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Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a\n  limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che  l\u0027installazione\n  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone\n  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027  consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a) limitatamente agli\n  interventi per modifica,  rifacimento,  potenziamento  o  integrale\n  ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che  non\n  comportino incremento dell\u0027area occupata, c) incluse le  cave  gia\u0027\n  oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\n  terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti\n  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,  c-bis),  c-bis.1),  e\n  c-ter), numeri 2) e 3),  del  comma  8  dell\u0027art.  20  del  decreto\n  legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo  periodo  del\n  comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n  nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n  collocati a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita\u0027\n  energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  predetto  decreto\n  nonche\u0027 in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure  di\n  investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)  e\n  del Piano nazionale per  gli  investimenti  complementari  al  PNRR\n  (PNC) ovvero di  progetti  necessari  per  il  conseguimento  degli\n  obiettivi del PNRR - Previsione che l\u0027art. 20, comma  1-bis,  primo\n  periodo, del decreto legislativo n. 199 del  2021,  introdotto  dal\n  comma 1  dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63  del  2024,  come\n  convertito, non si applica ai progetti per i quali,  alla  relativa\n  data di entrata in vigore,  sia  stata  avviata  almeno  una  delle\n  procedure   amministrative,   comprese   quelle   di    valutazione\n  ambientale,  necessarie   all\u0027ottenimento   dei   titoli   per   la\n  costruzione e l\u0027esercizio degli impianti  e  delle  relative  opere\n  connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi\n  - Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia\n  da fonti  rinnovabili  -  Previsione  che  gli  interventi  di  cui\n  all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del  2024  sono\n  considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono\n  essere ubicati anche in  zone  classificate  agricole  dai  vigenti\n  piani urbanistici, nel rispetto di  quanto  previsto  all\u0027art.  20,\n  comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni  urgenti  per  le\n  imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027  per  le\n  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con\n  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1\n  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei\n  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti\n  rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e  5,  lettera\n  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n  periodo. \n\n\r\n(GU n. 29 del 16-07-2025)\n\r\n \n          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                            Sezione Terza \n \n    ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso\nnumero di registro generale 8724 del 2024, proposto da: \n        Frv Italia S.r.l., in persona del legale  rappresentante  pro\ntempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo  Comande\u0027,  Enzo\nPuccio, Serena Caradonna, con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da\nRegistri di giustizia; \n    contro Ministero della cultura, Ministero dell\u0027ambiente  e  della\nsicurezza energetica,  Ministero  dell\u0027agricoltura  della  sovranita\u0027\nalimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante  pro\ntempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; \n    nei confronti della Regione Puglia e della Regione  Toscana,  non\ncostituite in giudizio; \n    per l\u0027annullamento: \n        degli articoli 1, 3 e 7 del decreto  ministeriale  21  giugno\n2024, recante «Disciplina per l\u0027individuazione di  superfici  e  aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili», adottato\ndal Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica di  concerto\ncon il Ministero della cultura e il Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153  del  2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n        di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  della\ncultura, del Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza  energetica  e\ndi Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027  alimentare  e  delle\nforeste; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i  difensori  come  specificato\nnel verbale; \n    Visto l\u0027art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n                                Fatto \n \n    1. La ricorrente e\u0027 una societa\u0027 operante nel campo delle energie\nrinnovabili, che e\u0027 passata dall\u0027essere un semplice  sviluppatore  di\nsoluzioni a diventare un produttore di energia indipendente. \n    2. In Italia FRV ha presentato diverse  iniziative,  prediligendo\nla progettazione  in  aree  definite  ope  legis  «idonee»  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.\n199. Tra queste, in particolare: \n        «Genzano», Regione Puglia, agrivoltaico non avanzato, potenza\n120,8 MW; \n        «Barbaruta», Regione Toscana, agrivoltaico avanzato,  potenza\n21 MW; \n        «Ginosa», Regione Puglia, agrivoltaico non avanzato,  potenza\n144 MW; \n        «Lanuvio», Regione Toscana, agrivoltaico avanzato, potenza 86\nMW; \n        «Campli Bellante», Regione  Toscana,  agrivoltaico  avanzato,\npotenza 24 MW; \n        «Poggiale», Regione  Puglia,  agrivoltaico  -  non  avanzato,\npotenza 66 MW. \n    3. Con il presente ricorso FRV sostiene che il decreto  impugnato\nrechi  previsioni  idonee  a  pregiudicarne  l\u0027autorizzazione  e   ha\nsollevato a tale riguardo plurimi profili di violazione di  legge  ed\neccesso di potere. Piu\u0027 in  particolare,  le  censure  possono  cosi\u0027\nessere riassunte: \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art.  20,  comma  3  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 e dell\u0027art. 5 della legge n. 53/2021:\nil decreto impugnato avrebbe mancato di definire i  criteri  omogenei\nper l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione di  impianti\nFER, essendosi limitato a riprodurre principi di massima che,  a  ben\nvedere, sarebbero esattamente e testualmente quelli individuati dalla\nnorma delegante (art. 20, comma 3, decreto legislativo n.  199/2021).\nNe  deriverebbe  il  conferimento  alle   regioni   di   una   delega\nsostanzialmente in bianco,  in  contrasto  con  l\u0027insegnamento  della\nCorte costituzionale, che  avrebbe  sempre  rivendicato  l\u0027importanza\ndella uniformita\u0027 della «materia energia»  sul  territorio  nazionale\n(motivo I.1); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20,  comma  1,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021: il decreto, chiamato  a  «dettare  i\ncriteri per  l\u0027individuazione  delle  aree  idonee  all\u0027installazione\ndella potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le\nmodalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima\nporzione di suolo occupabile dai  suddetti  impianti  per  unita\u0027  di\nsuperficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di  produzione\ndi energia elettrica gia\u0027  installati  e  le  superfici  tecnicamente\ndisponibili», si sarebbe limitato a prevedere la mera  «possibilita\u0027»\ndi classificare le superfici o le aree come  idonee  differenziandole\nsulla base della fonte, della taglia e della tipologia  di  impianto,\ncon indicazione generica e priva  di  indirizzi  idonei  a  orientare\nl\u0027esercizio della potesta\u0027 regionale (motivo I.2); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20,  comma  8,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021: illegittimita\u0027 della previsione  che\nassegna una mera «possibilita\u0027» alle regioni, in sede  di  emanazione\ndelle leggi, di fare salve le aree idonee di cui all\u0027art.  20,  comma\n8, decreto  legislativo  n.  199/2021.  Tale  norma  si  porrebbe  in\ncontrasto con il dato normativo ed  equivarrebbe  a  consentire  alle\nregioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree  idonee\nindividuate al legislatore nazionale, rimettendosi  alle  regioni  la\npotesta\u0027 di  prevedere  che  aree  che,  fino  ad  oggi,  sono  state\nindiscussamente  idonee,  ai  sensi  del  comma  8,  diventino  «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti in termini di\naffidamento degli investimenti ed incertezza del quadro giuridico  di\nriferimento (motivo I.3); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art.  20,  comma  4  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn.  387/2003,  delle  Linee  guida  e  del  principio  della  massima\ndiffusione  degli  impianti  FER:  l\u0027art.  20,   comma   4,   decreto\nlegislativo n. 199/2021  prevedrebbe  una  competenza  regionale,  da\nesercitare mediante legge, unicamente per la  disciplina  delle  aree\nidonee. Il decreto, invece, richiedendo alle regioni  di  individuare\ncon legge anche le aree non idonee, si porrebbe in  contrasto,  oltre\nche con tale norma primaria, anche  con  l\u0027art.  12,  comma  10,  del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le successive Linee guida,  che\nprevedono l\u0027individuazione delle «aree non idonee»  all\u0027esito  di  un\napposito procedimento amministrativo, operando  un  bilanciamento  in\nconcreto degli interessi strettamente aderenti alla specificita\u0027  dei\nluoghi, senza poter imporre in via legislativa vincoli  generali  non\nprevisti dalla disciplina statale (motivo II.1); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art.  20,  comma  4  del\ndecreto legislativo n. 199/2004, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn.  387/2003,  delle  Linee  guida  e  del  principio  della  massima\ndiffusione degli impianti FER: nel definire le aree non  idonee  come\naree «incompatibili con l\u0027installazione di  specifiche  tipologie  di\nimpianti», il decreto introdurrebbe un  vero  e  proprio  divieto  di\ninstallazione di impianti FER in  dette  aree,  in  contrasto  con  i\nprincipi  dettati  dalle  Linee  guida,  che   pure   vengono   dalla\ndisposizione  in   questione   richiamati,   in   base   alle   quali\n«L\u0027individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non  idonei  non   deve\nconfigurarsi  come  divieto  preliminare»   all\u0027installazione   degli\nimpianti (motivo II.2); \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1, 7 e  8\ndel  decreto  legislativo  n.  199/2021,  dell\u0027art.  12  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003, delle Linee  guida  e  del  principio  della\nmassima diffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo\nn. 42/2004 e dell\u0027art. 117, comma 2, lettera s) Cost.: nel  prevedere\nche «Sono considerate non idonee le superfici  e  le  aree  che  sono\nricomprese nel perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del  decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004,  n.  42»,  il  decreto  si  porrebbe  in\ncontrasto con la normativa europea e nazionale,  nonche\u0027  con  quella\nprevista per i beni soggetti  a  tutela  paesaggistica  e  culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e  del  tutto  irragionevole,  in\nquanto  di  fatto  inibirebbe  in  tutte   le   aree   vincolate   la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere  da  qualsiasi  specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica  in\nordine   alla   sussistenza   di   una   effettiva   incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento  con  la  tutela   paesaggistica   o   culturale   da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la  previsione  secondo  cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee  le  superfici  e  le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti  a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti  a  tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela,  fino\na un massimo di 7 chilometri», in  quanto  assegnerebbe  poteri  alle\nregioni  in  contrasto  con  la  competenza  statale  in  materia  di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela  in\ntutto il territorio nazionale (motivo II.3); \n        violazione  e  falsa  applicazione  dell\u0027art.  20,  comma  1,\ndecreto legislativo n. 199/2021: nell\u0027individuare, come aree  in  cui\ne\u0027  vietata  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra, le aree agricole per le quali vige il  divieto  di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a  terra  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021,  il\ndecreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe  contemplato  la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il decreto ministeriale non\navrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato  comma\n1-bis (motivo III.1); \n        manifesta  irragionevolezza  -  violazione  della   direttiva\n2009/28/Ce,   della   direttiva   2001/77/Ce   e   della    direttiva\n2018/2001/Ue: la delega di cui all\u0027art. 1, comma 2,  lettera  d)  del\ndecreto ministeriale impugnato sarebbe assolutamente irragionevole ed\nillegittima  anche  in  ragione  del  fatto  che,  nel   vietare   la\ncollocazione di impianti FTV a terra in aree  agricole,  non  precisa\nche da tale divieto sono sottratti tutti gli  impianti  agrivoltaici.\nInvero, sia gli FTV con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno  in\ncomune  la  collocazione  sul  suolo  di  moduli   recanti   pannelli\nfotovoltaici. Tuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe  evidenziato  la\ndifferenza, in quanto nei primi la crescita  della  vegetazione  puo\u0027\nostare con la produzione di energia e quindi e\u0027 oggetto di interventi\nvolti a controllarla o impedirla, mentre, nel caso dell\u0027agrivoltaico,\nl\u0027impianto (sia avanzato che base) sarebbe  strutturato  in  modo  da\nconsentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola ovvero il\npascolo degli animali, di talche\u0027 la  superficie  del  terreno  resta\npermeabile e quindi raggiungibile dal sole e  dalla  pioggia,  dunque\npienamente utilizzabile per le normali  esigenze  della  coltivazione\nagricola. La previsione in esame, non operando alcuna distinzione  in\nmerito,  introdurrebbe  un   divieto   concreto,   indiscriminato   e\ngeneralizzato ad ogni tipo  di  impianto  che  usa  tale  tecnologia,\ninclusi gli agrivoltaici base o avanzati che siano (motivo III.2). \n    4. Per l\u0027ipotesi in  cui  non  sia  possibile  un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente  orientata  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo   n.   199/2021,    la    ricorrente    ha    prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della  disposizione  per  i  seguenti\nprofili: \n        violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 77, comma  secondo,\ndella Costituzione: dalla disamina del «Preambolo»  al  decreto-legge\nAgricoltura si evincerebbe che l\u0027iniziativa  governativa  da  cui  ha\npreso le mosse l\u0027approvazione dell\u0027art. 5, comma  1,  del  menzionato\ndecreto-legge, che  ha  introdotto  la  norma  contestata,  e\u0027  stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia,  non  sarebbe  sussistente,  in\nquanto nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e\u0027\npari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata\n(SAU) e\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di  ettari\ndi terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono  stati\ninstallati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. \n        Di questi, secondo il GSE, 9,2 GW sono impianti FTV  a  terra\nche utilizzano 16.400 ettari, che equivalgono  solo  allo  0,05%  del\nterritorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. Installare  gli  84\nGW di cui al Piano  elettrico  2030/REPowerEU  richiederebbe  fino  a\n70.000 ettari - considerando l\u0027ipotesi  piu\u0027  estensiva  secondo  cui\nl\u0027intero obiettivo fosse perseguito mediante  l\u0027utilizzo  della  sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici  collocati  a  terra  e\nsenza considerare la quota installabile su edifici - che  equivalgono\nallo 0,2% del territorio italiano ovvero  allo  0,4%  della  SAT.  Si\ntratterebbe di una porzione marginale  di  suoli  agricoli  anche  se\nparagonata ai 4 milioni di ettari di terreni agricoli  abbandonati  e\nai 12,5 milioni di ettari  di  SAU.  Sarebbero  stati,  pertanto,  in\norigine carenti i requisiti di necessita\u0027 e urgenza di  cui  all\u0027art.