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B.. \n \nOrdinamento penitenziario -  Misure  alternative  alla  detenzione  -\n  Divieto di concessione di benefici - Previsione che il  divieto  di\n  concessione dei benefici opera \"per un  periodo  di  tre  anni  dal\n  momento in cui e\u0027 ripresa l\u0027esecuzione della custodia o della  pena\n  o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma  2\"\n  dell\u0027art. 58-quater della legge n. 354 del 1975, anziche\u0027  \"per  un\n  periodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque,  non  oltre\n  tre anni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della\n  custodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di  revoca\n  di cui al comma 2.\" \n- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull\u0027ordinamento  penitenziario\n  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della\n  liberta\u0027), art. 58-quater, comma 3. \n\n\r\n(GU n. 40 del 01-10-2025)\n\r\n \n                 UFFICIO DI SORVEGLIANZA DI BOLOGNA \n                    il magistrato di sorveglianza \n \n    Visti gli atti relativi all\u0027istanza  di  ammissione  alla  misura\ndell\u0027esecuzione della pena presso il domicilio presentata da  B.  S.,\nnato in ... (...) il ..., detenuto presso la  Casa  Circondariale  di\nFerrara in relazione alla pena  di  cui  alla  sentenza  n.  679/2020\nemessa dal  G.I.P.  di  Padova,  pari  ad  anni  uno  di  reclusione;\ndecorrenza pena 20 dicembre 2024; fine pena 19 dicembre 2025. \n \n                               Osserva \n \n    Con istanza del 2 luglio 2025 il difensore di B. S.  ha  avanzato\npresso l\u0027Ufficio di  sorveglianza  di  Bologna  distinte  domande  di\ndetenzione domiciliare in via provvisoria e di esecuzione della  pena\npresso il domicilio in relazione al titolo in  epigrafe,  da  fruirsi\npresso il domicilio del sig. ..., sito in ... (...), via ... \n    Il presente procedimento attiene alla domanda di esecuzione della\npena presso il domicilio ex art. 1,  legge  n.  199/2010,  mentre  la\ndomanda di detenzione domiciliare e\u0027 stata iscritta al  n.  SIUS  UDS\n2025/9026. \n    L\u0027istanza difensiva fa seguito  a  precedenti  determinazioni  di\nquesta autorita\u0027 giudiziaria  e  del  Tribunale  di  sorveglianza  di\nBologna  che  hanno  evidenziato  l\u0027inammissibilita\u0027  delle   domande\nproposte da B. S. in  forza  del  divieto  triennale  di  accesso  ai\nbenefici penitenziari di cui all\u0027art. 58-quater, comma  2,  legge  n.\n354/1975. \n    L\u0027attuale esecuzione penale, infatti,  origina  da  provvedimento\ndel Tribunale di sorveglianza di Venezia (SIUS TDS Venezia  2024/4628\ndel 18 novembre 2024) che ha dichiarato,  in  applicazione  dell\u0027art.\n58-quater  O.P.,   l\u0027inammissibilita\u0027   delle   domande   di   misure\nalternative proposte da B. ai sensi dell\u0027art. 656, comma 5 del codice\ndi procedura penale sulla  condanna  in  espiazione,  per  essere  il\ndetenuto incorso nella revoca di misura alternativa  alla  detenzione\nin  data  13  febbraio  2024  giusta  ordinanza  del   Tribunale   di\nsorveglianza di Brescia, che ha revocato l\u0027esecuzione pena presso  il\ndomicilio concessa all\u0027istante  dal  Magistrato  di  sorveglianza  di\nMilano per condotte incongrue avvenute nel corso della misura. \n    Analogamente, l\u0027Ufficio di sorveglianza di  Bologna  ha  rilevato\nl\u0027inammissibilita\u0027 delle istanze di  detenzione  domiciliare  in  via\nprovvisoria e di esecuzione della pena presso il  domicilio  proposte\nin precedenza dal  condannato.  Quanto  alla  domanda  di  detenzione\ndomiciliare trasmessa al Tribunale di  sorveglianza  di  Bologna,  il\nrelativo procedimento (SIUS TDS 2025/2632) si e\u0027 concluso con decreto\ndel 23 aprile 2025 emesso de plano ai sensi dell\u0027art.  666,  comma  2\ndel codice di procedura penale per l\u0027evidente inammissibilita\u0027  della\ndomanda. \n    Il decreto di inammissibilita\u0027 e\u0027 stato  comunicato  alla  difesa\ndopo che questa aveva  inteso  depositare  memoria  nel  procedimento\niscritto presso il Collegio felsineo -  ormai  conclusosi  -  in  cui\nsollecitava il Tribunale di sorveglianza di  Bologna  a  valutare  la\ncompatibilita\u0027 costituzionale dell\u0027art.  58-quater  O.P.,  proponendo\nquestione che non e\u0027 stata, dunque, esaminata. \n    Onde non incorrere in questa sede in  ulteriore  declaratoria  di\ninammissibilita\u0027, il difensore reitera la  preliminare  eccezione  di\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 58-quater O.P. nella misura in  cui  la\nnorma prevede una preclusione triennale  per  l\u0027accesso  ai  benefici\npenitenziari nei casi in cui il condannato incorra  nella  revoca  di\nuna misura alternativa alla detenzione, per contrarieta\u0027 della stessa\nrispetto agli articoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione. \n    La norma, infatti, prevedrebbe un rigido automatismo  che  ancora\nalla pronuncia di revoca degli effetti altamente pregiudizievoli, che\nfrustrano la funzione rieducativa della pena nella misura in cui  non\nconsentono  alla  magistratura  di  sorveglianza  di  compiere  delle\nvalutazioni sui progressi trattamentali del detenuto successivi  alla\nrevoca stessa. E cio\u0027 sarebbe ancor piu\u0027 irragionevole laddove,  come\nnel caso di specie, la revoca sarebbe stata susseguente  non  gia\u0027  a\ncondotte di reato o idonee ad indicare un rischio di recidiva del B.,\nquanto piuttosto a condotte considerate dal difensore incolpevoli. \n    Il difensore avvia il proprio iter argomentativo  segnalando  che\nquestione analoga e\u0027  stata  gia\u0027  affrontata  dalla  Consulta  nella\nsentenza n. 173/2021. \n    In quella sede, ricorda il  difensore,  la  Corte  ha  dichiarato\nmanifestamente infondate le questioni sollevate dal  giudice  a  quo,\nevidenziando che la revoca e\u0027 provvedimento adottato dal Tribunale di\nsorveglianza non gia\u0027 quale conseguenza automatica  delle  violazioni\ndelle prescrizioni o della commissione di un reato, ma a  seguito  di\nun giudizio reso nell\u0027ambito di procedimento  che  consente,  accanto\nalla revoca, di adottare soluzioni alternative quali la  prosecuzione\ndella misura o la sostituzione della misura con altra piu\u0027 idonea. \n    L\u0027operativita\u0027 dell\u0027art. 58-quater, dunque,  si  correla  ad  una\nspecifica valutazione della magistratura di sorveglianza che consente\nall\u0027autorita\u0027  giudiziaria  di  soppesare  gli  elementi  negativi  e\npositivi, e gli esiti della propria  decisione  anche  sul  prosieguo\ndell\u0027esecuzione penale. \n    La stessa Corte  costituzionale,  dunque,  pur  valutando  l\u0027art.\n58-quater O.P. quale norma «indubbiamente severa e  opinabile  da  un\npunto di vista di  politica  penitenziaria»  ha  giudicato  l\u0027opzione\nnormativa espressiva di un esercizio di discrezionalita\u0027  legislativa\nnon contrastante coi canoni costituzionali. \n    La difesa, in premessa, tiene a precisare che i fatti  che  hanno\ncondotto alla revoca sono ascrivibili ad  alcune  leggerezze  del  B.\nnella  gestione  delle  autorizzazioni,  nonche\u0027  nell\u0027insorgere   di\ndissidi con  la  persona  che  aveva  all\u0027epoca  offerto  il  proprio\ndomicilio al condannato, per cui era stato lo stesso B. a  richiedere\ndi rientrare in carcere per terminare l\u0027espiazione di quel titolo non\nessendo possibile che la convivenza tra i due  proseguisse.  Inoltre,\ncontinua la difesa, procedimenti instaurati nei  suoi  confronti  per\nevasione e relativi alle violazioni delle  prescrizioni  orarie  sono\nstati poi definiti con archiviazione e le segnalazioni da parte della\nQuestura di Mantova per i dissidi con la padrona di  casa  non  hanno\npoi  avuto  seguito,  non  avendo  questa  mai  formalmente  revocato\ndisponibilita\u0027 all\u0027accoglienza o denunciato B. \n    A fronte di questi elementi l\u0027operare  dell\u0027art.  58-quater  O.P.\nnel caso in esame preclude in toto alla persona l\u0027accesso ai benefici\nsulla  base   della   sola   pronuncia   di   revoca   della   misura\nprecedentemente fruita, senza consentire di gradarne gli effetti e le\nconseguenze,  nonostante  la  revoca  sia  stata  necessitata   della\nsopravvenuta assenza di domicilio e non motivata dalla necessita\u0027  di\nsanzionare la condotta del B. \n    In questo caso, cosi\u0027 come nei casi  analoghi,  l\u0027art.  58-quater\nO.P. produrrebbe effetti non  compatibili  con  la  costituzione.  La\nquestione posta sarebbe, dunque, rilevante. \n    Quanto alla non manifesta infondatezza, la difesa cita una  serie\ndi pronunce della Corte di cassazione  successive  alla  sentenza  n.\n173/2021,  che  hanno  circoscritto  gli  effetti   dell\u0027operativita\u0027\ndell\u0027art. 58-quater O.P. escludendo che questa possa  valere  laddove\nla revoca riguardi una misura concessa in via provvisoria (Cassazione\nSez. I, sentenza n. 17072/2023) e della misura di  cui  all\u0027art.  94,\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (Cassazione  Sez.\nI., sentenza n. 24425/2023), ispirate, nella logica  difensiva,  alla\ntutela della funzione rieducativa. \n    Ancora, la difesa sottolinea la presenza di  un  rilevante  novum\nnormativo,  rappresentato  dal  decreto   legislativo   n.   150/2022\n(cosiddetta riforma Cartabia),  che  ha  introdotto  nella  legge  n.\n689/1981 le nuove pene sostitutive. \n    Nell\u0027articolato normativo de quo, infatti, evidenzia  l\u0027avvocato,\nsi rinvengono diverse opzioni rispetto  al  rilievo  attribuito  alla\nrevoca delle pene sostitutive,  piu\u0027  malleabili  e  meno  rigide  di\nquanto stabilito dall\u0027ordinamento penitenziario. \n    La difesa cita, anzitutto,  l\u0027art.  59,  legge  n.  689/1981  nel\ndisciplinare  le  condizioni  soggettive  per  l\u0027accesso  alle   pene\nsostitutive, stabilisce  che  la  pena  detentiva  non  possa  essere\nsostituita «nei confronti di chi ha commesso  il  reato  per  cui  si\nprocede  entro  tre  anni  dalla  revoca  della  semiliberta\u0027,  della\ndetenzione domiciliare o del lavoro di  pubblica  utilita\u0027  ai  sensi\ndell\u0027art. 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto  non\ncolposo durante l\u0027esecuzione  delle  medesime  pene  sostitutive;  e\u0027\nfatta  comunque  salva  la  possibilita\u0027  di   applicare   una   pena\nsostitutiva di specie piu\u0027 grave di quella revocata». \n    Argomenta la  difesa  che  il  meccanismo  di  preclusione  nella\nconversione della pena detentiva in pena sostitutiva e\u0027 ancorato  dal\ntesto non tanto alla revoca, quanto piuttosto  alla  commissione  del\nreato per cui si  procede  nel  triennio  successivo  alla  revoca  o\ndurante l\u0027esecuzione di altra pena sostitutiva. \n    Ancora, l\u0027art. 59, lettera b, legge n. 689/1981,  in  materia  di\npene pecuniarie, esclude la ricorrenza dei meccanismi preclusivi  ivi\nprevisti per i casi di insolvibilita\u0027 o incapacita\u0027  del  condannato,\ncosi\u0027 valorizzando le ragioni del mancato  pagamento  quali  casi  di\nforza maggiore o comunque evitando che valgano ad escludere l\u0027accesso\nalla pena pecuniaria sostitutiva le omissioni incolpevoli. \n    Da ultimo, il difensore richiama l\u0027art. 67,  comma  2,  legge  n.