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B.. \n \nOrdinamento penitenziario - Misure alternative alla detenzione -\n Divieto di concessione di benefici - Previsione che il divieto di\n concessione dei benefici opera \"per un periodo di tre anni dal\n momento in cui e\u0027 ripresa l\u0027esecuzione della custodia o della pena\n o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2\"\n dell\u0027art. 58-quater della legge n. 354 del 1975, anziche\u0027 \"per un\n periodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non oltre\n tre anni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della\n custodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca\n di cui al comma 2.\" \n- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull\u0027ordinamento penitenziario\n e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della\n liberta\u0027), art. 58-quater, comma 3. \n\n\r\n(GU n. 40 del 01-10-2025)\n\r\n \n UFFICIO DI SORVEGLIANZA \n Il Magistrato di sorveglianza \n \n Visti gli atti relativi ali \u0027istanza di ammissione alla misura\ndella detenzione domiciliare in via provvisoria ed urgente ex art.\n47-ter, comma 1-quater, legge n. 354/1975 presentata da B. S., nato\n... (...) il ..., detenuto presso la Casa circondariale di Ferrara in\nrelazione alla pena di cui alla sentenza n. 679/2020 emessa dal\nG.I.P. di Padova, pari ad anni 1 di reclusione; decorrenza pena 20\ndicembre 2024; fine pena 19 dicembre 2025. \n \n Osserva \n \n Con istanza del 2 luglio 2025 il difensore di B. S., ha avanzato\npresso l\u0027Ufficio di sorveglianza di Bologna distinte domande di\ndetenzione domiciliare in via provvisoria e di esecuzione della pena\npresso il domicilio in relazione al titolo in epigrafe, da fruirsi\npresso il domicilio del sig. ..., sito in (...), via ... n. ... . \n Il presente procedimento attiene alla domanda di detenzione\ndomiciliare in via provvisoria ed urgente ex art. 47-ter, comma\n1-quater, legge n. 354/1975, mentre la domanda esecuzione pena presso\nil domicilio e\u0027 stata iscritta al n. SIUS UDS 2025/9022. \n L\u0027istanza difensiva fa seguito a precedenti determinazioni di\nquesta autorita\u0027 giudiziaria e del Tribunale di sorveglianza di\nBologna che hanno evidenziato l\u0027inammissibilita\u0027 delle domande\nproposte da B. S. in forza del divieto triennale di accesso ai\nbenefici penitenziari di cui all\u0027art. 58-quater, comma 2, legge n.\n354/1975. \n L\u0027attuale esecuzione penale, infatti, origina da provvedimento\ndel Tribunale di sorveglianza di Venezia (SIUS TDS Venezia 2024/4628\ndel 18 novembre 2024) che ha dichiarato, in applicazione dell\u0027art.\n58-quater O.P., l\u0027inammissibilita\u0027 delle domande di misure\nalternative proposte da B. ai sensi dell\u0027art. 656, comma 5 c.p.p.\nsulla condanna in espiazione, per essere il detenuto incorso nella\nrevoca di misura alternativa alla detenzione in data 13 febbraio 2024\ngiusta ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Brescia, che ha\nrevocato l\u0027esecuzione pena presso il domicilio concessa all\u0027istante\ndal Magistrato di sorveglianza di Milano per condotte incongrue\navvenute nel corso della misura. \n Analogamente, l\u0027Ufficio di sorveglianza di Bologna ha rilevato\nl\u0027inammissibilita\u0027 delle istanze di detenzione domiciliare in via\nprovvisoria e di esecuzione della pena presso il domicilio proposte\nin precedenza dal condannato. Quanto alla domanda di detenzione\ndomiciliare trasmessa al Tribunale di sorveglianza di Bologna, il\nrelativo procedimento (SIUS TDS 2025/2632) si e\u0027 concluso con decreto\ndel 23 aprile 2025 emesso de plano ai sensi dell\u0027art. 666, comma 2\nc.p.p. per l\u0027evidente inammissibilita\u0027 della domanda. \n Il decreto di inammissibilita\u0027 e\u0027 stato comunicato alla difesa\ndopo che questa aveva inteso depositare memoria nel procedimento\niscritto presso il Collegio felsineo - ormai conclusosi - in cui\nsollecitava il Tribunale di sorveglianza di Bologna a valutare la\ncompatibilita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 58-quater O.P., proponendo\nquestione che non e\u0027 stata, dunque, esaminata. \n Onde non incorrere in questa sede in ulteriore declaratoria di\ninammissibilita\u0027, il difensore reitera la preliminare eccezione di\nincostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 58-quater O.P. nella misura in cui la\nnorma prevede una preclusione triennale per l\u0027accesso ai benefici\npenitenziari nei casi in cui il condannato incorra nella revoca di\nuna misura alternativa alla detenzione, per contrarieta\u0027 della stessa\nrispetto agli articoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione. \n La norma, infatti, prevedrebbe un rigido automatismo che ancora\nalla pronuncia di revoca degli effetti altamente pregiudizievoli, che\nfrustrano la funzione rieducativa della pena nella misura in cui non\nconsentono alla magistratura di sorveglianza di compiere delle\nvalutazioni sui progressi trattamentali del detenuto successivi alla\nrevoca stessa. E cio\u0027 sarebbe ancor piu\u0027 irragionevole laddove, come\nnel caso di specie, la revoca sarebbe stata susseguente non gia\u0027 a\ncondotte di reato o idonee ad indicare un rischio di recidiva del B.,\nquanto piuttosto a condotte considerate dal difensore incolpevoli. \n Il difensore avvia il proprio iter argomentativo segnalando che\nquestione analoga e\u0027 stata gia\u0027 affrontata dalla Consulta nella\nsentenza 173/2021. \n In quella sede, ricorda il difensore, la Corte ha dichiarato\nmanifestamente infondate le questioni sollevate dal giudice a quo,\nevidenziando che la revoca e\u0027 provvedimento adottato dal Tribunale di\nsorveglianza non gia\u0027 quale conseguenza automatica delle violazioni\ndelle prescrizioni o della commissione di un reato, ma a seguito di\nun giudizio reso nell\u0027ambito di procedimento che consente, accanto\nalla revoca, di adottare soluzioni alternative quali la prosecuzione\ndella misura o la sostituzione della misura con altra piu\u0027 idonea. \n L\u0027operativita\u0027 dell\u0027art. 58-quater, dunque, si correla ad una\nspecifica valutazione della magistratura di sorveglianza che consente\nall\u0027autorita\u0027 giudiziaria di soppesare gli elementi negativi e\npositivi, e gli esiti della propria decisione anche sul prosieguo\ndell\u0027esecuzione penale. \n La stessa Corte costituzionale, dunque, pur valutando l\u0027art.\n58-quater O.P. quale norma «indubbiamente severa e opinabile da un\npunto di vista di politica penitenziario» ha giudicato l\u0027opzione\nnormativa espressiva di un esercizio di discrezionalita\u0027 legislativa\nnon contrastante coi canoni costituzionali. \n La difesa, in premessa, tiene a precisare che i fatti che hanno\ncondotto alla revoca sono ascrivibili ad alcune leggerezze del B.\nnella gestione delle autorizzazioni, nonche\u0027 nell\u0027insorgere di\ndissidi con la persona che aveva all\u0027epoca offerto il proprio\ndomicilio al condannato, per cui era stato lo stesso B. a richiedere\ndi rientrare in carcere per terminare l\u0027espiazione di quel titolo non\nessendo possibile che la convivenza tra i due proseguisse. Inoltre,\ncontinua la difesa, procedimenti instaurati nei suoi confronti per\nevasione e relativi alle violazioni delle prescrizioni orarie sono\nstati poi definiti con archiviazione e le segnalazioni da parte della\nQuestura di Mantova per i dissidi con la padrona di casa non hanno\npoi avuto seguito, non avendo questa mai formalmente revocato\ndisponibilita\u0027 all\u0027accoglienza o denunciato B. \n A fronte di questi elementi l\u0027operare dell\u0027art. 58-quater O.P.\nnel caso in esame preclude in toto alla persona l\u0027accesso ai benefici\nsulla base della sola pronuncia di revoca della misura\nprecedentemente fruita, senza consentire di gradarne gli effetti e le\nconseguenze, nonostante la revoca sia stata necessitata della\nsopravvenuta assenza di domicilio e non motivata dalla necessita\u0027 di\nsanzionare la condotta del B. \n In questo caso, cosi\u0027 come nei casi analoghi, l\u0027art. 58-quater\nO.P. produrrebbe effetti non compatibili con la costituzione. La\nquestione posta sarebbe, dunque, rilevante. \n Quanto alla non manifesta infondatezza, la difesa cita una serie\ndi pronunce della Corte di cassazione successive alla sentenza\n173/2021, che hanno circoscritto gli effetti dell\u0027operativita\u0027\ndell\u0027art. 58-quater O.P. escludendo che questa possa valere laddove\nla revoca riguardi una misura concessa in via provvisoria (Cass. Sez.\nI, sent. 17072/2023) e della misura di cui all\u0027art. 94, decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990 (Cass. Sez. I., sent.\n24425/2023), ispirate, nella logica difensiva, alla tutela della\nfunzione rieducativa. \n Ancora, la difesa sottolinea la presenza di un rilevante novum\nnormativo, rappresentato dal decreto legislativo n. 150/2022\n(cosiddetta riforma Cartabia), che ha introdotto nella legge n.\n689/1981 le nuove pene sostitutive. Nell\u0027articolato normativo de quo,\ninfatti, evidenzia l\u0027avvocato, si rinvengono diverse opzioni rispetto\nal rilievo attribuito alla revoca delle pene sostitutive, piu\u0027\nmalleabili e meno rigide di quanto stabilito dall\u0027ordinamento\npenitenziario. \n La difesa cita, anzitutto, l\u0027art. 59, legge n. 689/1981 nel\ndisciplinare le condizioni soggettive per l\u0027accesso alle pene\nsostitutive, stabilisce che la pena detentiva non possa essere\nsostituita «nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si\nprocede entro tre anni dalla revoca della semiliberta\u0027, della\ndetenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilita\u0027 ai sensi\ndell\u0027art. 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non\ncolposo durante l\u0027esecuzione delle medesime pene sostitutive; e\u0027\nfatta comunque salva la possibilita\u0027 di applicare una pena\nsostitutiva di specie piu\u0027 grave di quella revocata». \n Argomenta la difesa che il meccanismo di preclusione nella\nconversione della pena detentiva in pena sostitutiva e\u0027 ancorato dal\ntesto non tanto alla revoca, quanto piuttosto alla commissione del\nreato per cui si procede nel triennio successivo alla revoca o\ndurante l\u0027esecuzione di altra pena sostitutiva. \n Ancora, l\u0027art. 59, lettera b, legge n. 689/1981, in materia di\npene pecuniarie, esclude la ricorrenza dei meccanismi preclusivi ivi\nprevisti per i casi di insolvibilita\u0027 o incapacita\u0027 del condannato,\ncosi\u0027 valorizzando le ragioni del mancato pagamento quali casi di\nforza maggiore o comunque evitando che valgano ad escludere l\u0027accesso\nalla pena pecuniaria sostitutiva le omissioni incolpevoli. \n Da ultimo, il difensore richiama l\u0027art. 67, comma 2, legge n.