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R.G. 1108/2023; \n A.S.G.I. - Associazione studi giuridici sull\u0027immigrazione\n(97086880156) rappresentato e difeso da avv. Guariso Alberto e da\navv. Roberta Randellini; \n L\u0027Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca interuniversitario su\ncarcere, devianza, marginalita\u0027 e governo delle migrazioni\n(94093950486) rappresentato e difeso da avv. Alida Surace e avv.\nSilvia Ventura - ricorrenti; \n contro Comune di Arezzo (00176820512) rappresentato e difeso da\navv. Rulli Lucia e avv. Stefano Pasquini; \n Regione Toscana (01386030488) rappresentato e difeso da avv.\nFlora Neglia - resistenti. \n Il Giudice dott. Luca Minniti, all\u0027esito dell\u0027udienza del 12\nmarzo 2024, ha emesso la seguente ordinanza: \n Oggetto: art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 -\nControversia in materia di discriminazione. \n 1. Con ricorso ex art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 le\nassociazioni ASGI - Associazione per gli studi giuridici\nsull\u0027immigrazione e L\u0027Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca\ninteruniversitario su carcere, devianza, marginalita\u0027 e governo delle\nmigrazioni (di seguito solo ASGI e L\u0027Altro Diritto) hanno convenuto\nin giudizio il Comune di Arezzo e la Regione Toscana per ivi sentire\naccogliere le seguenti conclusioni: \n in via preliminare: \n dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la\nquestione di costituzionalita\u0027 dell\u0027allegato B, art. 10, lett. C-1),\nL.R. Toscana 2/2019 e successive modifiche e integrazioni laddove\nprevede l\u0027assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza\nanagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno un\ncomponente del nucleo familiare nell\u0027ambito territoriale di\nriferimento del bando da almeno 3 anni e fino ad oltre venti anni,\nper contrasto con l\u0027art. 3 della Costituzione e con l\u0027art. 117, comma\n1 della Costituzione quest\u0027ultimo in riferimento all\u0027art. 11,\ndirettiva 2003/109 e art. 12 direttiva 2011/98 e occorrendo degli\narticoli 21 (non discriminazione) e 34 (Diritto all\u0027assistenza\nabitativa) della CDFUE; \n per l\u0027effetto sospendere il presente giudizio rinviando gli\natti alla Corte costituzionale. \n In via principale: successivamente, anche all\u0027esito del predetto\ngiudizio di costituzionalita\u0027: \n a. accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della\ncondotta tenuta: \n dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione nel bando\nERP 2022 della clausola di cui all\u0027art. 4, sub. C-1 relativa\nall\u0027assegnazione del punteggio basata sulle condizioni di «storicita\u0027\ndi presenza»; \n dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione del\nregolamento in materia di utilizzo autorizzato di alloggi ERP in via\nemergenziale, delle clausole relative al requisito della pregressa\nresidenza quinquennale e (per i soli stranieri) all\u0027esercizio di una\nregolare attivita\u0027 di lavoro subordinato o di lavoro autonomo (art.\n2); \n b. ordinare al Comune di Arezzo di modificare il bando ERP 2022\ne il regolamento per le assegnazioni emergenziali (e relativo bando),\neliminando le clausole censurate; \n c. ordinare al Comune di Arezzo di modificare le graduatorie\nrelative al bando ERP 2022 e al regolamento per le assegnazioni\nemergenziali (previo annullamento della graduatoria eventualmente\ngia\u0027 emessa nelle more del giudizio) e di riformularla senza\nconsiderazione della anzianita\u0027 di residenza o attivita\u0027 lavorativa\nnell\u0027area di efficacia del bando; \n d. ordinare al Comune di Arezzo di riaprire i termini di\npresentazione delle domande di partecipazione al bando ERP 2022 e a\nquello relativo al regolamento per le assegnazioni emergenziali\nsecondo le nuove regole risultanti dalla eliminazione delle predette\nclausole; \n e. dato atto che le statuizioni richieste attengono a obblighi\ndi fare infungibili, condannare l\u0027amministrazione convenuta a pagare\nalle associazioni ricorrenti, in solido tra loro e ai sensi dell\u0027art.\n614-bis c.p.c., euro 100,00 per ogni giorno di ritardo\nnell\u0027adempimento integrale con decorrenza dal trentesimo giorno\nsuccessivo alla emananda ordinanza; \n f. condannare la Regione Toscana e il Comune di Arezzo, in\nsolido fra loro o, in subordine, in via disgiuntiva per la parte di\nrispettiva competenza a risarcire alle ricorrenti il danno non\npatrimoniale derivante dalla discriminazione di cui al punto a),\ndanno da liquidarsi in via equitativa, anche in relazione ai criteri\nindicati al par. 7, indicandosi sin d\u0027ora la somma di euro 10.000,\nper ciascuna associazione, con riserva di precisazione in relazione\nalle circostanze esposte al punto 7; \n g. ordinare la pubblicazione dell\u0027emanando provvedimento sulla\nhome page del sito istituzionale dell\u0027amministrazione per un minimo\ndi giorni trenta, o su un giornale che il Tribunale vorra\u0027 indicare,\ncon caratteri doppi di quelli normalmente utilizzati; \n h. Con vittoria di spese, ivi compreso il rimborso del\ncontributo unificato, da distrarsi in favore dei procuratori\nantistatari. \n 1.1. A sostegno delle proprie domande i ricorrenti hanno\nrappresentato: \n che con determinazione dirigenziale n. 2387 del 19 settembre\n2022 il Comune di Arezzo ha approvato il bando ERP 2022 (bando\ngenerale di concorso, indetto ai sensi della LRT n. 2/2019 e del\nregolamento dei Comuni del Lode di Arezzo) «sulle modalita\u0027 di\naccesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all\u0027assegnazione\ndegli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), per formare\nla graduatoria degli aspiranti assegnatari di alloggi di edilizia\nresidenziale pubblica E.R.P., periodicamente disponibili nel Comune\ndi Arezzo»; \n che il predetto bando conteneva tra le condizioni di accesso e\nle modalita\u0027 di attribuzione del punteggio le medesime previste\ndall\u0027allegato B della L.R. Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, oggetto di\nmodifica, unitamente all\u0027allegato A, ad opera della L.R. 21 settembre\n2021, n. 35; \n che detta modifica si era resa necessaria a seguito di due\nsentenze della Corte costituzionale: \n la sentenza n. 44 del 9 marzo 2020 che, con riferimento a una\nlegge regionale lombarda, aveva dichiarato l\u0027incostituzionalita\u0027 del\nrequisito di residenza quinquennale per accedere agli alloggi ERP\n(anche la L.R. Toscana prevedeva identico requisito); \n la sentenza n. 9 del 12 gennaio 2021 che, con riferimento a\nuna legge regionale della Regione Abruzzo, aveva dichiarato\nincostituzionale sia la richiesta ai soli cittadini stranieri di\ndocumenti aggiuntivi - rispetto a quanto richiesto agli italiani -\nper comprovare la «impossidenza» di immobili all\u0027estero (e anche la\nL.R. Toscana n. 2 prevedeva analogo onere), sia la valorizzazione\ndella pregressa residenza nella Regione nell\u0027attribuzione dei\npunteggi per la formazione della graduatoria; \n che nel recepire le citate sentenze, tuttavia, la Regione (e\nconseguentemente il Comune di Arezzo replicando le condizioni ed i\ncriteri di attribuzione del punteggio nel bando in esame) ha operato,\nnella nuova lettera c) dell\u0027allegato B, una «valorizzazione» della\nresidenza pregressa che non pare, ad avviso delle associazioni\nricorrenti, conforme alle indicazioni rese dalla Consulta nella\ncitata sentenza n. 9/2021. \n In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, i\ncriteri di attribuzione del punteggio basati su condizioni di durata\ndella presenza (residenza o prestazione di attivita\u0027 lavorativa)\nrivestirebbero una rilevanza eccessiva rispetto agli altri criteri\n(basati invece sulle condizioni socio-economiche e familiari e sulle\nsituazioni di grave disagio abitativo) maggiormente coerenti alla\nratio ed al bisogno che la normativa residenziale pubblica tende a\nsoddisfare (1) (2) \n che l\u0027applicazione di tali criteri di punteggio, pur essendo\nprevista per la generalita\u0027 dei richiedenti, ha determinato una\nconsistente riduzione della presenza dei cittadini stranieri nelle\ngraduatorie per l\u0027accesso agli alloggi ERP. \n 1.2. Le associazioni ricorrenti lamentano inoltre una ulteriore\ncondotta discriminatoria, in questo caso del solo Comune di Arezzo,\nche attiene al regolamento in materia di utilizzo autorizzato in via\nemergenziale di alloggi ERP ai sensi della L.R.T. 2/2019 modificato\nda ultimo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 2021 e avente\nad oggetto le «modalita\u0027 ed i criteri di conferimento provvisorio di\nalloggi ERP a nuclei familiari non assegnatari in via ordinaria e che\nnecessitino di risolvere in via emergenziale il proprio disagio\nabitativo». \n In particolare, a dispetto della normativa regionale in materia\ndi assegnazioni emergenziali (3) , nel regolamento in parola del\nComune di Arezzo, che disciplina l\u0027utilizzo temporaneo per 1 anno\nrinnovabile e le modalita\u0027 di inserimento nelle graduatorie per\nassegnazioni emergenziali, si prevede: \n all\u0027art. 2, il requisito di cinque anni di residenza o lavoro\nnel Comune e tale requisito e\u0027 riportato anche nel modulo di istanza\nrisultante dal sito del Comune; \n per gli stranieri, l\u0027onere di documenti aggiuntivi nella\nformulazione soppressa dalla L.R. n. 35/2021 ma tale onere\ndocumentale e\u0027 poi riportato nel modulo di domanda nella formulazione\ncorretta; \n che il cittadino extra UE, ove titolare del permesso di\nsoggiorno almeno biennale, debba «esercitare una regolare attivita\u0027\nlavorativa di lavoro subordinato o di lavoro autonomo» e anche tale\nrequisito e\u0027 riportato come obbligatorio nella domanda online (che,\ntra l\u0027altro, e\u0027 formulata in modo tale da rendere difficoltosa la\ndichiarazione dei lavoratori autonomi: «dichiara di essere titolare\ndi permesso di soggiorno almeno biennale e contestuale attivita\u0027\nlavorativa presso...»); \n che la domanda deve essere presentata utilizzando\nesclusivamente il predetto modulo reperibile online. Conseguentemente\nchi non ha i requisiti richiesti nel modulo non potrebbe neppure\nottenere un provvedimento di diniego perche\u0027 la domanda non verrebbe\nneppure ammessa. \n 1.3. Alla luce di quanto sostenuto i ricorrenti concludevano\nchiedendo di rimuovere la discriminazione e ripristinare le\ncondizioni di eguaglianza e parita\u0027 di trattamento, previa rimessione\nalla Corte costituzionale, del criterio discriminatorio della\n«residenzialita\u0027 storica» dalla normativa regionale e la conseguente\ndisapplicazione dei relativi atti amministrativi; nonche\u0027 di\nripristinare la parita\u0027 di trattamento anche per il bando del 2022,\nriformulando la graduatoria senza considerare il punteggio della\nresidenza pregressa, ed eventualmente adottando, in caso di\ninadempienza, provvedimenti coercitivi ex art. 614-bis c.p.c.\nconsiderando la natura del diritto dedotto e la gravita\u0027 degli\neffetti dell\u0027inadempimento; di risarcire il danno non patrimoniale\nderivante dalla discriminazione in favore delle associazioni\nricorrenti, sottolineando l\u0027importanza dissuasiva di tale rimedio. \n 2. Si costituiva in giudizio in data 7 settembre 2023 il Comune\ndi Arezzo chiedendo in via preliminare ed in diritto di dichiarare\nl\u0027inammissibilita\u0027 del ricorso per difetto di giurisdizione e per\ncarenza di interesse, di dichiarare il difetto di legittimazione\nattiva di Asgi e l\u0027Altro Diritto O.D.V. e, nel merito, di rigettare\nle domande di parte ricorrente. \n 2.1. L\u0027amministrazione comunale di Arezzo ha dedotto in fatto: \n che il Comune, in applicazione della L.R. Toscana n. 2/2019,\nprocede nell\u0027assegnazione di alloggi ERP in due modalita\u0027, in via\nordinaria e provvisoria: \nA. Assegnazione alloggi in via ordinaria, mediante bando periodico\nalmeno quadriennale \n che il Comune ha approvato con provvedimento n. 3272 del 2\ndicembre 2019 il bando E.R.P.; \n che la legge regionale n. 2/2019 e\u0027 stata oggetto di modifica\ncon Legge Regionale n. 35/2021 che ha modificato: \n l\u0027allegato A n. 2, lett. b) che prevedeva tra i requisiti per\npartecipare al bando per l\u0027assegnazione dell\u0027alloggio E.R.P. il\npossesso della residenza anagrafica da almeno 5 anni; ora, non e\u0027\npiu\u0027 richiesto il requisito quinquennale della residenza, ma e\u0027 stato\nprevisto quale requisito solo la residenza anagrafica o sede di\nattivita\u0027 lavorativa stabile ed esclusiva o principale nell\u0027ambito\nterritoriale del comune o dei comuni a cui si riferisce il bando\ncosi\u0027 conformandosi alle due pronunce della Corte costituzionale n.