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Franco Attina\u0027, nel procedimento sopra indicato\na carico di M. A., nato in ... il ... (C.U.I. ...); \n    elettiv. domiciliato presso l\u0027avv. Andrea Palazzeschi del Foro di\nFirenze; \n    difeso di  fiducia  dall\u0027avv.  Andrea  Palazzeschi  del  Foro  di\nFirenze; \n    imputato: \n        1) del delitto di cui all\u0027art. 424 del codice penale perche\u0027,\npresso la camera n. ... sezione Casa Circondariale «...»  di  ...  in\ncui  e\u0027  detenuto,  appiccava  fuoco  a  propri  indumenti  personali\ncausando emissione di fumi con pericolo di conseguente incendio; \n        in ... il ...; \n        2) del delitto di cui all\u0027art. 635, I e II  comma,  n.  1 del\ncodice penale perche\u0027 danneggiava, lanciandogli contro una padella in\ncui  era  gia\u0027  rilevabile  alcool  distillato,  lo   schermo   della\ntelevisione Led Nordmende in uso alla camera n. ... sezione di cui al\nCapo  1)  rendendola  inservibile,  e   successivamente   danneggiava\nsradicandolo il  tavolo  nella  camera  di  pernottamento,  dove  era\ntrasferito temporaneamente in conseguenza dei fatti di  cui  al  Capo\n1), riducendo in pezzi e lanciava tali pezzi contro il cancello della\nporta blindata all\u0027indirizzo degli agenti danneggiando cosi\u0027 anche la\nplafoniera a muro; \n        in ... il ...; \n        3) del delitto di cui all\u0027art. 337 del codice penale  perche\u0027\nin evidente stato di ebbrezza, per opporsi al Vice Isp. ..., al  Vice\nIsp. ..., al Vice Isp. ..., all\u0027Isp C. ...  e  agli  altri  operatori\npresenti, mentre compivano un atto del  proprio  ufficio  consistente\nnel tentativo di calmarlo, usava minaccia riferendo  che,  una  volta\nrientrato nella camera detentiva, avrebbe dato fuoco e avrebbe  rotto\nle suppellettili presenti nella camera di pertinenza dell\u0027... sezione\ndi cui al capo 1), mantenendo durante la descritta condotta una  mano\nnella tasca della tuta dalla quale estraeva, su invito degli operanti\nche avevano compreso che lo stesso potesse avere la disponibilita\u0027 di\nun oggetto atto ad offendere, una penna priva  di  carica  nella  cui\npunta era incastrata una vite \n        ..., ...; \nCapo 3) cosi\u0027 modificato all\u0027udienza del 13 gennaio 2025 \n    Premesso che: \n        con decreto del pubblico ministero del 20 aprile 2023  M.  A.\nveniva citato a giudizio per rispondere dei reati  di  danneggiamento\ndi  alcuni  indumenti   seguito   da   pericolo   di   incendio,   di\ndanneggiamento di alcuni arredi  presenti  all\u0027interno  della  camera\ndell\u0027istituto penitenziario in cui era detenuto  e  di  resistenza  a\npubblico ufficiale, tutti in ipotesi  commessi  in  ...  (all\u0027interno\ndella Casa circondariale «...») il ...; \n        all\u0027udienza predibattimentale del 17 giugno 2024 il  giudice,\ndopo aver disposto procedersi in assenza dell\u0027imputato,  invitava  il\npubblico ministero a riformulare l\u0027imputazione di cui al  Capo  3)  e\nrinviava il processo; \n        all\u0027udienza  del  13  gennaio  2025,  il  pubblico  ministero\nprovvedeva,  mediante  deposito  di  atto   scritto,   a   modificare\nl\u0027imputazione; era disposta quindi la notifica del verbale  d\u0027udienza\ne dell\u0027atto depositato all\u0027imputato (non comparso); \n        il 20 giugno 2025 era depositata  istanza  di  ammissione  al\nrito abbreviato da parte del difensore, munito di procura speciale; \n        all\u0027udienza del 7 luglio 2025, l\u0027imputato era ammesso al rito\nrichiesto  e  le  parti  illustravano  le  proprie  conclusioni.   In\nparticolare, il pubblico  ministero  chiedeva  l\u0027assoluzione  per  il\nreato di cui al Capo 1) dell\u0027imputazione e la condanna per i reati di\ncui ai Capi 2) e 3) alla pena finale di mesi sei  di  reclusione.  La\nDifesa chiedeva: l\u0027assoluzione per i reati di cui ai  Capi  1)  e  3)\ndell\u0027imputazione (e per l\u0027ultimo, in subordine,  la  riqualificazione\nai sensi dell\u0027art. 336, comma 3 del codice penale); per il  reato  di\ncui al  Capo  2)  il  riconoscimento  delle  attenuanti  generiche  e\ndell\u0027attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale; \n        all\u0027udienza  odierna,  cui  il  processo  era  rinviato   per\neventuali repliche, le parti vi rinunciavano; \n    rilevato che: \n        A) in base alle annotazioni della Polizia  penitenziaria,  in\ndata  ...  