\n689/1981 a mente del quale il condannato in espiazione di pena\ndetentiva risultante dalla revoca di una pena sostitutiva ai sensi\ndell\u0027art. 66 o dell\u0027art. 71, legge n. 689/1981, non puo\u0027 avere\naccesso alle misure alternative alla detenzione prima dell\u0027espiazione\ndi meta\u0027 della pena residua. \n Tale norma, dunque, circoscrive l\u0027inapplicabilita\u0027 delle misure\nalternative non gia\u0027 per un periodo di tempo fisso, ma piuttosto alla\nsola pena residua, consentendo dunque che altro titolo detentivo\npossa essere eseguito in consonanza con la funzione rieducativa della\npena di cui all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione. \n Ci conclude la difesa, a differenza della disposizione di cui\nall\u0027art. 58-quater O.P. che fissa un indistinto termine triennale\nfisso, derivante dalla mera pronuncia di revoca e che non distingue\ntra revoca colpevole ed incolpevole, peraltro con preclusione di\naccesso a tutti i benefici penitenziari ad eccezione del solo\naffidamento terapeutico e della liberazione anticipata. \n La difesa, posta la questione, insiste per l\u0027accoglimento delle\nistanze, senza formulare specifiche indicazioni sui possibili rimedi\nalla eccepita frizione della norma con i principi costituzionali. \n Il caso in esame impone di esaminare diversi profili, sicche\u0027, al\nfine di meglio esporre i vari temi rilevanti, appare opportuno\nsuddividere la trattazione in paragrafi, onde affrontare\nseparatamente i diversi aspetti della questione. \n Appare necessario, in prima battuta, ricostruire la normativa in\nesame, al fine di vagliare la fondatezza delle doglianze difensive ed\nescludere alcuni profili che risultano irrilevanti nel caso di\nspecie. \nl. L\u0027art. 58-quater, legge n. 354/1975. \n L\u0027art. 58-quater, comma 1, legge n. 354/1975 prevede un generale\ndivieto di concessione di benefici penitenziari al soggetto che si\nsia reso responsabile di condotte di evasione. \n L\u0027art. 58-quater comma secondo, legge n. 354/1975 estende il\ndivieto di concessione dei benefici penitenziari previsto al comma\nprimo nei confronti del condannato che sia incorso nella revoca di\nuna misura alternativa ai sensi degli articoli 47, comma 11, 47-ter,\ncomma 6 e 51, comma 1 O.P. Le fattispecie richiamate hanno tutte ad\noggetto ipotesi in cui la revoca discende dall\u0027aver l\u0027affidato, il\ndetenuto domiciliare o il semilibero tenuto una condotta\nincompatibile con la prosecuzione della misura. \n Il comma terzo della norma in esame stabilisce che tale divieto\nabbia una durata fissa pari ad anni tre, con decorrenza, nel caso del\ncomma primo dal ripristino dell\u0027esecuzione, mentre, nel caso di cui\nal comma secondo dalla data di adozione del provvedimento di revoca. \n Poiche\u0027 l\u0027art. 58-quater, comma 2 O.P. trova applicazione in caso\ndi revoca di una misura alternativa, l\u0027analisi normativa non puo\u0027\nprescindere da un richiamo anche al procedimento di revoca,\ndisciplinato all\u0027art. 51-ter, legge n. 354/1975, ove si stabilisce:\n«Se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere\ncomportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato\ndi sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e\u0027 in esecuzione,\nne da\u0027 immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche\u0027\ndecida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della\nmisura». \n La lettura congiunta delle norme citate, dunque, consente di\ncesellare in che termini l\u0027ordinamento penitenziario abbia inteso\ndisciplinare la fattispecie della revoca delle misure alternative,\ndettandone presupposti, canoni di giudizio e relativi effetti. \n Gli articoli 47, comma 11, 47-ter, comma 6 e 51, comma 2, legge\nn. 354/1975, anzitutto, disciplinano i presupposti di fatto della\nrevoca delle misure alternative, prevedendo che questa possa essere\ndisposta a seguito di comportamenti del condannato contrari alla\nlegge o alle prescrizioni commessi in corso di esecuzione del\nbeneficio, tali da non consentire la prosecuzione della misura. \n Nell\u0027ambito del procedimento di revoca, l\u0027art. 51-ter O.P.\nattribuisce al Tribunale di sorveglianza un giudizio sulle condotte\nillecite e le violazioni dell\u0027affidato, consentendo al Collegio di\nstabilire se i fatti commessi siano tali da richiedere la revoca,\novvero non incidano sulla possibilita\u0027 di prosecuzione del beneficio.\nQuale opzione intermedia, il Tribunale di sorveglianza puo\u0027\nsostituire la misura in esecuzione con altra piu\u0027 aderente alle\nnecessita\u0027 esecutive. \n Nello schema normativo, dunque, la revoca e\u0027 da intendersi quale\nsanzione massima per quelle condotte colpevoli della persona che\nabbiano evidenziato il condannato come soggetto non piu\u0027 meritevole\ndi fruire della misura alternativa. \n Cio\u0027 puo\u0027 cogliersi dall\u0027utilizzo da parte del legislatore del\nconcetto di prosecuzione in una duplice veste all\u0027interno della\nfattispecie della revoca di una misura alternativa: sia quale oggetto\ndel giudizio inferenziale tra la condotta illecita-violativa e la\nrevoca, dovendo esso concentrarsi sul significato delle violazioni in\nchiave prognostica rispetto all\u0027eventuale prosieguo del beneficio;\nsia quale esito alternativo ed opposto alla revoca stessa nel\ngiudizio innanzi al Collegio. \n In questo senso, la revoca e\u0027 assunta sulla base di un giudizio\nnegativo sul trattamento che guarda ai fatti ed alle violazioni non\ntanto (o meglio non soltanto) nella loro staticita\u0027, ma quali\nelementi da cui trarre indici prognostici negativi sulla personalita\u0027\ndel condannato. \n A questo giudizio negativo e colpevole, si correla l\u0027ulteriore\nsanzione della preclusione triennale di accesso ai benefici, prevista\ndall\u0027art. 58-quater O.P., che decorre dal provvedimento di revoca e\ndella cui compatibilita\u0027 a costituzione si dubita. \n1.1. La lettura costituzionalmente orientata della norma nella\ngiurisprudenza costituzionale e nel diritto vivente. \n Come evidenziato, la norma e\u0027 stata giudicata dalla Corte\ncostituzionale particolarmente severa, ma, quantomeno sinora, non\nassolutamente incompatibile con i principi costituzionali. \n Gia\u0027 con ordinanza n. 87 del 2004, la Consulta aveva rilevato che\nla preclusione triennale che consegue ad una revoca delle misure\nalternative che non e\u0027 «automatica», bensi\u0027 trova la propria\ngiustificazione in forza di una valutazione in concreto e caso per\ncaso delle situazioni in cui il comportamento del condannato,\ncontrario alla legge o alle prescrizioni, sia risultato incompatibile\ncon la prosecuzione della misura alternativa originariamente\nconcessa. La questione ivi in decisione, sollevata rispetto agli\narticoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione e\u0027 stata dunque respinta\ncon ordinanza per manifesta infondatezza. \n La Corte e\u0027 poi tornata sul tema con la sentenza n. 173/2021. \n In quella sede la Consulta ha rigettato la questione riproposta\ndal giudice rimettente in relazione agli articoli 3 e 27, comma 3\ndella Costituzione, tesa ad una caducazione della norma in quanto\ngiudicata troppo severa nel non consentire al Magistrato di\nsorveglianza di gradare gli effetti della revoca, ribadendo l\u0027assenza\ndi un automatismo applicativo alla base dell\u0027art. 58-quater O.P.\nAnzi, la Corte ha sottolineato come il combinato disposto delle norme\nesaminate supra si connoti per la presenza di un vaglio di merito\ndella magistratura di sorveglianza nella scelta di determinare con la\nrevoca una regressione del trattamento secondo un giudizio\nindividualizzato e casistica che contempla anche altre opzioni (1) . \n Cionondimeno, gia\u0027 nella sentenza n. 173/2021, la Corte aveva\ninvitato il legislatore a ripensare la disciplina non tanto quanto\nalla previsione di un meccanismo preclusivo susseguente alla revoca,\nquanto, piuttosto sotto il profilo della durata della preclusione\nstessa, indicando che «la preclusione triennale successiva alla\nrevoca, pur potenzialmente temperata dagli effetti della liberazione\nanticipata, finisce per coprire, in un elevato numero di casi, la\ntotalita\u0027 o quasi della pena residua». \n La posizione ermeneutica che non rinviene nell\u0027art. 58-quater\nO.P. un automatismo applicativo, ma un esito processuale i cui\neffetti sono vagliati dalla magistratura di sorveglianza e\u0027 approdo\nche il giudice delle leggi ha recentemente ribadito. \n Nella sentenza n. 24/2025, infatti, volendo marcare la differenza\ntra l\u0027art. 30-ter, comma 5, legge n. 354/1975, oggetto di scrutinio\nin quella sede e giudicato incostituzionale, e l\u0027art. 58-quater O.P.\nnella sua attuale formulazione, la Corte costituzionale ha ben\nspiegato il diverso meccanismo di operativita\u0027 della preclusione di\naccesso ai benefici stabilita dalle due norme in comparazione e le\nragioni sottese alle differenti valutazioni da essa stessa rese sulle\ndue discipline. \n Nel caso disciplinato dall\u0027art. 30-ter, comma 5 O.P., la\npreclusione biennale di accesso ai permessi premio discendeva in via\nautomatica dalla imputazione/condanna per un fatto di un reato\ncommesso nel corso dell\u0027esecuzione, senza alcuna valutazione in\nordine alla necessita\u0027 di una regressione del trattamento da parte\ndella magistratura di sorveglianza. \n Viceversa, l\u0027art. 58-quater O.P. trova applicazione solo a\nseguito della revoca di misura alternativa ai sensi dell\u0027art. 51-ter\nO.P. e, dunque, ad esito di un giudizio di merito del giudice\nspecializzato, espressivo di una valutazione discrezionale,\nindividualizzata e tarata sul caso concreto. In questo senso, la\nCorte ha esplicitato che l\u0027art. 58-quater O.P. permane\ncostituzionalmente legittimo «sulla base della considerazione che il\nTribunale di sorveglianza dispone normalmente la revoca nei soli casi\npiu\u0027 gravi di violazione delle prescrizioni inerenti alla misura, e\nin particolare quando sia dimostrata \"la necessita\u0027 di una\nregressione del percorso rieducativo e di un almeno temporaneo\nripristino del regime di detenzione, in particolare in funzione di\ncontenimento di un concreto rischio di recidiva evidenziatosi in capo\nal condannato\" (sentenza n. 173 del 2021, punto 3.3.3. del\nConsiderato in diritto)». \n Da una lettura delle sentenze citate emerge un chiaro indirizzo\ndella Consulta circa la necessita\u0027 che il Tribunale di sorveglianza\nindividualizzi e soppesi gli esiti della pronuncia di revoca tenendo\nconto anche del meccanismo preclusivo di cui all\u0027art. 58-quater O.P.,\nriservando la revoca solo a quei casi in cui sia emersa la necessita\u0027\ndi una regressione del percorso rieducativo al fine di contenere un\nconcreto rischio di recidiva del condannato. \n Coerente con gli approdi cui e\u0027 pervenuta la giurisprudenza\ncostituzionale e con l\u0027articolato normativa risulta essere, peraltro,\nil diritto vivente, tutt\u0027altro che insensibile alla valorizzazione\ndei motivi della mancata prosecuzione di una misura alternativa. \n In particolare, la magistratura di sorveglianza ha da tempo\nelaborato delle soluzioni ermeneutiche che consentono di sottrarre\nalla operativita\u0027 dell\u0027art. 58-quater O.P. le ipotesi in cui si\nrealizzi una materiale interruzione del percorso di misura\nalternativa per ragioni non imputabili al condannato. \n Si pensi, ad esempio, al semilibero ammesso alla misura per\nsvolgere una determinata attivita\u0027 lavorativa che venga interrotta o\nnon prorogata nel corso della misura a causa di un calo di commesse o\ndi riduzione dell\u0027attivita\u0027 del datore di lavoro, rimanendo cosi\u0027\nincolpevolmente sprovvisto