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Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione – Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3, e Allegati A, B, C, D e E.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e-Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, 4, [recte: lett. e)]; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18\u0026nbsp;ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30\u0026nbsp;giugno\u0026nbsp;2021; Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), art. 11; Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea (CDFUE), art. 37; decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, art. 20, commi 1 e 7; decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 21 e 146; legge 8 agosto 1990, n. 241, art. 29, commi 2-ter e 2-quater; decreto del Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u0026nbsp;\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eEnergia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021\u0026nbsp;– Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis primo periodo del decreto legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciato divieto il cui impatto è del tutto incerto e si risolve in un severo limite all’individuazione delle zone disponibili per l’installazione degli impianti – Disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1 e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, art. 2, comma 2, primo periodo.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Costituzione, artt. 3, 9, 11 e 117, primo comma; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18\u0026nbsp;ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30\u0026nbsp;giugno\u0026nbsp;2021.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Iberdrola Renovables Italia spa","prima_controparte":"Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri","altre_parti":"Elettricità Futura – Unione delle Imprese Elettriche Italiane","testo_atto":"N. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Iberdrola Renovables Italia  Spa\ne Elettricita\u0027 Futura -  Unione  delle  imprese  elettriche  italiane\ncontro il Ministero dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza  energetica  e\naltri.. \n \nEnergia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della\n  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l\u0027individuazione  di\n  aree e superfici idonee e non idonee all\u0027installazione di  impianti\n  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica  a\n  tutto il territorio della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le\n  superfici sulle quali insistono impianti  a  fonti  rinnovabili  in\n  corso di valutazione ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza\n  regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato\n  una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione  che\n  e\u0027  vietata  la  realizzazione  degli  impianti   ricadenti   nelle\n  rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C,\n  D, E e dai commi 9 e 11  dell\u0027art.  1  della  legge  della  Regione\n  Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 - Previsione che  tale  divieto  si\n  applica anche agli impianti e gli accumuli  FER  la  cui  procedura\n  autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza  regionale\n  o statale, e\u0027 in corso al  momento  dell\u0027entrata  in  vigore  della\n  medesima legge regionale - Previsione  che  non  puo\u0027  essere  dato\n  corso alle istanze di  autorizzazione  che,  pur  presentate  prima\n  dell\u0027entrata in vigore  della  legge  regionale  n.  20  del  2024,\n  risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino  l\u0027attuazione  -\n  Previsione che i  provvedimenti  autorizzatori  e  tutti  i  titoli\n  abilitativi comunque denominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli\n  impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia -\n  Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi  ad  oggetto\n  impianti che hanno gia\u0027 comportato una modificazione  irreversibile\n  dello stato dei luoghi - Previsione che,  qualora  un  progetto  di\n  impianto ricada su un areale ricompreso, sia  nelle  aree  definite\n  idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio  di\n  non idoneita\u0027 - Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione,\n  potenziamento relativi ad impianti realizzati in  data  antecedente\n  all\u0027entrata in vigore della stessa legge e in esercizio, nelle aree\n  non  idonee  -  Previsione  che  sono  ammessi  solo  qualora   non\n  comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonche\u0027, nel\n  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento   dell\u0027altezza   totale\n  dell\u0027impianto, intesa come  la  somma  delle  altezze  dei  singoli\n  aerogeneratori  del  relativo  impianto,  fermo   restando   quanto\n  previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art.  1  della  legge\n  regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il  rispetto  dell\u0027art.  109\n  delle norme di  attuazione  del  Piano  paesaggistico  regionale  -\n  Raggiungimento  degli  obiettivi  di  transizione  energetica,   di\n  promozione delle fonti rinnovabili  e  di  contenimento  dei  costi\n  energetici  nel  rispetto  delle  peculiarita\u0027   storico-culturali,\n  paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole  -  Previsione\n  che i comuni hanno facolta\u0027  di  proporre  un\u0027istanza  propedeutica\n  alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER  all\u0027interno\n  di  un\u0027area   individuata   come   non   idonea,   finalizzata   al\n  raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione - Previsione che qualora\n  l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto  FER  ricadente  in  un\u0027area\n  mineraria dismessa di proprieta\u0027 regionale o  di  enti  interamente\n  controllati  dalla  Regione,  l\u0027area  medesima  e\u0027  trasferita   in\n  proprieta\u0027 ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge\n  regionale n. 35 del 1995. \n- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti\n  per l\u0027individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee\n  all\u0027installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia\n  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti\n  autorizzativi) artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C,  D\n  ed E. \nEnergia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a\n  limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che  l\u0027installazione\n  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone\n  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027  consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente\n  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o\n  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia\u0027   installati,   a\n  condizione che non comportino incremento  dell\u0027area  occupata,  c),\n  incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle  con\n  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,\n  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell\u0027art.\n  20 del decreto legislativo n. 199 del  2021  -  Previsione  che  il\n  primo  periodo  del  comma  1-bis  dell\u0027art.  20  di  tale  decreto\n  legislativo non si applica  nel  caso  di  progetti  che  prevedano\n  impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla\n  costituzione di  una  comunita\u0027  energetica  rinnovabile  ai  sensi\n  dell\u0027art. 31 del predetto  decreto  nonche\u0027  in  caso  di  progetti\n  attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di\n  ripresa  e  resilienza  (PNRR)  e  del  Piano  nazionale  per   gli\n  investimenti  complementari  al  PNRR  (PNC)  ovvero  di   progetti\n  necessari  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  del   PNRR   -\n  Previsione che l\u0027art. 20, comma 1-bis, primo periodo,  del  decreto\n  legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma  1  dell\u0027art.  5\n  del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non  si  applica\n  ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata  in  vigore,\n  sia  stata  avviata  almeno  una  delle  procedure  amministrative,\n  comprese   quelle    di    valutazione    ambientale,    necessarie\n  all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e  l\u0027esercizio  degli\n  impianti  e  delle  relative  opere  connesse  ovvero   sia   stato\n  rilasciato almeno uno dei titoli medesimi - Disciplina  dei  regimi\n  amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili  -\n  Previsione che gli interventi di  cui  all\u0027art.  1,  comma  1,  del\n  decreto legislativo n. 190 del 2024 sono  considerati  di  pubblica\n  utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in\n  zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici,  nel\n  rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis,  del  decreto\n  legislativo n. 199 del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni  urgenti  per  le\n  imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027  per  le\n  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con\n  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1\n  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei\n  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti\n  rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e  5,  lettera\n  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n  periodo. \n\n\r\n(GU n. 35 del 27-08-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                           (Sezione Terza) \n \n    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 8725 del 2024,  proposto  da  Iberdrola  Renovables\nItalia S.p.a., in persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Comande\u0027,  Enzo  Puccio,\nSerena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da  Registri  di\nGiustizia; \n    contro Ministero della Cultura, Ministero dell\u0027Ambiente  e  della\nSicurezza Energetica, Ministero  dell\u0027Agricoltura,  della  Sovranita\u0027\nalimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante  pro\ntempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura Generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; \n    nei confronti della Regione  Siciliana,  in  persona  del  legale\nrappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dall\u0027Avvocatura\nGenerale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei\nPortoghesi, 12; della Regione Autonoma della Sardegna, in persona del\nlegale rappresentante  pro  tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli\navvocati Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da\nPEC da Registri di Giustizia; \n    e con l\u0027intervento di \n      ad adiuvandum: \n        Elettricita\u0027  Futura  -  Unione  delle   Imprese   Elettriche\nItaliane,  in  persona  del  legale   rappresentante   pro   tempore,\nrappresentata e difesa  dagli  avvocati  Cristina  Martorana,  Andrea\nSticchi Damiani, Pina Lombardi, con domicilio digitale come da PEC da\nRegistri di Giustizia; \n \n                         per l\u0027annullamento \n \n    degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21  giugno  2024\nrecante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e  aree  idonee\nper l\u0027installazione di impianti a  fonti  rinnovabili»  adottato  dal\nMinistero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica di concerto  con\nil Ministero della Cultura e  il  Ministero  dell\u0027Agricoltura,  della\nSovranita\u0027 Alimentare e delle Foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153  del  2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n    di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale; \n    visti il ricorso e i relativi allegati; \n    visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  della\nCultura e di Regione Siciliana e di Ministero dell\u0027Ambiente  e  della\nSicurezza Energetica e di Ministero dell\u0027Agricoltura della Sovranita\u0027\nAlimentare e delle Foreste e di Regione Autonoma della Sardegna; \n    visti gli articoli 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n.  87,  79,\ncomma 1, c.p.a., e 295 c.p.c.; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i  difensori  come  specificato\nnel verbale. \n  1. La ricorrente fa  parte  del  gruppo  multinazionale  Iberdrola,\nattivo nel campo della produzione di energia elettrica. \n    2. In Italia Iberdrola ha presentato diverse iniziative,  tra  le\nquali: \n      «Piazza  Armerina»,  Regione  Siciliana,  Agrivoltaico  -   non\navanzato, potenza 65,67 MW; \n      «Lentini 1»,  Regione  Siciliana,  Agrivoltaico  in  parte  non\navanzato, potenza 60 MW; \n      «Uta Prangili», Regione Sardegna, Agrivoltaico  -non  avanzato,\npotenza 33,61 MW; \n      «Benetutti  Mercuria,  Regione  Sardegna,   Agrivoltaico   -non\navanzato, potenza 37,02 MW; \n      «Carbonia - Iglesias», Regione Sardegna, Eolico, potenza 66 MW; \n      «Monreale», Regione Siciliana,  Agrivoltaico  -  non  avanzato,\npotenza 139,00 MW. \n    3. Con il presente ricorso  Iberdrola  sostiene  che  il  decreto\nimpugnato rechi previsioni idonee a pregiudicarne l\u0027autorizzazione  e\nha sollevato a tale riguardo plurimi profili di violazione  di  legge\ned eccesso di potere. Piu\u0027 in particolare, le censure  possono  cosi\u0027\nessere riassunte: \n      violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,  comma  3  del\ndecreto legislativo  n.  199/2021  e  dell\u0027art.  5,  della  legge  n.\n53/2021: il decreto impugnato avrebbe mancato di definire  i  criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione  di\nimpianti FER, essendosi limitato a  riprodurre  principi  di  massima\nche, a  ben  vedere,  sarebbero  esattamente  e  testualmente  quelli\nindividuati  dalla  norma  delegante  (art.  20,  comma  3,   decreto\nlegislativo n. 199/2021). Ne deriverebbe il conferimento alle regioni\ndi  una  delega  sostanzialmente  in   bianco,   in   contrasto   con\nl\u0027insegnamento  della  Corte  Costituzionale,  che   avrebbe   sempre\nrivendicato l\u0027importanza della uniformita\u0027  della  «materia  energia»\nsul territorio nazionale (motivo I.1); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20,  comma  1,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021: il decreto, chiamato  a  «dettare  i\ncriteri per  l\u0027individuazione  delle  aree  idonee  all\u0027installazione\ndella potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le\nmodalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima\nporzione di suolo occupabile dai  suddetti  impianti  per  unita\u0027  di\nsuperficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di  produzione\ndi energia elettrica gia\u0027  installati  e  le  superfici  tecnicamente\ndisponibili», si sarebbe limitato a prevedere la mera  «possibilita\u0027»\ndi classificare le superfici o le aree come  idonee  differenziandole\nsulla base della fonte, della taglia e della tipologia  di  impianto,\ncon indicazione generica e priva  di  indirizzi  idonei  a  orientare\nl\u0027esercizio della potesta\u0027 regionale (motivo I.2); \n      violazione e falsa applicazione  dell\u0027art.  20,  comma  8,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021: illegittimita\u0027 della previsione  che\nassegna una mera «possibilita\u0027» alle Regioni, in sede  di  emanazione\ndelle leggi, di fare salve le aree idonee di cui all\u0027art.  20,  comma\n8, decreto  legislativo  n.  199/2021.  Tale  norma  si  porrebbe  in\ncontrasto con il dato normativo ed  equivarrebbe  a  consentire  alle\nRegioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree  idonee\nindividuate al legislatore nazionale, rimettendosi  alle  Regioni  la\npotesta\u0027 di  prevedere  che  aree  che,  fino  ad  oggi,  sono  state\nindiscussamente  idonee,  ai  sensi  del  comma  8,  diventino  «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti in termini di\naffidamento degli investimenti ed incertezza del quadro giuridico  di\nriferimento (motivo I.3); \n      violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,  comma  4  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn.  387/2003,  delle  linee  guida  e  del  principio  della  massima\ndiffusione  degli  impianti  FER:  l\u0027art.  20,   comma   4,   decreto\nlegislativo n. 199/2021  prevedrebbe  una  competenza  regionale,  da\nesercitare mediante legge, unicamente per la  disciplina  delle  aree\nidonee. Il decreto, invece, richiedendo alle regioni  di  individuare\ncon legge anche le aree non idonee, si porrebbe in  contrasto,  oltre\nche con tale norma primaria, anche  con  l\u0027art.  12,  comma  10,  del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le successive linee guida,  che\nprevedono l\u0027individuazione delle «aree non idonee»  all\u0027esito  di  un\napposito procedimento amministrativo, operando  un  bilanciamento  in\nconcreto degli interessi strettamente aderenti alla specificita\u0027  dei\nluoghi, senza poter imporre in via legislativa vincoli  generali  non\nprevisti dalla disciplina statale (motivo II.1); \n      violazione e falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,  comma  4  del\ndecreto legislativo n. 199/2004, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn.  387/2003,  delle  linee  guida  e  del  principio  della  massima\ndiffusione degli impianti FER: nel definire le aree non  idonee  come\naree «incompatibili con l\u0027installazione di  specifiche  tipologie  di\nimpianti», il decreto introdurrebbe un  vero  e  proprio  divieto  di\ninstallazione di impianti FER in  dette  aree,  in  contrasto  con  i\nprincipi  dettati  dalle  linee  guida,  che   pure   vengono   dalla\ndisposizione  in   questione   richiamati,   in   base   alle   quali\nL\u0027individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non  idonei   non   deve\nconfigurarsi  come  divieto  preliminare»   all\u0027installazione   degli\nimpianti (motivo II.2); \n      violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1,  7  e  8\ndel  decreto  legislativo  n.  199/2021,  dell\u0027art.  12  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003, delle linee  guida  e  del  principio  della\nmassima diffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo\nn. 42/2004 e dell\u0027art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione: nel\nprevedere che «Sono considerate non idonee le superfici e le aree che\nsono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela  ai  sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del  decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004,  n.  42»,  il  decreto  si  porrebbe  in\ncontrasto con la normativa europea e nazionale,  nonche\u0027  con  quella\nprevista per i beni soggetti  a  tutela  paesaggistica  e  culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e  del  tutto  irragionevole,  in\nquanto  di  fatto  inibirebbe  in  tutte   le   aree   vincolate   la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere  da  qualsiasi  specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica  in\nordine   alla   sussistenza   di   una   effettiva   incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento  con  la  tutela   paesaggistica   o   culturale   da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la  previsione  secondo  cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee  le  superfici  e  le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti  a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti  a  tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela,  fino\na un massimo di 7 chilometri», in  quanto  assegnerebbe  poteri  alle\nRegioni  in  contrasto  con  la  competenza  statale  in  materia  di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela  in\ntutto il territorio nazionale (motivo II.3); \n      violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1,  decreto\nlegislativo n.  100/2021:  nell\u0027individuare,  come  aree  in  cui  e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na  terra,  le  aree  agricole  per  le  quali  vige  il  divieto   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a  terra  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021,  il\ndecreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe  contemplato  la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il decreto ministeriale non\navrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato  comma\n1-bis (motivo III.1)»; \n      manifesta   irragionevolezza -   violazione   della   Direttiva\n2009/28/CE,   della   Direttiva   2001/77/CE   e   della    Direttiva\n2018/2001/UE: la delega di cui all\u0027art. 1,  comma  2,  lett.  d)  del\ndecreto ministeriale impugnato sarebbe assolutamente irragionevole ed\nillegittima  anche  in  ragione  del  fatto  che,  nel   vietare   la\ncollocazione di impianti FTV a terra in aree  agricole,  non  precisa\nche da tale divieto sono sottratti tutti gli  impianti  agrivoltaici.