l\u0027imputato  -  all\u0027interno   della   camera   della   Casa\ncircondariale di ... in cui era detenuto a titolo  definitivo  dal  5\naprile  2019  (con  fine  pena  20  maggio  2025  come  risulta   dal\ncertificato del DAP in atti) - avrebbe appiccato il fuoco  ad  alcuni\npropri effetti personali, determinando cosi\u0027 una diffusione  di  fumo\nnella cella; prima ancora dell\u0027intervento della Polizia penitenziaria\nlo stesso M. avrebbe, spontaneamente e autonomamente,  posto  termine\nalla citata combustione. \n        Gli operanti della Polizia penitenziaria intervenuti (che non\navevano assistito direttamente alla fase iniziale) rilevavano che sia\nM. sia il relativo compagno di cella (tale ...) evidenziavano alitosi\nalcoolica (nel bagno sarebbe poi  stata  rinvenuta  una  pentola  con\nall\u0027interno  della   frutta   macerata);   il   televisore   presente\nall\u0027interno della cella presentava lo schermo danneggiato. \n        Quanto agli sviluppi successivi, le varie annotazioni di P.G.\ndegli operanti intervenuti non  sono  del  tutto  collimanti:  emerge\ncomunque che M. era in forte stato di agitazione; lo stesso -  mentre\nera nel corridoio nei pressi della cella - affermava che avrebbe dato\nfuoco e rotto ai suppellettili della stanza e diceva agli  agenti  di\nnon avvicinarsi (non e\u0027 dato intendere la contestualita\u0027  o  meno  di\ntali frasi); poiche\u0027 il predetto teneva  una  mano  in  tasca  e  non\nottemperava all\u0027intimazione  di  consegnare  quanto  custodito  nella\nstessa, gli operanti lo bloccavano e ammanettavano; all\u0027interno della\ncitata tasca sarebbe poi stata rinvenuta una penna, priva di carica e\nal cui interno era incastrata una vite. \n        Piu\u0027 tardi, nella stessa giornata, all\u0027interno  della  cella,\nil prevenuto sradicava il tavolo a  muro  presente  nella  stessa  e,\nlanciando i relativi pezzi, danneggiava  la  plafoniera  a  muro.  Si\nprocurava inoltre dei graffi sul corpo utilizzando dei frammenti  del\ncitato tavolo; \n        B)  in  base  al  certificato  medico  in  atti,  il   medico\ndell\u0027istituto penitenziario visitava il prevenuto e constatava, oltre\nall\u0027alitosi alcolica, vari tagli superficiali di varia lunghezza  sul\nbraccio e sul pettorale, procedendo  alla  relativa  medicazione;  il\ndetenuto rifiutava di raccontare la propria versione dei fatti; \n        C) lo stesso ... M. era collocato in isolamento  disciplinare\nprecauzionale, ove rimaneva fino al 1° ottobre 2021; \n        D) in sede di Consiglio di disciplina,  il  ...  il  predetto\nchiedeva scusa per il danneggiamento del  televisore  e  del  tavolo,\nadducendo che era brillo e stressato per motivi familiari (lo  stesso\n... aveva presentato un\u0027istanza di trasferimento  negli  stabilimenti\ndi ... o di ... per motivi di lavoro, deducendo che aveva bisogno  di\nmantenere la propria famiglia); \n        E) lo stesso  ...  il  Consiglio  di  disciplina  della  Casa\ncircondariale di ... infliggeva  al  predetto  -  in  relazione  agli\nilleciti disciplinari di cui all\u0027art. 77, comma 1, n. 13, 14, 15 e 21\n-  la  sanzione  dell\u0027esclusione  dalle  attivita\u0027  in   comune   per\ngiorni otto (gia\u0027 dal medesimo scontata  in  via  precauzionale).  Il\nprovvedimento non risulta essere stato impugnato; \n        F) in data 1° febbraio 2023 il difensore di M.  domandava  al\npubblico ministero l\u0027acquisizione delle immagini di videosorveglianza\ndella Casa circondariale ritraenti gli  eventi  del  ...  