dell\u0027occupazione esterna che sorregge il\nbeneficio. \n Ovvero, ancora, al detenuto domiciliare o all\u0027affidato che si\nritrovi privo di un domicilio ove proseguire l\u0027espiazione della pena\nper cause a lui non imputabili, quali revoche di disponibilita\u0027\nall\u0027accoglienza da parte dei soggetti ospitanti per ragioni diverse\nda dissidi o malumori nella convivenza dovute a condotte incongrue\ndel condannato. \n In tutti questi casi, non infrequenti nella prassi, una pronuncia\ndel Tribunale di sorveglianza nel senso della revoca non sarebbe\ncoerente con la funzione normativa assegnata all\u0027istituto quale\nsanzione per condotte colpevoli e gravi che impediscono la\nprosecuzione della misura e, d\u0027altro canto, comporterebbe\nl\u0027applicabilita\u0027 dell\u0027art. 58-quater O.P. senza un reale vaglio di\ninadeguatezza del condannato, con effetti costituzionalmente non\ncompatibili secondo quanto indicato dalle sentenze nn. 173/2021 e\n24/2025. \n A fronte di questo empasse in alcuni distretti (tra cui quello di\nBologna) si fa applicazione della categoria della cessazione della\nmisura alternativa per sopravvenuta carenza dei presupposti operativi\ndella stessa, applicando in via analogica l\u0027art. 51-bis O.P.; in\naltri si provvede a revoca dell\u0027ordinanza di concessione, sulla base\ndel principio per cui le ordinanze emesse dalla magistratura di\nsorveglianza sono sempre revocabili ove non piu\u0027 rispondenti alla\nsituazione di fatto sulla base della quale sono state emesse; in\naltri ancora si dichiara la cessazione dei presupposti della misura. \n Tutte le soluzioni indicate sono accomunate da una medesima ratio\ndi fondo: evitare gli esiti che la formalmente corretta dizione di\nrevoca avrebbe sul prosieguo della detenzione del condannato,\nindividuando nell\u0027ordinamento strumenti per valorizzare la non\ncolpevolezza della mancata prosecuzione del beneficio ad esito di\ngiudizio ex art. 51-ter O.P. \n E ci alla luce della disamina condotta sulle sentenze n. 173/2021\ne 25/2025, risulta pacificamente coerente con le indicazioni fornite\ndalla Consulta per cui in sede di statuizione sulla revoca il\nTribunale di sorveglianza deve riservare tale tipo di pronuncia alle\nsole situazioni gravi e colpevoli che evidenzino la necessita\u0027 di una\nregressione del trattamento. \n2. In fatto: la vicenda esecutiva di B. S. e l\u0027attuale operativita\u0027\ndell\u0027art. 58-quater O.P. nel caso di specie. \n Alla luce della disamina svolta, puo\u0027 esaminarsi la condizione\ndel condannato nel caso di specie. \n B. S. e\u0027 soggetto che e\u0027 gia\u0027 stato sottoposto ad esecuzione\npenale in relazione alla pena di anni 1, mesi 6 di reclusione e mesi\n4 di arresto di cui al cumulo emesso dalla Procura della Repubblica\npresso il Tribunale di Vicenza il 15 giugno 2020, comprendente\ncondanne per guida in stato di ebbrezza, guida senza patente e falsa\nattestazione ad un pubblico ufficiale sulla propria identita\u0027\ncommessi nel ... e nel ... (sentenze di cui ai numeri 7 e 9 del\nCertificato del Casellario). \n Il condannato ometteva di proporre istanze da libero sospeso\nsicche\u0027 faceva ingresso in carcere il 25 luglio 2022. \n Espiata la quota di pena detentiva eccedente i diciotto mesi, era\nammesso alla misura dell\u0027esecuzione della pena presso il domicilio ai\nsensi dell\u0027art. 1, legge n. 199/2010 con ordinanza del 9 gennaio 2023\ndal Magistrato di sorveglianza di Milano di cui fruiva sino a quando\nincorreva dapprima in sospensione cautelare della misura ex art.\n51-ter, comma 2 O.P. da parte del Magistrato di sorveglianza di\nMantova e, poi, nella definitiva revoca della misura alternativa\ngiusta ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Brescia del 13\nfebbraio 2024. Il provvedimento di sospensione e di revoca si sono\nfondati su una serie di condotte del B. nell\u0027ambito dell\u0027esecuzione\npena presso il domicilio, tra cui segnalazioni per evasione e\nl\u0027emersione di dissidi con la persona che aveva offerto ospitalita\u0027\nal condannato, esitati in segnalazioni della Questura di Mantova per\nuna lite domestica, complessivamente giudicate tali da non consentire\nla prosecuzione del beneficio. Da quanto risulta, lo stesso detenuto\nchiedeva di terminare l\u0027espiazione della propria condanna in\nistituto, avendo ormai pochi mesi di pena dinnanzi a se\u0027. \n B., effettivamente, era scarcerato il 9 aprile 2024. \n Successivamente, la Procura di Padova poneva in esecuzione\nl\u0027attuale titolo, sospendendo ai sensi dell\u0027art. 656, comma 5 c.p.p.\nl\u0027ordine di carcerazione e trasmettendo gli atti al Tribunale di\nsorveglianza di Venezia. \n Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, preso atto della revoca\ndella precedente misura alternativa, ha dichiarato con decreto de\nplano l\u0027inammissibilita\u0027 delle domande di B. S. in applicazione\ndell\u0027art. 58-quater O.P., comportando l\u0027avvio dell\u0027esecuzione\ninframuraria. \n Analogo esito (inammissibilita\u0027) hanno avuto le domande sinora\nproposte dal B. presso questo ufficio e presso il Tribunale di\nsorveglianza di Bologna, sicche\u0027 la difesa chiede valutarsi, quale\nprofilo preliminare, questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 58-quater O.P. in relazione agli articoli 3 e 27, comma 3\ndella Costituzione. \n2.1. La questione di costituzionalita\u0027 ancipite della difesa tra\nrevoca incolpevole e durata della preclusione. \n Il difensore censura l\u0027art. 58-quater, legge n. 354/1975\nargomentando in via unitaria le proprie doglianze, ma sotto due\nprofili che appaiono distinti: da un lato perche\u0027 questa non\ndistinguerebbe tra revoca colpevole e revoca incolpevole, ritenendo\nche tale sia la posizione del B.; dall\u0027altro, per la rigidita\u0027 del\nmeccanismo preclusivo che puo\u0027, in casi come quello in esame,\nsacrificare del tutto il principio rieducativo della pena, ponendolo\na confronto con altre opzioni normativamente previste in casi\nanaloghi per altre forme di esecuzione penale esterna. \n Le due questioni, come poste dalla difesa, appaiono a questo\nmagistrato invero tra di loro alternative e non del tutto\ncoincidenti, in quanto sorrette da situazioni di fatto ben distinte. \n Sostenere che la normativa si applichi nel caso di revoca\nincolpevole e che questa sia la condizione del B., invero, e\u0027\nquestione in fatto preliminare ed escludente rispetto alla\nsuccessiva, relativa alla durata della preclusione. Infatti, ove, si\nritenesse fondata e si coltivasse la prima parte della questione,\ngiungendosi a superare la preclusione di cui all\u0027art. 58-quater O.P.\nnei casi di revoca incolpevole, il tema della durata della\npreclusione perderebbe di rilevanza. \n In altri termini, una volta ottenuto che l\u0027art. 58-quater O.P.\nnon operi rispetto alle revoche incolpevoli, e provato che tale e\u0027 la\ncondizione del B., a nulla gioverebbe lamentarsi della durata di una\npreclusione che, seppur severa, si applicherebbe solo alle revoche\ncolpevoli. \n Di contro, solo ove accertato che la revoca non possa\nconsiderarsi incolpevole, verrebbe in rilievo il tema della durata\ndella preclusione di cui all\u0027art. 58-quater O.P. che dalla revoca\ndiscende, in quanto e\u0027 tale durata ad impedire al condannato di\nfruire di ulteriori benefici. \n La prima parte della questione, in verita\u0027, risulta\nmanifestamente infondata e irrilevante nel caso in esame. \n Da un lato, perche\u0027, come detto supra, la fattispecie della\nrevoca e\u0027 normativamente costruita per sanzionare le sole condotte\ncolpevoli del condannato o che evidenzino la necessita\u0027 di una\nregressione del trattamento, e come tale viene letta dalla\ngiurisprudenza costituzionale e dal diritto vivente, si\u0027 da escludere\nche possa aversi una revoca incolpevole di una misura alternativa. \n Dall\u0027altro, perche\u0027 non puo\u0027 ritenersi B. sia incorso in una\nrevoca incolpevole. \n La pronuncia di revoca del Tribunale di sorveglianza di Brescia,\ninfatti, e\u0027 stata emessa alla luce di una valutazione personologica\nnegativa nei confronti del B., che ha giudicato le sue condotte nel\ncorso della misura incompatibili con la prosecuzione del beneficio. \n Da una lettura dell\u0027ordinanza, acquisita agli atti del fascicolo,\nsi puo\u0027 leggere che il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha\nespressamente motivato nei seguenti termini: «[...] ritiene il\nTribunale che la misura domiciliare debba essere definitivamente\nrevocata. Invero il condannato nel corso della misura ha\nreiteratamente disatteso le prescrizioni relative all\u0027obbligo di\npermanenza al domicilio e di non allontanarsi dal Comune di\nabitazione mostrandosi anche indifferente ai richiami del magistrato\ndi sorveglianza. Il condannato pertanto ha dimostrato incapacita\u0027\nautocustodiale ed ha adottato nel corso delia misura una condotta non\nconforme alle regole di civile convivenza che hanno indotto la\npersona titolare del contratto di locazione ad abbandonare il proprio\nlegittimo domicilio». \n In questo senso, non pare possibile procedere in questa sede ad\nuna rilettura del giudizio esauritosi innanzi al collegio bresciano\nche ha disposto la revoca, neppure alla luce degli elementi\nsopravvenuti indicati dal difensore, non rientrando nei poteri di\nquesta autorita\u0027 giudiziaria sovrapporre proprie valutazioni di\nmerito a quelle gia\u0027 compiute dall\u0027organo competente sulla revoca e\nnon oggetto di impugnativa. \n Chiarito questo profilo, le fondate ragioni di frizione con i\nprincipi costituzionali nella disciplina di cui all\u0027art. 58-quater\nO.P. che la vicenda sollecita non sono tanto ascrivibili alla mancata\nvalorizzazione delle ragioni della revoca, quanto piuttosto alla\ndurata fissa della preclusione ed allo spettro amplissimo di benefici\nche questa copre, si\u0027 da apparire capace di esaurire in via\ndefinitiva le chances di reinserimento sociale del condannato, come\nindicato dalla Consulta nell\u0027ultimo paragrafo della sentenza n.\n173/2021. \n Tale meccanismo, dunque, pur se non sorretto da un automatismo\napplicativo, in una gran parte di casi risulta irragionevole nella\nmisura in cui finisce per sacrificare del tutto il principio di\nemenda (art. 27, comma 3 Cost.), come indicato dalla difesa; ma, a\ngiudizio di questo Magistrato, lo stesso appare non coerente anche\ncon il principio di minimo sacrificio necessario della liberta\u0027\npersonale (art. 13 Cost.). \n Rispetto al tema della irragionevole fissita\u0027 della preclusione,\ninoltre, la difesa sollecita un raffronto tra la disciplina in esame\ne quella prevista in materia di pene sostitutive, quale tertium\ncomparationis rispetto al quale valutare la congruita\u0027 dell\u0027art.