\n689/1981 a mente del  quale  il  condannato  in  espiazione  di  pena\ndetentiva risultante dalla revoca di una pena  sostitutiva  ai  sensi\ndell\u0027art. 66 o dell\u0027art.  71,  legge  n.  689/1981,  non  puo\u0027  avere\naccesso alle misure alternative alla detenzione prima dell\u0027espiazione\ndi meta\u0027 della pena residua. \n    Tale norma, dunque, circoscrive l\u0027inapplicabilita\u0027  delle  misure\nalternative non gia\u0027 per un periodo di tempo fisso, ma piuttosto alla\nsola pena residua, consentendo  dunque  che  altro  titolo  detentivo\npossa essere eseguito in consonanza con la funzione rieducativa della\npena di cui all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione. \n    Cio\u0027, conclude la difesa, a differenza della disposizione di  cui\nall\u0027art. 58-quater O.P. che fissa  un  indistinto  termine  triennale\nfisso, derivante dalla mera pronuncia di revoca e che  non  distingue\ntra revoca colpevole ed  incolpevole,  peraltro  con  preclusione  di\naccesso a  tutti  i  benefici  penitenziari  ad  eccezione  del  solo\naffidamento terapeutico e della liberazione anticipata. \n    La difesa, posta la questione, insiste per  l\u0027accoglimento  delle\nistanze, senza formulare specifiche indicazioni sui possibili  rimedi\nalla eccepita frizione della norma con i principi costituzionali. \n    Il caso in esame impone di esaminare diversi profili, sicche\u0027, al\nfine di meglio  esporre  i  vari  temi  rilevanti,  appare  opportuno\nsuddividere   la   trattazione   in   paragrafi,   onde    affrontare\nseparatamente i diversi aspetti della questione. \n    Appare necessario, in prima battuta, ricostruire la normativa  in\nesame, al fine di vagliare la fondatezza delle doglianze difensive ed\nescludere alcuni  profili  che  risultano  irrilevanti  nel  caso  di\nspecie. \n1. L\u0027art. 58-quater, legge n. 354/1975 in generale  e  rispetto  alla\nlegge n. 199/2010. \n    L\u0027art. 58-quater, comma 1, legge n. 354/1975 prevede un  generale\ndivieto di concessione di benefici penitenziari al  soggetto  che  si\nsia reso responsabile di condotte di evasione. \n    L\u0027art. 58-quater, comma secondo, legge  n.  354/1975  estende  il\ndivieto di concessione dei benefici penitenziari  previsto  al  comma\nprimo nei confronti del condannato che sia incorso  nella  revoca  di\nuna misura alternativa ai sensi degli articoli 47, comma 11,  47-ter,\ncomma 6 o 51, comma 1 O.P. Le fattispecie richiamate hanno  tutte  ad\noggetto ipotesi in cui la revoca discende  dall\u0027aver  l\u0027affidato,  il\ndetenuto  domiciliare   o   il   semilibero   tenuto   una   condotta\nincompatibile con la prosecuzione della misura. \n    Il comma terzo della norma in esame stabilisce che  tale  divieto\nabbia una durata fissa pari ad anni tre, con decorrenza, nel caso del\ncomma primo dal ripristino dell\u0027esecuzione, mentre, nel caso  di  cui\nal comma secondo dalla data di adozione del provvedimento di revoca. \n    L\u0027art. 58-quater O.P. e\u0027, poi, norma chiaramente applicabile alla\nmisura dell\u0027esecuzione pena presso il domicilio per espresso richiamo\nnormativo. \n    L\u0027art.  1,  comma  8,  legge  n.   199/2010,   infatti,   estende\nall\u0027esecuzione pena presso il  domicilio,  ove  compatibili,  diversi\narticoli della legge sull\u0027ordinamento penitenziario, tra  cui  l\u0027art.\n58-quater O.P. (divieto di concessione dei benefici) e l\u0027art. 47-ter,\ncomma  6  O.P.  (revoca   per   condotte   colpevoli   del   detenuto\ndomiciliare). Dunque, poiche\u0027 la revoca dell\u0027esecuzione  pena  presso\nil domicilio per condotte incongrue del detenuto e\u0027 un  provvedimento\nemesso  ai  sensi  dell\u0027art.  47-ter,  comma  6  O.P.,  a  sua  volta\nrichiamato dall\u0027art. 58-quater O.P., il rimando normativo  e\u0027  chiaro\nnell\u0027indicare che anche la misura dell\u0027art. 1, legge n. 199/2010,  in\ncaso di revoca, importa l\u0027applicabilita\u0027  dell\u0027art.  58-quater  O.P.;\ncosi\u0027 come, a contrario, l\u0027esecuzione della pena presso il  domicilio\nnon puo\u0027 essere concessa a chi sia incorso colpevolmente in revoca di\nuna misura alternativa alla  detenzione,  operando  l\u0027art.  58-quater\nO.P. espressamente richiamato. \n    E, del resto, che la revoca della misura di cui all\u0027art. 1, legge\nn. 199/2010 determini  l\u0027applicazione  dell\u0027art.  58-quater  O.P.  e\u0027\nevidentemente opzione ermeneutica condivisa nel diritto vivente, come\nemerge nel caso  di  specie  in  cui  diverse  autorita\u0027  giudiziarie\n(Tribunale di sorveglianza di Venezia, Tribunale di  sorveglianza  di\nBologna, Ufficio di sorveglianza  di  Bologna)  hanno  sino  ad  oggi\nrilevato l\u0027inammissibilita\u0027 delle varie domande di benefici  proposte\ndal B. \n    Poiche\u0027 l\u0027art. 58-quater, comma 2 O.P. trova applicazione in caso\ndi revoca di una misura alternativa,  l\u0027analisi  normativa  non  puo\u0027\nprescindere  da  un  richiamo  anche  al  procedimento   di   revoca,\ndisciplinato all\u0027art. 51-ter, legge n. 354/1975, ove  si  stabilisce:\n«Se la  persona  sottoposta  a  misura  alternativa  pone  in  essere\ncomportamenti suscettibili di determinarne la revoca,  il  magistrato\ndi sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e\u0027 in  esecuzione,\nne da\u0027 immediata comunicazione al Tribunale di sorveglianza affinche\u0027\ndecida in ordine  alla  prosecuzione,  sostituzione  o  revoca  della\nmisura». \n    La lettura congiunta delle  norme  citate,  dunque,  consente  di\ncesellare in che termini  l\u0027ordinamento  penitenziario  abbia  inteso\ndisciplinare la fattispecie della revoca  delle  misure  alternative,\ndettandone presupposti, canoni di giudizio e relativi effetti. \n    Gli articoli 47, comma 11, 47-ter, comma 6 e 51, comma  2,  legge\nn. 354/1975, anzitutto, disciplinano i  presupposti  di  fatto  della\nrevoca delle misure alternative, prevedendo che questa  possa  essere\ndisposta a seguito di  comportamenti  del  condannato  contrari  alla\nlegge o  alle  prescrizioni  commessi  in  corso  di  esecuzione  del\nbeneficio, tali da non consentire la prosecuzione della misura. \n    Nell\u0027ambito  del  procedimento  di  revoca,  l\u0027art.  51-ter  O.P.\nattribuisce al Tribunale di sorveglianza un giudizio  sulle  condotte\nillecite e le violazioni dell\u0027affidato, consentendo  al  Collegio  di\nstabilire se i fatti commessi siano tali  da  richiedere  la  revoca,\novvero non incidano sulla possibilita\u0027 di prosecuzione del beneficio.\nQuale  opzione  intermedia,  il  Tribunale   di   sorveglianza   puo\u0027\nsostituire la misura in  esecuzione  con  altra  piu\u0027  aderente  alle\nnecessita\u0027 esecutive. \n    Nello schema normativo, dunque, la revoca e\u0027 da intendersi  quale\nsanzione massima per quelle  condotte  colpevoli  della  persona  che\nabbiano evidenziato il condannato come soggetto non  piu\u0027  meritevole\ndi fruire della misura alternativa. \n    Cio\u0027 puo\u0027 cogliersi dall\u0027utilizzo da parte  del  legislatore  del\nconcetto di prosecuzione  in  una  duplice  veste  all\u0027interno  della\nfattispecie della revoca di una misura alternativa: sia quale oggetto\ndel giudizio inferenziale tra la  condotta  illecita-violativa  e  la\nrevoca, dovendo esso concentrarsi sul significato delle violazioni in\nchiave prognostica rispetto all\u0027eventuale  prosieguo  del  beneficio;\nsia quale  esito  alternativo  ed  opposto  alla  revoca  stessa  nel\ngiudizio innanzi al Collegio. \n    In questo senso, la revoca e\u0027 assunta sulla base di  un  giudizio\nnegativo sul trattamento che guarda ai fatti ed alle  violazioni  non\ntanto (o  meglio  non  soltanto)  nella  loro  staticita\u0027,  ma  quali\nelementi da cui trarre indici prognostici negativi sulla personalita\u0027\ndel condannato. \n    A questo giudizio negativo e colpevole,  si  correla  l\u0027ulteriore\nsanzione della preclusione triennale di accesso ai benefici, prevista\ndall\u0027art. 58-quater O.P., che decorre dal provvedimento di  revoca  e\ndella cui compatibilita\u0027 a costituzione si dubita. \n    1.1. La lettura costituzionalmente orientata  della  norma  nella\ngiurisprudenza costituzionale e nel diritto vivente. \n    Come  evidenziato,  la  norma  e\u0027  stata  giudicata  dalla  Corte\ncostituzionale particolarmente severa,  ma,  quantomeno  sinora,  non\nassolutamente incompatibile con i principi costituzionali. \n    Gia\u0027 con ordinanza n. 87 del 2004, la Consulta aveva rilevato che\nla preclusione triennale che consegue  ad  una  revoca  delle  misure\nalternative  che  non  e\u0027  «automatica»,  bensi\u0027  trova  la   propria\ngiustificazione in forza di una valutazione in concreto  e  caso  per\ncaso  delle  situazioni  in  cui  il  comportamento  del  condannato,\ncontrario alla legge o alle prescrizioni, sia risultato incompatibile\ncon  la  prosecuzione  della   misura   alternativa   originariamente\nconcessa. La questione ivi  in  decisione,  sollevata  rispetto  agli\narticoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione e\u0027 stata dunque  respinta\ncon ordinanza per manifesta infondatezza. \n    La Corte e\u0027 poi tornata sul tema con la sentenza n. 173/2021. \n    In quella sede la Consulta ha rigettato la  questione  riproposta\ndal giudice rimettente in relazione agli articoli 3  e  27,  comma  3\ndella Costituzione, tesa ad una caducazione  della  norma  in  quanto\ngiudicata  troppo  severa  nel  non  consentire  al   magistrato   di\nsorveglianza di gradare gli effetti della revoca, ribadendo l\u0027assenza\ndi un automatismo applicativo  alla  base  dell\u0027art.  58-quater  O.P.\nAnzi, la Corte ha sottolineato come il combinato disposto delle norme\nesaminate supra si connoti per la presenza di  un  vaglio  di  merito\ndella magistratura di sorveglianza nella scelta di determinare con la\nrevoca  una  regressione  del   trattamento   secondo   un   giudizio\nindividualizzato e casistico che contempla anche altre opzioni. (1) \n    Cionondimeno, gia\u0027 nella sentenza n.  173/2021,  la  Corte  aveva\ninvitato il legislatore a ripensare la disciplina  non  tanto  quanto\nalla previsione di un meccanismo preclusivo susseguente alla  revoca,\nquanto piuttosto sotto il  profilo  della  durata  della  preclusione\nstessa, indicando  che  «la  preclusione  triennale  successiva  alla\nrevoca, pur potenzialmente temperata dagli effetti della  liberazione\nanticipata, finisce per coprire, in un elevato  numero  di  casi,  la\ntotalita\u0027 o quasi della pena residua». \n    La posizione ermeneutica che  non  rinviene  nell\u0027art.  58-quater\nO.P. un automatismo  applicativo,  ma  un  esito  processuale  i  cui\neffetti sono vagliati dalla magistratura di sorveglianza  e\u0027  approdo\nche il giudice delle leggi ha recentemente ribadito. \n    Nella sentenza n. 24/2025, infatti, volendo marcare la differenza\ntra l\u0027art. 30-ter, comma 5, legge n. 354/1975, oggetto  di  scrutinio\nin quella sede e giudicato incostituzionale, e l\u0027art. 58-quater  O.P.\nnella sua  attuale  formulazione,  la  Corte  costituzionale  ha  ben\nspiegato il diverso meccanismo di operativita\u0027 della  preclusione  di\naccesso ai benefici stabilita dalle due norme in  comparazione  e  le\nragioni sottese alle differenti valutazioni da essa stessa rese sulle\ndue discipline. \n    Nel  caso  disciplinato  dall\u0027art.  30-ter,  comma  5  O.P.,   la\npreclusione biennale di accesso ai permessi premio discendeva in  via\nautomatica dalla  imputazione/condanna  per  un  fatto  di  un  reato\ncommesso nel  corso  dell\u0027esecuzione,  senza  alcuna  valutazione  in\nordine alla necessita\u0027 di una regressione del  trattamento  da  parte\ndella magistratura di sorveglianza. \n    Viceversa,  l\u0027art.  58-quater  O.P.  trova  applicazione  solo  a\nseguito della revoca di misura alternativa ai sensi dell\u0027art.  51-ter\nO.P. e, dunque, ad  esito  di  un  giudizio  di  merito  del  giudice\nspecializzato,   espressivo   di   una   valutazione   discrezionale,\nindividualizzata e tarata sul caso  concreto.  