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(violenza sessuale di gruppo), limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen.\u0026nbsp;– Contrasto con l’intero impianto normativo che regola il\u0026nbsp;processo penale minorile, avente come finalità\u0026nbsp;il recupero del minore deviante mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione ai principi espressi\u0026nbsp;in numerosi atti internazionali in tema di giustizia minorile –\u0026nbsp;Disparità di trattamento rispetto agli imputati di reati anche più gravi, in considerazione della pena edittale e del rilevante allarme sociale ovvero perché rientranti\u0026nbsp;nella legislazione antimafia –\u0026nbsp;\u0026nbsp;Violazione del principio di ragionevolezza.\u003c/p\u003e","prima_parte":"K.C.","altre_parti":"Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIPDP), Unione Camere Penali Italiane, A. U.","testo_atto":"N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza del 18 febbraio 2025 del Tribunale per i minorenni di Roma\nnel procedimento penale a carico di K. C. e A. U.. \n \nProcesso penale - Processo minorile - Sospensione del processo e\n messa alla prova - Modifiche normative ad opera del decreto-legge\n n. 123 del 2023, come convertito - Esclusione dell\u0027applicabilita\u0027\n delle disposizioni del comma 1 dell\u0027art. 28 del d.P.R. n. 448 del\n 1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova, ai\n delitti previsti dall\u0027art. 609-octies cod. pen., limitatamente alle\n ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen. \n- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448\n (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di\n imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis. \n\n\r\n(GU n. 12 del 19-03-2025)\n\r\n \n TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA \n \n Il giudice dell\u0027udienza preliminare composto da: \n 1) dott. Federico Falzone - Presidente; \n 2) dott.ssa Anna Troise - giudice on.; \n 3) dott. Luca Ansini - giudice on.; \n riunito in Camera di consiglio all\u0027udienza del 18 febbraio 2025\nnel procedimento indicato in epigrafe a carico di C. K., nato a [...]\nl\u0027[...], difeso d\u0027ufficio dall\u0027avv. Marianna Mossutto, e U. A., nato\na [...] il [...], difeso di fiducia dall\u0027Avv. Andrea Barbesin, ha\nemesso la seguente ordinanza. \n Il giudice per le indagini preliminari presso questo T.M. con\ndecreto del 28 ottobre 2024 disponeva il giudizio immediato nei\nconfronti di C. K. e U. A. in relazione alle seguenti imputazioni: \n A) articoli 609-octies e 609-ter n. 2 e 5 e 61 n. 4 e n. 5\ndel codice penale, perche\u0027, dopo averlo portato in un garage\nsottostante il supermercato [...], mediante la forza intimidatrice\ndel gruppo e la minaccia consistita, da parte dell\u0027H. S., nel dirgli\n«la devi fare sta cosa senno\u0027 passiamo alle mani», costringevano P.\nG., di anni sedici, a subire atti sessuali, consistiti, da parte\ndell\u0027H. S., nel penetrarlo nell\u0027ano con un bastone e nel costringerlo\npoi a inserire in bocca la medesima estremita\u0027 del bastone cosi\u0027 da\nsimulare un rapporto orale, colpendolo al contempo con uno schiaffo\nsulla nuca, mentre tutti lo colpivano con ripetuti sputi e\nriprendevano con i propri telefoni cellulari. \n Con l\u0027aggravante di aver adoperato sevizie e crudelta\u0027, nei\nconfronti di un minore di anni diciotto, mediante l\u0027utilizzo di\nstrumenti gravemente lesivi della salute della vittima profittando di\ncircostanze di luogo e persona tali da ostacolare la privata difesa. \n In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n B) articoli 110 e 600-ter, comma 1, n. 1 del codice penale\nperche\u0027, in concorso tra loro, realizzavano mediante i propri\ntelefoni