\n58-quater O.P. \n Appare, dunque, opportuno esaminare rapidamente la disciplina\ndelle pene sostitutive. \n2.2. Le nuove pene sostitutive: le ipotesi di revoca ed i meccanismi\npreclusivi susseguenti. \n La semiliberta\u0027 sostitutiva, la detenzione domiciliare\nsostitutiva, il lavoro di pubblica utilita\u0027 sostitutivo e la pena\npecuniaria sostitutiva sono state introdotte dal decreto legislativo\nn. 150/2022 nel codice penale e disciplinate in apposito capo della\nlegge n. 689/1981 con l\u0027obiettivo dichiarato di costituire delle\nforme sanzionatorie ab origine alternative alla pena detentiva, piu\u0027\norientate al favor libertatis ed al principio di emenda. In questo\nsenso, queste possono essere disposte dal giudice di merito sin dalla\nsentenza e, solo per gli aspetti di materiale e diacronica\nesecuzione, vedono il coinvolgimento della magistratura di\nsorveglianza ovvero, per il lavoro di pubblica utilita\u0027 sostitutivo,\ndel giudice che le ha applicate. \n Le pene sostitutive si caratterizzano per essere delle forme\nesecutive idealmente non carcerarie e dalla spiccata vocazione\ntrattamentale quali pene-programma, la cui disciplina e\u0027 stata in\ngran parte mutuata e ricalcata su delle misure alternative alla\ndetenzione previste dall\u0027ordinamento penitenziario, con cui scontano\nun\u0027evidente comunanza assiologica, teleologica e funzionale. \n Tale comunanza puo\u0027 cogliersi non soltanto rispetto alle due pene\nsostitutive della semiliberta\u0027 e detenzione domiciliare, che\nrievocano anche nominalmente le omologhe misure alternative, ma\npermea l\u0027intero sistema delle pene sostitutive. \n L\u0027art. 58, legge n. 689/1981, infatti, che disciplina\nl\u0027applicazione delle pene sostitutive stabilisce che queste possano\nessere disposte dal giudice di merito solo ove le stesse, oltre ad\nessere piu\u0027 idonee alla rieducazione del condannato, assicurino la\nprevenzione del pericolo di commissione di altri reati; canone di\ngiudizio che, invero, accomuna tutte le misure alternative alla\ndetenzione carceraria, tese a ricercare, aggiornare e mantenere il\ndifficile e progressivo equilibrio tra congruita\u0027 delle limitazioni\ndella liberta\u0027 personale, reinserimento sociale e rischio di\nrecidiva. \n Vi e\u0027 poi, l\u0027art. 76, legge n. 689/1981, che estende al sistema\ndelle pene sostitutive diverse norme dell\u0027ordinamento penitenziario,\na riprova della comune radice dei due sistemi normativi. \n Tra le tante assonanze e disposizioni comuni, per proprio in\npunto di revoca delle pene sostitutive e di meccanismi preclusivi ad\nessa susseguenti, si puo\u0027 osservare una chiara deviazione del\nlegislatore delegato dal modello rappresentato dall\u0027art. 58-quater\nO.P. \n Il nuovo sistema, infatti, consente di revocare la pena\nsostitutiva in due ipotesi specifiche, disciplinate dagli articoli 66\ne 71, legge n. 689/1981. \n L\u0027art. 66, legge n. 689/1981, rubricato «Revoca per inosservanza\ndelle prescrizioni», stabilisce che la revoca o la sostituzione della\nmisura possa far seguito a gravi o reiterate violazioni delle\nprescrizioni. In questo caso il Magistrato di Sorveglianza o il\ngiudice che segue l\u0027esecuzione del lavoro di pubblica utilita\u0027\nsostitutivo, laddove riceva informazioni di violazioni delle\nprescrizioni acquisisce, ove occorra, sommari accertamenti, e nel\ncaso in cui ritenga sussistano le condizioni per l\u0027aggravamento o la\nrevoca della misura procede ai sensi dell\u0027art. 666 c.p.p. \n L\u0027art. 72, legge n. 689/1981, invece, intitolato «Ipotesi di\nresponsabilita\u0027 penale e revoca» disciplina una serie di ipotesi in\ncui la revoca della misura consegue quale effetto previsto per legge\ndi determinati accadimenti e, segnatamente, dell\u0027emissione di\nsentenze di condanna per fatti commessi in costanza di misura. \n Nello specifico, a mente del comma terzo, laddove la persona\nvenga condannata o per evasione ai sensi dell\u0027art. 385 c.p. o ai\nsensi dell\u0027art. 56, decreto legislativo n. 274/2000, tale condanna\n«importa la revoca della pena sostitutiva, salvo che il fatto sia di\nlieve entita\u0027». \n Il comma quarto, invece, stabilisce che «la condanna per un\ndelitto non colposo commesso durante l\u0027esecuzione di una pena\nsostitutiva, diversa da quella pecuniaria, ne determina la revoca e\nla conversione per la parte residua nella pena sostituita, quando la\ncondotta tenuta appare incompatibile con la prosecuzione della pena\nsostitutiva, tenuto conto dei criteri di cui all\u0027art. 58». \n Dall\u0027analisi condotta, risulta evidente la comunanza tra il\ngiudizio in sede di revoca di cui all\u0027art. 51-ter O.P., descritto\nsupra, e le fattispecie di cui agli articoli 66 e 72, legge n.\n689/1981. \n Sebbene la normativa di nuovo conio sia piu\u0027 puntuale nel\ndisciplinare la casistica, distinguendo tra revoca per violazione\ndelle prescrizioni e revoca quale conseguenza di fatti di reato, in\nconcreto le norme sono tutte tese a sanzionare quelle condotte\nviolative delle prescrizioni o anche integranti ipotesi di reato tali\nda non consentire ne\u0027 la prosecuzione della misura extramuraria in\norigine concessa ne\u0027 la sostituzione con altra piu\u0027 stringente. Anzi,\nnel sistema della legge n. 689/1981 la commissione di un fatto di\nreato non e\u0027 di per se\u0027 sufficiente alla revoca di una pena\nsostitutiva, dovendo comunque essere esperito un giudizio\ndiscrezionale sul punto che guardi alla gravita\u0027 del fatto, laddove\nla condanna sia relativa al delitto di evasione, e si estenda alla\npermanenza delle condizioni per la prosecuzione della pena\nsostitutiva in caso di commissione di altri reati. \n E\u0027 chiaro che, in concreto, la commissione di reati sia un indice\naltamente negativo; ma la normativa, nella scelta di non instaurare\nun automatismo tra condanna e revoca, demandando ad un vaglio di\nmerito e discrezionale del giudice la scelta sul punto, secondo i\ncanoni di giudizio richiamati, sembra aver avuto in mente\nl\u0027insegnamento della Consulta espresso nella sentenza n. 172/2021. \n Dunque, anche la revoca delle pene sostitutive pare postulare un\ngiudizio che valuti la necessita\u0027 di una regressione del trattamento\ndel condannato avendo egli evidenziato un concreto rischio di\nrecidiva non arginabile mediante la prosecuzione della stessa o la\nsostituzione con altra piu\u0027 contenitiva, in termini non dissimili da\nquanto avviene nel giudizio di cui all\u0027art. 51-ter O.P. \n La pronuncia di revoca cosi\u0027 emessa ai sensi dell\u0027art. 66 ovvero\ndell\u0027art. 72, legge n. 689/1981 ha poi, degli effetti preclusivi per\nl\u0027accesso ad ulteriori benefici, che guardano tanto al sistema delle\npene sostitutive, quanto alle misure alternative alla detenzione. \n Sul terreno del rapporto tra revoca di pene sostitutive e future\nesecuzioni in forma di pena sostitutiva, viene in rilievo l\u0027art. 59,\ncomma 1, lett. a) legge n. 689/1981. \n La norma citata stabilisce che la pena detentiva non possa essere\nsostituita «nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si\nprocede entro tre anni dalla revoca della semiliberta\u0027, della\ndetenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilita\u0027 ai sensi\ndell\u0027art. 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non\ncolposo durante l\u0027esecuzione delle medesime pene sostitutive; e\u0027\nfatta comunque salva la possibilita\u0027 di applicare una pena\nsostitutiva di specie piu\u0027 grave di quella revocata». \n Dalla relazione illustrativa del decreto legislativo n. 150/2022\nemerge che tale preclusione e\u0027 stata in parte mutuata con riguardo\nall\u0027art. 58-quater O.P., in particolare sia per quel che riguarda\nalla durata triennale della preclusione e dalla decorrenza della\nstessa alla pronuncia di revoca, sia per l\u0027assenza di un meccanismo\ndi tipo presuntivo, essendo ancorate al fallimento di una precedente\nesecuzione in forma di pena sostitutiva (2) . Significativi,\ntuttavia, sono gli elementi di novita\u0027 che la disposizione presenta\nrispetto alla disciplina dell\u0027ordinamento penitenziario. \n Infatti, la norma: non opera in via generale, ma solo nei\nconfronti di chi ha commesso il reato per cui si procede nei tre anni\nsuccessivi alla revoca, cosi\u0027 evitando che fatti commessi prima della\nstessa incorrano in meccanismi di tipo preclusivo; anche rispetto a\nchi ha commesso un reato nel corso di una precedente pena sostitutiva\n(e, ragionevolmente sia incorso in revoca ex art. 72, legge n.\n689/1981) circoscrive la preclusione ai soli delitti non colposi; in\nchiusura, fa comunque salva la possibilita\u0027 che la persona abbia\naccesso ad altra pena sostitutiva piu\u0027 grave di quella revocata, non\nesaurendo del tutto le chances di ottenere una diversa pena\nsostitutiva. \n Ma, ancor piu\u0027 rilevanti, per le considerazioni che si faranno,\nappaiono le conseguenze sul terreno del rapporto tra revoca di una\npena sostitutiva e l\u0027accesso a misure alternative alla detenzione,\ndisciplinate dall\u0027art. 67, comma 2, legge n. 689/1981. \n L\u0027articolo citato, nello stabilire l\u0027inapplicabilita\u0027 delle\nmisure alternative alla detenzione alle pene sostitutive, prevede che\n«Salvo che si tratti di minori di eta\u0027 al momento della condanna, le\nmisure di cui al primo comma (vale a dire le misure alternative) non\nsi applicano altresi\u0027, prima dell\u0027avvenuta espiazione di meta\u0027 della\npena residua, al condannato in espiazione di pena detentiva per\nconversione effettuata ai sensi dell\u0027articolo 66 o del quarto comma\ndell\u0027articolo 72». \n In forza di tale previsione, dunque, il soggetto che sia incorso\nin revoca di una pena sostitutiva, una volta avviata l\u0027espiazione\ndella pena detentiva risultante puo\u0027 in astratto avere accesso ai\npermessi premio di cui all\u0027art. 30-ter O.P. e all\u0027art. 21 O.P. senza\nalcuna preclusione, nonche\u0027, dopo l\u0027espiazione di meta\u0027 della pena\nresidua, alle ulteriori misure alternative alla detenzione. \n E cio\u0027 sia nel caso in cui la revoca abbia fatto seguito a gravi\nviolazioni delle prescrizioni, sia nel caso in cui questa sia stata\nconseguenza della commissione di fatti di reato, ad esito di un\ngiudizio che abbia escluso la possibilita\u0027 di consentire la\nprosecuzione della pena sostitutiva. \n E\u0027 chiaro che, in concreto, l\u0027elemento negativo rappresentato\ndalla revoca della pena sostitutiva sara\u0027 difficilmente superabile in\nun breve spazio di tempo; tuttavia, la possibilita\u0027 di valutare anche\nsolo ammissibile la domanda del condannato in espiazione di una pena\nche residui a seguito del fallimento di una esecuzione penale esterna\n(quale e\u0027 la pena sostitutiva), consente al Magistrato di\nsorveglianza di vagliare nel merito la posizione del richiedente,\nindividualizzando il giudizio e dando rilievo alle vicende\nsuccessive, senza frustrare in via definitiva le chances di accesso a\nnuove forme esecutive extramurarie meno incidenti sulla liberta\u0027\npersonale e piu\u0027 orientate al reinserimento sociale. \n3. La questione di legittimita\u0027 costituzionale rispetto agli artt. 3,\n27 comma 3 e 13 Cost.: once more, with feeling. \n Cosi\u0027 ricostruita la cornice normativa, il Magistrato di\nSorveglianza ritiene che sussistano fondate ragioni di dubitare\ndell\u0027attuale compatibilita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 58-quater, comma\n3 O.P. rispetto ai canoni di uguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.) e\nragionevolezza rispetto ai principi di emenda e minimo sacrificio\nnecessario della liberta\u0027 personale (articoli 3, comma 2 della\nCostituzione in relazione agli articoli 27, comma 3 Cost. e 13\nCost.). \n Come anticipato, questione apparentemente analoga e\u0027 stata piu\u0027\nvolte respinta dalla Corte, dapprima con declaratoria di\ninammissibilita\u0027 piuttosto tranchant in ordinanza n. 87/2004. \n Sebbene vi siano state poi alcune pronunce di accoglimento\nrispetto all\u0027art. 58-quater O.P., queste sono state cesellate dalla\nConsulta con riferimento a questioni relative a benefici specifici\n(si veda Corte costituzionale 187/2019 in relazione all\u0027art.