In  questo  senso,  la\nCorte   ha   esplicitato   che   l\u0027art.   58-quater   O.P.    permane\ncostituzionalmente legittimo «sulla base della considerazione che  il\nTribunale di sorveglianza dispone normalmente la revoca nei soli casi\npiu\u0027 gravi di violazione delle prescrizioni inerenti alla  misura,  e\nin  particolare  quando  sia  dimostrata  \"la   necessita\u0027   di   una\nregressione del  percorso  rieducativo  e  di  un  almeno  temporaneo\nripristino del regime di detenzione, in particolare  in  funzione  di\ncontenimento di un concreto rischio di recidiva evidenziatosi in capo\nal  condannato\"  (sentenza  n.  173  del  2021,  punto   3.3.3.   del\nConsiderato in diritto)». \n    Da una lettura delle sentenze citate emerge un  chiaro  indirizzo\ndella Consulta circa la necessita\u0027 che il Tribunale  di  sorveglianza\nindividualizzi e soppesi gli esiti della pronuncia di revoca  tenendo\nconto anche del meccanismo preclusivo di cui all\u0027art. 58-quater O.P.,\nriservando la revoca solo a quei casi in cui sia emersa la necessita\u0027\ndi una regressione del percorso rieducativo al fine di  contenere  un\nconcreto rischio di recidiva del condannato. \n    Coerente con gli  approdi  cui  e\u0027  pervenuta  la  giurisprudenza\ncostituzionale e con l\u0027articolato normativo risulta essere, peraltro,\nil diritto vivente, tutt\u0027altro che  insensibile  alla  valorizzazione\ndei motivi della mancata prosecuzione di una misura alternativa. \n    In particolare, la  magistratura  di  sorveglianza  ha  da  tempo\nelaborato delle soluzioni ermeneutiche che  consentono  di  sottrarre\nalla operativita\u0027 dell\u0027art. 58-quater  O.P.  le  ipotesi  in  cui  si\nrealizzi  una  materiale  interruzione   del   percorso   di   misura\nalternativa per ragioni non imputabili al condannato. \n    Si pensi, ad esempio,  al  semilibero  ammesso  alla  misura  per\nsvolgere una determinata attivita\u0027 lavorativa che venga interrotta  o\nnon prorogata nel corso della misura a causa di un calo di commesse o\ndi riduzione dell\u0027attivita\u0027 del datore  di  lavoro,  rimanendo  cosi\u0027\nincolpevolmente sprovvisto dell\u0027occupazione esterna che  sorregge  il\nbeneficio. \n    Ovvero, ancora, al detenuto domiciliare  o  all\u0027affidato  che  si\nritrovi privo di un domicilio ove proseguire l\u0027espiazione della  pena\nper cause a lui  non  imputabili,  quali  revoche  di  disponibilita\u0027\nall\u0027accoglienza da parte dei soggetti ospitanti per  ragioni  diverse\nda dissidi o malumori nella convivenza dovute  a  condotte  incongrue\ndel condannato. \n    In tutti questi casi, non infrequenti nella prassi, una pronuncia\ndel Tribunale di sorveglianza nel  senso  della  revoca  non  sarebbe\ncoerente con  la  funzione  normativa  assegnata  all\u0027istituto  quale\nsanzione  per  condotte  colpevoli  e  gravi   che   impediscono   la\nprosecuzione   della   misura   e,   d\u0027altro   canto,   comporterebbe\nl\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 58-quater O.P. senza un  reale  vaglio  di\ninadeguatezza del  condannato,  con  effetti  costituzionalmente  non\ncompatibili secondo quanto indicato dalle sentenze n. 173/2021  e  n.\n24/2025. \n    A fronte di questo empasse in alcuni distretti (tra cui quello di\nBologna) si fa applicazione della categoria  della  cessazione  della\nmisura alternativa per sopravvenuta carenza dei presupposti operativi\ndella stessa, applicando in via analogica l\u0027art. 51-bis O.P. in altri\nsi provvede a revoca dell\u0027ordinanza di concessione,  sulla  base  del\nprincipio  per  cui  le  ordinanze  emesse  dalla   magistratura   di\nsorveglianza sono sempre revocabili ove  non  piu\u0027  rispondenti  alla\nsituazione di fatto sulla base della  quale  sono  state  emesse;  in\naltri ancora si dichiara la cessazione dei presupposti della misura. \n    Tutte le soluzioni indicate sono accomunate da una medesima ratio\ndi fondo: evitare gli esiti che la formalmente  corretta  dizione  di\nrevoca  avrebbe  sul  prosieguo  della  detenzione  del   condannato,\nindividuando  nell\u0027ordinamento  strumenti  per  valorizzare  la   non\ncolpevolezza della mancata prosecuzione del  beneficio  ad  esito  di\ngiudizio ex art. 51-ter O.P. \n    E cio\u0027, alla luce  della  disamina  condotta  sulle  sentenze  n.\n173/2021  e  n.  25/2025,  risulta  pacificamente  coerente  con   le\nindicazioni fornite dalla Consulta per cui  in  sede  di  statuizione\nsulla revoca il Tribunale di sorveglianza deve riservare tale tipo di\npronuncia alle sole situazioni gravi e colpevoli  che  evidenzino  la\nnecessita\u0027 di una regressione del trattamento. \n2. In fatto: la vicenda esecutiva di B. S. e  l\u0027attuale  operativita\u0027\ndell\u0027art. 58-quater O.P. nel caso di specie. \n    Alla luce della disamina svolta, puo\u0027  esaminarsi  la  condizione\ndel condannato nel caso di specie. \n    B. S. e\u0027 soggetto che e\u0027  gia\u0027  stato  sottoposto  ad  esecuzione\npenale in relazione alla pena di anni uno, mesi sei di  reclusione  e\nmesi quattro di arresto di cui al cumulo emesso dalla  Procura  della\nRepubblica  presso  il  Tribunale  di  Vicenza  il  15  giugno  2020,\ncomprendente condanne per guida in stato  di  ebbrezza,  guida  senza\npatente e falsa attestazione ad un pubblico ufficiale  sulla  propria\nidentita\u0027 commessi nel ... e nel ..., (sentenze di cui ai numeri 7  e\n9 del Certificato del casellario). \n    Il condannato ometteva di  proporre  istanze  da  libero  sospeso\nsicche\u0027 faceva ingresso in carcere il 25 luglio 2022. \n    Espiata la quota di pena detentiva eccedente i diciotto mesi, era\nammesso alla misura dell\u0027esecuzione della pena presso il domicilio ai\nsensi dell\u0027art. 1, legge n. 199/2010 con ordinanza del 9 gennaio 2023\ndal magistrato di sorveglianza di Milano di cui fruiva sino a  quando\nincorreva dapprima in sospensione  cautelare  della  misura  ex  art.\n51-ter, comma 2 O.P. da  parte  del  Magistrato  di  sorveglianza  di\nMantova e, poi, nella  definitiva  revoca  della  misura  alternativa\ngiusta ordinanza del Tribunale di  sorveglianza  di  Brescia  del  13\nfebbraio 2024. \n    Il provvedimento di sospensione e di revoca si  sono  fondati  su\nuna serie di condotte del B. nell\u0027ambito dell\u0027esecuzione pena  presso\nil domicilio, tra cui segnalazioni  per  evasione  e  l\u0027emersione  di\ndissidi con la persona che aveva offerto ospitalita\u0027  al  condannato,\nesitati in segnalazioni  della  Questura  di  Mantova  per  una  lite\ndomestica, complessivamente  giudicate  tali  da  non  consentire  la\nprosecuzione del beneficio. Da quanto  risulta,  lo  stesso  detenuto\nchiedeva  di  terminare  l\u0027espiazione  della  propria   condanna   in\nistituto, avendo ormai pochi mesi di pena dinnanzi a se\u0027. \n    B., effettivamente, era scarcerato il 9 aprile 2024. \n    Successivamente,  la  Procura  di  Padova  poneva  in  esecuzione\nl\u0027attuale titolo, sospendendo ai sensi dell\u0027art.  656,  comma  5  del\ncodice di procedura penale l\u0027ordine di  carcerazione  e  trasmettendo\ngli atti al Tribunale di sorveglianza di Venezia. \n    Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, preso atto della  revoca\ndella precedente misura alternativa, ha  dichiarato  con  decreto  de\nplano l\u0027inammissibilita\u0027 delle  domande  di  B.  S.  in  applicazione\ndell\u0027art.  58-quater  O.P.,   comportando   l\u0027avvio   dell\u0027esecuzione\ninframuraria. \n    Analogo esito (inammissibilita\u0027) hanno avuto  le  domande  sinora\nproposte dal B. presso  questo  Ufficio  e  presso  il  Tribunale  di\nsorveglianza di Bologna, sicche\u0027 la difesa  chiede  valutarsi,  quale\nprofilo  preliminare,  questione   di   legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 58-quater O.P. in relazione agli articoli 3 e 27,  comma  3\ndella Costituzione. \n    2.1. La questione di costituzionalita\u0027 ancipite della difesa  tra\nrevoca incolpevole e durata della preclusione. \n    Il  difensore  censura  l\u0027art.  58-quater,  legge   n.   354/1975\nargomentando in via unitaria  le  proprie  doglianze,  ma  sotto  due\nprofili  che  appaiono  distinti:  da  un  lato  perche\u0027  questa  non\ndistinguerebbe tra revoca colpevole e revoca  incolpevole,  ritenendo\nche tale sia la posizione del B.; dall\u0027altro, per  la  rigidita\u0027  del\nmeccanismo preclusivo  che  puo\u0027,  in  casi  come  quello  in  esame,\nsacrificare del tutto il principio rieducativo della pena,  ponendolo\na  confronto  con  altre  opzioni  normativamente  previste  in  casi\nanaloghi per altre forme di esecuzione penale esterna. \n    Le due questioni, come poste  dalla  difesa,  appaiono  a  questo\nmagistrato  invero  tra  di  loro  alternative  e   non   del   tutto\ncoincidenti, in quanto sorrette da situazioni di fatto ben distinte. \n    Sostenere che  la  normativa  si  applichi  nel  caso  di  revoca\nincolpevole e che  questa  sia  la  condizione  del  B.,  invero,  e\u0027\nquestione  in  fatto  preliminare   ed   escludente   rispetto   alla\nsuccessiva, relativa alla durata della preclusione. Infatti, ove,  si\nritenesse fondata e si coltivasse la  prima  parte  della  questione,\ngiungendosi a superare la preclusione di cui all\u0027art. 58-quater  O.P.\nnei  casi  di  revoca  incolpevole,  il  tema  della   durata   della\npreclusione perderebbe di rilevanza. \n    In altri termini, una volta ottenuto che  l\u0027art.  58-quater  O.P.\nnon operi rispetto alle revoche incolpevoli, e provato che tale e\u0027 la\ncondizione del B., a nulla gioverebbe lamentarsi della durata di  una\npreclusione che, seppur severa, si applicherebbe  solo  alle  revoche\ncolpevoli. \n    Di  contro,  solo  ove  accertato  che  la   revoca   non   possa\nconsiderarsi incolpevole, verrebbe in rilievo il  tema  della  durata\ndella preclusione di cui all\u0027art. 58-quater  O.P.  che  dalla  revoca\ndiscende, in quanto e\u0027 tale  durata  ad  impedire  al  condannato  di\nfruire di ulteriori benefici. \n    La   prima   parte   della   questione,   in   verita\u0027,   risulta\nmanifestamente infondata e irrilevante nel caso in esame. \n    Da un lato, perche\u0027,  come  detto  supra,  la  fattispecie  della\nrevoca e\u0027 normativamente costruita per sanzionare  le  sole  condotte\ncolpevoli del condannato  o  che  evidenzino  la  necessita\u0027  di  una\nregressione  del  trattamento,  e  come  tale   viene   letta   dalla\ngiurisprudenza costituzionale e dal diritto vivente, si\u0027 da escludere\nche possa aversi una revoca incolpevole di una misura alternativa. \n    Dall\u0027altro, perche\u0027 non puo\u0027 ritenersi  B.  sia  incorso  in  una\nrevoca incolpevole. \n    La pronuncia di revoca del Tribunale di sorveglianza di  Brescia,\ninfatti, e\u0027 stata emessa alla luce di una  valutazione  personologica\nnegativa nei confronti del B., che ha giudicato le sue  condotte  nel\ncorso della misura incompatibili con la prosecuzione del beneficio. \n    Da una lettura dell\u0027ordinanza, acquisita agli atti del fascicolo,\nsi puo\u0027 leggere che  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Brescia  ha\nespressamente  motivato  nei  seguenti  termini:  «[...]  ritiene  il\nTribunale che la  misura  domiciliare  debba  essere  definitivamente\nrevocata.  