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M.","prima_controparte":"Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","altre_parti":"ANIEF Associazione professionale e sindacale, M. S., Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","testo_atto":"N. 61 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza del 25 febbraio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da S. M. contro Istituto  nazionale\ndella previdenza sociale - INPS. \n \nPrevidenza  -  Impiego  pubblico  -  Trattamenti  di  fine  servizio,\n  comunque denominati, spettanti nei casi di cessazione dal  servizio\n  per raggiungimento dei limiti di  eta\u0027  -  Prevista  corresponsione\n  decorsi dodici mesi dalla  cessazione  del  rapporto  di  lavoro  -\n  Riconoscimento   del   trattamento   secondo   un   meccanismo   di\n  rateizzazione, differentemente  articolato  in  base  all\u0027ammontare\n  complessivo della prestazione. \n- Decreto-legge  28  marzo  1997,  n.  79  (Misure  urgenti  per   il\n  riequilibrio   della    finanza    pubblica),    convertito,    con\n  modificazioni, nella legge 28 maggio  1997,  n.  140  e  successive\n  modifiche e integrazioni, art. 3, comma 2; decreto-legge 31  maggio\n  2010,  n.  78  (Misure  urgenti  in  materia   di   stabilizzazione\n  finanziaria  e  di  competitivita\u0027  economica),   convertito,   con\n  modificazioni, nella legge 30 luglio  2010,  n.  122  e  successive\n  modifiche e integrazioni, art. 12, comma 7. \n\n\r\n(GU n. 16 del 16-04-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n \n \n                           Sezione quinta \n \n    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 10270 del 2024, proposto da S. M., rappresentato  e\ndifeso dall\u0027avvocato Pietro Frisani, con domicilio digitale  come  da\npec da registri di giustizia; \n    Contro INPS - Istituto nazionale previdenza sociale,  in  persona\ndel presidente pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dall\u0027avvocato\nFlavia Incletolli, con domicilio digitale come da pec da registri  di\ngiustizia; \n    Per l\u0027accertamento - previa  dichiarazione  di  rilevanza  e  non\nmanifesta    infondatezza    della    questione    di    legittimita\u0027\ncostituzionale,  rimettendo  gli  atti  del   giudizio   alla   Corte\ncostituzionale   sulla   prospettata   questione   di    legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997,\nn. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio  della  finanza  pubblica),\nconvertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140,  e\nsuccessive modifiche e dell\u0027art. 12, comma 7,  del  decreto-legge  31\nmaggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione\nfinanziaria  e  di   competitivita\u0027   economica),   convertito,   con\nmodificazioni, nella legge 30  luglio  2010,  n.  122,  e  successive\nmodifiche, con riferimento all\u0027art. 36 della Costituzione e  all\u0027art.\n1, protocollo 1, CEDU - del diritto del ricorrente in quanto  cessato\ndal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 in data 30 settembre 2023 a\npercepire l\u0027intero importo del TFS ancora da corrispondere  da  parte\ndell\u0027Istituto previdenziale senza dilazioni e senza  rateizzazione  e\nla condanna del resistente a corrispondere senza  dilazione  l\u0027intero\nimporto ancora dovuto, oltre interessi e rivalutazione  dal  di\u0027  del\ndovuto sino al saldo. \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visto  l\u0027atto   di   costituzione   in   giudizio   dell\u0027Istituto\nprevidenziale; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  10  gennaio  2025  la\ndott.ssa  Ida  Tascone  e  uditi  per  le  parti  i  difensori   come\nspecificato nel verbale; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n    Il  ricorrente,  ex  dipendente  del  Ministero  dell\u0027interno   -\nQuestura  di  Roma,  collocato  in  quiescenza  a  decorrere  dal  30\nsettembre 2023, ha chiesto che  venga  accertato  il  suo  diritto  a\npercepire il trattamento di fine  servizio  (d\u0027ora  in  poi  TFS  per\nbrevita\u0027) senza dilazioni e  senza  rateizzazioni  e  ha  chiesto  la\ncondanna dell\u0027Istituto previdenziale a corrispondere senza  dilazione\nl\u0027intero importo ancora dovuto oltre interessi e rivalutazione. \n    In particolare, il ricorrente ha dedotto in fatto che  il  TFS  a\nlui spettante  dovrebbe  essere  determinato  nella  misura  di  euro\n99.675,05 - come da prospetto di simulazione estratto dal sito MyINPS\n- e che detta somma, essendo superiore ad euro  50.000,00,  ai  sensi\ndell\u0027art. 1, comma 484, della  legge  n.  147/2013,  dovrebbe  essere\ncorrisposta allo stesso in due rate, la  prima  al  1°  gennaio  2025\n(ovvero nel terzo mese successivo all\u0027acquisito del diritto  avvenuto\na seguito del decorso del termine di dodici mesi dalla cessazione dal\nservizio in data 1° ottobre 2024) e la seconda al 1° gennaio 2026. \n    Con memoria depositata nei termini  dell\u0027art.  73,  c.p.a.  viene\nprecisato  che  «solo  in  data  22  ottobre  2024,  quindi  dopo  la\npresentazione  del  ricorso,  l\u0027INPS  ha  disposto  con  bonifico  il\npagamento in favore del sig. M. di una  singola  e  parziale  tranche\ndella  prestazione  (euro  43.649,30,  somma  peraltro  inferiore  ai\n50.000,00 euro previsti dalla legge)». \n    Il ricorrente, nel motivare in ordine  alla  propria  pretesa  di\nvedersi riconosciuto il trattamento di  fine  servizio,  ha  rilevato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale delle norme  che  hanno  disposto  la\nrateizzazione chiedendo la sospensione del  presente  giudizio  e  la\nrimessione degli atti innanzi alla Corte costituzionale. \n    L\u0027Istituto  