\nInvero, sia gli FTV con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno  in\ncomune  la  collocazione  sul  suolo  di  moduli   recanti   pannelli\nfotovoltaici. Tuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe  evidenziato  la\ndifferenza, in quanto nei primi la crescita  della  vegetazione  puo\u0027\nostare con la produzione di energia e quindi e\u0027 oggetto di interventi\nvolti a controllarla o impedirla, mentre, nel caso dell\u0027agrivoltaico,\nl\u0027impianto (sia avanzato che base) sarebbe  strutturato  in  modo  da\nconsentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola ovvero il\npascolo degli animali, di talche\u0027 la  superficie  del  terreno  resta\npermeabile e quindi raggiungibile dal sole e  dalla  pioggia,  dunque\npienamente utilizzabile per le normali  esigenze  della  coltivazione\nagricola. La previsione in esame, non operando alcuna distinzione  in\nmerito,  introdurrebbe  un   divieto   concreto,   indiscriminato   e\ngeneralizzato ad ogni tipo  di  impianto  che  usa  tale  tecnologia,\ninclusi gli agrivoltaici base o avanzati che siano (motivo III.2). \n    4. Per l\u0027ipotesi in  cui  non  sia  possibile  un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente  orientata  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo   n.   199/2021,    la    ricorrente    ha    prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della  disposizione  per  i  seguenti\nprofili: \n      violazione e falsa applicazione dell\u0027art.  77,  comma  secondo,\ndella Costituzione: dalla disamina del  «Preambolo»  al decreto-legge\nagricoltura si evincerebbe che l\u0027iniziativa  governativa  da  cui  ha\npreso le mosse l\u0027approvazione dell\u0027art. 5, comma  1,  del  menzionato\ndecreto-legge, che  ha  introdotto  la  norma  contestata,  e\u0027  stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia,  non  sarebbe  sussistente,  in\nquanto nel territorio italiano la Superficie Agricola Totale (SAT) e\u0027\npari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie Agricola Utilizzata\n(SAU) e\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di  ettari\ndi terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono  stati\ninstallati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo\nil GSE, 9,2 GW sono  impianti  FTV  a  terra  che  utilizzano  16.400\nettari, che equivalgono solo  allo  0,05%  del  territorio  nazionale\noppure allo 0,13% della SAU. Installare gli 84 GW  di  cui  al  Piano\nelettrico  2030/REPowerEU  richiederebbe  fino  a  70.000  ettari   -\nconsiderando l\u0027ipotesi piu\u0027 estensiva secondo cui l\u0027intero  obiettivo\nfosse  perseguito  mediante  l\u0027utilizzo  della  sola  tecnologia  che\nutilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e senza  considerare\nla quota installabile su edifici -  che  equivalgono  allo  0,2%  del\nterritorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si tratterebbe di una\nporzione marginale di suoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni\ndi ettari di terreni agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari\ndi SAU. Sarebbero stati, pertanto, in origine carenti i requisiti  di\nnecessita\u0027 e urgenza  di  cui  all\u0027art.  77  della  Costituzione  che\navrebbero giustificato il ricorso allo  strumento  eccezionale  della\ndecretazione d\u0027urgenza (motivo IV); \n      violazione e falsa applicazione degli artt. 117, commi primo  e\nterzo,  della  Costituzione,  in  relazione,  rispettivamente,   alla\nDirettiva (UE) 2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio\ndell\u002711 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell\u0027uso  dell\u0027energia  da\nfonti rinnovabili e all\u0027art. 12 del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n.  387  (attuazione  della  Direttiva  2001/77/CE):  la  norma\ncontestata, nel  prevedere  il  divieto  di  installazione  di  nuovi\nimpianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto  di  aumentare\nl\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe  in\ncontrasto con i vincoli  derivanti  dall\u0027ordinamento  europeo  e,  in\nparticolare, con l\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli\nimpianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla  direttiva\n2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della\nquale e\u0027 stato emanato il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto\naltro profilo, la norma si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi\ngenerali dettati in materia  dallo  stesso  Legislatore  statale,  in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con  l\u0027art.  12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  linee  guida  del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali\nle zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non\npossono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio.  Per  contro,  una  norma  che\nintroduce un divieto generalizzato  a  realizzare  una  tipologia  di\nimpianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da  una\nprevia indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche\nqualita\u0027 del sito agricolo ovvero alle  colture  ivi  condotte  -  si\nporrebbe in conflitto con i summenzionati  principi  fondamentali  di\ncui all\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione ed all\u0027art.  12,  comma\n7, del  decreto  legislativo  n.  387/2003,  attuativi  di  direttive\ndell\u0027Unione europea e che  riflettono  anche  impegni  internazionali\nvolti a favorire l\u0027energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo V); \n      violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 della  Costituzione\n- violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 15 della  Direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  -\nviolazione del principio di proporzionalita\u0027 -  violazione  dell\u0027art.\n11 del TFUE-violazione dell\u0027art. 41 della Costituzione: la scelta  di\nintrodurre un generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti\nFTV  con  moduli  a  terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come\n«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la\ndiffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo  da  incidere   sugli\nobiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti. Sul  punto,  l\u0027art.  15\ndella direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati membri  prendono  in\nparticolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme  in\nmateria di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio  \"proporzionato»  della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il  principio  di\nintegrazione delle tutele riconosciuto, sia a livello  europeo  (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del  2006,  sia  pure  con  una  formulazione  ellittica  che  lo\nsottintende)  -  in  virtu\u0027  del  quale   le   esigenze   di   tutela\ndell\u0027ambiente   devono   essere   integrate   nella   definizione   e\nnell\u0027attuazione  delle  altre  pertinenti  politiche  pubbliche,   in\nparticolare al fine di promuovere  lo  sviluppo  sostenibile.  Se  il\nprincipio di proporzionalita\u0027 rappresenta il  criterio  alla  stregua\ndel quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori\ncostituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo  razionale,  il\nprincipio di integrazione costituisce  la  direttiva  di  metodo.  La\ntutela dell\u0027ambiente e del paesaggio (nello specifico dell\u0027ambiente e\ndel contesto agricolo)  non  potrebbero  essere  visti  quali  valori\ncontrapposti rispetto alla diffusione delle  fonti  rinnovabili,  sia\nsotto il profilo della tutela dell\u0027ambiente che  sotto  quello  della\ntutela dell\u0027iniziativa economica privata.  Lo  stesso  art.  9  della\nCostituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere\nperseguita  «anche  nell\u0027interesse  delle  future  generazioni».   Al\ncontrario, la disposizione in esame  muoverebbe  dall\u0027assunto  di  un\naprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e  la\nautorizzazione di impianti per  la  produzione  di  energia  mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se  le  descritte\nfinalita\u0027  non  fossero   tra   loro   contemperabili   mediante   la\nintroduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per\ncaso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che\nutilizzano  la  tecnologia  fotovoltaica   a   terra   (inclusi   gli\nagrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo VI). \n    5.  L\u0027Associazione  Elettricita\u0027   futura   e\u0027   intervenuta   ad\nadiuvandum, argomentando a sostegno  delle  censure  formulate  dalla\nparte ricorrente avverso il decreto ministeriale. \n    6. Si e\u0027 costituita la Regione Sardegna, rilevando in primo luogo\nla carenza di  un  interesse  concreto  e  attuale  alla  base  della\ndoglianza circa la genericita\u0027 dei criteri  di  individuazione  delle\naree, non essendovi certezza che l\u0027esercizio da parte  delle  regioni\ndella suddetta delega porra\u0027 effettivamente «nel nulla» gli  impianti\nper   i    quali    la    Societa\u0027    ha    gia\u0027    avviato    l\u0027iter\nprogettuale/realizzativo. \n    7. I parametri declinati dall\u0027art. 7 del decreto, in  ogni  caso,\nnon sarebbero affatto generici, ma soprattutto  sarebbero  funzionali\nperseguimento del vero obiettivo sotteso al  medesimo  decreto  e  al\npresupposto decreto legislativo N. 199/2021, ossia l\u0027attuazione delle\ndirettive dell\u0027Unione Europea  che  impongono  il  raggiungimento  da\nparte dell\u0027Italia di una determinata soglia di produzione di  energia\nda fonti rinnovabili. Ciascuna regione,  infatti,  si  deve  attenere\nalla  «traiettoria  di  conseguimento   dell\u0027obiettivo   di   potenza\ncomplessiva da  traguardare  al  2030»  (art.  2,  comma  1,  decreto\nministeriale) di cui alla Tabella A del decreto ministeriale cosi\u0027 da\ngarantire  la  primaria  esigenza   del   rispetto   degli   obblighi\neurounionali. Assicurato tale obiettivo, sarebbe piu\u0027  che  legittimo\nche le stesse regioni dispongano di ampia autonomia  nella  mappatura\ndelle aree idonee e non idonee, a  tutela  degli  interessi  pubblici\nafferenti, in particolare, alla tutela dell\u0027ambiente e del paesaggio,\nall\u0027utilizzo del territorio e all\u0027agricoltura. \n    8. Infondata sarebbe anche la censura con la  quale  si  sostiene\nche il decreto non dovrebbe  occuparsi  delle  aree  non  idonee,  in\nquanto il decreto legislativo n. 199/2021  prevede  che  con  decreto\nministeriale debbano essere «stabiliti principi  e  criteri  omogenei\nper l\u0027individuazione delle  superfici  e  delle  aree  idonee  e  non\nidonee». \n    9. Per cio\u0027 che attiene invece alla fonte con la quale le regioni\nopereranno tale «mappatura», il fatto che l\u0027individuazione con  legge\ne\u0027 prevista esplicitamente solo per le aree idonee (art. 20, comma 4,\ndecreto legislativo n. 199/2021) non significherebbe  necessariamente\nche con legge  non  possano  essere  identificate  anche  quelle  non\nidonee. \n    10. In ordine invece all\u0027asserita violazione da parte del decreto\nministeriale del principio di massima diffusione degli impianti  FER,\nil decreto definirebbe il percorso da seguire  per  il  conseguimento\ndell\u0027obiettivo imposto dall\u0027Unione europea di produzione  di  energia\nda   fonti   rinnovabili.   Risulterebbe,   pertanto,   correttamente\nbilanciata l\u0027ulteriore, ma non recessiva, esigenza di tutela dei beni\nculturali e paesaggistici come enucleata dal comma 3 dell\u0027art. 7  del\ndecreto  ministeriale,  che  fissa  i  criteri  concernenti  la   non\nidoneita\u0027 proprio delle aree di interesse culturale e  paesaggistico;\ncio\u0027 in linea con la delega  concessa  dall\u0027art.  20,  comma  3,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 (secondo il quale occorre tener conto\nanche  delle  esigenze  di  6  tutela  del  patrimonio  culturale   e\npaesaggistico e delle aree agricole e forestali). \n    11. Con memoria depositata il 30 dicembre 2024 la  ricorrente  ha\nevidenziato come la legge della Regione Autonoma  della  Sardegna  n.\n20/2024  integri  la  «plastica»  dimostrazione  del  fatto  che   la\ndisciplina delineata dal decreto ministeriale, laddove  detta  regole\ngeneriche ovvero che deviano  dal  tenore  della  delega  di  cui  al\ndecreto  legislativo  n.  199/2021.  La  Sardegna,  infatti,  avrebbe\nclassificato la quasi totalita\u0027 del proprio territorio come «area non\nidonea»  all\u0027installazione  di  impianti  FER,  includendo  in   tale\nclassificazione anche le aree che risultavano essere idonee ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021.  Inoltre,\nla dedotta illegittimita\u0027 della mancanza  di  un  regime  transitorio\ndettato dal decreto ministeriale impugnato  avrebbe  consentito  alla\nRegione Sardegna di prevedere che  il  divieto  di  realizzazione  si\napplica anche agli impianti e  gli  accumuli  FER  la  cui  procedura\nautorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale  o\nstatale, e\u0027 in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della presente\nlegge, nonche\u0027 l\u0027inefficacia dei  provvedimenti  autorizzatori  e  di\ntutti i titoli abilitativi comunque denominati gia\u0027  emanati,  aventi\nad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee. I disegni di\nlegge in  discussione  in  altre  Regioni  andrebbero,  peraltro,  in\nanaloga direzione. \n    12. Con apposita produzione documentale in data 23 dicembre  2024\nla ricorrente ha specificamente dedotto in ordine all\u0027impatto che  la\nlegge della Regione Autonoma della Sardegna n.  20/2024  produce  sui\nprogetti indicati al punto 2 della presente ordinanza,  evidenziando,\nin particolare, che le iniziative «Benetutti», «Carbonia-Iglesias»  e\n«Prangili», risulterebbero situati in tutto o in parte  in  area  non\nidonea.  Ne  conseguirebbe,  nonostante  le  gia\u0027  avviate  procedure\namministrative  per  la   valutazione   di   impatto   ambientale   e\nl\u0027autorizzazione dei  progetti,  la  preclusione  al  loro  ulteriore\nsviluppo, in mancanza di criteri di salvezza delle iniziative gia\u0027 in\ncorso e tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta legge,  «E\u0027\nvietata la realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive\naree non idonee». \n    13. All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la  causa  e\u0027  stata\ntrattenuta in decisione. \n    14. Il Collegio reputa necessario sospendere il presente giudizio\nonde suscitare il controllo incidentale  di  costituzionalita\u0027  sulle\nquestioni indicate nel prosieguo. \n    15. Preliminarmente, e\u0027 tuttavia opportuno chiarire i termini  in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art.  20,  comma  1,  decreto  legislativo  n.  199/2021,  il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione di impianti  FER.  Tale\nesigenza, invero, risulta intrinsecamente  correlata  con  il  tenore\ndelle censure ricorsuali, in particolare  quelle  articolate  con  il\nsecondo motivo di ricorso, con le quali, come esposto  in  narrativa,\nla societa\u0027 ricorrente ha in sostanza contestato: \n      l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della  disciplina  posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n      la  configurazione   delle   aree   non   idonee   quali   aree\nincompatibili  e,   quindi,   sostanzialmente   preclusive   rispetto\nall\u0027installazione di impianti FER; \n      la genericita\u0027 dei criteri posti  dal  decreto  ministeriale  a\nfini di indirizzo della successiva attivita\u0027 regionale; \n      l\u0027abnorme estensione del perimetro di possibile  individuazione\ndelle aree non idonee; \n      l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge  regionale,  e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale; \n      la mancanza di una disciplina di salvaguardia per le iniziative\ngia\u0027 avviate. \n    16. Il presupposto comune alle censure e\u0027 che, avendo il  gravato\ndecreto  ministeriale  qualificato  le  aree  non  idonee  come  aree\nincompatibili con l\u0027installazione di impianti  FER,  il  concetto  di\n«area non idonea» sarebbe stato completamente  stravolto  rispetto  a\nquello operante nel regime previgente (i.e.,  a  quello  delle  linee\nguida). In  particolare,  prima  dell\u0027adozione  del  gravato  decreto\nministeriale la conseguenza correlata al carattere di  non  idoneita\u0027\ndi un\u0027area era circoscritta al fatto che il soggetto  proponente  non\npotesse  accedere   alla   accelerazione   procedimentale   dell\u0027iter\nautorizzativo   propedeutico   alla   realizzazione   ed    esercizio\ndell\u0027impianto FER - accelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel\ncaso di localizzazione dell\u0027impianto in area idonea -. Per  converso,\nnessuna preclusione, aprioristica e assoluta, alla  realizzazione  di\ntali impianti risultava discendere dalla loro localizzazione in  aree\nnon  idonee.  Orbene,  secondo  la  prospettazione   della   societa\u0027\nricorrente, siccome con l\u0027adozione del gravato  decreto  ministeriale\nle amministrazioni resistenti avrebbero introdotto una preclusione di\ntal guisa, lo stesso risulterebbe illegittimo. \n    17. Il Collegio ritiene che  la  tesi  sostenuta  dalla  societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni  di  diritto  di\nseguito esposte. \n    18. Come noto, l\u0027art. 12  del  decreto  legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la  razionalizzazione  e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A  tal  fine,  l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto  legislativo  n.  387/2003  ha  inter  alia\nprevisto che \"In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con  il  Ministro  dell\u0027ambiente  e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le  attivita\u0027\nculturali, si  approvano  le  linee  guida  per  lo  svolgimento  del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura  di  autorizzazione\nunica, n.d.r.]