 cio\u0027 si rivelerebbe  non\nequo» ( come si ricaverebbe dalla decisione del Tribunale Sez. Lav. -\nUdine, 2 marzo 2021. \n    4. All\u0027udienza del 16 gennaio 2024  fissata  per  la  trattazione\ndella causa, il  Comune  di  Arezzo  confermava  che  il  regolamento\ncensurato non veniva di fatto applicato e che sarebbe stata in  corso\nuna procedura abrogativa. Il Giudice su  richiesta  delle  parti  che\ndiscutevano a fondo il merito, concedeva trenta  giorni  per  memorie\nconclusionali e fissava per  la  trattenuta  in  decisione  l\u0027udienza\nall\u0027esito della quale tratteneva la causa in decisione. \n    5. Preliminarmente va evidenziato che sussiste  la  giurisdizione\ndel giudice ordinario in ordine alla presente controversia. \n    Si tratta, infatti, di controversia in materia di discriminazione\nche spetta alla cognizione del Giudice ordinario in quanto involge la\ntutela di una posizione di diritto soggettivo, anche nel caso in  cui\nla discriminazione sia  attuata  attraverso  un  provvedimento  della\npubblica amministrazione. (6) \n    L\u0027assunto puo\u0027 ritenersi pacifico, tenuto conto dell\u0027orientamento\npiu\u0027 volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita\u0027 in  base  al\nquale  «il  diritto  a  non  essere  discriminati  si  configura,  in\nconsiderazione del quadro  normativo  costituzionale  (art.  3  della\nCostituzione),  sovranazionale  (direttiva  2000/43/CE)  ed   interno\n(articoli 3 e 4 del  decreto  legislativo  9  luglio  2003,  n.  215,\nnonche\u0027 art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come\nun diritto soggettivo assoluto tutelabile dal  giudice  ordinario,  a\nnulla rilevando che il dedotto comportamento discriminatorio consista\no meno nell\u0027emanazione di un atto amministrativo. (7) \n    A cio\u0027 si aggiunga la conferma  ricavabile  dal  dato  normativo,\nposto che l\u0027art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011 stabilisce al\ncomma 1 che «Le controversie in materia  di  discriminazione  di  cui\nall\u0027art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di\ncui all\u0027art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215,  quelle\ndi cui all\u0027art. 4 del decreto legislativo  9  luglio  2003,  n.  216,\nquelle di cui all\u0027art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67,  e  quelle\ndi cui all\u0027art. 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile  2006,\nn. 198, sono regolate  dal  rito  sommario  di  cognizione,  ove  non\ndiversamente disposto dal presente articolo» e al comma  5  che  «Con\nl\u0027ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo\u0027  condannare  il\nconvenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare\nla  cessazione  del  comportamento,  della   condotta   o   dell\u0027atto\ndiscriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della\npubblica  amministrazione,  ogni   altro   provvedimento   idoneo   a\nrimuoverne gli effetti». \n    Deve  ritenersi  sussistente,  pertanto,  la  giurisdizione   del\nTribunale  adito  in  relazione  a  tutte  le  domande  proposte  dai\nricorrenti e non assorbente l\u0027eccezione proposta. \n    6. In secondo luogo, il Comune di Arezzo contesta  l\u0027interesse  e\nla legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti. \n    6.1. Va osservato che nel caso di specie si verte in  ipotesi  di\nazione contro la discriminazione, per sua natura caratterizzata da un\npetitum volto all\u0027accertamento del carattere  discriminatorio  di  un\ncomportamento, di una condotta o di un atto e  alla  rimozione  degli\neffetti pregiudizievoli di conseguenza prodotti. Gli enti  ricorrenti\nhanno  agito  in  giudizio,   per   la   generalita\u0027   dei   soggetti\nillegittimamente  pregiudicati  nell\u0027assegnazione  degli  alloggi  di\nedilizia residenziale pubblica, denunciando l\u0027effetto discriminatorio\nderivante dalla previsione della legge regionale e del bando comunale\nche attribuisce un punteggio sproporzionato  alla  residenza  storica\nnel territorio comunale. In particolare, le  associazioni  ricorrenti\nhanno esercitato  l\u0027azione  antidiscriminatoria  collettiva  prevista\ndall\u0027art. 5 del decreto legislativo. n. 215/2003 e  dall\u0027art.  5  del\ndecreto  legislativo  n.  216/2003  (come  modificato  con  legge  23\ndicembre 2021, n. 238) al fine di tutelare  l\u0027interesse  di  tutti  i\nsoggetti, non immediatamente e  direttamente  identificabili,  a  non\nsubire  discriminazioni  nell\u0027accesso  a  beni  e  servizi,   incluso\nl\u0027alloggio, in ragione della nazionalita\u0027. \n    Tanto premesso, va osservato che l\u0027interesse ad agire di  ASGI  e\ndi L\u0027Altro Diritto deve ritenersi sussistente  nella  misura  in  cui\nl\u0027accoglimento    del    ricorso    -    previa    declaratoria    di\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 10, Lett. C-1), allegato B della  legge\nregionale   Toscana   n.   2/2019,   comporterebbe    la    rimozione\ndell\u0027attribuzione  di  punteggi  attribuiti  sulla  base  della  mera\nresidenza storica nella formazione delle  graduatorie  per  l\u0027accesso\nagli   alloggi   di   edilizia   residenziale    pubblica,    nonche\u0027\nl\u0027accertamento dell\u0027obbligo a carico delle amministrazioni  convenute\ndi procedere  alla  revisione  della  normativa  secondaria  e  delle\nrelative  graduatorie  con  ripristino  di  una  situazione  di  pari\ntrattamento per tutti coloro che sono risultati privi  dei  requisiti\nritenuti discriminatori. \n    In  altre  parole,  il  risultato   vantaggioso,   giuridicamente\napprezzabile e non conseguibile senza l\u0027intervento  del  giudice  che\nsorregge l\u0027azione  collettiva  degli  enti  ricorrenti  va  ravvisato\nproprio  nella  rimozione  della  condotta  discriminatoria,  attuata\ntramite  la  riproduzione  del   contenuto   della   norma   ritenuta\nincostituzionale nell\u0027Allegato  alla  legge  regionale  e  nel  bando\nemanato dal Comune di Arezzo,  e  delle  conseguenze  pregiudizievoli\ndalla  stessa  derivanti  in  capo  a  tutti  i  soggetti  esclusi  o\npregiudicati dal bando,  perche\u0027  privi  di  requisiti  di  residenza\nstorica duratura. \n    L\u0027eccezione  di  difetto  di  interesse  ad  agire   degli   enti\nricorrenti  deve  dunque  ritenersi  allo  stato   degli   atti   non\nassorbente. \n    6.2.  Quanto   alla   legittimazione   attiva   dei   ricorrenti,\npreliminarmente si evidenzia che la legitimatio ad causam «si risolve\nnella titolarita\u0027 del potere o del  dovere  (rispettivamente  per  la\nlegittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire  un  giudizio\nin ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente\ndalla questione dell\u0027effettiva titolarita\u0027 del lato attivo o  passivo\ndel rapporto controverso» (cfr.  Cass.,  sentenza  n.  16678  del  12\nagosto 2005). \n    E\u0027 noto che la questione della titolarita\u0027  del  rapporto  (tanto\nattiva che passiva) attiene al merito della decisione e  quindi  alla\nfondatezza della domanda in concreto proposta. E\u0027 dunque questione da\nesaminarsi in detta sede all\u0027esito della valutazione della  rilevanza\ne  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate dal ricorrente,  nonche\u0027  all\u0027esito  della\ndecisione della  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  che  si\nsolleva nel presente provvedimento. \n    Deve tuttavia rilevarsi fin d\u0027ora  l\u0027infondatezza  dell\u0027argomento\nsvolto dall\u0027amministrazione comunale convenuta. Invero, ad avviso del\nComune di Arezzo le  associazioni  ricorrenti  sarebbero  legittimate\nsolo nelle ipotesi di discriminazione diretta o indiretta per razza o\norigine etnica  (per  effetto  combinato  dell\u0027art.  5,  comma  3,  e\ndell\u0027art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non  per  ragioni  di\nnazionalita\u0027. \n    L\u0027argomento e\u0027 privo di  pregio.  Come  risulta  dagli  atti  del\nprocedimento entrambe le associazioni sono  iscritte  nell\u0027elenco  di\ncui all\u0027art. 5 decreto legislativo  n.  215/03.  La  questione  della\nlimitazione della legittimazione attiva delle organizzazioni iscritte\nall\u0027elenco  ex  art.  5  decreto  legislativo  n.  215/03  alle  sole\ndiscriminazioni per etnia, e\u0027 stata  risolta  in  senso  negativo  da\nconsolidata giurisprudenza di legittimita\u0027 (cfr. Cass.  sentenze  nn.\n11165/2017,  11166/2017,  28745/2019)  che   ha   ritenuto   che   la\nlegittimazione attiva delle associazioni di  cui  all\u0027elenco  art.  5\nd.lgs. 215/03 nell\u0027azione discriminatoria in parola vada estesa anche\nalla tutela contro condotte discriminatorie per «nazionalita\u0027» e  non\nsolo per «etnia». \n    Non pare sussistere, pertanto, il difetto  di  legittimazione  ad\nagire in capo alle associazioni ricorrenti. \n    7.  Tanto  premesso  in  ordine  alle   eccezioni   pregiudiziali\nsollevate dai convenuti, nel merito va  osservato  che  i  ricorrenti\nlamentano l\u0027esistenza di una condotta discriminatoria  della  Regione\nToscana e del Comune di Arezzo. \n    Occorre fin da  subito  osservare  che  le  questioni  sottoposte\nall\u0027attenzione di questo  Giudice  possono  essere  separate  in  due\ngruppi di domande. \n    Il primo gruppo di domande, rivolte esclusivamente nei  confronti\ndel   Comune   di   Arezzo,    riguardano    clausole    del    bando\ndell\u0027amministrazione comunale relativo all\u0027assegnazione  emergenziale\ndegli alloggi; trattandosi di questione che puo\u0027  essere  risolta  da\nquesto Giudice allo stato degli atti, sara\u0027 oggetto di  provvedimento\ndecisorio all\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027  rilevante  per\nle altre domande,  dalle  quali  per  economia  di  giudizio  non  e\u0027\nopportuno separarle. \n    La presente ordinanza ha invece ad oggetto la proposta  questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale delle norme  di  legge  regionali  che\nutilizzano nella  formazione  delle  graduatorie  il  criterio  della\nresidenza protratta nel tempo. \n    In particolare, secondo i ricorrenti la condotta  discriminatoria\nlamentata consisterebbe,  rispettivamente,  nell\u0027avere  approvato  ed\nemanato  la  legge  regionale  toscana  n.  2/2019,  con  particolare\nriferimento all\u0027art. 10, della  legge  regionale  Toscana  n.  2/2019\nnella parte in cui richiama  le  condizioni  per  l\u0027attribuzione  dei\npunteggi determinate all\u0027allegato B, Lett. C-1). \n    La questione e\u0027 ammissibile perche\u0027 ha ad oggetto norme di  legge\nsoggette al controllo di costituzionalita\u0027 ai sensi dell\u0027art.  134  e\n117 della Costituzione. \n    Nello specifico le disposizioni dell\u0027allegato B, come  richiamato\ndall\u0027art.   10   della   legge   regionale   n.   2/2019,   prevedono\nl\u0027attribuzione di punteggi nelle modalita\u0027 che seguono: \n      «a) Condizioni sociali, economiche e familiari: \n        a-1.  