Invero  il  condannato   nel   corso   della   misura   ha\nreiteratamente disatteso  le  prescrizioni  relative  all\u0027obbligo  di\npermanenza  al  domicilio  e  di  non  allontanarsi  dal  comune   di\nabitazione mostrandosi anche indifferente ai richiami del  magistrato\ndi sorveglianza. Il condannato  pertanto  ha  dimostrato  incapacita\u0027\nautocustodiale ed ha adottato nel corso della misura una condotta non\nconforme alle regole  di  civile  convivenza  che  hanno  indotto  la\npersona titolare del contratto di locazione ad abbandonare il proprio\nlegittimo domicilio». \n    In questo senso, non pare possibile procedere in questa  sede  ad\nuna rilettura del giudizio esauritosi innanzi al  collegio  bresciano\nche  ha  disposto  la  revoca,  neppure  alla  luce  degli   elementi\nsopravvenuti indicati dal difensore, non  rientrando  nei  poteri  di\nquesta  autorita\u0027  giudiziaria  sovrapporre  proprie  valutazioni  di\nmerito a quelle gia\u0027 compiute dall\u0027organo competente sulla  revoca  e\nnon oggetto di impugnativa. \n    Chiarito questo profilo, le fondate ragioni  di  frizione  con  i\nprincipi costituzionali nella disciplina di  cui  all\u0027art.  58-quater\nO.P. che la vicenda sollecita non sono tanto ascrivibili alla mancata\nvalorizzazione delle ragioni  della  revoca,  quanto  piuttosto  alla\ndurata fissa della preclusione ed allo spettro amplissimo di benefici\nche  questa  copre,  si\u0027  da  apparire  capace  di  esaurire  in  via\ndefinitiva le chances di reinserimento sociale del  condannato,  come\nindicato dalla  Consulta  nell\u0027ultimo  paragrafo  della  sentenza  n.\n173/2021. \n    Tale meccanismo, dunque, pur se non sorretto  da  un  automatismo\napplicativo, in una gran parte di casi  risulta  irragionevole  nella\nmisura in cui finisce per  sacrificare  del  tutto  il  principio  di\nemenda (art. 27, comma 3 della  Costituzione),  come  indicato  dalla\ndifesa; ma, a giudizio di questo magistrato,  lo  stesso  appare  non\ncoerente anche con il principio di minimo sacrificio necessario della\nliberta\u0027 personale (art. 13 della Costituzione). \n    Rispetto al tema della irragionevole fissita\u0027 della  preclusione,\ninoltre, la difesa sollecita un raffronto tra la disciplina in  esame\ne quella prevista in  materia  di  pene  sostitutive,  quale  tertium\ncomparationis rispetto al  quale  valutare  la  congruita\u0027  dell\u0027art.\n58-quater O.P. \n    Appare, dunque, opportuno  esaminare  rapidamente  la  disciplina\ndelle pene sostitutive. \n    2.2. Le nuove  pene  sostitutive:  le  ipotesi  di  revoca  ed  i\nmeccanismi preclusivi susseguenti. \n    La   semiliberta\u0027   sostitutiva,   la   detenzione    domiciliare\nsostitutiva, il lavoro di pubblica utilita\u0027  sostitutivo  e  la  pena\npecuniaria sostitutiva sono state introdotte dal decreto  legislativo\nn. 150/2022 nel codice penale e disciplinate in apposito  capo  della\nlegge n. 689/1981 con  l\u0027obiettivo  dichiarato  di  costituire  delle\nforme sanzionatorie ab origine alternative alla pena detentiva,  piu\u0027\norientate al favor libertatis ed al principio di  emenda.  In  questo\nsenso, queste possono essere disposte dal giudice di merito sin dalla\nsentenza  e,  solo  per  gli  aspetti  di  materiale   e   diacronica\nesecuzione,  vedono   il   coinvolgimento   della   magistratura   di\nsorveglianza ovvero, per il lavoro di pubblica utilita\u0027  sostitutivo,\ndel giudice che le ha applicate. \n    Le pene sostitutive si  caratterizzano  per  essere  delle  forme\nesecutive  idealmente  non  carcerarie  e  dalla  spiccata  vocazione\ntrattamentale quali pene-programma, la cui  disciplina  e\u0027  stata  in\ngran parte mutuata e  ricalcata  su  delle  misure  alternative  alla\ndetenzione previste dall\u0027ordinamento penitenziario, con cui  scontano\nun\u0027evidente comunanza assiologica, teleologica e funzionale. \n    Tale comunanza puo\u0027 cogliersi non soltanto rispetto alle due pene\nsostitutive  della  semiliberta\u0027  e   detenzione   domiciliare,   che\nrievocano anche  nominalmente  le  omologhe  misure  alternative,  ma\npermea l\u0027intero sistema delle pene sostitutive. \n    L\u0027art.  58,  legge   n.   689/1981,   infatti,   che   disciplina\nl\u0027applicazione delle pene sostitutive stabilisce che  queste  possano\nessere disposte dal giudice di merito solo ove le  stesse,  oltre  ad\nessere piu\u0027 idonee alla rieducazione del  condannato,  assicurino  la\nprevenzione del pericolo di commissione di  altri  reati;  canone  di\ngiudizio che, invero,  accomuna  tutte  le  misure  alternative  alla\ndetenzione carceraria, tese a ricercare, aggiornare  e  mantenere  il\ndifficile e progressivo equilibrio tra congruita\u0027  delle  limitazioni\ndella  liberta\u0027  personale,  reinserimento  sociale  e   rischio   di\nrecidiva. \n    Vi e\u0027 poi, l\u0027art. 76, legge n. 689/1981, che estende  al  sistema\ndelle pene sostitutive diverse norme dell\u0027ordinamento  penitenziario,\na riprova della comune radice dei due sistemi normativi. \n    Tra le tante assonanze e disposizioni comuni,  pero\u0027  proprio  in\npunto di revoca delle pene sostitutive e di meccanismi preclusivi  ad\nessa  susseguenti,  si  puo\u0027  osservare  una  chiara  deviazione  del\nlegislatore delegato dal modello  rappresentato  dall\u0027art.  58-quater\nO.P. \n    Il  nuovo  sistema,  infatti,  consente  di  revocare   la   pena\nsostitutiva in due ipotesi specifiche, disciplinate dagli articoli 66\ne 71, legge n. 689/1981. \n    L\u0027art. 66, legge n. 689/1981, rubricato «Revoca per  inosservanza\ndelle prescrizioni», stabilisce che la revoca o la sostituzione della\nmisura possa  far  seguito  a  gravi  o  reiterate  violazioni  delle\nprescrizioni. In questo caso  il  magistrato  di  sorveglianza  o  il\ngiudice che  segue  l\u0027esecuzione  del  lavoro  di  pubblica  utilita\u0027\nsostitutivo,  laddove  riceva  informazioni   di   violazioni   delle\nprescrizioni acquisisce, ove occorra,  sommari  accertamenti,  e  nel\ncaso in cui ritenga sussistano le condizioni per l\u0027aggravamento o  la\nrevoca della misura procede ai sensi  dell\u0027art.  666  del  codice  di\nprocedura penale. \n    L\u0027art. 72, legge n.  689/1981,  invece,  intitolato  «Ipotesi  di\nresponsabilita\u0027 penale e revoca» disciplina una serie di  ipotesi  in\ncui la revoca della misura consegue quale effetto previsto per  legge\ndi  determinati  accadimenti  e,  segnatamente,   dell\u0027emissione   di\nsentenze di condanna per fatti commessi in costanza di misura. \n    Nello specifico, a mente del  comma  terzo,  laddove  la  persona\nvenga condannata o per evasione ai sensi  dell\u0027art.  385  del  codice\npenale o ai sensi dell\u0027art. 56, decreto legislativo n. 274/2000, tale\ncondanna «importa la revoca della  pena  sostitutiva,  salvo  che  il\nfatto sia di lieve entita\u0027». \n    Il comma quarto, invece,  stabilisce  che  «la  condanna  per  un\ndelitto  non  colposo  commesso  durante  l\u0027esecuzione  di  una  pena\nsostitutiva, diversa da quella pecuniaria, ne determina la  revoca  e\nla conversione per la parte residua nella pena sostituita, quando  la\ncondotta tenuta appare incompatibile con la prosecuzione  della  pena\nsostitutiva, tenuto conto dei criteri di cui all\u0027art. 58». \n    Dall\u0027analisi condotta,  risulta  evidente  la  comunanza  tra  il\ngiudizio in sede di revoca di cui  all\u0027art.  51-ter  O.P.,  descritto\nsupra, e le fattispecie di cui  agli  articoli  66  e  72,  legge  n.\n689/1981. \n    Sebbene la  normativa  di  nuovo  conio  sia  piu\u0027  puntuale  nel\ndisciplinare la casistica, distinguendo  tra  revoca  per  violazione\ndelle prescrizioni e revoca quale conseguenza di fatti di  reato,  in\nconcreto le norme  sono  tutte  tese  a  sanzionare  quelle  condotte\nviolative delle prescrizioni o anche integranti ipotesi di reato tali\nda non consentire ne\u0027 la prosecuzione della  misura  extramuraria  in\norigine concessa ne\u0027 la sostituzione con altra piu\u0027 stringente. Anzi,\nnel sistema della legge n. 689/1981 la commissione  di  un  fatto  di\nreato non  e\u0027  di  per  se\u0027  sufficiente  alla  revoca  di  una  pena\nsostitutiva,   dovendo   comunque   essere   esperito   un   giudizio\ndiscrezionale sul punto che guardi alla gravita\u0027 del  fatto,  laddove\nla condanna sia relativa al delitto di evasione, e  si  estenda  alla\npermanenza  delle  condizioni  per   la   prosecuzione   della   pena\nsostitutiva in caso di commissione di altri reati. \n    E\u0027 chiaro che, in concreto, la commissione di reati sia un indice\naltamente negativo; ma la normativa, nella scelta di  non  instaurare\nun automatismo tra condanna e revoca,  demandando  ad  un  vaglio  di\nmerito e discrezionale del giudice la scelta  sul  punto,  secondo  i\ncanoni  di  giudizio  richiamati,  sembra   aver   avuto   in   mente\nl\u0027insegnamento della Consulta espresso nella sentenza n. 173/2021. \n    Dunque, anche la revoca delle pene sostitutive pare postulare  un\ngiudizio che valuti la necessita\u0027 di una regressione del  trattamento\ndel  condannato  avendo  egli  evidenziato  un  concreto  rischio  di\nrecidiva non arginabile mediante la prosecuzione della  stessa  o  la\nsostituzione con altra piu\u0027 contenitiva, in termini non dissimili  da\nquanto avviene nel giudizio di cui all\u0027art. 51-ter O.P. \n    La pronuncia di revoca cosi\u0027 emessa ai sensi dell\u0027art. 66  ovvero\ndell\u0027art. 72, legge n. 689/1981 ha poi, degli effetti preclusivi  per\nl\u0027accesso ad ulteriori benefici, che guardano tanto al sistema  delle\npene sostitutive, quanto alle misure alternative alla detenzione. \n    Sul terreno del rapporto tra revoca di pene sostitutive e  future\nesecuzioni in forma di pena sostitutiva, viene in rilievo l\u0027art.  59,\ncomma 1, lettera a), legge n. 689/1981. \n    La norma citata stabilisce che la pena detentiva non possa essere\nsostituita «nei confronti di chi ha commesso  il  reato  per  cui  si\nprocede  entro  tre  anni  dalla  revoca  della  semiliberta\u0027,  della\ndetenzione domiciliare o del lavoro di  pubblica  utilita\u0027  ai  sensi\ndell\u0027art. 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto  non\ncolposo durante l\u0027esecuzione  delle  medesime  pene  sostitutive;  e\u0027\nfatta  comunque  salva  la  possibilita\u0027  di   applicare   una   pena\nsostitutiva di specie piu\u0027 grave di quella revocata». \n    Dalla relazione illustrativa del decreto legislativo n.  150/2022\nemerge che tale preclusione e\u0027 stata in parte  mutuata  con  riguardo\nall\u0027art. 58-quater O.P., in particolare sia  per  quel  che  riguarda\nalla durata triennale della  preclusione  e  dalla  decorrenza  della\nstessa alla pronuncia di revoca, sia per l\u0027assenza di  un  meccanismo\ndi tipo presuntivo, essendo ancorate al fallimento di una  precedente\nesecuzione  in  forma  di  pena  sostitutiva  (2)  .   Significativi,\ntuttavia, sono gli elementi di novita\u0027 che la  disposizione  presenta\nrispetto alla disciplina dell\u0027ordinamento penitenziario. \n    Infatti, la norma:  non  opera  in  via  generale,  ma  solo  nei\nconfronti di chi ha commesso il reato per cui si procede nei tre anni\nsuccessivi alla revoca, cosi\u0027 evitando che fatti commessi prima della\nstessa incorrano in meccanismi di tipo preclusivo; anche  rispetto  a\nchi ha commesso un reato nel corso di una precedente pena sostitutiva\n(e, ragionevolmente sia incorso  in  revoca  ex  art.  72,  legge  n.