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Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 –\u0026nbsp;Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in vigore della suddetta legge regionale e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della suddetta legge regionale, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale –\u0026nbsp;Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione – Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Rwe Renewables Italia srl","prima_controparte":"Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri","altre_parti":"Regione autonoma della Sardegna, Rwe Renewables Italia srl","testo_atto":"N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da  Rwe  Renewables  Italia  s.r.l.\ncontro il Ministero dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza  energetica  e\naltri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della\n  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l\u0027individuazione  di\n  aree e superfici idonee e non idonee all\u0027installazione di  impianti\n  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica  a\n  tutto il territorio della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le\n  superfici sulle quali insistono impianti  a  fonti  rinnovabili  in\n  corso di valutazione ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza\n  regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato\n  una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione  che\n  e\u0027  vietata  la  realizzazione  degli  impianti   ricadenti   nelle\n  rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C,\n  D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del\n  2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e\n  gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa  e  di  valutazione\n  ambientale, di competenza regionale  o  statale,  e\u0027  in  corso  al\n  momento dell\u0027entrata in vigore della  medesima  legge  regionale  -\n  Previsione  che  non  puo\u0027  essere  dato  corso  alle  istanze   di\n  autorizzazione che, pur presentate  prima  dell\u0027entrata  in  vigore\n  della legge regionale n. 20 del 2024, risultino  in  contrasto  con\n  essa  e  ne  pregiudichino  l\u0027attuazione   -   Previsione   che   i\n  provvedimenti autorizzatori e tutti i 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dismessa di proprieta\u0027  regionale  o\n  di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area  medesima  e\u0027\n  trasferita in proprieta\u0027 ai comuni che  ne  facciano  richiesta  ai\n  sensi della legge regionale n. 35 del 1995. \n- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti\n  per l\u0027individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee\n  all\u0027installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia\n  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti\n  autorizzativi) artt. 1, commi 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B,  C,  D\n  ed E. \n\n\r\n(GU n. 36 del 03-09-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                           (Sezione terza) \n \n    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 10001 del 2024, proposto da Rwe  Renewables  Italia\ns.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,\nrappresentata e difesa  dagli  avvocati  Claudio  Vivani,  Elisabetta\nSordini, Simone Abellonio, con domicilio  digitale  come  da  PEC  da\nregistri di giustizia; \n    Contro Ministero  dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza  energetica,\nMinistero della cultura, Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027\nalimentare e delle foreste, Presidenza del Consiglio dei ministri, in\npersona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in  Roma\n- via dei Portoghesi n. 12; \n    Conferenza unificata ex art.  8  decreto  legislativo  28  agosto\n1997, n. 281, non costituiti in giudizio; \n    Nei confronti della Regione autonoma della Sardegna,  in  persona\ndel legale rappresentante pro tempore, rappresentata e  difesa  dagli\navvocati Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da\nPEC da registri di giustizia; \n    delle Regioni  Umbria,  Toscana,  Basilicata,  Campania,  Puglia,\nMolise, Emilia-Romagna, non costituite in giudizio; \n    della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliata in Roma - via dei Portoghesi n. 12; \n    Per l\u0027annullamento: \n        del decreto ministeriale 21 giugno 2024, recante  «Disciplina\nper l\u0027individuazione di superfici e aree idonee  per  l\u0027installazione\ndi impianti a fonti rinnovabili» adottato dal Ministero dell\u0027ambiente\ne della sicurezza energetica  di  concerto  con  il  Ministero  della\ncultura e il Ministero dell\u0027Agricoltura, della sovranita\u0027  alimentare\ne  delle  foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta   Ufficiale   della\nRepubblica italiana, Serie generale, n. 153 del 2 luglio 2024; \n        di ogni altro atto presupposto, connesso e/o  consequenziale,\nivi  compresa,  per  quanto  occorrere  possa,  l\u0027Intesa,  ai   sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.\n199, sullo schema di  decreto  del  Ministro  dell\u0027ambiente  e  della\nsicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura e con\nil Ministro dell\u0027agricoltura, della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle\nforeste, recante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili»  resa  in\nsede di Conferenza unificata ex art. 8  del  decreto  legislativo  28\nagosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 giugno 2024; \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero\ndell\u0027ambiente e  della  sicurezza  energetica,  del  Ministero  della\ncultura, del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027  alimentare\ne delle foreste, della Presidenza del Consiglio dei  ministri,  della\nRegione autonoma della Sardegna e della Regione Siciliana; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i  difensori  come  specificato\nnel verbale; \n    1. La ricorrente e\u0027 attiva nello sviluppo,  nella  costruzione  e\nnell\u0027esercizio  di  impianti  di  produzione  energetica   da   fonte\nrinnovabile eolica, fotovoltaica e agrivoltaica e nella realizzazione\ndi  impianti  di  accumulo  di  energia  rinnovabile  sul  territorio\nitaliano e dispone di un patrimonio di diciassette parchi  eolici  in\nesercizio, dislocati  in  Sardegna,  Sicilia,  Campania,  Basilicata,\nToscana, Molise, Puglia e Calabria per un  totale  di  circa  500  MW\nrealizzati. \n    2.  La  societa\u0027  e\u0027  altresi\u0027  titolare  di   diversi   progetti\nautorizzati ma la cui realizzazione non e\u0027 stata ancora avviata,  tra\ni quali: \n        il progetto di parco eolico denominato «Alas» in Sardegna; \n        i progetti di parchi eolici  denominati  «Venusia»  e  «Serra\nGiannina» in Basilicata; \n        il progetto denominato «Phobos» in Umbria; \n        i progetti di parchi agrivoltaici denominati «Acquafredda»  e\n«Morcone» in Campania; \n        nonche\u0027  numerosi  altri  progetti   ancora   in   corso   di\nvalutazione ambientale/autorizzazione, tra i  quali  il  progetto  di\nparco eolico «Monte Burano» in Umbria, i progetti  di  parchi  eolici\ndenominati «Rapitala\u0027», «Leo», «Canicatti\u0027», «Leva», e  «Grotte»,  in\nSicilia, i progetti di parchi eolici denominato «Alas 2» e  «Lobadas»\nin Sardegna, i progetti di parchi  eolici  denominato  «Cesepiano»  e\n«Sant\u0027Elia» in Molise, il progetto di parco eolico  denominato  «Lion\nStone», in Emilia-Romagna, i progetti  di  parchi  eolici  denominati\n«Pitigliano»  e  «Sestino»,  in  Toscana,  il   progetto   di   parco\nagrivoltaico «Deimos» in Umbria, il progetto  di  parco  agrivoltaico\ndenominato «Mancius PV» in Toscana, il progetto di parco agrivoltaico\ndenominato «Florinas» in Sardegna e il progetto di parco fotovoltaico\ndenominato «Olivola» in Campania. \n    3.  Con  il  presente  ricorso  RWE  ha  impugnato   il   decreto\nministeriale 21 giugno 2024, articolando cinque mezzi di censura: \n        I) violazione dell\u0027art. 20, comma 4, del decreto  legislativo\nn. 199/2021. Illegittimita\u0027 costituzionale e violazione di  legge  in\nrelazione agli articoli 24, 41, 76,  77  e  103  della  Costituzione;\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, commi 1  e  4,\ndel decreto legislativo 8 novembre 2021,  n.  199.  Violazione  degli\narticoli 7 e 13 nonche\u0027 dell\u0027art. 1 del protocollo  aggiuntivo  n.  1\ndella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e\ndelle liberta\u0027 fondamentali e violazione degli articoli 7,  16  e  17\ndella Carta dei diritti fondamentali  dell\u0027UE:  rinvio  pregiudiziale\nalla   Corte   di   giustizia   dell\u0027Unione   europea.   Il   decreto\ninterministeriale, nel  disporre  che  siano  individuate  con  legge\nregionale tanto le aree idonee quanto le aree inidonee, violerebbe il\ndisposto della fonte primaria, in quanto ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n4, decreto legislativo n. 199/2021 le regioni potrebbero procedere ad\nindividuare direttamente con legge solo  ed  esclusivamente  le  aree\nidonee.  Il  tutto,  peraltro,  avverrebbe  con   pregiudizio   della\npossibilita\u0027  di  tutela  giurisdizionale,  non  essendo   attivabile\navverso  le  leggi  regionali   il   giudizio   amministrativo,   con\nconseguente  violazione  degli  articoli  24  e   103   della   Carta\ncostituzionale, dell\u0027art. 7 della Carta di Nizza e degli articoli 7 e\n13  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei   diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027  fondamentali.  D\u0027altra  parte,  l\u0027art.  5\ndella legge delega n. 53/2021 non prevedrebbe affatto tale meccanismo\ndi legificazione, con conseguente illegittimita\u0027  dello  stesso  art.\n20, comma 1-4, decreto legislativo n. 199/2021 per eccesso di delega; \n        II) violazione dell\u0027art.  17  della  legge  n.  400/1988.  Il\ndecreto impugnato e\u0027 stato concepito e adottato in  termini  di  atto\namministrativo generale. Tuttavia, esso avrebbe natura  regolamentare\ne, non essendo stato posto in essere con le formalita\u0027  di  cui  alla\nlegge n. 400/1988, sarebbe illegittimo; \n        III)  violazione  dell\u0027art.  20,   comma   4,   del   decreto\nlegislativo  n.  199/2021  sotto  altro  profilo.  Violazione   degli\narticoli 24 e 103 della Costituzione. Violazione degli articoli  7  e\n13  nonche\u0027  dell\u0027art.  1  del  protocollo  aggiuntivo  n.  1   della\nConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027 fondamentali. Violazione degli articoli 7,  16  e  17  della\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027UE. Violazione dell\u0027art.  12  del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e delle linee guida nazionali di  cui\nal  decreto  ministeriale  10  settembre  2010.  