Reddito  annuo   complessivo   del   nucleo   familiare\ncostituito  esclusivamente  da  pensione  sociale,  assegno  sociale,\npensione minima INPS, da pensione di invalidita\u0027: punti 2; \n        a-1 bis. Reddito fiscalmente imponibile pro capite del nucleo\nfamiliare non superiore all\u0027importo annuo di una pensione minima INPS\nper persona: punti 1; \n        a-2. Nucleo familiare composto da una sola persona che  abbia\ncompiuto  il  sessantacinquesimo  anno   di   eta\u0027   alla   data   di\npubblicazione del bando o da una  coppia  i  cui  componenti  abbiano\nentrambi compiuto il sessantacinquesimo anno di  eta\u0027  alla  suddetta\ndata, anche in presenza di minori a carico o di soggetti  di  cui  ai\nsuccessivi punti a-4 o a-4 bis: punti 1; \n        a-3.  Nucleo  familiare   composto   da   coppia   coniugata,\nconvivente more uxorio, unita civilmente ovvero convivente  di  fatto\nai sensi della legge 20 maggio 2016, n.  76  (Regolamentazione  delle\nunioni civili tra persone  dello  stesso  sesso  e  disciplina  delle\nconvivenze), anagraficamente convivente e che  viva  in  coabitazione\ncon altro nucleo  familiare,  ovvero  convivente  nell\u0027ambito  di  un\nnucleo familiare piu\u0027 ampio, alla data di  pubblicazione  del  bando:\npunti 1; con uno o piu\u0027 figli minori a carico: punti 2. Il  punteggio\ne\u0027 attribuibile a condizione che nessuno dei due componenti la coppia\nabbia compiuto  il  trentaquattresimo  anno  di  eta\u0027  alla  data  di\npubblicazione del bando; \n        a-4.  Nucleo  familiare  in  cui  sia  presente  un  soggetto\nriconosciuto invalido ai sensi delle vigenti normative: \n          con eta\u0027 compresa fra 18  anni  e  65  anni  alla  data  di\npubblicazione del bando,  riconosciuto  invalido  in  misura  pari  o\nsuperiore al 67%: punti 1; \n          con eta\u0027 compresa fra 18  anni  e  65  anni  alla  data  di\npubblicazione del bando, riconosciuto  invalido  in  misura  pari  al\n100%: punti 2; \n          che non abbia compiuto il diciottesimo anno di eta\u0027  o  che\nabbia compiuto il  sessantacinquesimo  anno  di  eta\u0027  alla  data  di\npubblicazione del bando: punti 2; \n        a-4 bis. Nucleo familiare in cui  sia  presente  un  soggetto\nriconosciuto invalido al 100% con necessita\u0027 di  assistenza  continua\ne/o un portatore di handicap riconosciuto in situazione  di  gravita\u0027\ntale da rendere necessario un  intervento  assistenziale  permanente,\ncontinuativo e  globale  nella  sfera  individuale  o  in  quella  di\nrelazione: punti 3. Nel  caso  in  cui  nel  nucleo  familiare  siano\npresenti due o piu\u0027 situazioni di invalidita\u0027 di  cui  ai  precedenti\npunti a-4 e a-4 bis, non possono comunque essere attribuiti  piu\u0027  di\npunti 4; \n        a-5. Richiedente in condizione di pendolarita\u0027  per  distanza\ntra il luogo di lavoro e il luogo di residenza  superiore  a  km  70:\npunti 1. Il punteggio si applica limitatamente  al  bando  pubblicato\ndal comune nel quale il richiedente lavora; \n        a-6. Nucleo familiare composto da due persone con tre o  piu\u0027\nfamiliari fiscalmente a carico: punti 2; \n        a-7. Nucleo familiare composto da una sola persona con: uno o\npiu\u0027 figli maggiorenni fiscalmente  a  carico,  purche\u0027  non  abbiano\ncompiuto il ventiseiesimo anno di eta\u0027 alla data di pubblicazione del\nbando: punti 1; \n          un figlio minore  fiscalmente  a  carico  o  un  minore  in\naffidamento preadottivo a carico: punti 2; \n          due o piu\u0027 figli minori fiscalmente a carico o due  o  piu\u0027\nminori in affidamento preadottivo a carico: punti 3; \n          uno o piu\u0027 soggetti fiscalmente a carico di  cui  ai  punti\na-4 o a-4 bis: punti 4. \n    Nel  caso  in  cui  nel  nucleo  familiare  siano  presenti  piu\u0027\nsituazioni tra quelle sopra indicate,  non  possono  comunque  essere\nattribuiti piu\u0027 di punti 6. Il punteggio di cui al punto a-7,  ultimo\ncapoverso, non e\u0027 cumulabile con i punteggi di cui ai punti a-4 e a-4\nbis. \n        a-8. Richiedente separato  o  divorziato  legalmente  su  cui\ngrava l\u0027obbligo disposto  dall\u0027autorita\u0027  giudiziaria  del  pagamento\nmensile di un assegno di mantenimento a favore del  coniuge  e/o  dei\nfigli: punti 1. \n      b) Condizioni abitative dovute a situazioni  di  grave  disagio\nabitativo,  accertate  dall\u0027autorita\u0027  competente,  per  i   seguenti\nmotivi: \n        b-1. Permanenza effettiva e continuativa,  documentata  dalle\nautorita\u0027 pubbliche competenti, in ambienti impropriamente adibiti ad\nabitazione, aventi caratteristiche tipologiche e/o igienico-sanitarie\ndi assoluta ed effettiva  incompatibilita\u0027  con  la  destinazione  ad\nabitazione:  punti  3.  Ai  fini  di  cui  al  presente  punto   b-1,\nl\u0027eventuale classificazione catastale dell\u0027unita\u0027 immobiliare non  ha\nvalore cogente. Tale situazione deve sussistere  da  almeno  un  anno\nalla data di  pubblicazione  del  bando.  Dopo  la  formazione  della\ngraduatoria, gli uffici trasmettono apposita segnalazione dei casi in\ncui risulta attribuito il punteggio di cui al presente punto  b-1  al\ncomune e alla prefettura per la verifica  in  ordine  alle  eventuali\nconseguenze o responsabilita\u0027 derivanti dal suddetto accertamento  ai\nsensi delle vigenti disposizioni di legge; \n        b-2. Abitazione in alloggio avente  barriere  architettoniche\ntali  da  determinare  grave  disagio  abitativo,  e  non  facilmente\neliminabili, in presenza di nucleo familiare con  componente  affetto\nda  handicap,  invalidita\u0027  o  minorazioni  congenite  o   acquisite,\ncomportanti gravi e permanenti difficolta\u0027 di deambulazione: punti 2; \n        b-3.  Abitazione  in  alloggi  o  altre  strutture  abitative\nassegnati a titolo precario dai servizi di assistenza del comune o da\naltri  servizi  assistenziali  pubblici,  regolarmente  occupati,   o\nabitazione in alloggi privati procurati dai servizi di assistenza del\ncomune,  regolarmente  occupati,  il  cui  canone  di  locazione   e\u0027\nparzialmente o interamente corrisposto dal comune stesso: punti 3; \n        b-4. Abitazione in alloggio  di  proprieta\u0027  privata  con  un\ncontratto di  locazione  registrato  il  cui  canone  annuo  relativo\nall\u0027anno di produzione del reddito sia  superiore  ad  un  terzo  del\nreddito imponibile, e risulti regolarmente corrisposto: punti  3;  in\ncaso di canone uguale o superiore  al  50%  del  reddito  imponibile:\npunti 4. Ai fini del suddetto calcolo, eventuali contributi percepiti\na  titolo  di  sostegno   alloggiativo   devono   essere   scomputati\ndall\u0027ammontare del canone corrisposto; \n        b-5. Abitazione che debba  essere  rilasciata  a  seguito  di\nprovvedimento  esecutivo  di  sfratto  per  finita  locazione  o  per\nmorosita\u0027 incolpevole come  definita  all\u0027art.  14,  comma  3,  o  di\nprovvedimento di espropriazione forzata a seguito di pignoramento. Il\nsuddetto sfratto e la relativa convalida  devono  avere  data  certa,\nanteriore  alla  data  di  pubblicazione  del  bando,  comunque   non\nsuperiore ad anni due: punti 2; \n        b-6. Coabitazione in uno stesso alloggio  con  altro  o  piu\u0027\nnuclei  familiari,  ciascuno  composto  da  almeno  due   unita\u0027,   o\nsituazione di sovraffollamento con oltre due persone per vano  utile:\npunti 2. Le due condizioni non sono cumulabili. \n      c) Condizioni di storicita\u0027 di presenza: \n        c1.  Residenza  anagrafica   o   prestazione   di   attivita\u0027\nlavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo  familiare\nnell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando, da almeno tre anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque  anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti 2; da almeno  dieci  anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti  3;  da  almeno  quindici\nanni alla data di pubblicazione del bando: punti 3,5; da almeno venti\nanni alla data  di  pubblicazione  del  bando:  punti  4;  (grassetto\ndell\u0027estensore); \n        c-2. Presenza continuativa del richiedente nella  graduatoria\ncomunale o intercomunale per  l\u0027assegnazione  degli  alloggi,  ovvero\npresenza  continuativa  del  nucleo  richiedente  nell\u0027alloggio   con\nutilizzo autorizzato:  punti  0,50  per  ogni  anno  di  presenza  in\ngraduatoria o nell\u0027alloggio. Il punteggio  massimo  attribuibile  non\npuo\u0027 comunque superare i 6 punti.  Le  condizioni  di  storicita\u0027  di\npresenza devono essere in ogni  caso  dichiarate  nella  domanda  dal\nrichiedente.  Il  comune,  ai  fini  dell\u0027attribuzione  del  relativo\npunteggio,  ha  la  facolta\u0027  di  verificare  d\u0027ufficio  le  suddette\ndichiarazioni; \n        c-3. Periodo di contribuzione al Fondo GESCAL  non  inferiore\nad anni 5: punti 1; Periodo di  contribuzione  al  fondo  GESCAL  non\ninferiore ad anni 10: punti 2. I punteggi di  cui  al  punto  c)  non\npossono essere attribuiti ai nuclei  familiari  gia\u0027  assegnatari  di\nalloggi di ERP». \n    7.1. In primo luogo, va osservato che la controversia in esame ha\nad oggetto un ambito materiale che rientra nella sfera di  competenza\nche il  TFUE  attribuisce  all\u0027Unione.  