cellulari, diffondendoli poi su gruppi WhatsApp, video nei\nquali era ripreso P. G. nel compimento degli atti sessuali di cui al\ncapo che precede. \n In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n C) articoli 110 e 612-bis, comma 1, del codice penale\nperche\u0027, in concorso tra loro, con condotte reiterate, consistite nel\nporre in essere la condotta di cui al capo che precede, nonche\u0027, in\naltra circostanza verificatasi in data [...] nel deriderlo e\npercuoterlo ripetutamente, nel farlo sbattere piu\u0027 volte contro la\nserranda della gioielleria «[...]», nel metterlo all\u0027interno di un\ncassonetto dell\u0027immondizia, nello spegnergli una sigaretta sul collo,\nnel gettargli contro un liquido, verosimilmente urina, molestavano P.\nG., di anni sedici, cagionandogli un perdurante e grave stato d\u0027ansia\ne di paura e ingenerando in lui un fondato timore per la propria\nincolumita\u0027. \n In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n Veniva tempestivamente chiesto dai difensori muniti di procura\nspeciale il giudizio abbreviato per C. K. e U. A., mentre per gli\naltri imputati il procedimento proseguiva nelle forme del giudizio\nimmediato. \n Veniva fissata l\u0027udienza odierna in cui, ammesso il rito,\nvenivano sentiti gli imputati, che ammettevano il fatto,\ndichiarandosi sinceramente pentiti per quanto commesso, riferendo di\nessersi scusati con la p.o. nei giorni immediatamente successivi.\nCercavano di fornire una ricostruzione delle ragioni che li avevano\nindotti a compiere azioni tanto gravi, connesse alla logica del\ngruppo ed alle personali sofferenze che stavano vivendo, pur non\nvolendo assolutamente minimizzare la loro responsabilita\u0027. \n Chiedevano la sospensione del processo con messa alla prova ai\nsensi dell\u0027art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica n.\n448/1988. \n Il personale dell\u0027USSM presente in udienza insisteva affinche\u0027\nvenisse loro concessa questa possibilita\u0027. \n Il PMM dava parere favorevole. \n Il 15 novembre 2023 e\u0027 entrata in vigore la legge 13 novembre\n2023, n. 159, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge\n15 settembre 2023, n. 123 (cd. decreto Caivano) recante «Misure\nurgenti di contrasto al disagio giovanile, alla poverta\u0027 educativa e\nalla criminalita\u0027 minorile» che ha escluso la possibilita\u0027 di\nsospendere il processo con messa alla prova in relazione a\ndeterminati reati, tra i quali la violenza sessuale di gruppo\naggravata ai sensi dell\u0027art. 609-ter, del codice penale. Il comma\n5-bis dell\u0027art. 28, decreto del Presidente della Repubblica n.\n448/1988 prevede infatti che «le disposizioni di cui al comma 1 non\nsi applicano ai delitti previsti [...] dagli articoli 609-bis e\n609-octies del codice penale, limitatamente alle ipotesi aggravate ai\nsensi dell\u0027art. 609-ter [...]». \n L\u0027imputazione di cui al capo A) contestata agli imputati riguarda\ni reati di cui agli articoli 609-octies e 609-ter n. 2 e 5 e 61 n. 4\ne 5 del codice penale in ipotesi commessi dopo l\u0027entrata in vigore\ndel comma 5-bis citato (in In [...] tra il [...], e il [...] del\n[...], come emerge senza dubbio dalle dichiarazioni della persona\noffesa, dalle indagini espletate e dalle stesse dichiarazioni degli\nimputati). \n Agli imputati e\u0027 dunque preclusa de iure la possibilita\u0027 di\nessere ammessi alla prova ai sensi del comma 1, dell\u0027art. 28, decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 448/1988 per il capo A), ed il\nCollegio non puo\u0027 prendere in considerazione le loro richieste, che\ndovrebbero pertanto esser rigettate, senza poter entrare nel merito\ndella valutazione in ordine alla relativa fattibilita\u0027 della messa\nalla