\n77  Cost.  che  avrebbero  giustificato  il  ricorso  allo  strumento\neccezionale della decretazione d\u0027urgenza (motivo IV); \n        violazione e falsa applicazione  degli  articoli  117,  commi\nprimo e terzo, della  Costituzione,  in  relazione,  rispettivamente,\nalla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio\ndell\u002711 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell\u0027uso  dell\u0027energia  da\nfonti rinnovabili e all\u0027art. 12 del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n.  387  (attuazione  della  direttiva  2001/77/CE):  la  norma\ncontestata, nel  prevedere  il  divieto  di  installazione  di  nuovi\nimpianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto  di  aumentare\nl\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe  in\ncontrasto con i vincoli  derivanti  dall\u0027ordinamento  europeo  e,  in\nparticolare, con l\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli\nimpianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla  direttiva\n2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della\nquale e\u0027 stato emanato il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto\naltro profilo, la norma si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi\ngenerali dettati in materia  dallo  stesso  Legislatore  statale,  in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con  l\u0027art.  12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  Linee  guida  del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali\nle zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non\npossono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio.  Per  contro,  una  norma  che\nintroduce un divieto generalizzato  a  realizzare  una  tipologia  di\nimpianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da  una\nprevia indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche\nqualita\u0027 del sito agricolo ovvero alle  colture  ivi  condotte  -  si\nporrebbe in conflitto con i summenzionati  principi  fondamentali  di\ncui all\u0027art. 117, comma 1, Cost. ed all\u0027art. 12, comma 7, del decreto\nlegislativo n. 387/2003, attuativi di direttive dell\u0027Unione europea e\nche  riflettono  anche  impegni  internazionali  volti   a   favorire\nl\u0027energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo V); \n        violazione  e  falsa  applicazione  dell\u0027art.   9   Cost.   -\nviolazione e falsa applicazione dell\u0027art.  15  della  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  -\nviolazione del principio di proporzionalita\u0027 -  violazione  dell\u0027art.\n11 del TFUE- violazione dell\u0027art. 41 Cost.: la scelta  di  introdurre\nun generale e indiscriminato divieto a realizzare  impianti  FTV  con\nmoduli a terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come  «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione  delle\nfonti rinnovabili in modo  da  incidere  sugli  obiettivi  di  tutela\ndell\u0027ambiente  perseguiti.  Sul  punto,  l\u0027art.  15  della  direttiva\n2018/2001 prevede che «Gli Stati membri prendono  in  particolare  le\nmisure appropriate per assicurare che: b)  le  norme  in  materia  di\nautorizzazione,  certificazione  e  concessione  di   licenze   siano\noggettive, trasparenti  e  proporzionate  ...».  La  norma  censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio  «proporzionato»  della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il  principio  di\nintegrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del  2006,  sia  pure  con  una  formulazione  ellittica  che  lo\nsottintende)  -  in  virtu\u0027  del  quale   le   esigenze   di   tutela\ndell\u0027ambiente   devono   essere   integrate   nella   definizione   e\nnell\u0027attuazione  delle  altre  pertinenti  politiche  pubbliche,   in\nparticolare al fine di promuovere  lo  sviluppo  sostenibile.  Se  il\nprincipio di proporzionalita\u0027 rappresenta il  criterio  alla  stregua\ndel quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori\ncostituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo  razionale,  il\nprincipio di integrazione costituisce  la  direttiva  di  metodo.  La\ntutela dell\u0027ambiente e del paesaggio (nello specifico dell\u0027ambiente e\ndel contesto agricolo)  non  potrebbero  essere  visti  quali  valori\ncontrapposti rispetto alla diffusione delle  fonti  rinnovabili,  sia\nsotto il profilo della tutela dell\u0027ambiente che  sotto  quello  della\ntutela dell\u0027iniziativa economica privata.  Lo  stesso  art.  9  della\nCostituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere\nperseguita  «anche  nell\u0027interesse  delle  future  generazioni».   Al\ncontrario, la disposizione in esame  muoverebbe  dall\u0027assunto  di  un\naprioristico conflitto tra la conservazione  delle  aree  agricole  e\nl\u0027autorizzazione di impianti per la produzione  di  energia  mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se  le  descritte\nfinalita\u0027  non  fossero   tra   loro   contemperabili   mediante   la\nintroduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per\ncaso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che\nutilizzano  la  tecnologia  fotovoltaica   a   terra   (inclusi   gli\nagrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo VI). \n    5. Si sono costituite le amministrazioni intimate, rilevando  che\ni presupposti  su  cui  la  ricorrente  fonda  le  proprie  deduzioni\nsarebbero smentiti dalla lettura della normativa di riferimento. \n    6. In primo luogo, la necessita\u0027 di individuare criteri  omogenei\nper la definizione delle superfici e delle aree idonee e  non  idonee\nper l\u0027installazione di impianti a  fonti  rinnovabili  sarebbe  stata\nintrodotta dall\u0027art. 5, comma 1, lettera a)  della  legge  22  aprile\n2021, n. 53, «Delega al Governo per il  recepimento  delle  direttive\neuropee e l\u0027attuazione di altri atti dell\u0027Unione europea»  (legge  di\ndelegazione europea 2019-2020), che dettava criteri di delega per  il\nrecepimento della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da  fonti  rinnovabili  (RED  II).  Successivamente,  il\ndecreto legislativo n. 199 del 2021, con l\u0027art. 20, ha individuato il\npercorso per l\u0027individuazione delle superfici e  aree  idonee  e  non\nidonee alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, prevedendo\nun coinvolgimento, in prima battuta, del MASE, del MIC  e  del  MASAF\nd\u0027intesa con le regioni, al  fine  di  definire  criteri  e  principi\nomogenei   e   rinviando   a   successive   leggi    regionali    per\nl\u0027individuazione su ciascun territorio delle superfici e  delle  aree\nidonee e non idonee. Nello specifico, la disciplina prevedrebbe: \n        al comma 5, che nel percorso  di  individuazione  delle  aree\nidonee sono rispettati i principi della minimizzazione degli  impatti\nsull\u0027ambiente,  sul  territorio,  sul  patrimonio  culturale  e   sul\npaesaggio,  fermo  restando  il  vincolo  del  raggiungimento   degli\nobiettivi di decarbonizzazione al 2030; \n        ai  commi  6   e   7,   rispettivamente,   che   nelle   more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee  non  possono  essere  disposte\nmoratorie  ovvero  sospensioni  dei  termini  dei   procedimenti   di\nautorizzazione e che le aree non incluse nel novero delle aree idonee\nnon possono essere dichiarate non idonee in  sede  di  pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti,  in  ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee; \n        al comma 8 che «nelle  more  dell\u0027individuazione  delle  aree\nidonee sulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai decreti\ndi cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini  di  cui  al\ncomma 1 del presente articolo [...]»  una  lista  specifica  di  aree\nimmediatamente idonee (c.d. aree idonee ex-lege). \n    7. In secondo  luogo,  il  decreto  impugnato,  lungi  dal  voler\ncostituire una barriera alla realizzazione di impianti di  produzione\ndi  energia  elettrica  da  fonte  rinnovabile,  sarebbe  finalizzato\nall\u0027individuazione di quelle aree o superfici ove poter usufruire  di\nprocedimenti piu\u0027  veloci  e  snelli  ai  fini  dell\u0027ottenimento  del\nrelativo titolo autorizzativo, ovvero delle  zone  dove  invece  tali\naccelerazioni non sono presenti o che richiederanno  una  valutazione\npiu\u0027 attenta in ragione di specifiche tutele che  interessano  l\u0027area\ndell\u0027intervento. La definizione  di  «area  idonea»  e  «non  idonea»\ncontenuta nel suddetto decreto, infatti, sarebbe strettamente  legata\nalla individuazione delle semplificazioni di cui poter beneficiare ai\nfini autorizzativi, fermo restando che anche nelle «aree non  idonee»\nnulla vieterebbe agli  operatori  di  poter  realizzare  impianti  di\nproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. D\u0027altra  parte,\nl\u0027art.  20,  comma   7,   del   decreto   legislativo   n.   199/2021\nesplicitamente vieterebbe alle regioni, in sede di pianificazione, di\nconsiderare  le  aree  non  idonee  come  inibite  in  assoluto  alla\nrealizzazione di impianti FER, mentre l\u0027art. 1, comma 2, lettera  b),\ndel decreto ministeriale, nel richiamare  le  modalita\u0027  delle  linee\nguida di cui al paragrafo 17 del decreto  ministeriale  10  settembre\n2010, le identificherebbe come quelle  aree  in  cui  si  individuano\nobiettivi  di  protezione  non  compatibili  con  l\u0027insediamento   di\nspecifiche  tipologie  e/o   dimensioni   di   impianti,   «i   quali\ndeterminerebbero, pertanto, una elevata probabilita\u0027  (non  certezza)\ndi esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione». \n    8. Quanto all\u0027individuazione tramite legge delle aree idonee,  la\ncompetenza normativa  in  materia  sarebbe  gia\u0027  riconosciuta  dalla\nCostituzione  (art.  117,  terzo  comma,  in  tema  di   «produzione,\ntrasporto e  distribuzione  nazionale  dell\u0027energia»),  per  cui  non\nsarebbe necessaria alcuna espressa «delega» alle regioni, nel momento\nin cui il decreto legislativo n. 199 del  2021,  base  giuridica  del\ndecreto  in  esame,  costituirebbe  una   chiara   «legge   cornice»,\nindividuando principi e criteri omogenei per  l\u0027individuazione  anche\ndelle aree non idonee. Per poter legiferare anche su  tali  aree  non\nsarebbe  stato  necessario,   pertanto,   alcun   espresso   «mandato\nnormativo» statale. \n    9. Sarebbe, altresi\u0027, infondata la  contestazione  dell\u0027esistenza\ndi un c.d. «delega in  bianco»:  il  decreto  ministeriale,  infatti,\nindicherebbe all\u0027art. 7 i principi e criteri omogenei (in  linea  con\nl\u0027art. 20, commi 1 e 2 del  decreto  legislativo  n.  199  del  2021)\nlasciando alle regioni, tramite le  proprie  leggi,  l\u0027individuazione\ndelle aree idonee e non idonee al fine di garantire il rispetto delle\ncompetenze legislative nella materia concorrente  della  «produzione,\ntrasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia» ai sensi  dell\u0027art.\n117, comma 3, della Costituzione. \n    10. Con riferimento alla previsione per cui «Sono considerate non\nidonee le superficie e le aree che sono ricomprese nel perimetro  dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi dell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma\n1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42»,\nsi tratterebbe di parametro non  irragionevole,  ne\u0027  indiscriminato,\nposto che la inidoneita\u0027 concernerebbe unicamente le aree  ricomprese\nnel perimetro di  beni  di  interesse  pubblico  che  richiedono  una\nprotezione forte da parte dell\u0027ordinamento. \n    11. In merito all\u0027art. 7,  comma  3,  del  decreto  ministeriale,\nladdove e\u0027 previsto che «Le  regioni  possono  individuare  come  non\nidonee le superficie le aree che sono ricomprese nel perimetro  degli\naltri beni sottoposti a  tutela  ai  sensi  del  8  medesimo  decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le regioni possono stabilire  una\nfascia di rispetto dal perimetro dei  beni  sottoposti  a  tutela  di\nampiezza  differenziata  a  seconda  della  tipologia  di   impianto,\nproporzionata al bene oggetto di tutela,  fino  a  un  massimo  di  7\nchilometri», la previsione sarebbe  in  linea  con  quanto  contenuto\nnelle Linee guida  (decreto  ministeriale  10  settembre  2010),  che\nall\u0027Allegato 3 chiariscono che le «regioni, con le modalita\u0027  di  cui\nal paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e  siti  non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio», quali, tra l\u0027altro, «le aree ed i beni\ndi notevole interesse culturale di cui alla Parte seconda del decreto\nlegislativo n. 42 del 2004, nonche\u0027 gli immobili e le aree dichiarati\ndi notevole interesse pubblico ai sensi dell\u0027art.  136  dello  stesso\ndecreto legislativo» ovvero le «zone individuate ai  sensi  dell\u0027art.\n142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 valutando  la  sussistenza\ndi particolari caratteristiche che le rendano  incompatibili  con  la\nrealizzazione degli impianti». \n    12. Con riguardo all\u0027art. 1, comma 2,  lettera  d),  del  decreto\nministeriale, secondo cui le regioni individuano, tra  le  altre,  le\n«aree in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra: le aree  agricole  per  le  quali  vige  il\ndivieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a  terra\nai sensi  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n.  199»,  la  previsione  non  sarebbe  strumento  di\n«attuazione» dell\u0027art. 20, comma 1-bis, perche\u0027 gli effetti  di  tale\ndisposizione, di rango  primario  e  introdotta  successivamente  con\nlegge ordinaria, verrebbero gia\u0027 spiegati  autonomamente  all\u0027interno\ndel decreto legislativo n. 199 del 2021. Piuttosto il rimando operato\nnel decreto ministeriale Aree idonee, lungi dal volere introdurre  un\ndivieto generalizzato di portata innovativa,  troverebbe  ragione  in\nforza della ratio del  medesimo  provvedimento  impugnato  diretto  a\nvoler  fornire,  tra  l\u0027altro,  agli  operatori  del  settore  chiare\nindicazioni sulla individuazione delle superfici  e  aree  ove  poter\nubicare i progetti di impianti  FER  e  di  quelle  in  cui  cio\u0027  e\u0027\nprecluso. \n    13. All\u0027udienza pubblica del  5  febbraio  2025  il  Collegio  ha\nprospettato alle parti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma  3,  c.p.a.,  la\nsussistenza di possibili profili di inammissibilita\u0027 del ricorso  per\ncarenza d\u0027interesse, come riportato a verbale.  La  causa  e\u0027  stata,\nquindi, trattenuta in decisione. \n \n                               Diritto \n \n    14. Il ricorso puo\u0027 essere definito solo parzialmente,  reputando\nil Collegio rilevanti e non manifestamente infondate le questioni  di\ncostituzionalita\u0027 sollevate da parte ricorrente con i motivi V e VI. \n    15.  Preliminarmente,  occorre  tuttavia  esaminare   i   profili\nriguardanti la consistenza  dell\u0027interesse  posto  a  fondamento  del\nricorso, la cui mancanza e\u0027 stata oggetto  di  rilievo  officioso  in\nudienza e il cui scrutinio richiede che siano chiariti i  termini  in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art.  20,  comma  1,  decreto  legislativo  n.  199/2021,  il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione di impianti  FER.  Tale\nesigenza, invero, risulta intrinsecamente  correlata  con  il  tenore\ndelle censure ricorsuali articolate con il secondo motivo di ricorso,\ncon le quali, come esposto in narrativa, la societa\u0027 ricorrente ha in\nsostanza contestato: \n        l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della disciplina posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n        la  configurazione  delle  aree   non   idonee   quali   aree\nincompatibili e, quindi,  sostanzialmente  preclusive  rispetto  alla\ninstallazione di impianti FER; \n        la genericita\u0027 dei criteri posti dal decreto  ministeriale  a\nfini di indirizzo della successiva attivita\u0027 regionale; \n        l\u0027abnorme   estensione    del    perimetro    di    possibile\nindividuazione delle aree non idonee; \n        l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge regionale, e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale; \n        la  mancanza  di  una  disciplina  di  salvaguardia  per   le\niniziative gia\u0027 avviate. \n    16. Il presupposto comune alle censure e\u0027 che, avendo il  gravato\ndecreto  ministeriale  qualificato  le  aree  non  idonee  come  aree\nincompatibili con l\u0027installazione di impianti  FER,  il  concetto  di\n«area non idonea» sarebbe stato completamente  stravolto  rispetto  a\nquello operante nel regime previgente (i.e.,  a  quello  delle  Linee\nguida). In  particolare,  prima  dell\u0027adozione  del  gravato  decreto\nministeriale la conseguenza correlata al carattere di  non  idoneita\u0027\ndi un\u0027area era circoscritta al fatto che il soggetto  proponente  non\npotesse  accedere   alla   accelerazione   procedimentale   dell\u0027iter\nautorizzativo   propedeutico   alla   realizzazione   ed    esercizio\ndell\u0027impianto FER - accelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel\ncaso di localizzazione dell\u0027impianto in area idonea -. Per  converso,\nnessuna preclusione, aprioristica e assoluta, alla  realizzazione  di\ntali impianti risultava discendere dalla loro localizzazione in  aree\nnon  idonee.  