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accertamento della cittadinanza presentata (in via amministrativa o giurisdizionale) non oltre le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025 – Denunciata retroazione degli effetti limitativi sull’acquisto della cittadinanza a titolo originario dei soggetti nati all’estero con avo italiano – Assenza di una disciplina di diritto intertemporale di conservazione della cittadinanza entro termini ragionevoli – Denunciata revoca retroattiva della cittadinanza applicabile a quanti, pur ricorrendone le condizioni, non abbiano presentato domanda di riconoscimento (in via amministrativa o giudiziale) entro le ore 23:59 del 27 marzo 2025 – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Disparità di trattamento rispetto ai soggetti che hanno proposto domanda di riconoscimento anteriormente al 28 marzo 2025 – Lesione dell’affidamento nella sicurezza giuridica in relazione a un diritto già acquisito nel patrimonio giuridico della persona – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali – Contrasto con le norme dei Trattati dell’Unione europea istitutive della cittadinanza europea – Contrasto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo in relazione al divieto di privazione arbitraria della cittadinanza – Contrasto con le previsioni del Protocollo n. 4 addizionale alla CEDU.\u003c/p\u003e","prima_parte":"Maria Eugenia Escovar Alvarado e altri","prima_controparte":"Ministero dell\u0027Interno","altre_parti":"Intercomites Brasil e Centro Lombardo de Rosario, Fondazione Italiani.it ETS, Crossa Guzman Leonardo Pablo, Fichera Larry Anthony, Associazione AGIS – Associazione Giuristi Iure Sanguinis, Confederazione degli Italiani nel Mondo, Escovar Alvarado Maria Eugenia, Escovar Alvarado Ramón José, Alvarado Bajares Maria Victoria, 4, TOZI Luiz Augusto, FILGUEIRA TOZI Luiz Carlos, BORGO Rosney, 4, Associazione Italiana \"Sardi Uniti\" di Socorros Mutuos, Sperafico Milton, ROCHA RODRIGUES Rita De Cassia, COLINA RODRIGUES Yara Lais","testo_atto":"N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 giugno 2025\n\r\nOrdinanza del 25 giugno 2025 del Tribunale di Torino nel procedimento\ncivile promosso da Maria Eugenia Escovar Alvarado e altri contro\nMinistero dell\u0027interno. \n \nCittadinanza - Acquisizione della cittadinanza italiana in ragione\n del criterio della discendenza (cosiddetto iure sanguinis) -\n Modifiche alla legge n. 91 del 1992 - Preclusione all\u0027acquisizione\n della cittadinanza italiana in base al criterio della discendenza\n per i soggetti, discendenti da cittadino italiano, nati all\u0027estero\n e in possesso di altra cittadinanza - Applicabilita\u0027 della\n preclusione ai nati all\u0027estero anche prima dell\u0027entrata in vigore\n dell\u0027art. 3-bis della legge n. 91 del 1992, introdotto dal\n decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36 - Deroghe nel caso di\n riconoscimento, nel rispetto della normativa applicabile al 27\n marzo 2025, a seguito di domanda di accertamento della cittadinanza\n presentata (in via amministrativa o giurisdizionale) non oltre le\n 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025. \n- Legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), art.\n 3-bis, introdotto dall\u0027art. 1, comma 1, del decreto-legge 28 marzo\n 2025, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza),\n convertito, con modificazioni, nella legge 23 maggio 2025, n. 74. \n\n\r\n(GU n. 38 del 17-09-2025)\n\r\n \n TRIBUNALE DI TORINO \nSezione specializzata in materia di immigrazione, protezione\n internazionale e libera circolazione dei cittadini UE \n \n Il Tribunale di Torino, in persona del giudice Fabrizio\nAlessandria, nella causa civile iscritta al n. r.g. 6648/2025\npromossa da: \n Maria Eugenia Escovar Alvarado, nata in Venezuela il 26\ndicembre 1982; Ramon Jose\u0027 Escovar Alvarado, nato in Venezuela il 15\ngennaio 1978; Maria Victoria Alvarado Bajares, nata in Venezuela il\n17 aprile 1952; Angela Cecilia Alvarado Bajares, nata in Venezuela il\n12 gennaio 1955; Maria Victoria Escovar Alvarado, nata in Venezuela\nil 15 gennaio 1978; Marcelino Alfredo Madriz Alvarado, nato in\nVenezuela il 9 maggio 1983; Manuel Alberto Madriz Alvarado, nato in\nVenezuela il 17 maggio 1986, per se\u0027 e per il proprio figlio minore\nJoaquin Ignacio Madriz Valladares, nato in Venezuela l\u00278 settembre\n2022, tutti rappresentati e difesi dall\u0027avv. Benedetta Ballatore, dal\nprof. avv. Alfonso Celotto, dal prof. avv. Giovanni Bonato, dall\u0027avv.\nGiovanni Caridi e dall\u0027avv. Riccardo De Simone - ricorrenti - contro\nMinistero dell\u0027interno, in persona del Ministro pro tempore,\ndomiciliato ex lege presso l\u0027Avvocatura distrettuale dello Stato di\nTorino - convenuto contumace - e nei confronti del pubblico\nministero, in persona del procuratore della Repubblica presso il\nTribunale di Torino - interveniente necessario - a scioglimento della\nriserva assunta all\u0027udienza del 16 giugno 2025, ha pronunciato la\nseguente ordinanza. \n 1. Con ricorso ex art. 28-decies del codice di procedura civile\ndepositato in data 28 marzo 2025, ritualmente notificato, i\nricorrenti convenivano in giudizio il Ministero dell\u0027interno\nchiedendo di accertare e dichiarare il loro status di cittadini\nitaliani iure sanguinis, deducendo di essere discendenti del\ncittadino italiano Pietro Maria Dorato, nato a Torino l\u002711 ottobre\n1837 (cfr. doc. 1) che, successivamente, emigrava in Venezuela, senza\ntuttavia mai naturalizzarsi cittadino venezuelano (cfr. doc. 2).\nConseguentemente, i ricorrenti chiedevano di ordinare al Ministero\ndell\u0027interno e, per esso, all\u0027ufficiale dello Stato Civile\ncompetente, di procedere all\u0027iscrizione, trascrizione e annotazione\ndella cittadinanza nei registri dello stato civile. \n Il Ministero dell\u0027interno non si costituiva in giudizio. \n Il pubblico ministero nulla opponeva all\u0027accoglimento del\nricorso. \n All\u0027udienza del 16 giugno 2025, verificata la regolarita\u0027 e\ntempestivita\u0027 delle notificazioni, il giudice dichiarava la\ncontumacia del Ministero convenuto. In via preliminare, i ricorrenti\neccepivano l\u0027incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 3-bis della legge n.\n91/1992, richiamandosi alle argomentazioni di cui alla memoria\nautorizzata dell\u002711 giugno 2025; osservavano, in particolare, che la\nquestione di costituzionalita\u0027 sarebbe ammissibile e rilevante, per\nessere la normativa introdotta dal decreto-legge n. 36/2025\napplicabile al caso di specie (ricorso presentato in data 28 marzo\n2025 e non preceduto da domanda in via amministrativa, trattandosi di\ndiscendenza iure sanguinis per linea materna). Il giudice, preso\natto, tratteneva la causa in riserva. \n 2. Preliminarmente va affermata la competenza della Sezione\nspecializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e\nlibera circolazione dei cittadini UE presso il Tribunale di Torino,\nai sensi dall\u0027art. 1, comma 36 e comma 37, legge n. 206/2021 che ha\nintrodotto all\u0027art. 4, comma 5, del decreto-legge n. 13/2017,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge n. 46/2017 il seguente\nperiodo: «quando l\u0027attore risiede all\u0027estero le controversie di\naccertamento dello stato di cittadinanza italiana sono assegnate\navendo riguardo al comune di nascita del padre, della madre o\ndell\u0027avo cittadini italiani». \n 3. Nel merito, e con riferimento all\u0027ammissibilita\u0027 della\nquestione di costituzionalita\u0027 eccepita dai ricorrenti, si rileva che\n- in applicazione della normativa precedente all\u0027entrata in vigore\ndel decreto-legge n. 36/2025 - la domanda di parte ricorrente sarebbe\nstata fondata, in quanto sulla base della documentazione in atti,\nrisulta provata la discendenza diretta per linea paterna da cittadino\nitaliano, nonostante nella linea genealogica figuri un ascendente di\nsesso femminile, sposata con cittadino straniero e con cui aveva\navuto un figlio prima della promulgazione della vigente Costituzione\ndel 1948. \n Si ritiene peraltro che la documentazione offerta in\ncomunicazione dai ricorrenti consenta di ritenere rispettata anche la\nprevisione di cui al novellato art. 19-bis del decreto legislativo n.