\n44/2020 e n. 9/2021; \n l\u0027allegato B, lett. c 1) della legge Regione Toscana n.\n2/2019 in merito ai punteggi da attribuire alle condizioni di\nstoricita\u0027 di presenza; \n che con provvedimento n. 2387 del 19 settembre 2022 il Comune\ndi Arezzo ha pertanto provveduto ad approvare il nuovo bando\nadeguandolo alle modifiche introdotte dalla legge regionale n.\n35/2021, che e\u0027 stato pubblicato dal 19 settembre 2022 al 18 novembre\n2022; \n che, scaduto il termine per la presentazione delle domande, il\nServizio Patrimonio del Comune di Arezzo, ha effettuato apposita\nistruttoria in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione da\nparte dei candidati, la Commissione giudicatrice ha valutato le\ndomande ed ha assegnato i relativi punteggi in conformita\u0027 a quanto\nprevisto dal bando, procedimento poi conclusa con decisione n. 1176\ndell\u002711 maggio 2023 di approvazione della graduatoria definitiva; \nB. Assegnazioni alloggi in via provvisoria tramite autorizzazione\nall\u0027utilizzo degli alloggi \n che gli articoli 7 e 14 della legge regionale n. 2/2019\ndisciplinano l\u0027assegnazione provvisoria di alloggi ERP a favore di\nnuclei familiari, in possesso dei requisiti previsti per l\u0027accesso\nagli alloggi ERP, non assegnatari in via ordinaria e che necessitino\ndi risolvere in via emergenziale il proprio disagio abitativo (c.d.\nutilizzo autorizzato degli alloggi) (4) \n che in attuazione della legge regionale n. 2/2019 il Comune di\nArezzo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 29 aprile 2021\nha approvato il regolamento in materia di utilizzo autorizzato di\nalloggi ERP che all\u0027art. 2 individua i requisiti di accesso che sono\ni medesimi di quelli previsti per l\u0027accesso all\u0027alloggio ordinario; \n che tale articolo ad oggi non risulta adeguato alla nuova\nprevisione dell\u0027allegato A n. 2, lett. b) della legge Regione Toscana\nn. 2/2019 nella versione modificata da ultimo con legge regionale n.\n35/2021 (che ha abrogato il requisito di accesso rappresentato\ndall\u0027anzianita\u0027 almeno quinquennale della residenza anagrafica); \n che tuttavia il Servizio Patrimonio del Comune di Arezzo a\ndecorrere dall\u0027entrata in vigore delle modifiche apportate alla Legge\nregionale, ha sempre disapplicato l\u0027art. 2 del regolamento\nrifacendosi alle prescrizioni contenute nell\u0027atto normativo di rango\npiu\u0027 elevato (rectius legge regionale) come emerge dai verbali delle\nsedute della Commissione Comunale per l\u0027utilizzo autorizzato degli\nalloggi di edilizia residenziale pubblica (costituita ai sensi\ndell\u0027art. 7, comma 1, lettera c, della L.R.T. n. 02/2019 e dell\u0027art.\n7 del regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo sulle modalita\u0027 di\naccesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all\u0027assegnazione\ndegli alloggi di edilizia residenziale pubblica) riunitasi in data 7\nmarzo 2022, 10 ottobre 2022 e 21 marzo 2023; \n che con provvedimento n. 1901 del 14 luglio 2023 il Servizio\nPatrimonio ha poi disposto formalmente la disapplicazione dell\u0027art. 2\ndel regolamento, nelle more dell\u0027aggiornamento del regolamento\nstesso, dandone pubblicizzazione tramite la pagina del proprio sito\nweb. \n 2.2. Alla luce dei fatti esposti, il Comune di Arezzo argomentava\nin diritto eccependo - in via preliminare: \n a) l\u0027inammissibilita\u0027 del ricorso per difetto di giurisdizione,\npoiche\u0027 in materia di edilizia residenziale pubblica il riparto di\ngiurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace\nalle comuni regole correlate alla posizione fatta valere in giudizio;\ngiacche\u0027 nel caso di specie, il giudice ordinario non potrebbe\nordinare alla P.A. di modificare o annullare il proprio provvedimento\namministrativo (il bando ERP adottato esercitando un potere\nlegalmente previsto) essendo rimessa questa possibilita\u0027 solo al\nGiudice Amministrativo, l\u0027interesse leso a non subire trattamenti\ndiscriminatori per effetto delle disposizioni discriminatorie del\nbando rappresenta un interesse legittimo tutelabile dinanzi al\ngiudice amministrativo; \n b) il difetto di legittimazione attiva di ASGI e di L\u0027Altro\nDiritto legittimate solo nelle ipotesi di discriminazione diretta o\nindiretta per razza o origine etnica (per effetto combinato dell\u0027art.\n5, comma 3, e dell\u0027art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per\nragioni di nazionalita\u0027 - come nel caso di specie, e non nel caso di\ndiscriminazione collettiva (nelle quali ipotesi sono legittimate\nall\u0027azione le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali\nmaggiormente rappresentative a livello nazionale). \n Nel merito: \n a) quanto alla non conformita\u0027 dell\u0027All. B, lett. c) L.R.T. n.\n2/2019 alla sentenza della Corte della costituzione n. 9 del 12\ngennaio 2021: \n che la disposizione contenuta nella L.R.T. 2/2019 non e\u0027\nidentica a quella prevista dalla Regione Abruzzo censurata dalla\nCorte costituzionale con sentenza n. 9/2021; \n che il criterio di attribuzione del punteggio basato sulla\nresidenza nel territorio comunale e\u0027 idoneo a bilanciare\nl\u0027assegnazione degli alloggi ERP a soggetti che offrono garanzie di\nstanzialita\u0027, senza che vi sia una sopravvalutazione di tale\npresupposto rispetto allo stato di bisogno, in conformita\u0027 ai\nprincipi dettati da Corte costituzionale n. 9/2021 e 145/2023; \n che in ogni caso il Comune nell\u0027adozione del bando ERP e\u0027\ntenuto a dare attuazione alla disciplina della legge regionale non\npotendo prevedere requisiti o criteri premianti diversi; \n b) quanto alla previsione all\u0027art. 2 quale requisito di\npartecipazione alla procedura per l\u0027utilizzo di tali alloggi in via\nemergenziale della residenza almeno quinquennale nel Comune di Arezzo\ne dell\u0027attivita\u0027 lavorativa; \n che la disposizione regolamentare deve essere adeguata alla\nnuova previsione della legge regionale, e tuttavia nelle more il\nComune di Arezzo ha, di fatto, sempre disapplicato tale norma\nregolamentare; \n c) l\u0027inammissibilita\u0027 della richiesta di condanna ex art.\n614-bis c.p.c. poiche\u0027 nessuna obbligazione di fare infungibile puo\u0027\nessere ordinata al Comune di Arezzo e comunque non e\u0027 in alcun modo\nprovato il danno e l\u0027entita\u0027 della richiesta risarcitoria. \n 3. Anche la Regione Toscana si costituiva in giudizio in data 7\nsettembre 2023 chiedendo il rigetto di tutte le domande svolte dai\nricorrenti nei confronti della Regione Toscana. \n 3.1. Sosteneva nel merito: \n che non vi e\u0027 identita\u0027 tra la legge della Regione Toscana e la\nlegge della Regione Abruzzo oggetto della sentenza n. 9/2021 della\nCorte costituzionale; \n che la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 145/2023\nha stabilito che dalla previsione di elementi espressione della\n«prospettiva di stabilita\u0027» non consegue in maniera automatica alcuna\nillegittimita\u0027 costituzionale nei termini lamentati dalle ricorrenti; \n che con la modifica del 2021, la Regione Toscana ha elaborato\nun sistema complesso articolato e bilanciato per contemplare i vari\naspetti in cui si esprime il bisogno abitativo, in particolare:\ninserendo come alternativa alla residenza la «prestazione di\nattivita\u0027 lavorativa continuativa»; ridimensionando il criterio della\nresidenza storica attraverso la sua graduazione in un maggior numero\ndi fasce di punteggio; prevedendo la prevalenza del punteggio\nattribuibile per le condizioni sociali rispetto al punteggio\nconseguibile con la residenza storica; \n quanto al rispetto del principio di non discriminazione: che\npuo\u0027 parlarsi solo di discriminazione indiretta e comunque l\u0027effetto\ndiscriminatorio non sarebbe provato dai documenti prodotti dalle\nassociazioni ricorrenti ed in ogni caso contestando il valore dei\ndati statistici portati a fondamento delle argomentazioni di parte\nricorrente; \n che alla luce della giurisprudenza eurounitaria ed europea\nrelativa ai dati statistici e alla presunzione di discriminazione,\nsolo in presenza di dati statistici ufficiali relativi a percentuali\nmolto alte di appartenenti ad una data categoria, in genere, e\u0027\nriconosciuta una discriminazione indiretta (5) \n che una percentuale pari al 62% del totale degli stranieri\npresenti in Provincia di Arezzo, peraltro indimostrata - che\nsarebbero colpiti dall\u0027effetto discriminatorio non e\u0027 sufficiente a\nfornire un principio di prova di discriminazione; \n quanto alla domanda di risarcimento del danno, che tale domanda\nsarebbe inammissibile alla stregua di Cass. n. 23730 del 22 novembre\n2016 che ha evidenziato come non sia configurabile una\nresponsabilita\u0027 dello Stato (e quindi anche del legislatore\nregionale) per «illecito legislativo» cio\u0027 sia nel caso di omissione\nche di ritardo nell\u0027attivita\u0027 legislativa ed anche nell\u0027ipotesi di\nillegittimita\u0027 costituzionale; \n che in ogni caso non sarebbero stati provati gli elementi\ncostitutivi della domanda di risarcimento e difetterebbe in\nparticolare l\u0027elemento della colpevolezza della Regione; \n quanto all\u0027infondatezza della domanda di condanna degli enti\nconvenuti al pagamento di una somma ex art. 614-bis c.p.c, che\n«trattandosi di enti pubblici e di adempimenti amministrativi che\nrichiedono (in particolare per la modifica regolamentare e l\u0027esame\ndelle graduatorie) tempi non preventivabili, non puo\u0027 trovare\naccoglimento la domanda di condanna degli enti convenuti al pagamento\ndi una somma ex art. 614-bis c.p.c., poiche\u0027 cio\u0027 si rivelerebbe non\nequo» ( come si ricaverebbe dalla decisione del Tribunale Sez. Lav. -\nUdine, 2 marzo 2021. \n 4. All\u0027udienza del 16 gennaio 2024 fissata per la trattazione\ndella causa, il Comune di Arezzo confermava che il regolamento\ncensurato non veniva di fatto applicato e che sarebbe stata in corso\nuna procedura abrogativa. Il Giudice su richiesta delle parti che\ndiscutevano a fondo il merito, concedeva trenta giorni per memorie\nconclusionali e fissava per la trattenuta in decisione l\u0027udienza\nall\u0027esito della quale tratteneva la causa in decisione. \n 5. Preliminarmente va evidenziato che sussiste la giurisdizione\ndel giudice ordinario in ordine alla presente controversia. \n Si tratta, infatti, di controversia in materia di discriminazione\nche spetta alla cognizione del Giudice ordinario in quanto involge la\ntutela di una posizione di diritto soggettivo, anche nel caso in cui\nla discriminazione sia attuata attraverso un provvedimento della\npubblica amministrazione. (6) \n L\u0027assunto puo\u0027 ritenersi pacifico, tenuto conto dell\u0027orientamento\npiu\u0027 volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita\u0027 in base al\nquale «il diritto a non essere discriminati si configura, in\nconsiderazione del quadro normativo costituzionale (art. 3 della\nCostituzione), sovranazionale (direttiva 2000/43/CE) ed interno\n(articoli 3 e 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215,\nnonche\u0027 art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come\nun diritto soggettivo assoluto tutelabile dal giudice ordinario, a\nnulla rilevando che il dedotto comportamento discriminatorio consista\no meno nell\u0027emanazione di un atto amministrativo. (7) \n A cio\u0027 si aggiunga la conferma ricavabile dal dato normativo,\nposto che l\u0027art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011 stabilisce al\ncomma 1 che «Le controversie in materia di discriminazione di cui\nall\u0027art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di\ncui all\u0027art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle\ndi cui all\u0027art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216,\nquelle di cui all\u0027art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle\ndi cui all\u0027art. 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006,\nn. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non\ndiversamente disposto dal presente articolo» e al comma 5 che «Con\nl\u0027ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo\u0027 condannare il\nconvenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare\nla cessazione del comportamento, della condotta o dell\u0027atto\ndiscriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della\npubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a\nrimuoverne gli effetti». \n Deve ritenersi sussistente, pertanto, la giurisdizione del\nTribunale adito in relazione a tutte le domande proposte dai\nricorrenti e non assorbente l\u0027eccezione proposta. \n 6. In secondo luogo, il Comune di Arezzo contesta l\u0027interesse e\nla legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti. \n 6.1. Va osservato che nel caso di specie si verte in ipotesi di\nazione contro la discriminazione, per sua natura caratterizzata da un\npetitum volto all\u0027accertamento del carattere discriminatorio di un\ncomportamento, di una condotta o di un atto e alla rimozione degli\neffetti pregiudizievoli di conseguenza prodotti. Gli enti ricorrenti\nhanno agito in giudizio, per la generalita\u0027 dei soggetti\nillegittimamente pregiudicati nell\u0027assegnazione degli alloggi di\nedilizia residenziale pubblica, denunciando l\u0027effetto discriminatorio\nderivante dalla previsione della legge regionale e del bando comunale\nche attribuisce un punteggio sproporzionato alla residenza storica\nnel territorio comunale. In particolare, le associazioni ricorrenti\nhanno esercitato l\u0027azione antidiscriminatoria collettiva prevista\ndall\u0027art. 5 del decreto legislativo. n. 215/2003 e dall\u0027art. 5 del\ndecreto legislativo n. 216/2003 (come modificato con legge 23\ndicembre 2021, n. 238) al fine di tutelare l\u0027interesse di tutti i\nsoggetti, non immediatamente e direttamente identificabili, a non\nsubire discriminazioni nell\u0027accesso a beni e servizi, incluso\nl\u0027alloggio, in ragione della nazionalita\u0027. \n Tanto premesso, va osservato che l\u0027interesse ad agire di ASGI e\ndi L\u0027Altro Diritto deve ritenersi sussistente nella misura in cui\nl\u0027accoglimento del ricorso - previa declaratoria di\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 10, Lett. C-1), allegato B della legge\nregionale Toscana n. 2/2019, comporterebbe la rimozione\ndell\u0027attribuzione di punteggi attribuiti sulla base della mera\nresidenza storica nella formazione delle graduatorie per l\u0027accesso\nagli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nonche\u0027\nl\u0027accertamento dell\u0027obbligo a carico delle amministrazioni convenute\ndi procedere alla revisione della normativa secondaria e delle\nrelative graduatorie con ripristino di una situazione di pari\ntrattamento per tutti coloro che sono risultati privi dei requisiti\nritenuti discriminatori. \n In altre parole, il risultato vantaggioso, giuridicamente\napprezzabile e non conseguibile senza l\u0027intervento del giudice che\nsorregge l\u0027azione collettiva degli enti ricorrenti va ravvisato\nproprio nella rimozione della condotta discriminatoria, attuata\ntramite la riproduzione del contenuto della norma ritenuta\nincostituzionale nell\u0027Allegato alla legge regionale e nel bando\nemanato dal Comune di Arezzo, e delle conseguenze pregiudizievoli\ndalla stessa derivanti in capo a tutti i soggetti esclusi o\npregiudicati dal bando, perche\u0027 privi di requisiti di residenza\nstorica duratura. \n L\u0027eccezione di difetto di interesse ad agire degli enti\nricorrenti deve dunque ritenersi allo stato degli atti non\nassorbente. \n 6.2. Quanto alla legittimazione attiva dei ricorrenti,\npreliminarmente si evidenzia che la legitimatio ad causam «si risolve\nnella titolarita\u0027 del potere o del dovere (rispettivamente per la\nlegittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire un giudizio\nin ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente\ndalla questione dell\u0027effettiva titolarita\u0027 del lato attivo o passivo\ndel rapporto controverso» (cfr. Cass., sentenza n. 16678 del 12\nagosto 2005). \n E\u0027 noto che la questione della titolarita\u0027 del rapporto (tanto\nattiva che passiva) attiene al merito della decisione e quindi alla\nfondatezza della domanda in concreto proposta. E\u0027 dunque questione da\nesaminarsi in detta sede all\u0027esito della valutazione della rilevanza\ne non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate dal ricorrente, nonche\u0027 all\u0027esito della\ndecisione della questione di legittimita\u0027 costituzionale che si\nsolleva nel presente provvedimento. \n Deve tuttavia rilevarsi fin d\u0027ora l\u0027infondatezza dell\u0027argomento\nsvolto dall\u0027amministrazione comunale convenuta. Invero, ad avviso del\nComune di Arezzo le associazioni ricorrenti sarebbero legittimate\nsolo nelle ipotesi di discriminazione diretta o indiretta per razza o\norigine etnica (per effetto combinato dell\u0027art. 5, comma 3, e\ndell\u0027art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per ragioni di\nnazionalita\u0027. \n L\u0027argomento e\u0027 privo di pregio. Come risulta dagli atti del\nprocedimento entrambe le associazioni sono iscritte nell\u0027elenco di\ncui all\u0027art. 5 decreto legislativo n. 215/03. La questione della\nlimitazione della legittimazione attiva delle organizzazioni iscritte\nall\u0027elenco ex art. 5 decreto legislativo n. 215/03 alle sole\ndiscriminazioni per etnia, e\u0027 stata risolta in senso negativo da\nconsolidata giurisprudenza di legittimita\u0027 (cfr. Cass. sentenze nn.\n11165/2017, 11166/2017, 28745/2019) che ha ritenuto che la\nlegittimazione attiva delle associazioni di cui all\u0027elenco art. 5\nd.lgs. 215/03 nell\u0027azione discriminatoria in parola vada estesa anche\nalla tutela contro condotte discriminatorie per «nazionalita\u0027» e non\nsolo per «etnia». \n Non pare sussistere, pertanto, il difetto di legittimazione ad\nagire in capo alle associazioni ricorrenti. \n 7. Tanto premesso in ordine alle eccezioni pregiudiziali\nsollevate dai convenuti, nel merito va osservato che i ricorrenti\nlamentano l\u0027esistenza di una condotta discriminatoria della Regione\nToscana e del Comune di Arezzo. \n Occorre fin da subito osservare che le questioni sottoposte\nall\u0027attenzione di questo Giudice possono essere separate in due\ngruppi di domande. \n Il primo gruppo di domande, rivolte esclusivamente nei confronti\ndel Comune di Arezzo, riguardano clausole del bando\ndell\u0027amministrazione comunale relativo all\u0027assegnazione emergenziale\ndegli alloggi; trattandosi di questione che puo\u0027 essere risolta da\nquesto Giudice allo stato degli atti, sara\u0027 oggetto di provvedimento\ndecisorio all\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027 rilevante per\nle altre domande, dalle quali per economia di giudizio non e\u0027\nopportuno separarle. \n La presente ordinanza ha invece ad oggetto la proposta questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale delle norme di legge regionali che\nutilizzano nella formazione delle graduatorie il criterio della\nresidenza protratta nel tempo. \n In particolare, secondo i ricorrenti la condotta discriminatoria\nlamentata consisterebbe, rispettivamente, nell\u0027avere approvato ed\nemanato la legge regionale toscana n. 2/2019, con particolare\nriferimento all\u0027art. 10, della legge regionale Toscana n. 2/2019\nnella parte in cui richiama le condizioni per l\u0027attribuzione dei\npunteggi determinate all\u0027allegato B, Lett. C-1). \n La questione e\u0027 ammissibile perche\u0027 ha ad oggetto norme di legge\nsoggette al controllo di costituzionalita\u0027 ai sensi dell\u0027art. 134 e\n117 della Costituzione. \n Nello specifico le disposizioni dell\u0027allegato B, come richiamato\ndall\u0027art. 10 della legge regionale n. 2/2019, prevedono\nl\u0027attribuzione di punteggi nelle modalita\u0027 che seguono: \n «a) Condizioni sociali, economiche e familiari: \n a-1. Reddito annuo complessivo del nucleo familiare\ncostituito esclusivamente da pensione sociale, assegno sociale,\npensione minima INPS, da pensione di invalidita\u0027: punti 2; \n a-1 bis. Reddito fiscalmente imponibile pro capite del nucleo\nfamiliare non superiore all\u0027importo annuo di una pensione minima INPS\nper persona: punti 1; \n a-2. Nucleo familiare composto da una sola persona che abbia\ncompiuto il sessantacinquesimo anno di eta\u0027 alla data di\npubblicazione del bando o da una coppia i cui componenti abbiano\nentrambi compiuto il sessantacinquesimo anno di eta\u0027 alla suddetta\ndata, anche in presenza di minori a carico o di soggetti di cui ai\nsuccessivi punti a-4 o a-4 bis: punti 1; \n a-3. Nucleo familiare composto da coppia coniugata,\nconvivente more uxorio, unita civilmente ovvero convivente di fatto\nai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle\nunioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle\nconvivenze), anagraficamente convivente e che viva in coabitazione\ncon altro nucleo familiare, ovvero convivente nell\u0027ambito di un\nnucleo familiare piu\u0027 ampio, alla data di pubblicazione del bando:\npunti 1; con uno o piu\u0027 figli minori a carico: punti 2. Il punteggio\ne\u0027 attribuibile a condizione che nessuno dei due componenti la coppia\nabbia compiuto il trentaquattresimo anno di eta\u0027 alla data di\npubblicazione del bando; \n a-4. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto\nriconosciuto invalido ai sensi delle vigenti normative: \n con eta\u0027 compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di\npubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari o\nsuperiore al 67%: punti 1; \n con eta\u0027 compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di\npubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari al\n100%: punti 2; \n che non abbia compiuto il diciottesimo anno di eta\u0027 o che\nabbia compiuto il sessantacinquesimo anno di eta\u0027 alla data di\npubblicazione del bando: punti 2; \n a-4 bis. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto\nriconosciuto invalido al 100% con necessita\u0027 di assistenza continua\ne/o un portatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita\u0027\ntale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente,\ncontinuativo e globale nella sfera individuale o in quella di\nrelazione: punti 3. Nel caso in cui nel nucleo familiare siano\npresenti due o piu\u0027 situazioni di invalidita\u0027 di cui ai precedenti\npunti a-4 e a-4 bis, non possono comunque essere attribuiti piu\u0027 di\npunti 4; \n a-5. Richiedente in condizione di pendolarita\u0027 per distanza\ntra il luogo di lavoro e il luogo di residenza superiore a km 70:\npunti 1. Il punteggio si applica limitatamente al bando pubblicato\ndal comune nel quale il richiedente lavora; \n a-6. Nucleo familiare composto da due persone con tre o piu\u0027\nfamiliari fiscalmente a carico: punti 2; \n a-7. Nucleo familiare composto da una sola persona con: uno o\npiu\u0027 figli maggiorenni fiscalmente a carico, purche\u0027 non abbiano\ncompiuto il ventiseiesimo anno di eta\u0027 alla data di pubblicazione del\nbando: punti 1; \n un figlio minore fiscalmente a carico o un minore in\naffidamento preadottivo a carico: punti 2; \n due o piu\u0027 figli minori fiscalmente a carico o due o piu\u0027\nminori in affidamento preadottivo a carico: punti 3; \n uno o piu\u0027 soggetti fiscalmente a carico di cui ai punti\na-4 o a-4 bis: punti 4. \n Nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti piu\u0027\nsituazioni tra quelle sopra indicate, non possono comunque essere\nattribuiti piu\u0027 di punti 6. Il punteggio di cui al punto a-7, ultimo\ncapoverso, non e\u0027 cumulabile con i punteggi di cui ai punti a-4 e a-4\nbis. \n a-8. Richiedente separato o divorziato legalmente su cui\ngrava l\u0027obbligo disposto dall\u0027autorita\u0027 giudiziaria del pagamento\nmensile di un assegno di mantenimento a favore del coniuge e/o dei\nfigli: punti 1. \n b) Condizioni abitative dovute a situazioni di grave disagio\nabitativo, accertate dall\u0027autorita\u0027 competente, per i seguenti\nmotivi: \n b-1. Permanenza effettiva e continuativa, documentata dalle\nautorita\u0027 pubbliche competenti, in ambienti impropriamente adibiti ad\nabitazione, aventi caratteristiche tipologiche e/o igienico-sanitarie\ndi assoluta ed effettiva incompatibilita\u0027 con la destinazione ad\nabitazione: punti 3. Ai fini di cui al presente punto b-1,\nl\u0027eventuale classificazione catastale dell\u0027unita\u0027 immobiliare non ha\nvalore cogente. Tale situazione deve sussistere da almeno un anno\nalla data di pubblicazione del bando. Dopo la