La   «legificazione»\ndell\u0027individuazione delle aree inidonee  si  porrebbe  in  violazione\nanche dell\u0027intero sistema delineato dal legislatore con l\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le linee guida nazionali di cui\nal decreto ministeriale 10 settembre 2010, nonche\u0027 del  principio  di\nmassima diffusione delle fonti rinnovabili,  cui  esso  e\u0027  ispirato,\nimperniato sull\u0027esigenza di individuare le aree inidonee  sulla  base\ndi  una  valutazione  in   concreto,   effettuata   nell\u0027ambito   del\nprocedimento  amministrativo,   operando   un   bilanciamento   degli\ninteressi strettamente aderente alla specificita\u0027 dei luoghi, in modo\nda limitare allo stretto indispensabile la sottrazione di porzioni di\nterritorio all\u0027insediamento degli impianti FER. Disponendo  in  senso\nopposto, e dunque parificando i sistemi di individuazione delle  aree\nidonee ed inidonee sotto l\u0027egida della «legificazione» regionale, gli\natti    impugnati    avrebbero     stravolto     tutto     l\u0027impianto\nlogico-sistematico della legislazione vigente; \n        IV) violazione  dell\u0027art.  20,  commi  1  e  8,  del  decreto\nlegislativo  n.  199/2021.  Eccesso  di  potere  per  genericita\u0027   e\nviolazione  dei  principi  di  logicita\u0027,  di  proporzionalita\u0027,   di\nadeguatezza dell\u0027azione amministrativa, di certezza del diritto e  di\ntutela  dell\u0027affidamento.  Violazione  del   principio   di   massima\ndiffusione delle fonti rinnovabili. L\u0027art. 7 del  decreto  violerebbe\nla lettera e lo spirito della norma primaria, volta alla  definizione\ndi criteri omogenei per  l\u0027individuazione  delle  aree.  Il  decreto,\ninfatti, si limiterebbe a riproporre pedissequamente  i  principi  di\nlegge, che avrebbero invece dovuto essere  concretizzati  dagli  atti\nministeriali. Ne conseguirebbe una  sostanziale  «delega  in  bianco»\nalle  regioni,  che  sarebbero  di  fatto  libere  di   procedere   a\nindividuare le  aree  idonee  sulla  base  di  criteri  dalle  stesse\nindividuate di volta in volta in totale autonomia, con il solo limite\ndei generici principi  gia\u0027  contenuti  nel  decreto  legislativo  n.\n199/2021. Illegittima sarebbe anche la previsione che riconosce  alle\nregioni la «possibilita\u0027 di fare salve le  aree  idonee»  individuate\ndal comma 8  dell\u0027art.  20,  decreto  legislativo  n.  199/2021,  che\nequivarrebbe  a  consentire  alle  regioni  di  decidere  a   propria\nesclusiva discrezione se aree le quali,  fino  ad  oggi,  sono  state\nindiscussamente idonee ex lege,  rimangano  tali  o  diventino  «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti devastanti in\ntermini di affidamento degli investimenti ed  incertezza  del  quadro\ngiuridico di riferimento, nonche\u0027 ulteriore profilo di disomogeneita\u0027\nfra le varie discipline regionali. Cio\u0027  sarebbe  altresi\u0027  aggravato\ndal  fatto  che  non  e\u0027  stata  neppure  introdotta  una  disciplina\ntransitoria che provvedesse a chiarire come le eventuali disposizioni\nregionali, che dovessero ritenere di non confermare taluna delle aree\nidonee  di  cui  al  citato  art.  20,  comma  8,  dovessero  trovare\napplicazione   solo    ai    procedimenti    autorizzativi    avviati\nsuccessivamente all\u0027entrata in vigore delle leggi  regionali  stesse.\nIllegittima sarebbe anche la considerazione  delle  aree  non  idonee\ncome zone interdette, come si desume dalla circostanza che per essere\nnon e\u0027 stato individuato alcun regime autorizzativo; \n        V) violazione degli  art.  3,  41,  117  della  Costituzione.\nViolazione  dell\u0027art.  1  del  protocollo  aggiuntivo   n.   1   alla\nConvenzione europea dei diritti dell\u0027uomo, nonche\u0027 degli articoli  16\ne 17 della Carta dei diritti fondamentali  dell\u0027UE.  Le  disposizioni\ndel  decreto  determinerebbero  un\u0027irragionevole  compressione  della\nliberta\u0027 d\u0027iniziativa economica  privata,  anche  in  violazione  del\nlegittimo affidamento  maturato  in  capo  alla  ricorrente  sia  con\nl\u0027avvio  di  procedimenti  in  presenza  di   tutti   i   presupposti\nlocalizzativi, sia con l\u0027ottenimento di validi titoli autorizzatori a\nvalle dell\u0027esperimento di valutazioni di impatto ambientale che hanno\nescluso qualunque concreto pregiudizio ambientale e paesaggistico. Si\nassisterebbe anche, in tal modo, a  un\u0027ingerenza  sproporzionata  dei\nprovvedimenti impugnati sui beni della ricorrente, a  una  violazione\ndel  pacifico  godimento  dei  beni  stessi  e  alla  sottrazione  di\nun\u0027entrata vitale, diritti protetti anche dall\u0027art. 1 del  Protocollo\naggiuntivo n. 1  alla  Convenzione  europea  dei  diritti  dell\u0027uomo,\nnonche\u0027 dagli articoli 16 e 17 della Carta dei  diritti  fondamentali\ndell\u0027UE (Trattato di Nizza del 7 dicembre 2000) e dall\u0027art. 41  della\nCostituzione, che garantisce  la  liberta\u0027  di  iniziativa  economica\nprivata. Per i medesimi motivi risulterebbe violato l\u0027art. 117, comma\n1,  della  Costituzione,  in  riferimento  all\u0027art.   1,   prot.   1,\nConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027  fondamentali,   stante   il   difetto   di   ragionevolezza\nnell\u0027ingerenza dello Stato nel godimento della proprieta\u0027 privata. \n    4. Con la memoria ex  art.  73  c.p.a.  la  parte  ricorrente  ha\nevidenziato che la Regione Sardegna ha adottato la legge regionale n.\n20/2024, con la quale ha dichiarato «non idonee»  alla  realizzazione\ndi impianti FER aree pari a oltre il 99% del territorio  regionale  e\nha reso incompatibile con gli impianti eolici  di  grossa  taglia  il\n100%  del  medesimo,  disponendo  l\u0027inefficacia   dei   titoli   gia\u0027\nrilasciati agli operatori. Tale previsioni  sarebbero  immediatamente\npregiudizievoli per la ricorrente, in quanto le  aree  inidonee,  che\ndiventano  aree   del   tutto   vietate   agli   impianti   FER,   si\nsovrapporrebbero all\u0027intera area oggetto  del  progetto  Alas  -  con\nconseguente inefficacia ex lege dell\u0027autorizzazione unica.  Oltre  al\nprogetto Alas, le norme sarde pregiudicherebbero,  peraltro,  sia  il\nrilascio dei titoli  autorizzativi  oggetto  di  procedimenti  ancora\npendenti, relativi ai progetti di parchi eolici denominati «Alas 2» e\n«Lobadas»,  sia  il  progetto  di   parco   agrivoltaico   denominato\n«Florinas». Tale legge regionale dimostrerebbe che l\u0027applicazione del\ndecreto impugnato permette alle regioni di rendere «non idoneo»  agli\nimpianti FER il 99% del territorio regionale, con pregiudizio per  il\nconseguimento dell\u0027obiettivo di potenza installata da traguardare  al\n2030 imposto dall\u0027art. 2 e dalla Tabella A del  decreto  ministeriale\n21 giugno 2024 alla Regione Sardegna in  attuazione  delle  direttive\ndell\u0027Unione europea. \n    5. Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza. \n    6. All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025  la  causa  e\u0027  stata\ntrattenuta in decisione. \n    7. Il collegio reputa necessario sospendere il presente  giudizio\nonde suscitare il controllo incidentale  di  costituzionalita\u0027  sulle\nquestioni indicate nel prosieguo. \n    8. Preliminarmente, e\u0027 tuttavia opportuno chiarire i  termini  in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art.  20,  comma  1,  decreto  legislativo  n.  199/2021,  il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione  di  impianti  FER.  Il\npresupposto comune alle censure e\u0027 che,  avendo  il  gravato  decreto\nministeriale qualificato le aree non idonee come  aree  incompatibili\ncon l\u0027installazione di impianti FER, il concetto di «area non idonea»\nsarebbe stato completamente stravolto rispetto a quello operante  nel\nregime previgente (i.e., a quello delle linee guida). In particolare,\nprima dell\u0027adozione del gravato decreto ministeriale  la  conseguenza\ncorrelata al carattere di non idoneita\u0027 di un\u0027area  era  circoscritta\nal fatto  che  il  soggetto  proponente  non  potesse  accedere  alla\naccelerazione  procedimentale  dell\u0027iter  autorizzativo  propedeutico\nalla realizzazione ed esercizio  dell\u0027impianto  FER  -  accelerazione\nche,  viceversa,  avrebbe  operato   nel   caso   di   localizzazione\ndell\u0027impianto in area idonea -. Per  converso,  nessuna  preclusione,\naprioristica  e  assoluta,  alla  realizzazione  di   tali   impianti\nrisultava discendere dalla loro localizzazione in  aree  non  idonee.\nOrbene, secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente,  siccome\ncon l\u0027adozione del gravato decreto  ministeriale  le  amministrazioni\nresistenti avrebbero introdotto una  preclusione  di  tal  guisa,  lo\nstesso risulterebbe illegittimo. \n    9. Il collegio ritiene  che  la  tesi  sostenuta  dalla  societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni  di  diritto  di\nseguito esposte. \n    10. Come noto, l\u0027art. 12  del  decreto  legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la  razionalizzazione  e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A  tal  fine,  l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto  legislativo  n.  387/2003  ha  inter  alia\nprevisto che «In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con  il  Ministro  dell\u0027ambiente  e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le  attivita\u0027\nculturali, si  approvano  le  linee  guida  per  lo  svolgimento  del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura  di  autorizzazione\nunica, n. d.r.]. \n    Tali linee guida sono volte, in  particolare,  ad  assicurare  un\ncorretto inserimento degli  impianti,  con  specifico  riguardo  agli\nimpianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le\nregioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non  idonei\nalla installazione di specifiche tipologie di impianti». \n    11. Le linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10,  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse  e\u0027  stato\nstabilito che: \n        paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati  da  fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee\nguida, le regioni e  le  province  autonome  possono  procedere  alla\nindicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di\nspecifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita\u0027  di  cui  al\npresente punto e sulla  base  dei  criteri  di  cui  all\u0027Allegato  3.\nL\u0027individuazione della  non  idoneita\u0027  dell\u0027area  e\u0027  operata  dalle\nregioni attraverso  un\u0027apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con\nl\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede  di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da  richiamare  nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in  relazione  a  ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie\ne/o dimensioni di impianti,  la  descrizione  delle  incompatibilita\u0027\nriscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle\ndisposizioni  esaminate  [...].  