\n47-quinquies O.P.) o a particolari categorie soggettive rispetto alle\nquali era presente un automatismo applicativo (si vedano le sentenze\nn. 149/2018 e n. 229/2019 rispetto ai condannati per il delitto di\ncui all\u0027art. 630 del codice penale). \n Recentemente sollecitata ad un revirement rispetto alla propria\nprecedente giurisprudenza proprio alla luce di queste ulteriori\npronunce, la Corte costituzionale con sentenza n. 173/2021 ha\nribadito l\u0027infondatezza della questione. \n Da ultimo, nella sentenza n. 24/2025 la Consulta, seppur\nincidentalmente ed in ottica comparativa, ha richiamato le ragioni\nper cui l\u0027art. 58-quater O.P. puo\u0027 ritenersi espressivo di un\nragionevole esercizio della discrezionalita\u0027 del legislatore nella\nprevisione del meccanismo preclusivo ivi disciplinato. \n Tuttavia, la questione qui proposta pone un tema in parte diverso\nda quello affrontato nelle pronunce citate e, in particolare,\nrispetto a quanto giudicato nella sentenza n. 173/2021. \n Anzitutto, non si censura in questa sede la presenza di un\nautomatismo applicativo tra revoca e preclusione di accesso ai\nbenefici, ne\u0027 l\u0027irragionevolezza di tale previsione normativa in\npunto di an, puntando ad ottenere una caducazione totale della\ndisposizione in esame. \n Invero, la necessita\u0027 che sussistano dei meccanismi ulteriori\nrispetto alla sola revoca della misura, tesi a sanzionare il\nfallimento colpevole di un\u0027esperienza extramuraria con un congruo\nperiodo di regressione del trattamento insuscettibile di deroghe,\nseppur capace di comprimere l\u0027aspettativa di rieducazione del\ncondannato e la sua liberta\u0027 personale, ha una propria ragionevolezza\nnella misura in cui la prospettiva della preclusione di accesso ad\nulteriori benefici opera sia come elemento psicologico di rinforzo\nall\u0027aderenza del condannato alle prescrizioni ed alla misura\nalternativa, sia come necessario momento di\nriconsiderazione-ripensamento del percorso esterno e di nuova\nosservazione inframuraria. \n Tuttavia, la stessa risulta sproporzionata laddove tale momento\ndi regressione, previsto in misura fissa e generalizzata, elimini\nqualsiasi spazio di valutazione per i mutamenti significativi che\npotrebbero riguardare la personalita\u0027 del condannato, svuotando\ntotalmente di significato rieducativo il prosieguo dell\u0027esecuzione\nsuccessivo alla revoca ove la pena residua sia inferiore ai tre anni\novvero riguardi esecuzioni successive. \n E\u0027 quel che si realizza nel caso di specie ed e\u0027 profilo che la\nConsulta aveva gia\u0027 indicato al legislatore come un possibile terreno\ndi intervento normativo per mitigare gli effetti della revoca di una\nmisura alternativa. Un invito rimasto, sinora, del tutto inascoltato. \n In secondo luogo, la questione che qui si intende coltivare\nrileva l\u0027irragionevolezza della disciplina di cui all\u0027art. 58-quater\nO.P. alla luce delle modifiche normative che hanno interessato il\nsettore dell\u0027esecuzione penale in epoca successiva alla sentenza\nrichiamata. \n Modifiche che consegnano all\u0027interprete un quadro ordinamentale\nin cui possono cogliersi norme, riferibili al nuovo sistema delle\npene sostitutive introdotto con decreto legislativo n. 150/2022, che\ndinanzi al fenomeno della revoca di una forma di esecuzione penale\nesterna per condotte colpevoli del condannato individuano scelte\nvaloriali e di bilanciamento degli interessi differenti rispetto a\nquanto previsto dall\u0027art. 58-quater O.P. piu\u0027 circoscritte sia quanto\nall\u0027oggetto che, soprattutto, alla dimensione temporale. \n Tali norme, non vigenti allorquando la Consulta e\u0027 stata chiamata\na pronunciarsi sull\u0027art. 58-quater, legge n. 354/1975, rappresentano\nun elemento di novita\u0027 sotto un duplice profilo ai fini della\nriproposizione di censure di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n58-quater O.P. rispetto ai parametri indicati. \n Da un lato, le stesse possono essere assunte nell\u0027ambito di un\ngiudizio sul rispetto del principio di uguaglianza di cui all\u0027art. 3\nCost. quale tertium comparationis per valutare la ragionevolezza\ndella differenziazione di trattamento tra le fattispecie ivi\ndisciplinate e la revoca di una misura alternativa alla detenzione; e\ncio\u0027, tanto in ottica comparativa nell\u0027ambito di un classico giudizio\ntriadico, quanto per rimeditare la ragionevolezza intrinseca della\nscelta operata dall\u0027art. 58-quater O.P., vagliandone la perdurante\nattualita\u0027 alla luce di nuove e diverse scelte legislative piu\u0027\ntutelanti degli articoli 13 e 27, comma 3 Cost. \n Dall\u0027altro, esse si offrono quali opzioni normative alternative\nall\u0027art. 58-quater O.P. e, in tesi, costituzionalmente piu\u0027\nrispondenti ad un ponderato bilanciamento degli interessi\ncostituzionali coinvolti, valevoli per individuare una soluzione\ncostituzionalmente adeguata a eliminare il vulnus creato dall\u0027art.\n58-quater O.P. nella sua attuale formulazione. \n Poste queste premesse, si e\u0027 gia\u0027 evidenziato come sussista una\nsostanziale omogeneita\u0027 tra il giudizio del magistrato di\nsorveglianza (o del giudice rispetto ai L.P.U.) in sede di revoca di\nuna pena sostitutiva ai sensi degli articoli 66 e 72, legge n.\n689/1981 e quello del Tribunale di sorveglianza in sede di revoca di\nuna misura alternativa ai sensi dell\u0027art. 51-ter, legge n. 354/1975. \n In entrambi i casi, invero, si tratta di prendere atto\ndell\u0027inidoneita\u0027 e del fallimento di un determinato percorso\nesecutivo esterno per condotte violative o illecite del condannato,\ncui si correla una decisione che poggia sulla ritenuta impossibilita\u0027\nche l\u0027esecuzione prosegua nelle forme vigenti e sulla inidoneita\u0027 di\naltre piu\u0027 stringenti a rappresentare valida alternativa rispetto al\nrischio di recidiva che la persona esprime. \n Se questo e\u0027 il canone di giudizio, dunque, il soggetto che sia\nincorso in revoca di una pena sostitutiva e\u0027 da intendersi, quanto\nalla sua posizione costituzionale all\u0027interno delle polarita\u0027 che\ngovernano l\u0027esecuzione penale - finalita\u0027 rieducativa e minimo\nsacrificio della liberta\u0027 personale da un lato, istanza di certezza\ndella pena e sicurezza sociale dall\u0027altro; poli all\u0027interno dei quali\nsi muove la magistratura di sorveglianza, come funambolo alla ricerca\ndell\u0027equilibrio che tuteli gli uni senza annichilire gli altri - alla\nmedesima stregua di chi sia incorso nella revoca di una misura\nalternativa alla detenzione. \n Entrambi, infatti, hanno dato prova di non adeguatezza nel corso\ndell\u0027esecuzione extramoenia e sono stati parimenti giudicati\nmeritevoli di regredire nel trattamento, incorrendo nel ripristino\ndella pena detentiva e nella carcerazione. \n Eppure, mentre il primo puo\u0027 senza alcuna preclusione normativa\navere accesso ai permessi premio ed al lavoro all\u0027esterno e, espiata\nmeta\u0027 della pena residua successiva alla revoca, puo\u0027 astrattamente\npersino ottenere l\u0027ammissione ad una misura alternativa, facendo\nvalere i progressi trattamentali successivi alla revoca, il secondo\nvede il proprio orizzonte trattamentale schiacciato per un intero\ntriennio sia nel corso dell\u0027esecuzione che in quelle eventualmente\nsuccessive. \n E cio\u0027 anche laddove il primo sia incorso in revoca della pena\nsostitutiva per la commissione di un fatto di reato non colposo nel\ncorso della stessa, mentre il secondo abbia subito la revoca per\ngravi violazioni delle prescrizioni non integranti condotte\ndelittuose. \n La differenza di trattamento tra le due fattispecie di revoca in\npunto di accesso alle misure alternative non potrebbe essere piu\u0027\nevidente ed irrazionale, nella misura in cui assoggetta a discipline\nsensibilmente disomogenee situazioni che non possono non valutarsi\ncome identiche rispetto ai canoni costituzionali di cui agli art. 13\ne 27, comma 3 Cost. \n Cio\u0027 appare non coerente, dunque, con il principio di uguaglianza\nsostanziale, con lesione dell\u0027art. 3 Cost., nella misura in cui la\nlegge oggi fa discendere da un medesimo fatto, la revoca colpevole di\nuna misura extramuraria, conseguenze estremamente divergenti rispetto\nall\u0027accesso alle misure alternative alla detenzione, sottoponendo un\nidem factum a discipline del tutto eterogenee. \n E cio\u0027 esclusivamente sulla base di un elemento formalistico, la\ntipologia di pena su cui il giudizio di revoca si appunta; un\nelemento che, in un\u0027ottica di massimizzazione della tutela dei\nprincipi costituzionali, si assume non dovrebbe essere rilevante\nrispetto alle scelte valoriali e di bilanciamento degli interessi\ncostituzionali in gioco dinnanzi a situazioni sostanzialmente\nomogenee. \n La differenziazione di trattamento teste\u0027 evidenziata si palesa\npoi, irragionevole rispetto al sacrificio che la norma di cui\nall\u0027art. 58-quater O.P. impone al principio di emenda di cui all\u0027art.\n27, comma 3 Cost. laddove la revoca riguardi una misura alternativa\nalla detenzione, a differenza quanto avviene in sede di revoca di una\npena sostitutiva. \n La normativa di nuovo conio, infatti, lascia diversi margini\nresidui al principio di rieducazione, non solo per la perdurante\npossibilita\u0027 in capo al soggetto incorso in revoca di una pena\nsostitutiva di accedere ad altre pene sostitutive piu\u0027 gravi, ma\nsoprattutto perche\u0027 limita alla meta\u0027 della pena residua risultante\ndalla revoca il meccanismo di preclusione all\u0027accesso alle misure\nalternative alla detenzione previste dall\u0027ordinamento penitenziario.