\n150/2011. Come noto, il decreto-legge n. 36/2025 ha aggiunto a tale\nnorma il comma 2-bis, che introduce il divieto di ricorrere alla\nprova testimoniale, e il comma 2-ter, ai sensi del quale «nelle\ncontroversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana\nchi chiede l\u0027accertamento della cittadinanza e\u0027 tenuto ad allegare e\nprovare l\u0027insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita\ndella cittadinanza previste dalla legge»). Nel caso qui in esame,\ncome gia\u0027 rilevato, e\u0027 agli atti il certificato negativo di\nnaturalizzazione dell\u0027avo (doc. 2), di talche\u0027 deve considerarsi\nassolto anche il nuovo onere probatorio documentale previsto dal\ndecreto-legge n. 36/2025. Tanto premesso, in punto di fatto i\nricorrenti: \n allegano di essere tutti discendenti in linea diretta dal\nsig. Pietro Maria Dorato, cittadino italiano per nascita,\nsegnatamente nato a Torino in data 11 ottobre 1837 e deceduto in\nVenezuela successivamente alla proclamazione del Regno d\u0027Italia (di\nconseguenza, si deve ritenere che Pietro Maria Dorato abbia acquisito\nla cittadinanza italiana in seguito all\u0027unificazione avvenuta nel\n1861; in questo senso, cfr. ex multis l\u0027ord. n. 23849 del 2023 del\nTribunale di Roma); \n allegano che il sig. Pietro Maria Dorato si e\u0027 trasferito in\nVenezuela e non ha mai rinunciato alla cittadinanza italiana; \n ricostruiscono la linea di discendenza, per il tramite della\nfiglia del sig. Dorato e delle figlie di quest\u0027ultima; \n allegano che i discendenti del sig. Dorato sono italiani per\ndiritto di nascita, ma che il Consolato del Venezuela non consente di\nricevere le istanze di riconoscimento di cittadinanza ove una persona\ndella linea di discendenza sia donna nata prima dell\u0027entrata in\nvigore della costituzione repubblicana, imponendo a costoro di agire\nesclusivamente per la via giudiziale (cfr. estratto del sito internet\ndel Consolato generale d\u0027Italia a Caracas, sub doc. 19). \n A prova di tali fatti, i ricorrenti hanno depositato l\u0027estratto\ndi nascita dell\u0027avo italiano emigrato in Venezuela (doc. 1), il\ncertificato di mancata sua naturalizzazione (doc. 2) e il certificato\ndi matrimonio dell\u0027avo con una donna venezuelana (doc. 3). Inoltre,\ndepositano i certificati di nascita e di matrimonio dei discendenti\ndell\u0027avo (docc. da 4 a 18), le indicazioni del Consolato italiano in\nVenezuela circa l\u0027impossibilita\u0027 di presentare domanda in via\namministrativa per i discendenti da donne italiane nati prima del\n1948 (doc. 19), nonche\u0027 l\u0027ordinanza n. 23849 del 2023 del Tribunale\ndi Roma, resa nel giudizio R.G. n. 13107/2022, con cui - in un caso\nche vedeva quali ricorrenti alcuni parenti in linea collaterale degli\nodierni ricorrenti, tutti discendenti dell\u0027avo Pietro Maria Dorato -\ne\u0027 stato accertato lo status di cittadino italiano dell\u0027avo Pietro\nMaria Dorato, della figlia Angela Maria Dorato Soto e del nipote\nAnselmo Alvarado Dorato, con il conseguente diritto dei loro\ndiscendenti alla cittadinanza italiana (doc. 20). \n In diritto, i ricorrenti: \n richiamano il disposto dell\u0027art. 1 della legge n. 555 del\n1912 circa la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis; \n richiamano la sentenza della Corte costituzionale, n. 30 del\n1983, che ha stabilito che l\u0027art. 1 della legge n. 555 del 1912 e\u0027\nincostituzionale nella parte in cui non prevede che sia cittadino per\nnascita anche il figlio di madre italiana; \n danno atto della costante giurisprudenza della Corte di\nCassazione, in ragione della quale non vi e\u0027 un limite temporale alla\npossibilita\u0027 di richiedere la cittadinanza italiana in quanto lo\nstatus di cittadino ha natura permanente ed imprescrittibile ed e\u0027\ngiustiziabile in ogni tempo, salvo l\u0027estinzione per effetto della\nrinuncia del richiedente e che la titolarita\u0027 della cittadinanza\nitaliana va riconosciuta in sede giudiziaria alla donna che l\u0027ha\nperduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al\n1° gennaio 1948, in quanto la perdita senza la volonta\u0027 della\ntitolare della cittadinanza e\u0027 effetto perdurante di una norma\nincostituzionale, per violazione del principio della parita\u0027 dei\nsessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi di cui agli\narticoli 3 e 29 della Costituzione (cfr. Cassazione civ.,\nSezioni unite, sentenza n. 4466 del 2009); \n richiamano ancora la giurisprudenza di legittimita\u0027, a tenor\ndel quale la cittadinanza «per nascita» si acquista a titolo\noriginario, determinando uno status civitatis che ha natura\npermanente ed e\u0027 imprescrittibile e giustiziabile in ogni tempo in\nbase alla semplice prova della fattispecie acquisitiva integrata\ndalla nascita da cittadino italiano, di talche\u0027 la linea di\ntrasmissione e\u0027 prova necessaria e sufficiente per l\u0027accoglimento\ndella tutela giudiziale (nel senso che il richiedente puo\u0027 limitarsi\nad allegare e provare di essere discendente di un cittadino\nitaliano); \n menzionano un ulteriore profilo della giurisprudenza di\nlegittimita\u0027, che ha chiarito che il cittadino italiano nato e\nresidente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio\ncittadino per nascita, conserva comunque la cittadinanza italiana e\nla trasmette ai figli (cfr. Cassazione civ., Sezioni unite, n. 25317\ndel 2022). \n 4. Nel contesto di fatto e di diritto appena descritto, e\u0027\nintervenuto il decreto-legge n. 36 del 2025, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge n. 74 del 2025. \n Il decreto-legge ha inserito l\u0027art. 3-bis nella legge n. 91/1992,\nnorma del seguente testuale tenore: \n «In deroga agli articoli 1, 2, 3, 14 e 20 della presente\nlegge, all\u0027art. 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, agli articoli\n1, 2, 7, 10, 12 e 19 della legge 13 giugno 1912, n. 555, nonche\u0027 agli\narticoli 4, 5, 7, 8 e 9 del codice civile approvato con regio decreto\n25 giugno 1865, n. 2358, e\u0027 considerato non avere mai acquistato la\ncittadinanza italiana chi e\u0027 nato all\u0027estero anche prima della data\ndi entrata in vigore del presente articolo ed e\u0027 in possesso di altra\ncittadinanza, salvo che ricorra una delle seguenti condizioni: \n a) lo stato di cittadino dell\u0027interessato e\u0027 riconosciuto,\nnel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo 2025, a seguito\ndi domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata\nall\u0027ufficio consolare o al sindaco competenti non oltre le 23,59, ora\ndi Roma, della medesima data; \n a-bis) lo stato di cittadino dell\u0027interessato e\u0027\nriconosciuto, nel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo\n2025, a seguito di domanda, corredata della necessaria\ndocumentazione, presentata all\u0027ufficio consolare o al sindaco\ncompetenti nel giorno indicato da appuntamento comunicato\nall\u0027interessato dall\u0027ufficio competente entro le 23,59, ora di Roma,\ndella medesima data del 27 marzo 2025; \n b) lo stato di cittadino dell\u0027interessato e\u0027 accertato\ngiudizialmente, nel rispetto della normativa applicabile al 27 marzo\n2025, a seguito di domanda giudiziale presentata non oltre le 23,59,\nora di Roma, della medesima data; \n c) un ascendente di primo o di secondo grado possiede, o\npossedeva al momento della morte, esclusivamente la cittadinanza\nitaliana; \n d) un genitore o adottante e\u0027 stato residente in Italia per\nalmeno due anni continuativi successivamente all\u0027acquisto della\ncittadinanza italiana e prima della data di nascita o di adozione del\nfiglio». \n In buona sostanza, la nuova normativa emergenziale introduce dei\nrequisiti piu\u0027 stringenti per il riconoscimento dello stato di\ncittadino italiano dei soggetti nati all\u0027estero che, pur avendo il\ndiritto ad essere riconosciuti cittadini italiani ai sensi della\nlegge n. 91/1992, non abbiano esercitato tale diritto con domanda\n(amministrativa o giudiziale) presentata «non oltre le 23,59, ora di\nRoma» del 27 marzo 2025; vale a dire, del giorno precedente\nall\u0027entrata in vigore del decreto legge n. 36/2025. \n 4.1. La disposizione in esame si applica al caso di specie, per i\nseguenti motivi: \n i ricorrenti hanno rappresentato che nel Venezuela\nl\u0027attribuzione della cittadinanza venezuelana avviene sia iure\nsanguinis sia iure soli; \n i ricorrenti sono tutti nati in Venezuela, di talche\u0027 essi\nhanno acquisito (anche) la cittadinanza venezuelana; \n ai sensi dell\u0027art. 34 della Costituzione della Repubblica\nBolivariana del Venezuela approvata il 20 dicembre 1999, «la\nnazionalita\u0027 venezuelana non si perde all\u0027optare o acquisire di altra\nnazionalita\u0027», di talche\u0027 il Venezuela consente il regime di doppia\ncittadinanza; \n ai sensi della nuova disposizione di legge, i ricorrenti\ndevono essere considerati come non aver mai acquisito la cittadinanza\nitaliana sin dalla nascita; \n i ricorrenti non rientrano nelle clausole derogatorie\npreviste dalla legge, atteso che: \n non e\u0027 stata proposta (ne\u0027 risultava proponibile, in\nragione del fatto che la figlia dell\u0027avo emigrato ha avuto un figlio\nnato prima dell\u0027entrata in vigore della Costituzione repubblicana del\n1948) domanda in via amministrativa; \n la domanda giudiziale e\u0027 stata proposta il 28 marzo 2025 e,\nquindi, successivamente alle ore 23,59 del 27 marzo 2025; \n non risulta che gli ascendenti dei ricorrenti abbiano\nsoggiornato in Italia per due anni prima della nascita del figlio; \n gli ascendenti dei ricorrenti non avevano esclusivamente la\ncittadinanza italiana. \n 5. I ricorrenti, con memoria autorizzata dell\u002711 giugno 2025,\nhanno eccepito l\u0027incostituzionalita\u0027 del predetto art. 3-bis legge n.