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Denunciata disciplina che confligge con il principio della capacità contributiva, dato che il criterio adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide necessariamente con la redditività di un’impresa, potendo, a parità di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la redditività fra imprese operanti in settori diversi – Contrasto con il principio di progressività poiché i soggetti con maggiore capacità contributiva possono in concreto risultare destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di quelli gravanti sui contribuenti con minore capacità contributiva, atteso che il massimo importo di detto contributo non può esser superiore a cento volte la misura minima – Scelta legislativa non sorretta da adeguata giustificazione nella parte in cui prevede un’esenzione totale per i contribuenti sotto soglia – Lesione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità ed eguaglianza del trattamento fiscale adottato – Discriminazione tra le società italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese straniere non aventi una rappresentanza stabile in Italia, ma che esercitano attività di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei servizi di vigilanza e di regolamentazione della AGCM –\u0026nbsp;Contributo che grava esclusivamente su imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quelle che ne sono esentate e ciò solo in base al fatturato, elemento che non appare un ragionevole parametro discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva - Lesione del principio di non discriminazione, come declinato dalla normativa europea che impone di non trattare in modo diverso situazioni omogenee – Disciplina che lede l’indipendenza dell’AGCM, violando il principio di leale collaborazione imposto agli Stati membri dalla normativa europea interposta, che implica il divieto di adottare misure che rischino di compromettere la realizzazione degli obiettivi di tutela della concorrenza dell’Unione europea.\u003c/p\u003e","prima_parte":"Acciaierie di Verona spa e altri","prima_controparte":"Autorità garante della concorrenza e del mercato","altre_parti":"Agenzia delle entrate-Riscossione-Udine, Acciaierie di Verona spa, Ferriere nord spa, Siderpotenza spa, 1","testo_atto":"N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 03 giugno 2025\n\r\nOrdinanza del 3 giugno 2025 della Corte di giustizia tributaria di\nprimo grado di Udine sul ricorso proposto da Acciaierie di Verona\nS.p.a. e altri contro l\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e del\nmercato e l\u0027Agenzia delle entrate-Riscossione-Udine.. \n \nAutorita\u0027 indipendenti - Autorita\u0027 garante della concorrenza e del\n mercato (AGCM) - Previsione che per assicurare il relativo\n finanziamento vengono applicati contributi a carico dei soli\n imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro -\n Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di\n ciascuna impresa non puo\u0027 essere superiore a cento volte la misura\n minima. \n- Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della\n concorrenza e del mercato) art. 10, commi 7-ter e 7-quater,\n aggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio\n 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo\n delle infrastrutture e la competitivita\u0027), convertito, con\n modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27. \n\n\r\n(GU n. 39 del 24-09-2025)\n\r\n \n LA CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI UDINE \n \n \n Sezione 2 \n \n Riunita in udienza il 21 maggio 2025 alle ore 9,45 con la\nseguente composizione collegiale: \n Zoso Liana Maria Teresa, Presidente; \n Fiorentin Fabio, Relatore; \n Valle Alberto, Giudice. \n In data 21 maggio 2025 ha pronunciato la seguente ordinanza sul\nricorso n. 229/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da\nAcciaierie Di Verona S.p.a. - 02830390304. \n Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona\u0027 -\nDNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini - VSCWLM34P50F994F ed\nelettivamente domiciliato presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed\nelettivamente domiciliato presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n Ruolo n. 2024/000710 Contributo AGCM 2023 sul ricorso n.\n230/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Ferriere Nord\nS.p.a. - 00163780307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B\n- Gabriele Dona\u0027 - DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini \nVSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed\nelettivamente domiciliato presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato\npresso ads.ts@mail.cert.avvocaturastato.it \n Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n Ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 sul ricorso n.\n231/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Siderpotenza S.p.a.\n- 02967560307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B\n- Gabriele Dona\u0027 DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini \nVSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed\nelettivamente domiciliato presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n ruolo n. 2024/000710 contributoAGCM 2023 sul ricorso n.\n232/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da S.i.a.t.- Societa\u0027\nitaliana Acciai Trafilati S.p.a. - 00166750307 - Difeso da Barbara\nComparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona\u0027 DNOGRL70S08Z103G -\nWilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso\nbarbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -\nRiscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed\nelettivamente domiciliato presso\nprotocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato\npresso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it \n Avente ad oggetto l\u0027impugnazione di: \n ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 a seguito di\ndiscussione in pubblica udienza; \n \n Elmenti in fatto e diritto \n \n 1. Con ricorso iscritto al RGR n. 229/2024 dell\u0027intestata Corte\ndi Giustizia Tributaria di I° grado di Udine, la societa\u0027 Acciaierie\ndi Verona S.p.A. (C.F. 02830390304), con sede legale in Osoppo (UD)\nZona Industriale Rivoli - in persona del legale rappresentante, ut\nsupra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso avverso la cartella\ndi pagamento n. 11520240011262903000 emessa da Agenzia delle entrate\n- Riscossione, Agente della riscossione-prov. di Udine su incarico\ndell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e del mercato, notificata il\n26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2024/000710, reso esecutivo\nil 15 dicembre 2023, relativo alla richiesta di pagamento del\ncontributo previsto dall\u0027art. 5-bis della legge n. 27/2012 a titolo\ndi oneri di funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e\ndel mercato, posto a carico di imprese aventi specifiche\ncaratteristiche giuridiche e determinati volumi di ricavi, relativo\nall\u0027anno 2023. \n 2. La societa\u0027 ricorrente ritiene illegittimo il contributo de\nquo, poiche\u0027 la relativa disciplina introduce una immotivata\ndiscriminazione tra operatori economici che si trovano in una\nmedesima situazione di diritto e di fatto e mira, altresi\u0027, a\nfinanziare l\u0027insieme delle funzioni dell\u0027AGCM, comprese quelle che\nnon riguardano e non possono riguardare le imprese gravate dal\ntributo. Chiede, su tali premesse, l\u0027annullamento degli atti\nimpositivi impugnati con vittoria di spese e competenze di causa,\nprevio rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai sensi\ndell\u0027art. 267 TFUE. \n 3. Si e\u0027 costituito in giudizio l\u0027Agente della Riscossione di\nUdine, con richiesta di dichiarare il suo difetto di legittimazione\npassiva essendo le contestazioni mosse dalla ricorrente\nesclusivamente afferenti al merito della pretesa impositiva e non\nessendo stata sollevata alcuna eccezione relativa a vizi attinenti\nalla regolarita\u0027 formale della cartella o della notificazione della\nstessa. \n 4. Nessuno si e\u0027 costituito per l\u0027Autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e del mercato. \n 5. Con memoria del 9 maggio 2025, i difensori hanno richiesto la\nriunione al presente procedimento dei procedimenti iscritti ai nn.