Orbene,  secondo  la  prospettazione   della   societa\u0027\nricorrente, siccome con l\u0027adozione del gravato  decreto  ministeriale\nle amministrazioni resistenti avrebbero introdotto una preclusione di\ntal guisa, lo stesso risulterebbe illegittimo. \n    17. Il Collegio ritiene che  la  tesi  sostenuta  dalla  societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni  di  diritto  di\nseguito esposte. \n    18. Come noto, l\u0027art. 12  del  decreto  legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la  razionalizzazione  e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A  tal  fine,  l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto  legislativo  n.  387/2003  ha  inter  alia\nprevisto che «In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con  il  Ministro  dell\u0027ambiente  e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le  attivita\u0027\nculturali, si  approvano  le  linee  guida  per  lo  svolgimento  del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura  di  autorizzazione\nunica, n. d.r.]. Tali linee guida  sono  volte,  in  particolare,  ad\nassicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,  con  specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione  di  tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree  e\nsiti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di\nimpianti». \n    19. Le Linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10,  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse  e\u0027  stato\nstabilito che: \n        paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati  da  fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee\nguida, le regioni e  le  Province  autonome  possono  procedere  alla\nindicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di\nspecifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita\u0027  di  cui  al\npresente punto e sulla  base  dei  criteri  di  cui  all\u0027Allegato  3.\nL\u0027individuazione della  non  idoneita\u0027  dell\u0027area  e\u0027  operata  dalle\nregioni attraverso  un\u0027apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con\nl\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede  di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da  richiamare  nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in  relazione  a  ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie\ne/o dimensioni di impianti,  la  descrizione  delle  incompatibilita\u0027\nriscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle\ndisposizioni  esaminate  [...].  Le  aree  non  idonee   sono   [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui  sono  definite  le  misure  e  gli   interventi   necessari   al\nraggiungimento  degli  obiettivi  di  burden   sharing   fissati   in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione  individua\nle aree  non  idonee  tenendo  conto  di  quanto  eventualmente  gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in  congruenza  con  lo  specifico\nobiettivo assegnatole»; \n        allegato 3: «L\u0027individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la  realizzazione  degli  impianti,\nbensi\u0027 ad  offrire  agli  operatori  un  quadro  certo  e  chiaro  di\nriferimento  e  orientamento  per  la  localizzazione  dei  progetti.\nL\u0027individuazione delle aree non idonee dovra\u0027 essere effettuata dalle\nregioni  con  propri  provvedimenti  tenendo  conto  dei   pertinenti\nstrumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,\nsecondo le modalita\u0027 indicate al paragrafo 17», nonche\u0027 sulla base di\nprincipi e criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei\nquali, tra l\u0027altro: «a) l\u0027individuazione delle aree non  idonee  deve\nessere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi  legati  ad\naspetti di tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle  caratteristiche  intrinseche  del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle  diverse\nfonti rinnovabili  e  alle  diverse  taglie  di  impianto;  [...]  d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela   dell\u0027ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed  affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei  non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto  di\naccelerazione e  semplificazione  dell\u0027iter  di  autorizzazione  alla\ncostruzione  e  all\u0027esercizio,  anche  in  termini  di   opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche  caratteristiche  e  vocazioni\ndel territorio». \n    20. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art.  12,  comma  10,\ndel decreto  legislativo  n.  387/2003,  come  risulta  dai  pacifici\norientamenti pretori formatisi  in  seno  alla  giurisprudenza  della\nCorte costituzionale, le Linee  guida  sono  «poste  a  completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 en.\n86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018) e connotate dal carattere  della\ninderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme  in  tutto  il\nterritorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del  2019,  n.  69  del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello  stesso  senso,  sentenze  n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)»  (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    21. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha  chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto  legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha  inteso  superare  il  sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla\npromozione  dell\u0027energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal  conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10  settembre  2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e  i  criteri  di  individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni,  pertanto,  sono  ora  chiamate  a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti,  sulla\nscorta dei principi e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del  citato  art.  20  [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non  piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la  disciplina  precedente  in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 \"con legge\" regionale,  secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello  stesso  art.  20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n    22.  Sulla  scorta  di  quanto  chiarito   ed   affermato   negli\norientamenti  giurisprudenziali  teste\u0027  richiamati,   discende   che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che  ha  interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic  et\nsimpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e  meccanica,  i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale  in  relazione\nal pregresso assetto normativo e  regolatorio.  Infatti,  laddove  si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che  e\u0027,  poi,  quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si  finirebbe\nper obliterare indebitamente il  vigente  contesto  normativo,  avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito,  l\u0027art.\n20, comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  espressamente\ndispone che sia il MASE, di  concerto  con  il  MIC  e  il  MASAF,  a\nstabilire con decreto i principi e  i  criteri  omogenei  strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n    23. Invero, proprio sulla  scorta  delle  scelte  compiute  dalle\namministrazioni  resistenti  con  l\u0027adozione  del   gravato   decreto\nministeriale - e condivise  con  gli  enti  territoriali  tramite  lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,\ncontrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa\u0027  ricorrente,  nel\ncomplessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita\u0027,  la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n    24.  Infatti,  l\u0027art.  1,  comma  2,  lettera  b),  del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree  non\nidonee» come «aree e siti le cui caratteristiche  sono  incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di  impianti  secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10\nsettembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n    25. A dispetto di quanto asserito  dalla  societa\u0027  ricorrente  -\nsecondo la  quale  la  definizione  di  area  non  idonea  come  area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un  divieto  assoluto\nalla installazione  di  impianti  FER  -  occorre  ricordare  che  il\nparagrafo 17 delle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione  delle  aree  non  idonee  dovesse  avvenire\nprendendo  in  considerazione  gli  «obiettivi  di   protezione   non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti». \n    26.  Emerge,  quindi,   come   gia\u0027   nel   contesto   previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non  idonee  si\ncaratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il\nsoddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita\u0027,  quale  tratto\ncaratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n    27.  L\u0027analisi  diacronica  sinteticamente  svolta  consente   di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee»  contenuta  nell\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera  b),  del  gravato  decreto  ministeriale  non  possiede   un\ncarattere innovativo,  risultando  sostanzialmente  invariata,  quoad\neffectum, la portata del concetto di  «area  non  idonea»,  per  come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  rispetto  a\nquella scaturente dalle Linee guida. \n    28. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita  anche  il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lettera b), del gravato  decreto\nministeriale  declini  la  dichiarata  incompatibilita\u0027  «secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida».  Ordunque,  benche\u0027  l\u0027ordito  normativo,  con  il   previsto\naggiornamento delle Linee guida «A  seguito  dell\u0027entrata  in  vigore\ndella  disciplina  statale  e  regionale  per   l\u0027individuazione   di\nsuperfici e aree idonee ai  sensi  dell\u0027art.  20»,  presenti  indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto  chiaro  il  ruolo\nche le medesime Linee guida sono  ad  oggi  chiamate  a  svolgere  in\nsubiecta materia,  e\u0027  preferibile  ritenere  che  il  richiamo  alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle Linee guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto  al\nnuovo  regime,  delle  acquisizioni,  in  termini  di  significato  e\ndeclinazione delle aree non idonee,  gia\u0027  raggiunte  nel  previgente\nassetto normativo in  applicazione  delle  previsioni  dettate  dalle\nLinee guida. \n    29. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione  conservativa  di\ncui all\u0027art. 1367 cod civ. -  pacificamente  applicabile  anche  agli\natti   amministrativi,    come    chiarito    dalla    giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4\nsettembre  2020  e  riferimenti  ivi  citati)  -.  Infatti,  mediante\nl\u0027impiego di  tale  legittimo  criterio  interpretativo,  nel  nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da  vizi  di  legittimita\u0027  (ut  res  magis  valeat  quam\npereat),  risultando  cio\u0027  confacente,  peraltro,  ai  principi   di\neconomicita\u0027  ed  efficacia  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa   sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n    30. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le  regioni\nprovvedono con legge  alla  individuazione  (anche)  delle  aree  non\nidonee  -  e  non  piu\u0027  nell\u0027ambito  di  un  apposito   procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee guida - e\u0027  del  pari  vero\nche, in disparte gli eventuali  profili  di  illegittimita\u0027  di  tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che  faccia  ritenere  che  a\ntale cambiamento  sia  correlata  la  conseguenza  prospettata  dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n    31. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da\nalcuna radicale  trasfigurazione  del  significato  che  il  concetto\ngiuridico  di   «aree   non   idonee»   esprime   nell\u0027ambito   della\npianificazione del  territorio  necessaria  al  raggiungimento  degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n    32. Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione  sin  qui  proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza  costituzionale  che  ha\nriconosciuto la \"necessita\u0027 di garantire la «massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del  2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n.  216  e  n.  77  del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del  2018,  n.  13  del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento \u0027di ridurre  le  emissioni\ndi gas ad effetto serra\u0027 (sentenza n.  275  del  2012;  nello  stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85  del  2012),  onde  contrastare  il  riscaldamento  globale  e   i\ncambiamenti climatici  (sentenza  n.  77  del  2022)\"  (Corte  cost.,\nsentenza n. 27/2023). Va, quindi, radicalmente escluso che  le  \"aree\nnon idonee\" possano essere considerate aree del tutto interdette alla\ninstallazione di impianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe\nessere  seriamente  pregiudicato  il  conseguimento  degli  obiettivi\nenergetici strumentali al rispetto degli impegni assunti  dall\u0027Italia\na livello sovranazionale  -  tenuto  anche  conto  della  particolare\nampiezza dei margini di manovra consentiti alle regioni  dal  decreto\nministeriale impugnato -. \n    33. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1,  comma  2,  lettera\nb), del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale  il\nCollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere  di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la  realizzazione  di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come  l\u0027individuazione  con\nlegge  regionale  delle  aree  non  idonee   non   esclude   che   le\namministrazioni,    nell\u0027ambito    degli    specifici    procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze  di  autorizzazione  alla\nrealizzazione  di  impianti  FER,  siano  necessariamente  tenute  ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi  tutela  ambientale,   paesaggistico-territoriale   e   dei   beni\nculturali,  anche  laddove  l\u0027area  interessata  rientri  tra  quelle\nclassificate come non idonee. \n    34. Il Collegio, chiariti i termini nei quali debba essere inteso\nil concetto giuridico di \"aree non idonee\" alla  realizzazione  degli\nimpianti FER, ritiene di poter esaustivamente procedere all\u0027esame dei\nprofili di attualita\u0027 e concretezza dell\u0027interesse a ricorrere la cui\nsussistenza costituisce condizione  di  ammissibilita\u0027  del  presente\ngravame. \n    35. Si evidenzia sin da ora, e salvo quanto piu\u0027 avanti si  dira\u0027\nquanto ai dedotti profili sollevati con il III, IV, V  e  VI  motivo,\nche non si reputa sussistente in capo  alla  societa\u0027  ricorrente  il\nnecessario interesse a ricorrere richiesto dalla legge per conseguire\nl\u0027annullamento giudiziale del gravato  decreto  ministeriale  del  21\ngiugno 2024. \n    36.  In  proposito,   giova   preliminarmente   evidenziare   che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione  ad  agire,  trova  il  suo  fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del  rinvio\nesterno disposto dall\u0027art. 39 c.p.a. \n    37. In particolare, atteso che l\u0027art.  100  codice  di  procedura\ncivile stabilisce che «Per proporre una  domanda  o  per  contraddire\nalla stessa essa  e\u0027  necessario  avervi  interesse»,  l\u0027interesse  a\nricorrere si caratterizza  per  la  «prospettazione  di  una  lesione\nconcreta  ed  attuale  della  sfera  giuridica   del   ricorrente   e\ndall\u0027effettiva  utilita\u0027  che  potrebbe   derivare   a   quest\u0027ultimo\ndall\u0027eventuale annullamento dell\u0027atto impugnato» (cfr.  Cons.  