\n91/1992, rilevando che tale norma violerebbe numerosi precetti\ntutelati dalla Costituzione, in particolare agli articoli 3, 22, 77 e\n117, comma 1. \n 5.1. Orbene, la disamina dell\u0027ammissibilita\u0027 e della rilevanza\ndella questione di legittimita\u0027 costituzionale dedotta impone la\nsoluzione di una questione interpretativa, che si ritiene preliminare\ne dirimente: occorre cioe\u0027 stabilire quale sia l\u0027efficacia dell\u0027art.\n3-bis legge n. 91/1992 sul diritto di cittadinanza dei ricorrenti. In\naltri termini, occorre stabilire se la nuova norma introdotta - con\nefficacia retroattiva - dal decreto-legge n. 36/2025 incida (i) su un\ndiritto di cittadinanza iure sanguinis gia\u0027 acquisito al patrimonio\ngiuridico dei ricorrenti, ovvero se incida (ii) su una situazione di\nmera aspettativa al riconoscimento della cittadinanza italiana. \n 5.2. Invero, e\u0027 evidente che la normativa introdotta con il\ndecreto-legge n. 36/2025 comporti una limitazione del diritto al\nriconoscimento della cittadinanza italiana previsto dalla\nlegislazione previgente: in questo senso, si rileva che l\u0027appena\nrichiamato art. 3-bis legge n. 91/1992 esordisce con l\u0027espressione\n«in deroga agli articoli ...»; si tratta, pertanto, di normativa\nspeciale che deroga agli ordinari criteri in materia di\nriconoscimento della cittadinanza italiana. \n Ne\u0027 puo\u0027 essere dubitato che tale normativa abbia efficacia\n(almeno in parte) retroattiva, nel senso che essa si applica a tutte\nle domande presentate successivamente alle 23,59 del 27 marzo 2025;\nvale a dire, anche a persone gia\u0027 nate che, in applicazione della\nnormativa previgente (come detto, espressamente derogata dal\ndecreto-legge n. 36/2025) avrebbero pacificamente avuto diritto al\nriconoscimento della cittadinanza italiana. \n Nella relazione illustrativa al decreto-legge n. 36/2025 si legge\nche il novellato art. 3-bis legge n. 91/1992 «stabilisce una\npreclusione all\u0027acquisto automatico della cittadinanza per i nati\nall\u0027estero in possesso di cittadinanza di Stato estero», con le sole\neccezioni previste alle lettere c) e d) del medesimo art. 3-bis\n(ascendente di primo o secondo grado titolare esclusivamente della\ncittadinanza italiana, ovvero residenza «qualificata» in Italia pari\nad almeno due anni continuativi). Secondo la medesima relazione\nillustrativa, dunque, «la disposizione non introdurrebbe un\u0027ipotesi\ndi perdita della cittadinanza (ulteriore rispetto a quelle previste\ndall\u0027art. 13 della legge n. 91 del 1992) bensi\u0027 una specifica\npreclusione all\u0027acquisto automatico della cittadinanza (ex tunc e\ndunque operante anche ai nati all\u0027estero prima dell\u0027entrata in vigore\ndella disposizione stessa) per discendenza, per adozione o per altra\ncausa». \n In tale contesto, come detto, occorre dunque valutare se la\nderoga introdotta dal decreto-legge n. 36/2025 costituisca negli\neffetti una nuova ipotesi di perdita (rectius, revoca) della\ncittadinanza, ovvero se introduca - come prospettato nella relazione\nillustrativa - un semplice «meccanismo processuale», in quanto tale\nimmediatamente applicabile alla stregua del principio tempus regit\nactum. In altri termini, e in buona sostanza, occorre valutare se\nl\u0027immediata applicabilita\u0027 della nuova disposizione normativa di cui\nall\u0027art. 3-bis legge n. 91/1992 sia compatibile con i principi\ncostituzionali e, in particolare, con i principi di ragionevolezza e\ndi affidamento nella sicurezza giuridica piu\u0027 volte affermati dalla\ngiurisprudenza costituzionale (si tratta di principi ricavabili dagli\narticoli 2 e 3 della Costituzione, che sono stati ripetutamente\naffermati dalla Corte con particolare riguardo alla materia\nprevidenziale; cfr., ex multis, sentenza n. 69 del 2014 e sentenza n.\n173 del 2016), nonche\u0027 con i principi costituzionali e internazionali\nche impediscono che un individuo sia arbitrariamente privato della\nsua cittadinanza (art. 22 della Costituzione, art. 15, comma 2, della\nDichiarazione universale dei diritti dell\u0027uomo del 10 dicembre 1948 e\nart. 3, comma 2, del Quarto protocollo addizionale alla CEDU). \n 6. A tal fine, si rende necessario un breve excursus sui\nrequisiti per l\u0027accertamento della cittadinanza italiana in favore di\nsoggetti nati all\u0027estero nel regime previgente alla novella di cui al\ndecreto-legge n. 36/2025. \n Sul punto, appare utile innanzi tutto richiamare quanto\nrecentemente affermato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione\nche, nella sentenza n. 25318 del 24 agosto 2022 (relativa alle\nconseguenze giuridiche nell\u0027ordinamento italiano della normativa\nbrasiliana che introdusse, con decreto n. 58-A del 1889, la c.d.\n«grande naturalizzazione») ha ripercorso i principi fondamentali\nposti dalla legge n. 91/1992 per l\u0027accertamento del diritto alla\ncittadinanza italiana. Si riporta di seguito testualmente, per\nragioni di chiarezza espositiva, il paragrafo della menzionata\nsentenza delle Sezioni unite che ricostruisce i principi attributivi\ndella cittadinanza italiana nel regime normativo vigente sino al 27\nmarzo 2025: \n «XIII. Essenzialmente la cittadinanza e\u0027 una qualita\u0027,\nattribuita dalla legge, che indica l\u0027appartenenza di un soggetto a\nuno Stato. \n A essa corrisponde un patrimonio variabile di diritti e\ndoveri di matrice pubblica e costituzionale (uno status, come si suol\ndire). \n A questo riguardo l\u0027ordinamento giuridico italiano mantiene\nper tradizione un approccio conservatore, senza alterazioni\nsostanziali rispetto al prevalente criterio di acquisizione della\ncittadinanza iure sanguinis, praticamente immutato fin dal codice\ncivile del 1865 secondo un impianto ereditato prima dalla legge n.\n555 del 1912 e poi dalla attuale legge n. 91 del 1992. \n L\u0027acquisto fondamentale e\u0027 a titolo originario per nascita. \n Fino al 1992 cio\u0027 equivaleva a dire che e\u0027 cittadino italiano\nchi sia figlio di padre cittadino, oppure, quando il padre e\u0027 ignoto\n(o apolide), chi sia figlio di madre cittadina. \n Una tale formula ha nella sostanza caratterizzato le leggi\nnazionali nell\u0027arco del divenire storico che qui rileva: articoli 4 e\n7 del codice civile del 1865, art. 1 della legge n. 555 del 1912. \n Il quadro e\u0027 mutato con la legge n. 91 del 1992, frutto di\nuna sopravvenuta maturazione costituzionale, ma semplicemente nel\nsenso che e\u0027 cittadino per nascita - oggi - chi sia figlio di padre o\ndi madre cittadini, ovvero chi sia nato nel territorio della\nRepubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi (o se non\nsegua la loro cittadinanza in base alla legge dello Stato di\nappartenenza). \n Guardando alle prime manifestazioni della volonta\u0027\nlegislativa esternata dalla legislazione precostituzionale, non e\u0027\ndubitabile che il legislatore italiano si sia espresso in termini di\nsostanziale continuita\u0027 di scopo e di intenti; ed e\u0027 infatti\ncomunemente accettata l\u0027opinione che vede nella legge n. 555 del 1912\nun semplice punto di perfezionamento della disciplina gia\u0027 insita nel\ncodice civile del 1865. \n Puo\u0027 osservarsi che il peso della scelta ispirata ai legami\ndi sangue (per l\u0027appunto iure sanguinis), rispetto ad altri indici di\nlegame tra la persona e il territorio (iure loci o, come anche si\ndice, iure soli, piu\u0027 o meno temperati da requisiti e condizioni\naggiunte), ha giustificato (e tuttora in parte giustifica, nella\nlegge n. 91 del 1992) una decisa restrizione delle possibilita\u0027 di\nacquisto della cittadinanza di chi non vanti ascendenti italiani, ma\nanche - per la contraddizione che non consente - una altrettanto\ndecisa restrizione delle possibilita\u0027 di ravvisare fattispecie\nestintive della cittadinanza degli italiani all\u0027estero. \n E\u0027 un fatto assolutamente ovvio, da