\n689/1981) circoscrive la preclusione ai soli delitti non colposi;  in\nchiusura, fa comunque salva la  possibilita\u0027  che  la  persona  abbia\naccesso ad altra pena sostitutiva piu\u0027 grave di quella revocata,  non\nesaurendo  del  tutto  le  chances  di  ottenere  una  diversa   pena\nsostitutiva. \n    Ma, ancor piu\u0027 rilevanti, per le considerazioni che  si  faranno,\nappaiono le conseguenze sul terreno del rapporto tra  revoca  di  una\npena sostitutiva e l\u0027accesso a misure  alternative  alla  detenzione,\ndisciplinate dall\u0027art. 67, comma 2, legge n. 689/1981. \n    L\u0027articolo  citato,  nello  stabilire  l\u0027inapplicabilita\u0027   delle\nmisure alternative alla detenzione alle pene sostitutive, prevede che\n«Salvo che si tratti di minori di eta\u0027 al momento della condanna,  le\nmisure di cui al primo comma (vale a dire le misure alternative)  non\nsi applicano altresi\u0027, prima dell\u0027avvenuta espiazione di meta\u0027  della\npena residua, al condannato  in  espiazione  di  pena  detentiva  per\nconversione effettuata ai sensi  dell\u0027art.  66  o  del  quarto  comma\ndell\u0027art. 72». \n    In forza di tale previsione, dunque, il soggetto che sia  incorso\nin revoca di una pena sostitutiva,  una  volta  avviata  l\u0027espiazione\ndella pena detentiva risultante puo\u0027 in  astratto  avere  accesso  ai\npermessi premio di cui all\u0027art. 30-ter O.P. e all\u0027art. 21 O.P.  senza\nalcuna preclusione, nonche\u0027, dopo l\u0027espiazione di  meta\u0027  della  pena\nresidua, alle ulteriori misure alternative alla detenzione. \n    E cio\u0027 sia nel caso in cui la revoca abbia fatto seguito a  gravi\nviolazioni delle prescrizioni, sia nel caso in cui questa  sia  stata\nconseguenza della commissione di fatti  di  reato,  ad  esito  di  un\ngiudizio  che  abbia  escluso  la  possibilita\u0027  di   consentire   la\nprosecuzione della pena sostitutiva. \n    E\u0027 chiaro che, in  concreto,  l\u0027elemento  negativo  rappresentato\ndalla revoca della pena sostitutiva sara\u0027 difficilmente superabile in\nun breve spazio di tempo; tuttavia, la possibilita\u0027 di valutare anche\nsolo ammissibile la domanda del condannato in espiazione di una  pena\nche residui a seguito del fallimento di una esecuzione penale esterna\n(quale  e\u0027  la  pena  sostitutiva),   consente   al   magistrato   di\nsorveglianza di vagliare nel merito  la  posizione  del  richiedente,\nindividualizzando  il  giudizio  e   dando   rilievo   alle   vicende\nsuccessive, senza frustrare in via definitiva le chances di accesso a\nnuove forme esecutive  extramurarie  meno  incidenti  sulla  liberta\u0027\npersonale e piu\u0027 orientate al reinserimento sociale. \n3. La questione di legittimita\u0027 costituzionale rispetto agli articoli\n3, 27, comma 3 e 13 della Costituzione: once more, with feeling. \n    Cosi\u0027  ricostruita  la  cornice  normativa,  il   magistrato   di\nsorveglianza ritiene  che  sussistano  fondate  ragioni  di  dubitare\ndell\u0027attuale compatibilita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 58-quater, comma\n3 O.P. rispetto ai canoni di uguaglianza sostanziale  (art.  3  della\nCostituzione) e ragionevolezza  rispetto  ai  principi  di  emenda  e\nminimo sacrificio necessario della liberta\u0027  personale  (articoli  3,\ncomma 2 della Costituzione in relazione agli  articoli  27,  comma  3\ndella Costituzione e 13 della Costituzione). \n    Come anticipato, questione apparentemente analoga e\u0027  stata  piu\u0027\nvolte  respinta   dalla   Corte,   dapprima   con   declaratoria   di\ninammissibilita\u0027 piuttosto tranchant in ordinanza n. 87/2004. \n    Sebbene vi  siano  state  poi  alcune  pronunce  di  accoglimento\nrispetto all\u0027art. 58-quater O.P., queste sono state  cesellate  dalla\nConsulta con riferimento a questioni relative  a  benefici  specifici\n(si veda Corte  costituzionale  n.  187/2019  in  relazione  all\u0027art.\n47-quinquies O.P.) o a particolari categorie soggettive rispetto alle\nquali era presente un automatismo applicativo (si vedano le  sentenze\nn. 149/2018 e n. 229/2019 rispetto ai condannati per  il  delitto  di\ncui all\u0027art. 630 del codice penale). \n    Recentemente sollecitata ad un revirement rispetto  alla  propria\nprecedente giurisprudenza  proprio  alla  luce  di  queste  ulteriori\npronunce,  la  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.  173/2021  ha\nribadito l\u0027infondatezza della questione. \n    Da  ultimo,  nella  sentenza  n.  24/2025  la  Consulta,   seppur\nincidentalmente ed in ottica comparativa, ha  richiamato  le  ragioni\nper cui  l\u0027art.  58-quater  O.P.  puo\u0027  ritenersi  espressivo  di  un\nragionevole esercizio della discrezionalita\u0027  del  legislatore  nella\nprevisione del meccanismo preclusivo ivi disciplinato. \n    Tuttavia, la questione qui proposta pone un tema in parte diverso\nda  quello  affrontato  nelle  pronunce  citate  e,  in  particolare,\nrispetto a quanto giudicato nella sentenza n. 173/2021. \n    Anzitutto, non si censura  in  questa  sede  la  presenza  di  un\nautomatismo applicativo  tra  revoca  e  preclusione  di  accesso  ai\nbenefici, ne\u0027 l\u0027irragionevolezza  di  tale  previsione  normativa  in\npunto di an,  puntando  ad  ottenere  una  caducazione  totale  della\ndisposizione in esame. \n    Invero, la necessita\u0027 che  sussistano  dei  meccanismi  ulteriori\nrispetto  alla  sola  revoca  della  misura,  tesi  a  sanzionare  il\nfallimento colpevole di un\u0027esperienza  extramuraria  con  un  congruo\nperiodo di regressione del  trattamento  insuscettibile  di  deroghe,\nseppur  capace  di  comprimere  l\u0027aspettativa  di  rieducazione   del\ncondannato e la sua liberta\u0027 personale, ha una propria ragionevolezza\nnella misura in cui la prospettiva della preclusione  di  accesso  ad\nulteriori benefici opera sia come elemento  psicologico  di  rinforzo\nall\u0027aderenza  del  condannato  alle  prescrizioni  ed   alla   misura\nalternativa,      sia      come      necessario      momento       di\nriconsiderazione-ripensamento  del  percorso  esterno  e   di   nuova\nosservazione inframuraria. \n    Ma la stessa  risulta  sproporzionata  laddove  tale  momento  di\nregressione,  previsto  in  misura  fissa  e  generalizzata,  elimini\nqualsiasi spazio di valutazione per  i  mutamenti  significativi  che\npotrebbero  riguardare  la  personalita\u0027  del  condannato,  svuotando\ntotalmente di significato rieducativo  il  prosieguo  dell\u0027esecuzione\nsuccessivo alla revoca ove la pena residua sia inferiore ai tre  anni\novvero riguardi esecuzioni successive. \n    E\u0027 quel che si realizza nel caso di specie ed e\u0027 profilo  che  la\nConsulta aveva gia\u0027 indicato al legislatore come un possibile terreno\ndi intervento normativo per mitigare gli effetti della revoca di  una\nmisura alternativa. \n    Un invito rimasto, sinora, del tutto inascoltato. \n    In secondo luogo, la  questione  che  qui  si  intende  coltivare\nrileva l\u0027irragionevolezza della disciplina di cui all\u0027art.  58-quater\nO.P. alla luce delle modifiche normative  che  hanno  interessato  il\nsettore dell\u0027esecuzione penale  in  epoca  successiva  alla  sentenza\nrichiamata. \n    Modifiche che consegnano all\u0027interprete un  quadro  ordinamentale\nin cui possono cogliersi norme, riferibili  al  nuovo  sistema  delle\npene sostitutive introdotto con decreto legislativo n. 150/2022,  che\ndinanzi al fenomeno della revoca di una forma  di  esecuzione  penale\nesterna per condotte  colpevoli  del  condannato  individuano  scelte\nvaloriali e di bilanciamento degli interessi  differenti  rispetto  a\nquanto previsto dall\u0027art. 58-quater O.P. piu\u0027 circoscritte sia quanto\nall\u0027oggetto che, soprattutto, alla dimensione temporale. \n    Tali norme, non vigenti allorquando la Consulta e\u0027 stata chiamata\na pronunciarsi sull\u0027art. 58-quater, legge n. 354/1975,  rappresentano\nun elemento di  novita\u0027  sotto  un  duplice  profilo  ai  fini  della\nriproposizione di censure di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.\n58-quater O.P. rispetto ai parametri indicati. \n    Da un lato, le stesse possono essere assunte  nell\u0027ambito  di  un\ngiudizio sul rispetto del principio di uguaglianza di cui all\u0027art.  3\ndella  Costituzione  quale  tertium  comparationis  per  valutare  la\nragionevolezza  della  differenziazione   di   trattamento   tra   le\nfattispecie ivi disciplinate e la revoca di  una  misura  alternativa\nalla detenzione; e cio\u0027, tanto in ottica comparativa  nell\u0027ambito  di\nun   classico   giudizio   triadico,   quanto   per   rimeditare   la\nragionevolezza intrinseca della scelta  operata  dall\u0027art.  58-quater\nO.P., vagliandone la perdurante  attualita\u0027  alla  luce  di  nuove  e\ndiverse scelte legislative piu\u0027 tutelanti degli  articoli  13  e  27,\ncomma 3 della Costituzione. \n    Dall\u0027altro, esse si offrono quali opzioni  normative  alternative\nall\u0027art.  58-quater  O.P.  e,  in   tesi,   costituzionalmente   piu\u0027\nrispondenti   ad   un   ponderato   bilanciamento   degli   interessi\ncostituzionali coinvolti,  valevoli  per  individuare  una  soluzione\ncostituzionalmente adeguata a eliminare il  vulnus  creato  dall\u0027art.\n58-quater O.P. nella sua attuale formulazione. \n    Poste queste premesse, si e\u0027 gia\u0027 evidenziato come  sussista  una\nsostanziale  omogeneita\u0027  tra   il   giudizio   del   magistrato   di\nsorveglianza (o del giudice rispetto ai L.P.U.) in sede di revoca  di\nuna pena sostitutiva ai sensi  degli  articoli  66  e  72,  legge  n.\n689/1981 e quello del Tribunale di sorveglianza in sede di revoca  di\nuna misura alternativa ai sensi dell\u0027art. 51-ter, legge n. 354/1975. \n    In  entrambi  i  casi,  invero,  si  tratta  di   prendere   atto\ndell\u0027inidoneita\u0027  e  del  fallimento  di  un   determinato   percorso\nesecutivo esterno per condotte violative o illecite  del  condannato,\ncui si correla una decisione che poggia sulla ritenuta impossibilita\u0027\nche l\u0027esecuzione prosegua nelle forme vigenti e sulla inidoneita\u0027  di\naltre piu\u0027 stringenti a rappresentare valida alternativa rispetto  al\nrischio di recidiva che la persona esprime. \n    Se questo e\u0027 il canone di giudizio, dunque, il soggetto  che  sia\nincorso in revoca di una pena sostitutiva e\u0027  da  intendersi,  quanto\nalla sua posizione costituzionale  all\u0027interno  delle  polarita\u0027  che\ngovernano  l\u0027esecuzione  penale -  finalita\u0027  rieducativa  e   minimo\nsacrificio della liberta\u0027 personale da un lato, istanza  di  certezza\ndella pena e sicurezza sociale dall\u0027altro; poli all\u0027interno dei quali\nsi muove la magistratura di sorveglianza, come funambolo alla ricerca\ndell\u0027equilibrio che tuteli gli uni senza annichilire gli altri - alla\nmedesima stregua di chi  sia  incorso  nella  revoca  di  una  misura\nalternativa alla detenzione. \n    Entrambi, infatti, hanno dato prova di non adeguatezza nel  corso\ndell\u0027esecuzione  extramoenia  e  sono   stati   parimenti   giudicati\nmeritevoli di regredire nel trattamento,  incorrendo  nel  ripristino\ndella pena detentiva e nella carcerazione. \n    Eppure, mentre il primo puo\u0027 senza alcuna  preclusione  normativa\navere accesso ai permessi premio ed al lavoro all\u0027esterno e,  espiata\nmeta\u0027 della pena residua successiva alla revoca,  puo\u0027  astrattamente\npersino ottenere l\u0027ammissione  ad  una  misura  alternativa,  facendo\nvalere i progressi trattamentali successivi alla revoca,  il  secondo\nvede il proprio orizzonte trattamentale  schiacciato  per  un  intero\ntriennio sia nel corso dell\u0027esecuzione che  in  quelle  eventualmente\nsuccessive. \n    E cio\u0027 anche laddove il primo sia incorso in  revoca  della  pena\nsostitutiva per la commissione di un fatto di reato non  colposo  nel\ncorso della stessa, mentre il secondo  abbia  subito  la  revoca  per\ngravi  violazioni  delle   prescrizioni   non   integranti   condotte\ndelittuose. \n    La differenza di trattamento tra le due fattispecie di revoca  in\npunto di accesso alle misure alternative  non  potrebbe  essere  piu\u0027\nevidente ed irrazionale, nella misura in cui assoggetta a  discipline\nsensibilmente disomogenee situazioni che non  possono  non  valutarsi\ncome identiche rispetto ai canoni costituzionali di cui agli articoli\n13 e 27, comma 3 della Costituzione. \n    Cio\u0027 appare non coerente, dunque, con il principio di uguaglianza\nsostanziale, con lesione dell\u0027art. 3 della Costituzione, nella misura\nin cui la legge oggi fa discendere da un medesimo  fatto,  la  revoca\ncolpevole  di  una  misura  extramuraria,  conseguenze   estremamente\ndivergenti  rispetto  all\u0027accesso  alle   misure   alternative   alla\ndetenzione, sottoponendo  un  idem  factum  a  discipline  del  tutto\neterogenee. \n    E cio\u0027 esclusivamente sulla base di un elemento formalistico,  la\ntipologia di pena su  cui  il  giudizio  di  revoca  si  appunta;  un\nelemento che,  in  un\u0027ottica  di  massimizzazione  della  tutela  dei\nprincipi costituzionali, si  assume  non  dovrebbe  essere  rilevante\nrispetto alle scelte valoriali e  di  bilanciamento  degli  interessi\ncostituzionali  in  gioco  dinnanzi  a   situazioni   sostanzialmente\nomogenee. \n    La differenziazione di trattamento teste\u0027 evidenziata  si  palesa\npoi, irragionevole  rispetto  al  sacrificio  che  la  norma  di  cui\nall\u0027art. 58-quater O.P. impone al principio di emenda di cui all\u0027art.