L\u0027esame  della  questione  di\ncompatibilita\u0027 con il  diritto  dell\u0027Unione  europea  costituisce  un\nprius logico e giuridico  rispetto  alla  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale  in  via  incidentale,  poiche\u0027  investe   la   stessa\napplicabilita\u0027 della norma  censurata  nel  giudizio  principale  (e,\npertanto, la rilevanza della questione). \n    Tanto premesso, non pare inutile ricordare che il  contrasto  con\nil diritto  dell\u0027Unione  europea  condiziona  l\u0027applicabilita\u0027  della\nnorma censurata nel giudizio a quo - e di conseguenza la  irrilevanza\no la diversa rilevanza (alla luce della  sentenza  n.  15/2024  della\nCorte  della  Costituzione  di  cui   infra)   delle   questioni   di\nlegittimita\u0027 costituzionale che si intendano sollevare sulla medesima\n- soltanto quando la norma europea sia dotata di  effetto  diretto  o\nsia direttamente applicabile. \n    Al riguardo,  come  ribadito  dalla  Corte  costituzionale  nella\nsentenza n. 269/2017,  «deve  richiamarsi  l\u0027insegnamento  di  questa\nCorte, in base al quale «conformemente ai  principi  affermati  dalla\nsentenza della Corte di giustizia 9 marzo  1978,  in  causa  C-106/77\n(Simmenthal), e dalla  successiva  giurisprudenza  di  questa  Corte,\nsegnatamente con la sentenza n. 170 del 1984 (Granital),  qualora  si\ntratti di disposizione del diritto dell\u0027Unione  europea  direttamente\nefficace,  spetta   al   giudice   nazionale   comune   valutare   la\ncompatibilita\u0027  comunitaria  della   normativa   interna   censurata,\nutilizzando - se del caso - il rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di\ngiustizia,  e  nell\u0027ipotesi  di  contrasto  provvedere  egli   stesso\nall\u0027applicazione  della  norma  comunitaria  in  luogo  della   norma\nnazionale; mentre, in caso di contrasto  con  una  norma  comunitaria\npriva  di  efficacia  diretta  -  contrasto  accertato  eventualmente\nmediante ricorso alla Corte di giustizia - e  nell\u0027impossibilita\u0027  di\nrisolvere il contrasto in via interpretativa, il giudice comune  deve\nsollevare la questione di legittimita\u0027 costituzionale, spettando  poi\na questa Corte valutare l\u0027esistenza di un contrasto insanabile in via\ninterpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con\nil diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del  2007,\nn. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del  2012)»  (ordinanza  n.  207  del\n2013)\". Nella pronuncia in esame, con  considerazioni  rilevanti  nel\ncaso di specie, e\u0027 affermato che: «quando una disposizione di diritto\ninterno  diverge  da  norme  dell\u0027Unione  europea  prive  di  effetti\ndiretti,   occorre   sollevare   una   questione   di    legittimita\u0027\ncostituzionale, riservata alla esclusiva competenza di questa  Corte,\nsenza delibare preventivamente i profili di incompatibilita\u0027  con  il\ndiritto europeo. In tali ipotesi spetta a questa Corte  giudicare  la\nlegge, sia in riferimento ai parametri europei»  (con  riguardo  alle\npriorita\u0027, nei giudizi in via  di  azione,  si  veda  ad  esempio  la\nsentenza n. 197 del 2014, ove  si  afferma  che  «la  verifica  della\nconformita\u0027 della norma impugnata alle regole di  competenza  interna\ne\u0027 preliminare al controllo  del  rispetto  dei  principi  comunitari\n(sentenze n. 245 del 2013, n. 127 e n.  120  del  2010)».  Da  ultimo\noccorre considerare il portato della significativa  recente  sentenza\nn. 15/2024 del 12 febbraio 2024 con la quale la Corte  costituzionale\ne\u0027 tornata sul rapporto tra ordinamenti sotto il profilo  dei  rimedi\nattivabili in caso di contrasto tra norma interna e obbligo derivante\ndal diritto dell\u0027Unione europea. \n    Sul punto il richiamo e\u0027 al par. 7.3. del Considerato in  diritto\nove si legge: \n      «Nel caso in cui, invece,  la  discriminazione  compiuta  dalla\npubblica amministrazione trovi origine  nella  legge,  in  quanto  e\u0027\nquest\u0027ultima a imporre, senza alternative, quella specifica condotta,\nallora  l\u0027attivita\u0027  discriminatoria  e\u0027  ascrivibile  alla  pubblica\namministrazione soltanto in via mediata, in quanto alla radice  delle\nscelte amministrative che si e\u0027 accertato essere discriminatorie sta,\nappunto,  la  legge  (...).  In  evenienze  del  genere,  il  giudice\nordinario non puo\u0027 allora ordinare la modifica di norme regolamentari\nche siano riproduttive di norme legislative,  in  quanto  ordinerebbe\nalla  pubblica  amministrazione  di   adottare   atti   regolamentari\nconfliggenti con la legge non rimossa. \n    L\u0027esercizio  di  un  siffatto  potere  e\u0027,  dunque,   subordinato\nall\u0027accoglimento  da  parte  di  questa  Corte  della  questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale sulla norma legislativa  che  il  giudice\nritenga  essere  causa   della   natura   discriminatoria   dell\u0027atto\nregolamentare. (...) \n    In   quest\u0027ottica,   laddove   la   norma    regolamentare    sia\nsostanzialmente  riproduttiva  di  norma  legislativa,  ordinarne  la\nrimozione  implica  che  sia  sollevata  questione  di   legittimita\u0027\ncostituzionale sulla seconda. La non applicazione per  contrasto  con\nil diritto dell\u0027Unione europea a efficacia diretta -  necessaria  per\nl\u0027attribuzione immediata  del  bene  della  vita  negato  sulla  base\ndell\u0027accertata  discriminazione -  non  rimuove,  infatti,  la  legge\ndall\u0027ordinamento con immediata efficacia, ma impedisce soltanto «erga\nomnes che tale norma  venga  in  rilievo  per  la  definizione  della\ncontroversia innanzi al  giudice  nazionale»  (sentenza  n.  170  del\n1984). L\u0027ordine di rimozione della norma regolamentare - che proietta\ni suoi effetti, per espressa  scelta  del  legislatore  compiuta  con\nl\u0027art. 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, oltre il caso  che\nha originato il giudizio antidiscriminatorio - richiede, allora,  che\nsia dichiarata l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della legge, la quale,\nancorche\u0027  non  applicata  nel  caso  concreto,  e\u0027  ancora  vigente,\nefficace  e,  sia  pure  in  ipotesi  erroneamente,  suscettibile  di\napplicazione da parte della pubblica amministrazione o anche di altri\ngiudici che ne valutino diversamente la compatibilita\u0027 con il diritto\ndell\u0027Unione europea. Sono, dunque, tanto l\u0027ordinato funzionamento del\nsistema delle fonti interne, e, nello specifico, i rapporti tra legge\ne regolamento regionali, anche in relazione  al  diritto  dell\u0027Unione\neuropea,  quanto  l\u0027esigenza  che  i   piani   di   rimozione   della\ndiscriminazione siano efficaci a richiedere che il giudice ordinario,\nse  correttamente  intenda  ordinare  la  rimozione  di   una   norma\nregolamentare al fine di evitare il riprodursi della  discriminazione\nde futuro, sollevi questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  sulla\nnorma legislativa sostanzialmente riprodotta dall\u0027atto regolamentare,\nanche dopo che si sia accertata  l\u0027incompatibilita\u0027  di  dette  norme\ninterne con norme di diritto  dell\u0027Unione  europea  aventi  efficacia\ndiretta. \n    Cio\u0027 premesso, una norma eurounitaria  puo\u0027  essere  ritenuta  ad\nefficacia  diretta  quando,  a  prescindere  dall\u0027atto  della  Unione\nEuropea in cui e\u0027 contenuta imponga ai destinatari  un  comportamento\npreciso ed incondizionato e contenga una disciplina completa che  non\nnecessiti di una normativa ulteriore di  attuazione  da  parte  degli\nStati Membri, o comunque individui un diritto soggettivo o  prescriva\nun obbligo che possano  essere  immediatamente  fatti  valere  in  un\ngiudizio. \n    La Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che in tutti i casi in\ncui   le   disposizioni   di   una   direttiva    appaiano    chiare,\nsufficientemente  precise  ed  incondizionate,  i   singoli   possono\ninvocarle dinanzi ai giudici  nazionali  nei  confronti  dello  Stato\nmembro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la  direttiva  in\ndiritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l\u0027abbia  recepita  in\nmodo non corretto (v., in particolare,  sentenze  19  novembre  1991,\ncause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich,  punto  11,  e  11  luglio\n2002, causa C-62/00, Marks \u0026amp; Spencer, punto 25;  sentenza  5  ottobre\n2004, cause riunite C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., punto 103). \n    Ma, alla luce della citata giurisprudenza, deve ritenersi che  le\ndisposizioni della direttiva 2003/109 - nella parte rilevante ai fini\ndel caso in esame, non possano essere ritenute ad  efficacia  diretta\nse si ritenga che lo stato si sia avvalso della facolta\u0027 di deroga. \n    Questo perche\u0027, dovrebbero, a  tal  fine,  essere  considerati  i\nseguenti elementi: l\u0027art.  11,  primo  paragrafo,  lettera  f)  della\ndirettiva prevede espressamente che il soggiornante di lungo  periodo\ngoda dello stesso  trattamento  dei  cittadini  nazionali  anche  per\nl\u0027accesso alla «procedura per l\u0027ottenimento di un alloggio», ma, allo\nstesso tempo, prevede che lo Stato membro possa limitare  la  parita\u0027\ndi trattamento ai casi in cui  il  richiedente  ha  eletto  dimora  o\nrisiede abitualmente  nel  suo  territorio  (art.  11,  par.  2);  le\nprevisioni  in  esame,  pur  essendo  chiare  e  precise,  non   sono\nincondizionate, in quanto prevedono la possibilita\u0027 di un  intervento\nlimitativo dello Stato membro; la direttiva in esame e\u0027 stata attuata\ncon il decreto legislativo n. 3/2007 (cfr.  in  particolare  art.  9,\ncomma 12, lettera c). \n    Parimenti dovrebbe concludersi anche in  relazione  all\u0027art.  12,\ndirettiva 2011/98 ove si prevede che «I lavoratori dei paesi terzi di\ncui all\u0027art. 3, paragrafo 1, lettere b e c),  (8)  beneficiano  dello\nstesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro  in  cui\nsoggiornano per quanto concerne: (...); g) l\u0027accesso a beni e servizi\na disposizione del pubblico e all\u0027erogazione degli stessi, incluse le\nprocedure per l\u0027ottenimento di un alloggio, conformemente al  diritto\nnazionale, fatta salva  la  liberta\u0027  contrattuale  conformemente  al\ndiritto dell\u0027Unione e al diritto nazionale» e tuttavia  al  paragrafo\nsuccessivo prevede che gli Stati membri possano limitare  la  parita\u0027\ndi  trattamento  «d)  in  ordine  al  paragrafo  1,  lettera  g):  i)\nlimitandone l\u0027applicazione ai lavoratori di paesi terzi che  svolgono\nun\u0027attivita\u0027 lavorativa; ii) limitando l\u0027accesso per quanto  concerne\nl\u0027assistenza