. Tali linee  guida  sono  volte,  in  particolare,  ad\nassicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,  con  specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione  di  tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree  e\nsiti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di\nimpianti». \n    19. Le linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10,  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse  e\u0027  stato\nstabilito che: \n      paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter  di  autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati  da  fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee\nguida, le Regioni e  le  Province  autonome  possono  procedere  alla\nindicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di\nspecifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita\u0027  di  cui  al\npresente punto e sulla  base  dei  criteri  di  cui  all\u0027allegato  3.\nL\u0027individuazione della  non  idoneita\u0027  dell\u0027area  e\u0027  operata  dalle\nRegioni attraverso  un\u0027apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con\nl\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede  di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da  richiamare  nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in  relazione  a  ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie\ne/o dimensioni di impianti,  la  descrizione  delle  incompatibilita\u0027\nriscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle\ndisposizioni  esaminate  [...].  Le  aree  non  idonee   sono   [...]\nindividuate dalle Regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui  sono  definite  le  misure  e  gli   interventi   necessari   al\nraggiungimento  degli  obiettivi  di  burden   sharing   fissati   in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione  individua\nle aree  non  idonee  tenendo  conto  di  quanto  eventualmente  gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in  congruenza  con  lo  specifico\nobiettivo assegnatole»; \n      allegato 3: «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei\nmira non gia\u0027 a rallentare la realizzazione degli impianti, bensi\u0027 ad\noffrire agli operatori un quadro certo  e  chiaro  di  riferimento  e\norientamento per la  localizzazione  dei  progetti.  L\u0027individuazione\ndelle aree non idonee dovra\u0027  essere  effettuata  dalle  Regioni  con\npropri  provvedimenti  tenendo  conto  dei  pertinenti  strumenti  di\npianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,  secondo  le\nmodalita\u0027 indicate al paragrafo 17», nonche\u0027 sulla base di principi e\ncriteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei quali, tra\nl\u0027altro: «a) l\u0027individuazione  delle  aree  non  idonee  deve  essere\nbasata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad  aspetti\ndi   tutela   dell\u0027ambiente,   del   paesaggio   e   del   patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle  caratteristiche  intrinseche  del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle  diverse\nfonti rinnovabili  e  alle  diverse  taglie  di  impianto;  [...]  d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela   dell\u0027ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed  affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nRegioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027Impatto  Ambientale  nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei  non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto  di\naccelerazione e  semplificazione  dell\u0027iter  di  autorizzazione  alla\ncostruzione  e  all\u0027esercizio,  anche  in  termini  di   opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche  caratteristiche  e  vocazioni\ndel territorio». \n    20. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art.  12,  comma  10,\ndel decreto  legislativo  n.  387/2003,  come  risulta  dai  pacifici\norientamenti pretori formatisi  in  seno  alla  giurisprudenza  della\nCorte costituzionale, le linee  guida  sono  «poste  a  completamento\ndella normativa primaria «in settori squisitamente tecnici» (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n.  286  e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018)  e  connotate  dal  carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina «uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69  del\n2018)» (sentenza n. 106 del 2020; nello  stesso  senso,  sentenze  n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)»  (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    21. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha  chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto  legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha  inteso  superare  il  sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla\npromozione  dell\u0027energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal  conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10  settembre  2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e  i  criteri  di  individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni,  pertanto,  sono  ora  chiamate  a\nindividuare le aree «idonee» all\u0027installazione degli impianti,  sulla\nscorta dei principi e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del  citato  art.  20  [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non  piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la  disciplina  precedente  in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 «con legge» regionale,  secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello  stesso  art.  20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n    22.  Sulla  scorta  di  quanto  chiarito   ed   affermato   negli\norientamenti  giurisprudenziali  teste\u0027  richiamati,   discende   che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che  ha  interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic  et\nsimpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e  meccanica,  i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale  in  relazione\nal pregresso assetto normativo e  regolatorio.  Infatti,  laddove  si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che  e\u0027,  poi,  quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si  finirebbe\nper obliterare indebitamente il  vigente  contesto  normativo,  avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito,  l\u0027art.\n20, comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  espressamente\ndispone che sia il MASE, di  concerto  con  il  MIC  e  il  MASAF,  a\nstabilire con decreto i principi e  i  criteri  omogenei  strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n    23. Invero, proprio sulla  scorta  delle  scelte  compiute  dalle\namministrazioni  resistenti  con  l\u0027adozione  del   gravato   decreto\nministeriale, e  condivise  con  gli  enti  territoriali  tramite  lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,\ncontrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa\u0027  ricorrente,  nel\ncomplessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita\u0027,  la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n    24.  Infatti,  l\u0027art.  1,  comma  2,  lett.   b),   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree  non\nidonee» come «aree e siti le cui caratteristiche  sono  incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di  impianti  secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10\nsettembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n    25. A dispetto di quanto asserito  dalla  societa\u0027  ricorrente  -\nsecondo la  quale  la  definizione  di  area  non  idonea  come  area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un  divieto  assoluto\nalla installazione  di  impianti  FER  -  occorre  ricordare  che  il\nparagrafo 17 delle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione  delle  aree  non  idonee  dovesse  avvenire\nprendendo  in  considerazione  gli  «obiettivi  di   protezione   non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti». \n    26.  Emerge,  quindi,   come   gia\u0027   nel   contesto   previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non  idonee  si\ncaratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il\nsoddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita\u0027,  quale  tratto\ncaratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n    27.  L\u0027analisi  diacronica  sinteticamente  svolta  consente   di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee»  contenuta  nell\u0027art.  1,  comma  2,\nlett. b), del gravato decreto ministeriale non possiede un  carattere\ninnovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad effectum,  la\nportata del concetto di «area non idonea»,  per  come  declinato  dal\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a quella scaturente\ndalle Linee guida. \n    28. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita  anche  il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lett. b),  del  gravato  decreto\nministeriale  declini  la  dichiarata  incompatibilita\u0027  «secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  Linee\nguida».  Ordunque,  benche\u0027  l\u0027ordito  normativo,  con  il   previsto\naggiornamento delle Linee guida «A  seguito  dell\u0027entrata  in  vigore\ndella  disciplina  statale  e  regionale  per   l\u0027individuazione   di\nsuperfici e aree idonee ai  sensi  dell\u0027art.  20»,  presenti  indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto  chiaro  il  ruolo\nche le medesime Linee Guida sono  ad  oggi  chiamate  a  svolgere  in\nsubiecta materia,  e\u0027  preferibile  ritenere  che  il  richiamo  alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle Linee Guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto  al\nnuovo  regime,  delle  acquisizioni,  in  termini  di  significato  e\ndeclinazione delle aree non idonee,  gia\u0027  raggiunte  nel  previgente\nassetto normativo in  applicazione  delle  previsioni  dettate  dalle\nLinee guida. \n    29. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione  conservativa  di\ncui all\u0027art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche\nagli  atti  amministrativi,  come   chiarito   dalla   giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4\nsettembre  2020  e  riferimenti  ivi  citati)  -.  Infatti,  mediante\nl\u0027impiego di  tale  legittimo  criterio  interpretativo,  nel  nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da  vizi  di  legittimita\u0027  (ut  res  magis  valeat  quam\npereat),  risultando  cio\u0027  confacente,  peraltro,  ai  principi   di\neconomicita\u0027  ed  efficacia  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa   sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n    30. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le  Regioni\nprovvedono con legge  alla  individuazione  (anche)  delle  aree  non\nidonee  -  e  non  piu\u0027  nell\u0027ambito  di  un  apposito   procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee Guida - e\u0027  del  pari  vero\nche, in disparte gli eventuali  profili  di  illegittimita\u0027  di  tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che  faccia  ritenere  che  a\ntale cambiamento  sia  correlata  la  conseguenza  prospettata  dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n    31. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da\nalcuna radicale  trasfigurazione  del  significato  che  il  concetto\ngiuridico  di   «aree   non   idonee»   esprime   nell\u0027ambito   della\npianificazione del  territorio  necessaria  al  raggiungimento  degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n    32. Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione  sin  qui  proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza  costituzionale  che  ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la «massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del  2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n.  216  e  n.  77  del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del  2018,  n.  13  del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento di ridurre le emissioni di\ngas ad effetto serra\u0027 (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso  senso,\nsentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del\n2012), onde contrastare il  riscaldamento  globale  e  i  cambiamenti\nclimatici (sentenza n. 77 del 2022)» (Corte costituzionale,  sentenza\nn. 27/2023). \n    33. Va, quindi, radicalmente escluso che  le  «aree  non  idonee»\npossano  essere  considerate   aree   del   tutto   interdette   alla\ninstallazione di impianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe\nessere  seriamente  pregiudicato  il  conseguimento  degli  obiettivi\nenergetici strumentali al rispetto degli impegni assunti  dall\u0027Italia\na livello sovranazionale  -  tenuto  anche  conto  della  particolare\nampiezza dei margini di manovra consentiti alle Regioni  dal  decreto\nministeriale impugnato. \n    34. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lett.  b),\ndel gravato decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  al  quale  il\nCollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere  di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la  realizzazione  di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come  l\u0027individuazione  con\nlegge  regionale  delle  aree  non  idonee   non   esclude   che   le\namministrazioni,    nell\u0027ambito    degli    specifici    procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze  di  autorizzazione  alla\nrealizzazione  di  impianti  FER,  siano  necessariamente  tenute  ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi  tutela  ambientale,   paesaggistico-territoriale   e   dei   beni\nculturali,  anche  laddove  l\u0027area  interessata  rientri  tra  quelle\nclassificate come non idonee. \n    35. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione  del\nconcetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal  decreto\nministeriale, e\u0027 palesemente smentita dal  tenore  dispositivo  della\nlegge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024. \n    36. La predetta legge prevede, infatti, che: \n      «E\u0027 vietata la realizzazione  degli  impianti  ricadenti  nelle\nrispettive aree non idonee cosi\u0027 come individuate dagli  allegati  A,\nB, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica\nanche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa\ne di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e\u0027 in\ncorso al momento dell\u0027entrata in vigore  della  presente  legge.  Non\npuo\u0027 essere dato  corso  alle  istanze  di  autorizzazione  che,  pur\npresentate  prima  dell\u0027entrata  in  vigore  della  presente   legge,\nrisultino in contrasto con essa e ne  pregiudichino  l\u0027attuazione.  I\nprovvedimenti autorizzatori e tutti  i  titoli  abilitativi  comunque\ndenominati gia\u0027 emanati, aventi ad  oggetto  gli  impianti  ricadenti\nnelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5); \n      «Qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso\nsia nelle aree definite idonee, di cui all\u0027allegato F, sia nelle aree\ndefinite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il\ncriterio di non idoneita\u0027. Nei casi di  cui  al  precedente  periodo,\nlimitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di accumulo,\nqualora   i   relativi   progetti    di    realizzazione    prevedano\nl\u0027installazione  presso  aree  rientranti  nelle  zone   urbanistiche\nomogenee D e G, di cui al decreto dell\u0027Assessore regionale degli enti\nlocali,  finanze  e  urbanistica,  20  dicembre   1983,   n.   2266/U\n(Disciplina dei limiti e dei rapporti  relativi  alla  formazione  di\nnuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei\ncomuni della Sardegna), non si applicano le fasce di  tutela  di  cui\nalle lettere s), x), w) e bb) dell\u0027allegato A qualora l\u0027area  oggetto\ndel rispettivo  intervento  sia  infrastrutturata  e  urbanizzata  in\nmisura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente  ai  casi  di\ncui al precedente periodo, qualora l\u0027area non sia infrastrutturata  e\nurbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce  di  tutela\ndi cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per  cento.  Qualora\nun progetto di  impianto  FER,  ivi  inclusi  gli  accumuli  ad  essi\nconnessi, sia  finalizzato  all\u0027autoconsumo  o  al  servizio  di  una\ncomunita\u0027 energetica e ricade in  una  delle  condizioni  di  cui  ai\nprecedenti periodi, prevale il criterio di idoneita\u0027» (art. 1,  comma\n7); \n      «Al fine di agevolare  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di\ntransizione energetica, di promozione delle fonti  rinnovabili  e  di\ncontenimento dei costi energetici  nel  rispetto  delle  peculiarita\u0027\nstorico-culturali,  paesaggistico-ambientali   e   delle   produzioni\nagricole, i comuni hanno facolta\u0027 di proporre un\u0027istanza propedeutica\nalla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di\nun\u0027area individuata come non idonea ai sensi  della  presente  legge.\nL\u0027istanza e\u0027  finalizzata  al  raggiungimento  di  un\u0027intesa  con  la\nRegione. Qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente\nin un\u0027area mineraria dismessa  di  proprieta\u0027  regionale  o  di  enti\ninteramente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima e\u0027  trasferita\nin proprieta\u0027 ai comuni che ne  facciano  richiesta  ai  sensi  della\nlegge  regionale  5  dicembre  1995,  n.  35  (Alienazione  dei  beni\npatrimoniali)» (art. 3). \n    37. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che: \n      le aree non idonee costituiscono vere e  proprie  aree  vietate\nalla realizzazione degli impianti FER. Oltre che  dal  chiaro  tenore\nletterale  dell\u0027art.  1,  comma  5,  cio\u0027  si  desume   anche   dalla\nprevisione, all\u0027art. 3, di una speciale  procedura  da  attivarsi  su\nchiesta dei comuni per la realizzazione di  interventi  in  aree  non\nidonee,  peraltro  particolarmente  rigoroso  nella  misura  in   cui\nrichiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti  i  soggetti\ninteressati; \n      la  disciplina  non  soltanto  non  prevede  una  clausola   di\nsalvaguardia per le iniziative  in  corso,  ma  addirittura  sancisce\nl\u0027inefficacia  dei   provvedimenti   autorizzatori   e   dei   titoli\nabilitativi gia\u0027 emanati in caso di impianti ricadenti  in  aree  non\nidonee in base alla legge. D\u0027altra parte,  cio\u0027  costituisce  l\u0027ovvio\nrisvolto  di  quanto  previsto  dall\u0027art.  1,  comma  2,  laddove  si\nstabilisce  che  «La  presente  legge  di  governo  del   territorio,\nurbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico,  si  applica  a\ntutto il  territorio  della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una  modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi», onde  e\u0027  chiaro  che  l\u0027unico\nlimite  all\u0027operativita\u0027  delle  nuove  previsioni  e\u0027  l\u0027intervenuta\nmodifica irreversibile dello stato dei luoghi,  come  anche  chiarito\ndal successivo comma 5; \n      la legge prevede, altresi\u0027, un principio di assoluta prevalenza\ndel criterio della non idoneita\u0027 su quello dell\u0027idoneita\u0027 in caso  di\nprogetti in  zone  promiscue,  salve  le  limitate  deroghe  previste\ndall\u0027art. 1, comma 7. \n    38.  