\n27, comma 3 della Costituzione laddove la revoca riguardi una  misura\nalternativa alla detenzione, a differenza quanto avviene in  sede  di\nrevoca di una pena sostitutiva. \n    La normativa di nuovo  conio,  infatti,  lascia  diversi  margini\nresidui al principio di rieducazione,  non  solo  per  la  perdurante\npossibilita\u0027 in capo al  soggetto  incorso  in  revoca  di  una  pena\nsostitutiva di accedere ad altre  pene  sostitutive  piu\u0027  gravi,  ma\nsoprattutto perche\u0027 limita alla meta\u0027 della pena  residua  risultante\ndalla revoca il meccanismo di  preclusione  all\u0027accesso  alle  misure\nalternative alla detenzione previste dall\u0027ordinamento  penitenziario.\nCon cio\u0027, operando un bilanciamento di valori che  non  esaurisce  in\nvia definitiva in ragione della revoca la possibilita\u0027 che il residuo\npena da espiare dal condannato venga incanalato  in  un  percorso  di\nreinserimento sociale  nelle  forme  delle  misure  alternative  alla\ndetenzione. Si tratta, invero, di opzione normativa  certamente  piu\u0027\nidonea di quella contenuta nell\u0027art. 58-quater O.P., nella misura  in\ncui, imponendo una  regressione  a  tempo  del  trattamento  che  non\nesaurisce la pena in espiazione,  consente  al  condannato  di  avere\ninnanzi a se\u0027 un orizzonte possibile entro  cui  orientare  i  propri\nsforzi e le proprie energie; laddove, a contrario,  l\u0027art.  58-quater\nO.P., nella sua dimensione temporale assoluta, non  fa  seguire  alla\nregressione   alcuno   spiraglio    di    evoluzione    in    termini\nrisocializzanti.   Cio\u0027   frustra   irrimediabilmente   la   funzione\nrieducativa, disincentivando il condannato a  qualsiasi  impegno  nel\ntrattamento, in quanto sforzo irrilevante ed inutile, non  spendibile\nne\u0027 entro l\u0027esecuzione pregiudicata dalla revoca,  ne\u0027  nel  triennio\nsuccessivo. \n    Sussisterebbe, in quest\u0027ottica, una lesione dell\u0027art. 3, comma  2\nin relazione all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione  per  violazione\ndel canone di proporzionalitÃ\u{A0}-ragionevolezza. \n    Da ultimo,  per  le  medesime  ragioni,  ad  essere  pregiudicato\nrisulta altresi\u0027 l\u0027art. 13 della Costituzione. \n    La preclusione triennale ed assoluta imposta dall\u0027art. 58-quater,\nlegge n.  354/1975  come  conseguenza  della  revoca  di  una  misura\nalternativa, infatti,  non  consente  di  mantenere  una  adeguata  e\npuntuale corrispondenza  tra  il  sacrificio  che  essa  impone  alla\nliberta\u0027  personale  e  la  necessita\u0027  che   tale   sacrificio   sia\neffettivamente imposto. \n    Esemplificando: nel caso in cui dopo la revoca  della  misura  la\npersona abbia cessato di esprimere il rischio  di  recidiva  valutato\ndal Tribunale di sorveglianza all\u0027atto della decisione ex art. 51-ter\nO.P. tale da non consentire la  prosecuzione  del  beneficio,  questi\nsarebbe parimenti sottoposto per tre anni o  sino  al  termine  della\npena, laddove  questa  sia  inferiore  ai  tre  anni,  ad  esecuzione\ninderogabilmente inframuraria,  massimamente  restrittiva  della  sua\nliberta\u0027 personale, senza che a  cio\u0027  corrisponda,  di  rimando  una\nreale esigenza di difesa sociale. \n    La possibilita\u0027 che questo avvenga senza  che  la  legge  preveda\nderoghe alla preclusione di cui all\u0027art. 58-quater O.P.,  a  giudizio\ndi questo magistrato, sarebbe gia\u0027 sufficiente a ritenere fondato  il\nvulnus  costituzionale  denunciato   rispetto   all\u0027art.   13   della\nCostituzione. \n    Ma,  mantenendosi   nell\u0027ottica   del   raffronto   col   tertium\nrappresentato dalla disciplina delle pene  sostitutive,  la  frizione\ncostituzionale evidenziata  assume  i  colori  foschi  della  patente\nirragionevolezza, laddove si consideri che, rispetto all\u0027accesso alle\nmisure alternative  alla  detenzione,  nel  sistema  della  legge  n.\n689/1981 la restrizione forzata della liberta\u0027 personale di  chi  sia\nincorso  in  revoca  di  una  pena  sostitutiva   e\u0027   dall\u0027art.   67\ntemporalmente circoscritto a meta\u0027 della pena residua ad esito  della\nrevoca. \n    Il che consente di valorizzare le modificazioni  soggettive  che,\noltre  ad  essere  frutto  del  percorso  di  rieducazione,  facciano\nritenere non piu\u0027  attuale  quel  giudizio  di  concreto  rischio  di\nrecidiva reso in sede di revoca. \n    La situazione  descritta,  dunque,  nella  sua  irragionevolezza,\nappare lesiva dell\u0027art. 3, comma 2 della  Costituzione  in  relazione\nall\u0027art. 13 della Costituzione. \n    3.1. La soluzione costituzionalmente adeguata. \n    Ad esito della disamina condotta, deve evidenziarsi che le scelte\noperate dal legislatore delegato in materia di  pene  sostitutive  di\ncui agli articoli 59 e 67, legge n. 689/1981 appaiono  frutto  di  un\ndiverso  bilanciamento  di  valori   costituzionali   rispetto   alla\nfattispecie della revoca; bilanciamento maggiormente  orientato  alla\ntutela della tensione rieducativa della  pena  di  cui  all\u0027art.  27,\ncomma 3 della  Costituzione  e  del  favor  verso  opzioni  esecutive\ncomplessivamente  piu\u0027  rispettose  anche  del  principio  di  minimo\nsacrificio necessario della liberta\u0027 personale  di  cui  all\u0027art.  13\ndella Costituzione. \n    Rispetto a tali soluzioni normative di fonte legislativa,  l\u0027art.\n58-quater O.P. risulta oggi  frutto  di  un  bilanciamento  non  piu\u0027\nattuale dei beni costituzionali rilevanti, che realizza un massimo  e\ntotale  sacrificio  degli  uni  anche  ove  a  tale  sacrificio   non\ncorrisponda  un\u0027espansione  della  tutela  degli  altri,  come   tale\ncostituzionalmente inadeguato e meritevole di essere riconsiderato in\npunto  di  durata  del   meccanismo   preclusivo,   soprattutto   ove\nconfrontato con le diverse opzioni operate in altro settore omologo. \n    La soluzione al vulnus costituzionale, tuttavia, non puo\u0027  essere\nquella della caducazione  sic  et  simpliciter  della  norma  di  cui\nall\u0027art. 58-quater, comma 1, 2 e 3 O.P. \n    Tale esito, invero, se  consentirebbe  di  espandere  al  massimo\ngrado la tutela degli articoli 13 e 27, comma 3  della  Costituzione,\nnon sarebbe coerente con  la  garanzia  di  altrettanti  e  parimenti\nrilevanti  principi  costituzionali,  oltre   che   apparire   troppo\nfavorevole in eccesso rispetto alle preclusioni,  piu\u0027  miti  ma  pur\npresenti, che si rinvengono nella legge n. 689/1981. \n    Appare, dunque, preferibile individuare una diversa  formulazione\nnormativa che nello spettro delle  varie  alternative  possibili  tra\nl\u0027attuale formulazione  e  l\u0027assenza  di  preclusioni,  possa  essere\nassunta quale soluzione costituzionalmente  adeguata  a  contemperare\ngli interessi in gioco. \n    Gia\u0027  in  altre  occasioni,  infatti,  la  Corte  costituzionale,\ndiscostandosi  dalla  teoria  delle  cosiddette  soluzioni   a   rime\nobbligate, ha  recentemente  adottato  pronunce  in  cui  sono  state\naccolte soluzioni di  tipo  additivo-manipolativo  che,  pur  se  non\nobbligate, apparivano adatte a offrire una cornice di tutela adeguata\nrispetto ai vulnera costituzionali denunciati dai giudici rimettenti,\nevitando al  contempo  che  la  declaratoria  di  incostituzionalita\u0027\ncreasse vuoti di disciplina e precludesse, in astratto, un intervento\ndel legislatore che,  nell\u0027esercizio  della  sua  discrezionalita\u0027  e\ntenendo fermi i criteri costituzionali minimi  offerti  dalla  Corte,\ndesse una diversa riorganizzazione alla materia. \n    Si tratta di un\u0027ermeneutica costituzionale ormai consolidatasi ed\nespressa in diverse pronunce della Consulta (si vedano la sentenza n.\n40 del 2019, punto 4.2. del Considerato in diritto; sentenza  n.  236\ndel 2016, punto 4.4. del Considerato in diritto; Sentenza n. 222  del\n2018, punto 8.1. del Considerato in diritto; recentemente sentenza n.\n46 del 2024, punto 4  e  seguenti  del  Considerato  in  diritto;  ex\nmultis, nello stesso senso, sentenze n. 95  del  2022,  punto  5  del\nConsiderato in diritto, e n. 252 del 2020, punto 4.6. del Considerato\nin diritto). Sebbene i  precedenti  citati  hanno  in  massima  parte\nriguardato norme relative a giudizi in cui  era  oggetto  di  censura\nl\u0027adeguatezza-ragionevolezza del trattamento sanzionatorio, non  sono\nmancate pronunce che hanno  fatto  applicazione  della  teoria  delle\nsoluzioni costituzionalmente adeguate anche nell\u0027ambito della materia\ndella sorveglianza: si pensi alle sentenze n. 253/2019 e n.  10/2024,\nrispettivamente, in tema di accesso ai permessi premio per condannati\nper delitti di cui  all\u0027art.  4-bis,  comma  1  O.P.  in  assenza  di\ncollaborazione  con  la  giustizia  ed  in  tema  di  a  affettivita\u0027\ninframuraria  e  divieto  di  colloqui  intimi,  ove  la   Corte   ha\nsostanzialmente   individuato   il   portato   minimo    di    tutela\ncostituzionalmente necessitato per rispondere alle censure mosse  dai\ngiudici a quo, lasciando comunque un margine di  discrezionalita\u0027  al\npotere legislativo. \n    Alla luce dell\u0027ermeneutica costituzionale citata, si ritiene  che\nla soluzione costituzionalmente adeguata sarebbe  quella  di  mutuare\nquanto  previsto  dall\u0027art.  67,  comma  2,  legge  n.  689/1981  per\nl\u0027ipotesi di accesso alle misure alternative susseguente alla  revoca\ndi una pena sostitutiva, modificando esclusivamente la  durata  della\npreclusione ed  ancorando  la  stessa  ad  una  porzione  della  pena\nresidua, mantenendo, comunque, fermo il limite massimo di tre anni. \n    Tale  ulteriore  specificazione  appare  necessaria  in   quanto,\nsebbene la maggior parte delle  misure  alternative  alla  detenzione\nabbiano un limite di pena di accesso omologo  a  quanto  previsto  in\nmateria di pene sostitutive e contenuto entro gli  anni  quattro,  vi\nsono misure alternative alla detenzione  quali  la  semiliberta\u0027  che\npossono essere  fruite  anche  ove  la  pena  residua  sia  di  molto\nsuperiore. \n    In questi casi,  l\u0027operare  della  preclusione  senza  un  limite\nmassimo di durata porterebbe  ad  inasprire  la  disciplina  attuale,\nrealizzando un effetto in malam partem in una materia, l\u0027accesso alle\nmisure alternative alla detenzione,  ormai  pacificamente  rientrante\nnel diritto penale sostanziale (Corte costituzionale n. 32/2020). \n    E, d\u0027altronde, l\u0027imposizione di un limite  massimo  che  ricalchi\nquello attuale risponde  parimenti  ad  una  necessita\u0027  di  adeguata\ntutela dei beni costituzionali in gioco, laddove si consideri che  lo\nstesso legislatore ha inteso il triennio  quale  orizzonte  oltre  il\nquale il limite di accesso ai benefici risulta inadeguato. \n    L\u0027art.   58-quater   O.P.   comma   3,    dunque,    risulterebbe\nincostituzionale nella parte  in  cui  prevede  che  «il  divieto  di\nconcessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento\ndella ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della pena o e\u0027  stato\nemesso il provvedimento di revoca  di  cui  al  comma  2»  invece  di\nstabilire che «Il divieto di concessione dei benefici  opera  per  un\nperiodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non oltre tre\nanni, e decorre  dal  momento  della  ripresa  dell\u0027esecuzione  della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2». \n    Si  ritiene  di  poter   individuare   questa   quale   soluzione\ncostituzionalmente adeguata, mutuandola dall\u0027art. 67, comma 2,  legge\nn. 689/1981 e non gia\u0027 altre piu\u0027 favorevoli  opzioni  pure  previste\ndalla legge n. 689/1981 nel rapporto  tra  revoca  ed  ammissione  ad\naltre pene sostitutive, sulla base della seguente considerazione. \n    Se e\u0027 vero che sussiste una chiara  omogeneita\u0027  sostanziale  tra\npene  sostitutive  e  pene  detentive  espiate  in  forma  di  misura\nalternativa, alcuni profili di differenziazione suggeriscono  di  non\nomologare le discipline quanto alla  modalita\u0027  di  operazione  della\npreclusione prevista dall\u0027art. 59, lettera a), legge n. 689/1981.  