previdenziale  si  e\u0027  costituito  in  giudizio   con\napposita memoria ed ha eccepito il difetto  di  legittimazione  e  la\ncarenza di interesse del ricorrente, nonche\u0027 l\u0027inammissibilita\u0027 della\ndomanda in quanto, cosi\u0027 come formulata, si risolve  nella  richiesta\ndi annullamento di un provvedimento di rango formalmente legislativo,\nche esula dalle attribuzioni del  giudice  amministrativo;  ha,  poi,\ndedotto  l\u0027infondatezza  della  domanda  perche\u0027  le   modalita\u0027   di\npagamento  adottate  sarebbero   pienamente   conformi   al   dettato\nnormativo. \n    Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2025  il  ricorso  e\u0027  stato\ntrattenuto in decisione. \n    In  via  preliminare  occorre  esaminare   l\u0027eccezione   spiegata\ndall\u0027Istituto previdenziale in ordine alla carenza di  legittimazione\ne dell\u0027interesse a ricorrere dell\u0027istante, che risulta destituita  di\nfondamento. \n    In  particolare,  la  parte   resistente   lamenta   la   mancata\nimpugnazione di un provvedimento da parte del ricorrente,  posto  che\nlo stesso si sarebbe limitato a chiedere «l\u0027accertamento del  proprio\ndiritto a percepire senza rateizzazione l\u0027indennita\u0027 di buona uscita,\nin vista della futura liquidazione e del futuro  pagamento  in  forma\nrateale»  (pag.  2  della  memoria  di  costituzione),   mentre   «il\nprovvedimento che si assume lesivo non [sarebbe] ancora  intervenuto,\nnon essendo ancora scaduti i termini per la liquidazione della  buona\nuscita...» e, allo stato, il pregiudizio sarebbe «meramente futuro  e\nipotetico» (pag. 3 della memoria di costituzione). \n    Al riguardo, occorre rilevare come, nel caso di specie, l\u0027oggetto\ndel giudizio non  si  sostanzia  in  un\u0027azione  di  annullamento  del\nprovvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, bensi\u0027 in una mera\nazione di accertamento di un diritto soggettivo e, segnatamente,  del\ndiritto del ricorrente alla corresponsione della  prestazione  a  lui\nspettante senza dilazioni e rateizzazioni. \n    Orbene, tralasciando i casi in cui la domanda di accertamento  e\u0027\ncontemplata dal codice del processo amministrativo (cfr. articoli  31\ne 34, comma 3, c.p.a.), si deve ribadire che sin dai primi  tempi  di\napplicazione   della   disciplina   processuale   la   giurisprudenza\namministrativa - con la sentenza dell\u0027Adunanza plenaria del Consiglio\ndi Stato del 13 luglio 2022, n. 8 - ha affermato  che,  nel  contesto\ndell\u0027atipicita\u0027 dei rimedi giurisdizionali,  risulta  ammissibile  in\nvia generale la domanda  di  accertamento,  sussistendo  un  adeguato\ninteresse. \n    Invero, la garanzia  di  tutela  giurisdizionale  prevista  dagli\narticoli 24, 103 e 113 della Carta costituzionale  impone  anche  per\ngli interessi legittimi, come  pacificamente  ritenuto  nel  processo\ncivile per  i  diritti  soggettivi,  l\u0027esperibilita\u0027  dell\u0027azione  di\naccertamento autonomo, con particolare riguardo a  tutti  i  casi  in\ncui, mancando  il  provvedimento  da  impugnare,  una  simile  azione\nrisulti indispensabile per la soddisfazione  concreta  della  pretesa\nsostanziale del ricorrente. \n    La mancata previsione, nel testo finale del codice, di una  norma\nesplicita sull\u0027azione  generale  di  accertamento,  non  puo\u0027  essere\nconsiderata sintomatica della volonta\u0027  legislativa  di  sancire  una\npreclusione di dubbia costituzionalita\u0027, ma e\u0027 spiegabile, anche alla\nluce  degli  elementi  ricavabili  dai  lavori  preparatori,  con  la\nconsiderazione  che  le  azioni  tipizzate,   idonee   a   conseguire\nstatuizioni dichiarative, di condanna e  costitutive,  consentono  di\nnorma una tutela idonea ed adeguata che non ha  bisogno  di  pronunce\nmeramente dichiarative in cui la  funzione  di  accertamento  non  si\nappalesa strumentale all\u0027adozione di altra pronuncia di cognizione ma\nsi  presenta,  per  cosi\u0027  dire,  allo  stato   puro,   ossia   senza\nsovrapposizione di altre funzioni. Ne deriva,  di  contro,  che,  ove\ndette azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente  il  bisogno\ndi tutela, l\u0027azione di  accertamento  atipica,  ove  sorretta  da  un\ninteresse ad agire concreto ed attuale ex art.  100,  del  codice  di\nprocedura civile,  risulta  praticabile  in  forza  delle  coordinate\ncostituzionali ed europee. \n    Nel caso in esame, peraltro,  si  chiede  la  tutela  di  diritti\nsoggettivi in materia di pubblico impiego  non  contrattualizzato,  e\nquindi in  ambito  di  giurisdizione  esclusiva  amministrativa,  con\nl\u0027ovvia  conseguenza  che  l\u0027azione  di  accertamento   deve   essere\nsenz\u0027altro  ammessa,  negli  stessi  limiti  in  cui   essa   sarebbe\nammissibile in un processo  civile,  avente  per  oggetto  situazioni\nsoggettive similari. \n    Il sig. M. ha, in  sostanza,  correttamente  dedotto  la  lesione\ndella propria posizione giuridica sostanziale,  indicando  tutti  gli\nelementi di diritto e di fatto posti a fondamento  della  domanda  di\naccertamento rispetto alla quale risulta  titolare  di  un  interesse\nqualificato e differenziato legittimante l\u0027azione. \n    Parimenti del tutto infondata e\u0027 l\u0027eccezione di  inammissibilita\u0027\nper impugnazione diretta delle norme ritenute incostituzionali. \n    In realta\u0027, il ricorrente ha chiesto l\u0027accertamento  del  proprio\ndiritto a ottenere il pagamento immediato e integrale del trattamento\ndi fine servizio e, al fine di  dimostrare  le  proprie  pretese,  ha\ndedotto  l\u0027illegittimita\u0027   costituzionale   delle   norme   che   ne\ndisciplinano la corresponsione. \n    Passando all\u0027esame del merito  del  ricorso  occorre  previamente\nesaminare la questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata dalla\nparte ricorrente. \n    Le disposizioni della cui compatibilita\u0027 con la  Costituzione  si\ndubita  stabiliscono  che  «1.  