La  suindicata  disciplina  solleva  consistenti  dubbi   di\ncompatibilita\u0027  con  i   canoni   costituzionali,   con   particolare\nriferimento agli artt. 3, 9, 11,  41,  97,  117  della  Costituzione,\nnonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli artt.\n3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    39. Occorre aggiungere che la  ricorrente  ha  anche  addotto  di\navere in corso di sviluppo un progetto agrivoltaico non avanzato  per\nil quale non sono state ancora avviate le pratiche  autorizzatorie  e\nabilitative  e  che  risulta,  pertanto,  inciso   dalle   previsioni\ndell\u0027art. 5 del decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. \n    40. Tale norma ha introdotto  il  comma  1-bis  all\u0027art.  20  del\ndecreto  legislativo   n.   199/2021,   il   quale   stabilisce   che\n«L\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti,\ne\u0027 consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a),\nlimitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento,\npotenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti   gia\u0027\ninstallati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,\nnonche\u0027  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8\ndel presente art.. Il primo  periodo  non  si  applica  nel  caso  di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027  energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  presente  decreto  nonche\u0027  in\ncaso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del\nPiano  nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),  approvato  con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del  Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    41. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non  si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,\nnecessarie  all\u0027ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n    42. Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1,  comma  2,  che  le\nRegioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le  «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n. 199». \n    43.  Tale  previsione   costituisce   senz\u0027altro   strumento   di\nattuazione, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, della norma\nprimaria. Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree\nagricole  in  cui   e\u0027   consentita   l\u0027installazione   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra  facendo  riferimento  alla\nclassificazione delle aree idonee  come  prevista  dal  comma  8  del\nmedesimo art. 20 nelle more dell\u0027adozione della disciplina di cui  al\ncomma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce  che  il\ndivieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027  legislativa  regionale:  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore\ndel decreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma  2,  e,  quindi,  anche\nquelle in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra. \n    44.  Il  decreto  impugnato  costituisce   anche   l\u0027unico   atto\namministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del\ndivieto, atteso che: \n      esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n      secondo quanto previsto  dal  decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n      le  aree  cosi\u0027  individuate  non   sono   «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    45. La ricorrente ha contestato che la  disciplina  rimessa  alla\ndeterminazione ministeriale  concernente  l\u0027adozione  di  principi  e\ncriteri omogenei per l\u0027individuazione delle superfici  e  delle  aree\nidonee e non idonee consentisse anche l\u0027individuazione  di  aree  «in\ncui e\u0027 vietata» la installazione di impianti fotovoltaici a terra. \n    46.  Tuttavia,   occorre   ritenere   che   per   effetto   della\nsopravvenienza  normativa  costituita  dal   disposto   dell\u0027art.   5\ndel decreto-legge n. 63/2024, il decreto di cui al comma 1  dell\u0027art.\n20 del  decreto  legislativo  n.  199/2021  non  avrebbe  potuto  che\nprendere atto dei divieti cosi\u0027  introdotti  e  ribadire,  anche  nel\ncontesto della disciplina da esso posta, le relative preclusioni. Nel\nmomento in cui il legislatore ha inteso vietare ulteriori  interventi\nconcernenti impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra  nelle\naree  classificate  agricole,  tale  rinnovata  valutazione   si   e\u0027\ninevitabilmente sovrapposta alle previgenti  direttive  normative  in\nmateria di individuazione delle aree idonee, sicche\u0027  ai  fini  della\nrelativa  implementazione  non  era  necessaria  alcuna  espressa   e\nspecifica  delega,  potendone  l\u0027Autorita\u0027  amministrativa   soltanto\nprendere atto. \n    47. Con una seconda censura  la  ricorrente  contesta  l\u0027art.  1,\ncomma 2, lett. d), del decreto nella parte in cui non precisa che  da\ntale  divieto  sono  sottratti  tutti  gli   impianti   agrivoltaici.\nTuttavia, l\u0027ambito di applicazione del divieto posto dall\u0027art. 5  del\ndecreto-legge  n.  63/2024  e\u0027  definito  direttamente  dalla   norma\nprimaria e la relativa  individuazione  appartiene  all\u0027attivita\u0027  di\ninterpretazione degli  enunciati  normativi:  la  mancata,  ulteriore\nspecificazione del medesimo da  parte  di  un  atto  applicativo  non\nintegra, pertanto, sotto alcun profilo un vizio  di  legittimita\u0027  di\nquest\u0027ultimo. \n    48.  Per  l\u0027ipotesi  in  cui  non  sia  possibile   procedere   a\nun\u0027interpretazione  conforme  a  Costituzione,   la   ricorrente   ha\nsollevato talune eccezioni di costituzionalita\u0027 della disciplina.  Il\nCollegio ritiene, al riguardo,  che  un\u0027interpretazione  della  norma\nsatisfattiva dell\u0027interesse di parte ricorrente non sia possibile. \n    49. L\u0027ambito del regime  preclusivo  introdotto  dalla  norma  va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). \n    50. L\u0027oggetto della previsione normativa riguarda  specificamente\nl\u0027installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli  collocati  a\nterra [...] in zone classificate agricole» e si colloca  in  funzione\nservente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola». \n    51. Dalle richiamate coordinate normative  si  ricava,  pertanto,\nche  l\u0027oggetto  del  divieto  riguarda  gli   impianti   fotovoltaici\ncaratterizzati  da  una  ben  determinata   caratteristica   -   i.e.\nl\u0027installazione  dei  moduli  a  terra  -  in  quanto  ritenuta   dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per  l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il  fenomeno  del  consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n    52.  Le  Linee  guida  MITE  del  2022  in  materia  di  impianti\nagrivoltaici individuano come segue i  requisiti  che  tali  impianti\ndebbono  possedere  per  rispondere  alla  finalita\u0027  per  cui   sono\nrealizzati: \n      «Requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato in modo  da\nadottare   una   configurazione   spaziale   ed   opportune    scelte\ntecnologiche,  tali  da  consentire  l\u0027integrazione   fra   attivita\u0027\nagricola  e  produzione  elettrica  e   valorizzare   il   potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n      Requisito B: Il sistema agrivoltaico  e\u0027  esercito,  nel  corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la  produzione  sinergica\ndi energia elettrica e  prodotti  agricoli  e  non  compromettere  la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n      Requisito C: L\u0027impianto agrivoltaico adotta soluzioni integrate\ninnovative con moduli  elevati  da  terra,  volte  a  ottimizzare  le\nprestazioni del sistema agrivoltaico sia in  termini  energetici  che\nagricoli; \n      Requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema di\nmonitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto sulle  colture,  il\nrisparmio idrico, la produttivita\u0027 agricola per le diverse  tipologie\ndi colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027  delle  aziende  agricole\ninteressate; \n      Requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema di\nmonitoraggio che, oltre a rispettare  il  requisito  D,  consenta  di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima,  la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n    53. Le medesime linee guida chiariscono, poi,  che  «Il  rispetto\ndei  requisiti  A,  B  e\u0027  necessario  per   definire   un   impianto\nfotovoltaico realizzato in area  agricola  come  «agrivoltaico».  Per\ntali impianti dovrebbe inoltre previsto  il  rispetto  del  requisito\nD.2», mentre il rispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per\nsoddisfare la definizione di «impianto agrivoltaico avanzato»  e,  in\nconformita\u0027  a  quanto  stabilito  dall\u0027art.  65,  comma  1-quater  e\n1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1,  classificare\nl\u0027impianto come meritevole  dell\u0027accesso  agli  incentivi  statali  a\nvalere sulle tariffe elettriche». \n    54. Dalla classificazione tipologica degli impianti  agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto  per  gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro  soddisfatto  il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027  assumere  una  delle\ndue seguenti configurazioni: \n      «l\u0027altezza minima dei moduli e\u0027 studiata in modo da  consentire\nla continuita\u0027 delle attivita\u0027 agricole (o zootecniche)  anche  sotto\nai moduli fotovoltaici.  Si  configura  una  condizione  nella  quale\nesiste un doppio uso del  suolo,  ed  una  integrazione  massima  tra\nl\u0027impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i  moduli  fotovoltaici\nsvolgono una funzione sinergica alla coltura, che si  puo\u0027  esplicare\nnella  prestazione  di  protezione  della   coltura   (da   eccessivo\nsoleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli  fotovoltaici.  In\nquesta condizione la superficie occupata dalle colture e  quella  del\nsistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che  inibiscono  l\u0027attivita\u0027  in\nzone circoscritte del suolo»; \n      «i moduli fotovoltaici sono  disposti  in  posizione  verticale\n[...].  L\u0027altezza   minima   dei   moduli   da   terra   non   incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di  coltivazione  (se  non  per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027  influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e  cioe\u0027  il  possibile  passaggio\ndegli animali, con  implicazioni  sull\u0027uso  dell\u0027area  per  attivita\u0027\nlegate alla zootecnia.  Per  contro,  l\u0027integrazione  tra  l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare  nella  protezione  della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che  operano  come  barriere\nfrangivento». \n    55. In considerazione del  tenore  letterale  e  della  finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e\u0027 possibile  ritenere  che\nil divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di\ntipo avanzato, in quanto  in  relazione  ai  suddetti  impianti,  non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati  a  terra,  non  si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini  che  la  norma\nintende contrastare. \n    56.  Tale  conclusione  e\u0027  peraltro  confermata   dallo   stesso\norientamento assunto in sede ministeriale nell\u0027interpretazione  della\nnorma censurata (si veda la risposta del  Ministro  dell\u0027agricoltura,\ndella  sovranita\u0027  alimentare  e  delle  foreste   all\u0027interrogazione\nparlamentare n. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato che «Sara\u0027  [...]\npossibile installare pannelli  sospesi,  il  cosiddetto  agrivoltaico\navanzato, sotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine  tutti\ni progetti legati al PNRR» - cfr. il resoconto della  seduta  n.  297\ndel 22 maggio 2024 presso la Camera dei Deputati),  oltre  che  dalle\nattivita\u0027 in corso di implementazione  delle  misure  introdotte  dal\ndecreto impugnato (cfr. il disegno di legge della Regione  Puglia  n.\n222/2024, depositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma  4,  stabilisce\nche «nel caso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica,  nelle  zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n    57. Se puo\u0027 residuare un margine di  incertezza  in  ordine  agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle  lettere\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti  dalla\nlett. d), non sono qualificabili come impianti agrivoltaici avanzati,\nsebbene utilizzino moduli sollevati da  terra,  cio\u0027  che  rileva  in\nquesta sede e\u0027 che parte la ricorrente ha allegato, in ordine  a  uno\ndei progetti cui ha fatto  riferimento  per  corroborare  il  proprio\ninteresse all\u0027impugnativa (progetto «Monreale»), che da un lato  esso\nsoddisfa i solo requisiti di cui alle lettere  A),  B)  e  D.2  delle\nlinee guida e, dall\u0027altro, non rientra nella  norma  di  salvaguardia\nprevista dall\u0027art. 5, comma  2,  del  decreto-legge  n.  63/2024,  in\nquanto per  detto  impianto  non  sono  state  avviate  le  procedure\namministrative di autorizzazione e abilitazione. \n    58. Tipologie di  impianti  come  quelle  di  cui  ai  richiamati\nprogetti rientrano senz\u0027altro nel divieto previsto  dalla  norma.  In\nprimo luogo, infatti, essi si caratterizzano per l\u0027installazione  dei\nmoduli a terra; in secondo luogo, essi in ogni  caso  determinano  il\nconsumo di suolo a  vocazione  agricola,  sia  pure  in  misura  piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel\ncaso degli impianti con  moduli  sollevati  da  terra,  infatti,  «la\nsuperficie occupata dalle colture e quella del  sistema  agrivoltaico\ncoincidono, fatti salvi gli elementi  costruttivi  dell\u0027impianto  che\npoggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027  in  zone  circoscritte\ndel suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n    59. Un\u0027interpretazione diversa, quale quella  volta  a  escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, sfiderebbe, oltre al dato letterale della  norma,  anche  le\nsue  finalita\u0027  e  si  porrebbe  in  inammissibile  contrasto  con  i\ntradizionali e inderogabili criteri di ermeneutica giuridica. \n    60. Al riguardo, non si puo\u0027 fare a meno di osservare che: \n      «la  lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui   deve\narrestarsi  anche  l\u0027interpretazione   costituzionalmente   orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027\nogni  qual  volta   l\u0027opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di  specie,\nnon c\u0027e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di  tipo  tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione  di  pannelli  collocati  a\nterra,  rientrino  nella  previsione  che   vieta,   per   l\u0027appunto,\nl\u0027installazione  di  impianti  «con  moduli   collocati   a   terra»;\n-l\u0027ampiezza del divieto introdotto con l\u0027art. 5 del decreto-legge  n.\n63/2024, che si risolve  nella  preclusione  assoluta  di  realizzare\nimpianti  con  moduli  collocati  a  terra   sull\u0027intero   territorio\nnazionale,  induce  a  ritenere  che   l\u0027obiettivo   perseguito   dal\nlegislatore fosse quello di contrastare la sia pur  minima  riduzione\ndel territorio a vocazione agricola per l\u0027effetto  dell\u0027installazione\ndi impianti fotovoltaici. Un\u0027interpretazione che escludesse tutte  le\ntipologie di impianti agrivoltaici dall\u0027ambito di applicazione  della\nnorma in questione, anche a dispetto di un (pur ridotto)  consumo  di\nsuolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto con tale obiettivo,\nquale  chiaramente   emergente   dai   presupposti   e   dall\u0027oggetto\ndell\u0027enunciato normativo, operazione  che  non  puo\u0027  in  alcun  modo\nritenersi consentita all\u0027interprete. \n    61.  Per  le  ragioni  sopra  indicate   neppure   e\u0027   possibile\ninterpretare l\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n.  63/2024  nel  senso\nche il divieto opererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria\nnel  rispetto  delle  linee  guida.  Una  siffatta   interpretazione,\ninfatti, si risolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans della norma  e,\nin ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art.  5:  l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata  assoluta\ndel divieto che caratterizza che i progetti e le  aree  agricole  non\ncontemplati  quali  eccezioni  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo n.  199/2021.  Occorre  allora  procedere  all\u0027esame  dei\nprofili di rilevanza e non manifesta infondatezza  dei  sopra  citati\nprofili di incostituzionalita\u0027 della  legge  della  Regione  Autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024 e dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n    Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndegli artt. 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli allegati  A,  B,\nC, D ed E della  legge  della  Regione  Autonoma  della  Sardegna  n.\n20/2024 con riferimento agli artt.  3,  9,  41,  11,  97,  117  della\nCostituzione, nonche\u0027  all\u0027art.  10  della  legge  costituzionale  n.\n3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    62. Come gia\u0027 rilevato, per taluni dei progetti  sulla  base  dei\nquali la parte ricorrente ha argomentato il  proprio  interesse  alla\npresente   impugnativa    ve    ne    sono    alcuni    («Benetutti»,\n«Carbonia-Iglesias» e «Prangili») che risultano situati in tutto o in\nparte in area non idonea in base alla nuova  disciplina  regionale  e\nper i quali sono state gia\u0027 avviate le pratiche  per  la  valutazione\nd\u0027impatto ambientale. Sulla base del combinato disposto dell\u0027art.  1,\ncommi  2,  5  e  7,  i  predetti  progetti  non   potrebbero   essere\nulteriormente coltivati, in quanto la finanche parziale  collocazione\nin area  non  idonea  determinata,  ai  sensi  del  citato  comma  7,\nl\u0027applicazione del comma 5, secondo cui «E\u0027 vietata la  realizzazione\ndegli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee». \n    63. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista  dall\u0027art.\n7, comma 2, lett. c), del decreto  impugnato,  laddove  si  limita  a\nconsentire alle regioni la mera «possibilita\u0027 di fare salve  le  aree\nidonee di cui all\u0027art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre\n2021, n. 199 vigente alla data di  entrata  in  vigore  del  presente\ndecreto», rivela tutta la sua  insufficienza,  nonche\u0027  il  contrasto\nfrontale con il criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1,  lett.\na), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai  sensi  della  quale  la\ndisciplina di cui al decreto  ministeriale  avrebbe  dovuto  «prevede\nmisure di salvaguardia delle iniziative  di  sviluppo  in  corso  che\nrisultino coerenti con i criteri  di  localizzazione  degli  impianti\npreesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita\u0027 di fare\nsalve le aree idonee si e\u0027 tradotta, nelle disposizioni regionali  di\nattuazione, nell\u0027assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia  e\naddirittura nell\u0027inefficacia ex lege dei  titoli  gia\u0027  concessi,  la\nviolazione del criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma  1,  lett.