\nCon cio\u0027 operando un bilanciamento di valori che non esaurisce in via\ndefinitiva in ragione della revoca la possibilita\u0027 che il residuo\npena da espiare dal condannato venga incanalato in un percorso di\nreinserimento sociale nelle forme delle misure alternative alla\ndetenzione. \n Si tratta, invero, di opzione normativa certamente piu\u0027 idonea di\nquella contenuta nell\u0027art. 58-quater O.P., nella misura in cui,\nimponendo una regressione a tempo del trattamento che non esaurisce\nla pena in espiazione, consente al condannato di avere innanzi a se\u0027\nun orizzonte possibile entro cui orientare i propri sforzi e le\nproprie energie; laddove, a contrario, l\u0027art. 58-quater O.P., nella\nsua dimensione temporale assoluta, non fa seguire alla regressione\nalcuno spiraglio di evoluzione in termini risocializzanti. Cio\u0027\nfrustra irrimediabilmente la funzione rieducativa, disincentivando il\ncondannato a qualsiasi impegno nel trattamento, in quanto sforzo\nirrilevante ed inutile, non spendibile ne\u0027 entro l\u0027esecuzione\npregiudicata dalla revoca, ne\u0027 nel triennio successivo. \n Sussisterebbe, in quest\u0027ottica, una lesione dell\u0027art. 3, comma 2\nin relazione all\u0027art. 27, comma 3 Cost. per violazione del canone di\nproporzionalitÃ\u{A0}-ragionevolezza. \n Da ultimo, per le medesime ragioni, ad essere pregiudicato\nrisulta altresi\u0027 l\u0027art. 13 Cost. \n La preclusione triennale ed assoluta imposta dall\u0027art. 58-quater,\nlegge n. 354/1975 come conseguenza della revoca di una misura\nalternativa, infatti, non consente di mantenere una adeguata e\npuntuale corrispondenza tra il sacrificio che essa impone alla\nliberta\u0027 personale e la necessita\u0027 che tale sacrificio sia\neffettivamente imposto. \n Esemplificando: nel caso in cui dopo la revoca della misura la\npersona abbia cessato di esprimere il rischio di recidiva valutato\ndal Tribunale di sorveglianza all\u0027atto della decisione ex art. 51-ter\nO.P. tale da non consentire la prosecuzione del beneficio, questi\nsarebbe parimenti sottoposto per tre anni o sino al termine della\npena, laddove questa sia inferiore ai tre anni, ad esecuzione\ninderogabilmente inframuraria, massimamente restrittiva della sua\nliberta\u0027 personale, senza che a cio\u0027 corrisponda, di rimando una\nreale esigenza di difesa sociale. \n La possibilita\u0027 che questo avvenga senza che la legge preveda\nderoghe alla preclusione di cui all\u0027art. 58-quater O.P., a giudizio\ndi questo magistrato, sarebbe gia\u0027 sufficiente a ritenere fondato il\nvulnus costituzionale denunciato rispetto all\u0027art. 13 Cost. \n Ma, mantenendosi nell\u0027ottica del raffronto col tertium\nrappresentato dalla disciplina delle pene sostitutive, la frizione\ncostituzionale evidenziata assume i colori foschi della patente\nirragionevolezza, laddove si consideri che, rispetto all\u0027accesso alle\nmisure alternative alla detenzione, nel sistema della legge n.\n689/1981 la restrizione forzata della liberta\u0027 personale di chi sia\nincorso in revoca di una pena sostitutiva e\u0027 dall\u0027art. 67\ntemporalmente circoscritto a meta\u0027 della pena residua ad esito della\nrevoca. \n Il che consente di valorizzare le modificazioni soggettive che,\noltre ad essere frutto del percorso di rieducazione, facciano\nritenere non piu\u0027 attuale quel giudizio di concreto rischio di\nrecidiva reso in sede di revoca. \n La situazione descritta, dunque, nella sua irragionevolezza,\nappare lesiva dell\u0027art. 3, comma 2 Cost. inrelazione all\u0027art. 13\nCost. \n3.1. La soluzione costituzionalmente adeguata. \n Ad esito della disamina condotta, deve evidenziarsi che le scelte\noperate dal legislatore delegato in materia di pene sostitutive di\ncui agli articoli 59 e 67, legge n. 689/1981 appaiono frutto di un\ndiverso bilanciamento di valori costituzionali rispetto alla\nfattispecie della revoca; bilanciamento maggiormente orientato alla\ntutela della tensione rieducativa della pena di cui all\u0027art. 27,\ncomma 3 Cost. e del favor verso opzioni esecutive complessivamente\npiu\u0027 rispettose anche del principio di minimo sacrificio necessario\ndella liberta\u0027 personale di cui all\u0027art. 13 Cost. \n Rispetto a tali soluzioni normative di fonte legislativa, l\u0027art.\n58-quater O.P. risulta oggi frutto di un bilanciamento non piu\u0027\nattuale dei beni costituzionali rilevanti, che realizza un massimo e\ntotale sacrificio degli uni anche ove a tale sacrificio non\ncorrisponda un\u0027espansione della tutela degli altri, come tale\ncostituzionalmente inadeguato e meritevole di essere riconsiderato in\npunto di durata del meccanismo preclusivo, soprattutto ove\nconfrontato con le diverse opzioni operate in altro settore omologo. \n La soluzione al vulnus costituzionale, tuttavia, non puessere\nquella della caducazione sic et simpliciter della norma di cui\nall\u0027art. 58-quater, commi l, 2 e 3 O.P. \n Tale esito, invero, se consentirebbe di espandere al massimo\ngrado la tutela degli articoli 13 e 27, comma 3 Cost., non sarebbe\ncoerente con la garanzia di altrettanti e parimenti rilevanti\nprincipi costituzionali, oltre che apparire troppo favorevole in\neccesso rispetto alle preclusioni, piu\u0027 miti ma pur presenti, che si\nrinvengono nella legge n. 689/1981. \n Appare, dunque, preferibile individuare una diversa formulazione\nnormativa che nello spettro delle varie alternative possibili tra\nl\u0027attuale formulazione e l\u0027assenza di preclusioni, possa essere\nassunta quale soluzione costituzionalmente adeguata a contemperare\ngli interessi in gioco. \n Gia\u0027 in altre occasioni, infatti, la Corte costituzionale,\ndiscostandosi dalla teoria delle cosiddette soluzioni a rime\nobbligate, ha recentemente adottato pronunce in cui sono state\naccolte soluzioni di tipo additivo-manipolativo che, pur se non\nobbligate, apparivano adatte a offrire una cornice di tutela adeguata\nrispetto ai vulnera costituzionali denunciati dai giudici rimettenti,\nevitando al contempo che la declaratoria di incostituzionalita\u0027\ncreasse vuoti di disciplina e precludesse, in astratto, un intervento\ndel legislatore che, nell\u0027esercizio della sua discrezionalita\u0027 e\ntenendo fermi i criteri costituzionali minimi offerti dalla Corte,\ndesse una diversa riorganizzazione alla materia. \n Si tratta di un\u0027ermeneutica costituzionale ormai consolidatasi ed\nespressa in diverse pronunce della Consulta (si vedano la sentenza n.\n40 del 2019, punto 4.2. del Considerato in diritto; sentenza n. 236\ndel 2016, punto 4.4. del Considerato in diritto; sentenza n. 222 del\n2018, punto 8.1. del Considerato in diritto; recentemente sentenza n.\n46 del 2024, punto 4 e seguenti del Considerato in diritto; ex\nmultis, nello stesso senso, sentenze n. 95 del 2022, punto 5 del\nConsiderato in diritto, e n. 252 del 2020, punto 4.6. del Considerato\nin diritto). Sebbene i precedenti citati hanno in massima parte\nriguardato norme relative a giudizi in cui era oggetto di censura\nl\u0027adeguatezza-ragionevolezza del trattamento sanzionatorio, non sono\nmancate pronunce che hanno fatto applicazione della teoria delle\nsoluzioni costituzionalmente adeguate anche nell\u0027ambito della materia\ndella sorveglianza: si pensi alle sentenze n. 253/2019 e n. 10/2024,\nrispettivamente, in tema di accesso ai permessi premio per condannati\nper delitti di cui all\u0027art. 4-bis, comma 1 O.P. in assenza di\ncollaborazione con la giustizia ed in tema di a affettivita\u0027\ninframuraria e divieto di colloqui intimi, ove la Corte ha\nsostanzialmente individuato il portato minimo di tutela\ncostituzionalmente necessitato per rispondere alle censure mosse dai\ngiudici a quo, lasciando comunque un margine di discrezionalita\u0027 al\npotere legislativo. \n Alla luce dell\u0027ermeneutica costituzionale citata, si ritiene che\nla soluzione costituzionalmente adeguata sarebbe quella di mutuare\nquanto previsto dall\u0027art. 67, comma 2, legge n. 689/1981 per\nl\u0027ipotesi di accesso alle misure alternative susseguente alla revoca\ndi una pena sostitutiva, modificando esclusivamente la durata della\npreclusione ed ancorando la stessa ad una porzione della pena\nresidua, mantenendo, comunque, fermo il limite massimo di tre anni. \n Tale ulteriore specificazione appare necessaria in quanto,\nsebbene la maggior parte delle misure alternative alla detenzione\nabbiano un limite di pena di accesso omologo a quanto previsto in\nmateria di pene sostitutive e contenuto entro gli anni quattro, vi\nsono misure alternative alla detenzione quali la semiliberta\u0027 che\npossono essere fruite anche ove la pena residua sia di molto\nsuperiore. \n In questi casi, l\u0027operare della preclusione senza un limite\nmassimo di durata porterebbe ad inasprire la disciplina attuale,\nrealizzando un effetto in malam partem in una materia, l\u0027accesso alle\nmisure alternative alla detenzione, ormai pacificamente rientrante\nnel diritto penale sostanziale (Corte costituzionale 32/2020). \n E, d\u0027altronde, l\u0027imposizione di un limite massimo che ricalchi\nquello attuale risponde parimenti ad una necessita\u0027 di adeguata\ntutela dei beni costituzionali in gioco, laddove si consideri che lo\nstesso legislatore ha inteso il triennio quale orizzonte oltre il\nquale il limite di accesso ai benefici risulta inadeguato. \n L\u0027art. 58-quater O.P., comma 3, dunque, risulterebbe\nincostituzionale nella parte in cui prevede che «il divieto di\nconcessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento\ndella ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della pena o e\u0027 stato\nemesso il provvedimento di revoca di cui al comma 2» invece di\nstabilire che «Il divieto di concessione dei benefici opera per un\nperiodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non oltre tre\nanni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2». \n Si ritiene di poter individuare questa quale soluzione\ncostituzionalmente adeguata, mutuandola dall\u0027art. 67, comma 2, legge\nn. 689/1981 e non gia\u0027 altre piu\u0027 favorevoli opzioni pure previste\ndalla legge n. 689/1981 nel rapporto tra revoca ed ammissione ad\naltre pene sostitutive, sulla base della seguente considerazione. \n Se e\u0027 vero che sussiste una chiara omogeneita\u0027 sostanziale tra\npene sostitutive e pene detentive espiate in forma di misura\nalternativa, alcuni profili di differenziazione suggeriscono di non\nomologare le discipline quanto alla modalita\u0027 di operazione della\npreclusione prevista dall\u0027art. 59, lettera a), legge n. 689/1981. Da\nun lato perche\u0027 questa norma e\u0027 orientata ad una valutazione sulla\npossibilita\u0027 di sostituire la pena detentiva con la pena sostitutiva,\npartendo dal presupposto che queste riguardino solo pene detentive\nbrevi e fatti di minore rilievo, mentre la pena detentiva puo\u0027\nriguardare anche delitti e condanne di maggiore gravita\u0027. Dall\u0027altro,\nperche\u0027 il meccanismo preclusivo in questione opera solo all\u0027interno\ndel sistema chiuso delle pene sostitutive e non spiega alcun effetto\nrispetto alla possibilita\u0027 di accesso alle misure alternative alla\ndetenzione. Invero, anche se in applicazione della preclusione\nsoggettiva di cui all\u0027art. 59, lettera a), legge n. 689/1981 la pena\ndetentiva non potra\u0027 essere sostituita, trattandosi di condanna\ncomunque inferiore ai quattro anni, la persona potra\u0027 avanzare\ndomande di misure alternative ai sensi dell\u0027art. 656, comma 5 del\ncodice di procedura penale. Dunque, pur individuando una possibile\nopzione di risposta normativa rispetto alla revoca di una pena lato\nsensu extramuraria, l\u0027art. 59, lettera a), legge n. 689/1981 non\nincide in termini assoluti sul principio di rieducazione e sulla\nliberta\u0027 personale, mantenendo i propri effetti circoscritti\nall\u0027esclusione di una possibilita\u0027 di accesso ad espiazione non\ncarceraria, vale a dire quella offerta dalla sostituzione della pena\ndetentiva in pena sostitutiva, senza pregiudicare in alcun modo le\naltre previste dall\u0027ordinamento nel suo complesso. \n Viceversa, l\u0027art. 67, comma 2, legge n. 689/1981 e\u0027 norma che\nattribuisce alla revoca di una pena sostitutiva un rilievo esterno al\nsistema delle pene sostitutive, precludendo in assoluto l\u0027accesso\nalle altre forme di espiazione extramuraria previste dall\u0027ordinamento\npenitenziario e, come tale, realizza effetti omologhi a quanto\nprevisto dall\u0027art. 58-quater O.P.; con l\u0027unica e rilevante differenza\ndi circoscrivere l\u0027oggetto ed il tempo della preclusione si\u0027 da non\nfrustrare in via definitiva la successiva espiazione della pena\nrispetto ai principi di emenda e di sacrificio minimo della liberta\u0027\npersonale. \n E\u0027 questa, dunque, a parere di questo magistrato, la soluzione\ncoerente e costituzionalmente adeguata a rimuovere illc et immediate\nil vulnus costituzionale che l\u0027attuale formulazione dell\u0027art.