quest\u0027ultimo punto di\nvista, che l\u0027istituto della perdita della cittadinanza italiana puo\u0027\ndipendere solo dalla legislazione nazionale, secondo le previsioni in\nquesta pro tempore rinvenibili, non mai invece da decisioni attuate\nin un ambito ordinamentale straniero. \n Proprio da cio\u0027 e\u0027 originato il riconoscimento dei fenomeni\ndi doppia cittadinanza, d\u0027altronde armonici con lo sviluppo e\nl\u0027evoluzione del diritto internazionale. Fenomeni dei quali\nl\u0027ordinamento attuale (con la citata legge n. 91 del 1992) tende\nsemmai a risolvere le ipotetiche conseguenti situazioni di conflitto. \n Non puo\u0027 non sottolinearsi come della rilevanza di tali\nfenomeni di doppia cittadinanza abbia dato atto pure (e finanche\nall\u0027epoca) la tanto evocata sentenza della Corte di cassazione di\nNapoli del 1907. \n La possibilita\u0027 di aversi nel tempo «una duplice\nnazionalita\u0027» venne gia\u0027 allora considerata una «conseguenza\ninevitabile (...) del concetto della sovranita\u0027, che include\nnecessariamente le note di autonomia ed indipendenza di ciascuna di\nesse nel proprio territorio». \n La risultante di un tale schema e\u0027 molto semplice. \n La cittadinanza per fatto di nascita si acquista a titolo\noriginario. \n Lo status di cittadino, una volta acquisito, ha natura\npermanente ed e\u0027 imprescrittibile. \n Esso e\u0027 giustiziabile in ogni tempo in base alla semplice\nprova della fattispecie acquisitiva integrata dalla nascita da\ncittadino italiano. \n Donde la prova e\u0027 nella linea di trasmissione. \n Resta salva solo l\u0027estinzione per effetto di rinuncia (v.\ngia\u0027 Cassazione Sezioni unite n. 4466-09). \n Ne segue che, ove la cittadinanza sia rivendicata da un\ndiscendente, null\u0027altro - a legislazione invariata - spetta a lui di\ndimostrare salvo che questo: di essere appunto discendente di un\ncittadino italiano; mentre incombe alla controparte, che ne abbia\nfatto eccezione, la prova dell\u0027evento interruttivo della linea di\ntrasmissione» (cosi\u0027 testualmente Cassazione, Sezioni unite, sentenza\nn. 25318 del 24 agosto 2022). \n Ad analoghe conclusioni era gia\u0027 pervenuta in precedenza la\ngiurisprudenza di legittimita\u0027, di talche\u0027 si puo\u0027 parlare di\norientamento consolidato. Per completezza, si richiama - tra le molte\n- quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sempre a Sezioni unite,\nnella precedente pronuncia n. 4466 del 25 febbraio 2009, ricognitiva\ndei principi affermati dalla Corte costituzionale con le sentenze n.\n87 del 1975 e n. 30 del 1983, che avevano - come noto - esteso\nl\u0027acquisto della cittadinanza a titolo originario per nascita anche\nai figli di madre italiana: \n «Per la normativa ordinaria, alla cittadinanza ha diritto il\nfiglio di padre o madre cittadini o di genitori ignoti, se nasce sul\nterritorio nazionale (legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 1), con\nriferimento ai concetti di ius sanguinis e ius soli; la Costituzione\nvieta che lo stato possa perdersi per motivi politici (art. 22 della\nCostituzione) e la legge ordinaria precisa che ad esso puo\u0027\nrinunciare solo chi ne e\u0027 titolare (legge n. 92 del 1991, art. 11).\nLa struttura normativa dell\u0027istituto evidenzia che ogni persona ha un\ndiritto soggettivo alla condizione personale costituita dallo stato\ndi cittadino e in tal senso sono pure le convenzioni internazionali\nrilevanti in questa sede ai sensi dell\u0027art. 117 della Costituzione\n(dall\u0027art. 15 della Dichiarazione universale dei diritti dell\u0027uomo\ndel 1948 al Trattato di Lisbona approvato dal Parlamento europeo il\n16 gennaio 2008). \n La legge n. 92 del 1991 sulla cittadinanza riafferma\nl\u0027esistenza di tale diritto che puo\u0027 essere solo riconosciuto dalle\nautorita\u0027 amministrative competenti (Ministero dell\u0027interno: articoli\n7 e 8), prevedendo eccezionalmente atti concessori di esso da parte\ndel Presidente della Repubblica, con una discrezionalita\u0027 politica\nlimitata, in rapporto alle circostanze speciali indicate dalla legge,\nper le quali la cittadinanza viene concessa (art. 9). Lo stato di\ncittadino e\u0027 permanente ed ha effetti perduranti nel tempo che si\nmanifestano nell\u0027esercizio dei diritti conseguenti; esso, come si e\u0027\nrilevato, puo\u0027 perdersi solo per rinuncia, cosi\u0027 come anche nella\nlegislazione previgente (legge n. 555 del 1912, art. 8, n. 2). \n Per la Convenzione sull\u0027eliminazione di ogni forma di\ndiscriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18\ndicembre 1979 e ratificata in Italia dalla legge 14 marzo 1985, n.\n132, richiamata in ricorso, alle donne spettano \"diritti uguali a\nquelli degli uomini in materia di acquisto, mutamento e conservazione\ndella cittadinanza\". Nella legge del 1912, come interpretata dalla\nCorte costituzionale nelle due richiamate sentenze, il rapporto di\nconiugio della donna \"maritata\" con straniero e quello di\n\"filiazione\" solo da padre cittadino comportavano rispettivamente la\nperdita o l\u0027acquisto della cittadinanza, non spettante al figlio di\ndonna che l\u0027aveva perduta per matrimonio. \n Nessun riferimento esclusivo alla nascita e al mero ius\nsanguinis giustificava o giustifica l\u0027acquisto dello stato di\ncittadino, che sorge dalla filiazione, oggi anche adottiva, essendo\ndubitabile e superato il collegamento al mero fatto del nascere da un\nsoggetto con una specifica cittadinanza dell\u0027acquisto di questa, con\nuna visione che pericolosamente si accosta al concetto di \"razza\",\nincompatibile con la civilta\u0027 prima ancora che con l\u0027art. 3 della\nCostituzione. La cittadinanza, come esattamente si afferma dalla\nmigliore dottrina, assume il suo senso e significato non solo nella\ndisciplina dei rapporti verticali del suo titolare con lo Stato che\nesercita poteri sovrani nei suoi confronti, ma anche in quelli\norizzontali con gli altri appartenenti alla societa\u0027 cui egli\npartecipa con lui titolari del medesimo stato (art. 4 della\nCostituzione). Attraverso il rapporto di filiazione che collega una\npersona alla formazione sociale intermedia costituita dalla famiglia\n\"societa\u0027 naturale\" (articoli 2 e 29 della Costituzione), la persona\nentra in rapporto con l\u0027intera societa\u0027 e ha diritto al\nriconoscimento dello stato di cittadino e dei diritti e doveri\nconseguenti. \n Percio\u0027 correttamente si afferma che lo stato di cittadino,\neffetto della condizione di figlio, come questa, costituisce una\nqualita\u0027 essenziale della persona, con caratteri d\u0027assolutezza,\noriginarieta\u0027, indisponibilita\u0027 ed imprescrittibilita\u0027, che lo\nrendono giustiziabile in ogni tempo e di regola non definibile come\nesaurito o chiuso, se non quando risulti denegato o riconosciuto da\nsentenza passata in giudicato. \n Tale ricostruzione del concetto di cittadinanza emerge dalle\nstesse sentenze sulla legge precostituzionale che la regolava della\nCorte costituzionale, che ritengono la perdita e il mancato acquisto\ndello stato imposte dalla normativa illegittima, effetto di un\nmatrimonio, sempre che questo permanga efficace e non sia stato\nsciolto, e dell\u0027essere figlio di madre che la perdita dello stato\nabbia subito contro la sua volonta\u0027, senza rinunciarvi. ...» (cosi\u0027\ntestualmente Cass., Sezioni unite n. 4466 del 25 febbraio 2009). \n In applicazione del c.d. «diritto vivente», dunque, deve\nconcludersi che - nel regime previgente al decreto-legge n. 36/2025 -\ni soggetti nati all\u0027estero che potevano dimostrare la propria\ndiscendenza ininterrotta da un cittadino italiano fossero per cio\u0027\nsolo cittadini italiani, essendo la qualita\u0027 di «cittadino italiano»\nuna «qualita\u0027 essenziale della persona, con caratteri d\u0027assolutezza,\noriginarieta\u0027, indisponibilita\u0027 ed imprescrittibilita\u0027» (cosi\u0027\nCassazione Sezioni unite n. 4466/2009, cit.). \n 7. Ad avviso di questo Tribunale, dunque, il dubbio\ninterpretativo sollevato retro al paragrafo 5.1 va risolto nel senso\nche - nel regime previgente al decreto-legge n. 36/2025 - i nati\nall\u0027estero da avo italiano erano ab origine cittadini italiani. La\ncircostanza che essi avessero, o meno, agito in giudizio per il\nriconoscimento «formale» del loro status di cittadini costituiva\ninvero una semplice circostanza di fatto, irrilevante ai fini del\nriconoscimento del diritto. Non poteva cioe\u0027 parlarsi di rapporto\ngiuridico «a formazione progressiva», ma di un diritto soggettivo\nperfetto che sorgeva con la nascita della persona. \n L\u0027ipotesi interpretativa contraria, alla stregua della quale lo\nstatus di cittadino non sarebbe ancora «completo», necessitando di un\nsuo formale riconoscimento giudiziale, contrasta con l\u0027impostazione\nermeneutica tradizionalmente adottata dalla giurisprudenza\ncostituzionale e di legittimita\u0027 piu\u0027 sopra richiamata. Essa\ncontrasta, in particolare, con la natura dichiarativa (e non\ncostitutiva) che viene pacificamente accordata alle sentenze di\naccertamento della cittadinanza iure sanguinis; cio\u0027 a dimostrazione\ndel fatto che l\u0027intervento giudiziale (o amministrativo) non\ncomportava la costituzione di alcun diritto alla cittadinanza in capo\nai discendenti di un avo italiano, ma il semplice riconoscimento di\nun diritto gia\u0027 da essi acquisito. Diversamente opinando, infatti, si\nverterebbe in un\u0027ipotesi di acquisto della cittadinanza «per\nnaturalizzazione» (come avviene per le persone straniere che\nrisiedano in Italia per un dato periodo temporale, al ricorrere delle\ncircostanze normativamente previste) e non di acquisto della\ncittadinanza «per nascita», come indubitabilmente era nel caso dei\ncittadini iure sanguinis nel regime previgente al decreto-legge n.