\nRGR 230/2024 a seguito di ricorso notificato in data 27 maggio 2024\ndalla societa\u0027 Ferriere Nord S.p.a. avverso la cartella di pagamento\nn. 11520240011115315000 notificata il 26 marzo 2024 e sottostante\nruolo), n. RGR 231/2024 iscritto su ricorso presentato il 27 maggio\n2024 dalla societa\u0027 Siderpotenza S.p.a. contro la cartella di\npagamento n. 11520240011297267000 notificata il 26 marzo 2024 e\nsottostante ruolo n. 2024/000710 e n. RGR 232/2024 iscritto a seguito\ndi ricorso notificato in data 29 giugno 2023 dalla societa\u0027 S.I.A.T.\nSocieta\u0027 Italiana Acciai Trafilati S.p.a. nei confronti della\ncartella di pagamento n. 11520240011116022000 notificata il 26 marzo\n2024 e del sottostante ruolo n. 2023/001014, per la loro trattazione\ncongiunta ai sensi dell\u0027art. 29, comma 1, decreto legislativo n.\n546/92. Le difese chiedono, per tutti i ricorsi sopra indicati, in\nvia preliminare che questa Corte disponga rinvio pregiudiziale alla\nCGUE ai sensi dell\u0027art. 267 TFUE e, nel merito, l\u0027annullamento degli\natti impugnati, sulla base delle medesime considerazioni ed elementi\ndi fatto e di diritto gia\u0027 veicolati con il ricorso iscritto al n.\nRGR 229/2024. \n 6. Non essendosi raggiunta una composizione conciliazione tra le\nparti e previa riunione al presente procedimento di quelli iscritti\nai nn. RGR 230/2024, 231/2024 e 232/2024 per connessione oggettiva\nimpropria, essendo stati, per tutti i detti ricorsi, proposti i\nmedesimi motivi di impugnazione ed essendo pertanto opportuno dare ai\nmedesimi una soluzione decisionale unitaria, cosi\u0027 evitando possibili\ncontraddizioni e incongruenze nell\u0027indirizzo giurisprudenziale, si\nprocedeva alla trattazione unitaria dei sopra indicati ricorsi\nriuniti alla pubblica udienza del 21 maggio 2025 e, sulle ribadite\nconclusioni e deduzioni delle parti, la Corte riservava la decisione. \n \n Motivi \n \n 1. Le ricorrenti non censurano la conformita\u0027 formale alla legge\nitaliana della pretesa impositiva di AGCM e dell\u0027operato dell\u0027ADER,\nma contestano, bensi\u0027, la legittimita\u0027 della disciplina di cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287, aggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24\ngennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24\nmarzo 2012, n. 27 sotto il profilo del dedotto contrasto con i\nprincipi costituzionali e unionali, sotto articolati profili. \n 2. La ricorrente osserva preliminarmente che, se e\u0027 pur vero che\nla legittimita\u0027 della disciplina del contributo in questione e\u0027 stata\naffermata dalla Corte costituzionale in relazione agli artt. 3 e 53\nCost. con la sentenza n. 269/2017, depositata il 14 dicembre 2017,\nche ha riconosciuto la natura tributaria del «contributo» previsto,\nessa poggia su argomentazioni meritevoli di rivisitazione, laddove la\nConsulta afferma che: «le spese di funzionamento dell\u0027autorita\u0027\npreposta al corretto funzionamento del mercato gravano sulle imprese\ncaratterizzate da una presenza significativa nei mercati di\nriferimento e dotate di considerevole capacita\u0027 di incidenza sui\nmovimenti delle relative attivita\u0027 economiche», potendosi configurare\nfattualmente l\u0027ipotesi di imprese che, pur rimanendo «sotto soglia»,\nabbiano una presenza significativa nel mercato di riferimento e\npurtuttavia non sono assoggettate al pagamento del contributo. \n 3. In secondo luogo, non corrisponderebbe - secondo le ricorrenti\n- al dato statistico ed esperienziale che l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM, si\nconcentri soprattutto nei confronti delle imprese «sopra soglia» come\ndimostrerebbero le rilevazioni statistiche, che dimostrano una\nsostanziale equivalenza dal punto di vista degli interventi\ndell\u0027Autorita\u0027 tra imprese «sotto» e «sopra soglia» (le rilevazioni\nprodotte dalle ricorrenti riportano che, negli anni 2018-2023, su 272\nimprese coinvolte, 136, cioe\u0027 la meta\u0027, erano «sotto soglia») e nel\n2023 (l\u0027annualita\u0027 cui si riferiscono i ruoli oggi impugnati), le\nsocieta\u0027 «sotto soglia» coinvolte sono state piu\u0027 del triplo di\nquelle «sopra soglia». Neppure si potrebbe sostenere che l\u0027attivita\u0027\ndi indagine dell\u0027AGCM sarebbe statisticamente piu\u0027 complessa in\nrelazione alle imprese «sopra soglia». \n Pertanto - rilevano ancora le ricorrenti - a differenza di quanto\nafferma la evocata pronuncia costituzionale - non corrisponderebbe\nall\u0027id quod plerumque accidit che le imprese «sopra soglia»,\nassorbendo continuativamente e quantitativamente la maggior parte\ndelle risorse organizzative e di indagine dell\u0027AGCM, possano\nconsiderarsi le destinatarie prevalenti dell\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM e\nquindi le maggiori responsabili della relativa spesa. \n Cio\u0027 premesso, poiche\u0027 le societa\u0027 di capitali con ricavi\ninferiori a 50 milioni di euro, non tenute al versamento del\n«contributo», si troverebbero in una situazione di diritto e di fatto\ndel tutto analoga a quella delle imprese di capitali con ricavi\nsuperiori a tale soglia, ne conseguirebbe il carattere\nirragionevolmente discriminatorio della misura fiscale de qua. \n 4. Appare, inoltre, emergere - ad avviso delle ricorrenti - il\nprofilo del contrasto della normativa interna qui rilevante con i\nprincipi unionali e su tale profilo si concentrano in particolare i\nrilievi veicolati nei ricorsi, con i quali, al fine di contrastare la\npretesa impositiva, le ricorrenti chiedono in via preliminare a\nquesta Corte di interporre rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi\ndell\u0027art. 267 TFUE al fine di accertare la compatibilita\u0027 dell\u0027art.