Il  trattamento   pensionistico   dei\ndipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all\u0027art.  1,  comma\n2, del decreto legislativo  3  febbraio  1993,  n.  29  e  successive\nmodificazioni, compresi quelli di cui ai commi  4  e  5  dell\u0027art.  2\ndello stesso decreto legislativo, e\u0027 corrisposto  in  via  definitiva\nentro il mese successivo alla cessazione dal servizio. In  ogni  caso\nl\u0027ente erogatore, entro la predetta data, provvede a corrispondere in\nvia provvisoria un trattamento non  inferiore  al  90  per  cento  di\nquello previsto,  fatte  salve  le  disposizioni  eventualmente  piu\u0027\nfavorevoli. 2. Alla liquidazione dei trattamenti  di  fine  servizio,\ncomunque denominati, per  i  dipendenti  di  cui  al  comma  1,  loro\nsuperstiti o aventi causa, che  ne  hanno  titolo,  l\u0027ente  erogatore\nprovvede decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del  rapporto  di\nlavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento  dei\nlimiti  di  eta\u0027  o  di  servizio  previsti  dagli   ordinamenti   di\nappartenenza,  per  collocamento  a  riposo  d\u0027ufficio  a  causa  del\nraggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima  di  servizio  prevista  dalle\nnorme di legge o  di  regolamento  applicabili  nell\u0027amministrazione,\ndecorsi dodici mesi dalla cessazione del  rapporto  di  lavoro.  Alla\ncorresponsione agli aventi diritto l\u0027ente provvede entro i successivi\ntre mesi, decorsi i quali sono dovuti  gli  interessi»  (art.  3  del\ndecreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 convertito con modificazioni dalla\nlegge 28 maggio 1997, n. 140). \n    «7. A titolo di concorso al  consolidamento  dei  conti  pubblici\nattraverso il contenimento della dinamica della  spesa  corrente  nel\nrispetto   degli   obiettivi    di    finanza    pubblica    previsti\ndall\u0027aggiornamento del programma di stabilita\u0027 e crescita, dalla data\ndi entrata in vigore del presente provvedimento, con  riferimento  ai\ndipendenti   delle   amministrazioni   pubbliche   come   individuate\ndall\u0027Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del  comma  3,\ndell\u0027art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196  il  riconoscimento\ndell\u0027indennita\u0027 di buonuscita, dell\u0027indennita\u0027  premio  di  servizio,\ndel  trattamento  di  fine  rapporto  e  di  ogni  altra   indennita\u0027\nequipollente corrisposta una-tantum comunque denominata  spettante  a\nseguito di cessazione a vario titolo dall\u0027impiego e\u0027 effettuato: \n        a) in un unico importo  annuale  se  l\u0027ammontare  complessivo\ndella prestazione, al lordo delle  relative  trattenute  fiscali,  e\u0027\ncomplessivamente pari o inferiore a 50.000 euro; \n        b) in due importi annuali se  l\u0027ammontare  complessivo  della\nprestazione,  al  lordo  delle  relative   trattenute   fiscali,   e\u0027\ncomplessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro.\nIn tal caso il primo importo annuale e\u0027  pari  a  50.000  euro  e  il\nsecondo importo annuale e\u0027 pari all\u0027ammontare residuo; \n        c) in tre importi annuali se  l\u0027ammontare  complessivo  della\nprestazione,  al  lordo  delle  relative   trattenute   fiscali,   e\u0027\ncomplessivamente uguale o superiore a 100.000 euro, in  tal  caso  il\nprimo importo annuale e\u0027 pari  a  50.000  euro,  il  secondo  importo\nannuale e\u0027 pari a 50.000 euro e il  terzo  importo  annuale  e\u0027  pari\nall\u0027ammontare residuo» (art. 12, comma  7,  decreto-legge  31  maggio\n2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio  2010,\nn. 122). \n    Le norme in questione, per la loro  chiarezza  testuale,  non  si\nprestano   a   interpretazioni   adeguatrici   o   costituzionalmente\norientate,  comportando  il  rigetto  del  ricorso  con   conseguente\ndilazione del termine del pagamento delle somme spettanti al pubblico\ndipendente per effetto della cessazione  del  rapporto  di  servizio,\npotendo  quindi  essere  soltanto  assoggettate  allo  scrutinio   di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n    Tali  elementi  fondano,  innanzitutto,  il   presupposto   della\nrilevanza della questione, ai sensi  dell\u0027art.  23,  comma  2,  della\nlegge 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale e\u0027  necessario  che  «il\ngiudizio  non   possa   essere   definito   indipendentemente   dalla\nrisoluzione della questione  di  legittimita\u0027  costituzionale»  della\nnorma primaria contestata. \n    Parimenti, il conflitto delle norme in esame con il principio  di\ngiusta  retribuzione  e  di  tutela  della  sfera  patrimoniale   del\nlavoratore, radicato nell\u0027art. 36 della Costituzione e nell\u0027art. 117,\nprimo comma, della Costituzione, in relazione al parametro interposto\ndell\u0027art. 1 del protocollo n. 1, CEDU,  si  presenta,  ad  avviso  di\nquesto  Collegio,  «non  manifestamente  infondato»,  ai  sensi   del\nmedesimo art. 23 della legge n. 87/1953. \n    E\u0027  opinione  di  questo  Tribunale  che  sia  rilevante  e   non\nmanifestamente infondata la questione di legittimita\u0027  costituzionale\ndegli articoli 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo  1997,  n.  79,\nconvertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997,  n.  140,  e\ndell\u0027art. 12, comma 7, del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,\nconvertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  