abitativa». \n    Le  stesse  integrano,  pertanto,  quali  norme   interposte   il\nparametro costituzionale espresso dall\u0027art. 117,  primo  comma  della\nCostituzione, nella  parte  in  cui  impone  la  conformazione  della\nlegislazione   interna   ai   vincoli   derivanti   dagli    obblighi\ninternazionali. \n    Ma e\u0027 vero anche che, come afferma la Corte di Giustizia  dell\u0027UE\n24 aprile 2012 (C 2012:233) ai paragrafi par. 87 e 88 della sentenza,\n«occorre rilevare che un\u0027autorita\u0027  pubblica,  sia  essa  di  livello\nnazionale, regionale o  locale,  puo\u0027  invocare  la  deroga  prevista\nall\u0027art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 unicamente qualora\ngli organi competenti nello Stato membro interessato per l\u0027attuazione\ndi  tale  direttiva  abbiano  chiaramente  espresso  l\u0027intenzione  di\navvalersi della deroga suddetta». \n    E va considerato che, nel caso in esame, allo  stato  degli  atti\nnon risulta che «la Repubblica italiana abbia manifestato la  propria\nintenzione di ricorrere alla deroga al  principio  della  parita\u0027  di\ntrattamento prevista  dall\u0027art.  11,  paragrafo  4,  della  direttiva\n2003/109». \n    Del resto, quand\u0027anche, il Giudice si trovi nell\u0027ipotesi di dover\ndisapplicare  la  norma  nazionale   in   contrasto   con   l\u0027obbligo\ndell\u0027Unione direttamente applicabile  o  idoneo  a  produrre  effetti\ndiretti, la questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  della  norma\ndisapplicata rimarrebbe comunque ammissibile alla  luce  dei  recenti\napprodi  della  Corte  costituzionale  (sentenza  15/2024),  che   ha\nconsentito il cumulo dei due strumenti  della  disapplicazione  della\nlegge con la rimessione alla Corte di una questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale sulla medesima  legge,  nell\u0027ottica  di  garantire  un\npiano di rimozione delle discriminazioni effettivo e pro futuro (art.\n28, comma 5, decreto  legislativo  n.  150/2011),  comprensivo  della\nrimozione dell\u0027atto normativo in contrasto con le norme  eurounitarie\ne tuttavia  conseguente  alla  dichiarazione  di  incostituzionalita\u0027\nadottata dalla Corte costituzionale. \n    Per queste ragioni la questione appare al giudicante, nel caso in\nesame ed in ogni caso, ammissibile. \n    7.2 Quanto alla rilevanza, ossia alla prevedibile necessita\u0027  che\nla norma sulla quale  verte  il  dubbio  di  costituzionalita\u0027  debba\ntrovare  applicazione  nel  giudizio  a  quo,  va  richiamato  quanto\nosservato in ordine all\u0027interesse ad agire dei ricorrenti. \n    Del resto, basti a tal proposito osservare  che  ASGI  e  L\u0027Altro\nDiritto hanno proposto, in proprio, l\u0027azione collettiva ex art. 5 del\ndecreto legislativo n.  215/2003  volta  ad  accertare  il  carattere\ndiscriminatorio  della  condotta   tenuta   dalla   regione   Toscana\nconsistente nell\u0027aver emanato  l\u0027art.  10,  L.R.  Toscana  n.  2/2019\nladdove, nel rinvio all\u0027allegato B, Lett. C-1) prevede l\u0027assegnazione\ndi un  punteggio  da  1  a  4  in  caso  di  residenza  anagrafica  o\nprestazione lavorativa  continuativa  di  almeno  un  componente  del\nnucleo familiare nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando da\nalmeno tre anni e fino ad oltre venti anni, per contrasto con  l\u0027art.\n3 della Costituzione e con l\u0027art. 117,  comma  1  della  Costituzione\nquest\u0027ultimo  in  riferimento  all\u0027art.  11,  direttiva  2003/109  ed\nall\u0027art. 12 della direttiva 2011/98. \n    7.3. Ad avviso di questo  giudice,  in  definitiva,  il  presente\ngiudizio non puo\u0027 essere definito indipendentemente dalla risoluzione\ndella questione di  legittimita\u0027  costituzionale  che,  pertanto,  si\nsottopone in relazione all\u0027art. 10, Lett. C-1), dell\u0027allegato B  alla\nL.R.  Toscana  n.  2/2019,  per  contrasto   con   l\u0027art.   3   della\nCostituzione, nonche\u0027 per contrasto con l\u0027art.  117,  comma  1  della\nCostituzione,  in  relazione  alla  direttiva  2003/109  e  direttiva\n2011/98. \n    Appare,  pertanto,  riscontrabile  anche  il  presupposto   della\nrilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale. \n    8.  A  parere  di  questo  giudice,  inoltre,  la  questione   di\nconformita\u0027 a Costituzione appare non manifestamente infondata. \n    In primo luogo perche\u0027  non  appare  possibile  l\u0027interpretazione\ndelle disposizioni della L.R. Toscana n.  2/2019  in  senso  conforme\nalle disposizioni costituzionali. \n    E\u0027  noto,  infatti,  che  prima  di  sollevare   l\u0027incidente   di\ncostituzionalita\u0027 il giudice a quo deve verificare la possibilita\u0027 di\ninterpretare la disposizione censurata in modo da renderla rispettosa\ndella Costituzione; soltanto nel  caso  in  cui  il  giudice  ritenga\nimpossibile fornire una interpretazione secundum constitutionem della\nnorma, diviene necessaria la rimessione della  questione  alla  Corte\ncostituzionale  (cfr.,  fra  le  altre,  Corte   costituzionale   nn.\n356/1996; 308/2008; 113/2015). \n    L\u0027art. 10 rinvia all\u0027allegato B della legge regionale  n.  2/2019\nper  la  determinazione  delle  modalita\u0027  della   formazione   della\ngraduatoria secondo i criteri illustrati  nel  paragrafo  precedente,\ncriteri  che  attribuiscono  alla  mera  residenza   un   determinato\npunteggio con un meccanismo che pur  essendo  di  dubbia  conformita\u0027\ncostituzionale, tuttavia non lascia spazio ad interpretazioni diverse\no alternative. \n    La chiara lettera della legge, confermata anche dall\u0027utilizzo  di\nespressioni dal senso univoco, non  consente  alcuna  interpretazione\nidonea  a  fugare  il  dubbio  di  conformita\u0027   all\u0027art.   3   della\nCostituzione. \n    8.1. La questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 10 della  L.R.T.\n2/2019 nella parte  in  cui  rinvia  all\u0027Allegato  B  Condizioni  per\nl\u0027attribuzione dei punteggi (art. 10) lett. c1. appare, ad avviso  di\nquesto giudice, non manifestamente infondata in relazione,  in  primo\nluogo, all\u0027art. 3 della Costituzione. \n    L\u0027articolo in parola attribuisce un punteggio in  graduatoria  da\nuno a quattro punti nel massimo a tutti i soggetti  che  possano  far\nvalere una residenza protratta nel  territorio  comunale  (ovvero  la\nprestazione  di  un\u0027attivita\u0027  lavorativa  continuativa)  secondo  un\nmeccanismo premiale e graduato che aumenta con l\u0027aumentare degli anni\ndi residenza (o lavoro continuativo). \n    A tale  proposito  i  ricorrenti  richiamando  le  considerazioni\nsvolte dalla Corte costituzionale nelle  sentenze  n.  44/2020  e  n.\n9/2021 sostengono che il  meccanismo  di  assegnazione  dei  punteggi\ncongegnato dal legislatore regionale risulti  illegittimo  in  quanto\nl\u0027attribuzione di un punteggio sulla base  della  mera  residenza  e\u0027\ntotalmente svincolato dal bisogno abitativo che  la  legge  regionale\nintende  soddisfare.  I   ricorrenti   censurano,   in   particolare,\nl\u0027attribuzione di punteggi aggiuntivi  in  ragione  della  prolungata\nresidenza in Toscana, sproporzionati rispetto ai punteggi  attribuiti\ndalle altre condizioni (sociali, economiche  e  familiari  e  di  cd.\ndisagio abitativo) che appaiono  invece  maggiormente  aderenti  alla\nratio cui la normativa ERP appare ispirata. \n    Per vero le  richiamate  sentenze  non  si  sono  occupate  della\nquestione qui in esame (anche se  la  sentenza  n.  9/2021  aveva  ad\noggetto una questione assai simile a  quella  del  caso  di  specie),\ncioe\u0027 della rilevanza della durata  della  residenza  ai  fini  della\nattribuzione della posizione in graduatoria, e tuttavia  in  esse  e\u0027\npossibile estrapolare principi generali che  al  giudicante  appaiono\npertinenti anche al caso in esame. \n    Anzitutto deve essere osservato che, come si  legge  al  punto  3\ndella sentenza 44/2020: \"il diritto  all\u0027abitazione  «rientra  fra  i\nrequisiti essenziali caratterizzanti la socialita\u0027 cui si conforma lo\nStato democratico voluto dalla  Costituzione»  ed  e\u0027  compito  dello\nStato garantirlo, contribuendo cosi\u0027 «a che la vita di  ogni  persona\nrifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l\u0027immagine universale della\ndignita\u0027 umana»  (sentenza  n.  217  del  1988;  nello  stesso  senso\nsentenze n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e  n.  404\ndel 1988). Benche\u0027 non  espressamente  previsto  dalla  Costituzione,\ntale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo  dei  diritti\ninviolabili (fra le altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e\nn. 404 del 1988 e ordinanza  n.  76  del  2010)  e  il  suo  oggetto,\nl\u0027abitazione,  deve  considerarsi  «bene  di   primaria   importanza»\n(sentenza n. 166 del 2018; si vedano anche  le  sentenze  n.  38  del\n2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009\"). \n    L\u0027edilizia residenziale pubblica  e\u0027  diretta  ad  assicurare  in\nconcreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perche\u0027 serve\na «garantire un\u0027abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo\nove e\u0027 la sede dei loro interessi» (sentenza n.  176  del  2000),  al\nfine di assicurare un\u0027esistenza dignitosa  a  tutti  coloro  che  non\ndispongono di risorse sufficienti (art. 34 della  Carta  dei  diritti\nfondamentali dell\u0027Unione  europea),  mediante  un  servizio  pubblico\ndeputato alla «provvista di alloggi per i lavoratori  e  le  famiglie\nmeno abbienti» (sentenza n. 168 del 2014). \n    Orbene la Corte costituzionale ha, a piu\u0027 riprese,  chiarito  che\n«i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei  beneficiari\ndei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione\ndel servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n.  168\ndel 2014, n. 172 e n. 133 del 2013  e  n.  40  del  2011)  (grassetto\ndell\u0027estensore). \n    Il  giudizio  sulla  sussistenza  e  sull\u0027adeguatezza   di   tale\ncollegamento, fra finalita\u0027 del servizio da erogare e caratteristiche\nsoggettive  richieste  ai  suoi  potenziali   beneficiari   -   muove\ndall\u0027identificazione della ratio della norma di riferimento  e  passa\npoi attraverso la verifica della coerenza con tale ratio, del  filtro\nselettivo introdotto,  secondo  la  struttura  tipica  del  sindacato\nsvolto ai sensi dell\u0027art. 3, primo comma, della Costituzione. \n    Se dunque la  ratio  della  normativa  di  edilizia  residenziale\nabitativa e\u0027 quella di  assicurare  il  soddisfacimento  del  bisogno\nprimario ad una abitazione, il requisito  della  residenza  pregressa\nnon appare di per se\u0027 collegato alla funzione  del  servizio.  