\n5-bis della legge n. 27/2012 con i principi europei della normativa\nitaliana che disciplina il contributo con le disposizioni comunitarie\nsotto il profilo del contrasto con i principi generali e i diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea (eguaglianza davanti alla legge,\ndivieto di discriminazione, tutela del patrimonio, proporzionalita\u0027,\npresunzione di innocenza) per la discriminazione che la normativa\nitaliana genera tra operatori economici che si trovano in una\nsituazione di diritto e di fatto omogenea e perche\u0027 mira a finanziare\nl\u0027insieme delle funzioni dell\u0027AGCM, comprese quelle che non\nriguardano le imprese gravate dal tributo. In questa prospettiva, le\nricorrenti ricordano che il giudice comune ben puo\u0027 promuovere il\nrinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE anche se su questioni analoghe\nsi sia pronunciata la Corte costituzionale nazionale (CGUE, sent.\n«Global Starnet» del 20 dicembre 2017). \n 5. Sotto il profilo della dedotta illegittimita\u0027 convenzionale,\nle ricorrenti assumono, che il «contributo» de quo sarebbe\ndiscriminatorio e, dunque, in contrasto con la direttiva 2019/1\n(direttiva ECN+) richiamata dalla stessa «Delibera AGCM 7 marzo 2023,\nn. 30499», con cui e\u0027 stato quantificato il «Contributo all\u0027onere\nderivante dal funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza\ne del mercato per l\u0027anno 2023», la quale - pur non vietandolo\nespressamente - non impone quale misura necessaria che gli Stati\nmembri traggano le risorse per il funzionamento dell\u0027Autorita\u0027\nantitrust dai contributi imposti alle imprese e, a maggior ragione,\nnon impone ma, anzi, vieta qualunque discriminazione tra i soggetti\nsui quali far gravare il detto onere. \n Tale assunto sarebbe, in particolare, validato altresi\u0027 dalla\ngiurisprudenza unionale, che, con una recente decisione (Corte di\ngiustizia UE 7 settembre 2023, causa C-226/22, Nexive Commerce,\nEU:C:2023:637) ha stabilito la legittimita\u0027 del finanziamento\ndell\u0027AGCOM posto a carico di tutti gli operatori del settore, dal\nmomento che tutti beneficiano dell\u0027attivita\u0027 di regolamentazione di\ndetta Autorita\u0027 e che l\u0027intensita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 svolta da\nun\u0027Autorita\u0027 di regolamentazione e monitoraggio non sia rilevante ai\nfini del principio di non discriminazione. \n 6. Risulterebbe, inoltre, violato l\u0027obbligo imposto agli Stati\nmembri dall\u0027art. 4, par. 3, ultimo comma, TUE, di astenersi da\nqualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione\ndegli obiettivi dell\u0027Unione. Nella fattispecie, l\u0027art. 5-bis\ndella legge n. 27/2012 pregiudicherebbe l\u0027obiettivo di favorire la\nlibera concorrenza tra le imprese, cosi\u0027 producendo effetti\ndistorsivi sulla concorrenza e sull\u0027esercizio del diritto di\nstabilimento delle societa\u0027 europee e di libera circolazione dei\ncapitali incidendo, altresi\u0027, sul buon funzionamento del mercato\nunico. \n Le ricorrenti assumono, precisamente, leso il principio di leale\ncooperazione ai sensi dell\u0027art. 4 TUE, poiche\u0027 la normativa italiana\nimpone di contribuire finanziariamente all\u0027attivita\u0027 di un\u0027autorita\u0027\nstatale incaricata di svolgere indagini e comminare sanzioni di\nnatura sostanzialmente penale ai soggetti obbligati al versamento del\ncontributo che, tuttavia, risultano essere i soli obbligati laddove,\nper le sopra ricordate caratteristiche, l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM, piu\u0027\nche a beneficio delle imprese controllate, va essenzialmente a\nvantaggio dei consumatori, dunque dell\u0027intera collettivita\u0027. \n Inoltre, affidare il finanziamento dell\u0027attivita\u0027 di controllo ai\nsoggetti controllandi rischia di compromettere la neutralita\u0027 e\nl\u0027indipendenza dell\u0027Autorita\u0027 preposta ai controlli. \n Con tale misura, quindi, l\u0027Italia avrebbe violato l\u0027obbligo\nimposto agli Stati membri dall\u0027art. 4, par. 3, TUE, di astenersi da\nqualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione\ndegli obiettivi dell\u0027Unione. \n 7. Le ricorrenti allegano, inoltre, il contrasto della evocata\ndisciplina nazionale con il diritto di stabilimento e della libera\ncircolazione dei capitali (artt. 49 e ss. TFUE e artt. 63 e ss.\nTFUE), in quanto dal «contributo» sono esentate le imprese straniere\nche non hanno sede in Italia pur operanti nel nostro Paese (e che\ndunque potrebbero essere oggetto di indagini e sanzionate dall\u0027AGCM\nper eventuali loro comportamenti distorsivi della concorrenza) e\npotrebbero essere dissuase (per non dover versare il «contributo»)\ndallo stabilirsi in Italia. \n 8. Risulterebbe, infine, violata la normativa comunitaria in\nmateria di aiuti di stato (art. 107 TFUE), nella misura in cui il\npagamento del «contributo» favorisce le imprese il cui fatturato non\nsupera i 50 milioni, consentendo loro di ridurre i costi e quindi di\nfare (piu\u0027 efficacemente) concorrenza sia alle imprese italiane (e\nstraniere iscritte in detto Registro) assoggettate al «contributo»\nche alle imprese con sede in altri Stati membri. Le misure che\npossano costituire un «aiuto di Stato» devono, tuttavia, essere\nobbligatoriamente (e preventivamente) notificate alla Commissione\neuropea ex art. 108, par. 3, TFUE, affinche\u0027 questa possa valutare se\nesse integrino effettivamente un aiuto di Stato e, in caso\naffermativo, se siano o meno incompatibili con il mercato comune.\nQualora l\u0027obbligo di notifica - come nella presente fattispecie - sia\nstato disatteso, la misura e\u0027 illegittima. \n 9. A fronte degli articolati rilievi dedotti dalle ricorrenti,\nquesta Corte ritiene di sollevare d\u0027ufficio dinanzi alla Corte\ncostituzionale la questione di legittimita\u0027 costituzionale delle\ndisposizioni interne qui in rilievo e, precisamente, dell\u0027articolo\n10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287\n(Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aggiunti\ndall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1\n(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito, con modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per contrasto con gli articoli 3,\n53, 1° e 2° comma e 117 della Costituzione, quest\u0027ultimo in relazione\nal diritto dell\u0027Unione, con riferimento in particolare al principio\ngenerale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1 del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018 (specie il\nsuo «considerando» n. 8 e l\u0027art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e 103\nTFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre\n2002 concernente l\u0027applicazione delle regole di concorrenza di cui\nagli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE),\nall\u0027art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei\ndiritti fondamentali dell\u0027Unione europea, nella parte in cui, per\nassicurare il funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza\ne del mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli\nimprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro. \n 10. Preliminarmente, sotto il profilo dell\u0027ammissibilita\u0027, nessun\ndubbio sembra porsi in rapporto alla natura tributaria del contributo\nde quo e alla conseguente giurisdizione di questo giudice alla luce,\nper un verso, del principio della generalita\u0027 della giurisdizione\ntributaria, affermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite della\nCorte di cassazione (ex multis, Sez. Un. Sent. 3 maggio 2016, n.