Le  aree  non  idonee   sono   [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui  sono  definite  le  misure  e  gli   interventi   necessari   al\nraggiungimento  degli  obiettivi  di  burden   sharing   fissati   in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione  individua\nle aree  non  idonee  tenendo  conto  di  quanto  eventualmente  gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in  congruenza  con  lo  specifico\nobiettivo assegnatole»; \n        allegato 3: «L\u0027individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la  realizzazione  degli  impianti,\nbensi\u0027 ad  offrire  agli  operatori  un  quadro  certo  e  chiaro  di\nriferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti. \n        L\u0027individuazione  delle  aree  non   idonee   dovra\u0027   essere\neffettuata dalle regioni con propri provvedimenti tenendo  conto  dei\npertinenti strumenti di  pianificazione  ambientale,  territoriale  e\npaesaggistica,  secondo  le  modalita\u0027  indicate  al  paragrafo  17»,\nnonche\u0027 sulla base di principi e criteri,  individuati  dal  medesimo\nallegato, in ragione dei quali,  tra  l\u0027altro:  «a)  l\u0027individuazione\ndelle aree non idonee deve essere basata  esclusivamente  su  criteri\ntecnici oggettivi legati ad  aspetti  di  tutela  dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio  e  del  patrimonio  artistico-culturale,   connessi   alle\ncaratteristiche  intrinseche  del   territorio   e   del   sito;   b)\nl\u0027individuazione delle  aree  e  dei  siti  non  idonei  deve  essere\ndifferenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e\nalle diverse taglie di impianto; [...] d) l\u0027individuazione delle aree\ne dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare porzioni significative  del\nterritorio o zone genericamente soggette a tutela dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio  e   del   patrimonio   storico-artistico,   ne\u0027   tradursi\nnell\u0027identificazione  di  fasce  di  rispetto   di   dimensioni   non\ngiustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela.  La  tutela\ndi tali interessi e\u0027 infatti  salvaguardata  dalle  norme  statali  e\nregionali  in  vigore  ed   affidate,   nei   casi   previsti,   alle\namministrazioni centrali  e  periferiche,  alle  regioni,  agli  enti\nlocali ed alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo  preposte,  che  sono\ntenute a  garantirla  all\u0027interno  del  procedimento  unico  e  della\nprocedura di valutazione dell\u0027impatto ambientale nei  casi  previsti.\nL\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non  deve,  dunque,\nconfigurarsi come divieto preliminare, ma come atto di  accelerazione\ne semplificazione dell\u0027iter  di  autorizzazione  alla  costruzione  e\nall\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027 localizzative offerte\ndalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio». \n    12. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art.  12,  comma  10,\ndel decreto  legislativo  n.  387/2003,  come  risulta  dai  pacifici\norientamenti pretori formatisi  in  seno  alla  giurisprudenza  della\nCorte costituzionale, le linee  guida  sono  «poste  a  completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n.  286  e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018)  e  connotate  dal  carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n.  286 e n. 86 del 2019, n. 69 del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello  stesso  senso,  sentenze  n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)»  (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    13. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha  chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto  legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha  inteso  superare  il  sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla\npromozione  dell\u0027energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal  conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10  settembre  2010\n(linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e  i  criteri  di  individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni,  pertanto,  sono  ora  chiamate  a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti,  sulla\nscorta dei principi e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del  citato  art.  20  [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non  piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la  disciplina  precedente  in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 \"con legge\" regionale,  secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello  stesso  art.  20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n    14.  Sulla  scorta  di  quanto  chiarito   ed   affermato   negli\norientamenti  giurisprudenziali  teste\u0027  richiamati,   discende   che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che  ha  interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic  et\nsimpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e  meccanica,  i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale  in  relazione\nal pregresso assetto normativo e  regolatorio.  Infatti,  laddove  si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che  e\u0027,  poi,  quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si  finirebbe\nper obliterare indebitamente il  vigente  contesto  normativo,  avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito,  l\u0027art.\n20, comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  espressamente\ndispone che sia il MASE, di  concerto  con  il  MIC  e  il  MASAF,  a\nstabilire con decreto i principi e  i  criteri  omogenei  strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n    15. Invero, proprio sulla  scorta  delle  scelte  compiute  dalle\namministrazioni  resistenti  con  l\u0027adozione  del   gravato   decreto\nministeriale - e condivise  con  gli  enti  territoriali  tramite  lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,\ncontrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa\u0027  ricorrente,  nel\ncomplessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita\u0027,  la\nportata precettiva del concetto di \"area non idonea\". \n    16.  Infatti,  l\u0027art.  1,  comma  2,  lettera  b),  del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le \"superfici e aree  non\nidonee\" come \"aree e siti le cui caratteristiche  sono  incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di  impianti  secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10\nsettembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche ed integrazioni\". \n    17. A dispetto di quanto asserito  dalla  societa\u0027  ricorrente  -\nsecondo la  quale  la  definizione  di  area  non  idonea  come  area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un  divieto  assoluto\nalla installazione  di  impianti  FER  -  occorre  ricordare  che  il\nparagrafo 17 delle linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione  delle  aree  non  idonee  dovesse  avvenire\nprendendo  in  considerazione  gli  \"obiettivi  di   protezione   non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti\". \n    18.  Emerge,  quindi,   come   gia\u0027   nel   contesto   previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non  idonee  si\ncaratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il\nsoddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita\u0027,  quale  tratto\ncaratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n    19.  L\u0027analisi  diacronica  sinteticamente  svolta  consente   di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee»  contenuta  nell\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera  b),  del  gravato  decreto  ministeriale  non  possiede   un\ncarattere innovativo,  risultando  sostanzialmente  invariata,  quoad\neffectum, la portata del concetto di  «area  non  idonea»,  per  come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  rispetto  a\nquella scaturente dalle linee guida. \n    20. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita  anche  il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lettera b), del gravato  decreto\nministeriale  declini  la  dichiarata  incompatibilita\u0027  «secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida».  Ordunque,  benche\u0027  l\u0027ordito  normativo,  con  il   previsto\naggiornamento delle linee guida «A  seguito  dell\u0027entrata  in  vigore\ndella  disciplina  statale  e  regionale  per   l\u0027individuazione   di\nsuperfici e aree idonee ai  sensi  dell\u0027art.  20»,  presenti  indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto  chiaro  il  ruolo\nche le medesime linee guida sono  ad  oggi  chiamate  a  svolgere  in\nsubiecta materia,  e\u0027  preferibile  ritenere  che  il  richiamo  alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle linee guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto  al\nnuovo  regime,  delle  acquisizioni,  in  termini  di  significato  e\ndeclinazione delle aree non idonee,  gia\u0027  raggiunte  nel  previgente\nassetto normativo in  applicazione  delle  previsioni  dettate  dalle\nlinee guida. \n    21. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione  conservativa  di\ncui all\u0027art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche\nagli  atti  amministrativi,  come   chiarito   dalla   giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4\nsettembre  2020  e  riferimenti  ivi  citati)  -.  Infatti,  mediante\nl\u0027impiego di  tale  legittimo  criterio  interpretativo,  nel  nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da  vizi  di  legittimita\u0027  (ut  res  magis  valeat  quam\npereat),  risultando  cio\u0027  confacente,  peraltro,  ai  principi   di\neconomicita\u0027  ed  efficacia  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa   sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n    22. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le  regioni\nprovvedono con legge  alla  individuazione  (anche)  delle  aree  non\nidonee  -  e  non  piu\u0027  nell\u0027ambito  di  un  apposito   procedimento\namministrativo, come previsto dalle linee guida - e\u0027  del  pari  vero\nche, in disparte gli eventuali  profili  di  illegittimita\u0027  di  tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che  faccia  ritenere  che  a\ntale cambiamento  sia  correlata  la  conseguenza  prospettata  dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n    23. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da\nalcuna radicale  trasfigurazione  del  significato  che  il  concetto\ngiuridico  di   «aree   non   idonee»   esprime   nell\u0027ambito   della\npianificazione del  territorio  necessaria  al  raggiungimento  degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n    24. Ad avviso del collegio, l\u0027interpretazione  sin  qui  proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza  costituzionale  che  ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la \"massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili\" (sentenza n. 286 del  2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n.  216  e  n.  77  del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del  2018,  n.  13  del\n2014 e n. 44 del 2011) \"nel comune intento \u0027di ridurre  le  emissioni\ndi gas ad effetto serra\u0027 (sentenza n.  275  del  2012;  nello  stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85  del  2012),  onde  contrastare  il  riscaldamento  globale  e   i\ncambiamenti  climatici   (sentenza   n.   77   del   2022)\"»   (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    Va, quindi, radicalmente escluso che le «aree non idonee» possano\nessere considerate aree del tutto interdette  alla  installazione  di\nimpianti  FER,  poiche\u0027   opinando   diversamente   potrebbe   essere\nseriamente pregiudicato il conseguimento degli  obiettivi  energetici\nstrumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia  a  livello\nsovranazionale - tenuto anche conto della  particolare  ampiezza  dei\nmargini di manovra consentiti alle regioni dal  decreto  ministeriale\nimpugnato -. \n    25. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1,  comma  2,  lettera\nb), del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale  il\ncollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere  di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la  realizzazione  di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come  l\u0027individuazione  con\nlegge  regionale  delle  aree  non  idonee   non   esclude   che   le\namministrazioni,    nell\u0027ambito    degli    specifici    procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze  di  autorizzazione  alla\nrealizzazione  di  impianti  FER,  siano  necessariamente  tenute  ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi  tutela  ambientale,   paesaggistico-territoriale   e   dei   beni\nculturali,  anche  laddove  l\u0027area  interessata  rientri  tra  quelle\nclassificate come non idonee. \n    26. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione  del\nconcetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal  decreto\nministeriale, e\u0027 palesemente smentita dal  tenore  dispositivo  della\nlegge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024. \n    27. La predetta legge prevede, infatti, che: \n        «E\u0027 vietata la realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle\nrispettive aree non idonee cosi\u0027 come individuate dagli  allegati  A,\nB, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica\nanche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa\ne di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e\u0027 in\ncorso al momento dell\u0027entrata in vigore  della  presente  legge.  Non\npuo\u0027 essere dato  corso  alle  istanze  di  autorizzazione  che,  pur\npresentate  prima  dell\u0027entrata  in  vigore  della  presente   legge,\nrisultino in contrasto con essa e ne  pregiudichino  l\u0027attuazione.  I\nprovvedimenti autorizzatori e tutti  i  titoli  abilitativi  comunque\ndenominati gia\u0027 emanati, aventi ad  oggetto  gli  impianti  ricadenti\nnelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5); \n        «Qualora  un  progetto  di  impianto  ricada  su  un   areale\nricompreso sia nelle aree definite idonee, di cui all\u0027allegato F, sia\nnelle aree definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E,\nprevale il criterio di non idoneita\u0027. Nei casi di cui  al  precedente\nperiodo, limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti  di\naccumulo, qualora i  relativi  progetti  di  realizzazione  prevedano\nl\u0027installazione  presso  aree  rientranti  nelle  zone   urbanistiche\nomogenee D e G, di cui al decreto dell\u0027assessore regionale degli enti\nlocali,  finanze  e  urbanistica,  20  dicembre   1983,   n.   2266/U\n(disciplina dei limiti e dei rapporti  relativi  alla  formazione  di\nnuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei\ncomuni della Sardegna), non si applicano le fasce di  tutela  di  cui\nalle lettere s), x), w) e bb) dell\u0027allegato A qualora l\u0027area  oggetto\ndel rispettivo  intervento  sia  infrastrutturata  e  urbanizzata  in\nmisura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente  ai  casi  di\ncui al precedente periodo, qualora l\u0027area non sia infrastrutturata  e\nurbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce  di  tutela\ndi cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per  cento.  Qualora\nun progetto di  impianto  FER,  ivi  inclusi  gli  accumuli  ad  essi\nconnessi, sia  finalizzato  all\u0027autoconsumo  o  al  servizio  di  una\ncomunita\u0027 energetica e ricade in  una  delle  condizioni  di  cui  ai\nprecedenti periodi, prevale il criterio di idoneita\u0027» (art. 1,  comma\n7); \n        «Al fine di agevolare il raggiungimento  degli  obiettivi  di\ntransizione energetica, di promozione delle fonti  rinnovabili  e  di\ncontenimento dei costi energetici  nel  rispetto  delle  peculiarita\u0027\nstorico-culturali,  paesaggistico-ambientali   e   delle   produzioni\nagricole, i comuni hanno facolta\u0027 di proporre un\u0027istanza propedeutica\nalla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di\nun\u0027area individuata come non idonea ai sensi  della  presente  legge.\nL\u0027istanza e\u0027  finalizzata  al  raggiungimento  di  un\u0027intesa  con  la\nregione. Qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente\nin un\u0027area mineraria dismessa  di  proprieta\u0027  regionale  o  di  enti\ninteramente controllati dalla regione, l\u0027area medesima e\u0027  trasferita\nin proprieta\u0027 ai comuni che ne  facciano  richiesta  ai  sensi  della\nlegge  regionale  5  dicembre  1995,  n.  35  (Alienazione  dei  beni\npatrimoniali)» (art. 3). \n    28. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che: \n        le aree non idonee costituiscono vere e proprie aree  vietate\nalla realizzazione degli impianti FER. Oltre che  dal  chiaro  tenore\nletterale  dell\u0027art.  1,  comma  5,  cio\u0027  si  desume   anche   dalla\nprevisione, all\u0027art. 3, di una speciale  procedura  da  attivarsi  su\nchiesta dei comuni per la realizzazione di  interventi  in  aree  non\nidonee,  peraltro  particolarmente  rigoroso  nella  misura  in   cui\nrichiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti  i  soggetti\ninteressati; \n        la disciplina  non  soltanto  non  prevede  una  clausola  di\nsalvaguardia per le iniziative  in  corso,  ma  addirittura  sancisce\nl\u0027inefficacia  dei   provvedimenti   autorizzatori   e   dei   titoli\nabilitativi gia\u0027 emanati in caso di impianti ricadenti  in  aree  non\nidonee in base alla legge. D\u0027altra parte,  cio\u0027  costituisce  l\u0027ovvio\nrisvolto  di  quanto  previsto  dall\u0027art.  1,  comma  2,  laddove  si\nstabilisce  che  «La  presente  legge  di  governo  del   territorio,\nurbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico,  si  applica  a\ntutto il  territorio  della  regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una  modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi», onde  e\u0027  chiaro  che  l\u0027unico\nlimite  all\u0027operativita\u0027  delle  nuove  previsioni  e\u0027  l\u0027intervenuta\nmodifica irreversibile dello stato dei luoghi,  come  anche  chiarito\ndal successivo comma 5; \n        la  legge  prevede,  altresi\u0027,  un  principio   di   assoluta\nprevalenza del criterio della non idoneita\u0027 su quello  dell\u0027idoneita\u0027\nin caso di progetti in zone  promiscue,  salve  le  limitate  deroghe\npreviste dall\u0027art. 1, comma 7. \n    29.  La  suindicata  disciplina  solleva  consistenti  dubbi   di\ncompatibilita\u0027  con  i   canoni   costituzionali,   con   particolare\nriferimento agli articoli 3, 9, 11, 41, 97, 117  della  Costituzione,\nnonche\u0027 all\u0027art. 10 della  legge  costituzionale  n.  3/2001  e  agli\narticoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n  Sulla rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndegli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli  allegati  A,\nB, C, D ed E della legge della Regione  autonoma  della  Sardegna  n.\n20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 41,  11,  97,  117  della\nCostituzione, nonche\u0027  all\u0027art.  10  della  legge  costituzionale  n.\n3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    30. Come gia\u0027 rilevato, le aree non idonee come individuate dalla\nlegge della Regione Sardegna n. 20/2024 si  sovrappongono  all\u0027intera\narea oggetto del progetto Alas - con conseguente inefficacia ex  lege\ndell\u0027autorizzazione unica. Inoltre, le norme sarde  pregiudicano  sia\nil rilascio dei titoli autorizzativi oggetto di  procedimenti  ancora\npendenti, relativi ai progetti di parchi eolici denominati «Alas 2» e\n«Lobadas»,  sia  il  progetto  di   parco   agrivoltaico   denominato\n«Florinas». Sulla base del combinato disposto dell\u0027art. 1, comma 2, 5\ne  7,  i  predetti  progetti  non  potrebbero  essere   ulteriormente\ncoltivati, in quanto la finanche parziale collocazione  in  area  non\nidonea determina, ai sensi del citato  comma  7,  l\u0027applicazione  del\ncomma 5, secondo cui «E\u0027  vietata  la  realizzazione  degli  impianti\nricadenti nelle rispettive aree non idonee». \n    31. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista  dall\u0027art.\n7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove  si  limita  a\nconsentire alle regioni la mera «possibilita\u0027 di fare salve  le  aree\nidonee di cui all\u0027art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre\n2021, n. 199 vigente alla data di  entrata  in  vigore  del  presente\ndecreto», rivela tutta la sua  insufficienza,  nonche\u0027  il  contrasto\nfrontale con il criterio di  delega  di  cui  all\u0027art.  5,  comma  1,\nlettera a), n. 1), della legge delega  n.  53/2021,  ai  sensi  della\nquale la disciplina di cui al  decreto  ministeriale  avrebbe  dovuto\n«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso\nche risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti\npreesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita\u0027 di fare\nsalve le aree idonee si e\u0027 tradotta, nelle disposizioni regionali  di\nattuazione, nell\u0027assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia  e\naddirittura nell\u0027inefficacia ex lege dei  titoli  gia\u0027  concessi,  la\nviolazione del criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1, lettera\na),  n.  1),  della  legge  n.  53/2021  ha   assunto   una   portata\nimmediatamente lesiva, trattandosi  di  previsione  di  un  «un  atto\ngenerale [che] incide senz\u0027altro  [...]  sui  comportamenti  e  sulle\nscelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17 marzo 2022, n. 1937). \n    32.  L\u0027eventuale  annullamento  del  decreto  sul  punto  sarebbe\nperaltro, allo stato e in presenza delle  disposizioni  recate  dalla\nlegge regionale n. 20/2024, priva  di  ogni  utilita\u0027  per  la  parte\nricorrente.  Essa,  infatti,  non  potrebbe  comunque   ulteriormente\ncoltivare  i  progetti  sopra  citati,  in   quanto   la   disciplina\nlegislativa  regionale  costituirebbe  a  tal  riguardo  un  ostacolo\nassoluto. \n    33.  Laddove,  invece,   le   disposizioni   menzionate   fossero\ndichiarate costituzionalmente illegittime, l\u0027annullamento del decreto\ndeterminerebbe,  medio  tempore,  l\u0027applicazione   della   disciplina\nprevigente,   che    consentirebbe    la    prosecuzione    dell\u0027iter\nautorizzatorio e, sul piano conformativo, l\u0027obbligo per le  autorita\u0027\nministeriali di predisporre una nuova e piu\u0027 confacente disciplina di\nsalvaguardia per le iniziative in corso. \n    34. Deriva da quanto sopra l\u0027indiscutibile rilevanza, ai fini del\npresente giudizio, delle questioni di  costituzionalita\u0027  di  seguito\nsollevate. \n  Sulla non manifesta infondatezza delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7  e  8,  e  3,  nonche\u0027\ndegli allegati A, B, C, D ed E della  legge  della  Regione  autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,\n97,  117  della  Costituzione,  nonche\u0027  all\u0027art.  10   della   legge\ncostituzionale  n.  3/2001  e  agli  articoli  3  e  4  della   legge\ncostituzionale n. 3/1948 \n    35.  La  disciplina  statutaria  assegna  alla  Regione  autonoma\nSardegna  la  competenza  primaria  in   materia   di   «edilizia   e\nurbanistica» (art. 3, lettera f), nonche\u0027  la  correlata  «competenza\npaesaggistica» ai sensi dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente  della\nRepubblica n.  480  del  1975.  