Ed  in\neffetti, se e\u0027 vero che  e\u0027  certamente  ragionevole  che  i  servizi\nsociali erogati da un comune si rivolgano  a  persone  residenti  nel\ncomune stesso, se e\u0027 vero che e\u0027 certamente coerente con la  funzione\ndella norma che i servizi siano erogati a persone che assicurino  una\ncerta stabilita\u0027 sul territorio, e\u0027 altrettanto vero - come  rilevato\ndalla Corte costituzionale che «La previa residenza (...) non  e\u0027  di\nper se\u0027  indice  di  un\u0027elevata  probabilita\u0027  di  permanenza  in  un\ndeterminato ambito territoriale, mentre a  tali  fini  risulterebbero\nben  piu\u0027  significativi   altri   elementi   sui   quali   si   puo\u0027\nragionevolmente  fondare  una  prognosi  di  stanzialita\u0027.  In  altri\ntermini, la rilevanza conferita a una condizione del  passato,  quale\ne\u0027 la residenza [...], non sarebbe comunque oggettivamente  idonea  a\nevitare il \"rischio di instabilita\u0027\" del  beneficiario  dell\u0027alloggio\ndi edilizia residenziale  pubblica,  obiettivo  che  dovrebbe  invece\nessere perseguito avendo riguardo  agli  indici  di  probabilita\u0027  di\npermanenza per il futuro. In ogni caso,  si  deve  osservare  che  lo\nstesso \"radicamento\" territoriale,  quand\u0027anche  fosse  adeguatamente\nvalutato (non con riferimento alla previa residenza  protratta),  non\npotrebbe comunque assumere importanza  tale  da  escludere  qualsiasi\nrilievo del  bisogno.  Data  la  funzione  sociale  del  servizio  di\nedilizia residenziale pubblica, e\u0027 irragionevole che anche i soggetti\npiu\u0027 bisognosi siano esclusi a priori dall\u0027assegnazione degli alloggi\nsolo perche\u0027 non  offrirebbero  sufficienti  garanzie  di  stabilita\u0027\n(par. 3.1. Corte costituzionale,  sentenza  n.  44/2020»)  (grassetto\ndell\u0027estensore). \n    In termini piu\u0027 generali la Corte costituzionale ha affermato «il\nprincipio che  se  al  legislatore,  sia  statale  che  regionale  (e\nprovinciale), e\u0027 consentito introdurre una  disciplina  differenziata\nper l\u0027accesso alle prestazioni assistenziali al fine di conciliare la\nmassima fruibilita\u0027 dei benefici previsti con  la  limitatezza  delle\nrisorse finanziarie disponibili» (sentenza n. 133 del 2013), tuttavia\n«la legittimita\u0027 di una  simile  scelta  non  esclude  che  i  canoni\nselettivi  adottati  debbano  comunque  rispondere  al  principio  di\nragionevolezza» (sentenza n. 133 del 2013)  e  che,  quindi,  debbano\nessere in ogni caso coerenti ed adeguati a fronteggiare le situazioni\ndi bisogno o di disagio,  riferibili  direttamente  alla  persona  in\nquanto  tale,  che  costituiscono  il   presupposto   principale   di\nfruibilita\u0027 delle provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011)»\n(sentenza n. 168 del 2014). Ha inoltre affermato che  «l\u0027introduzione\ndi regimi differenziati e\u0027 consentita solo in presenza di  una  causa\nnormativa non palesemente irrazionale o  arbitraria,  che  sia  cioe\u0027\ngiustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e\u0027\nsubordinata  l\u0027attribuzione  del  beneficio  e  gli  altri  peculiari\nrequisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne  definiscono  la\nratio» (sentenza n. 172 del 2013). \n    Orbene, la Corte non ha escluso ed  ha  anzi  affermato  che  «la\nprospettiva della stabilita\u0027  puo\u0027  rientrare  tra  gli  elementi  da\nvalutare in sede di formazione  della  graduatoria»  ma  ha  altresi\u0027\nprecisato  che  le  norme  che  introducono  tale  requisito   [della\nresidenza] vanno «vagliate  con  particolare  attenzione,  in  quanto\nimplicano il rischio di  privare  certi  soggetti  dell\u0027accesso  alle\nprestazioni pubbliche solo per il fatto di aver esercitato il proprio\ndiritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza»\n(sentenza n. 107 del 2018) (grassetto dell\u0027estensore). \n    Nel presente giudizio non  sono  impugnate  norme  regionali  che\nprevedono,  come  requisito  per  la  partecipazione,  la   residenza\nprotratta  nel  tempo.  Viene  invece  in  rilievo   la   previsione,\nintrodotta  dalla  legge  regionale  Toscana  n.  2/2019,  che,  come\ncorrettamente osserva la Regione,  introduce,  non  un  requisito  di\naccesso,  ma  un  meccanismo  premiale  in  ragione  della  residenza\nprolungata nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando. \n    Questo Giudice e\u0027 quindi chiamato a valutare «in concreto»  (come\nindica la stessa sentenza n. 44 del 2020)  se  l\u0027assegnazione  di  un\ndeterminato punteggio alla residenza protratta per un  certo  periodo\nsia coerente con il  fine  perseguito  (di  garanzia  di  un\u0027adeguata\nstabilita\u0027  nell\u0027ambito  della  Regione),   e   se   cio\u0027   non   sia\ndiscriminatorio. \n    Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 9  del\n2021 «La previsione deve dunque essere sottoposta a uno scrutinio che\nne valorizzi  gli  elementi  di  contesto  in  relazione  ai  profili\nindicati: in altri termini essa deve essere valutata all\u0027interno  del\nsistema  costituito  dalle  norme  che  stabiliscono  i  punteggi  da\nassegnare ai richiedenti in ragione delle loro condizioni  soggettive\ne oggettive, e da quelle che definiscono i requisiti  di  accesso  al\nservizio». \n    Muovendo da questa prospettiva,  dalla  disciplina  regionale  si\ndeduce che  il  punteggio  massimo  da  attribuire  alle  «Condizioni\neconomiche, sociali e  familiari»  e\u0027  di  6  punti;  quello  per  le\ncondizioni oggettive riferibili alla gravita\u0027 del  disagio  abitativo\ne\u0027 nel massimo di 4 punti; quello per le  «Condizioni  di  storicita\u0027\ndella presenza» e\u0027 nel  massimo  di  4  punti;  nella  specie  quello\nattribuito ad una persona residente nel territorio comunale da almeno\nventi anni (condizione nient\u0027affatto  eccezionale  per  un  cittadino\ntoscano ) e\u0027 di 4 punti. \n    Se si considera, dunque, il complessivo punteggio attribuibile ai\nfini della selezione degli assegnatari, e se  solo  si  raffronta  il\npunteggio  massimo  assegnabile  per  le  condizioni  soggettive  del\nrichiedente con quello massimo  ottenibile  in  base  alla  residenza\nprotratta, non si puo\u0027 non constatare l\u0027evidente «sopravvalutazione»,\noperata  dal  legislatore  regionale,   della   situazione   connessa\nall\u0027anzianita\u0027 di residenza rispetto al rilievo conferito alle  altre\ncondizioni,  e  segnatamente  a  quelle  che  piu\u0027  rispecchiano   la\nsituazione di bisogno alla quale il servizio tende a porre rimedio. \n    In applicazione dei criteri anzidetti, infatti,  si  perverrebbe,\nsolo per  fare  un  esempio,  all\u0027irragionevole  conseguenza  che  un\n«Nucleo familiare  in  cui  sia  presente  un  soggetto  riconosciuto\ninvalido al  100%  con  necessita\u0027  di  assistenza  continua  e/o  un\nportatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita\u0027 tale  da\nrendere   necessario   un   intervento   assistenziale    permanente,\ncontinuativo e  globale  nella  sfera  individuale  o  in  quella  di\nrelazione (punti 3)», dotato di un alloggio inadeguato o  fatiscente,\nma non in grado di far valere il punteggio aggiuntivo  connesso  alla\nresidenza ultraventennale, verrebbe sopravanzato in graduatoria da un\n«Nucleo familiare composto da una sola persona con uno o  piu\u0027  figli\nmaggiorenni fiscalmente a carico, purche\u0027  non  abbiano  compiuto  il\nventiseiesimo anno di eta\u0027 alla data di pubblicazione  del  bando  (1\npunto)», dotato di analogo alloggio, solo perche\u0027 in grado di vantare\nuna durata di residenza idonea a produrre tutti  e  quattro  i  punti\naggiuntivi a tale scopo assegnati. \n    Per   riprendere   l\u0027ipotesi   esemplificativa   utilizzata   dai\nricorrenti:  la  valutazione  della  residenza   e\u0027   in   grado   di\nsopravanzare  sempre  situazioni   di   bisogno   e   disagio   anche\ndrammatiche: basti considerare che una coppia con un  figlio  il  cui\nrichiedente risieda da venti anni in Arezzo (situazione nient\u0027affatto\neccezionale per una persona nata ad Arezzo) sopravanza, per  il  solo\nfatto della residenza (che gli  conferisce  4  punti),  una  famiglia\nresidente da due anni e trecentosettanyaquattro giorni, in  identiche\nsituazioni economiche ma con cinque figli (2  punti);  sopravanza  un\nnucleo di 4 persone che viva con una sola pensione minima (punti  2);\nsopravanza una coppia con due bimbi che  viva  da  due  anni  in  una\nabitazione avente caratteristiche tipologiche e/o igienico  sanitarie\ndi assoluta incompatibilita\u0027 con la destinazione ad abitazione (punti\n3): una situazione quest\u0027ultima che, a logica, dovrebbe dar  luogo  a\nassoluta preferenza rispetto a qualsiasi altra ipotesi. \n    Emerge quindi un assetto normativo che tende  a  «sopravvalutare»\nuna «condizione del passato» (sentenza n. 44 del 2020) rispetto  alle\ncondizioni (soggettive e oggettive) del presente  (bisogno  attuale),\nsenza peraltro che dalla residenza protratta nel tempo  possa  trarsi\nalcun ragionevole indice di probabilita\u0027 della permanenza nel futuro. \n    Come  affermato  dalla  Corte  costituzionale:  «il   legislatore\nregionale ben puo\u0027 dare rilievo, ai  fini  della  determinazione  del\npunteggio per  la  formazione  della  graduatoria  di  accesso,  alla\n\"prospettiva della stabilita\u0027\", ma tale aspetto, se puo\u0027 concorrere a\ndeterminare la posizione dei beneficiari, deve  nondimeno  conservare\nun carattere meno rilevante rispetto alla necessaria centralita\u0027  dei\nfattori significativi della situazione di bisogno alla quale risponde\nil servizio, quali sono quelli che indicano condizioni  soggettive  e\noggettive  dei  richiedenti.  