\na),  n.  1),  della  legge  n.  53/2021  ha   assunto   una   portata\nimmediatamente lesiva, trattandosi  di  previsione  di  un  «un  atto\ngenerale [che] incide senz\u0027altro  [...]  sui  comportamenti  e  sulle\nscelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17.3.2022, n. 1937). \n    64.  L\u0027eventuale  annullamento  del  decreto  sul  punto  sarebbe\nperaltro, allo stato e in presenza delle  disposizioni  recate  dalla\nlegge regionale n. 20/2024, priva  di  ogni  utilita\u0027  per  la  parte\nricorrente.  Essa,  infatti,  non  potrebbe  comunque   ulteriormente\ncoltivare  i  progetti  sopra  citati,  in   quanto   la   disciplina\nlegislativa  regionale  costituirebbe  a  tal  riguardo  un  ostacolo\nassoluto. \n    65.  Laddove,  invece,   le   disposizioni   menzionate   fossero\ndichiarate costituzionalmente illegittime, l\u0027annullamento del decreto\ndeterminerebbe,  medio  tempore,  l\u0027applicazione   della   disciplina\nprevigente,   che    consentirebbe    la    prosecuzione    dell\u0027iter\nautorizzatorio e, sul piano conformativo, l\u0027obbligo per le  autorita\u0027\nministeriali di predisporre una nuova e piu\u0027 confacente disciplina di\nsalvaguardia per le iniziative in corso. \n    66. Deriva da quanto sopra l\u0027indiscutibile rilevanza, ai fini del\npresente giudizio, delle questioni di  costituzionalita\u0027  di  seguito\nsollevate. \n    Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita\u0027\ncostituzionale degli artt. 1, c. 2, 5, 7 e  8,  e  3,  nonche\u0027  degli\nallegati A, B, C, D ed E della legge  della  Regione  Autonoma  della\nSardegna n. 20/2024 con riferimento agli artt. 3, 9, 11, 41, 97,  117\ndella Costituzione, nonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    67.  La  disciplina  statutaria  assegna  alla  Regione  autonoma\nSardegna  la  competenza  primaria  in   materia   di   «edilizia   e\nurbanistica» (art. 3, lettera f), nonche\u0027  la  correlata  «competenza\npaesaggistica» ai sensi dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente  della\nRepubblica n.  480  del  1975.  L\u0027art.  4,  lettera  e),  prevede  la\ncompetenza  concorrente  nella  materia  «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia elettrica», da  esercitarsi  nel\nlimite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. \n    68. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge  di  governo\ndel territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»\n(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha  ad  oggetto\nprecipuo «l\u0027individuazione di aree e superfici idonee  e  non  idonee\nall\u0027installazione  e  promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia\nrinnovabile (FER)», e\u0027 da  ritenersi  che  afferisca  prevalentemente\nalla competenza statutaria in materia di «produzione e  distribuzione\ndell\u0027energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). \n    69. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse\n-  quella  primaria  di  tutela  del  paesaggio  e  di  edilizia   ed\nurbanistica e quella concorrente in materia di  energia  elettrica  -\ndevono comunque esercitarsi «In  armonia  con  la  Costituzione  e  i\nprincipi dell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto\ndegli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche\u0027\ndelle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della\nRepubblica»,   oltreche\u0027,   per   quanto   riguarda   la   competenza\nconcorrente, nel limite «dei principi  stabiliti  dalle  leggi  dello\nStato», ai sensi dei medesimi artt. 3 e 4 dello Statuto. \n    70. Nel  caso  in  esame,  le  disposizioni  di  cui  alla  legge\nregionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge\nstatale e dalle norme fondamentali di riforma  economico-sociale  che\nsi impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per  l\u0027espressa\nprevisione statutaria. \n    71.  Occorre  al  riguardo  previamente  richiamare   il   quadro\nnormativo unionale. \n    72. L\u0027art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il\nresto  del  mondo  l\u0027Unione  afferma  e  promuove  i  suoi  valori  e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei  suoi  cittadini»  A  tal\nfine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    73. L\u0027art. 6, par. 1,  TUE  precisa  che  «L\u0027Unione  riconosce  i\ndiritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti  nella  Carta  dei  diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il  12\ndicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo  stesso  valore  giuridico  dei\ntrattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato  di\ntutela dell\u0027ambiente e il miglioramento  della  sua  qualita\u0027  devono\nessere   integrati   nelle   politiche   dell\u0027Unione   e    garantiti\nconformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n    74. L\u0027art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che  «Le\nesigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate\nnella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche   e   azioni\ndell\u0027Unione,  in  particolare  nella  prospettiva  di  promuovere  lo\nsviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). \n      75. Secondo  l\u0027art.  191  TFUE,  «La  politica  dell\u0027Unione  in\nmateria ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n      salvaguardia,   tutela   e   miglioramento    della    qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n      protezione della salute umana; \n      utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n      promozione sul  piano  internazionale  di  misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n    2. La politica  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    76. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento  europeo\ne  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa\nordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e\ndel Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono\nessere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi  dell\u0027art.\n191». \n    77. L\u0027art. 194 TFUE stabilisce, a  sua  volta,  che  «Nel  quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e  tenendo\nconto  dell\u0027esigenza  di  preservare  e  migliorare  l\u0027ambiente,   la\npolitica dell\u0027Unione nel  settore  dell\u0027energia  e\u0027  intesa,  in  uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra  Stati  membri,  a  [...]  promuovere  il\nrisparmio  energetico,  l\u0027efficienza  energetica  e  lo  sviluppo  di\nenergie nuove e rinnovabili». \n    78. Protezione dell\u0027ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l\u0027uso  di\nfonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita\u0027  e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea  e  i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al Protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli  altri  impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto  serra.  Cio\u0027,  peraltro,  e\u0027  funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali  (cfr.  le  sentenze\n1.7.2014, C573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n    79. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l\u0027art.  191\nTFUE si limita a  definire  gli  obiettivi  generali  dell\u0027Unione  in\nmateria ambientale, mentre  l\u0027art.  192  TFUE  affida  al  Parlamento\neuropeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il compito di decidere  le\nazioni da avviare al fine del raggiungimento di detti  obiettivi.  Di\nconseguenza, l\u0027art. 191 TFUE non puo\u0027 essere invocato in quanto  tale\ndai privati al fine di  escludere  l\u0027applicazione  di  una  normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 TFUE  assume  rilevanza\nallorquando esso trovi attuazione nel diritto  derivato  (cfr.  CGUE,\nsentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). \n    80. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE  (ora\n192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la Direttiva 2001/77/CE del\nParlamento europeo e del Consiglio del 27.9.2001 e,  successivamente,\ncon la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio\ndel 23 aprile 2009. \n    81. Con la Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella Direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027  stato  considerato,  tra  l\u0027altro,\nche: «[...] \n    (2) Ai  sensi  dell\u0027art.  194,  paragrafo  1,  del  trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027  perseguito  dalla\npresente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all\u0027energia   da   fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici («accordo  di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n    (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia  da  fonti  rinnovabili  puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n    (4) In  particolare,  la  riduzione  del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n    (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo  per\nla promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa\nobiettivi  nazionali  vincolanti  in  termini  di  quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata sostenuta\ndal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014,  le\nquali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri\nobiettivi nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i  contributi\nall\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati  e  andare\noltre. \n    (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014,\n«Un quadro per le politiche dell\u0027energia e  del  clima  all\u0027orizzonte\n2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell\u0027ambito  delle\nenergie  rinnovabili»,  si  e\u0027  spinto  oltre   la   proposta   della\nCommissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando  che,  alla\nluce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle\ntecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto piu\u0027 ambiziosi. \n    [...]. \n    (8) Appare pertanto opportuno stabilire un  obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da  fonti  rinnovabili\npari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe valutare se tale\nobiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce  di  sostanziali\nriduzioni del costo della produzione di  energia  rinnovabile,  degli\nimpegni internazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o\nin caso di un significativo calo del consumo energetico  nell\u0027Unione.\nGli  Stati  membri  dovrebbero  stabilire  il  loro   contributo   al\nconseguimento di tale  obiettivo  nell\u0027ambito  dei  rispettivi  piani\nnazionali integrati per l\u0027energia e  il  clima  in  applicazione  del\nprocesso di governance definito nel regolamento  (UE)  2018/1999  del\nParlamento europeo e del Consiglio. \n    [...]. \n    (10)  Al  fine  di  garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n    (11)  Gli  Stati  membri  dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    82. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il  2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il\n2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli artt. 9 e 31 di tale regolamento». \n    83. Il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30.6.2021, adottato in forza  dell\u0027art.  192  TFUE,  ha\nistituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027 climatica,\nnel  presupposto  che:  \"(1)  La  minaccia  esistenziale  posta   dai\ncambiamenti   climatici   richiede   una   maggiore    ambizione    e\nun\u0027intensificazione dell\u0027azione per il clima da parte  dell\u0027Unione  e\ndegli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027 impegnata a potenziare gli  sforzi\nper  far  fronte  ai  cambiamenti  climatici  e  a  dare   attuazione\nall\u0027accordo di Parigi adottato nell\u0027ambito della  Convenzione  quadro\ndelle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di  Parigi»),\nguidata dai suoi principi e  sulla  base  delle  migliori  conoscenze\nscientifiche disponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine\nrelativo alla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n    [...]. \n    (4) Un obiettivo stabile a  lungo  termine  e\u0027  fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n    [...]. \n    (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri mira a\ntutelare le persone e  il  pianeta,  il  benessere,  la  prosperita\u0027,\nl\u0027economia, la  salute,  i  sistemi  alimentari,  l\u0027integrita\u0027  degli\necosistemi e la biodiversita\u0027  contro  la  minaccia  dei  cambiamenti\nclimatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle Nazioni Unite  per  lo\nsviluppo sostenibile e nel perseguimento degli obiettivi dell\u0027accordo\ndi Parigi; mira inoltre a massimizzare la prosperita\u0027 entro i  limiti\ndel pianeta, incrementare la resilienza e ridurre  la  vulnerabilita\u0027\ndella societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In quest\u0027ottica,  le  azioni\ndell\u0027Unione e  degli  Stati  membri  dovrebbero  essere  guidate  dal\nprincipio  di  precauzione  e  dal  principio  «chi  inquina   paga»,\nistituiti dal  trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea,  e\ndovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza energetica\nal primo posto e del principio  del  «non  nuocere»  del  Green  Deal\neuropeo. \n    [...]. \n    (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di energia\nper il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027 indispensabile\nrealizzare  la  transizione  verso  un  sistema  energetico   sicuro,\nsostenibile e a prezzi accessibili,  basato  sulla  diffusione  delle\nenergie  rinnovabili,  su  un  mercato   interno   dell\u0027energia   ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n    [...]. \n    (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,  un\nequilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra  le  emissioni  antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...]. \n    (25) La transizione verso  la  neutralita\u0027  climatica  presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n    [...] \n    36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri  restino\nsulla buona  strada  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027  opportuno  che\nla Commissione valuti periodicamente i progressi compiuti, sulla base\ndelle informazioni  di  cui  al  presente  regolamento,  comprese  le\ninformazioni presentate e comunicate a  norma  del  regolamento  (UE)\n2018/1999. [...] Nel caso in  cui  i  progressi  collettivi  compiuti\ndagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica\no all\u0027adattamento siano insufficienti o  che  le  misure  dell\u0027Unione\nsiano  incoerenti  con  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  o\ninadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento, rafforzare  la\nresilienza o  ridurre  la  vulnerabilita\u0027,  la  Commissione  dovrebbe\nadottare le misure necessarie conformemente ai trattati. [...] \n    84. Il  Regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi»,\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    85.  Ai  sensi  dell\u0027art.  5  del  Regolamento,  «Le  istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano\nstrategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    86. La Direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  Direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nRegolamento (UE) 2018/1999 e la  Direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: «[...] \n    (2) Le energie rinnovabili svolgono  un  ruolo  fondamentale  nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027 sano  per  tutti  -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo».  La  transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi\u0027   a\nproteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo  di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n    (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione  dell\u0027Ucraina\nda parte della Russia e dagli effetti della pandemia di  COVID-19  ha\nprovocato un\u0027impennata dei prezzi  dell\u0027energia  nell\u0027intera  Unione,\nevidenziando in tal modo la  necessita\u0027  di  accelerare  l\u0027efficienza\nenergetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie  da  fonti  rinnovabili\nnell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a lungo termine di  un\nsistema energetico indipendente dai paesi  terzi,  l\u0027Unione  dovrebbe\nconcentrarsi  sull\u0027accelerazione  della  transizione  verde  e  sulla\ngaranzia di una politica energetica di riduzione delle emissioni  che\nlimiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e che\nfavorisca prezzi equi e accessibili per  i  cittadini  e  le  imprese\ndell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n    (5)  Il  piano  REPowerEU  stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45  %  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n    (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri  possano  combinare\ndiverse  fonti  di  energia  non  fossili  al  fine   di   conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n    [...] \n    (25) Gli  Stati  membri  dovrebbero  sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli artt. 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n    [...]. \n    (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme  di\ntali  aree,  specifiche  zone   terrestri   (comprese   superfici   e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n    (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di  energia\nrinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle  acque  interne  e\nmarine,  come  la  produzione  di  alimenti  o  la  protezione  o  il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n    [...] \n    (36)  In  considerazione  della  necessita\u0027  di   accelerare   la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    87.