L\u0027art.  4,  lettera  e),  prevede  la\ncompetenza  concorrente  nella  materia  «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia elettrica», da  esercitarsi  nel\nlimite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. \n    36. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge  di  Governo\ndel territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»\n(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha  ad  oggetto\nprecipuo «l\u0027individuazione di aree e superfici idonee  e  non  idonee\nall\u0027installazione  e  promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia\nrinnovabile (FER)», e\u0027 da  ritenersi  che  afferisca  prevalentemente\nalla competenza statutaria in materia di «produzione e  distribuzione\ndell\u0027energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). \n    37. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse\n-  quella  primaria  di  tutela  del  paesaggio  e  di  edilizia   ed\nurbanistica e quella concorrente in materia di  energia  elettrica  -\ndevono comunque esercitarsi «In  armonia  con  la  Costituzione  e  i\nprincipi dell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto\ndegli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche\u0027\ndelle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della\nRepubblica»,   oltreche\u0027,   per   quanto   riguarda   la   competenza\nconcorrente, nel limite «dei principi  stabiliti  dalle  leggi  dello\nStato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello statuto. \n    38. Nel  caso  in  esame,  le  disposizioni  di  cui  alla  legge\nregionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge\nstatale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che\nsi impongono anche alle regione ad autonomia speciale per  l\u0027espressa\nprevisione statutaria. \n    39.  Occorre  al  riguardo  previamente  richiamare   il   quadro\nnormativo unionale. \n    40. L\u0027art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il\nresto  del  mondo  l\u0027Unione  afferma  e  promuove  i  suoi  valori  e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei  suoi  cittadini»  A  tal\nfine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    41. L\u0027art. 6, par. 1, Trattato sull\u0027Unione  europea  precisa  che\n«L\u0027Unione riconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione  europea  del  7  dicembre\n2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,  che  ha  lo  stesso\nvalore giuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art.  37  della  Carta,\n«Un livello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento  della\nsua qualita\u0027 devono essere integrati nelle  politiche  dell\u0027Unione  e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n    42. L\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\nesprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze  connesse  con\nla tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella  definizione  e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella  prospettiva  di  promuovere  lo  sviluppo  sostenibile»  (c.d.\nprincipio di integrazione). \n    43. Secondo l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, «La politica dell\u0027Unione in materia ambientale  contribuisce\na perseguire i seguenti obiettivi: \n        salvaguardia,   tutela   e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n        protezione della salute umana; \n        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n        promozione sul piano internazionale  di  misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n    2. La politica  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    44. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1,  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione  europea,  «Il  Parlamento  europeo   e   il   Consiglio,\ndeliberando secondo  la  procedura  legislativa  ordinaria  e  previa\nconsultazione del comitato economico e sociale e del  comitato  delle\nregioni, decidono in merito alle azioni che devono essere  intraprese\ndall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191». \n    45. L\u0027art. 194 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel  quadro  dell\u0027instaurazione  o  del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell\u0027esigenza  di\npreservare e  migliorare  l\u0027ambiente,  la  politica  dell\u0027Unione  nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito  di  solidarieta\u0027  tra\nstati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,\nl\u0027efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e\nrinnovabili». \n    46. Protezione dell\u0027ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l\u0027uso  di\nfonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita\u0027  e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea  e  i\nsuoi stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli  altri  impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto serra. \n    Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela  della  salute  e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla  preservazione\ndei vegetali (cfr. le sentenze 1 luglio 2014, C-573/12, 78 ss., e  13\nmarzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n    47. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l\u0027art.  191\ndel Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea  si  limita  a\ndefinire gli obiettivi generali dell\u0027Unione  in  materia  ambientale,\nmentre l\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\naffida al Parlamento europeo e al Consiglio  dell\u0027Unione  europea  il\ncompito di decidere le azioni da avviare al fine  del  raggiungimento\ndi detti obiettivi. Di  conseguenza,  l\u0027art.  191  del  Trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in  quanto\ntale dai privati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea;\nviceversa, l\u0027art. 191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea  assume  rilevanza  allorquando  esso  trovi  attuazione  nel\ndiritto derivato (cfr. CGUE, sentenza  4  marzo  2015,  C-534/13,  39\nss.). \n    48. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE  (ora\n192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE del\nParlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,\nsuccessivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23 aprile 2009. \n    49. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027  stato  considerato,  tra  l\u0027altro,\nche: \n        «[...] \n         (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1,  del  Trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. \n        Tale obiettivo e\u0027 perseguito  dalla  presente  direttiva.  Il\nmaggiore ricorso  all\u0027energia  da  fonti  rinnovabili  o  all\u0027energia\nrinnovabile costituisce una parte importante del pacchetto di  misure\nnecessarie per ridurre le emissioni di gas  a  effetto  serra  e  per\nrispettare gli impegni dell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di  Parigi\ndel 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito  della  21ª  Conferenza\ndelle  parti  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui\ncambiamenti climatici (\"accordo di  Parigi\"),  e  il  quadro  per  le\npolitiche dell\u0027energia  e  del  clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso\nl\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di  almeno\nil 40% rispetto ai  livelli  del  1990  entro  il  2030.  L\u0027obiettivo\nvincolante in materia di energie rinnovabili  a  livello  dell\u0027Unione\nper il 2030 e i contributi  degli  stati  membri  a  tale  obiettivo,\ncomprese le quote di riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi\nnazionali  generali  per  il  2020,  figurano  tra  gli  elementi  di\nimportanza fondamentale  per  la  politica  energetica  e  ambientale\ndell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata \"Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030\" ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e\u0027  stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli stati membri dovrebbero poter fissare\ni  propri  obiettivi  nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati\ne andare oltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  \"Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030\", e del 23  giugno  2016,  \"I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili\",  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n        [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al 32 %.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027unione. Gli stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n        [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli stati membri al nuovo quadro per il 2030. \n        In nessun caso le quote nazionali delle  energie  rinnovabili\ndovrebbero scendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    50. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il  2030\n(art. 3), per cui «Gli stati membri provvedono collettivamente a  far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il\n2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    51. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in  forza  dell\u0027art.  192  del\nTFUE, ha istituito un quadro per il conseguimento  della  neutralita\u0027\nclimatica, nel presupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  (\"accordo  di  Parigi\"),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027Agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  \"chi\ninquina paga\", istituiti dal Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del \"non nuocere\" del Green\nDeal europeo. \n        [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n        [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n        [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.\n[...] \n    52. Il  regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi»,\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    53.  Ai  sensi  dell\u0027art.  5  del  regolamento,  «Le  istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano\nstrategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    54. La direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        \"[...] \n        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027 sano  per  tutti  -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo». \n        La transizione verde verso un\u0027economia basata  sulle  energie\nda fonti rinnovabili contribuira\u0027 a conseguire  gli  obiettivi  della\ndecisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  che\nmira altresi\u0027  a  proteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo  stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione  e  l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45  %  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli stati membri decidono di perseguire. \n        [...] \n        (25) Gli stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n        [...]. \n        (26) Gli stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n        [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    55.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la\ndirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    56. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli\n192 e 194 del TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una\ngovernance  dell\u0027Unione  dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima\naffidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell\u0027Unione\ndell\u0027energia,  in  linea  con  l\u0027accordo  di  Parigi  del  2015   sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,\nattraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte\ndell\u0027Unione  e  degli  stati  membri,   limitando   la   complessita\u0027\namministrativa. \n    57. Nel configurare tale  meccanismo  e\u0027  stato  considerato,  in\nparticolare, che: \n        (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n        [...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40% delle emissioni di gas a  effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi stati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; \n        sostituisce l\u0027approccio adottato nell\u0027ambito  del  protocollo\ndi Kyoto del 1997, che e\u0027 stato  approvato  dall\u0027Unione  mediante  la\ndecisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e  che  non  sara\u0027  prorogato\ndopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare  di  conseguenza  il  sistema\ndell\u0027Unione per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni  e\ndegli assorbimenti di gas a effetto serra. \n        (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n        [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n        [...] \n        (36) Gli stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trent\u0027anni per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. \n        Gli obiettivi degli stati membri in  materia  di  rinnovabili\nper il 2020 dovrebbero servire come  quota  base  di  riferimento  di\nenergia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero essere  mantenuti\nper tutto il periodo. In materia di efficienza energetica, le  misure\naggiuntive possono mirare soprattutto a  migliorare  l\u0027efficienza  di\nprodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    58. Il meccanismo di governance  si  e\u0027  tradotto,  tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)\n2023/2413): \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3): \n        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \n          a) dimensione \"decarbonizzazione\": \n[...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \nEntro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno  il\ncontributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato  membro  prevede\ndi superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la\nsua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si aspetta di\nraggiungere. Le traiettorie indicative degli stati membri,  nel  loro\ninsieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei  punti  di  riferimento\ndell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il  2030  di  cui\nall\u0027art.  3,   paragrafo   1,   della   direttiva   (UE)   2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n«Nel proprio contributo  alla  propria  quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  del   2030   e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \na) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \nb)  misure  adottate  per  conseguire  il  traguardo  di   efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \nc) altre misure esistenti volte a  promuovere  l\u0027energia  rinnovabile\nnello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione; \nd)  l\u0027obiettivo  nazionale  vincolante  2020  di  energia  da   fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001; \ne)  le  circostanze  pertinenti   che   incidono   sulla   diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli stati membri; \nvi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi\npregressi. \n        [...] \n        2. Gli stati membri assicurano collettivamente che  la  somma\ndei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n        «Se  nel  settore  dell\u0027energia  rinnovabile,  in  base  alla\nvalutazione di cui all\u0027articolo 29, paragrafi 1 e 2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n          b)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          c)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art.  25,  paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n          e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n    59. La legge 22 aprile  2021,  n.  53,  ha  dettato  «Principi  e\ncriteri direttivi per l\u0027attuazione della  direttiva  (UE)  2018/2001,\nsulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili», demando\nal Governo, tra l\u0027altro: \n        la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata,  su\nproposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il\nMinistero dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e\ncon il Ministero per i  beni  e  le  attivita\u0027  culturali  e  per  il\nturismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati\nnel Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il  clima  (PNIEC),  di\nuna disciplina per l\u0027individuazione  delle  superfici  e  delle  aree\nidonee  e  non  idonee  per  l\u0027installazione  di  impianti  a   fonti\nrinnovabili nel rispetto delle  esigenze  di  tutela  del  patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e  dei  corpi  idrici,  nonche\u0027  delle  specifiche\ncompetenze dei Ministeri per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo,  delle  politiche  agricole   alimentari   e   forestali   e\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando\nl\u0027utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni\nindustriali e parcheggi, e aree non  utilizzabili  per  altri  scopi,\ncompatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilita\u0027  delle\nrisorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda\nelettrica, nonche\u0027 tenendo in considerazione  la  dislocazione  della\ndomanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo\ndella rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: \n          1) definizione dei criteri  per  l\u0027individuazione  di  aree\nidonee all\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili  aventi  una\npotenza complessiva almeno pari a quella individuata come  necessaria\ndal PNIEC per il raggiungimento degli  obiettivi  di  sviluppo  delle\nfonti rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra\nregioni e province autonome e previsione di  misure  di  salvaguardia\ndelle iniziative di sviluppo in corso che risultino  coerenti  con  i\ncriteri di localizzazione degli impianti preesistenti; \n          2)  previsione  di  un  termine  di   sei   mesi   per   la\nrealizzazione del processo  programmatorio  di  individuazione  delle\naree; \n    b) di assicurare il rispetto dei  principi  della  minimizzazione\ndegli impatti sull\u0027ambiente, sul territorio e  sul  paesaggio,  fermo\nrestando  il  vincolo   del   raggiungimento   degli   obiettivi   di\ndecarbonizzazione al 2030 e tenendo conto  della  sostenibilita\u0027  dei\ncosti correlati al raggiungimento di tale obiettivo. \n    60. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando\n«disposizioni  necessarie  all\u0027attuazione  delle  misure  del   Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    61. L\u0027art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: \n        con  uno  o  piu\u0027  decreti  del  Ministro  della  transizione\necologica di concerto con il Ministro della cultura,  e  il  Ministro\ndelle politiche agricole, alimentari e forestali,  previa  intesa  in\nsede di Conferenza  unificata,  sono  stabiliti  principi  e  criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e\nnon idonee all\u0027installazione di impianti a fonti  rinnovabili  aventi\nuna  potenza  complessiva  almeno  pari  a  quella  individuata  come\nnecessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di\nsviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  ai\nsensi del comma 8; \n        in via prioritaria, con i  suddetti  decreti  si  provvede  a\ndettare  i   criteri   per   l\u0027individuazione   delle   aree   idonee\nall\u0027installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel\nPNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per minimizzare  il  relativo  impatto\nambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti\nimpianti per unita\u0027 di superficie, nonche\u0027  dagli  impianti  a  fonti\nrinnovabili di produzione di energia elettrica gia\u0027 installati  e  le\nsuperfici  tecnicamente  disponibili,  e  altresi\u0027  a   indicare   le\nmodalita\u0027 per individuare  superfici,  aree  industriali  dismesse  e\naltre aree compromesse, aree  abbandonate  e  marginali  idonee  alla\ninstallazione di impianti a fonti rinnovabili; \n        i decreti stabiliscono anche la  ripartizione  della  potenza\ninstallata fra regioni e province  autonome,  prevedendo  sistemi  di\nmonitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri\nper il trasferimento statistico fra le medesime  regioni  e  province\nautonome; \n        nel dettare la disciplina delle aree idonee  si  tiene  conto\ndelle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,\ndelle aree agricole e forestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi\nidrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate,\nquali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche\u0027   di   aree   a\ndestinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e\nverificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con\nle caratteristiche e le  disponibilita\u0027  delle  risorse  rinnovabili,\ndelle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche\u0027\ntenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli\neventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete\nstessa; \n        conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti  di\ncui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in\nvigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree\nidonee; \n        in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i\nprincipi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull\u0027ambiente,   sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della  sostenibilita\u0027  dei  costi  correlati  al\nraggiungimento di tale obiettivo; \n        nelle more dell\u0027individuazione delle aree idonee, non possono\nessere  disposte  moratorie  ovvero  sospensioni  dei   termini   dei\nprocedimenti di autorizzazione; \n        le aree non incluse tra le aree  idonee  non  possono  essere\ndichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di produzione  di\nenergia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero\nnell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata\ninclusione nel novero delle aree idonee; \n        in attesa della  disciplina  di  cui  ai  menzionati  decreti\nattuativi, le aree idonee  sono  individuate  ex  lege  dal  medesimo\ndecreto legislativo. \n    62. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29  della\npresente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno  2024  non  ha\ninnovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee  guida\ndi cui al decreto ministeriale 10 settembre  2010.  