E  quale  potrebbe  invece  essere,  in\nipotesi,   un\u0027\"anzianita\u0027   di   presenza\"   del   richiedente,   non\ngenericamente  nel  territorio  regionale,  ma   precisamente   nella\ngraduatoria degli aventi diritto, giacche\u0027 questa circostanza darebbe\nevidenza a un fattore di bisogno rilevante in funzione  del  servizio\nerogato, e quindi idoneo a combinare  il  dato  del  radicamento  con\nquello  dello  stesso  bisogno».  (sentenza   9/2021   par.   4.2.2.)\n(grassetto dell\u0027estensore). \n    Ed ancora \"la stessa  residenza  protratta  costituisce  solo  un\nindice debole di quella stessa «prospettiva della  stabilita\u0027»,  alla\nquale, nei termini anzidetti, puo\u0027 essere dato legittimo  rilievo  in\nponderata concorrenza con i fattori che dimostrano invece l\u0027effettivo\ngrado di necessita\u0027 dell\u0027alloggio  da  parte  dei  richiedenti.\".  La\nCorte conclude pertanto che: \"il peso esorbitante assegnato  al  dato\ndel  radicamento  territoriale  nel  piu\u0027  generale   punteggio   per\nl\u0027assegnazione  degli  alloggi,  il  carattere  marginale  del   dato\nmedesimo in relazione alle finalita\u0027 del servizio di cui si tratta, e\nla stessa  debolezza  dell\u0027indice  della  residenza  protratta  quale\ndimostrazione  della  prospettiva   di   stabilita\u0027,   concorrono   a\ndeterminare  l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  della  previsione   in\nesame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che - siano\nessi cittadini italiani, cittadini di  altri  Stati  UE  o  cittadini\nextracomunitari, risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni  rispetto\nai residenti da almeno dieci anni.» \n    Infine: \"E\u0027 il «pieno sviluppo  della  persona  umana»  (art.  3,\nsecondo comma, della Costituzione)  la  bussola  che  deve  orientare\nl\u0027azione del legislatore, sia statale sia regionale, specie quando e\u0027\nchiamato a erogare prestazioni e servizi connessi ai  bisogni  vitali\ndell\u0027individuo,  come  quello  abitativo.  Ogni  tentativo   di   far\nprevalere sulle condizioni soggettive  e  oggettive  del  richiedente\nvalutazioni  diverse,  quali  in   particolare   quelle   dirette   a\nvalorizzare la stabile permanenza nel territorio, sia  nazionale  sia\ncomunale, deve essere quindi oggetto  di  uno  stretto  scrutinio  di\ncostituzionalita\u0027 che verifichi la congruenza di siffatte  previsioni\nrispetto all\u0027obiettivo di assicurare il diritto all\u0027abitazione ai non\nabbienti e ai bisognosi.\" (grassetto dell\u0027estensore). \n    Il ragionamento  della  Corte  negli  estratti  evidenziati,  che\nquesto  Giudice  non  puo\u0027  che  integralmente  condividere,  solleva\nindubbie criticita\u0027 anche con riguardo alle previsioni  adottate  dal\nlegislatore regionale toscano. \n    8.2.2.  La  questione   appare,   inoltre,   non   manifestamente\ninfondata, anche con riferimento all\u0027art. 117 della Costituzione,  in\nrelazione alla direttiva 2003/109/CE (e, segnatamente,  all\u0027art.  11)\ned alla direttiva n. 2011/98/CE (art. 12). \n    Come noto nell\u0027ambito di competenza in materia  di  immigrazione,\nl\u0027Unione europea ha adottato le appena citate direttive che obbligano\ngli Stati ad assicurare la parita\u0027 di trattamento  dei  cittadini  di\nPaesi terzi con i cittadini degli Stati membri nei quali soggiornano.\nIl richiamo e\u0027 all\u0027art. 11 della direttiva 2003/109/CE  che  prevede:\n«Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso  trattamento  dei\ncittadini nazionali per quanto riguarda: (...) lett. f)  l\u0027accesso  a\nbeni e servizi a disposizione del  pubblico  e  all\u0027erogazione  degli\nstessi, nonche\u0027 alla procedura per l\u0027ottenimento di un alloggio».  Il\nsecondo comma dispone:  «Per  quanto  riguarda  le  disposizioni  del\nparagrafo 1, lettere b), d), e), f) e g), lo Stato membro interessato\npuo\u0027  limitare  la  parita\u0027  di  trattamento  ai  casi  in   cui   il\nsoggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui  questi  chiede\nla prestazione, ha eletto  dimora  o  risiede  abitualmente  nel  suo\nterritorio». \n    Nella disposizione legislativa regionale in esame non si  prevede\nsolo una limitazione della parita\u0027 di trattamento per chi  «dimora  o\nrisiede abitualmente», ma si prevede un  meccanismo  di  attribuzione\ndei punteggi che assegnando  una  rilevanza  molto  significativa  al\ncriterio della residenza  storica,  puo\u0027  estromettere  soggetti  che\nevidenziano  uno  stato  soggettivo  di  forte  bisogno  abitativo  a\nvantaggio  di  chi  puo\u0027  semplicemente  far  valere  una   residenza\nprolungata nel tempo, anche se  non  possa  fare  valere  particolari\nsituazioni soggettive di bisogno. \n    In relazione ai requisiti di residenza prolungata,  la  Corte  di\ngiustizia  dell\u0027Unione  europea  ha  affermato  che   «una   siffatta\nnormativa nazionale, che svantaggia taluni  cittadini  di  uno  Stato\nmembro per il solo fatto che essi hanno esercitato la  loro  liberta\u0027\ndi circolare e di soggiornare in un altro Stato  membro,  costituisce\nuna restrizione alle liberta\u0027 riconosciute dall\u0027art. 21, n.  1,  TFUE\nad ogni cittadino dell\u0027Unione», e che «una  simile  restrizione  puo\u0027\nessere giustificata, con riferimento al diritto dell\u0027Unione, solo  se\ne\u0027 basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza\ndelle  persone   interessate   ed   e\u0027   proporzionata   allo   scopo\nlegittimamente perseguito dal diritto nazionale» (sentenza 21  luglio\n2011, in causa C-503/09, Stewart, punti 86 e 87; si vedano  anche  le\nsentenze 26 febbraio 2015, in causa C-359/13, B. Martens; 24  ottobre\n2013, in  causa  C-220/12,  Andreas  Ingemar  Thiele  Meneses  (punti\n22-29); 15 marzo 2005, in causa C-209/03, The Queen, ex parte di Dany\nBidar, punti 51-54; 23 marzo 2004, in causa C-138/02,  Brian  Francis\nCollins; 30 settembre 2003, in causa  C-224/01,  Gerhard  Köbler;  si\nvedano infine CGUE  14.6.2012,  Commissione  c.  Paesi  Bassi,  causa\nC-542/09; CGUE 20.6.02 Commissione c. Lussemburgo, causa C- 299/01). \n    La Corte di giustizia non esclude a  priori  l\u0027ammissibilita\u0027  di\nrequisiti di residenza per  l\u0027accesso  a  prestazioni  erogate  dagli\nStati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo  legittimo,\nche sia idonea e proporzionata a  perseguire  tale  scopo  e  che  il\ncriterio adottato non  sia  «troppo  esclusivo»,  potendo  sussistere\naltri elementi rivelatori del «nesso reale» tra il richiedente  e  lo\nStato (si vedano le citate sentenze Stewart, punti 92 e 95, e  Thiele\nMeneses, punto 36). \n    Orbene, la norma in esame, alla luce delle  considerazioni  sopra\nespresse, non puo\u0027 ritenersi che sia idonea a  perseguire  uno  scopo\nlegittimo. Se, infatti, oggetto della legge e\u0027 quello di  «soddisfare\nil fabbisogno abitativo primario e di ridurre  il  disagio  abitativo\ndei nuclei familiari, nonche\u0027 di  particolari  categorie  sociali  in\ncondizioni di svantaggio» (art. 1, della legge n.  16/2016),  non  si\ncomprende come tale scopo possa essere raggiunto attraverso l\u0027elevata\nvalorizzazione della residenza pregressa, criterio che come detto non\noffre alcuna prognosi sulla stanzialita\u0027 futura del soggetto che puo\u0027\nfarla valere, e con la postergazione automatica nella graduatoria per\nl\u0027assegnazione di alloggi di persone che possono far  valere  fattori\ndi bisogno soggettivo rilevanti a vantaggio di chi tali  fattori  non\nli possegga. \n    Quand\u0027anche si ritenesse legittimo lo scopo  del  legislatore  di\nattribuire un beneficio soltanto a coloro che possano manifestare una\nprognosi di radicamento futuro nel territorio, resterebbe comunque da\nvalutare la proporzionalita\u0027 della misura utilizzata  per  realizzare\ntale scopo. Come si e\u0027 visto il requisito della residenza  prolungata\ncome criterio di attribuzione del punteggio appare sproporzionato sia\nnella misura (attribuzione di un punteggio equivalente o superiore  a\ndiverse condizioni che esprimono condizioni di bisogno  soggettivo  o\ndi disagio abitativo),  sia  perche\u0027  e\u0027  ben  possibile  considerare\nmisure alternative e piu\u0027 proporzionate  per  raggiungere  lo  stesso\nobiettivo  che  si  prefigge  il  legislatore  attribuendo  rilevanza\nall\u0027anzianita\u0027 di graduatoria, oppure utilizzando il  criterio  della\nresidenzialita\u0027 storica come  criterio  di  preferenza  residuale,  a\nparita\u0027  dei  bisogni  soggettivi  ed   oggettivi   evidenziati   dai\nrichiedenti. \n    La  Corte  costituzionale,  peraltro  ha  gia\u0027   censurato,   per\nviolazione  dell\u0027art.  117,  primo  comma,  della   Costituzione,   e\ndell\u0027art. 21 TFUE, una norma  che  annoverava,  fra  i  requisiti  di\naccesso  all\u0027edilizia  residenziale  pubblica,  la  «residenza  nella\nRegione da almeno otto anni,  maturati  anche  non  consecutivamente»\n(sentenza n. 168 del 2014; si vedano anche le  sentenze  n.  190  del\n2014 e n. 264 del 2013). \n    Nella citata sentenza, sebbene relativa all\u0027utilizzo del criterio\ndella residenza prolungata  quale  limite  all\u0027accesso  e  non  quale\ncriterio  di  attribuzione  di  punteggi  in  graduatoria,  la  Corte\ncostituzionale ha offerto  alcune  argomentazioni  che,  nella  parte\nrelativa  alla  valutazione  del  principio  di  ragionevolezza,  ben\npossono essere valutate nel caso in esame. \n    In particolare, il giudice delle leggi ha ravvisato nel requisito\ndella residenza protratta un\u0027irragionevole  discriminazione  sia  nei\nconfronti dei cittadini dell\u0027Unione, sia nei confronti dei  cittadini\ndi Paesi  terzi  che  siano  soggiornanti  di  lungo  periodo.  Nella\npronuncia in esame si legge: «Quanto ai primi, risulta  evidente  che\nla norma regionale in esame li pone in una condizione di  inevitabile\nsvantaggio in particolare rispetto alla comunita\u0027 regionale, ma anche\nrispetto  agli  stessi  cittadini  italiani,  che   potrebbero   piu\u0027\nagevolmente maturare gli  otto  anni  di  residenza  in  maniera  non\nconsecutiva, realizzando  una  discriminazione  vietata  dal  diritto\ncomunitario (oggi «diritto dell\u0027Unione europea», in virtu\u0027  dell\u0027art.