per\ncontrasto con l\u0027art. 36  e  l\u0027art.  117,  comma  primo,  della  Carta\ncostituzionale in relazione al parametro interposto dell\u0027art.  1  del\nprotocollo n. 1 alla Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali firmata a Roma il 4  novembre\n1950 (di seguito, CEDU), ratificata e resa esecutiva con la  legge  4\nagosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per  la\nsalvaguardia dei diritti  dell\u0027uomo  e  delle  liberta\u0027  fondamentali\nfirmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo  addizionale  alla\nConvenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952). \n    Con precedente ordinanza di rimessione (17 maggio 2022, n.  6223)\nquesto Tribunale (Sezione terza quater) ha sollevato,  per  contrasto\nall\u0027art. 36 della Costituzione, la medesima questione di legittimita\u0027\ncostituzionale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata,\ncon riferimento proprio agli articoli 3, comma 2,  del  decreto-legge\n28 marzo 1997, n.  79  (Misure  urgenti  per  il  riequilibrio  della\nfinanza pubblica), convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio\n1997, n. 140, e 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78\n(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di\ncompetitivita\u0027 economica), convertito con modificazioni  dalla  legge\n30 luglio 2010, n. 122. \n    Il dubbio di incompatibilita\u0027 tra gli articoli 3,  comma  2,  del\ndecreto-legge n. 79/1997 e 12, comma 7, del decreto-legge n. 78/2010,\ne l\u0027art. 36 della Costituzione e\u0027 stato alimentato  dall\u0027esame  della\ngiurisprudenza della Corte costituzionale, con  particolare  riguardo\nalla sentenza n. 159 del  25  giugno  2019,  che,  nel  ritenere  non\nfondate le eccezioni  di  incostituzionalita\u0027  degli  articoli  sopra\ndetti con particolare riguardo ai lavoratori che non hanno  raggiunto\ni limiti  di  eta\u0027  o  di  servizio  previsti  dagli  ordinamenti  di\nappartenenza, ha ritenuto che «La disciplina che ha  progressivamente\ndilatato  i  tempi  di  erogazione  delle  prestazioni  dovute   alla\ncessazione del rapporto di lavoro ha smarrito un orizzonte  temporale\ndefinito e la iniziale connessione con il  consolidamento  dei  conti\npubblici che l\u0027aveva giustificata.  Con  particolare  riferimento  ai\ncasi in cui sono raggiunti i limiti di eta\u0027 e di servizio, la duplice\nfunzione  retributiva  e  previdenziale  delle  indennita\u0027  di   fine\nrapporto,  conquistate  \"attraverso  la  prestazione   dell\u0027attivita\u0027\nlavorativa e come frutto di essa\" (sentenza n. 106  del  1996,  punto\n2.1. del Considerato in diritto), rischia di essere  compromessa,  in\ncontrasto con i principi costituzionali che, nel garantire la  giusta\nretribuzione, anche differita, tutelano  la  dignita\u0027  della  persona\numana». \n    Secondo la giurisprudenza  della  Corte  le  indennita\u0027  di  fine\nrapporto «costituiscono parte  del  compenso  dovuto  per  il  lavoro\nprestato, la cui corresponsione viene differita - appunto in funzione\nprevidenziale -  onde  agevolare  il  superamento  delle  difficolta\u0027\neconomiche che possono insorgere nel momento in  cui  viene  meno  la\nretribuzione»  (sentenza  n.  458/2005),  ritenendosi,  in  sostanza,\nl\u0027essenziale  natura  di  retribuzione  differita  collegata  a   una\nconcorrente funzione previdenziale (cfr. sentenza n. 438/2005). \n    L\u0027art. 36 della  Costituzione  statuisce  che  il  lavoratore  ha\ndiritto ad una retribuzione proporzionata alla qualita\u0027  e  quantita\u0027\ndel suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare e  a  se\u0027  ed\nalla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. \n    La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere  il\nsuo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e,  dall\u0027altro,\ndeve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell\u0027art. 36 della  Carta\ncostituzionale,  avendo  a  riguardo  non  solo  alla  entita\u0027  della\nretribuzione, ma anche alla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. \n    E\u0027 infatti evidente che una retribuzione  corrisposta  con  ampio\nritardo  ha  per  il  lavoratore  una  utilita\u0027  inferiore  a  quella\ncorrisposta tempestivamente. \n    Proprio il carattere di retribuzione differita riconosciuta  alle\nindennita\u0027 di fine rapporto, comporta la necessita\u0027 che anche  queste\nultime debbano  essere  corrisposte  tempestivamente  e  non  possano\nessere diluite strutturalmente oltre la  fuoriuscita  dal  mondo  del\nlavoro. \n    Cio\u0027 a maggior ragione se  si  considera  che,  notoriamente,  il\nlavoratore, sia pubblico che privato, specie se in eta\u0027 avanzata,  in\nmolti casi si propone - proprio attraverso  l\u0027integrale  e  immediata\npercezione di detto trattamento - di recuperare una somma gia\u0027  spesa\no in via di erogazione per le principali necessita\u0027 di  vita,  ovvero\ndi fronteggiare o adempiere in modo definitivo ad impegni  finanziari\ngia\u0027 assunti, magari da tempo. \n    E\u0027 poi da ricordare che la  Corte  ha  piu\u0027  volte  affermato  il\nprincipio per il quale una misura quale quella in esame, per superare\nlo scrutinio  di  costituzionalita\u0027,  non  puo\u0027  riguardare  un  arco\ntemporale indefinito,  ma  deve  essere  giustificato  da  una  crisi\ncontingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum  (sentenze  n.