prova. \n All\u0027udienza odierna i difensori ed il PMM chiedevano al Collegio\ndi sollevare questione di legittimita\u0027 costituzionale del comma 5-bis\ndell\u0027art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988. \n Cio\u0027 premesso occorre verificare la rilevanza e non manifesta\ninfondatezza della questione proposta. \n Il vaglio di rilevanza della questione attiene alla verifica\ndell\u0027impossibilita\u0027, per il giudice a quo, di risolvere il caso\npratico sottoposto alla sua attenzione, indipendentemente dalla\nrisoluzione della questione stessa. \n Sul punto della rilevanza, il Collegio, esaminati gli atti e\nsentiti gli imputati, ritiene che, in assenza della disposizione di\ncui al comma 5-bis dell\u0027art. 28, del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 448/1988, avrebbe potuto valutare positivamente la loro\nrichiesta di messa alla prova. Si ritengono infatti sussistenti i\nrequisiti richiesti dal costante orientamento giurisprudenziale ai\nfini dell\u0027ammissione alla messa alla prova. Innanzitutto, sulla base\ndegli elementi agli atti e delle dichiarazioni rese dagli imputati\nnon puo\u0027 pervenirsi ad un proscioglimento nel merito degli stessi.\nInoltre, gli imputati hanno fin dai giorni seguenti ai fatti\nesplicitato il loro pentimento chiedendo scusa alla persona offesa\n(cfr. sul punto le dichiarazioni rese dalla p.o. in data 17 maggio\n2024: «comunque A. U. si e\u0027 pentito, mi ha detto che ha sbagliato a\nnon difendermi ed a schierarsi con P.; dopo questa cosa A. U. e K. C.\nmi hanno chiesto scusa e adesso hanno allentato i rapporti con P.,\ncredo che loro si siano fatti trasportare»). \n Gli imputati, fin dall\u0027interrogatorio di garanzia del 27 agosto\n2024, successivo all\u0027ordinanza cautelare della permanenza in casa,\nammettevano i fatti e si dichiaravano pentiti (C. K. «la cosa e\u0027\ndegenerata, ho chiesto scusa al ragazzo, mi sono reso conto della\ngravita\u0027; U. A. «mi sono pentito di cio\u0027 che ho fatto, ho chiesto\nscusa, ho inviato un sms»). \n Altrettanto sincero e ragionato pentimento mostravano in\noccasione dell\u0027esame effettuato all\u0027udienza odierna. \n Dalle relazioni dell\u0027USSM emerge che C. K. si e\u0027 presentato\nall\u0027assistente sociale con un reale desiderio di collaborazione e\npartecipazione agli interventi educativi proposti; veniva inoltre\nrappresentata una situazione familiare molto complessa e dolorosa (la\nmadre e\u0027 sottoposta ad un\u0027ordinanza cautelare che vede il marito ed i\nfigli persone offese) ed evidenziato che C. K. «mostra un\natteggiamento maturo ed autenticamente sofferente per l\u0027accaduto»; e\u0027\nstato attivato un supporto psicologico, frequenta con buon rendimento\nil terzo anno del liceo scientifico, gioca a calcio a livello\nagonistico; l\u0027USSM concludeva definendo C. K. come un giovane\nsensibile e pieno di risorse, che ha vissuto una sofferenza familiare\neccessiva per la sua eta\u0027, disponibile a trattare l\u0027accaduto con\nmodalita\u0027 responsabile ed autenticamente dispiaciuta. \n Anche la relazione dell\u0027USSM elaborata per U. A. ha evidenziato\nla corretta collaborazione sia dell\u0027imputato che della famiglia,\ndisponibili a trattare l\u0027accaduto con modalita\u0027 costruttiva. U. A.,\nnegli spazi di riflessione con l\u0027assistente sociale, ha compiuto «un\nimportante lavoro di riflessione, non solo rispetto al reato in\ncontestazione, ma anche rispetto ad alcuni elementi personali della\npropria storia». Sono stati evidenziati precedenti episodi in cui U.