\n2, numero 2, lettera a, del Trattato  di  Lisbona,  che  modifica  il\ntrattato  sull\u0027Unione  europea  e  il  trattato  che  istituisce   la\nComunita\u0027 europea,  firmato  a  Lisbona  il  13  dicembre  2007),  in\nparticolare  dall\u0027art.  18  del  TFUE,  in   quanto   determina   una\ncompressione ingiustificata della loro  liberta\u0027  di  circolazione  e\nsoggiorno, garantita dall\u0027art. 21 del  TFUE.  Infatti,  il  requisito\ndella residenza protratta per  otto  anni  sul  territorio  regionale\ninduce i cittadini  dell\u0027Unione  a  non  esercitare  la  liberta\u0027  di\ncircolazione abbandonando lo Stato membro cui appartengono (Corte  di\ngiustizia, sentenza 21 luglio  2011,  in  causa  C-503/09,  Stewart),\nlimitando  tale  liberta\u0027  in  una  misura  che   non   risulta   ne\u0027\nproporzionata, ne\u0027 necessaria al pur legittimo  scopo  di  assicurare\nche a  beneficiare  della  provvidenza  siano  soggetti  che  abbiano\ndimostrato un livello sufficiente  di  integrazione  nella  comunita\u0027\npresso la quale risiedono (Corte  di  giustizia,  sentenza  23  marzo\n2004, in causa C-138/02, Collins), anche al  fine  di  evitare  oneri\nirragionevoli onde preservare l\u0027equilibrio  finanziario  del  sistema\nlocale di assistenza sociale (Corte di giustizia, sentenza  2  agosto\n1993, in cause riunite C-259/91, C-331/91 e  C-332/91,  Allue\u0027).  Non\ne\u0027,  infatti,  possibile  presumere,  in  termini  assoluti,  che   i\ncittadini dell\u0027Unione che risiedano nel territorio regionale da  meno\ndi otto anni, ma che siano pur sempre  ivi  stabilmente  residenti  o\ndimoranti, e che quindi abbiano instaurato un legame con la comunita\u0027\nlocale, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi  risiede\no dimora da piu\u0027 anni e,  per  cio\u0027  stesso  siano  estromessi  dalla\npossibilita\u0027  di  accedere  al  beneficio.  Sulla  base  di  analoghe\nargomentazioni, e\u0027 agevole  ravvisare  la  portata  irragionevolmente\ndiscriminatoria della norma regionale impugnata anche con riguardo ai\ncittadini di Paesi terzi che siano  soggiornanti  di  lungo  periodo.\nL\u0027art. 11 della direttiva 2003/109/CE stabilisce, alla lettera f) del\nparagrafo 1, che il soggiornante di lungo periodo gode  dello  stesso\ntrattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda «l\u0027accesso  a\nbeni e servizi a disposizione del  pubblico  e  all\u0027erogazione  degli\nstessi, nonche\u0027 alla procedura per  l\u0027ottenimento  di  un  alloggio».\nTale previsione, che e\u0027 stata recepita dall\u0027art. 9, comma 12, lettera\nc), del decreto legislativo n. 286 del 1998 (nel testo modificato dal\ndecreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, recante  «Attuazione  della\ndirettiva 2003/109/CE relativa allo  status  di  cittadini  di  Paesi\nterzi soggiornanti di lungo periodo»),  mira  ad  impedire  qualsiasi\nforma dissimulata  di  discriminazione  che,  applicando  criteri  di\ndistinzione diversi dalla cittadinanza, conduca di fatto allo  stesso\nrisultato,  a  meno  che  non  sia  obiettivamente   giustificata   e\nproporzionata al suo scopo». \n    Deve   ritenersi   che,   anche   nel   caso   di   specie,    la\nsopravvalutazione della  residenza  prolungata,  che  agisce  fattore\ndiscriminatorio  per  chi  non   puo\u0027   farla   valere,   rivelandosi\npresupposto  necessario   per   concorrere   a   parita\u0027   di   mezzi\nall\u0027ammissione al beneficio  dell\u0027accesso  all\u0027edilizia  residenziale\npubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza a parita\u0027  di\nbisogni evidenziati), determini un\u0027irragionevole  diseguaglianza  sia\nnei  confronti  dei  cittadini  dell\u0027Unione,  ai  quali  deve  essere\ngarantita la parita\u0027 di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati\nmembri (art.  24,  par.  1,  della  direttiva  2004/38/CE),  sia  nei\nconfronti dei cittadini di Paesi  terzi  che  siano  soggiornanti  di\nlungo periodo, i quali, in virtu\u0027 dell\u0027art. 11, paragrafo 1,  lettera\nf), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento  dei\ncittadini  nazionali  per  quanto  riguarda  anche   l\u0027accesso   alla\nprocedura per l\u0027ottenimento di un alloggio. \n    La giurisprudenza costituzionale appena richiamata ad avviso  del\ngiudicante sembra imporre di ritenere che il requisito  di  residenza\nprolungata  non  possa  giustificarsi  in  ragione  dell\u0027esigenza  di\nevitare di assegnare i servizi abitativi pubblici a persone  che  non\nhanno un legame sufficientemente stabile con  il  territorio,  atteso\nche richiedere una residenza prolungata si appalesa in contrasto  con\nle  finalita\u0027  della  legge  sull\u0027edilizia  residenziale  pubblica  e\nrisulta irragionevole e del tutto sproporzionato rispetto allo  scopo\nperseguito. \n    9. Per i motivi  sinora  esposti,  ritenuta  la  sussistenza  dei\npresupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza  della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 10,  L.R.  Toscana\nn. 2/2019 nella parte in cui richiama l\u0027allegato B, Lett.  C-1),  che\nattribuisce un punteggio aggiuntivo a chi possa far  valere  la  mera\nresidenza nel territorio di riferimento del bando secondo le seguenti\nmodalita\u0027  «c1.  residenza  anagrafica  o  prestazione  di  attivita\u0027\nlavorativa continuativa di almeno un component e del nucleo familiare\nnell\u0027ambi to territoriale di riferimento del  bando,  da  almeno  tre\nanni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno  cinque\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 2;  da  almeno  dieci\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 3; da almeno quindici\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 3,5; da almeno  venti\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 4» per contrasto  con\nl\u0027art.   3   della   Costituzione,   va   sollevata   questione    di\ncostituzionalita\u0027 in via incidentale, al fine di ottenere dalla Corte\ncostituzionale,  la  valutazione  della  conformita\u0027  della  norma  a\nCostituzione. \n\n(1) Rappresentano i ricorrenti che  i  criteri  di  attribuzione  del\n    punteggio sono raggruppati secondo le seguenti macrocategorie: A.\n    Condizioni sociali-economiche-familiari: attribuiscono da 1  a  3\n    punti per ogni condizione di svantaggio. Solo in alcuni  casi  le\n    condizioni possono essere considerate in modo cumulativo e in tal\n    caso il limite massimo arriva a 6 punti; B. Condizioni  abitative\n    dovute  a  situazioni  di  grave  disagio  abitativo,   accertate\n    dall\u0027autorita\u0027 competente: attribuiscono da 1 a 4 punti per  ogni\n    condizione di svantaggio C. Condizioni di storicita\u0027 di presenza:\n    che attribuiscono da 1 a 4 punti secondo la seguente graduazione:\n    residenza  anagrafica  o  prestazione  di  attivita\u0027   lavorativa\n    continuative  di  almeno  un  componente  del  nucleo   familiare\n    nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando: da almeno  tre\n    anni alla data di pubblicazione del bando:  punti  1;  da  almeno\n    cinque anni alla data di pubblicazione del  bando:  punti  2;  da\n    almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando: punti  3;\n    almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando:  punti\n    3,5; almeno venti anni alla  data  di  pubblicazione  del  bando:\n    punti 4.  \n\n(2) La   previgente   formulazione    dell\u0027allegato    C    prevedeva\n    l\u0027assegnazione di  2  punti  in  caso  di  residenza  nell\u0027ambito\n    territoriale del bando per almeno 10 anni, 3 punti per almeno  15\n    anni, 4 punti per almeno 20 anni.  In  pratica,  il  nuovo  testo\n    incrementa la rilevanza della residenza decennale (che passa da 2\n    a 3 punti) e quella della residenza quindicennale (che passa da 3\n    a 3,5 punti) e  lascia  immutata  la  rilevanza  della  residenza\n    ventennale (4 punti); oltre a valorizzare anche la  residenza  di\n    durata  inferiore  a  10  anni,  che  nel  precedente  testo  era\n    irrilevante. \n\n(3) La  materia  delle  assegnazioni   temporanee   e\u0027   disciplinata\n    dall\u0027art. 7, c. 7, L.R.  2/2019  a  norma  del  quale  «I  comuni\n    possono riservare, previa  informazione  alla  Giunta  regionale,\n    un\u0027aliquota non superiore  al  40  per  cento  degli  alloggi  da\n    assegnare annualmente nel proprio ambito territoriale, con  bandi\n    speciali o attraverso la formulazione di apposite graduatorie,  a\n    soggetti in possesso dei requisiti di cui  alla  presente  legge,\n    per i seguenti motivi: a) specifiche e documentate situazioni  di\n    emergenza abitativa, di cui all\u0027art. 14, comma  2  (...».  A  sua\n    volta tale ultima norma prevede, nell\u0027ambito della predetta quota\n    del 40%, che i Comuni possano riservare una  quota  ad  «utilizzo\n    provvisorio autorizzato» della durata massima di 4  anni  per  le\n    famiglie che si trovino  in  specifiche  situazioni  emergenziali\n    indicate appunto dall\u0027art. 14, comma 2, (a. pubbliche  calamita\u0027;\n    b. situazioni emergenziali accertate con  ordinanza;  c.  sfratti\n    esecutivi non prorogabili, inseriti negli  appositi  elenchi  per\n    l\u0027esecuzione con la forza pubblica, che siano stati intimati  per\n    finita locazione o per morosita\u0027  incolpevole  come  definita  al\n    comma 3 del presente articolo; d. provvedimenti di espropriazione\n    forzata o seguito di pignoramento che comportano il  rilascio  di\n    alloggi di proprieta\u0027 privata; e. grave disabilita\u0027 e  temporanea\n    impossibilita\u0027 nell\u0027abbattimento delle  barriere  architettoniche\n    dell\u0027alloggio  utilizzato;  f.  provvedimento   di   separazione,\n    omologato dal tribunale, o  sentenza  passata  in  giudicato  con\n    obbligo di rilascio dell\u0027alloggio; g.  verbale  di  conciliazione\n    giudiziale con l\u0027obbligo di rilascio dell\u0027alloggio;  h.  presenza\n    nel nucleo familiare di un soggetto riconosciuto invalido al 100%\n    con necessita\u0027 di assistenza continua e/o un soggetto,  portatore\n    di handicap  o  affetto  da  disagio  psichico,  riconosciuto  in\n    situazione di gravita\u0027 tale da rendere necessario  un  intervento\n    assistenziale permanente,  continuativo  e  globale  nella  sfera\n    individuale o in quella di relazione, la cui situazione non possa\n    essere altrimenti presa in carico a livello  socio-sanitario.  