Stato,\nAd. plen. , 26 aprile 2018, n. 4). \n    38. Cio\u0027, invero, risulta coerente con la funzione  svolta  dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal  principio  dispositivo  (cfr.  Cassazione  civ.,\nSS.UU., 22 aprile 2013 n. 9685; Cassazione civ., sez.  III,  3  marzo\n2015, n. 4228; Cassazione civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n    39.  L\u0027interesse  a  ricorrere,  inoltre,  e\u0027  espressione  della\nconcezione soggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche del\nprocesso amministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , sentenza n.  4\ndel 7 aprile 2011) e ad esso e\u0027 attribuita  una  funzione  di  filtro\nprocessuale, fino a divenire strumento di selezione  degli  interessi\nmeritevoli di tutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. ,  sentenza  n.  22\ndel 9 dicembre 2021). \n    40. L\u0027Adunanza plenaria  del  Consiglio  di  Stato,  proprio  con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente  chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse  a  ricorrere:  all\u0027art.\n35, primo comma, lettera b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art.  13,\ncomma 4-bis e, in  modo  piu\u0027  sfumato,  all\u0027art.  31,  primo  comma,\nsembrando   confermare,   con   l\u0027accentuazione   della    dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla  base\ndegli elementi desumibili dal ricorso,  e  al  lume  delle  eventuali\neccezioni di controparte  o  dei  rilievi  ex  officio,  prescindendo\ndall\u0027accertamento  effettivo  della  (sussistenza  della   situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver  subito.\nNel senso che,  come  e\u0027  stato  osservato,  va  verificato  che  \"la\nsituazione giuridica  soggettiva  affermata  possa  aver  subito  una\nlesione\" ma non anche che \"abbia subito\" una lesione, poiche\u0027  questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen. , sentenza n. 22/2021, cit.). \n    41. Ordunque, nel caso in esame viene in rilievo una  fattispecie\ncontroversa rispetto alla quale l\u0027interesse al bene (i.e., l\u0027utilita\u0027\nfinale  o  petitum  mediato)  correlato  alla  situazione   giuridica\nsoggettiva dedotta in  giudizio  dalla  societa\u0027  ricorrente  non  e\u0027\ncostituito da specifici provvedimenti di autorizzazione,  in  ipotesi\nnegati   dalla   amministrazione   competente,   bensi\u0027   da   futuri\nprovvedimenti di  autorizzazione  il  cui  rilascio  potrebbe  essere\nprecluso  per  effetto   delle   gravate   previsioni   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024.  Nel  caso  di  specie,  invero,  le\namministrazioni competenti ad assentire i progetti  che  la  societa\u0027\nricorrente sta elaborando non hanno ancora avuto modo di pronunciarsi\nsugli stessi. \n    42. La  valutazione  inerente  alla  sussistenza  del  necessario\ninteresse  a  ricorrere,  pertanto,  non   puo\u0027   prescindere   dalla\nconsiderazione della  maggiore  distanza  esistente  tra  l\u0027attivita\u0027\namministrativa  contestata  e  l\u0027utilita\u0027  giuridica  finale  che  la\nsocieta\u0027  ricorrente  intende  conseguire.   In   proposito   occorre\nevidenziare che le impugnate prescrizioni  del  decreto  ministeriale\ndel 21 giugno 2024 sono destinate ad assumere,  rispetto  ai  singoli\nprocedimenti di  autorizzazione  degli  impianti  FER,  il  ruolo  di\nparametri   di   legittimita\u0027   dell\u0027agere   delle    amministrazioni\nprocedenti, atteso che con le stesse sono stati  fissati  principi  e\ncriteri generali e  sono  state  enucleate  definizioni  di  istituti\ngiuridici e non,  invece,  comandi  e  divieti  inderogabili,  ex  se\nostativi  all\u0027esercizio  dell\u0027attivita\u0027  imprenditoriale  che   parte\nricorrente intende svolgere. \n    43. Posto che l\u0027interesse a ricorrere che  sorregge  la  presente\niniziativa  giudiziale  deve  essere  traguardato  alla  luce   della\npossibilita\u0027 di lesione che la societa\u0027  ricorrente  potrebbe  subire\nper effetto della applicazione delle gravate previsioni ministeriali,\nassume rilievo centrale la circostanza per cui  dette  previsioni  si\ncollocano a monte  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa  di  autorizzazione\nche, essa si\u0027, e\u0027 destinata ad impattare  concretamente  nella  sfera\ngiuridica della  parte  ricorrente,  in  quanto,  in  caso  di  esito\nnegativo, suscettibile di arrecare alla stessa un pregiudizio in  via\nimmediata e diretta. \n    44. Lo iato esistente  tra  l\u0027agere  ministeriale  e  l\u0027attivita\u0027\namministrativa    di    autorizzazione    si     ripercuote     anche\nsull\u0027apprezzamento  dell\u0027interesse   a   ricorrere,   rendendo   piu\u0027\nrarefatta  e   remota   la   possibilita\u0027   di   incisione   negativa\ndell\u0027interesse  al  bene  finale   laddove   si   controverta   della\nlegittimita\u0027 del parametro (di legittimita\u0027) che concorre  a  formare\nla cornice di legalita\u0027 dell\u0027azione amministrativa  finalizzata  alla\nrimozione degli ostacoli ordinamentali allo svolgimento di  attivita\u0027\neconomiche  non  liberalizzate,  come  quelle  che   rilevano   nella\nfattispecie in esame. \n    45. Sulla scorta delle pregresse considerazioni discende che  per\nvalutare la  sussistenza  dell\u0027interesse  della  parte  ricorrente  a\ncontestare le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno  2024\nnon  possa  essere  preso  in  considerazione   il   concreto   esito\nprocedimentale dell\u0027iter di autorizzazione - che, nel caso di specie,\nnon risulta essere stato avviato ovvero e\u0027 ancora in  corso.  Plurime\nsono le ragioni a cio\u0027 ostative, tra le quali  la  piu\u0027  evidente  e\u0027\nquella che  risiede  nel  fatto  che,  ad  opinare  diversamente,  si\nfinirebbe per violare il  divieto  sancito  dall\u0027art.  34,  comma  2,\nc.p.a. \n    46. Ad avviso del Collegio, quindi, per  poter  riconoscere  alle\ncontestate previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024  la\nprospettata, diretta, immediata e  concreta  valenza  pregiudizievole\npredicata dalla  societa\u0027  ricorrente,  occorrerebbe  che  le  stesse\nsiano, ex se, automaticamente preclusive delle iniziative  economiche\nche quest\u0027ultima, quale operatore attivo nel mercato della produzione\ndi energia da fonti rinnovabili, intende intraprendere. \n    47. Il Collegio non reputa che gli articoli 1, 3 e 7 del  gravato\ndecreto  ministeriale  siano  immediatamente   lesivi   della   sfera\ngiuridica della societa\u0027 ricorrente, donde  l\u0027inammissibilita\u0027  delle\nrelative censure. \n    48. Invero,  siccome  il  fulcro  delle  censure  proposte  dalla\nricorrente ruota intorno alla prospettata lesivita\u0027 del nuovo assetto\nregolamentare per effetto della rivisitazione del previgente  sistema\ne del ruolo che l\u0027istituto delle «aree non  idonee»  e\u0027  destinato  a\ngiocare, anche per  cio\u0027  che  concerne  gli  aspetti  inerenti  alle\nmodalita\u0027  della  loro   determinazione,   dall\u0027analisi   svolta   in\nprecedenza, e  che  deve  intendersi  qui  integralmente  richiamata,\nemerge come la qualificazione di determinate porzioni  di  territorio\nin termini di  «aree  non  idonee»  non  costituisce  un  impedimento\nassoluto alla realizzazione  di  progetti  tesi  alla  costruzione  e\nall\u0027esercizio  di  impianti  FER,  dal  che  discende   la   radicale\ninsussistenza, anche  in  una  prospettiva  valutativa  di  carattere\nprognostico, della lesione lamentata dalla societa\u0027 ricorrente. \n    49. A tale riguardo, giova evidenziare che la  localizzazione  di\nun impianto FER in un\u0027area non idonea non osta a  che  gli  operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile  con  il  complessivo  assetto  dei  valori   in   gioco,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela  ai\nsensi del decreto  legislativo  n.  42/2004  e,  dall\u0027altro,  con  il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da  traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella  A  dell\u0027art.  2  del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n    50.  Tali  considerazioni   trovano   espresso   conforto   nelle\nprevisioni del gravato decreto  ministeriale,  laddove,  all\u0027art.  7,\ncomma 3, in fine, si  dispone  che  «Nell\u0027applicazione  del  presente\ncomma deve essere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei  beni  con\nla garanzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla  Tabella  A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». \n    51. Il pregiudizio lamentato dalla societa\u0027 ricorrente, peraltro,\nneppure puo\u0027 farsi discendere dal fatto che, in base al nuovo assetto\nnormativo  e  regolamentare  culminato  con  l\u0027adozione  del  gravato\ndecreto ministeriale, anche l\u0027individuazione delle «aree non  idonee»\ndebba essere determinata mediante legge regionale e non invece,  come\navveniva con il previgente  regime,  con  atti  di  programmazione  e\nall\u0027esito di una precipua istruttoria procedimentale (cfr.  paragrafo\n17 delle Linee guida). \n    52.  A  tal  proposito,  infatti,  vale  considerare  che   anche\nipotizzando che l\u0027individuazione delle  aree  non  idonee  possa,  in\nalcuni casi, scontare in sede di legislazione regionale  una  carente\ncaratterizzazione in  ragione  del  diverso  atteggiarsi  dei  lavori\npreparatori  di  un  provvedimento  legislativo  rispetto  alla  fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non  risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori  economici  che  intendono  realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n    53. Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027  farsi  discendere\ndalla concretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi prospettata, consiste  in\nun   mero   aggravamento   dell\u0027onere    motivazionale    a    carico\ndell\u0027amministrazione  competente  a  pronunciarsi  sulle  istanze  di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di  impianti  FER.  In\nparticolare, l\u0027amministrazione  procedente,  all\u0027esito  dell\u0027iter  di\nautorizzazione,  non   potra\u0027   giustificare   l\u0027eventuale   ritenuta\nincompatibilita\u0027 del progetto solo in virtu\u0027 del fatto che l\u0027impianto\nsia  localizzato  in  un\u0027area  classificata   come   non   idonea   -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel  caso\nin  cui  la  caratterizzazione  delle  aree  non  idonee  sia   stata\npuntualmente  svolta  dal  legislatore  regionale,   in   quanto   la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come gia\u0027 accennato in precedenza -\nma dovra\u0027 necessariamente fondare il proprio diniego dando  conto  in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica,  delle  intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle  aree  interessate,  traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti interessi in giuoco. \n    54. Pertanto, contrariamente a quanto  sostenuto  dalla  societa\u0027\nricorrente,  nessun  pregiudizio  attuale  e  concreto   puo\u0027   farsi\ndiscendere dal fatto che  sia  stato  previsto  che  l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee»  debba  avvenire  con  legge  regionale.  Per\nconverso, un  siffatto  pregiudizio  e\u0027  suscettibile  di  venire  ad\nesistenza  solo  in  caso  di  esito  negativo  del  procedimento  di\nautorizzazione   e   solo   nella   misura   in   cui   risulti   che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia  esercitato  correttamente  il\npotere amministrativo  di  carattere  tecnico-discrezionale  ad  essa\nattribuito dalla legge. \n    55. Ad avviso del Collegio, sempre sulla  scorta  della  chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di  «aree  non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e  regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si  appalesa  privo  di  immediata  e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\nesso stesso classifica determinate aree come non idonee,  cosi\u0027  come\nnella  parte  in  cui  non  prevede  alcun  regime   transitorio   di\nsalvaguardia delle iniziative in corso. \n    56. Per cio\u0027 che concerne il primo profilo  di  doglianza  teste\u0027\nmenzionato, la circostanza per cui il  gravato  decreto  ministeriale\nqualifichi come non idonee le aree ricomprese nel perimetro dei  beni\nsottoposti  a  tutela  ai  sensi  di  quanto  previsto  dal   decreto\nlegislativo n. 42/2004 (art. 7,  comma  3),  non  vale  a  mutare  la\nportata generale del concetto di «aree non idonee», convertendolo  in\nun istituto a geometrie variabili  che,  ove  direttamente  applicato\ndall\u0027amministrazione  ministeriale,  sia  tale  da  determinare   una\naprioristica e radicale sottrazione, ex  voluntate  administrationis,\ndell\u0027area non idonea alla realizzazione degli impianti FER. \n    57. Invero, sia  in  tal  caso,  sia  nell\u0027altro  (cioe\u0027,  quando\nl\u0027individuazione  delle  «aree  non   idonee»   avviene   con   legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno  di  un  sito\nritenuto  non  idoneo  non  costituisce  mai  ragione  di   per   se\u0027\nsufficiente a precludere in  radice  la  realizzazione  del  progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a  tale\nesito procedimentale solo nel  caso  in  cui  il  progetto  venga  in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n    58. La parte ricorrente, viceversa, con  l\u0027impostazione  impressa\nal ricorso in esame ha tentato di far retrocedere una  siffatta  -  e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase  prodromica  rispetto  alla\nvalutazione in concreto  dei  progetti  tesi  alla  realizzazione  di\nimpianti FER, tale in quanto unicamente riservata alla determinazione\ndei criteri e  alle  modalita\u0027  di  individuazione  delle  «aree  non\nidonee». \n    59. Tuttavia, sulla scorta delle regole che governano il processo\namministrativo e in considerazione del  fatto  che  la  giurisdizione\namministrativa   di   legittimita\u0027   costituisce   pur   sempre   una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare  alla\nparte ricorrente una tutela anticipata di merito,  ossia  una  tutela\ngiudiziale del tutto sganciata dalla  sussistenza  di  una  possibile\nincisione negativa della sua sfera  giuridica  che,  per  le  ragioni\ninnanzi esposte e alla  luce  della  effettiva  portata  prescrittiva\ndelle gravate disposizioni del decreto  ministeriale  del  21  giugno\n2024,  puo\u0027  predicarsi  solo  rispetto  ad  un  esito  negativo  dei\nprocedimenti autorizzativi e solo laddove cio\u0027  consegua  al  cattivo\nesercizio del potere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n    60. In relazione  al  secondo  profilo  in  contestazione,  sulla\nscorta  delle  considerazioni  svolte  in  precedenza  e  alle  quali\nintegralmente si rimanda in ossequio  al  principio  di  sinteticita\u0027\ndegli atti processuali sancito dal codice  di  rito,  e\u0027  sufficiente\nporre in rilievo che l\u0027eventuale mutamento della  classificazione  di\nun\u0027area, in precedenza non qualificata come non idonea, non e\u0027 ex  se\natto a condizionare, in maniera indefettibile e in senso  sicuramente\nnegativo, l\u0027iter procedimentale di autorizzazione all\u0027installazione e\nall\u0027esercizio  di  impianti  FER.  Pertanto,   neppure   la   mancata\nprevisione di un regime transitorio di salvaguardia delle  iniziative\nin corso vale a dimostrare che  le  previsioni  del  gravato  decreto\nministeriale possano arrecare alla societa\u0027 ricorrente il pregiudizio\nda essa lamentato. \n    61. Ad avviso  del  Collegio,  l\u0027iniziativa  giudiziale  promossa\ndalla societa\u0027 ricorrente risulta sguarnita del necessario  interesse\na ricorrere anche in relazione alle censure articolate con  il  primo\nmotivo di ricorso, ossia quelle tese a contestare le  previsioni  del\nd.m del 21 giugno 2024 con le quali sono stati fissati i criteri  per\nla individuazione delle aree idonee ed e\u0027 stata concessa alle regioni\nla mera facolta\u0027 di far salve le aree considerate idonee ope legis ai\nsensi dell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. \n    62. In proposito, e\u0027  sufficiente  rinviare  alle  considerazioni\ngia\u0027 espresse in precedenza in quanto,  anche  in  relazione  a  tali\ncensure, l\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo  nel\ncaso in cui le gravate prescrizioni sulle «aree idonee» fossero  tali\nda arrecare, ex se e immediatamente,  un  pregiudizio  alla  societa\u0027\nricorrente. \n    63. Il Collegio, tuttavia, non ritiene  che  la  possibilita\u0027  di\nlesione prospettata dalla societa\u0027 ricorrente  sia  riscontrabile  ex\nante  in  un\u0027ottica  prognostica,  in  quanto   l\u0027effetto   giuridico\ndiscendente dalla qualificazione di una superficie come «area idonea»\nalla realizzazione ed esercizio di un impianto FER delle aree  idonee\ne\u0027 essenzialmente limitato al solo  riconoscimento  di  un  vantaggio\nprocedimentale. Pertanto, la  societa\u0027  ricorrente  non  possiede  il\nnecessario interesse ad azionare in giudizio una posizione  giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a  non  vedersi  aggravato\nl\u0027iter procedimentale  di  autorizzazione  (laddove,  in  futuro,  si\ndetermini a presentare la dovuta istanza all\u0027amministrazione), a  che\nvenga mantenuto il precedente impianto  normativo  e  a  che  vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal  legislatore,  expressis  verbis,  solo  «nelle  more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e  delle\nmodalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui al comma 1 [dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, n. d.r.]». \n    64.  