\n36/2025. \n 7.1. Rileggendo l\u0027art. 1 decreto-legge n. 36/2025 alla luce di\ntali principi, si impongono ancora le seguenti considerazioni. \n La nuova norma comporta, nella sostanza, una limitazione dello\nstatus di cittadino, gia\u0027 acquisito a titolo originario dai soggetti\nnati all\u0027estero con avo italiano. \n Come piu\u0027 volte rimarcato, il «diritto vivente» (da ultimo\noggetto dell\u0027interpretazione nomofilattica della Corte di Cassazione\na Sezioni unite nella richiamata sentenza n. 25318/22) attribuisce\nrilevanza - ai fini del riconoscimento dello status di cittadino\nitaliano - alla sola circostanza di essere discendente diretto di un\navo italiano (sempre che la linea di trasmissione della cittadinanza\nnon sia interrotta da un volontario atto di revoca; circostanza da\nescludersi nel caso oggi in discussione), senza che assuma alcuna\nrilevanza la circostanza che gli ascendenti del ricorrente abbiano, o\nmeno, esercitato il loro diritto al riconoscimento «formale» della\ncittadinanza. In altri termini, lo status di cittadino e\u0027 parte del\npatrimonio giuridico della persona, e viene acquisito alla nascita a\ntitolo originario: tale diritto, imprescrittibile, puo\u0027 essere\noggetto di accertamento giudiziale in qualsiasi momento, ma il\nmancato accertamento giudiziale del diritto soggettivo non fa venire\nmeno l\u0027esistenza del diritto (in questo senso, si richiama quanto\naffermato dalla giurisprudenza di legittimita\u0027 nella sentenza a\nSezioni unite n. 29459 del 13 novembre 2019: in quel caso la Suprema\nCorte, chiamata a pronunciarsi sull\u0027applicabilita\u0027 delle norme\nrestrittive in materia di protezione umanitaria introdotte dalla\nnovella del 2020, ne aveva escluso l\u0027applicazione retroattiva - cioe\u0027\nalle domande presentate precedentemente all\u0027introduzione della\nmenzionata novella - osservando che «il principio generale\nd\u0027irretroattivita\u0027, che non gode di copertura costituzionale nella\nmateria in questione, ... e\u0027 pur sempre stabilito, salvo deroghe,\ndall\u0027art. 11 delle preleggi. Esso, di la\u0027 da distinzioni, di rilievo\neminentemente descrittivo, tra retroattivita\u0027 in senso proprio e\nretroattivita\u0027 in senso improprio, e\u0027 volto a tutelare non gia\u0027\nfatti, bensi\u0027 diritti: quel che il divieto di retroattivita\u0027\ngarantisce e\u0027 il divieto di modificazione della rilevanza giuridica\ndei fatti che gia\u0027 si siano compiutamente verificati (nel caso di\nfattispecie istantanea) o di una fattispecie non ancora esauritasi\n(nel caso di fattispecie durevole non completata all\u0027epoca\ndell\u0027abrogazione»). \n Una volta chiarito che, nel caso di specie, i ricorrenti sono\nnati cittadini italiani, deve conseguentemente concludersi che la\nnormativa di cui al decreto-legge n. 36/2025 introduce - nella\nsostanza - una fattispecie di «revoca implicita» della cittadinanza.\nE, inoltre, si tratta di una ipotesi di «revoca retroattiva», nella\nmisura in cui le nuove norme si applicano a tutti i casi che non\nsiano pendenti alle 23,59 del 27 marzo 2025 (giorno precedente\nall\u0027entrata in vigore del decreto-legge n. 36/2025). \n Cio\u0027 posto, si deve rilevare la sussistenza di seri dubbi in\nordine alla compatibilita\u0027 del menzionato art. 3-bis della legge 5\nfebbraio 1992 n. 91, introdotto dall\u0027art. 1, comma 1, del\ndecreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, convertito con modificazioni\ndalla legge 23 maggio 2025, n. 74, coi parametri desumibili dagli\narticoli 2, 3, 22 e 117, comma 1, della Costituzione. \nI. - Sulla violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione \n Innanzitutto, deve essere contestata la violazione degli articoli\n2 e 3 della Costituzione (violazione del principio d\u0027eguaglianza). \n In questa prospettiva, rileva l\u0027assoluta arbitrarieta\u0027 del\ntrattamento tra coloro che avevano presentato una domanda giudiziale\nprima del 28 marzo 2025 e coloro che la hanno presentata dopo, senza\nche la diversita\u0027 nella normativa applicabile sia in qualche modo\nlegata ad alcun ulteriore elemento oggettivo rilevante. \n A tal proposito, la giurisprudenza costituzionale ha ricavato\ndagli articoli 2 e 3 della Costituzione l\u0027esistenza di un generale\nprincipio di ragionevolezza delle norme, che devono rispettare un\naltrettanto generale principio di «affidamento nella sicurezza\ngiuridica». Tali principi sono stati per lo piu\u0027 affermati in materia\nprevidenziale, dove piu\u0027 spesso si sono registrati interventi\nnormativi che - per far fronte a contingenti esigenze di bilancio -\nhanno tentato di incidere su rapporti pensionistici gia\u0027 in corso di\nerogazione. Da qui la definizione dottrinale secondo cui il\nlegislatore ordinario, in materia pensionistica, si trovi di fronte\nal limite costituzionale invalicabile dei cc.dd. «diritti quesiti». \n Si ritiene tuttavia che il principio di «affidamento nella\nsicurezza giuridica» e la tutela dei «diritti quesiti» abbiano una\nportata piu\u0027 ampia, non limitabile alla sola materia previdenziale. \n L\u0027affidamento nella sicurezza giuridica costituisce infatti un\nprincipio immanente nell\u0027ordinamento costituzionale, alla base del\n«patto sociale» su cui si fonda l\u0027ordinamento repubblicano. Un\nlegislatore ordinario svincolato dal rispetto dei «diritti quesiti»,\ninfatti, potrebbe aggredire non solo consolidati diritti in materia\npensionistica o di cittadinanza, ma qualsiasi altro diritto\ncostituzionalmente tutelato (quali, a mero diritto di esempio, il\ndiritto di proprieta\u0027 o il diritto al risparmio). \n Tra le numerose pronunce della Corte costituzionale che hanno\ndichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale di una normativa ordinaria\nche incideva retroattivamente su diritti gia\u0027 acquisiti al patrimonio\ngiuridico della persona (in questo senso, cfr. Corte costituzionale\nn. 169 del 2022) si richiama il passaggio argomentativo centrale\ndella sentenza n. 69 del 2014, laddove si legge testualmente: \n «A tal riguardo, questa Corte ha ulteriormente, e\nreiteratamente, precisato come l\u0027efficacia retroattiva della legge\ntrovi, in particolare, un limite nel \"principio dell\u0027affidamento dei\nconsociati nella certezza dell\u0027ordinamento giuridico\", il mancato\nrispetto del quale si risolve in irragionevolezza e comporta, di\nconseguenza, l\u0027illegittimita\u0027 della norma retroattiva (sentenze n.\n170 e n. 103 del 2013, n. 271 e n. 71 del 2011, n. 236 e n. 206 del\n2009, per tutte). \n E, in linea con tale indirizzo, ha anche sottolineato come il\nprincipio dell\u0027affidamento trovi applicazione anche in materia\nprocessuale e risulti violato a fronte di soluzioni interpretative, o\ncomunque retroattive, adottate dal legislatore rispetto a quelle\naffermatesi nella prassi (sentenze n. 525 del 2000 e n. 111 del\n1998). \n Con ancor piu\u0027 puntuale riguardo a disposizioni processuali\nsui termini dell\u0027azione, questa Corte ha poi comunque escluso che\nl\u0027istituto della decadenza tolleri, per sua natura, applicazioni\nretroattive, \"non potendo logicamente configurarsi una ipotesi di\nestinzione del diritto [...] per mancato esercizio da parte del\ntitolare in assenza di una previa determinazione del termine entro il\nquale il diritto [...] debba essere esercitato\" (sentenza n. 191 del\n2005)» (cosi\u0027 testualmente Corte Costituzionale, sentenza n. 69 del\n2014). \n Ad avviso del giudice rimettente, tali principi devono trovare\napplicazione nel caso di specie, dovendosi tenere a mente - in\nparticolare - del «grado di consolidamento» particolarmente elevato\ndella giurisprudenza in materia di cittadinanza iure sanguinis, che\nconsta di un innumerevole di numero di pronunce che (in casi\nsovrapponibili a quello di specie) avevano pacificamente riconosciuto\nil diritto alla cittadinanza. Sul punto, si rimanda alla sentenza\ndella Corte costituzionale n. 70 del 2024, nella parte in cui afferma\nche «va considerato il grado di consolidamento della situazione\nsoggettiva originariamente riconosciuta e poi travolta\ndall\u0027intervento retroattivo (sentenze n. 89 del 2018, n. 250 del\n2017, n. 108 del 2016, n. 216 e n. 56 del 2015)». \n Un ulteriore argomento nel senso dell\u0027arbitrarieta\u0027 e\ndell\u0027irragionevolezza del meccanismo introdotto dal decreto-legge n.