formazione della\ngraduatoria, gli uffici trasmettono apposita segnalazione dei casi in\ncui risulta attribuito il punteggio di cui al presente punto b-1 al\ncomune e alla prefettura per la verifica in ordine alle eventuali\nconseguenze o responsabilita\u0027 derivanti dal suddetto accertamento ai\nsensi delle vigenti disposizioni di legge; \n b-2. Abitazione in alloggio avente barriere architettoniche\ntali da determinare grave disagio abitativo, e non facilmente\neliminabili, in presenza di nucleo familiare con componente affetto\nda handicap, invalidita\u0027 o minorazioni congenite o acquisite,\ncomportanti gravi e permanenti difficolta\u0027 di deambulazione: punti 2; \n b-3. Abitazione in alloggi o altre strutture abitative\nassegnati a titolo precario dai servizi di assistenza del comune o da\naltri servizi assistenziali pubblici, regolarmente occupati, o\nabitazione in alloggi privati procurati dai servizi di assistenza del\ncomune, regolarmente occupati, il cui canone di locazione e\u0027\nparzialmente o interamente corrisposto dal comune stesso: punti 3; \n b-4. Abitazione in alloggio di proprieta\u0027 privata con un\ncontratto di locazione registrato il cui canone annuo relativo\nall\u0027anno di produzione del reddito sia superiore ad un terzo del\nreddito imponibile, e risulti regolarmente corrisposto: punti 3; in\ncaso di canone uguale o superiore al 50% del reddito imponibile:\npunti 4. Ai fini del suddetto calcolo, eventuali contributi percepiti\na titolo di sostegno alloggiativo devono essere scomputati\ndall\u0027ammontare del canone corrisposto; \n b-5. Abitazione che debba essere rilasciata a seguito di\nprovvedimento esecutivo di sfratto per finita locazione o per\nmorosita\u0027 incolpevole come definita all\u0027art. 14, comma 3, o di\nprovvedimento di espropriazione forzata a seguito di pignoramento. Il\nsuddetto sfratto e la relativa convalida devono avere data certa,\nanteriore alla data di pubblicazione del bando, comunque non\nsuperiore ad anni due: punti 2; \n b-6. Coabitazione in uno stesso alloggio con altro o piu\u0027\nnuclei familiari, ciascuno composto da almeno due unita\u0027, o\nsituazione di sovraffollamento con oltre due persone per vano utile:\npunti 2. Le due condizioni non sono cumulabili. \n c) Condizioni di storicita\u0027 di presenza: \n c1. Residenza anagrafica o prestazione di attivita\u0027\nlavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare\nnell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando, da almeno tre anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti 2; da almeno dieci anni\nalla data di pubblicazione del bando: punti 3; da almeno quindici\nanni alla data di pubblicazione del bando: punti 3,5; da almeno venti\nanni alla data di pubblicazione del bando: punti 4; (grassetto\ndell\u0027estensore); \n c-2. Presenza continuativa del richiedente nella graduatoria\ncomunale o intercomunale per l\u0027assegnazione degli alloggi, ovvero\npresenza continuativa del nucleo richiedente nell\u0027alloggio con\nutilizzo autorizzato: punti 0,50 per ogni anno di presenza in\ngraduatoria o nell\u0027alloggio. Il punteggio massimo attribuibile non\npuo\u0027 comunque superare i 6 punti. Le condizioni di storicita\u0027 di\npresenza devono essere in ogni caso dichiarate nella domanda dal\nrichiedente. Il comune, ai fini dell\u0027attribuzione del relativo\npunteggio, ha la facolta\u0027 di verificare d\u0027ufficio le suddette\ndichiarazioni; \n c-3. Periodo di contribuzione al Fondo GESCAL non inferiore\nad anni 5: punti 1; Periodo di contribuzione al fondo GESCAL non\ninferiore ad anni 10: punti 2. I punteggi di cui al punto c) non\npossono essere attribuiti ai nuclei familiari gia\u0027 assegnatari di\nalloggi di ERP». \n 7.1. In primo luogo, va osservato che la controversia in esame ha\nad oggetto un ambito materiale che rientra nella sfera di competenza\nche il TFUE attribuisce all\u0027Unione. L\u0027esame della questione di\ncompatibilita\u0027 con il diritto dell\u0027Unione europea costituisce un\nprius logico e giuridico rispetto alla questione di legittimita\u0027\ncostituzionale in via incidentale, poiche\u0027 investe la stessa\napplicabilita\u0027 della norma censurata nel giudizio principale (e,\npertanto, la rilevanza della questione). \n Tanto premesso, non pare inutile ricordare che il contrasto con\nil diritto dell\u0027Unione europea condiziona l\u0027applicabilita\u0027 della\nnorma censurata nel giudizio a quo - e di conseguenza la irrilevanza\no la diversa rilevanza (alla luce della sentenza n. 15/2024 della\nCorte della Costituzione di cui infra) delle questioni di\nlegittimita\u0027 costituzionale che si intendano sollevare sulla medesima\n- soltanto quando la norma europea sia dotata di effetto diretto o\nsia direttamente applicabile. \n Al riguardo, come ribadito dalla Corte costituzionale nella\nsentenza n. 269/2017, «deve richiamarsi l\u0027insegnamento di questa\nCorte, in base al quale «conformemente ai principi affermati dalla\nsentenza della Corte di giustizia 9 marzo 1978, in causa C-106/77\n(Simmenthal), e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte,\nsegnatamente con la sentenza n. 170 del 1984 (Granital), qualora si\ntratti di disposizione del diritto dell\u0027Unione europea direttamente\nefficace, spetta al giudice nazionale comune valutare la\ncompatibilita\u0027 comunitaria della normativa interna censurata,\nutilizzando - se del caso - il rinvio pregiudiziale alla Corte di\ngiustizia, e nell\u0027ipotesi di contrasto provvedere egli stesso\nall\u0027applicazione della norma comunitaria in luogo della norma\nnazionale; mentre, in caso di contrasto con una norma comunitaria\npriva di efficacia diretta - contrasto accertato eventualmente\nmediante ricorso alla Corte di giustizia - e nell\u0027impossibilita\u0027 di\nrisolvere il contrasto in via interpretativa, il giudice comune deve\nsollevare la questione di legittimita\u0027 costituzionale, spettando poi\na questa Corte valutare l\u0027esistenza di un contrasto insanabile in via\ninterpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con\nil diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del 2007,\nn. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012)» (ordinanza n. 207 del\n2013)\". Nella pronuncia in esame, con considerazioni rilevanti nel\ncaso di specie, e\u0027 affermato che: «quando una disposizione di diritto\ninterno diverge da norme dell\u0027Unione europea prive di effetti\ndiretti, occorre sollevare una questione di legittimita\u0027\ncostituzionale, riservata alla esclusiva competenza di questa Corte,\nsenza delibare preventivamente i profili di incompatibilita\u0027 con il\ndiritto europeo. In tali ipotesi spetta a questa Corte giudicare la\nlegge, sia in riferimento ai parametri europei» (con riguardo alle\npriorita\u0027, nei giudizi in via di azione, si veda ad esempio la\nsentenza n. 197 del 2014, ove si afferma che «la verifica della\nconformita\u0027 della norma impugnata alle regole di competenza interna\ne\u0027 preliminare al controllo del rispetto dei principi comunitari\n(sentenze n. 245 del 2013, n. 127 e n. 120 del 2010)». Da ultimo\noccorre considerare il portato della significativa recente sentenza\nn. 15/2024 del 12 febbraio 2024 con la quale la Corte costituzionale\ne\u0027 tornata sul rapporto tra ordinamenti sotto il profilo dei rimedi\nattivabili in caso di contrasto tra norma interna e obbligo derivante\ndal diritto dell\u0027Unione europea. \n Sul punto il richiamo e\u0027 al par. 7.3. del Considerato in diritto\nove si legge: \n «Nel caso in cui, invece, la discriminazione compiuta dalla\npubblica amministrazione trovi origine nella legge, in quanto e\u0027\nquest\u0027ultima a imporre, senza alternative, quella specifica condotta,\nallora l\u0027attivita\u0027 discriminatoria e\u0027 ascrivibile alla pubblica\namministrazione soltanto in via mediata, in quanto alla radice delle\nscelte amministrative che si e\u0027 accertato essere discriminatorie sta,\nappunto, la legge (...). In evenienze del genere, il giudice\nordinario non puo\u0027 allora ordinare la modifica di norme regolamentari\nche siano riproduttive di norme legislative, in quanto ordinerebbe\nalla pubblica amministrazione di adottare atti regolamentari\nconfliggenti con la legge non rimossa. \n L\u0027esercizio di un siffatto potere e\u0027, dunque, subordinato\nall\u0027accoglimento da parte di questa Corte della questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale sulla norma legislativa che il giudice\nritenga essere causa della natura discriminatoria dell\u0027atto\nregolamentare. (...) \n In quest\u0027ottica, laddove la norma regolamentare sia\nsostanzialmente riproduttiva di norma legislativa, ordinarne la\nrimozione implica che sia sollevata questione di legittimita\u0027\ncostituzionale sulla seconda. La non applicazione per contrasto con\nil diritto dell\u0027Unione europea a efficacia diretta - necessaria per\nl\u0027attribuzione immediata del bene della vita negato sulla base\ndell\u0027accertata discriminazione - non rimuove, infatti, la legge\ndall\u0027ordinamento con immediata efficacia, ma impedisce soltanto «erga\nomnes che tale norma venga in rilievo per la definizione della\ncontroversia innanzi al giudice nazionale» (sentenza n. 170 del\n1984). L\u0027ordine di rimozione della norma regolamentare - che proietta\ni suoi effetti, per espressa scelta del legislatore compiuta con\nl\u0027art. 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, oltre il caso che\nha originato il giudizio antidiscriminatorio - richiede, allora, che\nsia dichiarata l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della legge, la quale,\nancorche\u0027 non applicata nel caso concreto, e\u0027 ancora vigente,\nefficace e, sia pure in ipotesi erroneamente, suscettibile di\napplicazione da parte della pubblica amministrazione o anche di altri\ngiudici che ne valutino diversamente la compatibilita\u0027 con il diritto\ndell\u0027Unione europea. Sono, dunque, tanto l\u0027ordinato funzionamento del\nsistema delle fonti interne, e, nello specifico, i rapporti tra legge\ne regolamento regionali, anche in relazione al diritto dell\u0027Unione\neuropea, quanto l\u0027esigenza che i piani di rimozione della\ndiscriminazione siano efficaci a richiedere che il giudice ordinario,\nse correttamente intenda ordinare la rimozione di una norma\nregolamentare al fine di evitare il riprodursi della discriminazione\nde futuro, sollevi questione di legittimita\u0027 costituzionale sulla\nnorma legislativa sostanzialmente riprodotta dall\u0027atto regolamentare,\nanche dopo che si sia accertata l\u0027incompatibilita\u0027 di dette norme\ninterne con norme di diritto dell\u0027Unione europea aventi efficacia\ndiretta. \n Cio\u0027 premesso, una norma eurounitaria puo\u0027 essere ritenuta ad\nefficacia diretta quando, a prescindere dall\u0027atto della Unione\nEuropea in cui e\u0027 contenuta imponga ai destinatari un comportamento\npreciso ed incondizionato e contenga una disciplina completa che non\nnecessiti di una normativa ulteriore di attuazione da parte degli\nStati Membri, o comunque individui un diritto soggettivo o prescriva\nun obbligo che possano essere immediatamente fatti valere in un\ngiudizio. \n La Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che in tutti i casi in\ncui le disposizioni di una direttiva appaiano chiare,\nsufficientemente precise ed incondizionate, i singoli possono\ninvocarle dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato\nmembro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in\ndiritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l\u0027abbia recepita in\nmodo non corretto (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991,\ncause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, punto 11, e 11 luglio\n2002, causa C-62/00, Marks \u0026amp; Spencer, punto 25; sentenza 5 ottobre\n2004, cause riunite C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., punto 103). \n Ma, alla luce della citata giurisprudenza, deve ritenersi che le\ndisposizioni della direttiva 2003/109 - nella parte rilevante ai fini\ndel caso in esame, non possano essere ritenute ad efficacia diretta\nse si ritenga che lo stato si sia avvalso della facolta\u0027 di deroga. \n Questo perche\u0027, dovrebbero, a tal fine, essere considerati i\nseguenti elementi: l\u0027art. 11, primo paragrafo, lettera f) della\ndirettiva prevede espressamente che il soggiornante di lungo