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la\nDirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    88. Il Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli artt.  192\ne 194  TFUE,  stabilisce  la  necessaria  base  legislativa  per  una\ngovernance  dell\u0027Unione  dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima\naffidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell\u0027Unione\ndell\u0027energia,  in  linea  con  l\u0027accordo  di  Parigi  del  2015   sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,\nattraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte\ndell\u0027Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita\u0027\namministrativa. \n    89. Nel configurare tale  meccanismo  e\u0027  stato  considerato,  in\nparticolare, che: \n      (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire  cinque  dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n      (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione   dell\u0027energia   resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n    [...] \n    (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il 40 %\ndelle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico entro il\n2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente approvato in\noccasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015, quale contributo\nprevisto determinato a livello  nazionale,  dell\u0027Unione  e  dei  suoi\nStati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo  di  Parigi  e\u0027  stato\nratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027 entrato in  vigore\nil 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio adottato nell\u0027ambito  del\nprotocollo di Kyoto del 1997,  che  e\u0027  stato  approvato  dall\u0027Unione\nmediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e che  non  sara\u0027\nprorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno  aggiornare  di  conseguenza  il\nsistema dell\u0027Unione per il  monitoraggio  e  la  comunicazione  delle\nemissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. \n    (8) L\u0027accordo di Parigi ha  innalzato  il  livello  di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali. [...] \n    (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il Consiglio\neuropeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema  di  governance\naffidabile, trasparente, privo di oneri  amministrativi  superflui  e\ncon  una  sufficiente  flessibilita\u0027  per  gli   Stati   membri   per\ncontribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti  i  suoi  obiettivi  di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n    [...] \n    (18)  Il  principale  obiettivo  del  meccanismo  di   governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n    [...] \n    (36) Gli Stati membri  dovrebbero  elaborare  strategie  a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n    (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per l\u0027energia e\nil clima, o  dei  loro  aggiornamenti,  fosse  insufficiente  per  il\nraggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia e,\nnel  primo  periodo,  in  particolare  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi 2030 in materia di  energia  rinnovabile  e  di  efficienza\nenergetica,  la  Commissione  dovrebbe  adottare  misure  a   livello\nunionale al fine di garantire il  conseguimento  collettivo  di  tali\nobiettivi e traguardi  (in  modo  da  colmare  eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n    (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati  membri  in  materia  di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n    (58)  Se  uno  Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base   di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    90. Il meccanismo di governance  si  e\u0027  tradotto,  tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  Direttiva  (UE)\n2023/2413): \n      «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio  2029  e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3): \n        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \n          a) dimensione «decarbonizzazione»: \n          [...] \n    2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \n      al fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la\nquota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il  43  %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n    Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno\nil contributo previsto  dello  Stato  membro.  Se  uno  Stato  membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello  che  si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di\nriferimento  dell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» \n    (art. 4); \n    «Nel proprio contributo alla propria quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  del   2030   e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n      a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n      b) misure adottate per conseguire il  traguardo  di  efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n      c)  altre  misure  esistenti  volte  a   promuovere   l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n      d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di  energia  da  fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001. \n      e) le circostanze  pertinenti  che  incidono  sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n        i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \n        ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL\npro capite; \n        iii)  il  potenziale  per  una   diffusione   delle   energie\nrinnovabili efficace sul piano dei costi; \n        iv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi\nquelli delle zone e regioni non interconnesse; \n        v) il livello di interconnessione  elettrica  tra  gli  Stati\nmembri; \n        vi) altre circostanze pertinenti, in particolare  gli  sforzi\npregressi. \n        [...] \n    2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la  somma  dei\nrispettivi  contributi  ammonti   almeno   all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5). \n    «Se  nel  settore  dell\u0027energia   rinnovabile,   in   base   alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n        a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare   la   diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n        b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di  cui  all\u0027art.  23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n        c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui  all\u0027art.  25,  paragrafo  1,  della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n        d) un  pagamento  finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n        e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione  previsti  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n    91. La legge 22 aprile  2021,  n.  53,  ha  dettato  «Principi  e\ncriteri direttivi per l\u0027attuazione della  direttiva  (UE)  2018/2001,\nsulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili», demando\nal Governo, tra l\u0027altro: \n      la previsione, previa intesa con la  Conferenza  unificata,  su\nproposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il\nMinistero dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e\ncon il Ministero per i  beni  e  le  attivita\u0027  culturali  e  per  il\nturismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati\nnel Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il  clima  (PNIEC),  di\nuna disciplina per l\u0027individuazione  delle  superfici  e  delle  aree\nidonee  e  non  idonee  per  l\u0027installazione  di  impianti  a   fonti\nrinnovabili nel rispetto delle  esigenze  di  tutela  del  patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e  dei  corpi  idrici,  nonche\u0027  delle  specifiche\ncompetenze dei Ministeri per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo,  delle  politiche  agricole   alimentari   e   forestali   e\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando\nl\u0027utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni\nindustriali e parcheggi, e aree non  utilizzabili  per  altri  scopi,\ncompatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilita\u0027  delle\nrisorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda\nelettrica, nonche\u0027 tenendo in considerazione  la  dislocazione  della\ndomanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo\ndella rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: \n      1) definizione dei criteri per l\u0027individuazione di aree  idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza\ncomplessiva almeno pari a  quella  individuata  come  necessaria  dal\nPNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo  delle  fonti\nrinnovabili, con indicazione  di  criteri  per  la  ripartizione  fra\nregioni e province autonome e previsione di  misure  di  salvaguardia\ndelle iniziative di sviluppo in corso che risultino  coerenti  con  i\ncriteri di localizzazione degli impianti preesistenti; \n      2) previsione di un termine di sei mesi  per  la  realizzazione\ndel processo programmatorio di individuazione delle aree; \n    b) di assicurare il rispetto dei  principi  della  minimizzazione\ndegli impatti sull\u0027ambiente, sul territorio e  sul  paesaggio,  fermo\nrestando  il  vincolo   del   raggiungimento   degli   obiettivi   di\ndecarbonizzazione al 2030 e tenendo conto  della  sostenibilita\u0027  dei\ncosti correlati al raggiungimento di tale obiettivo. \n    92. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando\n«disposizioni necessarie  all\u0027  attuazione  delle  misure  del  Piano\nNazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  Nazionale\nIntegrato per l\u0027Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del Regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    93. L\u0027art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: \n      con uno o piu\u0027 decreti del Ministro della transizione ecologica\ndi concerto con il  Ministro  della  cultura,  e  il  Ministro  delle\npolitiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede  di\nConferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri omogenei  per\nl\u0027individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza\ncomplessiva almeno pari a  quella  individuata  come  necessaria  dal\nPNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo  delle  fonti\nrinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8; \n      in via prioritaria,  con  i  suddetti  decreti  si  provvede  a\ndettare  i   criteri   per   l\u0027individuazione   delle   aree   idonee\nall\u0027installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel\nPNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per minimizzare  il  relativo  impatto\nambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti\nimpianti per unita\u0027 di superficie, nonche\u0027  dagli  impianti  a  fonti\nrinnovabili di produzione di energia elettrica gia\u0027 installati  e  le\nsuperfici  tecnicamente  disponibili,  e  altresi\u0027  a   indicare   le\nmodalita\u0027 per individuare  superfici,  aree  industriali  dismesse  e\naltre aree compromesse, aree  abbandonate  e  marginali  idonee  alla\ninstallazione di impianti a fonti rinnovabili; \n      i decreti stabiliscono  anche  la  ripartizione  della  potenza\ninstallata fra Regioni e Province  autonome,  prevedendo  sistemi  di\nmonitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri\nper il trasferimento statistico fra le medesime  Regioni  e  Province\nautonome; \n      nel dettare la disciplina delle  aree  idonee  si  tiene  conto\ndelle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,\ndelle aree agricole e forestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi\nidrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate,\nquali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche\u0027   di   aree   a\ndestinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e\nverificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con\nle caratteristiche e le  disponibilita\u0027  delle  risorse  rinnovabili,\ndelle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche\u0027\ntenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli\neventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete\nstessa; \n      conformemente ai principi e criteri stabiliti  dai  decreti  di\ncui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in\nvigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree\nidonee; \n      in sede di individuazione delle superfici e delle  aree  idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i\nprincipi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull\u0027ambiente,   sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della  sostenibilita\u0027  dei  costi  correlati  al\nraggiungimento di tale obiettivo; \n      nelle more dell\u0027individuazione delle aree idonee,  non  possono\nessere  disposte  moratorie  ovvero  sospensioni  dei   termini   dei\nprocedimenti di autorizzazione; \n      le aree non incluse tra  le  aree  idonee  non  possono  essere\ndichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di produzione  di\nenergia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero\nnell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata\ninclusione nel novero delle aree idonee in attesa della disciplina di\ncui ai menzionati decreti attuativi, le aree idonee sono  individuate\nex lege dal medesimo decreto legislativo. \n    94. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29  della\npresente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno  2024  non  ha\ninnovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee  guida\ndi cui al decreto ministeriale 10 settembre  2010.  Queste,  infatti,\ncontinuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione  non\ncompatibili con l\u0027insediamento  [...]  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di impianti». Detta  incompatibilita\u0027,  tuttavia,  non  si\ntraduce  in  una  preclusione  assoluta,  bensi\u0027  in   «una   elevata\nprobabilita\u0027  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di\nautorizzazione», che dovra\u0027 comunque risultare all\u0027esito di specifica\nistruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione\ncontenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il  concetto\ndi area non idonea quale gia\u0027 enucleato dalle linee guida. \n    95. In contrasto con tali indicazioni, l\u0027art. 1, comma  5,  della\nlegge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce  che  «E\u0027  vietata  la\nrealizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non\nidonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai\ncommi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli artt. 117,\nprimo e terzo comma della Costituzione in relazione agli artt. 20 del\ndecreto  legislativo  n.  199/2021,  alle  disposizioni  del  decreto\nministeriale  21  giugno  2024,  nonche\u0027  al  principio  di   massima\ndiffusione degli  impianti  da  fonti  di  energia  rinnovabile  come\nemergente dalla disciplina unionale sopra richiamata. L\u0027inadeguatezza\ndi una determinata area o di un determinato sito ad ospitare impianti\nda  fonti  rinnovabili,   infatti,   non   puo\u0027   derivare   da   una\nqualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma  puo\u0027  soltanto\nconseguire all\u0027esito di un procedimento amministrativo  che  consenta\nuna valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in  ragione\ndelle relative specificita\u0027. \n    96. L\u0027impatto di un divieto di  tale  portata  e\u0027,  inoltre,  del\ntutto incerto e, in  ogni  caso,  si  risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,\ndella Direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle\ntraiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata\ndelle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e\n14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    97. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni\ndell\u0027art. 1, comma 5, lette in combinato disposto  con  gli  allegati\nalla legge, prevedono una sterminata casistica di aree  vietate,  con\nun elenco di 45 pagine, definite  peraltro  sulla  base  di  astratte\nesigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,\nricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati,  ma\nsostanzialmente la maggior parte del territorio  regionale  (cfr.  ad\nes. riferimenti  agli  \"Ulteriori  elementi  con  valenza  storico  -\nculturale, di  natura  archeologica,  architettonica  e  identitaria,\nquali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico  vigente\nal momento dell\u0027entrata in  vigore  della  presente  legge,  ed  aree\ncircostanti che distano meno di 3  chilometri,  in  linea  d\u0027aria»  -\nallegato A, lettera bb), allegato B, lett. y), allegato C, lett. bb),\nallegato D, lett. aa), allegato E, lett.  bb)).  Come  dedotto  dalla\nparte ricorrente, non smentita sul punto  dalle  parti  intimate,  la\nrete dei divieti previsti dalla legge regionale  comprende  circa  il\n98% del territorio regionale. \n    98.  Peraltro,  in  forza  dell\u0027art.  32  del  Regolamento   (UE)\n2018/1999, se la  Commissione  conclude  che  uno  o  piu\u0027  punti  di\nriferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e\n2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025  e\n2027 sono al  di  sotto  di  uno  o  piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali possono essere tenuti  all\u0027adozione  di  misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio di una Regione alla possibilita\u0027  di  installare  impianti\nFER  potrebbe,  pertanto,  implicare  l\u0027obbligo  di  adottare  misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    99. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici  dell\u0027Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi\ndell\u0027art.  5  del  Regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    100. Come precisato dalla Commissione europea nella Comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di\ncrescita  dell\u0027UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027  e  che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato  la\npropria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta  in  assoluto  la  realizzazione  di\nimpianti FER in aree non idonee. \n    101. Il divieto sembra anche  contrastare  con  il  principio  di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art.  37  della  Carta  di\nNizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela  dell\u0027ambiente\ndevono essere integrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle\npolitiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare nella  prospettiva  di\npromuovere lo sviluppo  sostenibile».  L\u0027integrazione  ambientale  in\ntutti i settori politici  pertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,\ntrasporti, ecc.) e\u0027 funzionale a ridurre le  pressioni  sull\u0027ambiente\nderivanti dalle politiche e dalle attivita\u0027 di altri  settori  e  per\nraggiungere gli obiettivi ambientali e climatici.  La  previsione  in\ngenerale delle aree non idonee come zone vietate  solleva  sul  punto\nnotevoli perplessita\u0027, in  quanto  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi, in contrasto con l\u0027obiettivo del decreto stesso  di\npromuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    102. Da quanto precede risulta anche che la disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte  ribadito,\n«il principio  di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  principio  generale  del\ndiritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto  dal  legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza\n11 giugno 2009, C- 170/08,  41).  Il  sindacato  di  proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza\ndelle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde\nverificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da  determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la  stessa\nCorte  ha  precisato,  «Tale  giudizio  deve  svolgersi   «attraverso\nponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi  prescelti  dal\nlegislatore nella sua insindacabile  discrezionalita\u0027  rispetto  alle\nesigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita\u0027  che  intende\nperseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni\nconcretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988).  Il  test  di\nproporzionalita\u0027 utilizzato da  questa  Corte  come  da  molte  delle\ngiurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme  con  quello  di\nragionevolezza, ed essenziale  strumento  della  Corte  di  giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di  legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se\nla norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita\u0027  di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di\nobiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu\u0027  misure\nappropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a\nconfronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al\nperseguimento di detti obiettivi» (Corte Costituzionale, sentenza  n.