\n36/2025 (id est, revoca implicita della cittadinanza con efficacia\nretroattiva e senza alcuna previsione di diritto intertemporale) puo\u0027\nessere tratto dall\u0027esperienza comparata di sistemi giuridici affini. \n Particolarmente significativo e\u0027 il caso dell\u0027ordinamento\ntedesco. La disciplina legislativa federale in materia di\ncittadinanza e\u0027 contenuta principalmente nella legge sulla\ncittadinanza (Staatsangehörigkeitsgesetz - StAG) del 22 luglio 1913\nche, nel corso degli anni, ha subito varie riforme. Ai fini che qui\ninteressano, occorre prendere in considerazione la riforma che e\u0027\nstata attuata con legge del 15 luglio 1999, entrata in vigore il 1°\ngennaio 2000, che ha introdotto quale ulteriore condizione per\nl\u0027acquisizione della cittadinanza tedesca il principio del luogo di\nnascita (ius soli o Geburtsortsprinzip), in aggiunta al principio di\nfiliazione (ius sanguinis o Abstammungsprinzip). In questa\nprospettiva, l\u0027art. 4(4) StAG stabilisce che «la cittadinanza tedesca\nnon viene acquisita secondo il comma 1 alla nascita all\u0027estero, se il\ngenitore tedesco e\u0027 nato all\u0027estero dopo il 31 dicembre 1999 e\nrisiede abitualmente li\u0027, a meno che il bambino non risulti apolide.\n...». \n Cio\u0027 significa che il legislatore tedesco del 1999 ha voluto\nrendere applicabile la nuova (e piu\u0027 restrittiva) normativa in\nmateria di cittadinanza soltanto ai nati dopo il 1° gennaio 2000,\nsenza cioe\u0027 prevedere alcuna applicazione retroattiva (e in peius).\nTale esperienza comparatistica costituisce - ad avviso del giudice\nrimettente - una dimostrazione ulteriore dell\u0027insostenibilita\u0027 della\nscelta normativa del decreto-legge n. 36/2025, che disapplica la\nnormativa in materia di acquisto della cittadinanza italiana per\nnascita in vigore sin dal 1912 con decreto-legge avente efficacia\nimmediata ed effetto retroattivo. \nII. - Sulla violazione dell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione. \n L\u0027irragionevolezza di una normativa che limita il diritto di\ncittadinanza gia\u0027 acquisito al patrimonio giuridico del cittadino,\nsenza che egli vi abbia rinunciato o abbia commesso un atto\n«colpevole» in contrasto con il suo status (come nei casi di cui agli\narticoli 10-bis e 12 legge n. 91/1992), contrasta non solo con i\nmenzionati principi di ragionevolezza e affidamento ricavabili dagli\narticoli 2 e 3 della Costituzione, ma anche con gli obblighi\ninternazionali assunti dall\u0027Italia ai sensi dell\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione. \n Sulla giustiziabilita\u0027 della violazione del diritto\ninternazionale pattizio dinanzi alla Corte costituzionale, si\nrichiama quel consolidato orientamento giurisprudenziale che trova la\nsua sintesi nelle sentenze n. 348 e 349 del 2007. Secondo il giudice\ndelle leggi, «in occasione di ogni questione nascente da pretesi\ncontrasti tra norme interposte e norme legislative interne, occorre\nverificare congiuntamente la conformita\u0027 a Costituzione di entrambe e\nprecisamente la compatibilita\u0027 della norma interposta con la\nCostituzione e la legittimita\u0027 della norma censurata rispetto alla\nstessa norma interposta». In particolare, con riferimento alla\nnecessita\u0027 di sollevare un incidente di costituzionalita\u0027\nogniqualvolta la norma interna si ponga in insanabile contrasto con\nla norma pattizia, la Corte costituzionale ha affermato che «al\ngiudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme\nalla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio\u0027 sia\npermesso dai testi delle norme. Qualora cio\u0027 non sia possibile,\novvero dubiti della compatibilita\u0027 della norma interna con la\ndisposizione convenzionale «interposta», egli deve investire questa\nCorte della relativa questione di legittimita\u0027 costituzionale\nrispetto al parametro dell\u0027art. 117, primo comma» (cosi\u0027 Corte\ncostituzionale n. 349 del 2007). \n Con specifico riferimento alla violazione dell\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione in relazione a norme di diritto dell\u0027Unione\neuropea - in quanto tali giustiziabili anche mediante la proposizione\ndi un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ex art. 267\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea - si rileva che la\ngiurisprudenza costituzionale italiana si e\u0027 ormai consolidata nel\nsenso della c.d. alternativita\u0027 dei rimedi. Si richiama,\nsull\u0027argomento, la recente sentenza della Corte costituzionale n. 7\ndel 2025, che ha cosi\u0027 efficacemente ricostruito i termini della\nquestione: \n «La Sezione rimettente si e\u0027 dunque trovata di fronte al\nbivio se decidere direttamente sulla contrarieta\u0027 dell\u0027art. 2641\ndel codice civile all\u0027art. 49, paragrafo 3, CDFUE - e,\nconseguentemente, confermare o annullare la statuizione della Corte\nd\u0027appello in proposito -, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla\nCorte di giustizia (come suggerito dallo stesso procuratore generale\nricorrente); ovvero se investire questa Corte della valutazione sulla\nlegittimita\u0027 costituzionale del medesimo art. 2641 del codice civile,\nalla stregua tanto dei parametri nazionali sui quali si fonda il\nprincipio di proporzionalita\u0027 della pena, quanto dello stesso art.\n49, paragrafo 3, CDFUE (oltre che dell\u0027art. 17 CDFUE, che tutela a\nlivello unionale il diritto di proprieta\u0027), per il tramite degli\narticoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione. \n 2.2.2. - La decisione della Sezione rimettente di procedere\nin questo secondo senso e\u0027 conforme ai principi ormai ripetutamente\nenunciati dalla giurisprudenza costituzionale (a partire dalla\nsentenza n. 269 del 2017, punto 5.2. del Considerato in diritto) per\nl\u0027ipotesi in cui il giudice rilevi una incompatibilita\u0027 tra una legge\nnazionale e una norma di diritto dell\u0027Unione dotata di effetto\ndiretto. \n Ove la questione abbia altresi\u0027 «un \"tono costituzionale\",\nper il nesso con interessi o principi di rilievo costituzionale»\n(sentenza n. 181 del 2024, punto 6.3. del Considerato in diritto), il\ngiudice italiano ha sempre - accanto alla possibilita\u0027 di\ndisapplicare, nel caso concreto, la legge nazionale, previo eventuale\nrinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in caso di dubbio\nsull\u0027interpretazione o sulla validita\u0027 della norma rilevante\ndell\u0027Unione - l\u0027ulteriore possibilita\u0027 di sollecitare l\u0027intervento di\nquesta Corte, affinche\u0027 rimuova la legge nazionale ritenuta\nincompatibile con il diritto dell\u0027Unione (nello stesso senso,\nrecentemente, sentenza n. 1 del 2025, punto 3.1. del Considerato in\ndiritto). \n Le due possibilita\u0027 - configuranti un \"concorso di rimedi\ngiurisdizionali [che] arricchisce gli strumenti di tutela dei diritti\nfondamentali e, per definizione, esclude ogni preclusione» (sentenza\nn. 20 del 2019, punto 2.3. del Considerato in diritto) - si fondano\nentrambe sul principio del primato del diritto dell\u0027Unione, la cui\ntutela puo\u0027 essere assicurata, in modo \"sempre piu\u0027 integrato\"\n(sentenza n. 15 del 2024, punto 7.3.3. del Considerato in diritto),\nsia da ciascun giudice attraverso il rimedio della disapplicazione\ndella legge nazionale incompatibile nel caso concreto, sia da questa\nCorte attraverso la dichiarazione della sua illegittimita\u0027\ncostituzionale per contrasto con la norma unionale. \n Quest\u0027ultimo rimedio, come gia\u0027 sottolineato nella sentenza\nn. 20 del 2019, ha - anzi - particolare rilievo proprio nella materia\ndella tutela dei diritti fondamentali, dove e\u0027 essenziale che le\ncorti costituzionali e supreme nazionali possano \"contribuire, per la\npropria parte, a rendere effettiva la possibilita\u0027, di cui ragiona\nl\u0027art. 6 del Trattato sull\u0027Unione europea (TUE) [...] che i\ncorrispondenti diritti fondamentali garantiti dal diritto europeo, e\nin particolare dalla CDFUE, siano interpretati in armonia con le\ntradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, richiamate anche\ndall\u0027art. 52, paragrafo 4, della stessa CDFUE come fonti rilevanti\"\n(punto 2.3. del Considerato in diritto). \n Al giudice comune spetta, dunque, il compito di individuare\nil rimedio di volta in volta piu\u0027 appropriato». \n II-1. Tanto premesso, si rileva innanzitutto la violazione\ndell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione in relazione agli articoli\n9 del Trattato sull\u0027Unione europea e 20 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea, che istituiscono e regolano la\ncittadinanza europea come status che si aggiunge a quello di\ncittadino di uno Stato membro. \n Tale censura e\u0027 ammissibile in ragione del riflesso che la\ncittadinanza italiana produce circa la titolarita\u0027 della cittadinanza\neuropea. Essa e\u0027 altresi\u0027 rilevante, in quanto la situazione di\nperdita della cittadinanza italiana introdotta dal decreto-legge n.