Da\nun lato perche\u0027 questa norma e\u0027 orientata ad  una  valutazione  sulla\npossibilita\u0027 di sostituire la pena detentiva con la pena sostitutiva,\npartendo dal presupposto che queste riguardino  solo  pene  detentive\nbrevi e fatti di  minore  rilievo,  mentre  la  pena  detentiva  puo\u0027\nriguardare anche delitti e condanne di maggiore gravita\u0027. Dall\u0027altro,\nperche\u0027 il meccanismo preclusivo in questione opera solo  all\u0027interno\ndel sistema chiuso delle pene sostitutive e non spiega alcun  effetto\nrispetto alla possibilita\u0027 di accesso alle  misure  alternative  alla\ndetenzione.  Invero,  anche  se  in  applicazione  della  preclusione\nsoggettiva di cui all\u0027art. 59, lettera a), legge n. 689/1981 la  pena\ndetentiva non  potra\u0027  essere  sostituita,  trattandosi  di  condanna\ncomunque inferiore  ai  quattro  anni,  la  persona  potra\u0027  avanzare\ndomande di misure alternative ai sensi dell\u0027art.  656,  comma  5  del\ncodice di procedura penale. Dunque, pur  individuando  una  possibile\nopzione di risposta normativa rispetto alla revoca di una  pena  lato\nsensu extramuraria, l\u0027art. 59, lettera  a),  legge  n.  689/1981  non\nincide in termini assoluti sul  principio  di  rieducazione  e  sulla\nliberta\u0027  personale,  mantenendo  i   propri   effetti   circoscritti\nall\u0027esclusione di una  possibilita\u0027  di  accesso  ad  espiazione  non\ncarceraria, vale a dire quella offerta dalla sostituzione della  pena\ndetentiva in pena sostitutiva, senza pregiudicare in  alcun  modo  le\naltre previste dall\u0027ordinamento nel suo complesso. \n    Viceversa, l\u0027art. 67, comma 2, legge n.  689/1981  e\u0027  norma  che\nattribuisce alla revoca di una pena sostitutiva un rilievo esterno al\nsistema delle pene sostitutive,  precludendo  in  assoluto  l\u0027accesso\nalle altre forme di espiazione extramuraria previste dall\u0027ordinamento\npenitenziario e,  come  tale,  realizza  effetti  omologhi  a  quanto\nprevisto dall\u0027art. 58-quater O.P.; con l\u0027unica e rilevante differenza\ndi circoscrivere l\u0027oggetto ed il tempo della preclusione si\u0027  da  non\nfrustrare in via  definitiva  la  successiva  espiazione  della  pena\nrispetto ai principi di emenda e di sacrificio minimo della  liberta\u0027\npersonale. \n    E\u0027 questa, dunque, a parere di questo  magistrato,  la  soluzione\ncoerente e costituzionalmente adeguata a rimuovere illc et  immediate\nil  vulnus  costituzionale  che  l\u0027attuale   formulazione   dell\u0027art.\n58-quater O.P. realizza per la fissita\u0027 dei suoi effetti. \n    Tale opzione, infatti, come si e\u0027 detto, individua  un  punto  di\nequilibrio  tra  le  istanze  de  libertate  e  di  rieducazione  del\ncondannato  e  quelle  di  sicurezza  sociale  cristallizzate   nella\npronuncia di revoca, che sacrifica le prime per un tempo di congruo a\nconsentire  che  la   persona,   proprio   mediante   il   ripristino\ndell\u0027osservazione  e  del  trattamento  intramurario,  dimostri   una\nevoluzione che consenta di ritenere non piu\u0027 attuale il  giudizio  di\nconcreto rischio di recidiva reso in sede di revoca. \n    Esito  che  appare,  invero,   estremamente   coerente   con   la\ngiurisprudenza costituzionale espressa dalle sentenze n.  173/2021  e\nn. 24/2025. \n    Invero,  se  il  combinato  disposto  degli  articoli  51-ter   e\n58-quater,  legge  n.  354/1975  ha,  nella  lettura   costituzionale\nespressa dalla Consulta, la funzione di imporre una  regressione  del\ntrattamento in virtu\u0027 di un giudizio di inadeguatezza  della  misura,\nil  ripristino  della  carcerazione  deve  razionalmente  avere  come\nobiettivo non soltanto la neutralizzazione del  rischio  di  recidiva\nche la persona esprime, ma anche  la  possibile  costruzione  di  una\nnuova prospettiva trattamentale e rieducativa. \n    Obiettivo che la normativa attuale sacrifica in toto, ove la pena\nsi esaurisca entro il triennio,  senza  consentire  al  Tribunale  di\nsorveglianza di graduare gli effetti della propria pronuncia. \n    Merita, poi,  di  evidenziarsi  che,  se  la  soluzione  proposta\ncertamente depotenzia in qualche misura l\u0027effetto di deterrenza della\npreclusione  di  cui  all\u0027art.  58-quater  O.P.  rispetto  alla  fase\nterminale dell\u0027espiazione della pena in misura alternativa, posto che\nl\u0027ancoraggio alla meta\u0027 della pena residua  risultante  dalla  revoca\nriduce in via direttamente  proporzionale  all\u0027avvicinarsi  del  fine\npena il metus rappresentato dalla minaccia della preclusione  stessa,\nla ragionevolezza di tale opzione puo\u0027 cogliersi  sia  dal  raffronto\ncon l\u0027art. 67, legge n.  689/1981  sia  andando  a  vagliare  in  che\ntermini questa opzione bilancia i beni  costituzionali  in  gioco  in\ntermini piu\u0027 equilibrati di quanto non faccia l\u0027art. 58-quater O.P.. \n    Infatti, il vantaggio concreto che questa soluzione  realizza  in\npunto di tutela dei beni costituzionali assunti  quale  parametro  di\nriferimento (27, comma 3 e 13 della Costituzione) non si  traduce  in\nun annientamento delle esigenze  di  sicurezza  sociale  connesse  al\nprosieguo dell\u0027esecuzione residuante  da  revoca  e  delle  eventuali\nesecuzioni  successive,  potendo  queste  ben  essere   adeguatamente\ntutelate  nel  giudizio  di  merito  innanzi  alla  magistratura   di\nsorveglianza. \n    E cio\u0027 evidenzia come la soluzione che si ritiene adeguata,  gia\u0027\na monte esprime una ponderazione piu\u0027 oculata dei beni costituzionali\ncoinvolti nell\u0027esecuzione pena di quanto non faccia l\u0027art.  58-quater\nO.P., che sacrifica irrimediabilmente gli uni (principio  di  emenda,\nliberta\u0027 personale) in favore degli altri (sicurezza sociale). \n    Vi  e\u0027  poi  da  considerare  come   la   soluzione   prospettata\nconsentirebbe, rispetto alla  misura  dell\u0027affidamento  in  prova  al\nservizio  sociale,  di  graduare  effettivamente   il   tempo   della\npreclusione. \n    Il Tribunale di sorveglianza, in sede di revoca  dell\u0027affidamento\nin prova, e\u0027 titolare di un potere di rideterminare la pena  residua,\nprevisto  dall\u0027art.  98,  comma  7,  decreto  del  Presidente   della\nRepubblica n. 230/2000, con facolta\u0027 di indicare quale porzione della\npena eseguita in affidamento in prova possa ritenersi non validamente\nespiata in ragione dei fatti che hanno condotto alla revoca. \n    Si tratta di un obbligo/potere che, come indicato  dalla  lettura\ndel giudizio di revoca  offerta  dalle  sentenze  n.  173/2021  e  n.\n24/2025 su citate, rappresenta uno degli  ulteriori  fattori  che  il\nTribunale di sorveglianza deve soppesare e che, spesso,  nel  diritto\nvivente e\u0027 recessivo dinnanzi all\u0027attuale meccanismo preclusivo fisso\nstabilito dall\u0027art. 58-quater O.P. Dinnanzi alla prospettiva  di  una\npreclusione  triennale  che  esaurisce  la  pena  residua,   infatti,\nl\u0027ulteriore aggravio dato dal  considerare  una  quota  di  pena  non\nvalidamente espiata, porta a limitare gli effetti di cui all\u0027art. 98,\ncomma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000. \n    Ove si accogliesse  la  questione  qui  prospettata,  invece,  il\nTribunale di sorveglianza potrebbe  effettuare  davvero  ed  in  modo\ncompiuto quella «ponderazione degli  effetti  della  revoca»  cui  fa\nriferimento la Corte costituzionale, incidendo sulla pena residua  e,\nindirettamente,  sulla  durata  della  preclusione  di   accesso   ai\nbenefici, si\u0027 da gradare in concreto, con una  valutazione  casistica\ned individualizzata (dunque  fondata  sull\u0027art.  27,  comma  3  della\nCostituzione), gli effetti della propria pronuncia alla gravita\u0027  dei\nfatti che impongono la regressione del trattamento. \n    Ma,  anche   rispetto   alle   altre   misure   alternative,   la\nrimodulazione della durata  del  meccanismo  preclusivo  nei  termini\nindicati non esporrebbe  a  incalcolabili  rischi  di  ammissione  ad\nesecuzione penale esterna soggetti gia\u0027 giudicati come pericolosi. \n    La circoscrizione della durata dello stop ai  benefici,  infatti,\ninciderebbe solo sulla possibilita\u0027 di accedere ad una valutazione di\nmerito e non gia\u0027 sull\u0027accesso al  beneficio  tout  court,  rimanendo\nquesta  valutazione  ancorata   al   puntuale   apprezzamento   della\nmagistratura di sorveglianza. \n    Nel giudizio successivo  alla  revoca  di  precedente  beneficio,\ndunque, la revoca svolgera\u0027 ragionevolmente un ruolo  principe  nelle\nvalutazioni del giudice, ponendosi quale elemento di fatto  altamente\nnegativo in chiave prognostica, per vincere il  quale  il  condannato\ndovra\u0027  fornire  adeguati  indici   di   sviluppo   del   trattamento\nsuccessivo, che consentano di superare la necessita\u0027 di regressione e\nl\u0027elevato rischio di recidiva che la revoca ha riconosciuto. \n    Un giudizio, dunque, difficilmente superabile senza  un  concreto\nimpegno nel trattamento da parte del condannato, ma che allo stato e\u0027\nassolutamente precluso e  che,  ove  accolta  la  questione,  sarebbe\nquanto meno in astratto possibile. \n    Tutte le ragioni esposte militano nel senso  di  ritenere  l\u0027art.\n58-quater O.P. comma 3 incostituzionale per violazione degli articoli\n3, comma 1 della Costituzione e 3, comma 2 in relazione agli articoli\n13 e 27, comma 3 della Costituzione, nella parte in cui  prevede  che\n«il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo  di  tre\nanni dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della\npena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di cui al comma  2»\ninvece di stabilire che «Il divieto di concessione dei benefici opera\nper un periodo pari alla meta\u0027 della pena residua  e,  comunque,  non\noltre tre anni, e decorre dal momento della  ripresa  dell\u0027esecuzione\ndella custodia o della pena o e\u0027 stato  emesso  il  provvedimento  di\nrevoca di cui al comma 2». \n    Prima di procedere verso le conclusioni, e\u0027 opportuno evidenziare\nche, laddove la Consulta, pur accogliendo la questione non  ritenesse\ndi condividere la soluzione prospettata, nulla impedirebbe al giudice\ndelle leggi  di  individuare  altra  formulazione  costituzionalmente\nadeguata dell\u0027art. 58-quater O.P. capace di ricondurre a legittimita\u0027\ncostituzionale la norma. \n    Come   ribadito   nella   sentenza   n.   46/2024   della   Corte\ncostituzionale; infatti, «\"il petitum dell\u0027ordinanza di rimessione ha\nla funzione di chiarire il contenuto e il verso delle  censure  mosse\ndal giudice rimettente\", ma  non  vincola  questa  Corte,  che,  \"ove\nritenga  fondate  le  questioni,  rimane  libera  di  individuare  la\npronuncia  piu\u0027  idonea  alla   reductio   ad   legitimitatem   della\ndisposizione censurata\" (sentenza  n.  221  del  2023,  punto  4  del\nConsiderato in diritto; in senso conforme, piu\u0027 di recente,  sentenza\nn. 12 del 2024, punto 8 del Considerato in diritto)». \n    3.2. Rilevanza, non manifesta infondatezza ed  impossibilita\u0027  di\nsuperare la norma con interpretazione costituzionalmente orientata. \n    Cosi\u0027 posta, la questione risulta certamente rilevante  nel  caso\ndi specie e, per le ragioni su esposte, non manifestamente infondata. \n    In punto di  rilevanza,  infatti,  a  normativa  vigente,  questo\nmagistrato di sorveglianza  dovrebbe  definire  il  procedimento  con\ndeclaratoria di inammissibilita\u0027 ex art. 58-quater, comma 1, 2  e  3,\nlegge n. 354/1975. \n    Laddove, accolta la soluzione caldeggiata da questo magistrato di\nsorveglianza, invece, gli effetti della revoca in cui e\u0027  incorso  B.