periodo\ngoda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali anche per\nl\u0027accesso alla «procedura per l\u0027ottenimento di un alloggio», ma, allo\nstesso tempo, prevede che lo Stato membro possa limitare la parita\u0027\ndi trattamento ai casi in cui il richiedente ha eletto dimora o\nrisiede abitualmente nel suo territorio (art. 11, par. 2); le\nprevisioni in esame, pur essendo chiare e precise, non sono\nincondizionate, in quanto prevedono la possibilita\u0027 di un intervento\nlimitativo dello Stato membro; la direttiva in esame e\u0027 stata attuata\ncon il decreto legislativo n. 3/2007 (cfr. in particolare art. 9,\ncomma 12, lettera c). \n Parimenti dovrebbe concludersi anche in relazione all\u0027art. 12,\ndirettiva 2011/98 ove si prevede che «I lavoratori dei paesi terzi di\ncui all\u0027art. 3, paragrafo 1, lettere b e c), (8) beneficiano dello\nstesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui\nsoggiornano per quanto concerne: (...); g) l\u0027accesso a beni e servizi\na disposizione del pubblico e all\u0027erogazione degli stessi, incluse le\nprocedure per l\u0027ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto\nnazionale, fatta salva la liberta\u0027 contrattuale conformemente al\ndiritto dell\u0027Unione e al diritto nazionale» e tuttavia al paragrafo\nsuccessivo prevede che gli Stati membri possano limitare la parita\u0027\ndi trattamento «d) in ordine al paragrafo 1, lettera g): i)\nlimitandone l\u0027applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono\nun\u0027attivita\u0027 lavorativa; ii) limitando l\u0027accesso per quanto concerne\nl\u0027assistenza abitativa». \n Le stesse integrano, pertanto, quali norme interposte il\nparametro costituzionale espresso dall\u0027art. 117, primo comma della\nCostituzione, nella parte in cui impone la conformazione della\nlegislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi\ninternazionali. \n Ma e\u0027 vero anche che, come afferma la Corte di Giustizia dell\u0027UE\n24 aprile 2012 (C 2012:233) ai paragrafi par. 87 e 88 della sentenza,\n«occorre rilevare che un\u0027autorita\u0027 pubblica, sia essa di livello\nnazionale, regionale o locale, puo\u0027 invocare la deroga prevista\nall\u0027art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 unicamente qualora\ngli organi competenti nello Stato membro interessato per l\u0027attuazione\ndi tale direttiva abbiano chiaramente espresso l\u0027intenzione di\navvalersi della deroga suddetta». \n E va considerato che, nel caso in esame, allo stato degli atti\nnon risulta che «la Repubblica italiana abbia manifestato la propria\nintenzione di ricorrere alla deroga al principio della parita\u0027 di\ntrattamento prevista dall\u0027art. 11, paragrafo 4, della direttiva\n2003/109». \n Del resto, quand\u0027anche, il Giudice si trovi nell\u0027ipotesi di dover\ndisapplicare la norma nazionale in contrasto con l\u0027obbligo\ndell\u0027Unione direttamente applicabile o idoneo a produrre effetti\ndiretti, la questione di legittimita\u0027 costituzionale della norma\ndisapplicata rimarrebbe comunque ammissibile alla luce dei recenti\napprodi della Corte costituzionale (sentenza 15/2024), che ha\nconsentito il cumulo dei due strumenti della disapplicazione della\nlegge con la rimessione alla Corte di una questione di legittimita\u0027\ncostituzionale sulla medesima legge, nell\u0027ottica di garantire un\npiano di rimozione delle discriminazioni effettivo e pro futuro (art.\n28, comma 5, decreto legislativo n. 150/2011), comprensivo della\nrimozione dell\u0027atto normativo in contrasto con le norme eurounitarie\ne tuttavia conseguente alla dichiarazione di incostituzionalita\u0027\nadottata dalla Corte costituzionale. \n Per queste ragioni la questione appare al giudicante, nel caso in\nesame ed in ogni caso, ammissibile. \n 7.2 Quanto alla rilevanza, ossia alla prevedibile necessita\u0027 che\nla norma sulla quale verte il dubbio di costituzionalita\u0027 debba\ntrovare applicazione nel giudizio a quo, va richiamato quanto\nosservato in ordine all\u0027interesse ad agire dei ricorrenti. \n Del resto, basti a tal proposito osservare che ASGI e L\u0027Altro\nDiritto hanno proposto, in proprio, l\u0027azione collettiva ex art. 5 del\ndecreto legislativo n. 215/2003 volta ad accertare il carattere\ndiscriminatorio della condotta tenuta dalla regione Toscana\nconsistente nell\u0027aver emanato l\u0027art. 10, L.R. Toscana n. 2/2019\nladdove, nel rinvio all\u0027allegato B, Lett. C-1) prevede l\u0027assegnazione\ndi un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza anagrafica o\nprestazione lavorativa continuativa di almeno un componente del\nnucleo familiare nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando da\nalmeno tre anni e fino ad oltre venti anni, per contrasto con l\u0027art.\n3 della Costituzione e con l\u0027art. 117, comma 1 della Costituzione\nquest\u0027ultimo in riferimento all\u0027art. 11, direttiva 2003/109 ed\nall\u0027art. 12 della direttiva 2011/98. \n 7.3. Ad avviso di questo giudice, in definitiva, il presente\ngiudizio non puo\u0027 essere definito indipendentemente dalla risoluzione\ndella questione di legittimita\u0027 costituzionale che, pertanto, si\nsottopone in relazione all\u0027art. 10, Lett. C-1), dell\u0027allegato B alla\nL.R. Toscana n. 2/2019, per contrasto con l\u0027art. 3 della\nCostituzione, nonche\u0027 per contrasto con l\u0027art. 117, comma 1 della\nCostituzione, in relazione alla direttiva 2003/109 e direttiva\n2011/98. \n Appare, pertanto, riscontrabile anche il presupposto della\nrilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale. \n 8. A parere di questo giudice, inoltre, la questione di\nconformita\u0027 a Costituzione appare non manifestamente infondata. \n In primo luogo perche\u0027 non appare possibile l\u0027interpretazione\ndelle disposizioni della L.R. Toscana n. 2/2019 in senso conforme\nalle disposizioni costituzionali. \n E\u0027 noto, infatti, che prima di sollevare l\u0027incidente di\ncostituzionalita\u0027 il giudice a quo deve verificare la possibilita\u0027 di\ninterpretare la disposizione censurata in modo da renderla rispettosa\ndella Costituzione; soltanto nel caso in cui il giudice ritenga\nimpossibile fornire una interpretazione secundum constitutionem della\nnorma, diviene necessaria la rimessione della questione alla Corte\ncostituzionale (cfr., fra le altre, Corte costituzionale nn.\n356/1996; 308/2008; 113/2015). \n L\u0027art. 10 rinvia all\u0027allegato B della legge regionale n. 2/2019\nper la determinazione delle modalita\u0027 della formazione della\ngraduatoria secondo i criteri illustrati nel paragrafo precedente,\ncriteri che attribuiscono alla mera residenza un determinato\npunteggio con un meccanismo che pur essendo di dubbia conformita\u0027\ncostituzionale, tuttavia non lascia spazio ad interpretazioni diverse\no alternative. \n La chiara lettera della legge, confermata anche dall\u0027utilizzo di\nespressioni dal senso univoco, non consente alcuna interpretazione\nidonea a fugare il dubbio di conformita\u0027 all\u0027art. 3 della\nCostituzione. \n 8.1. La questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 10 della L.R.T.\n2/2019 nella parte in cui rinvia all\u0027Allegato B Condizioni per\nl\u0027attribuzione dei punteggi (art. 10) lett. c1. appare, ad avviso di\nquesto giudice, non manifestamente infondata in relazione, in primo\nluogo, all\u0027art. 3 della Costituzione. \n L\u0027articolo in parola attribuisce un punteggio in graduatoria da\nuno a quattro punti nel massimo a tutti i soggetti che possano far\nvalere una residenza protratta nel territorio comunale (ovvero la\nprestazione di un\u0027attivita\u0027 lavorativa continuativa) secondo un\nmeccanismo premiale e graduato che aumenta con l\u0027aumentare degli anni\ndi residenza (o lavoro continuativo). \n A tale proposito i ricorrenti richiamando le considerazioni\nsvolte dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 44/2020 e n.\n9/2021 sostengono che il meccanismo di assegnazione dei punteggi\ncongegnato dal legislatore regionale risulti illegittimo in quanto\nl\u0027attribuzione di un punteggio sulla base della mera residenza e\u0027\ntotalmente svincolato dal bisogno abitativo che la legge regionale\nintende soddisfare. I ricorrenti censurano, in particolare,\nl\u0027attribuzione di punteggi aggiuntivi in ragione della prolungata\nresidenza in Toscana, sproporzionati rispetto ai punteggi attribuiti\ndalle altre condizioni (sociali, economiche e familiari e di cd.\ndisagio abitativo) che appaiono invece maggiormente aderenti alla\nratio cui la normativa ERP appare ispirata. \n Per vero le richiamate sentenze non si sono occupate della\nquestione qui in esame (anche se la sentenza n. 9/2021 aveva ad\noggetto una questione assai simile a quella del caso di specie),\ncioe\u0027 della rilevanza della durata della residenza ai fini della\nattribuzione della posizione in graduatoria, e tuttavia in esse e\u0027\npossibile estrapolare principi generali che al giudicante appaiono\npertinenti anche al caso in esame. \n Anzitutto deve essere osservato che, come si legge al punto 3\ndella sentenza 44/2020: \"il diritto all\u0027abitazione «rientra fra i\nrequisiti essenziali caratterizzanti la socialita\u0027 cui si conforma lo\nStato democratico voluto dalla Costituzione» ed e\u0027 compito dello\nStato garantirlo, contribuendo cosi\u0027 «a che la vita di ogni persona\nrifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l\u0027immagine universale della\ndignita\u0027 umana» (sentenza n. 217 del 1988; nello stesso senso\nsentenze n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e n. 404\ndel 1988). Benche\u0027 non espressamente previsto dalla Costituzione,\ntale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti\ninviolabili (fra le altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e\nn. 404 del 1988 e ordinanza n. 76 del 2010) e il suo oggetto,\nl\u0027abitazione, deve considerarsi «bene di primaria importanza»\n(sentenza n. 166 del 2018; si vedano anche le sentenze n. 38 del\n2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009\"). \n L\u0027edilizia residenziale pubblica e\u0027 diretta ad assicurare in\nconcreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perche\u0027 serve\na «garantire un\u0027abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo\nove e\u0027 la sede dei loro interessi» (sentenza n. 176 del 2000), al\nfine di assicurare un\u0027esistenza dignitosa a tutti coloro che non\ndispongono di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea), mediante un servizio pubblico\ndeputato alla «provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie\nmeno abbienti» (sentenza n. 168 del 2014). \n Orbene la Corte costituzionale ha, a piu\u0027 riprese, chiarito che\n«i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari\ndei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione\ndel servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n. 168\ndel 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011) (grassetto\ndell\u0027estensore). \n Il giudizio sulla sussistenza e sull\u0027adeguatezza di tale\ncollegamento, fra finalita\u0027 del servizio da erogare e caratteristiche\nsoggettive richieste ai suoi potenziali beneficiari - muove\ndall\u0027identificazione della ratio della norma di riferimento e passa\npoi attraverso la verifica della coerenza con tale ratio, del filtro\nselettivo introdotto, secondo la struttura tipica del sindacato\nsvolto ai sensi dell\u0027art. 3, primo comma, della Costituzione. \n Se dunque la ratio della normativa di edilizia residenziale\nabitativa e\u0027 quella di assicurare il soddisfacimento del bisogno\nprimario ad una abitazione, il requisito della residenza pregressa\nnon appare di per se\u0027 collegato alla funzione del servizio. Ed in\neffetti, se e\u0027 vero che e\u0027 certamente ragionevole che i servizi\nsociali erogati da un comune si rivolgano a persone residenti nel\ncomune stesso, se e\u0027 vero che e\u0027 certamente coerente con la funzione\ndella norma che i servizi siano erogati a persone che assicurino una\ncerta stabilita\u0027 sul territorio, e\u0027 altrettanto vero - come rilevato\ndalla Corte costituzionale che «La previa residenza (...) non e\u0027 di\nper se\u0027 indice di un\u0027elevata probabilita\u0027 di permanenza in un\ndeterminato ambito territoriale, mentre a tali fini risulterebbero\nben piu\u0027 significativi altri elementi sui quali si puo\u0027\nragionevolmente fondare una prognosi di