\ne\u0027 stato vittima di aggressione con ricovero in ospedale, circostanza\nche lo aveva indotto ad abbandonare la scuola. Durante la misura\ncautelare, ha accolto le indicazioni educative dell\u0027assistente\nsociale, si e\u0027 nuovamente iscritto a scuola e frequenta un corso di\nnuoto per ottenere il brevetto di salvataggio. L\u0027assistente sociale\nconcludeva affermando che U. appare realmente dispiaciuto\ndell\u0027accaduto ed aveva, fin dai giorni immediatamente successivi al\nfatto, chiesto scusa alla p.o. \n Ritiene in definitiva il Collegio sussistere, in entrambi gli\nimputati, una rimeditazione critica rispetto ai reati contestati\nautentica e non strumentale. E\u0027 stata infatti esternata direttamente\nalla p.o. molto tempo prima dell\u0027emissione della misura cautelare e\ndella conoscenza della pendenza di indagini nei loro confronti,\nribadita, con ammissione sostanziale dei fatti, in tutte le occasioni\nprocessuali e nei rapporti con l\u0027USSM. \n Tale valutazione ha determinato anche la revoca della misura\ncautelare (sempre rispettata) essendo stata ritenuta l\u0027assenza, allo\nstato, del pericolo di reiterazione di fatti analoghi (anche in\nconsiderazione dell\u0027incensuratezza), con parere favorevole del PMM.\nSi evidenzia che i reati, sebbene di sicura gravita\u0027, sono stati\ncompiuti quando U. A. aveva quindici anni e C. K. ne aveva appena\ncompiuto sedici. \n Il Collegio ritiene dunque la sussistenza di tutti i requisiti di\nmerito in astratto necessari per l\u0027ammissione degli imputati alla\nmessa alla prova prevista dall\u0027art. 28, del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 448/1988. \n L\u0027unico ostacolo e\u0027 costituito dalla previsione di cui al comma\n5-bis introdotto dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, che impedisce\nla sospensione del processo con messa alla prova per il capo A). \n A cio\u0027 si aggiunga che l\u0027entita\u0027 della pena in astratto prevista\ndal legislatore per i reati in contestazione e considerato il caso\nconcreto (che esclude la possibilita\u0027 di qualificazione ai sensi del\nterzo comma dell\u0027art. 609-bis del codice penale) non consente di\nprendere in considerazione gli istituti previsti dall\u0027art. 30 del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 o 169 del codice\npenale. \n E\u0027 in ogni caso da sottolineare la diversita\u0027 degli istituti\ncitati e la peculiarita\u0027 della messa alla prova, atteso quanto\nstatuito dalla stessa Corte costituzionale, secondo cui «la messa\nalla prova del minore e\u0027 prevista per tutti i reati anche quelli di\ngravita\u0027 massima, rispetto ai quali l\u0027ordinamento sospende il\nprocesso in vista dell\u0027eventuale estinzione del reato per finalita\u0027\npuramente rieducative, quindi non perche\u0027 l\u0027imputato lo richieda e il\npubblico ministero vi consenta, ma solo perche\u0027, ed in quanto, lo\nritenga opportuno un giudice strutturalmente idoneo a valutare la\npersonalita\u0027 del minore» (sentenza n. 139 del 6 luglio 2020). \n Per quanto attiene al profilo della non manifesta infondatezza,\nil giudice a quo non e\u0027 chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza o\nmeno, esame che e\u0027 appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma\ndeve semplicemente respingere la questione quando si presenti\npalesemente priva di ogni fondamento giuridico. La Corte\ncostituzionale ha poi aggiunto che il giudice a quo, prima di\nrimettere la questione, deve preliminarmente tentare\nl\u0027interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel caso in\nesame non appare possibile, in quanto tale operazione ermeneutica\ncomporterebbe l\u0027applicazione di un istituto in presenza di\nimputazioni espressamente escluse dal comma 5-bis dell\u0027art. 28 del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988. \n Il Collegio ritiene la non manifesta infondatezza della questione\ninnanzitutto