\n178 del 2015 e n. 173 del 2016). \n    La misura in questione, al contrario, pur legata a una situazione\ndi crisi contingente non ha una durata prestabilita ma ha assunto  un\ncarattere strutturale. \n    Infatti, l\u0027art. 3 del decreto-legge n. 79 del  1997  ha  previsto\ndapprima un termine minimo di sei  mesi  per  la  liquidazione  delle\nindennita\u0027 di fine servizio; termine che l\u0027art. 1, comma 22,  lettera\na), del decreto-legge n. 138 del 2011 ha fissato in sei mesi  per  il\nsolo caso di pensionamento di vecchiaia e ha innalzato a ventiquattro\nmesi per l\u0027ipotesi di un pensionamento di anzianita\u0027. \n    Il termine di sei mesi, sancito per i pensionamenti di vecchiaia,\ne\u0027 stato innalzato a dodici mesi dall\u0027art. 1, comma 484, lettera  b),\ndella legge n. 147 del 2013, mentre resta immutato il termine  minimo\ndi ventiquattro mesi per le indennita\u0027 di fine  servizio  corrisposte\nper il caso di pensionamenti anticipati. Vige poi sempre un ulteriore\ntermine di tre mesi  per  l\u0027effettiva  erogazione:  solo  quando  sia\ndecorso  infruttuosamente  tale  ultimo  termine,  sono  dovuti   gli\ninteressi. \n    L\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010 - a  seguito\ndelle modifiche introdotte dall\u0027art. 1, comma 484, lettera a),  della\nlegge n. 147 del 2013 - ha previsto un meccanismo  di  rateizzazione,\narticolato secondo soglie piu\u0027 elevate rispetto a quelle oggi vigenti\n(una rata annuale per le indennita\u0027 fino a 50.000,00 euro;  due  rate\nannuali oltre i 50.000,00 e fino ai 100.000,00 euro; tre rate annuali\nper le indennita\u0027 di importo che e\u0027 pari o  superiore  ai  100.000,00\neuro). \n    Con la legge di stabilita\u0027 per il 2014, con l\u0027art. 1, comma  484,\nin  sostanza,  si  e\u0027  aggravato  il  sacrificio   imposto   con   il\ndifferimento gia\u0027 stabilito nel 1997,  ampliando  a  dodici  mesi  il\ntermine minimo per la liquidazione delle indennita\u0027 di fine  servizio\ne prevedendo un meccanismo di rateizzazione che penalizza oltremodo i\nbeneficiari  dei  trattamenti  in  esame,  perche\u0027  e\u0027  piu\u0027  gravoso\nrispetto a quello stabilito dal decreto-legge n. 78  del  2010  nella\nsua originaria versione. \n    Dall\u0027esame della sentenza n. 130  del  23  giugno  2023  adottata\ndalla  Consulta  a  seguito  della  citata  ordinanza  di  rimessione\n(Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Roma - Sezione III\nquater  -  17  maggio  2022,  n.  6223)  si  evince  che   l\u0027Istituto\nprevidenziale dichiara  di  farsi  carico  del  monito  espresso  dal\ngiudice delle leggi nella precedente sentenza n. 159 del 2019, con la\nquale si e\u0027 rilevato che, nei casi in cui sono raggiunti i limiti  di\neta\u0027 e di servizio, la duplice funzione, retributiva e previdenziale,\ndelle indennita\u0027 di cui si tratta rischia di essere  compromessa,  in\ncontrasto con i principi costituzionali che, nel garantire la  giusta\nretribuzione, anche differita, tutelano la dignita\u0027 della persona. \n    Evidenzia l\u0027Istituto che successivamente a tale  pronuncia,  sono\nstati adottati il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri\n22 aprile 2020,  n.  51  (Regolamento  in  materia  di  anticipo  del\nTFS/TFR, in attuazione dell\u0027art. 23, comma 7,  del  decreto-legge  28\ngennaio 2019, n. 4, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  28\nmarzo 2019, n. 26),  contenente  le  modalita\u0027  di  attuazione  delle\ndisposizioni di cui all\u0027art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, come\nconvertito,  nonche\u0027  il  decreto  del  Ministro  per   la   pubblica\namministrazione   19   agosto   2020,    relativo    all\u0027approvazione\ndell\u0027accordo  quadro  per  il   finanziamento   dell\u0027anticipo   della\nliquidazione dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio  comunque  determinata,\nsecondo quanto previsto dall\u0027art. 23, comma 2, del decreto-legge n. 4\ndel 2019, come convertito, accordo siglato tra il Ministro del lavoro\ne delle politiche sociali, il Ministro dell\u0027economia e delle finanze,\nil Ministro per la pubblica amministrazione e l\u0027Associazione bancaria\nitaliana. \n    Espone,  ancora,  l\u0027INPS  che  gli  atti  citati  consentono   ai\nlavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all\u0027art.\n1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.  165  (Norme\ngenerali  sull\u0027ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle\namministrazioni pubbliche) - che cessano o sono cessati dal  servizio\ncon diritto a pensione  per  raggiungimento  dei  requisiti  previsti\ndall\u0027art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201  (Disposizioni\nurgenti per la crescita, l\u0027equita\u0027  e  il  consolidamento  dei  conti\npubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  22  dicembre\n2011, n. 214, o  con  diritto  a  pensione  al  raggiungimento  della\ncosiddetta «quota 100» come previsto dall\u0027art. 14  del  decreto-legge\nn.  4  del  2019,  come  convertito  -  di  presentare  a  banche  ed\nintermediari finanziari richiesta di finanziamento per una somma pari\nall\u0027importo dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata,  nella  misura\nmassima di  45.000  euro  ovvero  all\u0027importo  spettante  qualora  la\npredetta indennita\u0027 sia di importo inferiore. \n    In aggiunta, lo stesso  sottolinea  che,  con  deliberazione  del\nconsiglio di amministrazione dell\u0027INPS 9 novembre 2022,  n.  219,  e\u0027\nstata istituita una nuova prestazione a favore  degli  iscritti  alla\nGestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali,  avente  ad\noggetto l\u0027anticipazione ordinaria delle somme spettanti ai dipendenti\npubblici a titolo di trattamento di fine servizio o di trattamento di\nfine rapporto. \n    Sennonche\u0027 le misure appena illustrate risultano  inadeguate,  in\nquanto - come sancito anche