Queste,  infatti,\ncontinuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione  non\ncompatibili con l\u0027insediamento  [...]  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di impianti». Detta  incompatibilita\u0027,  tuttavia,  non  si\ntraduce  in  una  preclusione  assoluta,  bensi\u0027  in   «una   elevata\nprobabilita\u0027  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di\nautorizzazione», che dovra\u0027 comunque risultare all\u0027esito di specifica\nistruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione\ncontenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il  concetto\ndi area non idonea quale gia\u0027 enucleato dalle linee guida. \n    63. In contrasto con tali indicazioni, l\u0027art. 1, comma  5,  della\nlegge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce  che  «E\u0027  vietata  la\nrealizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non\nidonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai\ncommi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione  degli  articoli\n117, primo  e  terzo  comma  della  Costituzione  in  relazione  agli\narticoli 20 del decreto legislativo n.  199/2021,  alle  disposizioni\ndel decreto ministeriale 21 giugno  2024,  nonche\u0027  al  principio  di\nmassima diffusione degli impianti da  fonti  di  energia  rinnovabile\ncome  emergente   dalla   disciplina   unionale   sopra   richiamata.\nL\u0027inadeguatezza di una determinata area o di un determinato  sito  ad\nospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo\u0027 derivare da\nuna  qualificazione  aprioristica,  generale  ed  astratta,  ma  puo\u0027\nsoltanto conseguire all\u0027esito di un procedimento  amministrativo  che\nconsenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in\nragione delle relative specificita\u0027. \n    64. L\u0027impatto di un divieto di  tale  portata  e\u0027,  inoltre,  del\ntutto incerto e, in  ogni  caso,  si  risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,\ndella direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle\ntraiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata\ndelle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli  articoli\n3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    65. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni\ndell\u0027art. 1, comma 5, lette in combinato disposto  con  gli  allegati\nalla legge, prevedono una sterminata casistica di aree  vietate,  con\nun elenco di quarantacinque pagine, definite peraltro sulla  base  di\nastratte esigenze di protezione non specificamente riferite a  luoghi\nconcreti, ricomprendendo non solo le aree  e  i  beni  specificamente\ntutelati,  ma  sostanzialmente  la  maggior  parte   del   territorio\nregionale (cfr. ad  es.  riferimenti  agli  «Ulteriori  elementi  con\nvalenza storico - culturale, di natura archeologica, architettonica e\nidentitaria,  quali  beni  potenziali  non   ricompresi   nel   piano\npaesaggistico  vigente  al  momento  dell\u0027entrata  in  vigore   della\npresente legge, ed aree circostanti che distano meno di 3 chilometri,\nin linea d\u0027aria» - allegato A, lettera bb), allegato B,  lettera  y),\nallegato C, lettera bb), allegato D, lettera aa), allegato  E,  lett.\nbb)). Come dedotto dalla parte ricorrente,  non  smentita  sul  punto\ndalle parti intimate,  la  rete  dei  divieti  previsti  dalla  legge\nregionale comprende circa il 98% del territorio regionale. \n    66.  Peraltro,  in  forza  dell\u0027art.  32  del  regolamento   (UE)\n2018/1999, se la  Commissione  conclude  che  uno  o  piu\u0027  punti  di\nriferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e\n2027 non sono stati raggiunti, gli stati membri che nel 2022, 2025  e\n2027 sono al  di  sotto  di  uno  o  piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali possono essere tenuti  all\u0027adozione  di  misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio di una regione alla possibilita\u0027  di  installare  impianti\nFER  potrebbe,  pertanto,  implicare  l\u0027obbligo  di  adottare  misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    67. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici  dell\u0027Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi\ndell\u0027art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi». \n    Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    68. Come precisato dalla Commissione europea nella  comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di\ncrescita  dell\u0027UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027  e  che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato  la\npropria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta  in  assoluto  la  realizzazione  di\nimpianti FER in aree non idonee. \n    69. Il divieto sembra  anche  contrastare  con  il  principio  di\nintegrazione di  cui  all\u0027art.  11  del  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza,  secondo  cui\n«Le esigenze connesse  con  la  tutela  dell\u0027ambiente  devono  essere\nintegrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche  e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in tutti  i  settori\npolitici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a  ridurre  le  pressioni  sull\u0027ambiente  derivanti  dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e  per  raggiungere  gli\nobiettivi ambientali e climatici. La  previsione  in  generale  delle\naree  non  idonee  come  zone  vietate  solleva  sul  punto  notevoli\nperplessita\u0027, in quanto non  istituisce  alcuna  forma  di  possibile\nbilanciamento  tra  i  valori  in  gioco,  sancendo  un\u0027indefettibile\nprevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello stato dei  luoghi,\nin contrasto con l\u0027obiettivo del decreto stesso di  promuovere  l\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    70. Da quanto precede risulta anche che la  disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 della Costituzione come la Corte  di  giustizia  ha  piu\u0027\nvolte ribadito, «il principio di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  principio\ngenerale del diritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto  dal\nlegislatore  comunitario  quanto  dai  legislatori  e   dai   giudici\nnazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il  sindacato  di\nproporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto  del  controllo  di\nragionevolezza   delle   leggi    condotto    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli  interessi\ncostituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita\u0027\ntali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in\nmisura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato\ncostituzionale. Come la stessa Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio\ndeve    svolgersi    \"attraverso    ponderazioni    relative     alla\nproporzionalita\u0027  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua\ninsindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle  esigenze  obiettive  da\nsoddisfare o alle finalita\u0027  che  intende  perseguire,  tenuto  conto\ndelle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti\"\n(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita\u0027  utilizzato\nda questa Corte come  da  molte  delle  giurisdizioni  costituzionali\neuropee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,  ed  essenziale\nstrumento  della  Corte  di  giustizia  dell\u0027Unione  europea  per  il\ncontrollo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli  atti  dell\u0027Unione  e\ndegli stati membri, richiede di  valutare  se  la  norma  oggetto  di\nscrutinio, con la misura e le modalita\u0027  di  applicazione  stabilite,\nsia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente\nperseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate, prescriva  quella\nmeno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non\nsproporzionati rispetto al perseguimento di detti  obiettivi»  (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 1 del 2014). \n    71.  Inoltre,  ai  sensi  dell\u0027art.  9  della   Costituzione   la\nRepubblica tutela  l\u0027ambiente,  la  biodiversita\u0027  e  gli  ecosistemi\n«anche   nell\u0027interesse   delle   future   generazioni»,   con   cio\u0027\nincorporando il principio di  sviluppo  sostenibile  nell\u0027ambito  dei\nprincipi   fondamentali   in   materia    di    tutela    ambientale.\nL\u0027incondizionato sacrificio  di  tale  principio,  quale  sotteso  al\ndivieto  in  esame,  contrasta,  pertanto,   con   l\u0027art.   3   della\nCostituzione, nonche\u0027 con  l\u0027art.  9  citato  e  con  la  consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve\nessere sempre \"sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro\" (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  \"tiranno\"  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n    72. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive,  all\u0027art.\n7, comma 3, alle regioni che, «nell\u0027applicazione del  presente  comma\ndeve essere contemperata la necessita\u0027 di  tutela  dei  beni  con  la\ngaranzia di raggiungimento degli obiettivi  di  cui  alla  Tabella  A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare  che,\nanche  prima  dell\u0027entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, l\u0027orientamento della giurisprudenza costituzionale era  nel\nsenso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via\ngenerale e astratta, la non idoneita\u0027 di intere aree di territorio  o\na imporre, in  maniera  generalizzata  ed  aprioristica,  limitazioni\n(Corte  costituzionale,  sentenza  n.  69  del  2018).  Per  costante\ngiurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  regioni  e  le  province\nautonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati\ndal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022,  n.  177\ndel 2021 e n. 106 del 2020) e, nel  caso  di  specie,  racchiusi  nel\ncitato decreto legislativo n. 199 del  2021  e  nella  disciplina  di\nattuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). \n    73. I divieti posti dalla  Regione  Sardegna,  e  in  particolare\nl\u0027art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,\nviolano pertanto i principi  fondamentali  posti  dallo  Stato  nella\nmateria  di  legislazione  concorrente   «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia», di  cui  all\u0027art.  117,  terzo\ncomma, della Costituzione, espressi dal decreto  legislativo  n.  199\ndel  2021,  nonche\u0027  dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024   e\ncontrastano con gli articoli 3, 9,  11  e  117,  primo  comma,  della\nCostituzione, in quanto incidono sul raggiungimento  degli  obiettivi\ndi decarbonizzazione fissati a livello europeo. \n    74. L\u0027art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni della legge si\napplicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le aree  e  le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale ovvero autorizzati che non abbiano determinato  una  modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge  addirittura\nincide  sui  titoli  autorizzatori  e  abilitativi  gia\u0027  rilasciati,\ncomminandone l\u0027inefficacia, mentre  in  relazione  ai  progetti  gia\u0027\nrealizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di  rifacimento,\nintegrale  ricostruzione,  potenziamento  [...]  