stanzialita\u0027. In altri\ntermini, la rilevanza conferita a una condizione del passato, quale\ne\u0027 la residenza [...], non sarebbe comunque oggettivamente idonea a\nevitare il \"rischio di instabilita\u0027\" del beneficiario dell\u0027alloggio\ndi edilizia residenziale pubblica, obiettivo che dovrebbe invece\nessere perseguito avendo riguardo agli indici di probabilita\u0027 di\npermanenza per il futuro. In ogni caso, si deve osservare che lo\nstesso \"radicamento\" territoriale, quand\u0027anche fosse adeguatamente\nvalutato (non con riferimento alla previa residenza protratta), non\npotrebbe comunque assumere importanza tale da escludere qualsiasi\nrilievo del bisogno. Data la funzione sociale del servizio di\nedilizia residenziale pubblica, e\u0027 irragionevole che anche i soggetti\npiu\u0027 bisognosi siano esclusi a priori dall\u0027assegnazione degli alloggi\nsolo perche\u0027 non offrirebbero sufficienti garanzie di stabilita\u0027\n(par. 3.1. Corte costituzionale, sentenza n. 44/2020») (grassetto\ndell\u0027estensore). \n In termini piu\u0027 generali la Corte costituzionale ha affermato «il\nprincipio che se al legislatore, sia statale che regionale (e\nprovinciale), e\u0027 consentito introdurre una disciplina differenziata\nper l\u0027accesso alle prestazioni assistenziali al fine di conciliare la\nmassima fruibilita\u0027 dei benefici previsti con la limitatezza delle\nrisorse finanziarie disponibili» (sentenza n. 133 del 2013), tuttavia\n«la legittimita\u0027 di una simile scelta non esclude che i canoni\nselettivi adottati debbano comunque rispondere al principio di\nragionevolezza» (sentenza n. 133 del 2013) e che, quindi, debbano\nessere in ogni caso coerenti ed adeguati a fronteggiare le situazioni\ndi bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in\nquanto tale, che costituiscono il presupposto principale di\nfruibilita\u0027 delle provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011)»\n(sentenza n. 168 del 2014). Ha inoltre affermato che «l\u0027introduzione\ndi regimi differenziati e\u0027 consentita solo in presenza di una causa\nnormativa non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe\u0027\ngiustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e\u0027\nsubordinata l\u0027attribuzione del beneficio e gli altri peculiari\nrequisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la\nratio» (sentenza n. 172 del 2013). \n Orbene, la Corte non ha escluso ed ha anzi affermato che «la\nprospettiva della stabilita\u0027 puo\u0027 rientrare tra gli elementi da\nvalutare in sede di formazione della graduatoria» ma ha altresi\u0027\nprecisato che le norme che introducono tale requisito [della\nresidenza] vanno «vagliate con particolare attenzione, in quanto\nimplicano il rischio di privare certi soggetti dell\u0027accesso alle\nprestazioni pubbliche solo per il fatto di aver esercitato il proprio\ndiritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza»\n(sentenza n. 107 del 2018) (grassetto dell\u0027estensore). \n Nel presente giudizio non sono impugnate norme regionali che\nprevedono, come requisito per la partecipazione, la residenza\nprotratta nel tempo. Viene invece in rilievo la previsione,\nintrodotta dalla legge regionale Toscana n. 2/2019, che, come\ncorrettamente osserva la Regione, introduce, non un requisito di\naccesso, ma un meccanismo premiale in ragione della residenza\nprolungata nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando. \n Questo Giudice e\u0027 quindi chiamato a valutare «in concreto» (come\nindica la stessa sentenza n. 44 del 2020) se l\u0027assegnazione di un\ndeterminato punteggio alla residenza protratta per un certo periodo\nsia coerente con il fine perseguito (di garanzia di un\u0027adeguata\nstabilita\u0027 nell\u0027ambito della Regione), e se cio\u0027 non sia\ndiscriminatorio. \n Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 9 del\n2021 «La previsione deve dunque essere sottoposta a uno scrutinio che\nne valorizzi gli elementi di contesto in relazione ai profili\nindicati: in altri termini essa deve essere valutata all\u0027interno del\nsistema costituito dalle norme che stabiliscono i punteggi da\nassegnare ai richiedenti in ragione delle loro condizioni soggettive\ne oggettive, e da quelle che definiscono i requisiti di accesso al\nservizio». \n Muovendo da questa prospettiva, dalla disciplina regionale si\ndeduce che il punteggio massimo da attribuire alle «Condizioni\neconomiche, sociali e familiari» e\u0027 di 6 punti; quello per le\ncondizioni oggettive riferibili alla gravita\u0027 del disagio abitativo\ne\u0027 nel massimo di 4 punti; quello per le «Condizioni di storicita\u0027\ndella presenza» e\u0027 nel massimo di 4 punti; nella specie quello\nattribuito ad una persona residente nel territorio comunale da almeno\nventi anni (condizione nient\u0027affatto eccezionale per un cittadino\ntoscano ) e\u0027 di 4 punti. \n Se si considera, dunque, il complessivo punteggio attribuibile ai\nfini della selezione degli assegnatari, e se solo si raffronta il\npunteggio massimo assegnabile per le condizioni soggettive del\nrichiedente con quello massimo ottenibile in base alla residenza\nprotratta, non si puo\u0027 non constatare l\u0027evidente «sopravvalutazione»,\noperata dal legislatore regionale, della situazione connessa\nall\u0027anzianita\u0027 di residenza rispetto al rilievo conferito alle altre\ncondizioni, e segnatamente a quelle che piu\u0027 rispecchiano la\nsituazione di bisogno alla quale il servizio tende a porre rimedio. \n In applicazione dei criteri anzidetti, infatti, si perverrebbe,\nsolo per fare un esempio, all\u0027irragionevole conseguenza che un\n«Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto riconosciuto\ninvalido al 100% con necessita\u0027 di assistenza continua e/o un\nportatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita\u0027 tale da\nrendere necessario un intervento assistenziale permanente,\ncontinuativo e globale nella sfera individuale o in quella di\nrelazione (punti 3)», dotato di un alloggio inadeguato o fatiscente,\nma non in grado di far valere il punteggio aggiuntivo connesso alla\nresidenza ultraventennale, verrebbe sopravanzato in graduatoria da un\n«Nucleo familiare composto da una sola persona con uno o piu\u0027 figli\nmaggiorenni fiscalmente a carico, purche\u0027 non abbiano compiuto il\nventiseiesimo anno di eta\u0027 alla data di pubblicazione del bando (1\npunto)», dotato di analogo alloggio, solo perche\u0027 in grado di vantare\nuna durata di residenza idonea a produrre tutti e quattro i punti\naggiuntivi a tale scopo assegnati. \n Per riprendere l\u0027ipotesi esemplificativa utilizzata dai\nricorrenti: la valutazione della residenza e\u0027 in grado di\nsopravanzare sempre situazioni di bisogno e disagio anche\ndrammatiche: basti considerare che una coppia con un figlio il cui\nrichiedente risieda da venti anni in Arezzo (situazione nient\u0027affatto\neccezionale per una persona nata ad Arezzo) sopravanza, per il solo\nfatto della residenza (che gli conferisce 4 punti), una famiglia\nresidente da due anni e trecentosettanyaquattro giorni, in identiche\nsituazioni economiche ma con cinque figli (2 punti); sopravanza un\nnucleo di 4 persone che viva con una sola pensione minima (punti 2);\nsopravanza una coppia con due bimbi che viva da due anni in una\nabitazione avente caratteristiche tipologiche e/o igienico sanitarie\ndi assoluta incompatibilita\u0027 con la destinazione ad abitazione (punti\n3): una situazione quest\u0027ultima che, a logica, dovrebbe dar luogo a\nassoluta preferenza rispetto a qualsiasi altra ipotesi. \n Emerge quindi un assetto normativo che tende a «sopravvalutare»\nuna «condizione del passato» (sentenza n. 44 del 2020) rispetto alle\ncondizioni (soggettive e oggettive) del presente (bisogno attuale),\nsenza peraltro che dalla residenza protratta nel tempo possa trarsi\nalcun ragionevole indice di probabilita\u0027 della permanenza nel futuro. \n Come affermato dalla Corte costituzionale: «il legislatore\nregionale ben puo\u0027 dare rilievo, ai fini della determinazione del\npunteggio per la formazione della graduatoria di accesso, alla\n\"prospettiva della stabilita\u0027\", ma tale aspetto, se puo\u0027 concorrere a\ndeterminare la posizione dei beneficiari, deve nondimeno conservare\nun carattere meno rilevante rispetto alla necessaria centralita\u0027 dei\nfattori significativi della situazione di bisogno alla quale risponde\nil servizio, quali sono quelli che indicano condizioni soggettive e\noggettive dei richiedenti. E quale potrebbe invece essere, in\nipotesi, un\u0027\"anzianita\u0027 di presenza\" del richiedente, non\ngenericamente nel territorio regionale, ma precisamente nella\ngraduatoria degli aventi diritto, giacche\u0027 questa circostanza darebbe\nevidenza a un fattore di bisogno rilevante in funzione del servizio\nerogato, e quindi idoneo a combinare il dato del radicamento con\nquello dello stesso bisogno». (sentenza 9/2021 par. 4.2.2.)\n(grassetto dell\u0027estensore). \n Ed ancora \"la stessa residenza protratta costituisce solo un\nindice debole di quella stessa «prospettiva della stabilita\u0027», alla\nquale, nei termini anzidetti, puo\u0027 essere dato legittimo rilievo in\nponderata concorrenza con i fattori che dimostrano invece l\u0027effettivo\ngrado di necessita\u0027 dell\u0027alloggio da parte dei richiedenti.\". La\nCorte conclude pertanto che: \"il peso esorbitante assegnato al dato\ndel radicamento territoriale nel piu\u0027 generale punteggio per\nl\u0027assegnazione degli alloggi, il carattere marginale del dato\nmedesimo in relazione alle finalita\u0027 del servizio di cui si tratta, e\nla stessa debolezza dell\u0027indice della residenza protratta quale\ndimostrazione della prospettiva di stabilita\u0027, concorrono a\ndeterminare l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della previsione in\nesame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che - siano\nessi cittadini italiani, cittadini di altri Stati UE o cittadini\nextracomunitari, risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni rispetto\nai residenti da almeno dieci anni.» \n Infine: \"E\u0027 il «pieno sviluppo della persona umana» (art. 3,\nsecondo comma, della Costituzione) la bussola che deve orientare\nl\u0027azione del legislatore, sia statale sia regionale, specie quando e\u0027\nchiamato a erogare prestazioni e servizi connessi ai bisogni vitali\ndell\u0027individuo, come quello abitativo. Ogni tentativo di far\nprevalere sulle condizioni soggettive e oggettive del richiedente\nvalutazioni diverse, quali in particolare quelle dirette a\nvalorizzare la stabile permanenza nel territorio, sia nazionale sia\ncomunale, deve essere quindi oggetto di uno stretto scrutinio di\ncostituzionalita\u0027 che verifichi la congruenza di siffatte previsioni\nrispetto all\u0027obiettivo di assicurare il diritto all\u0027abitazione ai non\nabbienti e ai bisognosi.\" (grassetto dell\u0027estensore). \n Il ragionamento della Corte negli estratti evidenziati, che\nquesto Giudice non puo\u0027 che integralmente condividere, solleva\nindubbie criticita\u0027 anche con riguardo alle previsioni adottate dal\nlegislatore regionale toscano. \n 8.2.2. La questione appare, inoltre, non manifestamente\ninfondata, anche con riferimento all\u0027art. 117 della Costituzione, in\nrelazione alla direttiva 2003/109/CE (e, segnatamente, all\u0027art. 11)\ned alla direttiva n. 2011/98/CE (art. 12). \n Come noto nell\u0027ambito di competenza in materia di immigrazione,\nl\u0027Unione europea ha adottato le appena citate direttive che obbligano\ngli Stati ad assicurare la parita\u0027 di trattamento dei cittadini di\nPaesi terzi con i cittadini degli Stati membri nei quali soggiornano.