in relazione alla violazione dell\u0027art. 31, comma\nsecondo, della Costituzione. La preclusione introdotta dalla norma in\nesame contrasta con tutto l\u0027impianto normativo che regola il processo\npenale minorile e che trova il proprio fondamento costituzionale\nnell\u0027art. 31, comma secondo, della Costituzione che recita «La\nRepubblica protegge la maternita\u0027, l\u0027infanzia e la gioventu\u0027,\nfavorendo gli istituti necessari a tale scopo». Il processo penale\nminorile e\u0027 di conseguenza volto principalmente al recupero del\nminore deviante, mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento\nsociale, anche attraverso l\u0027attenuazione dell\u0027offensivita\u0027 del\nprocesso e la sua rapida fuoriuscita dal circuito penale, come piu\u0027\nvolte la Corte costituzionale ha affermato (cfr. sentenze n. 125 del\n1992, n. 206 del 1987 e n. 222 del 1983). \n Al fine del perseguimento di tali finalita\u0027 e dell\u0027individuazione\ndella migliore risposta del sistema alla commissione del reato da\nparte di un soggetto in formazione e in continua evoluzione, quale e\u0027\nil soggetto di minore eta\u0027, il giudice e\u0027 chiamato, di volta in\nvolta, ad esaminare la sua personalita\u0027. Non e\u0027 un caso che, in ogni\nstato e grado del procedimento minorile, come statuito dall\u0027art. 9\ndel decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, l\u0027autorita\u0027\ngiudiziaria debba acquisire «elementi circa le condizioni e le\nrisorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al\nfine di accertarne l\u0027imputabilita\u0027 e il grado di responsabilita\u0027,\nvalutare la rilevanza sociale del fatto nonche\u0027 disporre le adeguate\nmisure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili». \n La messa alla prova e\u0027 uno dei principali strumenti che consente\nal giudice di valutare compiutamente la personalita\u0027 del minore,\nsotto l\u0027aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini\ndell\u0027apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno\ndisposti. Se, infatti, la personalita\u0027 del minorenne e\u0027 avviata a\npossibile cambiamento (come emerge dalle relazioni dell\u0027USSM redatte\nnei confronti degli imputati) e, all\u0027esito dello svolgimento del\nprogramma trattamentale di messa alla prova, il minorenne abbia dato\nprova del superamento delle situazioni che hanno portato alla\ncommissione del reato, l\u0027ordinamento prevede che il giudice possa\ndichiarare estinto il reato per esito positivo della disposta prova\nai sensi dell\u0027art. 29 del decreto del Presidente della Repubblica n.\n448/1988, essendo venuto meno l\u0027interesse alla pretesa punitiva per\nil raggiungimento delle finalita\u0027 di recupero del minore e del suo\nreinserimento sociale. \n I tempi di durata previsti per la messa alla prova (sino a tre\nanni per i delitti piu\u0027 gravi), la possibilita\u0027 che la stessa sia\nsvolta per tutta la durata all\u0027interno di comunita\u0027 di tipo educativo\no terapeutico (per la cura delle dipendenze o dei disturbi\npsichiatrici), la possibilita\u0027 di verifiche intermedie dell\u0027andamento\ndel percorso, cosi\u0027 come la revocabilita\u0027 della sospensione,\nrappresentano elementi idonei a verificare, nel tempo, la serieta\u0027\ndell\u0027impegno dell\u0027imputato, scongiurando strumentalizzazioni\ndell\u0027istituto. Inoltre, la possibilita\u0027 di inserire, nel progetto di\nmessa alla prova, importanti momenti di confronto con i servizi\nspecialistici (Consultorio familiare, neuropsichiatria infantile,\nserd) e di supporto psicologico, utili nei delitti caratterizzati da\ndinamiche affettive disfunzionali (come nei casi di violenza sessuale\ne nei delitti di pedopornografia) riduce