\n1 del 2014). \n    103. Inoltre, ai sensi dell\u0027art. 9  Cost.  la  Repubblica  tutela\nl\u0027ambiente, la biodiversita\u0027 e gli ecosistemi  «anche  nell\u0027interesse\ndelle future generazioni», con  cio\u0027  incorporando  il  principio  di\nsviluppo sostenibile nell\u0027ambito dei principi fondamentali in materia\ndi tutela ambientale. L\u0027incondizionato sacrificio di tale  principio,\nquale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art.  3\nCost.,  nonche\u0027  con  l\u0027art.  9   citato   e   con   la   consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  «tiranno»  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   Costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n    104. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all\u0027art.\n7,comma 3, alle Regioni che, «nell\u0027applicazione  del  presente  comma\ndeve essere contemperata la necessita\u0027 di  tutela  dei  beni  con  la\ngaranzia di raggiungimento degli obiettivi  di  cui  alla  Tabella  A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare  che,\nanche  prima  dell\u0027entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, l\u0027orientamento della giurisprudenza costituzionale era  nel\nsenso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via\ngenerale e astratta, la non idoneita\u0027 di intere aree di territorio  o\na imporre, in  maniera  generalizzata  ed  aprioristica,  limitazioni\n(Corte  Costituzionale,  sentenza  n.  69  del  2018).  Per  costante\ngiurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  Regioni  e  le  Province\nautonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati\ndal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022,  n.  177\ndel 2021 e n. 106 del 2020) e, nel  caso  di  specie,  racchiusi  nel\ncitato decreto legislativo n. 199 del  2021  e  nella  disciplina  di\nattuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). \n    105. I divieti posti dalla Regione  Sardegna,  e  in  particolare\nl\u0027art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,\nviolano pertanto i principi  fondamentali  posti  dallo  Stato  nella\nmateria  di  legislazione  concorrente   «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia», di  cui  all\u0027art.  117,  terzo\ncomma, della Costituzione, espressi dal decreto  legislativo  n.  199\ndel  2021,  nonche\u0027  dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024   e\ncontrastano con gli  artt.  3,  9,  11  e  117,  primo  comma,  della\nCostituzione, in quanto incidono sul raggiungimento  degli  obiettivi\ndi decarbonizzazione fissati a livello europeo. \n    106. L\u0027art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni  della  legge\nsi applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le  aree  e\nle superfici sulle quali insistono impianti a  fonti  rinnovabili  in\ncorso di  valutazione  ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza\nregionale o statale ovvero autorizzati che  non  abbiano  determinato\nuna modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge\naddirittura  incide  sui  titoli  autorizzatori  e  abilitativi  gia\u0027\nrilasciati,  comminandone  l\u0027inefficacia,  mentre  in  relazione   ai\nprogetti gia\u0027 realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di\nrifacimento,  integrale  ricostruzione,  potenziamento   [...]   sono\nammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda\noccupata,  nonche\u0027,  nel  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento\ndell\u0027altezza totale  dell\u0027impianto\".  Ne  deriva  la  violazione  dei\nprincipi  di  uguaglianza,  certezza  del  diritto  e  del  legittimo\naffidamento, nonche\u0027 il diritto di liberta\u0027 di  iniziativa  economica\ndi cui all\u0027art.  41  Cost.  Il  legislatore  regionale,  infatti,  ha\nimposto l\u0027indiscriminata applicazione del nuovo regime  a  tutti  gli\noperatori, senza differenziare la posizione di coloro che  non  hanno\nancora presentato alcun progetto, che  lo  hanno  sviluppato  e  gia\u0027\nsottoposto alla valutazione dell\u0027Autorita\u0027 amministrativa  sostenendo\ni relativi costi di progettazione ovvero che abbiano gia\u0027 ottenuto le\nautorizzazioni e iniziato a sostenere i costi  di  realizzazione.  In\nrelazione  ai  progetti  gia\u0027  realizzati,  inoltre,  la   disciplina\nregionale da\u0027 luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le\naree interessate dal progetto gia\u0027 realizzato e quelle contermini  si\ntrasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il  soggetto\ngia\u0027  titolare  di  un  impianto,  infatti,  verrebbe  privato  della\npossibilita\u0027  di  apportare  modifiche  a  detto  impianto   che   ne\ndeterminino in qualunque modo  l\u0027aumento  della  superficie  occupata\novvero dell\u0027altezza totale  (per  gli  impianti  eolici),  senza  che\nassumano alcuna rilevanza la qualificazione dell\u0027areea  (idonea,  non\nidonea, ordinaria) e l\u0027entita\u0027 delle modifiche,  con  violazione  dei\nprincipi  di  uguaglianza,   di   ragionevolezza   e   di   legittimo\naffidamento. \n    107. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza\ncostituzionale  il  valore  del  legittimo  affidamento,  che   trova\ncopertura costituzionale  nell\u0027art.  3  Cost.,  non  esclude  che  il\nlegislatore possa  adottare  disposizioni  che  modificano  in  senso\nsfavorevole agli interessati la  disciplina  di  rapporti  giuridici,\nanche se l\u0027oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi\nperfetti. Cio\u0027  puo\u0027  avvenire,  tuttavia,  a  condizione  «che  tali\ndisposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,\nfrustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi\nprecedenti, l\u0027affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da\nintendersi quale elemento fondamentale dello Stato  di  diritto»  (ex\nplurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014,  n.  154\ndel 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;\nordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di  specie,  invece,  la  Regione\nSardegna  ha  emanato  una  legge  che   contravviene   ai   principi\nfondamentali  della   materia,   quali   derivanti   dagli   obblighi\nrinvenienti dall\u0027appartenenza dell\u0027Italia all\u0027Unione europea e  dalla\nrelativa normativa  statale  di  attuazione,  senza  preoccuparsi  di\noperare alcun bilanciamento con tutti i valori  in  gioco,  recedendo\nsoltanto di fronte all\u0027impossibilita\u0027 di  fatto  di  ripristinare  lo\nstatus quo. \n    108. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di\nimparzialita\u0027  e  buon  andamento  dell\u0027amministrazione,   e   quindi\ndell\u0027art. 97 Cost. Oltre all\u0027irragionevole impatto  che  la  suddetta\nnormativa  determina  su  procedimenti  gia\u0027  definiti,  essa   osta,\ninfatti,  a  qualsivoglia  possibilita\u0027  di   realizzare,   in   sede\namministrativa, il piu\u0027 opportuno bilanciamento  degli  interessi  in\ngioco. A tale riguardo, non e\u0027 secondario  osservare  che,  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree  non\nincluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata\n«in sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti» attesta che la riserva di  procedimento  amministrativo\nper la dichiarazione di non idoneita\u0027, oltre che prevista dalle linee\nguida, e\u0027 sancita a livello di normazione primaria anche  nel  regime\ndi cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell\u0027art. 20,  comma\n1, del decreto, con conseguente  impossibilita\u0027  per  le  regioni  di\nimpedire  che  tale  valutazioni  si  compia  mediante  il   divieto,\nstabilito in via generale e astratta per  legge,  di  realizzare  gli\nimpianti nelle aree non idonee. \n    109. Non soccorre, al riguardo, la peculiare  procedura  prevista\ndall\u0027art.  3  della  legge  che  consente,  su  istanza  dei   comuni\ninteressati, di proporre un\u0027istanza propedeutica  alla  realizzazione\ndi  un  impianto  o  di  un  accumulo  FER  all\u0027interno  di   un\u0027area\nindividuata come non idonea. Tale istanza, che gia\u0027 sotto il  profilo\ndella previsione dell\u0027esclusiva  competenza  propositiva  del  comune\nsuscita perplessita\u0027 per la commistione tra  profili  di  valutazione\npolitica e amministrativa, da\u0027 luogo a una procedura, da svolgersi in\nsede di conferenza di servizi, in cui e\u0027 pero\u0027 prevista  l\u0027unanimita\u0027\nai fini  della  realizzazione  dell\u0027intervento  e  l\u0027inapplicabilita\u0027\ndell\u0027istituto  del   silenzio-assenso,   dipartendosi   all\u0027ordinario\nfunzionamento  della  conferenza   dei   servizi   e   del   silenzio\nsignificativo  di  cui  alla  disciplina  statale  sul   procedimento\namministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla  cui\nviolazione discende il contrasto con l\u0027art 117, secondo comma,  lett.\nm), che attribuisce alla Stato la potesta\u0027 legislativa  esclusiva  in\ndeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i\ndiritti civili e sociali che devono  essere  garantiti  su  tutto  il\nterritorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che  l\u0027art.  29,\ncomma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che  «Attengono  [...]\nai livelli essenziali delle prestazioni di cui all\u0027art. 117,  secondo\ncomma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della  presente\nlegge  concernenti  la  presentazione  di  istanze,  segnalazioni   e\ncomunicazioni, la segnalazione certificata di inizio attivita\u0027  e  il\nsilenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilita\u0027 di\nindividuare, con intese  in  sede  di  Conferenza  unificata  di  cui\nall\u0027art. 8  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  e\nsuccessive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non\nsi applicano», mentre ai sensi del comma 2-quater «Le regioni  e  gli\nenti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi  di  loro\ncompetenza,  non  possono  stabilire  garanzie  inferiori  a   quelle\nassicurate  ai  privati  dalle  disposizioni  attinenti  ai   livelli\nessenziali delle prestazioni di  cui  ai  commi  2-bis  e  2-ter,  ma\npossono prevedere livelli ulteriori di tutela», con  obbligo  per  le\nRegioni a statuto speciale e le Provincie  autonome  di  adeguare  la\npropria legislazione a tali previsioni. \n    110. Non c\u0027e\u0027 dubbio  che  la  legge  regionale  sarda  rechi  un\nlivello  inferiore  di  tutela  rispetto  a  quello  garantito  dalla\ndisciplina statale, imponendo l\u0027unanimita\u0027 dei consensi ed escludendo\nl\u0027operativita\u0027 del silenzio-assenso. \n    111. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un\nindirizzo consolidato  del  Giudice  costituzionale,  «[s]petta  alla\nlegislazione  statale  determinare  presupposti   e   caratteristiche\ndell\u0027autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle\nsemplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza\ndelle opere sul valore intangibile dell\u0027ambiente»  (sentenza  n.  246\ndel 2017). Si e\u0027, inoltre, affermato che «la  legislazione  regionale\nnon puo\u0027 prevedere una procedura per  l\u0027autorizzazione  paesaggistica\ndiversa da quella dettata dalla legislazione  statale,  perche\u0027  alle\nRegioni  non  e\u0027  consentito  introdurre  deroghe  agli  istituti  di\nprotezione ambientale che dettano una disciplina  uniforme,  valevole\nsu  tutto  il  territorio  nazionale,  nel  cui  ambito  deve  essere\nannoverata l\u0027autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 189 del 2016;\nnello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101\ndel 2010 e n. 232  del  2008)»  (Corte  Costituzionale,  sentenza  n.\n74/2021). \n    112. La procedura prevista  dall\u0027art.  3  della  legge  regionale\nSardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree\nsottoposte a  tutela  culturale  o  paesaggistica  per  le  quali  la\nnormativa statale (artt. 21 e 146 del Testo Unico dei beni culturali)\nfissa, per esigenze di uniformita\u0027 di  trattamento,  un  procedimento\nautorizzatorio apposito da parte della soprintendenza competente,  si\npone anche in contrasto con l\u0027art. 117, comma 2, lett. s), Cost., che\nassegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la  materia\ndella «tutela dell\u0027ambiente, dell\u0027ecosistema e dei beni culturali». \n    113. Peraltro, la predetta disciplina e\u0027 in ogni caso un  diretto\nportato dell\u0027illegittimo  divieto  generalizzato  di  realizzare  gli\nimpianti in aree non idonee  e  non  puo\u0027,  pertanto,  sfuggire  alle\nmedesime censure suesposte. \n    114.  Per  tutto  quanto  sopra,  va   sollevata   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli artt. 1, comma  2,  5  e  7,  e  3,\nnonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9,  11,  41,\n97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche  in  relazione\nai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento\n(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)  2023/2413,\nnonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della\nlegge costituzionale n. 3/2001 e  degli  artt.  3  e  4  della  legge\ncostituzionale n. 3/1948. \n    Sulla rilevanza delle questioni delle questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024. \n    115. L\u0027art. 20, comma 1-bis dell\u0027art. 20 del d.lgs. n.  199/2021,\ncome introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024,  definisce\nil perimetro delle aree agricole in cui e\u0027 consentita l\u0027installazione\ndi  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra  facendo\nriferimento alla classificazione delle aree idonee come prevista  dal\ncomma  8  del  medesimo  art.  20  nelle  more  dell\u0027adozione   della\ndisciplina  di  cui  al  comma  1.  In  tale  contesto,  il   decreto\nministeriale impugnato ribadisce che il divieto  previsto  dal  comma\n1-bis si applica anche nel nuovo  quadro  regolatorio  e  vincola  la\npotesta\u0027 legislativa  regionale:  ai  sensi  dell\u0027art.  3,  comma  1,\ninfatti, le Regioni sono chiamate  a  individuare  con  legge,  entro\ncentottanta giorni dalla data di entrata in vigore  del  decreto,  le\naree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle  in  cui  e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra. \n    116. Il  decreto  ministeriale  costituisce  anche  l\u0027unico  atto\namministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del\ndivieto, atteso che: \n      esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n      secondo quanto previsto  dal  decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n      le aree cosi\u0027 individuate non sono non idonee, ma assolutamente\nvietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la  valutazione,\nnel singolo procedimento, della compatibilita\u0027 dell\u0027intervento con  i\nvalori confliggenti. \n    117. Al riguardo, occorre ricordare il  consolidato  orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,\n17.3.2022,  n.  1937).  Nel   caso   di   specie,   l\u0027incidenza   sui\ncomportamenti degli operatori  e\u0027  indubbia,  derivando  dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino   un   incremento   dell\u0027area    occupata.    Ne    deriva\nl\u0027indiscutibile  sussistenza  dell\u0027interesse  di   parte   ricorrente\nall\u0027impugnazione proposta. \n    118. Il decreto impugnato replica, peraltro, il  divieto  sancito\ndalla  norma  primaria,  demandando  alla  legge  regionale  la   sua\npedissequa trasposizione, che determina  ex  se  l\u0027impossibilita\u0027  di\ncondurre in porto i progetti  menzionati.  La  perdurante  vigenza  e\nvalidita\u0027 della  norma  primaria  impedisce  qualsivoglia  intervento\ndemolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una  previsione\ndel tutto conforme a legge. \n    119.  In  mancanza  della  declaratoria  di   incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  la  domanda  di\nannullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale , per la  parte  di\ninteresse, dovrebbe essere rigettata. \n    120. Viceversa, laddove la  norma  incriminata  fosse  dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lett. d), del  decreto  potrebbe\n(e dovrebbe) essere  annullato,  ponendo  a  quel  punto  un  divieto\ngeneralizzato   che   nessuna   norma   primaria   contemplerebbe   o\nautorizzerebbe e che, per le ragioni che saranno illustrate,  collide\ncon il principio di massima  diffusione  delle  energie  rinnovabili,\nquale desumibile dal diritto dell\u0027Unione, dando peraltro luogo a  una\ndisciplina  che  non  supera  lo  scrutinio  di  proporzionalita\u0027   e\nragionevolezza. Il predetto divieto, peraltro, ha  diretta  incidenza\nsulla parte ricorrente, atteso che il progetto «Monreale», di cui  e\u0027\ndepositata documentazione  agli  atti,  rientra  senz\u0027altro  tra  gli\ninterventi vietati ai sensi ai  sensi  del  richiamato  art.  5,  non\ntrovando per esso applicazione la norma di  salvaguardia  di  cui  al\ncomma 2 del medesimo art. 5. \n    Sulla   non   manifesta   infondatezza   delle    questioni    di\ncostituzionalita\u0027 sollevate con il V e il VI motivo 121. Con il  V  e\nil VI motivo di ricorso la ricorrente ha in sostanza lamentato: \n      la  violazione  dell\u0027art.  117,  commi  primo  e  terzo,  della\nCostituzione, in  relazione,  rispettivamente,  alla  Direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  e\nall\u0027art.  12  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387\n(attuazione della Direttiva 2001/77/CE):  la  norma  contestata,  nel\nprevedere il divieto di  installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con\nmoduli collocati a terra e il divieto di  aumentare  l\u0027estensione  di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con  i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e\u0027\nstato  emanato  il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto  altro\nprofilo, la norma si porrebbe in contrasto con  i  principi  generali\ndettati in materia dallo stesso Legislatore  statale,  in  attuazione\ndelle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti  di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1,  lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone  classificate  agricole\ndai vigenti piani urbanistici»,  e  con  le  Linee  guida  del  2010,\nintrodotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone\nclassificate agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non  possono\nessere  genericamente  considerate  aree  e   siti   non   idonei   e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n      la violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 Cost., dell\u0027art.