Al  pari  di  quanto  rilevato  in  relazione  alle  gravate\nprevisioni sulle «aree non idonee», anche con  riferimento  a  questo\nulteriore gruppo di censure proposte dalla societa\u0027  ricorrente,  non\nrisulta   che   le   amministrazioni   resistenti   abbiano   dettato\nprescrizioni cogenti e introdotto divieti  assoluti  e  aprioristici,\ndalla cui applicazione discenda con  assoluta  certezza  la  radicale\npreclusione alla realizzazione, miglioria ed  esercizio  di  impianti\nFER. In definitiva, non venendo in rilievo prescrizioni  suscettibili\ndi impedire alla societa\u0027 ricorrente, in via immediata e diretta,  lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di produzione di energia da fonti\nrinnovabili, deve  ritenersi  insussistente  l\u0027interesse  processuale\nrichiesto dalla legge per conseguire  l\u0027annullamento  giudiziale  del\ngravato decreto ministeriale. \n    65. A ben vedere, e fermo restando il carattere assorbente  delle\nanzidette considerazioni, la decidibilita\u0027 nel  merito  del  presente\ngravame risulterebbe preclusa  anche  dalla  natura  della  posizione\ndedotta in giudizio dalla societa\u0027  ricorrente.  Infatti,  ad  essere\nstata azionata risulta  essere  una  mera  aspettativa  di  fatto  al\ncorretto esercizio  sia  della  funzione  amministrativa,  sia  della\nfunzione legislativa delle regioni, ossia una  situazione  del  tutto\npriva  della  specifica  connessione  a  un  bene  della   vita   che\ncostituisce il proprium delle situazioni  giuridiche  soggettive  che\nl\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n    66. Ad abundantiam, vale anche osservare  che,  alla  luce  della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui  la  societa\u0027\nricorrente sia un operatore attivo nel settore  della  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento  sufficiente  a\nrendere differenziata e normativamente qualificata la sua  posizione,\nla quale, pertanto, non risulta distinguibile da quella  del  quisque\nde populo. \n    67. D\u0027altronde, anche volendo attribuire alla posizione  azionata\ndalla societa\u0027 ricorrente la consistenza di interesse diffuso e meta\u0027\nindividuale, il ricorso in  esame  non  risulterebbe  decidibile  nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una  siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in  giudizio\nesclusivamente   dai    soggetti    giuridici    statutariamente    o\nistituzionalmente preposti  a  rappresentare  interessi  omogenei  di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa,  che  esula  dalla  sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, operatore\neconomico attivo nel mercato. \n    68. Ne consegue che «in se\u0027 considerata, la semplice possibilita\u0027\ndi ricavare  dall\u0027invocata  decisione  di  accoglimento  una  qualche\nutilita\u0027  pratica,  indiretta  ed  eventuale,  ricollegabile  in  via\nmeramente contingente ed  occasionale  al  corretto  esercizio  della\nfunzione  pubblica  censurata,  non  dimostra  la  sussistenza  della\nposizione legittimante, nel senso che  siffatto  possibile  vantaggio\nottenibile dalla pronuncia  di  annullamento  non  risulta  idoneo  a\ndeterminare,  da  solo,   il   riconoscimento   di   una   situazione\ndifferenziata,  fondante  la  legittimazione  al  ricorso;   occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga  a  differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero  un   generico   interesse   alla   legalita\u0027   dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse  riconosciuto  non  al\nquisque de populo,  ma  solamente  a  quel  soggetto  che  si  trovi,\nrispetto   alla   generalita\u0027,   in   una   posizione    legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V,  sentenza  n.  265  del  27\ngennaio 2016). \n    69.  Tale  condizione-elemento  non  puo\u0027   essere   rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata  configurazione  del  procedimento\namministrativo per effetto della qualificazione  attribuita  all\u0027area\ndi  localizzazione  degli  impianti   FER,   il   che   implica   una\ninammissibile conformazione dei poteri pubblici per mano dei soggetti\nprivati, strumentale ad asservire le scelte dell\u0027amministrazione  (e,\nnel caso di specie, anche del legislatore regionale) ad interessi  di\nnatura egoistica - come tali  slegati  dalle  esigenze  di  carattere\npubblicistico che l\u0027amministrazione deve curare -  e  ai  desiderata,\nmodali e metodologici, degli operatori del settore. \n    70. La prospettazione della societa\u0027 ricorrente, anche sotto tale\nultimo divisato profilo, non merita di essere condivisa, in quanto il\ngiudice amministrativo non puo\u0027 accordare  tutela  a  situazioni  del\ntutto sui generis rispetto a quelle di interesse  legittimo,  nonche\u0027\ndi diritto soggettivo nei soli casi di giurisdizione esclusiva. \n    71. La situazione dedotta in giudizio dalla societa\u0027  ricorrente,\ninvero, non possiede la consistenza di interesse legittimo, il  quale\ncome noto sottende «un rapporto diretto ed immediato tra  l\u0027esercizio\ndel potere amministrativo (e cio\u0027 in cui esso si sostanzia, cioe\u0027  il\nprovvedimento  amministrativo)  e  l\u0027interessato  all\u0027esercizio   del\npotere medesimo», che «si concretizza nel fatto che il  provvedimento\namministrativo  ed  suoi   effetti   interessano   direttamente   (ed\nunivocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto,  in\nsenso compressivo o ampliativo» (cfr. Cons. Stato, sez. IV,  sentenza\nn. 1403 del 7 marzo 2013). \n    72. Nel  caso  di  specie,  le  gravate  previsioni  del  decreto\nministeriale in materia di aree idonee e non idonee, non sono atte ad\narrecare alcun  pregiudizio  nella  sfera  giuridica  della  societa\u0027\nricorrente, le cui aspettative in relazione ai progetti proposti o in\nfase di proposizione si conservano integre sino alla definizione  del\nprocedimento  autorizzativo  che  verra\u0027  avviato  al  momento  della\npresentazione dell\u0027istanza all\u0027amministrazione  competente.  Da  cio\u0027\nderiva  l\u0027inammissibilita\u0027  del  ricorso,  per  carenza  d\u0027interesse,\nquanto ai motivi dal I al II.3. \n    73. A diverse conclusioni  deve  giungersi  quanto  alle  censure\nformulate nel III motivo, che  vanno  esaminate  congiuntamente  alle\nquestioni sollevate con il IV, V  e  VI  motivo,  con  cui  la  parte\nricorrente solleva questioni di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5,  comma\n1,  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63,  convertito,   con\nmodificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. \n    74. Il citato art.  5,  comma  1,  decreto-legge  n.  63/2024  ha\nintrodotto il comma 1-bis all\u0027art.  20  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, il quale stabilisce  che  «L\u0027installazione  degli  impianti\nfotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita  esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino  incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027  oggetto  di  ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e  3),  del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si  applica  nel\ncaso di progetti  che  prevedano  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art.  31  del  presente  decreto\nnonche\u0027  in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure   di\ninvestimento del Piano nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR  (PNC)\ndi cui all\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito,\ncon modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,  ovvero  di\nprogetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    75. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non  si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,\nnecessarie  all\u0027ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n    76. Parte ricorrente allega di aver presentato diverse iniziative\nrelative a progetti di impianti c.d. agrivoltaici  (avanzati  e  non)\nche   sarebbero   incisi   dalla   richiamata    disciplina.    Dalla\ndocumentazione agli atti risulta che soltanto per  uno  dei  suddetti\nprogetti e\u0027 stata avviata almeno una delle  procedure  amministrative\nnecessarie all\u0027ottenimento dei titoli autorizzativi entro il  termine\ndi cui all\u0027art. 5, comma 2,  decreto-legge  n.  63/2024.  I  restanti\nprogetti resterebbero,  pertanto,  assoggettati  al  divieto  di  cui\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021. \n    77. Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1,  comma  2,  che  le\nregioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le  «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n. 199». \n    78. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa  erariale,  tale\nprevisione costituisce senz\u0027altro strumento di attuazione, per quanto\ndel tutto vincolato nel contenuto, della norma primaria. Va rilevato,\ninfatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.\n199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree  agricole  in  cui  e\u0027\nconsentita  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con   moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del  medesimo  art.  20  nelle  more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. In  tale  contesto,\nil decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto  dal  comma\n1-bis si applica anche nel nuovo  quadro  regolatorio  e  vincola  la\npotesta\u0027 legislativa  regionale:  ai  sensi  dell\u0027art.  3,  comma  1,\ninfatti, le regioni sono chiamate  a  individuare  con  legge,  entro\ncentottanta giorni dalla data di entrata in vigore  del  decreto,  le\naree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle  in  cui  e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra. \n    79.  Il  decreto  impugnato  costituisce   anche   l\u0027unico   atto\namministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del\ndivieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    80.   Va   allora   richiamato   il   consolidato    orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo  2022,  n.  1937).  Nel  caso   di   specie   l\u0027incidenza   sui\ncomportamenti degli operatori  e\u0027  indubbia,  derivando  dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n    81.  Cio\u0027  detto  quanto  all\u0027ammissibilita\u0027  delle  censure,  e\u0027\ninfondata la doglianza secondo la quale,  concernendo  la  disciplina\nrimessa alla determinazione ministeriale  l\u0027adozione  di  principi  e\ncriteri omogenei per l\u0027individuazione delle superfici  e  delle  aree\nidonee e non idonee, non  sarebbe  stata  prevista  alcuna  delega  a\nindividuare le aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione di  impianti\nfotovoltaici a terra (di seguito «FTV»). \n    82. Per effetto della  sopravvenienza  normativa  costituita  dal\ndisposto dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63/2024,  infatti,  il\ndecreto di cui al comma 1 dell\u0027art. 20  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021 non avrebbe potuto  che  prendere  atto  dei  divieti  cosi\u0027\nintrodotti e ribadire, anche nel contesto della  disciplina  da  esso\nposta, le relative preclusioni. Nel momento in cui il legislatore  ha\ninteso vietare ulteriori interventi concernenti impianti fotovoltaici\ncon moduli collocati a terra nelle aree classificate  agricole,  tale\nrinnovata  valutazione  si  e\u0027   inevitabilmente   sovrapposta   alle\nprevigenti direttive normative in  materia  di  individuazione  delle\naree idonee, sicche\u0027 ai fini della relativa implementazione  non  era\nnecessaria alcuna espressa e specifica delega, potendone  l\u0027Autorita\u0027\namministrativa soltanto prendere atto. \n    83. Con una seconda censura  la  ricorrente  contesta  l\u0027art.  1,\ncomma 2, lettera d), del decreto nella parte in cui non  precisa  che\nda tale divieto sono sottratti tutti gli impianti agrivoltaici. Anche\ntale doglianza e\u0027 infondata. \n    84.  In  merito,  e\u0027  sufficiente  rilevare   che   l\u0027ambito   di\napplicazione del divieto  posto  dall\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.\n63/2024 e\u0027 definito direttamente dalla norma primaria e  la  relativa\nindividuazione  appartiene  all\u0027attivita\u0027  di  interpretazione  degli\nenunciati  normativi:  la  mancata,  ulteriore   specificazione   del\nmedesimo da parte di un atto applicativo non integra, pertanto, sotto\nalcun profilo un vizio di legittimita\u0027 di quest\u0027ultimo. \n    85. Occorre allora procedere all\u0027esame dei profili di rilevanza e\nnon  manifesta   infondatezza   delle   questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024, procedendo dapprima a  verificare  se\nsia possibile fornire di tale norma  un\u0027interpretazione  suscettibile\ndi risolvere, gia\u0027  sul  piano  della  corretta  delimitazione  della\nportata   della   norma   censurata,   i   denunciati   sospetti   di\nincostituzionalita\u0027. \nSull\u0027impossibilita\u0027 di interpretare l\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.\n63/2024 in modo conforme a Costituzione \n    86. La parte ricorrente ha condizionato l\u0027interesse  a  sollevare\nl\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  all\u0027impossibilita\u0027   di   fornire\nun\u0027interpretazione della norma in base alla quale ogni  tipologia  di\nimpianto agrivoltaico sarebbe escluso dal divieto da  essa  previsto,\nin quanto la giurisprudenza avrebbe gia\u0027 riconosciuto  la  differenza\nesistente  tra  la  tecnologia   agrivoltaica   e   il   tradizionale\nfotovoltaico. Cio\u0027, tuttavia, come di seguito si passa ad illustrare,\nnon e\u0027 possibile se non in parte, e comunque in modo  non  del  tutto\nsatisfattivo dell\u0027interesse di parte ricorrente. \n    87. L\u0027ambito del regime  preclusivo  introdotto  dalla  norma  va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). \n    88. L\u0027oggetto della previsione normativa riguarda  specificamente\nl\u0027installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli  collocati  a\nterra [...] in zone classificate agricole» e si colloca  in  funzione\nservente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi  contrastare  il  fenomeno  del  consumo  del  suolo  a  vocazione\nagricola». \n    89. Dalle richiamate coordinate normative  si  ricava,  pertanto,\nche  l\u0027oggetto  del  divieto  riguarda  gli   impianti   fotovoltaici\ncaratterizzati  da  una  ben  determinata   caratteristica   -   i.e.\nl\u0027installazione  dei  moduli  a  terra  -  in  quanto  ritenuta   dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per  l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il  fenomeno  del  consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n    90.  Le  linee  guida  MITE  del  2022  in  materia  di  impianti\nagrivoltaici individuano come segue i  requisiti  che  tali  impianti\ndebbono  possedere  per  rispondere  alla  finalita\u0027  per  cui   sono\nrealizzati: \n        «Requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato  in  modo\nda  adottare  una  configurazione  spaziale   ed   opportune   scelte\ntecnologiche,  tali  da  consentire  l\u0027integrazione   fra   attivita\u0027\nagricola  e  produzione  elettrica  e   valorizzare   il   potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n        Requisito B: Il sistema agrivoltaico e\u0027 esercito,  nel  corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la  produzione  sinergica\ndi energia elettrica e  prodotti  agricoli  e  non  compromettere  la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n        Requisito  C:  L\u0027impianto   agrivoltaico   adotta   soluzioni\nintegrate innovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare\nle prestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che\nagricoli; \n        Requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un  sistema\ndi monitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto  sulle  colture,\nil  risparmio  idrico,  la  produttivita\u0027  agricola  per  le  diverse\ntipologie di colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027  delle  aziende\nagricole interessate; \n        Requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un  sistema\ndi monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D,  consenta  di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima,  la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n    91. Le medesime linee guida chiariscono, poi,  che  «Il  rispetto\ndei  requisiti  A,  B  e\u0027  necessario  per   definire   un   impianto\nfotovoltaico realizzato in area  agricola  come  \"agrivoltaico\".  