\n8870), secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende\na tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e\nspecie e ha carattere pieno ed esclusivo, includendo, oltre ai\ngiudizi sull\u0027impugnazione del provvedimento impositivo, anche quelli\nrelativi alla legittimita\u0027 di tutti gli atti del procedimento e, per\nl\u0027altro verso, tenuto conto dell\u0027elaborazione della giurisprudenza\ncostituzionale su analoghe contribuzioni di altra autorita\u0027\nindipendente (Corte cost., sentenza n. 256 del 2007 e n. 269 del\n2017). \n In particolare con la sentenza n. 256/2007 il giudice delle leggi\nsi e\u0027 espresso in merito al contributo dovuto per le spese di\nfunzionamento dell\u0027Autorita\u0027 per la vigilanza sui lavori pubblici\nqualificandolo di indubbia natura tributaria per il carattere di\nobbligatorieta\u0027 e generalita\u0027, esprimendo un principio pianamente\nestendibile alla materia che involge la disciplina dell\u0027AGCM, essendo\nil sistema di finanziamento dell\u0027Autorita\u0027 per la concorrenza ed il\nmercato del tutto analogo a quello ora indicato, anche sotto il\nprofilo degli analoghi contributi richiesti agli operatori economici\nche superino una certa entita\u0027 di fatturato. \n Per tali motivi, appare sussistente il necessario collegamento\ntra la ravvisata natura tributaria della prestazione imposta in base\nalle disposizioni, sopra precisamente evocate, e la giurisdizione di\nquesto giudice, che costituisce dunque il «giudice naturale» (art.\n102 Cost.) della materia in esame, tenuto conto del principio ormai\nconsolidato nella giurisprudenza di legittimita\u0027 (Sez. Un. n. 6315\ndel 2009 e n. 11082 del 2010) secondo il quale la giurisdizione del\ngiudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall\u0027art. 12,\ncomma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 all\u0027art. 2\ndecreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere pieno ed\nesclusivo, estendendosi non solo all\u0027impugnazione del provvedimento\nimpositivo, ma anche alla legittimita\u0027 di tutti gli atti del\nprocedimento, ivi compresi gli ordini di verifica, a seguito dei\nquali l\u0027attivita\u0027 di accertamento inizia. \n Nel caso di specie, pertanto, non puo\u0027 essere dunque revocata in\ndubbio la giurisdizione tributaria alla luce della elaborazione\ncostituzionale (Corte cost., sent. n. 64 del 2008) per cui sussiste\nun nesso di inscindibilita\u0027 tra giurisdizione tributaria e la materia\ntributaria la cui violazione darebbe luogo alla violazione dell\u0027art.\n102, secondo comma, della Costituzione (Corte cost., ord. n. 395 del\n2007, n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). Tale ricostruzione e\u0027\nstata, peraltro, confermata dalle piu\u0027 recenti pronunce della\ngiurisprudenza di vertice (Sez. Un., ord. n.10577 del 4 giugno 2020). \n 11. Ancora sotto il profilo dell\u0027ammissibilita\u0027/pregiudizialita\u0027,\nquesta Corte ritiene percorribile in via prioritaria l\u0027investimento\ndella Corte costituzionale rispetto al rinvio pregiudiziale ex art\n267 TFUE prospettato dalle parti ricorrenti, alla luce dei principi\naffermati con le sentenze nn. 269 del 2017 e 63 del 2019 con cui la\nConsulta ha fornito alcune importanti precisazioni in merito alle\nipotesi di doppia pregiudizialita\u0027, ovvero, alle controversie che -\ncome nel caso che qui occupa - possono dare luogo a questioni di\nillegittimita\u0027 costituzionale e, simultaneamente, a questioni di\ncompatibilita\u0027 con il diritto dell\u0027Unione. \n In tali evocati arresti e, in particolare, nella pronuncia n. 269\ndel 2017, la Corte ha statuito «che, laddove una legge sia oggetto di\ndubbi di illegittimita\u0027 tanto in riferimento ai diritti protetti\ndalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti\ndalla Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea in ambito di\nrilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio\npregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita\u0027\ndel diritto dell\u0027Unione, ai sensi dell\u0027art. 267 del TFUE». \n Tale principio, affermato dal Giudice delle leggi con riguardo\nalla CDFUE, pare estensibile a tutti i casi in cui si pongono delle\nquestioni che attengono alla tutela dei diritti costituzionali, anche\ncon riguardo a fonti unionali diverse da quella da ultimo evocata,\ncome nel caso in cui vengano in considerazione il rispetto dei\nTrattati - come il TFUE -, di un regolamento comunitario o di una\ndirettiva, quando risulti il rango costituzionale della questione e\ndei diritti in gioco e - come nella fattispecie - la non immediata\napplicabilita\u0027 del diritto europeo. Nel caso in esame, infatti, non\nsi rinviene una disposizione di matrice unionale direttamente\napplicabile bensi\u0027 si prospetta una contrarieta\u0027 della disciplina\ninterna ai principi sanciti dalle fonti extranazionali (oltre che\ndalla Carta fondamentale), come meglio si dira\u0027 piu\u0027 oltre. \n 12. Cio\u0027 premesso, questa Corte osserva, in punto rilevanza della\nquestione di costituzionalita\u0027, che necessariamente ai fini del\npresente giudizio occorre fare applicazione della disciplina di cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato),\naggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,\nn. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito, con modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal momento che i ricorsi in esame\ncontestano in radice la legittimita\u0027 della pretesa impositiva\nazionata sulla base dell\u0027evocato contesto normativo, del quale -\nstante l\u0027inequivocabile disposto letterale - non e\u0027 possibile fornire\nuna lettura costituzionalmente e convenzionalmente compatibile. \n Non e\u0027 parimenti attuabile alcun forma di lettura in chiave\ndisapplicativa delle disposizioni interne sulla base del diritto\nunionale, poiche\u0027 nella fattispecie - come si e\u0027 gia\u0027 rilevato - non\nvi e\u0027 una disposizione specifica di fonte europea che possa\napplicarsi direttamente alla fattispecie dedotta, vertendosi\npiuttosto, nella diversa situazione della lamentata difformita\u0027 di\nuna disciplina interna rispetto (anche) a principi di matrice\neurounitaria non direttamente applicabili dal giudice nazionale. \n 13. In punto di non manifesta infondatezza della questione,\nquesta Corte dubita della costituzionalita\u0027 delle disposizioni di cui\nall\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,\nn. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato),\naggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,\nn. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle\ninfrastrutture e la competitivita\u0027), convertito, con modificazioni,\ndalla legge 24 marzo 2012, n.27, nella parte in cui, per assicurare\nil funzionamento dell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e del\nmercato, vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori\ncon fatturato superiore a 50 milioni di euro, sotto i profili di\nseguito dedotti. \n 14. Contrasto con il principio di capacita\u0027 contributiva (art.