dal giudice delle leggi nella  successiva\nsentenza n. 130 del 23 giugno 2023 intervenuta a seguito della citata\nordinanza di rimessione - non si registra, allo  stato,  una  riforma\norganica   specificamente   volta   a   porre   rimedio   al   vulnus\ncostituzionale riscontrato. \n    Non    puo\u0027,    infatti,    ritenersi    tale    la    disciplina\ndell\u0027anticipazione  della  prestazione  dettata  dall\u0027art.   23   del\ndecreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, ai sensi del  quale  e\u0027\npossibile richiedere il finanziamento di una somma, pari  all\u0027importo\nmassimo di 45.000 euro, dell\u0027indennita\u0027 di  fine  servizio  maturata,\ngarantito dalla cessione pro solvendo del credito avente  ad  oggetto\nl\u0027emolumento, dietro versamento di  un  tasso  di  interesse  fissato\ndall\u0027art. 4, comma 2, del decreto  ministeriale  19  agosto  2020  in\nmisura pari al rendimento  medio  dei  titoli  pubblici  (Rendistato)\nmaggiorato dello 0,40 per cento. \n    Analoghe  considerazioni,  peraltro,  possono  essere  svolte  in\nmerito all\u0027anticipazione istituita con la deliberazione del consiglio\ndi amministrazione  dell\u0027INPS  9  novembre  2022,  n.  219.  Essa  e\u0027\nprevista  a  favore  degli  iscritti  alla  Gestione  unitaria  delle\nprestazioni creditizie e  sociali  e  consente  di  usufruire  di  un\nfinanziamento pari all\u0027intero ammontare del  trattamento  maturato  e\nliquido, erogato al tasso di interesse pari all\u00271  per  cento  fisso,\nunitamente alle spese di amministrazione in misura pari allo 0,50 per\ncento dell\u0027importo, dietro cessione pro solvendo della corrispondente\nquota non ancora esigibile del trattamento di fine servizio o di fine\nrapporto; a cio\u0027 si aggiunga che si registra la  definitiva  chiusura\ndell\u0027accesso alla misura per gli iscritti al Fondo credito. \n    Le normative richiamate investono, infatti,  solo  indirettamente\nla disciplina dei tempi di corresponsione  delle  spettanze  di  fine\nservizio. \n    Esse non apportano alcuna modifica alle norme in scrutinio, ma si\nlimitano a riconoscere all\u0027avente diritto la facolta\u0027 di  evitare  la\npercezione differita dell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento\noneroso delle stesse somme dovutegli a tale  titolo.  Il  legislatore\nnon ha, dunque, ancora espunto dal sistema  il  meccanismo  dilatorio\nall\u0027origine della riscontrata violazione,  ne\u0027  si  e\u0027  fatto  carico\ndella  spesa  necessaria  a  ripristinare   l\u0027ordine   costituzionale\nviolato, ma ha riversato  sullo  stesso  lavoratore  il  costo  della\nfruizione tempestiva di un emolumento che,  essendo  rapportato  alla\nretribuzione e alla durata del rapporto e quindi,  attraverso  questi\ndue parametri, alla quantita\u0027 e alla qualita\u0027 del  lavoro,  e\u0027  parte\ndel compenso dovuto per il servizio prestato  (sentenza  n.  106  del\n1996). \n    Nello specifico, con la citata sentenza n. 130 del 23 giugno 2023\nla Corte costituzionale ha scrutinato la  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale  in  riferimento  all\u0027art.  36   della   Costituzione,\nevidenziando che la legittimita\u0027  costituzionale  delle  norme  dalle\nquali possa scaturire una restrizione dei  diritti  patrimoniali  del\nlavoratore e\u0027 condizionata alla rigorosa delimitazione temporale  dei\nsacrifici imposti (sentenza n. 178 del 2015), i quali  devono  essere\n«eccezionali, transeunti, non  arbitrari  e  consentanei  allo  scopo\nprefisso» (ordinanza n. 299 del 1999), e come il termine dilatorio di\ndodici mesi quale risultante dall\u0027art. 3, comma 2, del  decreto-legge\nn. 79 del 1997 convertito  nella  legge  gia\u0027  citata,  ad  oggi  non\nrispetti piu\u0027 ne\u0027 il requisito  della  temporaneita\u0027,  ne\u0027  i  limiti\nposti dai principi di ragionevolezza e di proporzionalita\u0027. \n    Si  tratta  di  una  previsione  che  non  costituisce  piu\u0027   un\nintervento urgente di  riequilibrio  finanziario  ma  di  una  misura\navente carattere strutturale che ha dunque perso  la  sua  originaria\nragionevolezza. \n    La perdurante  dilatazione  dei  tempi  di  corresponsione  delle\nindennita\u0027 di fine servizio rischia di vanificare anche  la  funzione\nprevidenziale, in quanto contrasta con  la  particolare  esigenza  di\ntutela avvertita dal dipendente al termine dell\u0027attivita\u0027  lavorativa\ncui deve ulteriormente aggiungersi il fatto che la dilazione  non  e\u0027\ncontrobilanciata dal riconoscimento della rivalutazione  monetaria  e\ndunque incide in maniera rilevante sulla consistenza economica  della\nprestazione, stante anche il  sensibile  incremento  della  pressione\ninflazionistica del quadro macroeconomico attuale  e  posto  che,  ai\nsensi dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79  del  1997,  allo\nscadere del termine annuale e di quello ulteriore di  tre  mesi  sono\ndovuti i soli interessi di mora. \n    La Corte  costituzionale  ha  dunque  concluso,  pur  dichiarando\ninammissibili le questioni sottoposte, con la considerazione che, per\nporre  rimedio  alla  situazione  sopra   evidenziata,   occorre   un\nintervento del legislatore affinche\u0027 trovi una soluzione che  miri  a\nsuperare il differimento della liquidazione  e  del  pagamento  delle\nindennita\u0027 di fine servizio, in ossequio ai principi  di  adeguatezza\ndella retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalita\u0027,  e  che  si\nsviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via\nagli altri. \n    Allo stato, pero\u0027, non risulta adottata alcuna organica revisione\ndell\u0027intera  materia,  peraltro  indicata  come  indifferibile  