sono  ammessi   solo\nqualora non comportino un aumento della  superficie  lorda  occupata,\nnonche\u0027, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza  totale\ndell\u0027impianto». Ne deriva la violazione dei principi di  uguaglianza,\ncertezza del diritto e del legittimo affidamento, nonche\u0027 il  diritto\ndi  liberta\u0027  di  iniziativa  economica  di  cui  all\u0027art.  41  della\nCostituzione.  Il  legislatore   regionale,   infatti,   ha   imposto\nl\u0027indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori,\nsenza differenziare la posizione  di  coloro  che  non  hanno  ancora\npresentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e gia\u0027  sottoposto\nalla valutazione dell\u0027autorita\u0027 amministrativa sostenendo i  relativi\ncosti  di  progettazione  ovvero  che  abbiano   gia\u0027   ottenuto   le\nautorizzazioni e iniziato a sostenere i costi  di  realizzazione.  In\nrelazione  ai  progetti  gia\u0027  realizzati,  inoltre,  la   disciplina\nregionale da\u0027 luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le\naree interessate dal progetto gia\u0027 realizzato e quelle contermini  si\ntrasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il  soggetto\ngia\u0027  titolare  di  un  impianto,  infatti,  verrebbe  privato  della\npossibilita\u0027  di  apportare  modifiche  a  detto  impianto   che   ne\ndeterminino in qualunque modo  l\u0027aumento  della  superficie  occupata\novvero dell\u0027altezza totale  (per  gli  impianti  eolici),  senza  che\nassumano alcuna rilevanza la qualificazione  dell\u0027area  (idonea,  non\nidonea, ordinaria) e l\u0027entita\u0027 delle modifiche,  con  violazione  dei\nprincipi  di  uguaglianza,   di   ragionevolezza   e   di   legittimo\naffidamento. \n    75. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la  giurisprudenza\ncostituzionale  il  valore  del  legittimo  affidamento,  che   trova\ncopertura costituzionale nell\u0027art. 3 della Costituzione, non  esclude\nche il legislatore possa  adottare  disposizioni  che  modificano  in\nsenso  sfavorevole  agli  interessati  la  disciplina   di   rapporti\ngiuridici, anche se l\u0027oggetto di questi  sia  costituito  da  diritti\nsoggettivi perfetti. Cio\u0027 puo\u0027 avvenire, tuttavia, a condizione  «che\ntali disposizioni  non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,\nfrustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi\nprecedenti, l\u0027affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da\nintendersi quale elemento fondamentale dello Stato  di  diritto»  (ex\nplurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014,  n.  154\ndel 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;\nordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di  specie,  invece,  la  Regione\nSardegna  ha  emanato  una  legge  che   contravviene   ai   principi\nfondamentali  della   materia,   quali   derivanti   dagli   obblighi\nrinvenienti dall\u0027appartenenza dell\u0027Italia all\u0027Unione europea e  dalla\nrelativa normativa  statale  di  attuazione,  senza  preoccuparsi  di\noperare alcun bilanciamento con tutti i valori  in  gioco,  recedendo\nsoltanto di fronte all\u0027impossibilita\u0027 di  fatto  di  ripristinare  lo\nstatus quo. \n    76. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi  di\nimparzialita\u0027  e  buon  andamento  dell\u0027amministrazione,   e   quindi\ndell\u0027art. 97 della Costituzione. Oltre all\u0027irragionevole impatto  che\nla suddetta normativa determina su procedimenti gia\u0027  definiti,  essa\nosta, infatti, a qualsivoglia possibilita\u0027  di  realizzare,  in  sede\namministrativa, il piu\u0027 opportuno bilanciamento  degli  interessi  in\ngioco. A tale riguardo, non e\u0027 secondario  osservare  che,  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree  non\nincluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata\n«in sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti» attesta che la riserva di  procedimento  amministrativo\nper la dichiarazione di non idoneita\u0027, oltre che prevista dalle linee\nguida, e\u0027 sancita a livello di normazione primaria anche  nel  regime\ndi cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell\u0027art. 20,  comma\n1, del decreto, con conseguente  impossibilita\u0027  per  le  regioni  di\nimpedire  che  tale  valutazioni  si  compia  mediante  il   divieto,\nstabilito in via generale e astratta per  legge,  di  realizzare  gli\nimpianti nelle aree non idonee. \n    77. Non soccorre, al riguardo, la  peculiare  procedura  prevista\ndall\u0027art.  3  della  legge  che  consente,  su  istanza  dei   comuni\ninteressati, di proporre un\u0027istanza propedeutica  alla  realizzazione\ndi  un  impianto  o  di  un  accumulo  FER  all\u0027interno  di   un\u0027area\nindividuata come non idonea. Tale istanza, che gia\u0027 sotto il  profilo\ndella previsione dell\u0027esclusiva  competenza  propositiva  del  comune\nsuscita perplessita\u0027 per la commistione tra  profili  di  valutazione\npolitica e amministrativa, da\u0027 luogo a una procedura, da svolgersi in\nsede di Conferenza di servizi, in cui e\u0027 pero\u0027 prevista  l\u0027unanimita\u0027\nai fini  della  realizzazione  dell\u0027intervento  e  l\u0027inapplicabilita\u0027\ndell\u0027istituto  del   silenzio-assenso,   dipartendosi   all\u0027ordinario\nfunzionamento  della  Conferenza   dei   servizi   e   del   silenzio\nsignificativo  di  cui  alla  disciplina  statale  sul   procedimento\namministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla  cui\nviolazione discende  il  contrasto  con  l\u0027art  117,  secondo  comma,\nlettera m),  che  attribuisce  alla  Stato  la  potesta\u0027  legislativa\nesclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni\nconcernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su\ntutto il territorio nazionale. Al  riguardo,  occorre  ricordare  che\nl\u0027art. 29,  comma  2-ter  della  legge  n.  241/1990  stabilisce  che\n«Attengono [...] ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni  di  cui\nall\u0027art. 117,  secondo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione  le\ndisposizioni della presente legge  concernenti  la  presentazione  di\nistanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di\ninizio attivita\u0027 e il silenzio assenso e la  Conferenza  di  servizi,\nsalva  la  possibilita\u0027  di  individuare,  con  intese  in  sede   di\nConferenza unificata di cui all\u0027art. 8  del  decreto  legislativo  28\nagosto 1997, n. 281, e successive modificazioni,  casi  ulteriori  in\ncui tali disposizioni non si applicano», mentre ai  sensi  del  comma\n2-quater  «Le  regioni  e  gli  enti  locali,  nel   disciplinare   i\nprocedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire\ngaranzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle  disposizioni\nattinenti ai livelli essenziali delle prestazioni  di  cui  ai  commi\n2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con\nobbligo per le regioni a statuto speciale e le provincie autonome  di\nadeguare la propria legislazione a tali previsioni. \n    78. Non c\u0027e\u0027 dubbio che la legge regionale sarda rechi un livello\ninferiore di tutela rispetto  a  quello  garantito  dalla  disciplina\nstatale,  imponendo   l\u0027unanimita\u0027   dei   consensi   ed   escludendo\nl\u0027operativita\u0027 del silenzio-assenso. \n    79. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo  un\nindirizzo consolidato del  giudice  costituzionale,  «\"[s]petta  alla\nlegislazione  statale  determinare  presupposti   e   caratteristiche\ndell\u0027autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle\nsemplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza\ndelle opere sul valore intangibile dell\u0027ambiente»  (sentenza  n.  246\ndel 2017). Si e\u0027, inoltre, affermato che «la  legislazione  regionale\nnon puo\u0027 prevedere una procedura per  l\u0027autorizzazione  paesaggistica\ndiversa da quella dettata dalla legislazione  statale,  perche\u0027  alle\nregioni  non  e\u0027  consentito  introdurre  deroghe  agli  istituti  di\nprotezione ambientale che dettano una disciplina  uniforme,  valevole\nsu  tutto  il  territorio  nazionale,  nel  cui  ambito  deve  essere\nannoverata l\u0027autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 189 del 2016;\nnello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101\ndel 2010 e n. 232  del  2008)»  (Corte  costituzionale,  sentenza  n.\n74/2021). \n    80. La procedura  prevista  dall\u0027art.  3  della  legge  regionale\nSardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree\nsottoposte a  tutela  culturale  o  paesaggistica  per  le  quali  la\nnormativa statale (articoli  21  e  146  del  testo  unico  dei  beni\nculturali) fissa, per esigenze  di  uniformita\u0027  di  trattamento,  un\nprocedimento autorizzatorio apposito da  parte  della  soprintendenza\ncompetente, si pone anche in  contrasto  con  l\u0027art.  117,  comma  2,\nlettera  s),  della  Costituzione,  che   assegna   alla   competenza\nlegislativa  esclusiva  dello  Stato   la   materia   della   «tutela\ndell\u0027ambiente, dell\u0027ecosistema e dei beni culturali». \n    81. Peraltro, la predetta disciplina e\u0027 in ogni caso  un  diretto\nportato dell\u0027illegittimo  divieto  generalizzato  di  realizzare  gli\nimpianti in aree non idonee  e  non  puo\u0027,  pertanto,  sfuggire  alle\nmedesime censure suesposte. \n    82.  Per  tutto  quanto  sopra,   va   sollevata   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3,\nnonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D  ed  E,  della  legge  della\nRegione autonoma della Sardegna  n.  20/2024,  per  violazione  degli\narticoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e  s),  e  3,\ndella Costituzione, anche in relazione  ai  principi  espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n\n \n                                P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nterza) cosi\u0027 dispone: \n        a) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027  dei\nrelativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11,\n41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e s), e 3,  della  Costituzione,\nanche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla  direttiva   (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE)  2018/1999,  come  modificati  dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE)  2021/1119,  e\naltresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.  3/2001  e  degli\narticoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; \n        b) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n        c) dispone la comunicazione  della  presente  ordinanza  alle\nparti in causa, nonche\u0027 la  sua  notificazione  al  Presidente  della\nRegione  autonoma  della  Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio\nregionale sardo; \n        d) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio  del  giorno  5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Elena Stanizzi, Presidente; \n        Luca Biffaro, referendario; \n        Marco Savi, referendario, estensore. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                    L\u0027estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63217","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrsa","denominaz_legge":"legge della Regione autonoma 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