il rischio di recidiva, a\nbeneficio della generalita\u0027 dei consociati. \n Come ampiamente argomentato dalla Corte costituzionale, nella\nsentenza n. 125 del 1995 «la messa alla prova, in conclusione,\ncostituisce, nell\u0027ambito degli istituti di favore tipici del processo\npenale a carico dei minorenni, uno strumento particolarmente\nqualificante, rispondendo, forse piu\u0027 di ogni altro, alle indicate\nfinalita\u0027 della giustizia minorile». \n Prevedere un catalogo di reati (tra cui la violenza sessuale\naggravata in esame) in relazione ai quali privare l\u0027imputato della\npossibilita\u0027 di accesso a questo importante istituto di recupero e\nreinserimento sociale, senza possibilita\u0027 da parte del giudice di\nvalutare nel merito la richiesta, costituisce un vulnus non solo di\ntutela e protezione del minore autore del reato ma anche dell\u0027intera\ncollettivita\u0027 contro i rischi di una possibile recidiva. \n E\u0027 stata la stessa Corte costituzionale, sia pure nella diversa\nmateria della esecuzione della pena detentiva, dichiarando\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 656, comma 9, lettera a),\ndel codice di procedura penale, per violazione dell\u0027art. 31, secondo\ncomma, della Costituzione, nella parte in cui non consentiva la\nsospensione della esecuzione della pena detentiva nei confronti dei\nminorenni condannati per i delitti ivi elencati (ossia quelli di cui\nall\u0027art. 4-bis della legge n. 354/1975), ad escludere la possibilita\u0027\ndi prevedere nei confronti dei minori «un rigido automatismo, fondato\nsu una presunzione di pericolosita\u0027 legata al titolo del reato\ncommesso, che esclude la valutazione del caso concreto e delle\nspecifiche esigenze del minore» (sentenza n. 90 del 28 aprile 2017). \n La Corte costituzionale ha sempre ribadito che il cuore della\ngiustizia minorile consiste in valutazioni fondate su prognosi\nindividualizzate, in grado di assolvere al compito del recupero del\nminore deviante. E\u0027, infatti, costante nella giurisprudenza\ncostituzionale l\u0027affermazione della esigenza che il sistema di\ngiustizia minorile sia caratterizzato fra l\u0027altro dalla «necessita\u0027\ndi valutazioni, da parte dello stesso giudice, fondate su prognosi\nindividualizzate in funzione del recupero del minore deviante»\n(sentenze n. 143 del 1966, n. 182 del 1991, n. 128 del 1987, n. 222\ndel 1983 e n. 46 del 1978), esattamente su «prognosi particolarmente\nindividualizzate» (sentenza n. 78 del 1989), questo essendo «l\u0027ambito\ndi quella protezione della gioventu\u0027 che trova fondamento nell\u0027ultimo\ncomma 31 della Costituzione» (sentenze n. 128 del 1987 e n. 222 del\n1983): vale a dire della «esigenza di specifica individualizzazione e\nflessibilita\u0027 del trattamento che l\u0027evolutivita\u0027 della personalita\u0027\ndel minore e la preminenza della funzione rieducativa richiedono»\n(sentenza n. 125 del 1992). \n In questa cornice si colloca la citata pronuncia della Corte\ncostituzionale n. 139 del 6 luglio 2020 che, mettendo in relazione la\nmessa alla prova dell\u0027adulto con la messa alla prova del minorenne,\nha statuito: «la messa alla prova del minore e\u0027 prevista per tutti i\nreati anche quelli di gravita\u0027 massima, rispetto ai quali\nl\u0027ordinamento sospende il processo in vista dell\u0027eventuale estinzione\ndel reato per finalita\u0027 puramente rieducative, quindi non perche\u0027\nl\u0027imputato lo richieda e il pubblico ministero vi consenta, ma solo\nperche\u0027, ed in quanto, lo ritenga opportuno un giudice\nstrutturalmente idoneo a valutare la personalita\u0027 del minore». \n La previsione ex lege del divieto assoluto di accesso alla messa\nalla prova, nei casi di violenza