La\n    citata L.R. n. 35/2021 ha aggiunto all\u0027art. 14 il comma 3 che  ha\n    specificato cosa debba intendersi (ai fini della sopra trascritta\n    lettera c) per «morosita\u0027 incolpevole». Trattasi della  morosita\u0027\n    derivante dalle seguenti situazioni che il comma 3 indica «in via\n    esemplificativa»: a) perdita del  lavoro  per  licenziamento;  b)\n    accordi  aziendali  o   sindacali   con   consistente   riduzione\n    dell\u0027orario  di  lavoro;  c)  cassa  integrazione   ordinaria   o\n    straordinaria che limiti notevolmente la capacita\u0027 reddituale; d)\n    mancato rinnovo di contratti a termine o di  lavoro  atipici;  e)\n    cessazione  di  attivita\u0027  libero-professionali  o   di   imprese\n    registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita  di\n    avviamento in misura consistente; f) malattia grave, infortunio o\n    decesso  di  un  componente  del  nucleo  familiare   che   abbia\n    comportato, o la consistente riduzione  del  reddito  complessivo\n    del nucleo  medesimo,  o  la  necessita\u0027  dell\u0027impiego  di  parte\n    notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche  ed\n    assistenziali. Sempre l\u0027art. 14  prevede,  al  comma  4,  che  il\n    Comune rediga una apposita graduatoria per l\u0027utilizzo provvisorio\n    autorizzato (o altrimenti dette «assegnazioni emergenziali») \n\n(4) La procedura viene cosi\u0027 esplicata dal Comune convenuto: In  tale\n    caso non viene  pubblicato  un  bando  ma  il  cittadino  che  e\u0027\n    interessato ed  e\u0027  in  possesso  dei  requisiti  per  richiedere\n    l\u0027assegnazione  provvisoria  dell\u0027alloggio  puo\u0027   inoltrare   la\n    domanda  in  qualsiasi  momento  dell\u0027anno.  Le  domande,  previa\n    istruttoria da parte dei  competenti  uffici,  vengono  trasmesse\n    alla  Commissione  Comunale  per  l\u0027utilizzo  autorizzato   degli\n    alloggi di edilizia residenziale pubblica, la quale provvede alla\n    formulazione delle graduatorie ordinate sulla base  dei  punteggi\n    assegnati. Il Comune aggiorna le graduatorie due volte  all\u0027anno,\n    nei  mesi  di  marzo  e  settembre  relativamente  alle   domande\n    pervenute entro i mesi  di  gennaio  e  luglio  di  ciascun  anno\n    solare. L\u0027utilizzo autorizzato degli  alloggi  consente  soltanto\n    sistemazioni  provvisorie  e  il  Comune  non  emette   atti   di\n    assegnazione,  bensi\u0027   atti   di   autorizzazione   all\u0027utilizzo\n    temporaneo,   sotto   forma   di   determinazione   dirigenziale.\n    L\u0027utilizzo e\u0027 autorizzato per un  periodo  massimo  di  un  anno,\n    rinnovabile esclusivamente nel  caso  di  documentata  permanenza\n    delle  situazioni  che  ne  hanno  determinato  la   sistemazione\n    provvisoria e, comunque, fino ad un termine massimo di due anni. \n\n(5) l\u002787%, nella causa CGUE C-5/02 Hilde Schönheit c. Stadt Frankfurt\n    am Main e Silvia Becker c. Land Hessen, 23.10.2003 (doc.  5);  il\n    97% nella causa Di Trizio c. Svizzera (CEDU, Requête no  7186/09,\n    04.07.2016) (doc. 6); l\u002789% nella  causa  CGUE  C-171/88,  Ingrid\n    Rinner-Kühn c. FWW Spezial-Gebäudereinigung GmbH  \u0026amp;  Co.  KG,  13\n    luglio 1989 (docc. 7A e 7B). Alla luce  di  tali  pronunce,  come\n    evidenziato nelle conclusioni dell\u0027avvocato generale Leger del 31\n    maggio  1995,  punti  57-58,  nella  causa  CGUE  Inge  Nolte  c.\n    Landesversicherungsanstalt Hannover, 14 dicembre 1995  «la  cifra\n    del 60 % di per se\u0027 [...] probabilmente sarebbe insufficiente per\n    lasciar presumere una discriminazione» (doc. 8). \n\n(6) Come da tempo chiarito  dalla  Suprema  Corte,  l\u0027indagine  sulla\n    sussistenza di un «trattamento  favorevole  connesso  al  fattore\n    vietato» rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, anche\n    quando - come nel caso di specie - sia posta in  essere  mediante\n    l\u0027adozione di atti amministrativi (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011). \n\n(7) La Suprema Corte  (cfr.  Cass.  SS.UU.  7186/2011),  infatti,  ha\n    definitivamente chiarito che: «in presenza di normative  che,  al\n    fine  di   garantire   parita\u0027   di   trattamento,   in   termini\n    particolarmente incisivi  e  circostanziati,  e  correlativamente\n    vietare discriminazioni ingiustificate, con riferimento a fattori\n    meritevoli  di   particolare   considerazione   sulla   base   di\n    indicazioni costituzionali o fonti sovranazionali  articolano  in\n    maniera  specifica  disposizioni  di   divieto   di   determinate\n    discriminazioni   contemporaneamente    istituiscono    strumenti\n    processuali speciali per la loro repressione, affidati al giudice\n    ordinario,  deve  ritenersi  che  il  legislatore  abbia   inteso\n    configurare, a  tutela  del  soggetto  potenziale  vittima  delle\n    discriminazioni, una specifica posizione di diritto soggettivo, e\n    specificamente un diritto qualificabile come  «diritto  assoluto»\n    in  quanto  posto  a  presidio  di  una  area   di   liberta\u0027   e\n    potenzialita\u0027  del  soggetto,  rispetto  a  qualsiasi   tipo   di\n    violazione della stessa.  Il  fatto  che  la  posizione  tutelata\n    assurga  a  diritto  assoluto,  e  che  simmetricamente   possano\n    qualificarsi come  fatti  illeciti  i  comportamenti  di  mancato\n    rispetto della stessa, fa si\u0027 che  il  contenuto  e  l\u0027estensione\n    delle tutele  conseguibili  in  giudizio  presentino  aspetti  di\n    atipicita\u0027 e di variabilita\u0027 in dipendenza del tipo  di  condotta\n    lesiva che e\u0027 stata messa in essere e anche della preesistenza  o\n    meno di posizioni soggettive di diritto o interesse legittimo del\n    soggetto  leso  a  determinate  prestazioni.  Di  cio\u0027  si  trova\n    riscontro nel dettato normativo,  secondo  cui  il  giudice  puo\u0027\n    «ordinare  la  cessazione  del  comportamento  pregiudizievole  e\n    adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze,\n    a  rimuovere  gli   effetti   della   discriminazione»   (decreto\n    legislativo n. 2876 del  1998,  art.  44,  comma  1),  oltre  che\n    condannare il responsabile al risarcimento del danno  (comma  7).\n    Risulta quindi spiegabile, in particolare, come, in  relazione  a\n    discriminazioni del genere di quelle in esame, anche quando  esse\n    siano attuate nell\u0027ambito di procedimenti per  il  riconoscimento\n    da parte della pubblica amministrazione di  utilita\u0027  rispetto  a\n    cui il soggetto privato fruisca di  una  posizione  di  interesse\n    legittimo e non di diritto  soggettivo,  la  tutela  del  privato\n    rispetto alla discriminazione possa essere assicurata secondo  il\n    modulo  del  diritto  soggettivo  e  delle  relative   protezioni\n    giurisdizionali». Il giudice ordinario deve,  infatti,  limitarsi\n    «a  decidere   la   controversia   valutando   il   provvedimento\n    amministrativo denunziato, disattendendolo \"tamquam non esset\"  e\n    adottando i conseguenti provvedimenti  idonei  a  rimuoverne  gli\n    effetti,   ove   confermato   lesivo   del   principio   di   non\n    discriminazione  od  integrante  gli  estremi  della  illegittima\n    reazione, senza tuttavia interferire nelle potesta\u0027  della  p.a.,\n    se non nei consueti  e  fisiologici  limiti  ordinamentali  della\n    disapplicazione incidentale ai  fini  della  tutela  dei  diritti\n    soggettivi controversi» (cfr. Cassazione civile n. 3842/2021, che\n    riprende Cassazione sentenza unica n. 3670/2011). \n\n(8) L\u0027art. 3 della direttiva 2011/98, per la parte  rilevante,  cosi\u0027\n    definisce all\u0027art. 3 l\u0027ambito di applicazione  soggettivo:  (...)\n    b) ai cittadini di paesi terzi che  sono  stati  ammessi  in  uno\n    Stato membro a fini diversi dall\u0027attivita\u0027 lavorativa a norma del\n    diritto dell\u0027Unione o nazionale, ai quali e\u0027 consentito  lavorare\n    e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai  sensi  del\n    regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di  paesi  terzi\n    che sono stati ammessi in uno Stato membro a  fini  lavorativi  a\n    norma del diritto dell\u0027Unione o nazionale.  \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 della legge n. 87/1953, \n    ritenuta la questione rilevante e non  manifestamente  infondata,\nsolleva la questione di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  10,\nLett. C-1), allegato B, L.R. Toscana 2/2019 per contrasto con  l\u0027art.\n3 della Costituzione e con l\u0027art. 117, comma  1  della  Costituzione,\nquest\u0027ultimo in riferimento alla direttiva 2003/109, nella  parte  in\ncui prevede l\u0027assegnazione di un punteggio  da  1  a  4  in  caso  di\nresidenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di  almeno\nun  componente  del  nucleo  familiare  nell\u0027ambito  territoriale  di\nriferimento del bando da almeno tre anni e fino ad oltre venti anni; \n    dichiara sospeso il presente giudizio sino all\u0027esito del giudizio\ndavanti alla Corte costituzionale; \n    ordina che la presente ordinanza  sia  notificata  a  cura  della\nCancelleria alle parti, al Presidente della  Giunta  Regionale  della\nToscana e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale  della\nToscana; \n    dispone  l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale, a cura della cancelleria,  unitamente  alla  presente\nordinanza e alla prova delle predette notificazioni e comunicazioni. \n      Firenze, 26 ottobre 2024 \n \n                         Il Giudice: Minniti","elencoNorme":[{"id":"62463","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrto","denominaz_legge":"legge della Regione Toscana","data_legge":"02/01/2019","data_nir":"2019-01-02","numero_legge":"2","descrizionenesso":"in combinato disposto con","legge_articolo":"10","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":""},{"id":"62503","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrto","denominaz_legge":"legge della Regione Toscana","data_legge":"02/01/2019","data_nir":"2019-01-02","numero_legge":"2","descrizionenesso":"","legge_articolo":"","specificaz_art":"All. 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