Per\ntali impianti dovrebbe inoltre previsto  il  rispetto  del  requisito\nD.2», mentre il rispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per\nsoddisfare la definizione di \"impianto agrivoltaico avanzato\"  e,  in\nconformita\u0027  a  quanto  stabilito  dall\u0027art.  65,  comma  1-quater  e\n1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012,  n.  1,  classificare\nl\u0027impianto come meritevole  dell\u0027accesso  agli  incentivi  statali  a\nvalere sulle tariffe elettriche». \n    92. Dalla classificazione tipologica degli impianti  agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto  per  gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro  soddisfatto  il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027  assumere  una  delle\ndue seguenti configurazioni: \n        «l\u0027altezza  minima  dei  moduli  e\u0027  studiata  in   modo   da\nconsentire la continuita\u0027 delle attivita\u0027  agricole  (o  zootecniche)\nanche sotto ai moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella\nquale esiste un doppio uso del suolo, ed una integrazione massima tra\nl\u0027impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i  moduli  fotovoltaici\nsvolgono una funzione sinergica alla coltura, che si  puo\u0027  esplicare\nnella  prestazione  di  protezione  della   coltura   (da   eccessivo\nsoleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli  fotovoltaici.  In\nquesta condizione la superficie occupata dalle colture e  quella  del\nsistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che  inibiscono  l\u0027attivita\u0027  in\nzone circoscritte del suolo»; \n        «i moduli fotovoltaici sono disposti in  posizione  verticale\n[...].  L\u0027altezza   minima   dei   moduli   da   terra   non   incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di  coltivazione  (se  non  per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027  influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e  cioe\u0027  il  possibile  passaggio\ndegli animali, con  implicazioni  sull\u0027uso  dell\u0027area  per  attivita\u0027\nlegate alla zootecnia.  Per  contro,  l\u0027integrazione  tra  l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare  nella  protezione  della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che  operano  come  barriere\nfrangivento». \n    93. In considerazione del  tenore  letterale  e  della  finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e\u0027 possibile  ritenere  che\nil divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di\ntipo avanzato, in quanto  in  relazione  ai  suddetti  impianti,  non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati  a  terra,  non  si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini  che  la  norma\nintende contrastare. \n    94.  Tale  conclusione  e\u0027  peraltro  confermata   dallo   stesso\norientamento assunto in sede ministeriale nell\u0027interpretazione  della\nnorma censurata (si veda la risposta del  Ministro  dell\u0027agricoltura,\ndella  sovranita\u0027  alimentare  e  delle  foreste   all\u0027interrogazione\nparlamentare n. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato che «Sara\u0027  [...]\npossibile installare pannelli  sospesi,  il  cosiddetto  agrivoltaico\navanzato, sotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine  tutti\ni progetti legati al PNRR» - cfr. il resoconto della  seduta  n.  297\ndel 22 maggio 2024 presso la Camera dei deputati),  oltre  che  dalle\nattivita\u0027 in corso di implementazione  delle  misure  introdotte  dal\ndecreto impugnato (cfr. il disegno di legge della Regione  Puglia  n.\n222/2024, depositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma  4,  stabilisce\nche «nel caso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica,  nelle  zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n    95. Se puo\u0027 residuare un margine di  incertezza  in  ordine  agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle  lettera\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti  dalla\nlettera  d),  non  sono  qualificabili  come  impianti   agrivoltaici\navanzati, sebbene utilizzino moduli  sollevati  da  terra,  cio\u0027  che\nrileva in questa sede e\u0027 che parte ricorrente ha allegato, in  ordine\na tre dei progetti ai quali ha fatto riferimento onde  dimostrare  il\nproprio interesse  alle  censure,  che  detti  interventi  possiedono\nsoltanto le caratteristiche di cui alle lettere a), b) e  d.2)  delle\nlinee guida. \n    96. Tipologie di  impianti  come  quelle  di  cui  ai  richiamati\nprogetti rientrano senz\u0027altro nel divieto previsto  dalla  norma.  In\nprimo luogo, infatti, essi si caratterizzano per l\u0027installazione  dei\nmoduli a terra; in secondo luogo, essi in ogni  caso  determinano  il\nconsumo di suolo a  vocazione  agricola,  sia  pure  in  misura  piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel\ncaso degli impianti con  moduli  sollevati  da  terra,  infatti,  «la\nsuperficie occupata dalle colture e quella del  sistema  agrivoltaico\ncoincidono, fatti salvi gli elementi  costruttivi  dell\u0027impianto  che\npoggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027  in  zone  circoscritte\ndel suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n    97. Un\u0027interpretazione diversa, quale quella  volta  a  escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, sfiderebbe, oltre al dato letterale della  norma,  anche  le\nsue  finalita\u0027  e  si  porrebbe  in  inammissibile  contrasto  con  i\ntradizionali e inderogabili criteri di ermeneutica giuridica. \n    98. Al riguardo, non si puo\u0027 fare a meno di osservare che: \n        «la lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui  deve\narrestarsi  anche  l\u0027interpretazione   costituzionalmente   orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027\nogni  qual  volta   l\u0027opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di  specie,\nnon c\u0027e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di  tipo  tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione  di  pannelli  collocati  a\nterra,  rientrino  nella  previsione  che   vieta,   per   l\u0027appunto,\nl\u0027installazione di impianti «con moduli collocati a terra»; \n        l\u0027ampiezza  del  divieto  introdotto   con   l\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella  preclusione  assoluta\ndi realizzare impianti  con  moduli  collocati  a  terra  sull\u0027intero\nterritorio nazionale, induce a ritenere  che  l\u0027obiettivo  perseguito\ndal legislatore  fosse  quello  di  contrastare  la  sia  pur  minima\nriduzione  del  territorio  a  vocazione   agricola   per   l\u0027effetto\ndell\u0027installazione di impianti fotovoltaici.  Un\u0027interpretazione  che\nescludesse tutte le tipologie di impianti agrivoltaici dall\u0027ambito di\napplicazione della norma in questione, anche a dispetto  di  un  (pur\nridotto) consumo di suolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto\ncon tale obiettivo, quale chiaramente  emergente  dai  presupposti  e\ndall\u0027oggetto dell\u0027enunciato normativo, operazione  che  non  puo\u0027  in\nalcun modo ritenersi consentita all\u0027interprete. \n    99.  Per  le  ragioni  sopra  indicate   neppure   e\u0027   possibile\ninterpretare l\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n.  63/2024  nel  senso\nche il divieto opererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria\nnel  rispetto  delle  linee  guida.  Una  siffatta   interpretazione,\ninfatti, si risolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans della norma  e,\nin ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con  moduli  collocati  a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art.  5:  l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata  assoluta\ndel divieto che caratterizza che i progetti e le  aree  agricole  non\ncontemplati  quali  eccezioni  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nSulla rilevanza delle questioni \n    100.  Dall\u0027acclarata  impercorribilita\u0027   di   un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte\nricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate nei motivi IV, V e VI. \n    101. Si e\u0027  gia\u0027  osservato,  nell\u0027argomentare  l\u0027interesse  alle\ncensure, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.\n199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree  agricole  in  cui  e\u0027\nconsentita  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con   moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del  medesimo  art.  20  nelle  more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. In  tale  contesto,\nil decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto  dal  comma\n1-bis si applica anche nel nuovo  quadro  regolatorio  e  vincola  la\npotesta\u0027 legislativa  regionale:  ai  sensi  dell\u0027art.  3,  comma  1,\ninfatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro  180\ngiorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le  aree  di  cui\nall\u0027art. 1, comma 2, e,  quindi,  anche  quelle  in  cui  e\u0027  vietata\nl\u0027installazione di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra. \n    102. Si e\u0027 anche osservato che il decreto  impugnato  costituisce\nl\u0027unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di\nimplementazione del divieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    103. E\u0027  stato  quindi  richiamato  il  consolidato  orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie  l\u0027incidenza\nsui comportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n    104. Il decreto impugnato replica,  quindi,  il  divieto  sancito\ndalla  norma  primaria,  demandando  alla  legge  regionale  la   sua\npedissequa trasposizione, che determina  ex  se  l\u0027impossibilita\u0027  di\ncondurre in porto i progetti  menzionati.  La  perdurante  vigenza  e\nvalidita\u0027 della  norma  primaria  impedisce  qualsivoglia  intervento\ndemolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una  previsione\ndel tutto conforme a legge. \n    105.  In  mancanza  della  declaratoria  di   incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  la  domanda  di\nannullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale, per  la  parte  di\ninteresse, dovrebbe essere rigettata. \n    106. Viceversa, laddove la  norma  incriminata  fosse  dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe\nessere annullato, ponendo a quel punto un divieto  generalizzato  che\nnessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per  le\nragioni che saranno illustrate, collide con il principio  di  massima\ndiffusione delle energie rinnovabili, quale  desumibile  dal  diritto\ndell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera  lo\nscrutinio di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza. \nSulla  manifesta  infondatezza  della   questione   di   legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo \n    107. Con la questione sollevata  nell\u0027ambito  del  IV  motivo  la\nparte ricorrente contesta la norma censurata per violazione  e  falsa\napplicazione dell\u0027art. 77,  comma  secondo,  della  Costituzione.  La\nricorrente  intende,  in  particolare,   censurare   la   sussistenza\ndell\u0027addotta  ragione  di  straordinaria  necessita\u0027  e  urgenza   di\ncontrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola in\nragione del fatto che, posta l\u0027esistenza di una  superficie  agricola\ntotale di 16 milioni di ettari (di cui solo 12,5  utilizzati),  anche\nnell\u0027ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio  italiano\ndovessero  essere  soddisfatti  esclusivamente   mediante   la   sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a  terra,  si\nperverrebbe  a  un  utilizzo  di  appena  lo  0,4%  della  superficie\nagricola, del tutto  marginale  rispetto  ai  4  milioni  di  terreni\nagricoli abbandonati. \n    108. L\u0027esame della pertinente giurisprudenza  costituzionale  non\nautorizza, tuttavia, l\u0027operazione compiuta dalla parte ricorrente. \n    109. Dall\u0027esame dell\u0027ampia casistica  sottoposta  alla  Corte  si\nricava, in primo luogo, che il sindacato  relativo  alla  sussistenza\ndei requisiti di necessita\u0027 e urgenza  e\u0027  circoscritto  ai  casi  di\nevidente   mancanza   dei    presupposti    ovvero    di    manifesta\nirragionevolezza  o  arbitrarieta\u0027  della  relativa  valutazione  (ex\nplurimis, Corte costituzionale n. 170/2017, n. 287 del  2016,  n.  72\ndel 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 del 2010; n. 128 del\n2008; n. 171 del 2007). \n    110. Tale verifica viene, inoltre, condotta, non dissimilmente da\nquanto accade per il sindacato del giudice amministrativo in  materia\ndi eccesso di potere, a partire da profili sintomatici, tra  i  quali\nassume preminente rilievo il riscontro (o  meno)  di  una  intrinseca\ncoerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto  di  vista\noggettivo e/o funzionale. Il presupposto del  caso  straordinario  di\nnecessita\u0027  e  urgenza,  infatti,  «inerisce  sempre  e  soltanto  al\nprovvedimento inteso come un tutto unitario, atto  normativo  fornito\ndi intrinseca coerenza, anche se articolato e  differenziato  al  suo\ninterno. La scomposizione atomistica della  condizione  di  validita\u0027\nprescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il  necessario\nlegame tra il provvedimento legislativo urgente ed il caso che lo  ha\nreso necessario, trasformando il decreto-legge  in  una  congerie  di\nnorme assemblate soltanto da mera casualita\u0027 temporale» (Corte cost.,\nsentenza n. 22/2012). \n    111.  