\n58-quater O.P. realizza per la fissita\u0027 dei suoi effetti. \n Tale opzione, infatti, come si e\u0027 detto, individua un punto di\nequilibrio tra le istanze de libertate e di rieducazione del\ncondannato e quelle di sicurezza sociale cristallizzate nella\npronuncia di revoca, che sacrifica le prime per un tempo di congruo a\nconsentire che la persona, proprio mediante il ripristino\ndell\u0027osservazione e del trattamento intramurario, dimostri una\nevoluzione che consenta di ritenere non piu\u0027 attuale il giudizio di\nconcreto rischio di recidiva reso in sede di revoca. \n Esito che appare, invero, estremamente coerente con la\ngiurisprudenza costituzionale espressa dalle sentenze n. 173/2021 e\nn. 24/2025. \n Invero, se il combinato disposto degli articoli 51-ter e\n58-quater, legge n. 354/1975 ha, nella lettura costituzionale\nespressa dalla Consulta, la funzione di imporre una regressione del\ntrattamento in virtu\u0027 di un giudizio di inadeguatezza della misura,\nil ripristino della carcerazione deve razionalmente avere come\nobiettivo non soltanto la neutralizzazione del rischio di recidiva\nche la persona esprime, ma anche la possibile costruzione di una\nnuova prospettiva trattamentale e rieducativa. \n Obiettivo che la normativa attuale sacrifica in toto, ove la pena\nsi esaurisca entro il triennio, senza consentire al Tribunale di\nsorveglianza di graduare gli effetti della propria pronuncia. \n Merita, poi, di evidenziarsi che, se la soluzione proposta\ncertamente depotenzia in qualche misura l\u0027effetto di deterrenza della\npreclusione di cui all\u0027art. 58-quater O.P. rispetto alla fase\nterminale dell\u0027espiazione della pena in misura alternativa, posto che\nl\u0027ancoraggio alla meta\u0027 della pena residua risultante dalla revoca\nriduce in via direttamente proporzionale all\u0027avvicinarsi del fine\npena il metus rappresentato dalla minaccia della preclusione stessa,\nla ragionevolezza di tale opzione puo\u0027 cogliersi sia dal raffronto\ncon l\u0027art. 67, legge n. 689/1981 sia andando a vagliare in che\ntermini questa opzione bilancia i beni costituzionali in gioco in\ntermini piu\u0027 equilibrati di quanto non faccia l\u0027art. 58-quater O.P. \n Infatti, il vantaggio concreto che questa soluzione realizza in\npunto di tutela dei beni costituzionali assunti quale parametro di\nriferimento (27, comma 3 e 13 Cost.) non si traduce in un\nannientamento delle esigenze di sicurezza sociale connesse al\nprosieguo dell\u0027esecuzione residuante da revoca e delle eventuali\nesecuzioni successive, potendo queste ben essere adeguatamente\ntutelate nel giudizio di merito innanzi alla magistratura di\nsorveglianza. \n E cio\u0027 evidenzia come la soluzione che si ritiene adeguata, gia\u0027\na monte esprime una ponderazione piu\u0027 oculata dei beni costituzionali\ncoinvolti nell\u0027esecuzione pena di quanto non faccia l\u0027art. 58-quater\nO.P., che sacrifica irrimediabilmente gli uni (principio di emenda,\nliberta\u0027 personale) in favore degli altri (sicurezza sociale). \n Vi e\u0027 poi da considerare come la soluzione prospettata\nconsentirebbe, rispetto alla misura dell\u0027affidamento in prova al\nservizio sociale, di graduare effettivamente il tempo della\npreclusione. \n Il Tribunale di sorveglianza, in sede di revoca dell\u0027affidamento\nin prova, e\u0027 titolare di un potere di rideterminare la pena residua,\nprevisto dall\u0027art. 98, comma 7, decreto del Presidente della\nRepubblica n. 230/2000, con facolta\u0027 di indicare quale porzione della\npena eseguita in affidamento in prova possa ritenersi non validamente\nespiata in ragione dei fatti che hanno condotto alla revoca. \n Si tratta di un obbligo/potere che, come indicato dalla lettura\ndel giudizio di revoca offerta dalle sentenze n. 173/2021 e n.\n24/2025 su citate, rappresenta uno degli ulteriori fattori che il\nTribunale di sorveglianza deve soppesare e che, spesso, nel diritto\nvivente e\u0027 recessivo dinnanzi all\u0027attuale meccanismo preclusivo fisso\nstabilito dall\u0027art. 58-quater O.P. Dinnanzi alla prospettiva di una\npreclusione triennale che esaurisce la pena residua, infatti,\nl\u0027ulteriore aggravio dato dal considerare una quota di pena non\nvalidamente espiata, porta a limitare gli effetti di cui all\u0027art. 98,\ncomma 7, decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000. \n Ove si accogliesse la questione qui prospettata, invece, il\nTribunale di sorveglianza potrebbe effettuare davvero ed in modo\ncompiuto quella «ponderazione degli effetti della revoca» cui fa\nriferimento la Corte costituzionale, incidendo sulla pena residua e,\nindirettamente, sulla durata della preclusione di accesso ai\nbenefici, si\u0027 da gradare in concreto, con una valutazione casistica\ned individualizzata (dunque fondata sull\u0027art. 27, comma 3 Cost.), gli\neffetti della propria pronuncia alla gravita\u0027 dei fatti che impongono\nla regressione del trattamento. \n Ma, anche rispetto alle altre misure alternative, la\nrimodulazione della durata del meccanismo preclusivo nei termini\nindicati non esporrebbe a incalcolabili rischi di ammissione ad\nesecuzione penale esterna soggetti gia\u0027 giudicati come pericolosi. \n La circoscrizione della durata dello stop ai benefici, infatti,\ninciderebbe solo sulla possibilita\u0027 di accedere ad una valutazione di\nmerito e non gia\u0027 sull\u0027accesso al beneficio tout court, rimanendo\nquesta valutazione ancorata al puntuale apprezzamento della\nmagistratura di sorveglianza. \n Nel giudizio successivo alla revoca di precedente beneficio,\ndunque, la revoca svolgera\u0027 ragionevolmente un ruolo principe nelle\nvalutazioni del giudice, ponendosi quale elemento di fatto altamente\nnegativo in chiave prognostica, per vincere il quale il condannato\ndovra\u0027 fornire adeguati indici di sviluppo del trattamento\nsuccessivo, che consentano di superare la necessita\u0027 di regressione e\nl\u0027elevato rischio di recidiva che la revoca ha riconosciuto. \n Un giudizio, dunque, difficilmente superabile senza un concreto\nimpegno nel trattamento da parte del condannato, ma che allo stato e\u0027\nassolutamente precluso e che, ove accolta la questione, sarebbe\nquanto meno in astratto possibile. \n Tutte le ragioni esposte militano nel senso di ritenere l\u0027art.\n58-quater O.P., comma 3 incostituzionale per violazione degli\narticoli 3, comma l Cost. e 3, comma 2 in relazione agli articoli 13\ne 27, comma 3 Cost., nella parte in cui prevede che «il divieto di\nconcessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento\ndella ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della pena o e\u0027 stato\nemesso il provvedimento di revoca di cui al comma 2» invece di\nstabilire che «Il divieto di concessione dei benefici opera per un\nperiodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non oltre tre\nanni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2». \n Prima di procedere verso le conclusioni, e\u0027 opportuno evidenziare\nche, laddove la Consulta, pur accogliendo la questione non ritenesse\ndi condividere la soluzione prospettata, nulla impedirebbe al giudice\ndelle leggi di individuare altra formulazione costituzionalmente\nadeguata dell\u0027art. 58-quater O.P. capace di ricondurre a legittimita\u0027\ncostituzionale la norma. \n Come ribadito nella sentenza n. 46/2024 della Corte\ncostituzionale, infatti, «\"il petitum dell\u0027ordinanza di rimessione ha\nla funzione di chiarire il contenuto e il verso delle censure mosse\ndal giudice rimettente\", ma non vincola questa Corte, che, \"ove\nritenga fondate le questioni, rimane libera di individuare la\npronuncia piu\u0027 idonea alla reductio ad legitimitatem della\ndisposizione censurala\" (sentenza n. 221 del 2023, punto 4 del\nConsiderato in diritto; in senso conforme, piu\u0027 di recente, sentenza\nn. 12 del 2024, punto 8 del Considerato in diritto)». \n3.2. Rilevanza, non manifesta infondatezza ed impossibilita\u0027 di\nsuperare la norma con interpretazione costituzionalmente orientata. \n Cosi\u0027 posta, la questione risulta certamente rilevante nel caso\ndi specie e, per le ragioni su esposte, non manifestamente infondata. \n In punto di rilevanza, infatti, a normativa vigente, questo\nmagistrato di sorveglianza dovrebbe definire il procedimento con\ndeclaratoria di inammissibilita\u0027 ex art. 58-quater, commi l, 2 e 3,\nlegge n. 354/1975. \n Laddove, accolta la soluzione caldeggiata da questo magistrato di\nsorveglianza, invece, gli effetti della revoca in cui e\u0027 incorso B.\nS. sarebbero ad oggi esauriti e, dunque, questo magistrato potrebbe\nvalutare nel merito, secondo i canoni su espressi, la domanda di B. \n E cio\u0027 si ritiene sufficiente, a prescindere da un vaglio circa\nl\u0027eventuale accoglimento nel merito dell\u0027istanza di B., a ritenere\nintegrato il primo requisito di ammissibilita\u0027. \n E\u0027 noto, infatti, che la Corte costituzionale ha ormai affermato\nuna nozione di rilevanza della questione che prescinde dall\u0027eventuale\ndiretta incidenza sull\u0027esito del giudizio a quo, descritta come\nrilevanza giuridica (3) .Secondo tale orientamento, ormai\nmaggioritario e condiviso, il requisito di rilevanza sussiste anche\nqualora la decisione della Corte sia idonea ad incidere nel giudizio\na quo anche solo nel senso di imporre al giudice un diverso percorso\nlogico-giuridico-argomentativo, pur rimanendo in ipotesi identico\nl\u0027esito del giudizio. \n Merita, poi, di evidenziarsi, sempre in punto di rilevanza che,\nsebbene potrebbe in astratto dubitarsi della rilevanza di una\nquestione di costituzionalita\u0027 nell\u0027ambito di un procedimento\ncautelare qual e\u0027 quello oggi in decisione, dovendo questo essere\ntendenzialmente decidibile allo stato degli atti, si tratta di\nprofilo piu\u0027 pratico operativo che non giuridico e, come tale,\nirrilevante. \n Invero, anche in un procedimento cautelare, l\u0027ammissibilita\u0027\ndella domanda proposta e\u0027 questione preliminare alla valutazione\ndella decidibilita\u0027 nel merito che, invero, preclude tale ulteriore\nvaglio. \n In questo senso, la pregiudizialita\u0027 della questione di\ncostituzionalita\u0027 sussiste anche in un procedimento monitorio e non\npuo\u0027 essere elusa dal giudice semplicemente rilevando che l\u0027incidente\ndi costituzionalita\u0027 mal funzionerebbe nel tipo di strumento\nazionato. \n Peraltro, la Consulta, nel ribadire la nozione di