\nIl richiamo e\u0027 all\u0027art. 11 della direttiva 2003/109/CE che prevede:\n«Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei\ncittadini nazionali per quanto riguarda: (...) lett. f) l\u0027accesso a\nbeni e servizi a disposizione del pubblico e all\u0027erogazione degli\nstessi, nonche\u0027 alla procedura per l\u0027ottenimento di un alloggio». Il\nsecondo comma dispone: «Per quanto riguarda le disposizioni del\nparagrafo 1, lettere b), d), e), f) e g), lo Stato membro interessato\npuo\u0027 limitare la parita\u0027 di trattamento ai casi in cui il\nsoggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede\nla prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo\nterritorio». \n Nella disposizione legislativa regionale in esame non si prevede\nsolo una limitazione della parita\u0027 di trattamento per chi «dimora o\nrisiede abitualmente», ma si prevede un meccanismo di attribuzione\ndei punteggi che assegnando una rilevanza molto significativa al\ncriterio della residenza storica, puo\u0027 estromettere soggetti che\nevidenziano uno stato soggettivo di forte bisogno abitativo a\nvantaggio di chi puo\u0027 semplicemente far valere una residenza\nprolungata nel tempo, anche se non possa fare valere particolari\nsituazioni soggettive di bisogno. \n In relazione ai requisiti di residenza prolungata, la Corte di\ngiustizia dell\u0027Unione europea ha affermato che «una siffatta\nnormativa nazionale, che svantaggia taluni cittadini di uno Stato\nmembro per il solo fatto che essi hanno esercitato la loro liberta\u0027\ndi circolare e di soggiornare in un altro Stato membro, costituisce\nuna restrizione alle liberta\u0027 riconosciute dall\u0027art. 21, n. 1, TFUE\nad ogni cittadino dell\u0027Unione», e che «una simile restrizione puo\u0027\nessere giustificata, con riferimento al diritto dell\u0027Unione, solo se\ne\u0027 basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza\ndelle persone interessate ed e\u0027 proporzionata allo scopo\nlegittimamente perseguito dal diritto nazionale» (sentenza 21 luglio\n2011, in causa C-503/09, Stewart, punti 86 e 87; si vedano anche le\nsentenze 26 febbraio 2015, in causa C-359/13, B. Martens; 24 ottobre\n2013, in causa C-220/12, Andreas Ingemar Thiele Meneses (punti\n22-29); 15 marzo 2005, in causa C-209/03, The Queen, ex parte di Dany\nBidar, punti 51-54; 23 marzo 2004, in causa C-138/02, Brian Francis\nCollins; 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Gerhard Köbler; si\nvedano infine CGUE 14.6.2012, Commissione c. Paesi Bassi, causa\nC-542/09; CGUE 20.6.02 Commissione c. Lussemburgo, causa C- 299/01). \n La Corte di giustizia non esclude a priori l\u0027ammissibilita\u0027 di\nrequisiti di residenza per l\u0027accesso a prestazioni erogate dagli\nStati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo legittimo,\nche sia idonea e proporzionata a perseguire tale scopo e che il\ncriterio adottato non sia «troppo esclusivo», potendo sussistere\naltri elementi rivelatori del «nesso reale» tra il richiedente e lo\nStato (si vedano le citate sentenze Stewart, punti 92 e 95, e Thiele\nMeneses, punto 36). \n Orbene, la norma in esame, alla luce delle considerazioni sopra\nespresse, non puo\u0027 ritenersi che sia idonea a perseguire uno scopo\nlegittimo. Se, infatti, oggetto della legge e\u0027 quello di «soddisfare\nil fabbisogno abitativo primario e di ridurre il disagio abitativo\ndei nuclei familiari, nonche\u0027 di particolari categorie sociali in\ncondizioni di svantaggio» (art. 1, della legge n. 16/2016), non si\ncomprende come tale scopo possa essere raggiunto attraverso l\u0027elevata\nvalorizzazione della residenza pregressa, criterio che come detto non\noffre alcuna prognosi sulla stanzialita\u0027 futura del soggetto che puo\u0027\nfarla valere, e con la postergazione automatica nella graduatoria per\nl\u0027assegnazione di alloggi di persone che possono far valere fattori\ndi bisogno soggettivo rilevanti a vantaggio di chi tali fattori non\nli possegga. \n Quand\u0027anche si ritenesse legittimo lo scopo del legislatore di\nattribuire un beneficio soltanto a coloro che possano manifestare una\nprognosi di radicamento futuro nel territorio, resterebbe comunque da\nvalutare la proporzionalita\u0027 della misura utilizzata per realizzare\ntale scopo. Come si e\u0027 visto il requisito della residenza prolungata\ncome criterio di attribuzione del punteggio appare sproporzionato sia\nnella misura (attribuzione di un punteggio equivalente o superiore a\ndiverse condizioni che esprimono condizioni di bisogno soggettivo o\ndi disagio abitativo), sia perche\u0027 e\u0027 ben possibile considerare\nmisure alternative e piu\u0027 proporzionate per raggiungere lo stesso\nobiettivo che si prefigge il legislatore attribuendo rilevanza\nall\u0027anzianita\u0027 di graduatoria, oppure utilizzando il criterio della\nresidenzialita\u0027 storica come criterio di preferenza residuale, a\nparita\u0027 dei bisogni soggettivi ed oggettivi evidenziati dai\nrichiedenti. \n La Corte costituzionale, peraltro ha gia\u0027 censurato, per\nviolazione dell\u0027art. 117, primo comma, della Costituzione, e\ndell\u0027art. 21 TFUE, una norma che annoverava, fra i requisiti di\naccesso all\u0027edilizia residenziale pubblica, la «residenza nella\nRegione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente»\n(sentenza n. 168 del 2014; si vedano anche le sentenze n. 190 del\n2014 e n. 264 del 2013). \n Nella citata sentenza, sebbene relativa all\u0027utilizzo del criterio\ndella residenza prolungata quale limite all\u0027accesso e non quale\ncriterio di attribuzione di punteggi in graduatoria, la Corte\ncostituzionale ha offerto alcune argomentazioni che, nella parte\nrelativa alla valutazione del principio di ragionevolezza, ben\npossono essere valutate nel caso in esame. \n In particolare, il giudice delle leggi ha ravvisato nel requisito\ndella residenza protratta un\u0027irragionevole discriminazione sia nei\nconfronti dei cittadini dell\u0027Unione, sia nei confronti dei cittadini\ndi Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Nella\npronuncia in esame si legge: «Quanto ai primi, risulta evidente che\nla norma regionale in esame li pone in una condizione di inevitabile\nsvantaggio in particolare rispetto alla comunita\u0027 regionale, ma anche\nrispetto agli stessi cittadini italiani, che potrebbero piu\u0027\nagevolmente maturare gli otto anni di residenza in maniera non\nconsecutiva, realizzando una discriminazione vietata dal diritto\ncomunitario (oggi «diritto dell\u0027Unione europea», in virtu\u0027 dell\u0027art.\n2, numero 2, lettera a, del Trattato di Lisbona, che modifica il\ntrattato sull\u0027Unione europea e il trattato che istituisce la\nComunita\u0027 europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007), in\nparticolare dall\u0027art. 18 del TFUE, in quanto determina una\ncompressione ingiustificata della loro liberta\u0027 di circolazione e\nsoggiorno, garantita dall\u0027art. 21 del TFUE. Infatti, il requisito\ndella residenza protratta per otto anni sul territorio regionale\ninduce i cittadini dell\u0027Unione a non esercitare la liberta\u0027 di\ncircolazione abbandonando lo Stato membro cui appartengono (Corte di\ngiustizia, sentenza 21 luglio 2011, in causa C-503/09, Stewart),\nlimitando tale liberta\u0027 in una misura che non risulta ne\u0027\nproporzionata, ne\u0027 necessaria al pur legittimo scopo di assicurare\nche a beneficiare della provvidenza siano soggetti che abbiano\ndimostrato un livello sufficiente di integrazione nella comunita\u0027\npresso la quale risiedono (Corte di giustizia, sentenza 23 marzo\n2004, in causa C-138/02, Collins), anche al fine di evitare oneri\nirragionevoli onde preservare l\u0027equilibrio finanziario del sistema\nlocale di assistenza sociale (Corte di giustizia, sentenza 2 agosto\n1993, in cause riunite C-259/91, C-331/91 e C-332/91, Allue\u0027). Non\ne\u0027, infatti, possibile presumere, in termini assoluti, che i\ncittadini dell\u0027Unione che risiedano nel territorio regionale da meno\ndi otto anni, ma che siano pur sempre ivi stabilmente residenti o\ndimoranti, e che quindi abbiano instaurato un legame con la comunita\u0027\nlocale, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede\no dimora da piu\u0027 anni e, per cio\u0027 stesso siano estromessi dalla\npossibilita\u0027 di accedere al beneficio. Sulla base di analoghe\nargomentazioni, e\u0027 agevole ravvisare la portata irragionevolmente\ndiscriminatoria della norma regionale impugnata anche con riguardo ai\ncittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.\nL\u0027art. 11 della direttiva 2003/109/CE stabilisce, alla lettera f) del\nparagrafo 1, che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso\ntrattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda «l\u0027accesso a\nbeni e servizi a disposizione del pubblico e all\u0027erogazione degli\nstessi, nonche\u0027 alla procedura per l\u0027ottenimento di un alloggio».\nTale previsione, che e\u0027 stata recepita dall\u0027art. 9, comma 12, lettera\nc), del decreto legislativo n. 286 del 1998 (nel testo modificato dal\ndecreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, recante «Attuazione della\ndirettiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi\nterzi soggiornanti di lungo periodo»), mira ad impedire qualsiasi\nforma dissimulata di discriminazione che, applicando criteri di\ndistinzione diversi dalla cittadinanza, conduca di fatto allo stesso\nrisultato, a meno che non sia obiettivamente giustificata e\nproporzionata al suo scopo». \n Deve ritenersi che, anche nel caso di specie, la\nsopravvalutazione della residenza prolungata, che agisce fattore\ndiscriminatorio per chi non puo\u0027 farla valere, rivelandosi\npresupposto necessario per concorrere a parita\u0027 di mezzi\nall\u0027ammissione al beneficio dell\u0027accesso all\u0027edilizia residenziale\npubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza a parita\u0027 di\nbisogni evidenziati), determini un\u0027irragionevole diseguaglianza sia\nnei confronti dei cittadini dell\u0027Unione, ai quali deve essere\ngarantita la parita\u0027 di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati\nmembri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei\nconfronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di\nlungo periodo, i quali, in virtu\u0027 dell\u0027art. 11, paragrafo 1, lettera\nf), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei\ncittadini nazionali per quanto riguarda anche l\u0027accesso alla\nprocedura per l\u0027ottenimento di un alloggio. \n La giurisprudenza costituzionale appena richiamata ad avviso del\ngiudicante sembra imporre di ritenere che il requisito di residenza\nprolungata non possa giustificarsi in ragione dell\u0027esigenza di\nevitare di assegnare i servizi abitativi pubblici a persone che non\nhanno un legame sufficientemente stabile con il territorio, atteso\nche richiedere una residenza prolungata si appalesa in contrasto con\nle finalita\u0027 della legge sull\u0027edilizia residenziale pubblica e\nrisulta irragionevole e del tutto sproporzionato rispetto allo scopo\nperseguito. \n 9. Per i motivi sinora esposti, ritenuta la sussistenza dei\npresupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 10, L.R. Toscana\nn. 2/2019 nella parte in cui richiama l\u0027allegato B, Lett. C-1), che\nattribuisce un punteggio aggiuntivo a chi possa far valere la mera\nresidenza nel territorio di riferimento del bando secondo le seguenti\nmodalita\u0027 «c1. residenza anagrafica o prestazione di attivita\u0027\nlavorativa continuativa di almeno un component e del nucleo familiare\nnell\u0027ambi to territoriale di riferimento del bando, da almeno tre\nanni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 2; da almeno dieci\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 3; da almeno quindici\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 3,5; da almeno venti\nanni alla data di pubblicazione del bando punti 4» per contrasto con\nl\u0027art. 3 della Costituzione, va sollevata questione di\ncostituzionalita\u0027 in via incidentale, al fine di ottenere dalla Corte\ncostituzionale, la valutazione della conformita\u0027 della norma a\nCostituzione. \n\n(1) Rappresentano i ricorrenti che i criteri di attribuzione del\n punteggio sono raggruppati secondo le seguenti macrocategorie: A.