\n53, commi 1 e 2, Cost.): secondo la disciplina dubitata di\nincostituzionalita\u0027, invero, a contribuire alle spese per il\nfunzionamento dell\u0027AGCM sono chiamate le sole societa\u0027 di capitali e\nnon i cittadini e le pubbliche amministrazioni, che pure svolgono la\nloro attivita\u0027 con efficacia diretta o indiretta sul mercato creando\no eliminando distorsioni alla concorrenza. Oltre alla limitazione\ndella platea dei contribuenti alle sole societa\u0027 di capitali, la\ndisciplina contestata pone un\u0027ulteriore distinzione, derivante\ndall\u0027assoggettamento al contributo de quo di una percentuale ridotta\ndi tali imprese, quella cioe\u0027 con volume di affari superiore a 50\nmilioni di euro. \n Sotto tale profilo, la disciplina in esame appare in contrasto\ncon l\u0027indicato principio costituzionale, tenuto conto che il criterio\nadottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide\nnecessariamente con la redditivita\u0027 di un\u0027impresa, ben potendo, a\nparita\u0027 di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la\nredditivita\u0027 fra imprese operanti in settori diversi. \n Ne\u0027 puo\u0027 escludersi che ad un elevato fatturato faccia poi\nriscontro un saldo negativo del conto economico, che potrebbe quindi\nchiudere in perdita. La detta disciplina, pertanto, si allontana dal\nprincipio della capacita\u0027 contributiva per correlate al parametro\ndella redditivita\u0027 dell\u0027impresa contribuente i costi fiscali che la\nstessa viene chiamata a sostenere. \n La strutturazione del contributo, inoltre, appare in contrasto\ncon il principio di progressivita\u0027 sopra evocato in quanto i soggetti\ncon maggiore capacita\u0027 contributiva possono in concreto risultare\ndestinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di\nquelli gravanti sui contribuenti con minore capacita\u0027 contributiva,\nstante la previsione per cui il massimo importo di detto contributo\nnon puo\u0027 essere superiore a cento volte la misura minima pari allo\n0,08 per mille del fatturato (successivamente ridotto allo 0,059)\nrisultante dall\u0027ultimo bilancio. \n Alla luce della vista strutturazione del contributo, puo\u0027 dunque\naccadere che esso non venga applicato in termini di progressivita\u0027\nsecondo la diversa capacita\u0027 contributiva delle imprese ma in misura\nproporzionale (e solo al di sopra della indicata soglia di fatturato)\nsenza tener conto delle piu\u0027 elevate capacita\u0027 contributive per poi\ndivenire regressivo una volta raggiunta una certa soglia. \n La Corte rimettente e\u0027 ben consapevole che tale profilo e\u0027 gia\u0027\nstato vagliato e disatteso dal Giudice delle leggi, in particolare\ncon la gia\u0027 evocata pronuncia n. 269 del 2017. \n Tuttavia, in quell\u0027occasione la Consulta aveva ritenuto la\ndenunziata previsione normativa conforme al parametro di cui all\u0027art.\n3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della scelta operata\ndal legislatore rilevando che «l\u0027assenza di progressione e la\npresenza di un tetto massimo alla contribuzione sono coerenti con la\nfinalita\u0027 ultima del tributo in questione, che non e\u0027 quella di\nintrodurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di far\nconcorrere al finanziamento dell\u0027Autorita\u0027 i soggetti cui\nprincipalmente si rivolge l\u0027attivita\u0027 di garanzia della stessa. Un\ntale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze equitative:\nquella di contenere il carico economico posto a carico del singolo\noperatore e quella di evitare che alcuni operatori possano\ntrasformarsi in «super-finanziatori» dell\u0027Autorita\u0027, finendo per\ncomprometterne di fatto l\u0027indipendenza». \n Tale conclusione, fondata sull\u0027assunto che l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM\nsi rivolga principalmente nei confronti delle imprese con il maggiore\nfatturato (c.d. «sopra soglia») appare nell\u0027attualita\u0027 revocabile in\ndubbio sulla base di dati oggettivi, desumibili dalle rilevazioni\nstatistiche che si illustreranno con riferimento al rilievo di\ncostituzionalita\u0027 agganciato al parametro di cui all\u0027art. 3 Cost. \n Per tale ragione, questa Corte ritiene di riproporre i dubbi di\ncostituzionalita\u0027 che gia\u0027 erano stati esaminati, alla luce della\nconsiderazione del (ritenuto) venir meno della premessa fattuale\nsulla cui base essi erano stati disattesi dal Giudice delle leggi. \n 15. Contrasto con l\u0027articolo 3, Cost.: le considerazioni sopra\nsvolte inducono a ritenere, altresi\u0027, violato il parametro\ncostituzionale di cui all\u0027articolo 3 Cost., sotto i profili della\nragionevolezza della scelta legislativa, della proporzionalita\u0027 ed\neguaglianza del trattamento fiscale adottato. \n Pur ammettendosi, infatti, che il legislatore possa diversamente\nmodulare l\u0027imposizione fiscale fra diverse aree economiche o diverse\ntipologie di contribuenti, pur tuttavia ogni eventuale\ndiversificazione del regime fiscale per tipologia di contribuenti\ndeve essere sorretta da adeguate giustificazioni in assenza delle\nquali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione\n(Corte cost., sent. n. 10/2015). \n La giurisprudenza costituzionale ha, invero, affermato che le\ndifferenziazioni impositive devono essere ancorate ad adeguata\ngiustificazione oggettiva la quale deve essere coerentemente,\nproporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella struttura\ndell\u0027imposta (Corte cost., sentenza n. 142 del 2014). \n Sotto tali profili, la disciplina di cui all\u0027art. 10, commi 7-ter\ne 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in esame, appare\nfrutto di una scelta legislativa non sorretta da un\u0027adeguata\ngiustificazione sia nella parte in cui prevede un\u0027esenzione totale\nper i contribuenti «sotto soglia» (con il risultato che un\u0027impresa\ncon 49.999.999 euro di fatturato non paga nulla, mentre una\ncontribuente con 50.000.001 euro di fatturato e\u0027 assoggettata al\ncontributo), sia in quella ove stabilisce che l\u0027imprenditore con\nfatturato di oltre cento volte superiore al minimo previsto per la\ntassabilita\u0027 sia tenuto a versare un contributo di importo meno che\nproporzionale a tale indice di capacita\u0027 contributiva. \n Non potrebbe neppure ritenersi che la disciplina qui dubitata di\nincostituzionalita\u0027 e\u0027 orientata ad addossare le spese di\nfunzionamento di AGCM alle imprese caratterizzate da una presenza\nimportante nei mercati di riferimento e dotate di considerevole\ncapacita\u0027 di incidere sui movimenti delle relative attivita\u0027\neconomiche, sull\u0027assunto che il riferimento ad una determinata soglia\ndi fatturato non sia inteso a identificare una specifica capacita\u0027\ncontributiva, bensi\u0027 a selezionare quei soggetti nei cui confronti,\nsecondo l\u0027id quod plerumque accidit, si esercita il maggiore impegno\ndi controllo dell\u0027Autorita\u0027 di garanzia. \n E\u0027, infatti, agevole ipotizzare una situazione di mercati nei\nquali il prodotto (o servizio) rilevante ha un costo di\nproduzione/prezzo di vendita talmente basso per cui le imprese\ninteressate non potranno mai conseguire fatturati «sopra soglia», pur\nrivestendo una presenza significativa nel mercato di riferimento ed\nassumendo una capacita\u0027 di incidenza sullo stesso con comportamenti\nanticoncorrenziali vietati dalla normativa comunitaria e nazionale,\ncosi\u0027 come puo\u0027 ipotizzarsi che, in un determinato anno, un\u0027impresa\nscenda temporaneamente «sotto soglia», seguendo le dinamiche del\nmercato, senza per questo perdere la propria posizione sul mercato. \n Nella disciplina qui censurata deve, inoltre, rinvenirsi un\nprofilo di discriminazione tra le societa\u0027 italiane con ricavi\nsuperiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese\ntenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese\nstraniere che non hanno una rappresentanza stabile in Italia ma\nesercitano attivita\u0027 di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei\nservizi di vigilanza e di regolamentazione resi dalla AGCM.