negli\nultimi anni nell\u0027ambito  del  dibattito  parlamentare,  registrandosi\nsolo un\u0027iniziativa legislativa (C. 1254 sulla riduzione  dei  termini\nper la liquidazione del trattamento di fine servizio  dei  dipendenti\ndelle amministrazioni) volta  a  sancire  la  riduzione  del  termine\ndilatorio per la liquidazione nei casi  di  cessazione  dal  servizio\n(anche  a  seguito  di   collocamento   a   riposo   d\u0027ufficio)   per\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio  e  la  rivalutazione\ndelle  fasce  di  importo  per  l\u0027erogazione  rateale  dei   medesimi\ntrattamenti. \n    Come riportato nella relazione illustrativa, la proposta di legge\nintende adempiere al monito espresso dalla Corte costituzionale  che,\nnella gia\u0027 indicata sentenza n. 130 del 2023,  ha  rilevato  come  la\nridefinizione  delle  norme  relative   al   termine   dilatorio   di\ndifferimento dei trattamenti in questione (con  limitato  riferimento\nai trattamenti spettanti nei casi  di  cessazione  dal  servizio  per\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio, o per collocamento a\nriposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento  dell\u0027anzianita\u0027  massima\ndi servizio), nonche\u0027 al riconoscimento secondo modalita\u0027 rateali dei\nmedesimi trattamenti che superino un determinato importo, deve essere\noperata   dal   legislatore,   mediante   scelte   discrezionali   di\nrimodulazione che tengano conto del differimento generale del termine\ndi liquidazione; in ogni caso,  per  tale  proposta  non  sembra  che\nl\u0027iter legislativo di approvazione risulti efficacemente avviato  con\nconseguente violazione reiterata del dettato costituzionale (sentenze\ngia\u0027 citate, n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023). \n    Poste tali premesse, si puo\u0027 ritenere che -  come  sostenuto  dal\ngiudice delle leggi - la previsione di un pagamento rateale  comprima\nin maniera irragionevole e sproporzionata i  diritti  dei  lavoratori\npubblici,  in  violazione  dell\u0027art.  36  della  Carta,  non  essendo\nsorretta dal carattere contingente, ma al contrario avendo  carattere\nstrutturale. \n    La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere  il\nsuo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e,  dall\u0027altro,\ndeve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell\u0027art. 36 della Carta,\ncon riferimento non solo alla entita\u0027 della  retribuzione,  ma  anche\nalla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. \n    E\u0027 infatti evidente che una retribuzione  corrisposta  con  ampio\nritardo  ha  per  il  lavoratore  una  utilita\u0027  inferiore  a  quella\ncorrisposta tempestivamente. \n    Proprio il carattere di retribuzione differita riconosciuta  alle\nindennita\u0027 di fine rapporto comporta la necessita\u0027 che  anche  queste\nultime debbano  essere  corrisposte  tempestivamente  e  non  possano\nessere diluite strutturalmente oltre la  fuoriuscita  dal  mondo  del\nlavoro. \n    Come e\u0027 noto, il lavoratore, sia pubblico che privato, specie  se\nin eta\u0027 avanzata, in molti  casi  si  propone  -  proprio  attraverso\nl\u0027integrale  e  immediata  percezione  di  detto  trattamento  -   di\nrecuperare una somma gia\u0027  spesa  o  in  via  di  erogazione  per  le\nprincipali necessita\u0027 di vita, ovvero di fronteggiare o adempiere  in\nmodo definitivo ad impegni finanziari gia\u0027 assunti, magari da tempo. \n    La Corte costituzionale ha piu\u0027 volte affermato il principio  per\nil quale una misura quale quella in esame, per superare lo  scrutinio\ndi  costituzionalita\u0027,  non  puo\u0027  riguardare   un   arco   temporale\nindefinito, ma deve essere giustificato da una  crisi  contingente  e\ndeve atteggiarsi quale misura una tantum (sentenze n. 178 del 2015  e\nn. 173 del 2016). \n    Peraltro, non puo\u0027 non rilevarsi il  contrasto  con  l\u0027art.  117,\ncomma primo, della Costituzione, in relazione al parametro interposto\ndell\u0027art. 1 protocollo n. 1 alla  CEDU  (concernente  il  diritto  al\nrispetto della proprieta\u0027,  tra  cui  rientra  anche  la  tutela  dei\ndiritti di credito) posto che -  per  costante  giurisprudenza  della\nCorte europea dei diritti dell\u0027uomo  (Fabian  c.  Ungheria  [GC],  n.\n78117/13, 5 settembre 2017; Stefanetti,  n.  21838/10,  15  settembre\n2014) - le pensioni e conseguentemente anche il trattamento  di  fine\nservizio maturato per effetto della vita lavorativa costituiscono  un\n«bene» ai sensi della Convenzione. \n    Secondo le norme generali applicabili, il diritto matura ed entra\na far parte  del  patrimonio  del  titolare  al  momento  in  cui  si\nsoddisfano i requisiti per il pensionamento  (collocamento  a  riposo\nper raggiunti limiti di eta\u0027 o di servizio). Nel caso  di  specie  il\ndifferimento e la rateazione del trattamento di fine servizio di  cui\nalla normativa in oggetto  e\u0027  tale  da  pregiudicare  l\u0027essenza  dei\ndiritti pensionistici  del  soggetto,  trattandosi  di  misura  ormai\ndivenuta definitiva e strutturale,  che  va  a  violare  il  disposto\ndell\u0027art. 1, prot. n. 1, CEDU laddove il trattamento di fine servizio\ncostituisce espressione di una legittima aspettativa  della  persona,\ngia\u0027  entrata  a  far  parte  del  suo  patrimonio  per  effetto  del\nraggiungimento dei requisiti necessari. \n    Sul punto, non puo\u0027 non richiamarsi la delicata  questione  sorta\ncon  riferimento  ai  diritti   finanziariamente   condizionati   con\nriferimento all\u0027esigibilita\u0027 dei diritti nei  «limiti  delle  risorse\ndisponibili» (cfr. sentenza della Corte  costituzionale  16  dicembre\n2016, n. 275). \n    