rilevanza\ngiuridica, nella sentenza n. 30/2022 ha altresi\u0027 sottolineato come\nanche eventuali evenienze successive, che evidenzino l\u0027infondatezza\ndell\u0027istanza in relazione alla quale e\u0027 sorto il dubbio di\ncostituzionalita\u0027 o la non piu\u0027 attuale utilita\u0027 della stessa nel\ngiudizio a quo non esplicano effetti sul giudizio incardinato innanzi\nalla Corte, essendo l\u0027incidente di costituzionalita\u0027 caratterizzato\nda autonomia rispetto alle vicende sostanziali del caso da cui esso\norigina (4) . Il caso era quello di una domanda inammissibile in sede\ncautelare rispetto alla quale il giudice a quo aveva sollevato\nquestione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 47-quinquies O.P.,\nevidenziando di non poter valutare il merito della domanda. Il\nprocedimento cautelare era, dunque, sospeso, mentre il procedimento\ndinnanzi al Tribunale di sorveglianza esitava in un rigetto. \n A fronte dell\u0027eccezione di sopravvenuta irrilevanza della\nquestione per esser stata definita la domanda principale, la Corte ha\nespresso i principi sopra richiamati, che si ritiene siano valevoli\nanche nel caso di cui ci si occupa. \n In questo senso, la questione e\u0027 certamente rilevante ai fini\ndella decisione della domanda cautelare, impedendo l\u0027art. 58-quater\nO.P. a questo giudice di esaminare il merito della richiesta e lo e\u0027\noggi, rendendo irrilevante l\u0027eventuale prosieguo della vicenda\nesecutiva di B. dinnanzi al Collegio o la scarcerazione del\ncondannato prima che si concluda il giudizio innanzi alla Corte\n(esito purtroppo in concreto non irrealistico, a fronte di un fine\npena che potrebbe essere anticipato a inizio novembre 2025). \n Deve, tuttavia, precisarsi che la sospensione del giudizio in\nsede cautelare con l\u0027inoltro alla Corte costituzionale determinera\u0027\nuna stasi dell\u0027attuale procedura, senza trasmissione degli atti al\nTribunale di sorveglianza di Bologna. \n Ove questa A.G., pur eccependo la costituzionalita\u0027 della norma,\ntrasmettesse gli atti al Tribunale di sorveglianza per il prosieguo,\ninfatti, si spoglierebbe della domanda con un esaurimento della\npotesta\u0027 di decisione del giudice a quo, tale da caducare la\nrilevanza della questione. \n L\u0027esito dinnanzi alla Corte, dunque, sarebbe nel senso della\nmanifesta inammissibilita\u0027 della questione, per esser venuta meno\nl\u0027incidentalita\u0027 della stessa nel giudizio, come affermato da\ncostante giurisprudenza della Consulta (si veda, recentemente\nl\u0027ordinanza n. 41/2025 del 10 marzo 2025, ove si ribadisce che «per\neffetto della consumazione della potestas iudicandi in capo al\nrimettente, viene meno l\u0027indefettibile presupposto della\nincidentalita\u0027 delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale\nsollevate, con conseguente manifesta inammissibilita\u0027 delle stesse\n(ex multis, sentenza n. 212 del 2023)»). \n In questo senso, sara\u0027 onere della difesa, al fine di coltivare\ninnanzi al Tribunale di sorveglianza la propria domanda, formulare\nautonoma richiesta all\u0027organo collegiale nelle more dell\u0027incidente di\ncostituzionalita\u0027. \n Quanto alla non manifesta infondatezza, ci si richiama alle\nconsiderazioni svolte supra al § 3 ne seguenti circa il perimetro\ndella questione qui proposta, le differenze di fatto e di diritto che\nrichiedono, a parere di questa autorita\u0027, di riconsiderare\nparzialmente la decisione assunta dalla Consulta con sentenza n.\n173/2021, ribadendosi come la questione qui posta poggi su una\ndiversa causa petendi e proponga un diverso petitum al giudice delle\nleggi rispetto alle questioni gia\u0027 esaminate. \n In merito, da ultimo, alla possibilita\u0027 di esperire una\ninterpretazione costituzionalmente orientata del tessuto normativo, a\nfronte della chiarezza letterale del testo di legge, non appare\npossibile interpretare l\u0027art. 58-quater O.P. se non nel senso che la\nnorma precluda per tre anni l\u0027accesso ai benefici penitenziari. \n Eventuali interpretazioni tese a temperare la rigidita\u0027 di tale\nmeccanismo risulterebbero all\u0027evidenza contra legem. \n4. Conclusioni. \n Alla luce della disamina sin qui condotta, il magistrato di\nsorveglianza giudica fondati i dubbi di costituzionalita\u0027 sollevati\ndalla difesa avverso l\u0027art. 58-quater, comma 3, legge n. 354/1975 in\nrelazione agli articoli 3 Cost., 3, comma 2 in relazione agli art. 13\ne 27, comma 3 Cost. nella parte in cui prevede che «il divieto di\nconcessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento\ndella ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della pena o e\u0027 stato\nemesso il provvedimento di revoca di cui al comma 2» invece di\nstabilire che «Il divieto di concessione dei benefici opera per un\nperiodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non oltre tre\nanni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della\ncustodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di\ncui al comma 2». \n\n(1) Cfr. C. costituzionale n. 173/2021 § 3.3.3, ove la Corte Cosi\n motiva: «il tribunale di sorveglianza ha oggi la possibilita\u0027 di\n reagire alla commissione di comportamenti suscettibili di\n determinare la revoca della misura alternativa attraverso una\n pluralita\u0027 di risposte: la prosecuzione della misura nonostante\n la condotta inosservante da parte del condannato; la sua\n sostituzione con altra misura; e infine la sua revoca, riservata\n evidentemente ai casi piu\u0027 gravi, che dimostrino la necessita\u0027 di\n una regressione del percorso rieducativo e di un almeno\n temporaneo ripristino del regime di detenzione, in particolare in\n funzione di contenimento di un concreto rischio di recidiva\n evidenziatosi in capo al condannato. Nell\u0027esercitare tale\n discrezionalita\u0027, il tribunale non potra\u0027 non tenere conto anche\n delle conseguenze particolarmente gravose associate alla revoca,\n e in particolare della preclusione - nell\u0027arco di un intero\n triennio -relativa alla concessione di ogni altra misura\n alternativa o beneficio penitenziario, diversi dalla liberazione\n anticipata. La preclusione qui all\u0027esame discende dunque da una\n valutazione caso per caso da parte del giudice di sorveglianza,\n effettuata sulla base non gia\u0027 di presunzioni legate al titolo di\n reato o allo status di recidivo del condannato, ma del percorso\n da lui concretamente compiuto durante l\u0027esecuzione della pena, e\n in particolare di specifiche condotte in violazione delle\n prescrizioni inerenti alla misura alternativa, che ne hanno\n determinato un giudizio di non meritevolezza rispetto alla\n possibilita\u0027, gia\u0027 concessagli una prima volta, di eseguire la\n propria pena in regime extramurario.» \n\n(2) Cfr. Relazione Cartabia pag. 214 «Questa preclusione soggettiva\n non e\u0027 legata a logiche presuntive ma rappresenta una sanzione\n per l\u0027inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni delle tre\n pene sostitutive: nei tre anni successivi alla revoca ex art. 66,\n infatti, la pena sostitutiva non puo\u0027 essere applicata per un\n nuovo reato. Con cio\u0027 intende rafforzare, sul piano preventivo,\n l\u0027osservanza degli obblighi e delle prescrizioni, secondo un\n modello di disciplina previsto, per le misure alternative alla\n detenzione, dall\u0027art. 58-quater, comma 2-3. Ad analoga finalita\u0027\n e\u0027 ispirata la preclusione che riguarda chi ha commesso proprio\n il reato per cui si procede mentre si trovava in esecuzione di\n una pena sostitutiva, revocata ai sensi dell\u0027art. 72. Tale\n preclusione viene limitata all\u0027ipotesi in cui il reato commesso\n sia di particolare gravita\u0027 (un delitto non colposo).» \n\n(3) Con le parole della Consulta, «anche nella prospettiva di un piu\u0027\n diffuso accesso al sindacato di costituzionalita\u0027 (messa in\n risalto, tra le pronunce piu\u0027 recenti, dalla sentenza n. 77 del\n 2018) e di una piu\u0027 efficace garanzia della conformita\u0027 a\n Costituzione della legislazione (profilo valorizzato, da ultimo,\n nella sentenza n. 174 del 2019), il presupposto della rilevanza\n non si identifica con l\u0027utilita\u0027 concreta di cui le parti in\n causa potrebbero beneficiare a seguito della decisione (sentenza\n n. 20 del 2018)»; cosi Corte costituzionale 254/2020. \n\n(4) Si veda, in particolare Corte costituzionale n. 30/2022 laddove\n e\u0027 affermato che «Per costante giurisprudenza di questa Corte, la\n rilevanza della questione incidentale si configura come\n necessita\u0027 di applicare la disposizione censurata, senza\n identificarsi nell\u0027utilita\u0027 concreta per la parte del giudizio\n principale (ex plurimis, sentenze n. 236, n. 172 e n. 59 del\n 2021, n. 254 del 2020 e n. 174 del 2019). [...] Per l\u0027autonomia\n che lo caratterizza, il giudizio incidentale di legittimita\u0027\n costituzionale non risente delle vicende di fatto successive\n all\u0027ordinanza di rimessione, sicche\u0027 la rilevanza delle questioni\n deve essere vagliata ex ante, con riferimento al tempo della\n prospettazione (da ultimo, sentenze n. 22 e n. 7 del 2022, n. l\n 27 del 2021, n. 270, n. 244 e n. 85 del 2020).». \n\n \n P. Q. M. \n \n Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei termini indicati, questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 58-quater, comma 3 O.P. per contrarieta\u0027 agli articoli 3\nCostituzione, 3, comma 2 Costituzione in relazione agli articoli 13 e\n27, comma 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che «il\ndivieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni\ndal momento della ripresa dell\u0027esecuzione della custodia o della pena\no e\u0027 stato emesso il provvedimento di revoca di cui al comma 2»\ninvece di stabilire che «Il divieto di concessione dei benefici opera\nper un periodo pari alla meta\u0027 della pena residua e, comunque, non\noltre tre anni, e decorre dal momento della ripresa dell\u0027esecuzione\ndella custodia o della pena o e\u0027 stato emesso il provvedimento di\nrevoca di cui al comma 2». \n Sospende il giudizio in corso sino all\u0027esito del giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale; \n Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano\nimmediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente\nordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico\nministero, nonche\u0027 al Presidente del Consiglio dei ministri, e che\nsia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. \n Cosi\u0027 deciso in Bologna, il 15 luglio 2025 \n \n Il magistrato di sorveglianza: Romano","elencoNorme":[{"id":"63477","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"26/07/1975","data_nir":"1975-07-26","numero_legge":"354","descrizionenesso":"","legge_articolo":"58","specificaz_art":"quater","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1975-07-26;354~art58"}],"elencoParametri":[{"id":"79903","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79904","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79905","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79906","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}" ] ] |
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