\nConsiderata l\u0027omogeneita\u0027 della situazione di fatto presa in\nconsiderazione della legge ai fini dell\u0027imposizione fiscale, la\nlimitazione della platea dei soggetti passivi chiamati al versamento\ndel contributo, limitato alle sole societa\u0027 di capitali residenti in\nItalia a fini fiscali e i cui ricavi superano la soglia di 50 milioni\ndi euro di fatturato, materializza un\u0027ingiustificata disparita\u0027 di\ntrattamento fondata unicamente sulla nazionalita\u0027 o\nsull\u0027organizzazione societaria del contribuente: il contributo de\nquo, infatti, non grava sulle societa\u0027 di capitali che non\nraggiungono i 50 milioni di euro di ricavi e sui soggetti diversi\ndalle societa\u0027 di capitali (a prescindere dai loro ricavati), ne\u0027 su\nimprese straniere non iscritte in Italia anche se operano comunque\nsul mercato italiano. \n 15.1. Questa Corte e\u0027 ben consapevole che il Giudice delle leggi,\ncon la gia\u0027 ricordata sentenza n. 269 del 2017, ha ritenuto non\nfondate le questioni di costituzionalita\u0027 dedotte in relazione agli\nartt. 3 e 53 Cost. ritenendo che «10.1. . non puo\u0027 ritenersi\ncostituzionalmente illegittima la scelta del legislatore di imporre\nla contribuzione in esame esclusivamente a carico delle imprese che\nsi contraddistinguono per una presenza significativa sui mercati,\nperche\u0027 dotate di una particolare struttura e perche\u0027 caratterizzate\nda una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base\nall\u0027id quod plerumque accidit, sono le destinatarie prevalenti\ndell\u0027attivita\u0027 dell\u0027Autorita\u0027 medesima e, quindi, le maggiori\nresponsabili della relativa spesa . Non inficia l\u0027opzione legislativa\nneppure il fatto che l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM possa indirizzarsi\ntalvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli\nimprenditori cosiddetti sotto-soglia, le pubbliche amministrazioni,\nle imprese senza stabile organizzazione in Italia o gli stessi\nconsumatori. Sul piano dell\u0027effettivita\u0027, l\u0027Autorita\u0027 antritust e\u0027\nprevalentemente impegnata dalle attivita\u0027 economiche degli\nimprenditori di medie e grandi dimensione e cio\u0027 basta ad escludere\nla manifesta irragionevolezza della normativa in esame. «Ed ancora:\n«10.2. - Neppure irragionevole e\u0027 la scelta di riferirsi ad una\ndeterminata dimensione del fatturato (50 milioni di euro) per\ndelimitare la platea degli imprenditori assoggettati al\ncontributo.... Il tributo in esame, infatti... intende ripartire gli\noneri economici relativi alla prestazione di un servizio pubblico (la\ntutela della concorrenza e il funzionamento del mercato) fra i\nsoggetti che giustificano l\u0027esistenza di un\u0027autorita\u0027 garante della\nconcorrenza e che nei fatti maggiormente impegnano la sua\nattivita\u0027.». \n 15.2. Questo giudice rimettente prospetta, tuttavia, alcune\nconsiderazioni che potrebbero indurre la Corte adita a rimeditare la\ndecisione adottata alla luce della ravvisata difformita\u0027 della\nsituazione dell\u0027id quod plerumque accidit rispetto a quanto posto\nalla base della pronuncia n. 269/2017, desumibile dalle rilevazioni\nstatistiche ufficiali riferite agli anni di attivita\u0027 dell\u0027AGCM. \n Infatti, come risulta dalle statistiche relative alla prassi\ndecisionale dell\u0027AGCM, reperibili agevolmente sul sito ufficiale di\ntale Autorita\u0027\nwww.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/sanzioni, la\nvigilanza dell\u0027AGCM si produce in maniera sostanzialmente equivalente\ntra le imprese «sotto soglia» e «sopra soglia». Precisamente, negli\nanni 2012-2014, dei 66 procedimenti chiusi con provvedimento\nsanzionatorio dall\u0027AGCM, 17 riguardavano societa\u0027 di capitali con\nricavi inferiori a 50 milioni (ma uno di questi riguardava un\nprocedimento collettivo che aveva riguardato 20 societa\u0027 tutte con\nfatturati inferiori a 50 milioni; nel biennio 2016-2017, risulta che,\nsu 121 imprese controllate, 65 erano «sotto soglia» e 56 «sopra\nsoglia». Anche con riferimento agli anni 2018-2023 emerge un quadro\nanalogo, che vede un totale di 272 imprese verificate di cui 136\n«sotto soglia» e un pari numero «sopra soglia». \n Se, dunque, i dati statistici riflettono una realta\u0027 fattuale\nnella quale i destinatari dell\u0027attivita\u0027 di AGCM sono costituiti da\nimprese «sopra» e «sotto soglia» in numero sostanzialmente\nequivalente, appare per contro problematico fondare su dati di fatto\noggettivi l\u0027affermazione per cui l\u0027attivita\u0027 di indagine dell\u0027AGCM\nsia piu\u0027 complessa e dispendiosa in relazione agli accertamenti nei\nconfronti delle imprese «sopra soglia». \n Non sono, infatti, rinvenibili elementi empirici o dati\nesperienziali dai quali desumere, come regola generale, che le\nimprese che superano una certa soglia di fatturato, soltanto per le\nloro dimensioni richiedano un maggiore impegno nell\u0027attivita\u0027 di\ncontrollo che le riguarda, ne\u0027 in termini quantitativi (relativi al\nnumero di accertamenti che riguardano, rispettivamente, le imprese\nsotto o sopra soglia), ne\u0027 sotto il profilo qualitativo (in relazione\nal numero degli accertatori impegnati nelle singole verifiche, alla\ncomplessita\u0027 delle stesse e al tempo necessario per portarle a\ntermine), essendo, anzi, agevole prospettare casi in cui si puo\u0027\nverificare il contrario, come si e\u0027 sopra esemplificato. \n 15.3. Inoltre, tra i compiti istituzionali di AGCM non e\u0027\nricompresa soltanto la vigilanza in materia di concorrenza tra\nimprese, ma l\u0027attivita\u0027 di tale organismo si rivolge anche altri\nsettori e, in definitiva, alla generalita\u0027 dei soggetti economici\n(italiani o non) operanti sul territorio italiano, senza alcuna\ndistinzione tra societa\u0027 di capitali con fatturati superiori, o no, a\n50 milioni e a prescindere dalla struttura che si sono date (societa\u0027\ndi persone, di capitali, ditte individuali, enti rappresentativi\ndelle categorie imprenditoriali o professionali, etc.). Alla luce\ndell\u0027ampio spettro di azione dell\u0027AGCM, la strutturazione del\ncontributo in esame appare vieppiu\u0027 irragionevole e immotivatamente\ndiscriminatoria. \n 15.4. Benvero che la discrezionalita\u0027 del legislatore in\nrelazione alle finalita\u0027 dell\u0027imposizione fiscale ed alle modalita\u0027\nimpositive e\u0027 certamente molto ampia ma, nel caso di specie, essa\nappare connotata da profili di innegabile irrazionalita\u0027, emergenti\nalla luce della realta\u0027 fattuale sopra riportata. \n Quest\u0027ultima, infatti, restituisce in tutta evidenza il dato di\nuna imposizione