\n Condizioni sociali-economiche-familiari: attribuiscono da 1 a 3\n punti per ogni condizione di svantaggio. Solo in alcuni casi le\n condizioni possono essere considerate in modo cumulativo e in tal\n caso il limite massimo arriva a 6 punti; B. Condizioni abitative\n dovute a situazioni di grave disagio abitativo, accertate\n dall\u0027autorita\u0027 competente: attribuiscono da 1 a 4 punti per ogni\n condizione di svantaggio C. Condizioni di storicita\u0027 di presenza:\n che attribuiscono da 1 a 4 punti secondo la seguente graduazione:\n residenza anagrafica o prestazione di attivita\u0027 lavorativa\n continuative di almeno un componente del nucleo familiare\n nell\u0027ambito territoriale di riferimento del bando: da almeno tre\n anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno\n cinque anni alla data di pubblicazione del bando: punti 2; da\n almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3;\n almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando: punti\n 3,5; almeno venti anni alla data di pubblicazione del bando:\n punti 4. \n\n(2) La previgente formulazione dell\u0027allegato C prevedeva\n l\u0027assegnazione di 2 punti in caso di residenza nell\u0027ambito\n territoriale del bando per almeno 10 anni, 3 punti per almeno 15\n anni, 4 punti per almeno 20 anni. In pratica, il nuovo testo\n incrementa la rilevanza della residenza decennale (che passa da 2\n a 3 punti) e quella della residenza quindicennale (che passa da 3\n a 3,5 punti) e lascia immutata la rilevanza della residenza\n ventennale (4 punti); oltre a valorizzare anche la residenza di\n durata inferiore a 10 anni, che nel precedente testo era\n irrilevante. \n\n(3) La materia delle assegnazioni temporanee e\u0027 disciplinata\n dall\u0027art. 7, c. 7, L.R. 2/2019 a norma del quale «I comuni\n possono riservare, previa informazione alla Giunta regionale,\n un\u0027aliquota non superiore al 40 per cento degli alloggi da\n assegnare annualmente nel proprio ambito territoriale, con bandi\n speciali o attraverso la formulazione di apposite graduatorie, a\n soggetti in possesso dei requisiti di cui alla presente legge,\n per i seguenti motivi: a) specifiche e documentate situazioni di\n emergenza abitativa, di cui all\u0027art. 14, comma 2 (...». A sua\n volta tale ultima norma prevede, nell\u0027ambito della predetta quota\n del 40%, che i Comuni possano riservare una quota ad «utilizzo\n provvisorio autorizzato» della durata massima di 4 anni per le\n famiglie che si trovino in specifiche situazioni emergenziali\n indicate appunto dall\u0027art. 14, comma 2, (a. pubbliche calamita\u0027;\n b. situazioni emergenziali accertate con ordinanza; c. sfratti\n esecutivi non prorogabili, inseriti negli appositi elenchi per\n l\u0027esecuzione con la forza pubblica, che siano stati intimati per\n finita locazione o per morosita\u0027 incolpevole come definita al\n comma 3 del presente articolo; d. provvedimenti di espropriazione\n forzata o seguito di pignoramento che comportano il rilascio di\n alloggi di proprieta\u0027 privata; e. grave disabilita\u0027 e temporanea\n impossibilita\u0027 nell\u0027abbattimento delle barriere architettoniche\n dell\u0027alloggio utilizzato; f. provvedimento di separazione,\n omologato dal tribunale, o sentenza passata in giudicato con\n obbligo di rilascio dell\u0027alloggio; g. verbale di conciliazione\n giudiziale con l\u0027obbligo di rilascio dell\u0027alloggio; h. presenza\n nel nucleo familiare di un soggetto riconosciuto invalido al 100%\n con necessita\u0027 di assistenza continua e/o un soggetto, portatore\n di handicap o affetto da disagio psichico, riconosciuto in\n situazione di gravita\u0027 tale da rendere necessario un intervento\n assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera\n individuale o in quella di relazione, la cui situazione non possa\n essere altrimenti presa in carico a livello socio-sanitario. La\n citata L.R. n. 35/2021 ha aggiunto all\u0027art. 14 il comma 3 che ha\n specificato cosa debba intendersi (ai fini della sopra trascritta\n lettera c) per «morosita\u0027 incolpevole». Trattasi della morosita\u0027\n derivante dalle seguenti situazioni che il comma 3 indica «in via\n esemplificativa»: a) perdita del lavoro per licenziamento; b)\n accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione\n dell\u0027orario di lavoro; c) cassa integrazione ordinaria o\n straordinaria che limiti notevolmente la capacita\u0027 reddituale; d)\n mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; e)\n cessazione di attivita\u0027 libero-professionali o di imprese\n registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di\n avviamento in misura consistente; f) malattia grave, infortunio o\n decesso di un componente del nucleo familiare che abbia\n comportato, o la consistente riduzione del reddito complessivo\n del nucleo medesimo, o la necessita\u0027 dell\u0027impiego di parte\n notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche ed\n assistenziali. Sempre l\u0027art. 14 prevede, al comma 4, che il\n Comune rediga una apposita graduatoria per l\u0027utilizzo provvisorio\n autorizzato (o altrimenti dette «assegnazioni emergenziali») \n\n(4) La procedura viene cosi\u0027 esplicata dal Comune convenuto: In tale\n caso non viene pubblicato un bando ma il cittadino che e\u0027\n interessato ed e\u0027 in possesso dei requisiti per richiedere\n l\u0027assegnazione provvisoria dell\u0027alloggio puo\u0027 inoltrare la\n domanda in qualsiasi momento dell\u0027anno. Le domande, previa\n istruttoria da parte dei competenti uffici, vengono trasmesse\n alla Commissione Comunale per l\u0027utilizzo autorizzato degli\n alloggi di edilizia residenziale pubblica, la quale provvede alla\n formulazione delle graduatorie ordinate sulla base dei punteggi\n assegnati. Il Comune aggiorna le graduatorie due volte all\u0027anno,\n nei mesi di marzo e settembre relativamente alle domande\n pervenute entro i mesi di gennaio e luglio di ciascun anno\n solare. L\u0027utilizzo autorizzato degli alloggi consente soltanto\n sistemazioni provvisorie e il Comune non emette atti di\n assegnazione, bensi\u0027 atti di autorizzazione all\u0027utilizzo\n temporaneo, sotto forma di determinazione dirigenziale.\n L\u0027utilizzo e\u0027 autorizzato per un periodo massimo di un anno,\n rinnovabile esclusivamente nel caso di documentata permanenza\n delle situazioni che ne hanno determinato la sistemazione\n provvisoria e, comunque, fino ad un termine massimo di due anni. \n\n(5) l\u002787%, nella causa CGUE C-5/02 Hilde Schönheit c. Stadt Frankfurt\n am Main e Silvia Becker c. Land Hessen, 23.10.2003 (doc. 5); il\n 97% nella causa Di Trizio c. Svizzera (CEDU, Requête no 7186/09,\n 04.07.2016) (doc. 6); l\u002789% nella causa CGUE C-171/88, Ingrid\n Rinner-Kühn c. FWW Spezial-Gebäudereinigung GmbH \u0026amp; Co. KG, 13\n luglio 1989 (docc. 7A e 7B). Alla luce di tali pronunce, come\n evidenziato nelle conclusioni dell\u0027avvocato generale Leger del 31\n maggio 1995, punti 57-58, nella causa CGUE Inge Nolte c.\n Landesversicherungsanstalt Hannover, 14 dicembre 1995 «la cifra\n del 60 % di per se\u0027 [...] probabilmente sarebbe insufficiente per\n lasciar presumere una discriminazione» (doc. 8). \n\n(6) Come da tempo chiarito dalla Suprema Corte, l\u0027indagine sulla\n sussistenza di un «trattamento favorevole connesso al fattore\n vietato» rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, anche\n quando - come nel caso di specie - sia posta in essere mediante\n l\u0027adozione di atti amministrativi (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011). \n\n(7) La Suprema Corte (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011), infatti, ha\n definitivamente chiarito che: «in presenza di normative che, al\n fine di garantire parita\u0027 di trattamento, in termini\n particolarmente incisivi e circostanziati, e correlativamente\n vietare discriminazioni ingiustificate, con riferimento a fattori\n meritevoli di particolare considerazione sulla base di\n indicazioni costituzionali o fonti sovranazionali articolano in\n maniera specifica disposizioni di divieto di determinate\n discriminazioni contemporaneamente istituiscono strumenti\n processuali speciali per la loro repressione, affidati al giudice\n ordinario, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso\n configurare, a tutela del soggetto potenziale vittima delle\n discriminazioni, una specifica posizione di diritto soggettivo, e\n specificamente un diritto qualificabile come «diritto assoluto»\n in quanto posto a presidio di una area di liberta\u0027 e\n potenzialita\u0027 del soggetto, rispetto a qualsiasi tipo di\n violazione della stessa. Il fatto che la posizione tutelata\n assurga a diritto assoluto, e che simmetricamente possano\n qualificarsi come fatti illeciti i comportamenti di mancato\n rispetto della stessa, fa si\u0027 che il contenuto e l\u0027estensione\n delle tutele conseguibili in giudizio presentino aspetti di\n atipicita\u0027 e di variabilita\u0027 in dipendenza del tipo di condotta\n lesiva che e\u0027 stata messa in essere e anche della preesistenza o\n meno di posizioni soggettive di diritto o interesse legittimo del\n soggetto leso a determinate prestazioni. Di cio\u0027 si trova\n riscontro nel dettato normativo, secondo cui il giudice puo\u0027\n «ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e\n adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze,\n a rimuovere gli effetti della discriminazione» (decreto\n legislativo n. 2876 del 1998, art. 44, comma 1), oltre che\n condannare il responsabile al risarcimento del danno (comma 7).\n Risulta quindi spiegabile, in particolare, come, in relazione a\n discriminazioni del genere di quelle in esame, anche quando esse\n siano attuate nell\u0027ambito di procedimenti per il riconoscimento\n da parte della pubblica amministrazione di utilita\u0027 rispetto a\n cui il soggetto privato fruisca di una posizione di interesse\n legittimo e non di diritto soggettivo, la tutela del privato\n rispetto alla discriminazione possa essere assicurata secondo il\n modulo del diritto soggettivo e delle relative protezioni\n giurisdizionali». Il giudice ordinario deve, infatti, limitarsi\n «a decidere la controversia valutando il provvedimento\n amministrativo denunziato, disattendendolo \"tamquam non esset\" e\n adottando i conseguenti provvedimenti idonei a rimuoverne gli\n effetti, ove confermato lesivo del principio di non\n discriminazione od integrante gli estremi della illegittima\n reazione, senza tuttavia interferire nelle potesta\u0027 della p.a.,\n se non nei consueti e fisiologici limiti ordinamentali della\n disapplicazione incidentale ai fini della tutela dei diritti\n soggettivi controversi» (cfr. Cassazione civile n. 3842/2021, che\n riprende Cassazione sentenza unica n. 3670/2011). \n\n(8) L\u0027art. 3 della direttiva 2011/98, per la parte rilevante, cosi\u0027\n definisce all\u0027art. 3 l\u0027ambito di applicazione soggettivo: (...)\n b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno\n Stato membro a fini diversi dall\u0027attivita\u0027 lavorativa a norma del\n diritto dell\u0027Unione o nazionale, ai quali e\u0027 consentito lavorare\n e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del\n regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di paesi terzi\n che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a\n norma del diritto dell\u0027Unione o nazionale. \n\n \n P. Q. M. \n \n Visto l\u0027art. 23 della legge n. 87/1953, \n ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata,\nsolleva la questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 10,\nLett. C-1), allegato B, L.R. Toscana 2/2019 per contrasto con l\u0027art.\n3 della Costituzione e con l\u0027art. 117, comma 1 della Costituzione,\nquest\u0027ultimo in riferimento alla direttiva 2003/109, nella parte in\ncui prevede l\u0027assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di\nresidenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno\nun componente del nucleo familiare nell\u0027ambito territoriale di\nriferimento del bando da almeno tre anni e fino ad oltre venti anni; \n dichiara sospeso il presente giudizio sino all\u0027esito del giudizio\ndavanti alla Corte costituzionale; \n ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della\nCancelleria alle parti, al Presidente della Giunta Regionale della\nToscana e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale della\nToscana; \n dispone l\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte\ncostituzionale, a cura della cancelleria, unitamente alla presente\nordinanza e alla prova delle predette notificazioni e comunicazioni. \n Firenze, 26 ottobre 2024 \n \n Il Giudice: Minniti","elencoNorme":[{"id":"62463","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrto","denominaz_legge":"legge della Regione Toscana","data_legge":"02/01/2019","data_nir":"2019-01-02","numero_legge":"2","descrizionenesso":"in combinato disposto con","legge_articolo":"10","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":""},{"id":"62503","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrto","denominaz_legge":"legge della Regione Toscana","data_legge":"02/01/2019","data_nir":"2019-01-02","numero_legge":"2","descrizionenesso":"","legge_articolo":"","specificaz_art":"All. 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