sessuale aggravata, appare inoltre\ncontrastare con l\u0027art. 31, comma secondo, della Costituzione,\nsottraendo al vaglio di un giudice specializzato e interdisciplinare\nla possibilita\u0027 di valutare, caso per caso, la particolare condizione\ndel minore imputato, per rendere la risposta del processo penale\nminorile aderente alla sua personalita\u0027 e maggiormente rispondente\nalla finalita\u0027 rieducative, di recupero e di reinserimento sociale\ndel minore autore di reato. \n Si rappresenta, infine, che i progetti di messa alla prova\ntengono in considerazione anche le persone offese, soprattutto se\nminorenni e vittime di particolari reati, quali quelli in esame,\nprevedendo specifiche prescrizioni dirette a riparare le conseguenze\ndel reato e a promuovere la conciliazione, nonche\u0027 la partecipazione\na un programma di giustizia riparativa, ove ne ricorrano le\ncondizioni. \n Gli insegnamenti della Consulta si conformano altresi\u0027, ai\nprincipi espressi in numerosi atti internazionali. Sul punto,\ninfatti, si sono espresse le Nazioni Unite, il Consiglio d\u0027Europa e\nle istituzioni europee. In merito, vale la pena di ricordare le\nregole minime per l\u0027amministrazione della giustizia minorile, c.d.\nregole di Pechino (approvate dall\u0027Assemblea generale delle Nazioni\nUnite in data 29 novembre 1985), le regole ONU per la protezione dei\nminori privati della liberta\u0027 (approvate dall\u0027Assemblea generale\ndelle Nazioni Unite in data 14 dicembre 1990), c.d. regole\ndell\u0027Havana, la raccomandazione del Comitato dei ministri del\nConsiglio d\u0027Europa in data 5 novembre 2008 sulle regole del\ntrattamento per i condannati minorenni sottoposti a sanzioni o a\nmisure restrittive della liberta\u0027 personale, le linee guida su una\ngiustizia a misura di minore adottate dal Consiglio d\u0027Europa nel\n2010, nonche\u0027, da ultimo, la direttiva 2016/800 del Parlamento\neuropeo e del Consiglio dell\u002711 maggio 2016 sulle garanzie\nprocedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali. \n Le indicazioni che accomunano tutti gli atti citati sono\nessenzialmente riconducibili all\u0027esigenza che le autorita\u0027 nazionali\nricorrano alla privazione della liberta\u0027 personale del condannato\nminorenne quale misura di ultima istanza. Si richiede, inoltre, che\nvenga sempre privilegiato il ricorso alle misure alternative, che il\nminore detenuto sia collocato in istituti separati rispetto a quelli\ndegli adulti e che gli venga garantito un trattamento penitenziario\nspecificamente disegnato sulle sue peculiari necessita\u0027. \n Si rilevano, pertanto, ragioni di contrasto con l\u0027art. 117, primo\ncomma, della Costituzione considerati i vincoli derivanti\ndall\u0027ordinamento comunitario sopra specificato e dagli obblighi\ninternazionali che ne conseguono. \n Inoltre, si rilevano profili di irragionevolezza del criterio di\nesclusione dei reati resi «ostativi» alla messa alla prova, che non\nsono necessariamente i piu\u0027 gravi. Solo a titolo esemplificativo,\nresta attuale la possibilita\u0027 di valutare l\u0027istituto giuridico in\nesame per i reati di cui agli articoli 416-bis, aggravati ex art.\n416-bis.1, 422, 629 comma secondo, 630 del codice penale. \n Anche laddove si volesse sostenere la possibilita\u0027 di operare un\ncontemperamento ai principi sopra enucleati (volti alla opportunita\u0027\ndi consentire sempre valutazioni, da parte del giudice minorile,\nfondate su prognosi particolarmente individualizzate), in relazione\nad alcuni delitti connotati da particolare violenza alla persona\nritenuti «ostativi» alla messa alla prova (sempre richiamando i\nprincipi della Corte costituzionale che ha espressamente dichiarato\nl\u0027illegittimita\u0027 di tale