\n36/2025 indubitabilmente incide su norme di diritto dell\u0027Unione che\nhanno efficacia diretta nel nostro ordinamento, non potendosi\naltrimenti qualificare le norme dei Trattati istitutive della\ncittadinanza europea («E\u0027 cittadino dell\u0027Unione chiunque abbia la\ncittadinanza di uno Stato membro», art. 9 TUE; «E\u0027 istituita una\ncittadinanza dell\u0027Unione. E\u0027 cittadino dell\u0027Unione chiunque abbia la\ncittadinanza di uno Stato membro», art. 20 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea). \n Si osserva in proposito che la CGUE, nella sentenza 5 settembre\n2023, C-689/21, causa X c. Udlændinge - og Integrationsministeriet,\ne\u0027 stata chiamata a pronunciarsi su una normativa danese che, per i\ncittadini danesi nati all\u0027estero, prescriveva la perdita ipso iure\ndella cittadinanza al compimento dei ventidue anni, qualora non\nsussistesse un legame effettivo con la Danimarca; in quel caso, la\nCorte ha testualmente affermato che «la situazione di cittadini\ndell\u0027Unione che [...] possiedono la cittadinanza di un solo Stato\nmembro e che, con la perdita di tale cittadinanza, si ritrovano senza\nlo status conferito dall\u0027art. 20 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea e i diritti a esso correlati ricade, per sua\nnatura e per le conseguenze che produce, nella sfera del diritto\ndell\u0027Unione. Pertanto, nell\u0027esercizio della loro competenza in\nmateria di cittadinanza, gli Stati membri devono rispettare il\ndiritto dell\u0027Unione e, in particolare, il principio di\nproporzionalita\u0027 [sentenze del 2 marzo 2010, Rottmann, C-135/08,\nEU:C:2010:104, punti 42 e 45; del 12 marzo 2019, Tjebbes e a.,\nC-221/17, EU:C:2019:189, punto 32, nonche\u0027 del 18 gennaio 2022,\nWiener Landesregierung (Revoca di una garanzia di naturalizzazione),\nC-118/20, EU:C:2022:34, punto 51]». \n In particolare, la Corte di giustizia ha avuto modo di\nsottolineare che «la perdita ipso iure della cittadinanza di uno\nStato membro sarebbe incompatibile con il principio di\nproporzionalita\u0027 se le norme nazionali pertinenti non consentissero,\nin nessun momento, un esame individuale delle conseguenze determinate\nda tale perdita, per gli interessati, sotto il profilo del diritto\ndell\u0027Unione». Con la citata sentenza, in conformita\u0027 alla sua\ngiurisprudenza anteriore (cfr. sentenza 12 marzo 2019, C-221/17,\nTjebbes, punto 41, nonche\u0027, piu\u0027 di recente, sentenza 25 aprile 2024,\nC-684/22, S.O. c. Stadt Duisburg, punto 43), la Corte ha altresi\u0027\nchiaramente stabilito che lo Stato deve garantire la possibilita\u0027 di\npresentare una richiesta di conservazione o recupero ex tunc della\ncittadinanza entro termini ragionevoli, che possono iniziare a\ndecorrere solo dopo che ogni individuo - destinatario di una\npossibile decadenza - sia stato specificamente avvertito\ndell\u0027imminenza di tale evento, concedendogli la possibilita\u0027 di\nformulare una richiesta diretta ad impedire il verificarsi\ndell\u0027evento estintivo (CGUE, sentenza 5 settembre 2023, C-689/21,\npunti 50-52). \n Per le ragioni gia\u0027 ampiamente esposte, deve dunque concludersi\nche la normativa italiana introdotta dal decreto-legge n. 36/2025\nviola le norme dei Trattati istitutive della cittadinanza europea,\ncomportando - di fatto - la perdita della cittadinanza italiana in\ndanno di soggetti che (al di la\u0027 del dato meramente formale di non\navere ancora avviato un procedimento giurisdizionale o amministrativo\ndi riconoscimento del loro diritto) erano pacificamente da\nconsiderarsi cittadini italiani per nascita, senza che sia stato\nprevisto alcun meccanicismo di diritto intertemporale che consentisse\nloro la conservazione della cittadinanza entro termini ragionevoli\n(ad esempio, prevedendo una «finestra temporale» entro la quale poter\npresentare una domanda amministrativa o giudiziale di riconoscimento\ndella cittadinanza). \n II-2. Si ravvisa inoltre una violazione dell\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione in relazione all\u0027art. 15, comma 2, della\nDichiarazione universale dei diritti dell\u0027uomo del 10 dicembre 1948,\nai sensi del quale «nessun individuo potra\u0027 essere arbitrariamente\nprivato della sua cittadinanza, ne\u0027 del diritto di mutare\ncittadinanza»: nella specie, si deduce appunto l\u0027arbitrarieta\u0027 dei\ncriteri di «revoca implicita» introdotti dall\u0027art. 1, comma 1,\nlettera a) e b), decreto-legge n. 36/2025, nella parte in cui fanno\nretroagire la «revoca» (id est, l\u0027impossibilita\u0027 di far valere in\ngiudizio il proprio diritto originario al riconoscimento della\ncittadinanza italiana) alle ore 23,59 del giorno precedente l\u0027entrata\nin vigore del medesimo decreto-legge. \n Sul punto, si segnala la differenza sostanziale che intercorre\ntra l\u0027art. 15, comma 2, della Dichiarazione universale dei diritti\ndell\u0027uomo e l\u0027art. 22 della Costituzione: la norma internazionale\nadopera infatti l\u0027avverbio «arbitrariamente», la cui estensione e\u0027\nlessicalmente e strutturalmente piu\u0027 ampia rispetto all\u0027inciso «per\nmotivi politici» fatto proprio dalla normativa costituzionale\nitaliana. Se per «motivi politici» devono intendersi motivi\n«essenzialmente politici» (si pensi al caso della revoca della\ncittadinanza in danno di una minoranza etnica o degli appartenenti a\nun dato movimento politico, filosofico, religioso o culturale),\nl\u0027avverbio «arbitrariamente» contempla invece qualsiasi ipotesi di\nprivazione di cittadinanza che - al di la\u0027 delle sue motivazioni\n«politiche» o «comuni» - risulti essere ingiusta, ingiustificata,\nirragionevole; vale a dire, arbitraria. \n Nel caso dell\u0027art. 3-bis cit., per tutte le ragioni diffusamente\nesposte retro al paragrafo I, deve dunque ritenersi che la perdita\nindiscriminata e retroattiva della cittadina attuata nei confronti di\ntutti i cittadini italiani nati all\u0027estero, in ragione del solo fatto\ndi non avere manifestato (per via amministrativa o giudiziale) la\npropria volonta\u0027 di avvalersi del proprio diritto di cittadinanza\n(giova rimarcarlo ancora, ad essi attribuito fin dalla nascita iure\nsanguinis e in un momento storico in cui l\u0027affidamento sul perdurare\ndell\u0027assetto normativo e giurisprudenziale consolidato in materia di\ncittadinanza era massimo) costituisca un\u0027ipotesi di privazione\narbitraria della cittadinanza, con conseguente violazione del\nprecetto dell\u0027art. 15, comma 2, della Dichiarazione universale dei\ndiritti dell\u0027uomo, tutelato nel nostro ordinamento per il tramite\ndell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione come interpretato dalla\ngiurisprudenza costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenze n.