che, irragionevolmente, grava in via esclusiva su una\nparte soltanto della compagine dei soggetti che effettivamente sono\ncoinvolti nell\u0027attivita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM e, all\u0027interno\ndella piu\u0027 ristretta platea individuata dal legislatore, di un onere\nripartito a prescindere dal criterio di proporzionalita\u0027, per effetto\ndel meccanismo di tetto massimo dell\u0027importo contributivo, che - come\nsi e\u0027 osservato - induce oltre una determinata soglia effetti (non\nprogressivi bensi\u0027) regressivi e mina l\u0027indipendenza dell\u0027azione\namministrativa svolta dall\u0027AGCM. \n Infine, la disciplina in esame introduce effetti discriminatori\ntra imprese «sopra soglia» con sede in Italia e imprese «sopra\nsoglia» estere operanti sul medesimo mercato interno. \n Tale strutturazione del contributo risulta sfornita di una\nragionevole giustificazione ed appare, per tali motivi, in contrasto\ncon il disposto costituzionale (art. 3 Cost.) sotto il profilo della\nragionevolezza e proporzione e non discriminazione della disciplina\nsottoposta al vaglio di costituzionalita\u0027. \n 16. Contrasto con l\u0027art.117 della Costituzione, quest\u0027ultimo in\nrelazione al diritto dell\u0027Unione, con riferimento in particolare al\nprincipio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1\ndel Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018 (specie\nil suo «considerando» n. 8 e l\u0027art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e\n103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre\n2002 concernente l\u0027applicazione delle regole di concorrenza di cui\nagli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE),\nall\u0027art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei\ndiritti fondamentali dell\u0027Unione europea: la disciplina del\nfinanziamento dell\u0027AGCM in esame appare contrastante altresi\u0027 con la\nnormativa di fonte unionale, configurandosi dunque una violazione del\ndisposto costituzionale di cui all\u0027art. 117 Cost. 18.1. La disciplina\ninterna qui censurata, nella misura in cui costituisce attuazione del\ndiritto dell\u0027Unione - ponendosi quale meccanismo di finanziamento\ndell\u0027AGCM, organismo che vigila sulla materia disciplinata dal\nregolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002\n(«concernente l\u0027applicazione delle regole di concorrenza di cui agli\nartt. 81 e 82 del Trattato CE» oggi, artt. 101 e 102 TFUE), dall\u0027art.\n1, comma 2, legge n. 287/1990; dalla direttiva (UE) 2019/1 del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 201826 «che\nconferisce alle autorita\u0027 garanti della concorrenza degli Stati\nmembri poteri di applicazione piu\u0027 efficace e che assicura il\ncorretto funzionamento del mercato interno» («direttiva ECN+»),\nadottata sulla base dell\u0027art. 103, in tema di finanziamento\ndell\u0027attivita\u0027 delle Autorita\u0027 antitrust nazionali - dovrebbe\nconformarsi ai principi enunciati dalle disposizioni della CDFUE. \n 17. Al contrario, essa appare in contrasto, anzitutto, con il\nprincipio di non discriminazione che, nella gerarchia delle fonti\nunionali, ha valenza di principio generale di diritto e che impone di\nnon trattare in modo diverso situazioni omogenee. \n Come si e\u0027 gia\u0027 osservato, il contributo per il finanziamento\ndell\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCM grava esclusivamente su imprese che si\ntrovano in una situazione fattuale e giuridica del tutto analoga a\nquelle che ne sono esentate e cio\u0027 unicamente sulla base di un\nelemento (il loro fatturato) che non appare - anche alla luce dei\ndati oggettivi di natura statistica --un ragionevole parametro\ndiscretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva. \n Come si e\u0027 gia\u0027 rilevato, infatti, il contributo de quo e\u0027\nimposto solo ad alcuni soggetti di una platea coinvolta\ndall\u0027attivita\u0027 dell\u0027organismo di garanzia, cosi\u0027 violando il gia\u0027\nevocato principio di non discriminazione e le disposizioni unionali\nche ne contengono la positiva esplicitazione: l\u0027art. 20 della «Carta\ndei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea» che enuncia il\nprincipio di eguaglianza; l\u0027art. 21 par.1 della medesima Carta, che\nvieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare,\nsul ... patrimonio...» laddove tratta diversamente i contribuenti\nsulla base esclusiva del loro fatturato. \n 18. In secondo luogo, la disciplina interna de qua appare in\ncontrasto con la direttiva ECN+, richiamata dalla stessa Delibera\nAGCM 7 marzo 2023, n. 30499» con cui e\u0027 stato quantificato il\n«Contributo all\u0027onere derivante dal funzionamento dell\u0027Autorita\u0027\ngarante della Concorrenza e del Mercato per l\u0027anno 2023»). \n La direttiva 2019/1 (o ECN+), recepita in Italia con decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 185, vieta trattamenti\ndiscriminatori: il suo «considerando» n. 8 - proprio in relazione\nalle adeguate risorse finanziarie che gli Stati devono assicurare\nalle Autorita\u0027 garanti - precisa che esse devono garantire «parita\u0027\ndi condizioni alle imprese operanti nel mercato interno»,\nintendendosi per «impresa» «... ai sensi degli articoli 101 e 102\nTFUE, qualsiasi entita\u0027 che esercita un\u0027attivita\u0027 economica, a\nprescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalita\u0027 di\nfinanziamento» (art. 2, n. 10, direttiva ECN+) senza alcuna\ndistinzione tra imprese sulla base del fatturato o di altri criteri. \n Sotto il profilo del finanziamento, la direttiva prevede che:\n«Per garantire che le autorita\u0027 amministrative nazionali garanti\ndella concorrenza dispongano delle risorse necessarie per svolgere i\nloro compiti, potrebbero essere presi in considerazione diversi mezzi\ndi finanziamento, come il finanziamento proveniente da fonti\nalternative, diverse dal bilancio dello Stato» e l\u0027art. 5, par. 1,\nstabilisce che: «Gli Stati membri assicurano almeno che le autorita\u0027\nnazionali garanti della concorrenza dispongano di sufficiente\npersonale qualificato e di sufficienti risorse finanziarie, tecniche\ne tecnologiche per l\u0027efficace svolgimento dei loro compiti e\nl\u0027esercizio dei loro poteri, ai fini dell\u0027applicazione degli articoli\n101 e 102 TFUE, come definiti al paragrafo 2 del presente articolo»). \n Pur lasciando ampia discrezionalita\u0027 al legislatore nazionale\nnella determinazione della fonte del contributo stesso, e dunque\nessendo lecito che gli Stati richiedano anche alle imprese un\ncontributo per il funzionamento dell\u0027Autorita\u0027, e\u0027 altrettanto vero\nche, nel fare cio\u0027, gli Stati non possono adottare criteri\ndiscriminatori. \n 19. Sotto il profilo della conformita\u0027 della disciplina interna\nsottoposta allo scrutinio di costituzionalita\u0027 con il principio di\nnon discriminazione, oltre al dato fattuale di premessa, costituito\ndal fatto che tutte le imprese, quale che sia il loro fatturato,\npossono violare le regole di concorrenza e sono quindi passibili\ndell\u0027attivita\u0027 di controllo e sanzione esercitata dall\u0027AGCM, si\nosserva inoltre che, in un caso del tutto analogo e sovrapponibile a\nquello che