modo di procedere, ad esempio in riferimento\nai reati «ostativi» ex art. 4-bis della legge n. 375/1975), rileva il\nCollegio che tale ipotetico bilanciamento e\u0027 stato del tutto\nirragionevole ed in palese contrasto, ad esempio, con la legislazione\nantimafia. \n Si evidenziano, quindi, anche profili di contrasto con l\u0027art. 3\ndella Costituzione, nella misura in cui imputati di reati anche piu\u0027\ngravi, in considerazione della pena edittale prevista (ad esempio,\n422 e 630 del codice penale), ovvero perche\u0027 rientranti nella\nlegislazione antimafia (416-bis del codice penale o aggravati\ndall\u0027art. 416-bis.1 del codice penale), avrebbero accesso\nall\u0027istituto della messa alla prova, negato invece agli odierni\nimputati. \n Tale disparita\u0027 di trattamento non sarebbe dunque supportata da\ncriteri di ragionevolezza nelle scelte legislative, sempre qualora si\nritenesse di consentirle nella materia in esame in relazione al\nprincipale ed assorbente contrasto con l\u0027art. 31, secondo comma, e\n117, primo comma, della Costituzione. \n Neanche pare ragionevole far riferimento generico a criteri\nstatistici che evidenzierebbero la crescita numerica di tali\nimputazioni. Qualora la premessa fosse dimostrata in concreto (a\nprescindere dall\u0027eco mediatica ricevuta), ancor di piu\u0027 richiederebbe\nl\u0027analisi approfondita ed individualizzata della personalita\u0027 del\nminore imputato, per cogliere le ragioni del comportamento deviante,\nle sfumature e l\u0027intensita\u0027 del dolo, la presenza di eventuali\ndinamiche di gruppo, per giungere, nel merito, ad ammettere od\nescludere la messa alla prova, che certamente non e\u0027 istituto che i\nTribunali per i minorenni concedono automaticamente. \n In conclusione, il comma 5-bis dell\u0027art. 28 del decreto del\nPresidente della Repubblica n. 448/1988 impedisce al Collegio di\nvalutare la presenza dei presupposti per la sospensione del\nprocedimento e messa alla prova, con grave pregiudizio per le\nesigenze di recupero e di reinserimento sociale degli imputati, in\nviolazione dell\u0027art. 31, secondo comma, 117, primo comma, e 3 della\nCostituzione per i profili di irragionevolezza sopra enucleati. \n\n \n P.Q.M. \n \n Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei termini dinanzi indicati, questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 28, comma 5-bis, del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 448/1988 per contrasto con gli articoli 31,\nsecondo comma, 117, primo comma, e 3 della Costituzione, nella parte\nin cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano\nai delitti previsti dall\u0027art. 609-octies del codice penale\nlimitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter del\ncodice penale; \n Sospende il procedimento penale in corso e dispone l\u0027immediata\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia\nnotificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 a C. K.,\nnato a [...] l\u0027[...] e U. A., nato a [...] il [...], ai loro genitori\ne difensori e al pubblico ministero; \n Ordina che, a cura della cancelleria, l\u0027ordinanza sia comunicata\nai Presidenti delle due Camere del Parlamento; \n Segnala che, a norma dell\u0027art. 52 del decreto legislativo n.\n196/2003 e successive modifiche, in caso di diffusione del presente\nprovvedimento dovranno essere omessi le generalita\u0027 e gli altri dati\nidentificativi dei minorenni. \n Roma, 18 febbraio 2025 \n \n Il Presidente estensore: Falzone","elencoNorme":[{"id":"62359","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della Repubblica","data_legge":"22/09/1988","data_nir":"1988-09-22","numero_legge":"448","descrizionenesso":"aggiunto 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