\n348 e n. 349 del 2007, cit.). \n II-3. Infine, si ritiene che l\u0027art. 3-bis della legge n. 91/1992\nvioli l\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione anche in relazione\nall\u0027art. 3, comma 2, del Quarto protocollo addizionale alla\nConvenzione europea dei diritti dell\u0027uomo, ai sensi del quale\n«nessuno puo\u0027 essere privato del diritto di entrare nel territorio\ndello Stato di cui e\u0027 cittadino»: nella specie, ci si troverebbe al\ncospetto di soggetti titolari sin dalla nascita della cittadinanza\nitaliana (cioe\u0027 di un diritto di soggettivo), che si vedrebbero\nprivati del loro diritto di entrare nel territorio italiano per il\nsol fatto di non avere chiesto (in via amministrativa o giudiziale)\nil riconoscimento del proprio diritto entro le ore 23,59 del giorno\nprecedente l\u0027entrata in vigore del decreto-legge n. 36/2025. \nIII - Conclusioni \n Deve dunque concludersi che la normativa ordinaria introdotta dal\ndecreto-legge n. 36/2025 sia costituzionalmente illegittima nella\nmisura in cui fa retroagire gli effetti limitativi dello status di\ncittadinanza ad un momento anteriore all\u0027entrata in vigore della\nlegge stessa. \n In altri termini, e\u0027 costituzionalmente illegittimo che il\nlegislatore ordinario stabilisca all\u0027art. 3bis legge n. 91/1992 che -\n«in deroga» alla normativa applicabile - «e\u0027 considerato non avere\nmai acquistato la cittadinanza italiana chi e\u0027 nato all\u0027estero anche\nprima della data di entrata in vigore del presente articolo ed e\u0027 in\npossesso di altra cittadinanza», limitando alle successive lettere da\na) a d) il diritto all\u0027accertamento della cittadinanza italiana «per\nnascita» al rispetto di determinate condizioni inserite ex novo dal\nmedesimo decreto-legge n. 36/2025. \n Si dubita cioe\u0027 che sia costituzionalmente legittimo - per le\nragioni dette e secondo i parametri di cui agli articoli 2, 3 e 117,\ncomma 1, della Costituzione - far retroagire le limitazioni ad uno\nstatus di cittadino che e\u0027 gia\u0027 stato acquisito a titolo originario\ndalla persona nata all\u0027estero discendente di cittadino italiano, in\nossequio alla normativa in vigore sino al 27 marzo 2025. \n La scelta legislativa introdotta dall\u0027art. 3-bis legge n. 91/1992\ne\u0027, come detto, assimilabile a una «revoca implicita»; tale\nconstatazione avrebbe (quantomeno) imposto la previsione di un\nragionevole termine per la presentazione di una domanda di\nriconoscimento della cittadinanza italiana (a mero titolo di esempio,\n«entro un anno dall\u0027entrata in vigore del presente decreto-legge»),\ncosi\u0027 «agganciando» la perdita della cittadinanza italiana alla\nmancata tempestiva presentazione della domanda (amministrativa o\ngiudiziale) di riconoscimento della medesima cittadinanza. L\u0027avere\nprevisto una limitazione retroattiva del diritto a chiedere il\nriconoscimento della cittadinanza italiana, in capo a soggetti che in\napplicazione della normativa previgente erano pacificamente\nconsiderati cittadini italiani a titolo originario dalla nascita (pur\nse nati all\u0027estero e in possesso di altra cittadinanza), costituisce\ndunque - ad avviso di questo Tribunale - una violazione dei sopra\nrichiamati principi di ragionevolezza e affidamento nella sicurezza\ngiuridica in violazione degli articoli 2, 3 e 117, comma 1, della\nCostituzione. \n La disposizione di cui all\u0027art. 3-bis della legge 5 febbraio\n1992, n. 91, introdotta dal decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36,\npresenta dunque profili di possibile incompatibilita\u0027 con i parametri\nsopra richiamati nella parte in cui stabilisce al comma 1, primo\nperiodo, l\u0027applicabilita\u0027 della nuova normativa a chi e\u0027 nato\nall\u0027estero «anche prima della data di entrata in vigore del presente\narticolo», nonche\u0027 con riferimento alle condizioni introdotte alle\nlettere a), a-bis) e b), in quanto in tal modo introduce un\u0027ipotesi\ndi revoca automatica e con effetto immediato della cittadinanza\nitaliana per tutti quei soggetti nati all\u0027estero e in possesso di\naltra cittadinanza che non rispettino le caratteristiche soggettive\nintrodotte dal medesimo decreto-legge all\u0027art. 1, lettere c) e d)\n(sussistenza del c.d. genuine link). In altri termini,\nl\u0027incostituzionalita\u0027 parziale dell\u0027art. 3-bis cit. deriva dal fatto\nche sarebbe stato possibile prevedere una normativa intertemporale\ntale consentire alle persone interessate (cioe\u0027 agli italiani nati\nall\u0027estero, in possesso di altra cittadinanza e privi di un «genuine\nlink» con l\u0027Italia) di essere debitamente informate delle modifiche\nnormative intervenute, onde poter presentare - entro un termine\nragionevole - la domanda (amministrativa o giudiziale) di\nriconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. \n La dichiarazione di parziale incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 3-bis\nlegge n. 91/1992 nei termini sopra prospettati consentirebbe inoltre\ndi conservare l\u0027effetto utile della riforma legislativa - che\npersegue l\u0027intento di dare concreta attuazione nel nostro ordinamento\nal principio internazionale del «legame effettivo» (o «genuine link»,\nribadito da ultimo dalla Corte di giustizia dell\u0027Unione europea nella\nsentenza del 29 aprile 2025, causa C-181/23) - eliminando le sole\nconseguenze pregiudizievoli derivanti dall\u0027applicazione retroattiva\n(cioe\u0027 a tutte le persone gia\u0027 nate) della nuova normativa. Attesa la\nnatura derogatoria dell\u0027art. 3-bis legge n. 91/1992, infatti, una\nvolta eliminati i periodi che espressamente ne prevedono\nl\u0027applicazione retroattiva, resterebbe un\u0027unica interpretazione\ncostituzionalmente orientata della nuova normativa in materia di\ncittadinanza: quella dell\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 3-bis cit.\nsoltanto alle persone nate successivamente all\u0027entrata in vigore del\ndecreto-legge n. 36/2025, valendo - in assenza di un\u0027espressa\nprevisione di retroattivita\u0027 - la regola generale di cui all\u0027art. 11\ndelle preleggi, alla stregua della quale «la legge non dispone che\nper l\u0027avvenire». \n In questa prospettiva, la dichiarazione di incostituzionalita\u0027\nparziale dell\u0027art. 3-bis cit. potrebbe anche essere accompagnata da\nun intervento di tipo manipolativo-additivo della Corte\ncostituzionale, con previsione di un meccanismo di diritto\nintertemporale che garantisca la possibilita\u0027 (a tutte le persone\ngia\u0027 nate alla data di entrata in vigore del decreto-legge n.\n36/2025) di presentare una domanda di riconoscimento della\ncittadinanza entro termini ragionevoli, in applicazione dei principi\naffermati dalla Corte di giustizia UE nella menzionata sentenza 5\nsettembre 2023, C-689/21. \n Per tutte le ragioni che precedono, non e\u0027 manifestamente\ninfondata la questione di incostituzionalita\u0027 all\u0027art. 3-bis della\nlegge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza),\nintrodotto dal decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36 (Disposizioni\nurgenti in materia di cittadinanza), limitatamente alle parole «anche\nprima della data di entrata in vigore del presente articolo» e alle\ncondizioni di cui lettere a), a-bis) e b), in riferimento ai\nparametri di cui agli articoli 2, 3 e 117 della Costituzione, avuto\nriguardo per quest\u0027ultimo ai principi derivati dall\u0027ordinamento\ninternazionale e, in particolare, dall\u0027art. 9 del Trattato\nsull\u0027Unione Europea, dall\u0027art. 20 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea, dall\u0027art. 15, comma 2, della Dichiarazione\nuniversale dei diritti dell\u0027uomo del 10 dicembre 1948 e dell\u0027art. 3,\ncomma 2, del Quarto protocollo addizionale alla Convenzione europea\ndei diritti dell\u0027uomo. \n\n \n P.Q.M. \n \n Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale\nn. 1/1948 e 23 legge n. 87 del 1953, ritenuta la rilevanza e la non\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 3-bis - limitatamente alle parole «anche prima della data\ndi entrata in vigore del presente articolo» e alle condizioni\npreviste alle lettere a), a-bis) e b) - della legge 5 febbraio 1992,\nn. 91, introdotto dal decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, convertito\ncon modificazioni dalla legge 23 maggio 2025, n. 74, in riferimento\nagli articoli 2, 3 e 117, comma 1, della Costituzione, quest\u0027ultimo\nin relazione ai principi derivati dall\u0027ordinamento internazionale e,\nin particolare, dall\u0027art. 9 del Trattato sull\u0027Unione europea,\ndall\u0027art. 20 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea,\ndall\u0027art. 15, comma 2, della Dichiarazione universale dei diritti\ndell\u0027uomo del 10 dicembre 1948 e dell\u0027art. 3, comma 2, del Quarto\nprotocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti\ndell\u0027uomo; \n Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la\nsospensione del giudizio; \n Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al\nPresidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del\nSenato della Repubblica e della Camera dei deputati. \n Torino, il 25 giugno 2025 \n \n Il giudice: 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