qui occupa, la Corte di giustizia UE si e\u0027 pronunciata\naffermando una serie di principi che appaiono significativi e\nrilevanti anche ai presenti fini. \n Nella causa Nexive Commerce (CGUE, 7 settembre 2023, causa\nC-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) la Corte di Lussemburgo ha,\ninfatti, affrontato il caso di fornitori privati del servizio postale\nai quali era stato imposto un «contributo» uniforme per sostenere\nl\u0027attivita\u0027 dell\u0027Autorita\u0027 garante (AGCOM) analoga all\u0027AGCM. Alcuni\noperatori esercenti il servizio di corriere espresso sostenevano\npero\u0027 che il contributo dovesse essere gravare solo a carico degli\noperatori esercenti il servizio universale o comunque contestavano di\ndover contribuire con la stessa percentuale (1/1000) in quanto\nassorbenti meno intensamente l\u0027attivita\u0027 dell\u0027AGCOM. A sostegno delle\nloro ragioni invocavano la violazione del divieto di discriminazione\nin quanto - a loro avviso - erano trattate in maniera identica\nsituazioni diverse, allegando che puo\u0027 aversi trattamento\ndiscriminatorio tanto quando situazioni omogenee sono trattate\ndiversamente, tanto nel caso in cui situazioni diverse siano trattate\nallo stesso modo. \n Nella evocata sentenza, la Corte UE ha ritenuto legittimo che il\nfinanziamento dell\u0027AGCOM fosse a carico di tutti gli operatori del\nsettore postale, dato che tutti beneficiavano dell\u0027attivita\u0027 di\nregolamentazione di detta Autorita\u0027 (e dunque si trovavano in una\nsituazione comparabile e non diversa) affermando, altresi\u0027, che\nl\u0027intensita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 svolta da un\u0027Autorita\u0027 di\nregolamentazione e monitoraggio non fosse rilevante ai fini del\nprincipio di non discriminazione. \n 19.1. I principi enunciati dalla sentenza Nexive Commerce\nappaiono perfettamente attagliabili alla disciplina del contributo di\nche trattasi, poiche\u0027 il Giudice europeo afferma, per un verso,\nl\u0027omogeneita\u0027 della situazione di tutti i soggetti che sono\nsottoposti all\u0027attivita\u0027 dell\u0027Autorita\u0027 di controllo e, per l\u0027altro\nverso, che l\u0027intensita\u0027 del controllo esercitato dall\u0027Autorita\u0027 non\ncostituisce elemento che puo\u0027 legittimamente differenziarne il\ntrattamento per quanto attiene al finanziamento della medesima. \n Ora, riportando le affermazioni della CGUE al caso del contributo\nimposto alle sole imprese «sopra soglia», appare confortata la\nprospettazione qui affacciata, relativa al trattamento\nimmotivatamente discriminatorio della disciplina interna che si\ncensura, imperniato su una distinzione fondata sul fatturato e\ngiustificata sulla base della (peraltro presunta e - come si e\u0027\ncercato di dimostrare - infondata) presunzione della maggiore\nincidenza dell\u0027attivita\u0027 dell\u0027organo finanziato proprio nei confronti\ndelle contribuenti su cui grava la contribuzione. \n 20. La disciplina interna dubitata di incostituzionalita\u0027\ncontrasta, infine, con il principio di leale cooperazione integrato\nnell\u0027art. 4, par. 3, TUE, ove e\u0027 stabilito che gli Stati membri\n«adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad\nassicurare l\u0027esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o\nconseguenti agli atti delle istituzioni dell\u0027Unione» e «devono\nastenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la\nrealizzazione degli obiettivi dell\u0027Unione». \n L\u0027AGCM opera quale autorita\u0027 garante ai fini del contrasto di\npratiche anticoncorrenziali vigilando affinche\u0027 le imprese non\nconcludano accordi o mettano in atto pratiche «... che possano\npregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto\no per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della\nconcorrenza all\u0027interno del mercato interno...» (art. 101 TFUE) e non\nsfruttino abusivamente la loro eventuale posizione dominante (art.\n102 TFUE), con il potere di applicare sanzioni in caso di accertato\nabuso. \n In altri termini, l\u0027AGCM svolge un servizio pubblico che va a\nbeneficio dell\u0027intera collettivita\u0027 e non un servizio specifico a\nvantaggio di singole imprese e, in ultima analisi, avvantaggia la\ngeneralita\u0027 dei cittadini in quanto consumatori interessati alla\nlibera concorrenza delle imprese. \n In tale contesto, la disciplina interna qui censurata appare\nlesiva dell\u0027indipendenza e - dunque - dell\u0027efficacia dell\u0027AGCM la\nstrutturazione del finanziamento della medesima, che si fonda\nessenzialmente sul contributo fornito da quegli stessi soggetti che\nsono i principali destinatari dell\u0027attivita\u0027 di controllo e sanzione\ndell\u0027Autorita\u0027 di garanzia. \n Al fine di garantire l\u0027assoluta indipendenza dell\u0027AGCM e, dunque,\nla piu\u0027 ampia efficacia della sua azione, quest\u0027ultima non dovrebbe\ndipendere finanziariamente dalle imprese dato che esse - come appena\nrilevato - non sono soltanto le beneficiarie della sua attivita\u0027, ma\ncostituiscono soprattutto i soggetti nei cui confronti si esercitano\ni poteri ispettivi e sanzionatori attribuiti all\u0027organismo di\ngaranzia. \n In definitiva, la disciplina interna che si sottopone al vaglio\ndi costituzionalita\u0027 appare dunque, in quanto lesiva\ndell\u0027indipendenza dell\u0027AGCM, una misura che viola il principio di\nleale collaborazione imposto agli Stati membri dall\u0027art. 4, par. 3,\nTUE, che implica il divieto di adottare misure che rischino di\nmettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell\u0027Unione. \n 21. Per tutti i sopra esposti profili, le disposizioni\ndell\u0027articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre\n1990, n. 287 appaiono in contrasto non componibile in via\ninterpretativa con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 53\ne 117 Cost. \n\n \n P.Q.M. \n \n La Corte di giustizia tributaria di Udine, solleva la questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 10, comma 7-ter e 7-quater,\nlegge n. 287/1990, aggiunti dall\u0027art. 5-bis, comma 1,\ndel decreto-legge 2 n. 1/2012, conv. legge n. 27/2012, per contrasto\ncon gli artt. 3, 53 e 117 Cost., quest\u0027ultimo in relazione al diritto\ndell\u0027Unione, con riferimento in particolare al principio generale di\nnon discriminazione; alla direttiva 11 dicembre 2019, n. 1, agli\nartt. 101, 102 e 103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del 16\ndicembre 2002 in riferimento agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora\nartt. 101 e 102 TFUE), all\u0027art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21\npar. 1 CDFUE, nella parte in cui, per assicurare il funzionamento\ndell\u0027Autorita\u0027 garante della concorrenza e del mercato, vengono\napplicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato\nsuperiore a 50 milioni di euro; \n Sospende il giudizio e dispone l\u0027immediata trasmissione degli\natti alla Corte costituzionale; \n Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della\nsegreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia\ncomunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n Udine, 3 giugno 2025 \n \n Il Presidente: 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