\n15 della Direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  dell\u002711   dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita\u0027,\ndell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027art. 41 Cost.: la scelta di introdurre un\ngenerale e indiscriminato  divieto  a  realizzare  impianti  FTV  con\nmoduli a terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come  «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione  delle\nfonti rinnovabili in modo  da  incidere  sugli  obiettivi  di  tutela\ndell\u0027ambiente   perseguiti,   dando   luogo    a    una    disciplina\nsproporzionata, in contrasto con il principio di  integrazione  delle\ntutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. \n    122. Il Collegio ritiene che  la  disciplina  censurata  presenti\nprofili di contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., sotto il\nprofilo del mancato rispetto «dei vincoli derivanti  dall\u0027ordinamento\ncomunitario» e, in particolare, del principio di  massima  diffusione\ndelle  fonti  di  energia  rinnovabili,  derivante  dalla   normativa\neuropea. \n    123. Per il richiamo del quadro normativo unionale e\u0027 sufficiente\nrinviare ai punti da 72 a 90 della presente ordinanza. \n    124. E\u0027 sufficiente ora ricordare  che,  secondo  la  consolidata\ngiurisprudenza costituzionale,  la  normativa  eurounitaria  (nonche\u0027\nquella  nazionale)  e\u0027  ispirata  nel  suo   insieme   al   principio\nfondamentale  di  massima   diffusione   delle   fonti   di   energia\nrinnovabili,  che  tra  l\u0027altro  «trova  attuazione  nella   generale\nutilizzabilita\u0027  di  tutti  i  terreni  per  l\u0027inserimento  di   tali\nimpianti, con le  eccezioni  [...]  ispirate  alla  tutela  di  altri\ninteressi   costituzionalmente   protetti»   (Corte   Costituzionale,\nsentenza n. 13 del 2014). \n    125. La disciplina originariamente  contenuta  nell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n    126. Il comma 3 stabilisce, in effetti,  che  «nella  definizione\ndella disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui  al  comma\n1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e\ndel paesaggio,  delle  aree  agricole  e  forestali,  della  qualita\u0027\ndell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo  di  superfici\ndi strutture edificate,  quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,\nnonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale, per  servizi\ne logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non  utilizzabili  per\naltri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili».\nTale disposizione contempla bensi\u0027 un\u0027esigenza di tutela  delle  aree\nagricole, ma da un lato  non  pone  alcuna  preclusione  assoluta  e,\ndall\u0027altro, stabilisce chiaramente  che  le  superfici  agricole  non\nutilizzabile costituiscono,  tra  le  altre,  aree  privilegiate  per\nl\u0027installazione degli impianti. \n    127. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le  aree  non  incluse\ntra  le  aree  idonee  non  possono  essere  dichiarate  non   idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». \n    128. Il comma 8, inoltre,  nell\u0027individuare  transitoriamente  le\naree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista  dal\ncomma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto  alle  lettere  a),\nb), c), c-bis)  e  c-ter),  le  aree  che  non  sono  ricomprese  nel\nperimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi\ncivici di cui  all\u0027art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n    129. Il  nuovo  comma  1-bis  stravolge  completamente  l\u0027assetto\nprevigente,   prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli    impianti\nfotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita  esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino  incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027  oggetto  di  ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del\ncomma 8 del presente art.. Il primo periodo non si applica  nel  caso\ndi progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati\na terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita\u0027  energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  presente  decreto  nonche\u0027  in\ncaso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del\nPiano  Nazionale  di  Ripresa  e  Resilienza  (PNRR),  approvato  con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del  Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    130. In definitiva, in base alla norma introdotta dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n      a) nei siti ove sono  gia\u0027  installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n      b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o  abbandonate\no in condizioni di degrado  ambientale,  o  le  porzioni  di  cave  e\nminiere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n      c) presso i siti e  gli  impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n      d) presso i siti e  gli  impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuale; \n      e)  nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e   agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n      f) nelle  aree  adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    131. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,  la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la  meta\u0027  della\nsuperficie  del  Paese)  e\u0027  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nche non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,\ncon conseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n    132. Il divieto non  riguarda  i  progetti  attuativi  di  misure\nfinanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i\nprogetti necessari al raggiungimento dei target previsti  dal  PNIEC,\nche  e\u0027  lo  strumento  previsto  dalla  normativa  eurounitaria  per\nconseguire gli obiettivi  vincolanti  dell\u0027Unione  per  la  quota  di\nenergia rinnovabile. Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che  un  divieto\ndi  tale  portata  rischia  di  mettere  seriamente  a   rischio   il\nconseguimento di tali obiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una\nlarga  porzione  del  territorio  a  ogni  possibile  utilizzo  della\ntecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in\nordine alla possibilita\u0027 di rispettare le  traiettorie  stabilite  in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello\nstato di attuazione della disciplina di cui  all\u0027art.  20,  comma  1,\ndecreto legislativo  n.  199/2021,  nonche\u0027  degli  ampi  margini  di\nflessibilita\u0027 che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle  regioni  per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto di tale divieto  e\u0027\ndel tutto incerto e, in ogni caso, si risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,\ndella Direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle\ntraiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata\ndelle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e\n14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    133. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza  dell\u0027art.  32  del\nRegolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio  nazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica\npotrebbe,  pertanto,   implicare   l\u0027obbligo   di   adottare   misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    134. La preclusione generalizzata all\u0027installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre  contrastare\ncon il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di  individuazione\ndelle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il 2030  ai  sensi\ndel paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della Direttiva (UE) 2018/2001, «Gli\nStati membri favoriscono l\u0027uso  polivalente  delle  zone  di  cui  al\nparagrafo 1. I  progetti  in  materia  di  energia  rinnovabile  sono\ncompatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.\n3). Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della Direttiva  precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile  che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell\u0027uso\ndel suolo e del  mare,  purche\u0027  i  diversi  usi  e  attivita\u0027  siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere\". Il divieto  introdotto\ndall\u0027art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  istituisce,  invece,  un\ninsanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con\nmoduli collocati a terra e l\u0027uso  del  suolo  a  fini  agricoli  che,\ntuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno  per  la\ntecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). \n    135. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili,  anche  il  divieto   in   questione,   come   osservato\nnell\u0027ambito dell\u0027esposizione relativa alla legge regionale sarda  (v.\npunti 99 e 100  della  presente  ordinanza),  si  pone  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione, in quanto  il  raggiungimento  dei  target  di\npotenza  installata   delle   tecnologie   rinnovabili   costituisce,\nall\u0027evidenza, un elemento centrale per conseguire nel  lungo  termine\nl\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica, che  potrebbe  essere  posto\nseriamente a rischio da una disciplina, come  quella  censurata,  che\nvieta sul tutto il territorio nazionale  la  tecnologia  fotovoltaica\ncon pannelli collocati  a  terra  su  tutti  i  terreni  classificati\nagricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027 della superficie nazionale. \n    136. Anche tale divieto sembra contrastare con  il  principio  di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art.  37  della  Carta  di\nNizza.  Il  divieto  introdotto  dall\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.\n63/2024, nel contesto di una disciplina di attuazione della Direttiva\n(UE)  2018/2001  sulla  promozione  dell\u0027uso  dell\u0027energia  da  fonti\nrinnovabili quale obiettivo della  politica  energetica  dell\u0027Unione,\nsolleva sul punto notevoli perplessita\u0027: \n      da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel   complesso   delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che  le  relative  previsioni\nnon  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,\nladdove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n      dall\u0027altro lato,  la  norma  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna\nconsiderazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in  contrasto  con  l\u0027obiettivo  del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    137. Da quanto precede risulta anche che la disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Innanzitutto, la misura censurata  consiste  in  un\ndivieto generalizzato e assoluto all\u0027utilizzo, su un\u0027ampia parte  del\nterritorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell\u0027ambiente,   della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di\ncompatibilita\u0027  dei  progetti.  Cio\u0027,   peraltro,   non   osta   alla\npossibilita\u0027 di verificare, in concreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli\nprocedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita\u0027 degli\ninterventi  proposti.  L\u0027art.  5   del   decreto-legge   n.   63/2024\nstabilisce,  invece,  una  prevalenza   assoluta   e   incondizionata\ndell\u0027interesse alla conservazione dei  suoli  classificati  agricoli,\nvalutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima\npossibilita\u0027 di contemperamento con gli  altri  interessi  in  gioco,\nanche di rilievo costituzionale. \n    138. Inoltre, si e\u0027 visto che  ai  sensi  dell\u0027art.  9  Cost.  la\nRepubblica tutela  l\u0027ambiente,  la  biodiversita\u0027  e  gli  ecosistemi\n«anche   nell\u0027interesse   delle   future   generazioni»,   con   cio\u0027\nincorporando il principio di  sviluppo  sostenibile  nell\u0027ambito  dei\nprincipi   fondamentali   in   materia    di    tutela    ambientale.\nL\u0027incondizionato sacrificio  di  tale  principio,  quale  sotteso  al\ndivieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art.  3  Cost.,  nonche\u0027\ncon  l\u0027art.  9   citato   e   con   la   consolidata   giurisprudenza\ncostituzionale secondo cui «Tutti  i  diritti  fondamentali  tutelati\ndalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e\nnon e\u0027 possibile pertanto  individuare  uno  di  essi  che  abbia  la\nprevalenza  assoluta  sugli  altri.  La  tutela  deve  essere  sempre\n«sistemica e non frazionata in una serie di norme non  coordinate  ed\nin potenziale conflitto tra loro» (sentenza  n.  264  del  2012).  Se\ncosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione di uno dei\ndiritti,  che  diverrebbe  «tiranno»  nei   confronti   delle   altre\nsituazioni  giuridiche  costituzionalmente  riconosciute  e  protette\n[...].  La  Costituzione  italiana,  come   le   altre   Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   Costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n    139.  Sotto  altro  profilo,  il  divieto  cosi\u0027  introdotto   e\u0027\noperativo  a  partire  dalla  mera  classificazione  dell\u0027area   come\nagricola in base ai piani urbanistici,  senza  che  alcuna  rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la  sua  utilizzabilita\u0027  a  tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non  nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,\nqualsivoglia considerazione della qualita\u0027  e  dell\u0027importanza  delle\ncolture. \n    140. In raffronto, le attuali  linee  guida  di  cui  al  decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n      le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n      l\u0027individuazione delle aree e dei  siti  non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nRegioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027Impatto  Ambientale  nei\ncasi previsti; \n      le Regioni possono procedere ad indicare come aree e  siti  non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n    141. Una siffatta, contestualizzata disciplina  risulta  conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon  puo\u0027  essere  sviluppata   l\u0027energia   rinnovabile   («zone   di\nesclusione»).  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e\ntrasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle\nrestrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)\n2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e  i\nprogetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto,\nponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non  fondato\nsu  dati  concreti  e  certamente  non  rispondente  all\u0027obietto   di\nmassimizzare la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti\ndi energia rinnovabile. \n  Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale \n    142. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per quanto\nillustrato  ai  punti  62  ss.  della  presente  ordinanza)   e   non\nmanifestamente infondate (secondo quanto evidenziato ai punti 67 ss.)\nle questioni di legittimita\u0027 costituzionale degli artt. 1,  comma  2,\n5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D ed  E,  della\nlegge  della  Regione  autonoma  della  Sardegna  n.   20/2024,   per\nviolazione degli artt. 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lett. m) e\ns), e 3,  Cost.,  anche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla\nDirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  Regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla Direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  Regolamento\n(UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    143. Sono, altresi\u0027, rilevanti (per quanto  illustrato  ai  punti\n115 ss. della presente  ordinanza)  e  non  manifestamente  infondate\n(secondo quanto  evidenziato  ai  punti  121  ss.)  le  questioni  di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma  1,  decreto-legge  n.\n63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024,  per\nviolazione degli artt. 3, 9, 11 e  117,  comma  1,  Cost.,  anche  in\nrelazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal\nRegolamento (UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)\n2023/2413, nonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119. \n    144.   Occorre   solo   aggiungere   che    le    questioni    di\ncostituzionalita\u0027 sollevate in relazione al citato art. 5,  comma  1,\ndel decreto-legge n. 63/2024 vanno  del  pari  riferite  all\u0027art.  5,\ncomma 2, laddove pone una disciplina di  salvaguardia  che  ha  quale\npresupposto il divieto di cui al comma 1, nonche\u0027 all\u0027art.  2,  comma\n2, primo periodo, decreto  legislativo  25  novembre  2024,  n.  190,\nrecante «Disciplina dei regimi amministrativi per  la  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di cui\nall\u0027art.  1,  comma  1,  sono  considerati  di   pubblica   utilita\u0027,\nindifferibili e urgenti  e  possono  essere  ubicati  anche  in  zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto  di\nquanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n. 199».  Tale  disposizione,  infatti,  riproduce  il\ndivieto di cui al citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024. \n    145. Il presente giudizio va quindi sospeso per le determinazioni\nconseguenti alla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    146.  Il  regolamento  delle  spese  va  rinviato  all\u0027esito  del\ngiudizio. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  Regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nTerza) cosi\u0027 dispone: \n      a) dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale degli artt. 1, comma 2, 5, 7 e 8,  e  3,  nonche\u0027  dei\nrelativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9,  11,  41,\n97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche  in  relazione\nai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento\n(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)  2023/2413,\nnonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della\nlegge costituzionale n. 3/2001 e  degli  artt.  3  e  4  della  legge\ncostituzionale n. 3/1948; \n      b) dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 5, comma 1 e 2,  decreto-legge  n.  63/2024,\nconvertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  101/2024,  nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,\nper violazione degli artt. 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost.,  anche  in\nrelazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal\nRegolamento (UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  Direttiva  (UE)\n2023/2413, nonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119; \n      c) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti  alla\ndefinizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi dell\u0027art.\n23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone  la  trasmissione  degli\natti alla Corte costituzionale; \n      d) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle parti\nin causa, nonche\u0027 la sua notificazione al  Presidente  del  Consiglio\ndei  ministri,  al  Presidente  del  Senato  della   Repubblica,   al\nPresidente della Camera dei deputati,  al  Presidente  della  Regione\nautonoma della Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale\nsardo; \n      e) rinvia ogni ulteriore  statuizione  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n      Elena Stanizzi, Presidente; \n      Luca Biffaro, referendario; \n      Marco Savi, referendario, estensore. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n                                                    L\u0027estensore: 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