L\u0027art.   5   del   decreto-legge   n.   63/2024   introduce\n«Disposizioni finalizzate a limitare l\u0027uso del suolo agricolo» ed  e\u0027\ninserito in un provvedimento normativo adottato considerando che  «la\nconcomitanza di congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto\nin Ucraina e la  diffusione  di  fitopatie,  ha  indotto  il  settore\nprimario in una persistente situazione di crisi,  determinando  gravi\nripercussioni sul tessuto economico  e  sociale»,  onde  la  ritenuta\nnecessita\u0027 e urgenza di «emanare disposizioni finalizzate a garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e,  in  specie,  di\nquelle  funzionali  all\u0027esercizio  delle  attivita\u0027   di   produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive,  in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura», nonche\u0027 di «contrastare il fenomeno  del  consumo\ndel suolo a vocazione agricola». \n    112. Rispetto  a  tali  enunciati  presupposti  e  finalita\u0027,  la\ndisposizione   intesa   a   vietare   l\u0027installazione   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in  aree  agricole  non  si\npone in termini di manifesta estraneita\u0027,  presentando  un\u0027intrinseca\ncoerenza nell\u0027ambito di un complesso di disposizioni  finalizzate  al\nsostegno del settore agricolo. \n    113. Gli elementi  addotti  dalla  ricorrente  a  sostegno  della\nritenuta insussistenza delle ragioni di  urgenza,  in  ragione  della\nlimitata porzione di territorio  che  potrebbe  essere  occupata  per\neffetto della realizzazione degli impianti oggetto del  divieto,  non\nconsentono di giungere  a  conclusioni  diverse,  essendo  un  chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento contestato contrastare la  sia  pur  minima\nriduzione  del  suolo  a  vocazione  agricola:  la  misura   adottata\ncostituisce, dunque, senz\u0027altro  sviluppo  delle  premesse,  che  non\nrisultano in alcun  modo  smentite  dalle  argomentazioni  spese  nel\nricorso. \n    114. La questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata nel IV\nmotivo risulta, pertanto, manifestamente infondata. \nSulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita\u0027\nsollevate con il V e il VI motivo \n    115. A conclusioni diverse occorre giungere quanto agli ulteriori\ndubbi di costituzionalita\u0027 sollevati  nell\u0027ambito  del  V  e  del  VI\nmotivo, con i quali la parte ricorrente ha in sostanza lamentato: \n        la violazione dell\u0027art.  117,  commi  primo  e  terzo,  della\nCostituzione, in  relazione,  rispettivamente,  alla  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti  rinnovabili  e\nall\u0027art.  12  del  decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387\n(attuazione della direttiva 2001/77/CE):  la  norma  contestata,  nel\nprevedere il divieto di  installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con\nmoduli collocati a terra e il divieto di  aumentare  l\u0027estensione  di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con  i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e\u0027\nstato  emanato  il  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Sotto  altro\nprofilo, la norma si porrebbe in contrasto con  i  principi  generali\ndettati in materia dallo stesso Legislatore  statale,  in  attuazione\ndelle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti  di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1,  lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone  classificate  agricole\ndai vigenti piani urbanistici»,  e  con  le  Linee  guida  del  2010,\nintrodotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone\nclassificate agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non  possono\nessere  genericamente  considerate  aree  e   siti   non   idonei   e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n        la  violazione  e  falsa  applicazione  dell\u0027art.  9   Cost.,\ndell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e\ndel  Consiglio  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita\u0027,\ndell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027 art. 41 Cost.: la scelta  di  introdurre\nun generale e indiscriminato divieto a realizzare  impianti  FTV  con\nmoduli a terra  su  aree  urbanisticamente  campite  come  «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione  delle\nfonti rinnovabili in modo  da  incidere  sugli  obiettivi  di  tutela\ndell\u0027ambiente   perseguiti,   dando   luogo    a    una    disciplina\nsproporzionata, in contrasto con il principio di  integrazione  delle\ntutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. \n    116. In primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con gli articoli  11  e  117,\ncomma 1, Cost., sotto il profilo del mancato  rispetto  «dei  vincoli\nderivanti  dall\u0027ordinamento  comunitario»  e,  in  particolare,   del\nprincipio di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabili,\nderivante dalla normativa europea. \n    117. Occorre al  riguardo  ricordare,  anzitutto,  che  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con  il  resto  del  mondo\nl\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e  interessi,  contribuendo\nalla protezione dei suoi cittadini» A  tal  fine  essa  «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    118. L\u0027art. 6, par. 1, Trattato sull\u0027Unione europea  precisa  che\n«L\u0027Unione riconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione  europea  del  7  dicembre\n2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,  che  ha  lo  stesso\nvalore giuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art.  37  della  Carta,\n«Un livello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento  della\nsua qualita\u0027 devono essere integrati nelle  politiche  dell\u0027Unione  e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n    119. L\u0027art. 11 Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea\nesprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze  connesse  con\nla tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella  definizione  e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella  prospettiva  di  promuovere  lo  sviluppo  sostenibile»  (c.d.\nprincipio di integrazione). \n    120. Secondo l\u0027art. 191 TFUE, «La politica dell\u0027Unione in materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n        salvaguardia,   tutela   e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n        protezione della salute umana; \n        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n        promozione sul piano internazionale  di  misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n        2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    121. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo\ne  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa\nordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e\ndel Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono\nessere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi  dell\u0027art.\n191». \n    122. L\u0027art. 194 Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel  quadro  dell\u0027instaurazione  o  del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell\u0027esigenza  di\npreservare e  migliorare  l\u0027ambiente,  la  politica  dell\u0027Unione  nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito  di  solidarieta\u0027  tra\nStati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,\nl\u0027efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e\nrinnovabili». \n    123. Protezione dell\u0027ambiente e  promozione  delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l\u0027uso  di\nfonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita\u0027  e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea  e  i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli  altri  impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto  serra.  Cio\u0027,  peraltro,  e\u0027  funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1°\nluglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n    124. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che  l\u0027art.  191\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea si limita  a  definire\ngli obiettivi generali  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale,  mentre\nl\u0027art. 192 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea  affida  al\nParlamento europeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il  compito  di\ndecidere le azioni da avviare al fine  del  raggiungimento  di  detti\nobiettivi. Di conseguenza,  l\u0027art.  191  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027  essere  invocato  in  quanto  tale  dai\nprivati  al  fine  di  escludere  l\u0027applicazione  di  una   normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase  all\u0027art.  192  TFUE;  viceversa,  l\u0027art.   191   Trattato   sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea assume rilevanza  allorquando  esso\ntrovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE,  sentenza  4  marzo\n2015, C-534/13, 39 ss.). \n    125. Disposizioni  sulla  promozione  dell\u0027energia  elettrica  da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE\n(ora  192  TFUE),  sono  state  introdotte  gia\u0027  con  la   direttiva\n2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  27  settembre\n2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE  del  Parlamento\neuropeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. \n    126. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027  stato  considerato,  tra  l\u0027altro,\nche: \n    «[...] \n        (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027  perseguito  dalla\npresente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all\u0027energia   da   fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21a  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici (\"accordo  di  Parigi\"),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni  di  almeno  il  40  %\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e\u0027  stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni  propri  obiettivi  nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati\ne andare oltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n        [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al  32%.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n        [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    127. Le richiamate rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il  2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il\n2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    128. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo  e  del\nConsiglio del 30.6.2021, adottato in forza  dell\u0027art.  192  TFUE,  ha\nistituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027 climatica,\nnel presupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  (\"accordo  di  Parigi\"),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi\ninquina paga», istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. \n        [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n        [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n        [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.\n[...] \n        96. Il regolamento ha quindi sancito  (art.  1)  \"l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi\",\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  \"il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto  ai\nlivelli del 1990 entro il 2030\" (art. 4). \n    129. Ai  sensi  dell\u0027art.  5  del  Regolamento,  \"Le  istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi\",  garantendo  inoltre  che  \"le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione\". A tal  fine,  \"Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano\nstrategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999\". \n    130. La direttiva (UE) 2023/2413 del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: «[...] \n        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027 sano  per  tutti  -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo».  La  transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi\u0027   a\nproteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo  di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione  del  45%  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n        [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n        [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    131.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra  richiamate,   la\ndirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    132. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711.12.2018, adottato sulla base degli articoli  192  e\n194  TFUE,  stabilisce  la  necessaria  base  legislativa   per   una\ngovernance  dell\u0027Unione  dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima\naffidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell\u0027Unione\ndell\u0027energia,  in  linea  con  l\u0027accordo  di  Parigi  del  2015   sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,\nattraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte\ndell\u0027Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita\u0027\namministrativa. \n    133. Nel configurare tale meccanismo  e\u0027  stato  considerato,  in\nparticolare, che: \n        (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n        [...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40 % delle emissioni di gas a effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare\ndi conseguenza il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio  e  la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali. [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n        [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]\". \n    134. Il meccanismo di governance si  e\u0027  tradotto,  tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)\n2023/2413): \n        \"Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]\" (art. 3): \n        \"Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \n          a) dimensione «decarbonizzazione»: \n        [...] \n          2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il  43  %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n        Entro il 2030  la  traiettoria  indicativa  deve  raggiungere\nalmeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello  che  si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di\nriferimento  dell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale\" (art. 4); \n        \"Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n          d) l\u0027obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da\nfonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; \n          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n          i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi\npregressi. \n        [...] \n        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma\ndei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001\" (art.\n5); \n        \"Se  nel  settore  dell\u0027energia  rinnovabile,  in  base  alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n          b)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          c)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art.  25,  paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n          e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001\" (art. 32). \n    135. Il decreto legislativo n. 199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili\" e si pone (art. 1) \"l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050\",  definendo  \"gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53\",  recando\n\"disposizioni necessarie  all\u0027  attuazione  delle  misure  del  Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    136.   Come   ripetutamente   rilevato    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del  2022,\nn. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.\n44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027\nispirata  nel  suo  insieme  al  principio  fondamentale  di  massima\ndiffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova\nattuazione nella generale utilizzabilita\u0027  di  tutti  i  terreni  per\nl\u0027inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate  alla\ntutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte  cost.,\nsentenza n. 13 del 2014). \n    137. La disciplina originariamente  contenuta  nell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n    138. Il comma 3 stabilisce, in effetti,  che  «nella  definizione\ndella disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui  al  comma\n1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e\ndel paesaggio,  delle  aree  agricole  e  forestali,  della  qualita\u0027\ndell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo  di  superfici\ndi strutture edificate,  quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,\nnonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale, per  servizi\ne logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non  utilizzabili  per\naltri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili».\nTale disposizione contempla bensi\u0027 un\u0027esigenza di tutela  delle  aree\nagricole, ma da un lato  non  pone  alcuna  preclusione  assoluta  e,\ndall\u0027altro, stabilisce chiaramente  che  le  superfici  agricole  non\nutilizzabile costituiscono,  tra  le  altre,  aree  privilegiate  per\nl\u0027installazione degli impianti. \n    139. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le  aree  non  incluse\ntra  le  aree  idonee  non  possono  essere  dichiarate  non   idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». \n    140. Il comma 8, inoltre,  nell\u0027individuare  transitoriamente  le\naree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista  dal\ncomma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto  alle  lettere  a),\nb), c), c-bis)  e  c-ter),  le  aree  che  non  sono  ricomprese  nel\nperimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi\ncivici di cui  all\u0027art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n    141. Il  nuovo  comma  1-bis  stravolge  completamente  l\u0027assetto\nprevigente,   prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli    impianti\nfotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita  esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino  incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027  oggetto  di  ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si  applica  nel\ncaso di progetti  che  prevedano  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art.  31  del  presente  decreto\nnonche\u0027  in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure   di\ninvestimento del Piano nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR  (PNC)\ndi  cui  all\u0027art.  1  del  decreto-  legge  6  maggio  2021,  n.  59,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,\novvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del\nPNRR». \n    142. In definitiva, in base alla norma introdotta dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n        a) nei siti ove sono gia\u0027 installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuale; \n        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    143. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,  la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la  meta\u0027  della\nsuperficie  del  Paese)  e\u0027  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nche non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,\ncon conseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n    144. Il divieto non  riguarda  i  progetti  attuativi  di  misure\nfinanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i\nprogetti necessari al raggiungimento dei target previsti  dal  PNIEC,\nche  e\u0027  lo  strumento  previsto  dalla  normativa  eurounitaria  per\nconseguire gli obiettivi  vincolanti  dell\u0027Unione  per  la  quota  di\nenergia rinnovabile. Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che  un  divieto\ndi  tale  portata  rischia  di  mettere  seriamente  a   rischio   il\nconseguimento di tali obiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una\nlarga  porzione  del  territorio  a  ogni  possibile  utilizzo  della\ntecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in\nordine alla possibilita\u0027 di rispettare le  traiettorie  stabilite  in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello\nstato di attuazione della disciplina di cui  all\u0027art.  20,  comma  1,\ndecreto legislativo  n.  199/2021,  nonche\u0027  degli  ampi  margini  di\nflessibilita\u0027 che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle  regioni  per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto di tale divieto  e\u0027\ndel tutto incerto e, in ogni caso, si risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,\ndella direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle\ntraiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata\ndelle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli  articoli\n3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    145. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza  dell\u0027art.  32  del\nregolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio  nazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica\npotrebbe,  pertanto,   implicare   l\u0027obbligo   di   adottare   misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    146. La preclusione generalizzata all\u0027installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre  contrastare\ncon il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di  individuazione\ndelle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il 2030  ai  sensi\ndel paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli\nStati membri favoriscono l\u0027uso  polivalente  delle  zone  di  cui  al\nparagrafo 1. I  progetti  in  materia  di  energia  rinnovabile  sono\ncompatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.\n3). Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della direttiva  precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile  che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell\u0027uso\ndel suolo e del  mare,  purche\u0027  i  diversi  usi  e  attivita\u0027  siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto  introdotto\ndall\u0027art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  istituisce,  invece,  un\ninsanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con\nmoduli collocati a terra e l\u0027uso  del  suolo  a  fini  agricoli  che,\ntuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno  per  la\ntecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). \n    147. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici  dell\u0027Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi\ndell\u0027art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi\". Essi, inoltre,  \"garantiscono  [...]  che  le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    148. Come precisato dalla Commissione europea nella comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di\ncrescita  dell\u0027UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027  e  che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato  la\npropria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la\ntecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a  terra  su  tutti  i\nterreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027  della\nsuperficie nazionale. \n    149. Il divieto sembra anche  contrastare  con  il  principio  di\nintegrazione  di  cui  all\u0027art.   11   Trattato   sul   funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza,  secondo  cui\n«Le esigenze connesse  con  la  tutela  dell\u0027ambiente  devono  essere\nintegrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche  e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in tutti  i  settori\npolitici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a  ridurre  le  pressioni  sull\u0027ambiente  derivanti  dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e  per  raggiungere  gli\nobiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto  dall\u0027art.  5\ndel decreto-legge n. 63/2024,  nel  contesto  di  una  disciplina  di\nattuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla  promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti  rinnovabili  quale  obiettivo  della  politica\nenergetica dell\u0027Unione, solleva sul punto notevoli perplessita\u0027: \n        da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel  complesso  delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che  le  relative  previsioni\nnon  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,\nladdove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n        dall\u0027altro lato, la norma  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna\nconsiderazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in  contrasto  con  l\u0027obiettivo  del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    150. Da quanto precede risulta anche che la disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte  ribadito,\n«il principio  di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  principio  generale  del\ndiritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto  dal  legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza\n11 giugno 2009, C- 170/08,  41).  Il  sindacato  di  proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza\ndelle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde\nverificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da  determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la  stessa\nCorte  ha  precisato,  \"Tale  giudizio  deve  svolgersi   «attraverso\nponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi  prescelti  dal\nlegislatore nella sua insindacabile  discrezionalita\u0027  rispetto  alle\nesigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita\u0027  che  intende\nperseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni\nconcretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988).  Il  test  di\nproporzionalita\u0027 utilizzato da  questa  Corte  come  da  molte  delle\ngiurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme  con  quello  di\nragionevolezza, ed essenziale  strumento  della  Corte  di  giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di  legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se\nla norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita\u0027  di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di\nobiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu\u0027  misure\nappropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a\nconfronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al\nperseguimento di detti obiettivi\" (Corte cost.,  sentenza  n.  1  del\n2014). \n    151. Innanzitutto, la misura censurata  consiste  in  un  divieto\ngeneralizzato  e  assoluto  all\u0027utilizzo,  su  un\u0027ampia   parte   del\nterritorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell\u0027ambiente,   della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di\ncompatibilita\u0027  dei  progetti.  Cio\u0027,   peraltro,   non   osta   alla\npossibilita\u0027 di verificare, in concreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli\nprocedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita\u0027 degli\ninterventi  proposti.  L\u0027art.  5   del   decreto-legge   n.   63/2024\nstabilisce,  invece,  una  prevalenza   assoluta   e   incondizionata\ndell\u0027interesse alla conservazione dei  suoli  classificati  agricoli,\nvalutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima\npossibilita\u0027 di contemperamento con gli  altri  interessi  in  gioco,\nanche di rilievo costituzionale. \n    152. Sotto tale profilo, occorre rilevare,  in  disparte  i  gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai\nsensi  dell\u0027art.  9  Cost.  la  Repubblica  tutela   l\u0027ambiente,   la\nbiodiversita\u0027 e gli ecosistemi  «anche  nell\u0027interesse  delle  future\ngenerazioni»,  con  cio\u0027  incorporando  il  principio   di   sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di\ntutela ambientale. L\u0027incondizionato  sacrificio  di  tale  principio,\nquale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art.  3\nCost.,  nonche\u0027  con  l\u0027art.  9   citato   e   con   la   consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  «tiranno»  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte cost., sentenza  n.  85\ndel 2013). \n    153.  Sotto  altro  profilo,  il  divieto  cosi\u0027  introdotto   e\u0027\noperativo  a  partire  dalla  mera  classificazione  dell\u0027area   come\nagricola in base ai piani urbanistici,  senza  che  alcuna  rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la  sua  utilizzabilita\u0027  a  tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non  nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,\nqualsivoglia considerazione della qualita\u0027  e  dell\u0027importanza  delle\ncolture. \n    154. In raffronto, le attuali  linee  guida  di  cui  al  decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n        l\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027Impatto  Ambientale  nei\ncasi previsti; \n        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n    155. Una siffatta, contestualizzata disciplina  risulta  conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon  puo\u0027  essere  sviluppata   l\u0027energia   rinnovabile   (\"zone   di\nesclusione\").  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e\ntrasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle\nrestrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)\n2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e  i\nprogetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto,\nponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non  fondato\nsu  dati  concreti  e  certamente  non  rispondente  all\u0027obietto   di\nmassimizzare la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti\ndi energia rinnovabile. \n    156.  Occorre  solo  aggiungere  che  i   rilevati   profili   di\nincostituzionalita\u0027 vanno del pari riferiti all\u0027art. 5, comma 2,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia\nche ha quale presupposto il  divieto  di  cui  al  comma  1,  nonche\u0027\nall\u0027art. 2, comma  2,  primo  periodo,  del  decreto  legislativo  25\nnovembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi  amministrativi\nper la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove  prevede  che\n«Gli interventi di cui all\u0027art.  1,  comma  1,  sono  considerati  di\npubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono  essere  ubicati\nanche in zone classificate agricole dai  vigenti  piani  urbanistici,\nnel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n.  199».  Tale  disposizione,  infatti,\nriproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis  dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \nQuestioni da sottoporre alla Corte costituzionale \n    157. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per quanto\nillustrato  ai  punti  100  ss.  della  presente  sentenza)   e   non\nmanifestamente infondate (secondo quanto  evidenziato  ai  punti  115\nss.) le questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, commi 1\ne 2, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con  modificazioni,  dalla\nlegge n. 101/2024, nonche\u0027  dell\u0027art.  2,  comma  2,  primo  periodo,\ndecreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190,  per  violazione  degli\narticoli 3, 9, 11 e 117,  comma  1,  Cost.,  anche  in  relazione  ai\nprincipi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento\n(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,\nnonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n    158. Le predette questioni  vengono  sollevate  con  la  presente\nsentenza non definitiva, anziche\u0027 con  ordinanza,  in  ragione  della\nstretta connessione delle statuizioni che definiscono parzialmente in\ngiudizio con i profili oggetto di rimessione, nonche\u0027 in  conformita\u0027\nalla giurisprudenza costituzionale secondo la  quale  «Alla  sentenza\nnon definitiva puo\u0027 essere [...] riconosciuto, sul piano sostanziale,\nil carattere dell\u0027ordinanza di rimessione, sempre che  il  giudice  a\nquo - come nel caso in esame  -  abbia  disposto,  in  conformita\u0027  a\nquanto previsto dall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme\nsulla costituzione e sul funzionamento della  Corte  costituzionale),\nla sospensione del procedimento  principale  e  la  trasmissione  del\nfascicolo alla cancelleria di questa Corte,  dopo  aver  valutato  la\nrilevanza e la non manifesta infondatezza della questione (in  questi\ntermini, tra le altre, sentenze n. 112 del 2021 e n. 153  del  2020)»\n(Corte cost., sentenza n. 218/2021). \nConclusioni \n    159. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile,  per\ncarenza d\u0027interesse, in relazione ai motivi dal I al II.3, mentre  va\nrigettato  quanto  ai   motivi   III.1   e   III.2;   va   dichiarata\nmanifestamente infondata la questione di costituzionalita\u0027  dell\u0027art.\n5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con  modificazioni,\ndalla legge n. 101/2024, per violazione dell\u0027art.  77  Cost.,  mentre\nsono  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate  le  questioni  di\ncostituzionalita\u0027 del  richiamato  art.  5,  comma  1  e  2,  nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 2,  primo  periodo,  del  decreto  legislativo  n.\n190/2024, per violazione degli articoli 3, 9,  11  e  117,  comma  1,\nCost., anche in relazione ai principi espressi dalla  direttiva  (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE)  2018/1999,  come  modificati  dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119.  Il\ngiudizio va quindi sospeso per  le  determinazioni  conseguenti  alla\ndefinizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    160.  Il  regolamento  delle  spese  va  rinviato  all\u0027esito  del\ngiudizio. \n\n \n                               P. Q. M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nTerza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n        a) lo dichiara inammissibile, per carenza d\u0027interesse, quanto\nai motivi dal I al II.3; \n        b) lo rigetta, nei sensi di cui  in  motivazione,  quanto  ai\nmotivi III.1 e III.2; \n        c)  dichiara  manifestamente  infondata   la   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma  1,  decreto-legge  n.\n63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024,  per\nviolazione dell\u0027art. 77 Cost.; \n        d) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale del richiamato art. 5, comma 1 e 2,  decreto-legge  n.\n63/2024,  nonche\u0027  dell\u0027art.  2,  comma  2,  primo  periodo,  decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11  e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai  principi  espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119; \n        e) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n        f) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle\nparti in causa,  nonche\u0027  la  sua  notificazione  al  Presidente  del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n        g) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio  del  giorno  5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Elena Stanizzi, Presidente; \n        Luca Biffaro, referendario; \n        Marco Savi, referendario, estensore. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                    L\u0027estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63140","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"15/05/2024","data_nir":"2024-05-15","numero_legge":"63","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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