\nS., sarebbero ad oggi esauriti e, dunque, questo magistrato  potrebbe\nvalutare nel merito, secondo i canoni su espressi, la domanda di B. \n    E cio\u0027 si ritiene sufficiente, a prescindere da un  vaglio  circa\nl\u0027eventuale accoglimento nel merito dell\u0027istanza di  B.,  a  ritenere\nintegrato il primo requisito di ammissibilita\u0027. \n    E\u0027 noto, infatti, che la Corte costituzionale ha ormai  affermato\nuna nozione di rilevanza della questione che prescinde dall\u0027eventuale\ndiretta incidenza sull\u0027esito  del  giudizio  a  quo,  descritta  come\nrilevanza  giuridica.  (3)     Secondo   tale   orientamento,   ormai\nmaggioritario e condiviso, il requisito di rilevanza  sussiste  anche\nqualora la decisione della Corte sia idonea ad incidere nel  giudizio\na quo anche solo nel senso di imporre al giudice un diverso  percorso\nlogico-giuridico-argomentativo, pur  rimanendo  in  ipotesi  identico\nl\u0027esito del giudizio. \n    Peraltro, la Consulta, nel ribadire tale nozione di rilevanza, ha\naltresi\u0027 sottolineato come anche eventuali evenienze successive,  che\nevidenzino l\u0027infondatezza dell\u0027istanza in  relazione  alla  quale  e\u0027\nsorto il dubbio di costituzionalita\u0027 o la non piu\u0027  attuale  utilita\u0027\ndella stessa nel giudizio a quo non esplicano  effetti  sul  giudizio\nincardinato   innanzi   alla   Corte,    essendo    l\u0027incidente    di\ncostituzionalita\u0027 caratterizzato da autonomia rispetto  alle  vicende\nsostanziali del caso da cui esso origina. (4) \n    In questo senso, la questione e\u0027  certamente  rilevante  ai  fini\ndella decisione, impedendo l\u0027art. 58-quater O.P. a questo giudice  di\nesaminare la domanda nel merito e lo e\u0027  oggi,  rendendo  irrilevante\nl\u0027eventuale scarcerazione del condannato prima  che  si  concluda  il\ngiudizio  innanzi  alla  Corte  (esito  purtroppo  in  concreto   non\nirrealistico, a fronte di un fine pena che potrebbe essere anticipato\na inizio novembre  2025).  Per  mera  completezza,  tuttavia,  appare\nopportuno segnalare che gli ulteriori  elementi  in  atti  potrebbero\ngia\u0027 in questa sede adombrare l\u0027effettiva ricorrenza delle condizioni\nper la  concessione  del  beneficio  di  cui  all\u0027art.  1,  legge  n.\n199/2010, laddove venisse accolta la questione. \n    Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  ci  si  richiama  alle\nconsiderazioni svolte supra circa il perimetro  della  questione  qui\nproposta, le differenze di fatto  e  di  diritto  che  richiedono,  a\nparere  di  questa  autorita\u0027,  di  riconsiderare   parzialmente   la\ndecisione  assunta  dalla  Consulta   con   sentenza   n.   173/2021,\nribadendosi come la questione qui posta poggi su  una  diversa  causa\npetendi e proponga un diverso petitum al giudice delle leggi. \n    In  merito,  da  ultimo,  alla  possibilita\u0027  di   esperire   una\ninterpretazione costituzionalmente orientata del tessuto normativo, a\nfronte della chiarezza letterale  del  testo  di  legge,  non  appare\npossibile interpretare l\u0027art. 58-quater O.P. se non nel senso che  la\nnorma precluda per tre anni l\u0027accesso ai benefici penitenziari. \n    Eventuali interpretazioni tese a temperare la rigidita\u0027  di  tale\nmeccanismo risulterebbero all\u0027evidenza contra legem. \n4. Conclusioni. \n    Alla luce della disamina  sin  qui  condotta,  il  magistrato  di\nsorveglianza giudica fondati i dubbi di  costituzionalita\u0027  sollevati\ndalla difesa avverso l\u0027art. 58-quater, comma 3, legge n. 354/1975  in\nrelazione agli articoli 3 della Costituzione, 3 comma 2 in  relazione\nagli articoli 13 e 27, comma 3 della Costituzione nella parte in  cui\nprevede che «il divieto di concessione  dei  benefici  opera  per  un\nperiodo di tre anni dal momento della ripresa  dell\u0027esecuzione  della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2» invece di stabilire che «Il  divieto  di  concessione\ndei benefici opera per un periodo pari alla meta\u0027 della pena  residua\ne, comunque, non oltre tre anni, e decorre dal momento della  ripresa\ndell\u0027esecuzione della custodia o della pena  o  e\u0027  stato  emesso  il\nprovvedimento di revoca di cui al comma 2». \n\n(1) Cfr. Corte costituzionale n. 173/2021 § 3.3.3, ove la Corte cosi\u0027\n    motiva: «il tribunale di sorveglianza ha oggi la possibilita\u0027  di\n    reagire  alla  commissione  di  comportamenti   suscettibili   di\n    determinare la revoca della  misura  alternativa  attraverso  una\n    pluralita\u0027 di risposte: la prosecuzione della  misura  nonostante\n    la  condotta  inosservante  da  parte  del  condannato;  la   sua\n    sostituzione con altra misura; e infine la sua revoca,  riservata\n    evidentemente ai casi piu\u0027 gravi, che dimostrino la necessita\u0027 di\n    una  regressione  del  percorso  rieducativo  e  di   un   almeno\n    temporaneo ripristino del regime di detenzione, in particolare in\n    funzione di contenimento  di  un  concreto  rischio  di  recidiva\n    evidenziatosi  in  capo  al  condannato.   Nell\u0027esercitare   tale\n    discrezionalita\u0027, il tribunale non potra\u0027 non tenere conto  anche\n    delle conseguenze particolarmente gravose associate alla  revoca,\n    e in particolare della  preclusione  -  nell\u0027arco  di  un  intero\n    triennio  -  relativa  alla  concessione  di  ogni  altra  misura\n    alternativa o beneficio penitenziario, diversi dalla  liberazione\n    anticipata. La preclusione qui all\u0027esame discende dunque  da  una\n    valutazione caso per caso da parte del giudice  di  sorveglianza,\n    effettuata sulla base non gia\u0027 di presunzioni legate al titolo di\n    reato o allo status di recidivo del condannato, ma  del  percorso\n    da lui concretamente compiuto durante l\u0027esecuzione della pena,  e\n    in  particolare  di  specifiche  condotte  in  violazione   delle\n    prescrizioni inerenti  alla  misura  alternativa,  che  ne  hanno\n    determinato  un  giudizio  di  non  meritevolezza  rispetto  alla\n    possibilita\u0027, gia\u0027 concessagli una prima volta,  di  eseguire  la\n    propria pena in regime extramurario.» \n\n(2) Cfr. Relazione Cartabia pag. 214 «Questa  preclusione  soggettiva\n    non e\u0027 legata a logiche presuntive ma  rappresenta  una  sanzione\n    per l\u0027inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni delle  tre\n    pene sostitutive: nei tre anni successivi alla revoca ex art. 66,\n    infatti, la pena sostitutiva non puo\u0027  essere  applicata  per  un\n    nuovo  reato.  Con  cio\u0027  si  intende   rafforzare,   sul   piano\n    preventivo, l\u0027osservanza degli  obblighi  e  delle  prescrizioni,\n    secondo  un  modello  di  disciplina  previsto,  per  le   misure\n    alternative alla detenzione, dall\u0027art. 58-quater, comma  2-3.  Ad\n    analoga finalita\u0027 e\u0027 ispirata la preclusione che riguarda chi  ha\n    commesso proprio il reato per cui si procede mentre si trovava in\n    esecuzione di una pena sostitutiva, revocata ai  sensi  dell\u0027art.\n    72. Tale preclusione viene limitata all\u0027ipotesi in cui  il  reato\n    commesso sia di particolare gravita\u0027 (un delitto non colposo).» \n\n(3) Con le parole della Consulta, «anche nella prospettiva di un piu\u0027\n    diffuso accesso  al  sindacato  di  costituzionalita\u0027  (messa  in\n    risalto, tra le pronunce piu\u0027 recenti, dalla sentenza n.  77  del\n    2018) e  di  una  piu\u0027  efficace  garanzia  della  conformita\u0027  a\n    Costituzione della legislazione (profilo valorizzato, da  ultimo,\n    nella sentenza n. 174 del 2019), il presupposto  della  rilevanza\n    non si identifica con l\u0027utilita\u0027 concreta  di  cui  le  parti  in\n    causa potrebbero beneficiare a seguito della decisione  (sentenza\n    n. 20 del 2018)»; cosi\u0027 C. Cost 254/2020. \n\n(4) Si veda, in particolare Corte costituzionale n.  30/2022  laddove\n    e\u0027 affermato che «Per costante giurisprudenza di questa Corte, la\n    rilevanza  della  questione   incidentale   si   configura   come\n    necessita\u0027  di  applicare  la   disposizione   censurata,   senza\n    identificarsi nell\u0027utilita\u0027 concreta per la  parte  del  giudizio\n    principale (ex plurimis, sentenze n. 236, n.  172  e  n.  59  del\n    2021, n. 254 del 2020 e n. 174 del 2019). [...]  Per  l\u0027autonomia\n    che lo caratterizza,  il  giudizio  incidentale  di  legittimita\u0027\n    costituzionale non risente  delle  vicende  di  fatto  successive\n    all\u0027ordinanza di rimessione, sicche\u0027 la rilevanza delle questioni\n    deve essere vagliata ex ante,  con  riferimento  al  tempo  della\n    prospettazione (da ultimo, sentenze n. 22 e n. 7 del 2022, n. 127\n    del 2021, n. 270, n. 244 e n. 85 del 2020). ». \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei  termini  indicati,  questione  di  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 58-quater, comma 3 O.P. per contrarieta\u0027  agli  articoli  3\ndella Costituzione, 3 comma 2 della Costituzione  in  relazione  agli\narticoli 13 e 27, comma 3 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui\nprevede che «il divieto di concessione  dei  benefici  opera  per  un\nperiodo di tre anni dal momento della ripresa  dell\u0027esecuzione  della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2» invece di stabilire che «Il  divieto  di  concessione\ndei benefici opera per un periodo pari alla meta\u0027 della pena  residua\ne, comunque, non oltre tre anni, e decorre dal momento della  ripresa\ndell\u0027esecuzione della custodia o della pena  o  e\u0027  stato  emesso  il\nprovvedimento di revoca di cui al comma 2»; \n    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Dispone  che,  a  cura  della   cancelleria,   gli   atti   siano\nimmediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente\nordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  ed  al   pubblico\nministero, nonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei  ministri,  e  che\nsia anche comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento. \n        Cosi\u0027 deciso in Bologna, il 15 luglio 2025 \n \n               Il Magistrato di sorveglianza: Romano","elencoNorme":[{"id":"63476","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"26/07/1975","data_nir":"1975-07-26","numero_legge":"354","descrizionenesso":"","legge_articolo":"58","specificaz_art":"quater","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1975-07-26;354~art58"}],"elencoParametri":[{"id":"80056","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79900","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79901","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79902","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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