La Corte delle leggi ha chiarito in questa  importante  pronuncia\nche e\u0027 «la  garanzia  dei  diritti  incomprimibili  ad  incidere  sul\nbilancio, e non l\u0027equilibrio di questo a  condizionarne  la  doverosa\nerogazione». Nella sostanza, neppure in  materia  finanziaria  esiste\n«un limite assoluto alla cognizione del giudice di  costituzionalita\u0027\ndelle leggi», in  quanto  l\u0027avvenuto  inserimento  del  principio  di\npareggio di bilancio in Costituzione ne comporta l\u0027inserimento «nella\ntavola complessiva dei valori costituzionali», per cui «non  si  puo\u0027\nipotizzare che la legge di  approvazione  del  bilancio  o  qualsiasi\naltra legge incidente sulla  stessa  costituiscano  una  zona  franca\nsfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalita\u0027, dal\nmomento che non vi puo\u0027 essere alcun  valore  costituzionale  la  cui\nattuazione possa essere ritenuta esente  dalla  inviolabile  garanzia\nrappresentata dal giudizio di legittimita\u0027 costituzionale». \n    Orbene, la previsione di un pagamento rateale del  TFS  non  puo\u0027\nessere  arbitrariamente  differito  e  reso  incerto  da   previsioni\nlegislative, le quali - seppur inserite in manovre finanziarie  volte\na sopperire a contingenti  esigenze  di  riequilibrio  finanziario  -\nfiniscono cosi\u0027 con l\u0027incidere  su  beni  e  diritti  dei  lavoratori\npubblici  che  godono  di  tutela  piena   ed   incondizionata,   con\nconseguente  sacrificio  della  sua   effettivita\u0027,   in   violazione\ndell\u0027art.  36  della  Costituzione,  che  sancisce  il  criterio   di\nproporzionalita\u0027 della retribuzione, e dell\u0027art.  117,  primo  comma,\ndella Costituzione, alla luce delle norme della Convenzione  europea,\ncome interpretate dalla Corte di Strasburgo, che  tutelano  la  sfera\npatrimoniale del lavoratore a garanzia della dignita\u0027  della  persona\numana. \n    Il giudizio presente va  quindi  sospeso,  con  trasmissione,  ai\nsensi dell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti  alla\nCorte   costituzionale,   affinche\u0027   decida   della   questione   di\nlegittimita\u0027  costituzionale  che,   con   la   presente   ordinanza,\nincidentalmente si pone. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nquinta): \n        Dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata dal ricorrente; \n        Sospende il giudizio e, ai sensi dell\u0027art. 23 della legge  11\nmarzo 1953, n. 87; \n        Dispone la trasmissione degli atti alla Corte  costituzionale\naffinche\u0027 si pronunci sulla questione di legittimita\u0027  costituzionale\ndegli articoli 3, comma 2, del decreto-legge n. 79/1997 e  12,  comma\n7, del decreto-legge n. 78/2010, per contrasto con  l\u0027art.  36  della\nCostituzione e  l\u0027art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  in\nrelazione all\u0027art. 1 del protocollo n. 1 alla CEDU; \n        Dispone la comunicazione della presente ordinanza alle  parti\nin causa, nonche\u0027 la sua notificazione al  Presidente  del  Consiglio\ndei  ministri,  al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  al\nPresidente della Camera dei deputati; \n        Rinvia ogni  ulteriore  statuizione  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all\u0027art. 52, commi 1\ne 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli\n5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della  dignita\u0027\ndella  parte  interessata,  manda  alla   Segreteria   di   procedere\nall\u0027oscuramento delle generalita\u0027. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  10\ngennaio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Leonardo Spagnoletti - Presidente; \n        Virginia Arata - referendario; \n        Ida Tascone - referendario, estensore. \n \n                     Il Presidente: Spagnoletti \n \n \n                                                 L\u0027estensore: Tascone","elencoNorme":[{"id":"62398","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"28/03/1997","data_nir":"1997-03-28","numero_legge":"79","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1997-03-28;79~art3"},{"id":"62399","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"28/05/1997","data_nir":"1997-05-28","numero_legge":"140","descrizionenesso":"e successive modificazioni","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1997-05-28;140"},{"id":"62400","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"31/05/2010","data_nir":"2010-05-31","numero_legge":"78","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"12","specificaz_art":"","comma":"7","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2010-05-31;78~art12"},{"id":"62401","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"30/07/2010","data_nir":"2010-07-30","numero_legge":"122","descrizionenesso":"e successive modificazioni","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2010-07-30;122"}],"elencoParametri":[{"id":"79063","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"36","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79064","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79066","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000012","descriz_costit":"Protocollo addizionale alla Convenzione europea diritti dell\u0027uomo","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"1","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54590","num_progressivo":"","nominativo_parte":"ANIEF Associazione professionale e sindacale","data_costit_part":"06/05/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"AC","descrizione_tipologia_parte":"","sigla_parte":""},{"id":"54553","num_progressivo":"","nominativo_parte":"M. 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