nonche\u0027  di\nprocedere all\u0027interrogatorio dello stesso M.; \n        G) in data 31  marzo  2023,  M.  in  sede  di  interrogatorio\ndavanti  al  pubblico  ministero  (sempre   all\u0027intero   della   Casa\ncircondariale  di  ...,  ove  era  ancora  detenuto:  sarebbe   stato\nscarcerato soltanto il 2 dicembre 2023 per l\u0027affidamento in prova  al\nservizio  sociale)  rappresentava  che:  all\u0027epoca  dei  fatti  tutti\nall\u0027interno della Casa circondariale erano stressati  a  causa  delle\nrestrizioni legate alla pandemia da  Covid:  egli  aveva  bevuto  due\nbicchieri di grappa,  preparata  dal  suo  compagno  di  cella;  egli\ndanneggiava accidentalmente il televisore  allorche\u0027  gli  cadeva  la\npadella con cui stava cucinando: nel pulire i residui di cibo  caduti\na  terra,  dava  accidentalmente  fuoco  all\u0027asciugamano  che   stava\nutilizzando per pulire: allorche\u0027 sopraggiungevano gli operanti della\nPolizia  penitenziaria,  temendo  di   essere   picchiato   egli   si\nautolesionava il  braccio  utilizzando  un  chiodo  (che  normalmente\nutilizzava per aprire le confezioni di cibo  in  scatola);  allorche\u0027\nusciva  dalla  cella,  era  bloccato  e  buttato  a  terra  da  molti\npoliziotti, che lo colpivano alla schiena, al collo e al sedere;  era\npoi portato in isolamento, dove - per la rabbia - rompeva  il  tavolo\ndella cella; al medico che lo visitava raccontava  solo  che  si  era\nautolesionato e non anche  che  era  stato  picchiato  dagli  agenti,\n«tanto non sarebbe servito a niente». Anche in sede di  contestazione\ndisciplinare, egli non riferiva  nulla  circa  l\u0027aggressione  subita,\nperche\u0027 sapeva «che sarebbe stata una causa persa in partenza»; \n        H) il pubblico ministero in data 5 aprile 2023  domandava  al\ndirettore della Casa  circondariale  di  ...  la  trasmissione  delle\nimmagini di videosorveglianza ritraenti gli eventi del ... In data 18\naprile 2023 la Polizia penitenziaria  rispondeva  che  le  telecamere\npresenti nelle sezioni detentive non erano funzionanti; l\u0027impianto di\nvideosorveglianza era invece attivo negli atri, nei locali passeggi e\nin alcuni varchi di accesso ai reparti, ma le immagini -  in  ragione\ndel tempo trascorso - non erano comunque piu\u0027 presenti nella  memoria\ndel sistema; \n        I) alla luce di quanto precede, il  reato  di  danneggiamento\nseguito da pericolo di incendio contestato al Capo 1)  non  sussiste,\nanche  a  prescindere  dalla  volontarieta\u0027  o  accidentalita\u0027  della\ncondotta di danneggiamento. \n        Detto reato, infatti, «richiede, come  elemento  costitutivo,\nil sorgere di un pericolo di incendio,  sicche\u0027  non  e\u0027  ravvisabile\nqualora il fuoco appiccato abbia caratteristiche tali che da esso non\npossa sorgere detto pericolo» (cosi\u0027 Cassazione, Sez. 2, sentenza  n.\n47415 del 17 ottobre 2014, Rv.  260832  -  01,  richiamata  anche  da\nCassazione, Sez. 2, sentenza n. 4183 del 2022). Nel caso  di  specie,\nper l\u0027appunto,  in  ragione  delle  modalita\u0027  e  dell\u0027oggetto  della\ncondotta e del relativo contesto spaziale, non vi era pericolo alcuno\nche potesse sorgere  un  incendio:  gli  oggetti  cui  il  fuoco  era\nappiccato o che comunque prendevano fuoco erano di  dimensioni  molto\nmodeste;  nell\u0027ambiente  circostante  non  vi  erano   verosimilmente\noggetti o materiali cui il fuoco  potesse  propagarsi  facilmente  (i\nmateriali  maggiormente  presenti  nelle  camere  detentive  sono  il\ncemento e il metallo; in ogni caso, in atti non vi e\u0027 una descrizione\ndegli elementi cui il fuoco avrebbe potuto propagarsi); il  fuoco  e\u0027\nstato spento agevolmente e velocemente dallo  stesso  imputato  senza\nl\u0027uso di particolari strumenti e prima ancora  dell\u0027intervento  degli\nagenti della Polizia penitenziaria; non  vi  e\u0027  stato  dunque  alcun\nconcreto pericolo di diffusione di fiamme.  I  beni  danneggiati  dal\nfuoco erano dello stesso imputato, per cui il fatto non puo\u0027  neppure\nessere riqualificato come  danneggiamento  ex  art.  635  del  codice\npenale; \n        L) parimenti non pare sussistere il contestato reato ex  art.\n337 del codice  penale,  e  cio\u0027  a  prescindere  dall\u0027adesione  alla\nricostruzione dei fatti  operata  dalla  Polizia  penitenziaria  o  a\nquella prospettata dall\u0027imputato in sede d\u0027interrogatorio. \n        Al  riguardo,  occorre  preliminarmente  rilevare  che,   non\nessendo  state  reperite  le  immagini  di   videosorveglianza   (pur\nrichieste dal pubblico ministero), questo giudice non  dispone  degli\nelementi necessari per riscontrare la  versione  resa  dall\u0027imputato.\nSarebbe al riguardo necessaria un\u0027indagine completa e a  tutto  tondo\n(individuazione di tutti i detenuti presenti nel  reparto,  audizione\ndegli stessi, audizione del medico che visito\u0027  il  prevenuto,  ecc.)\nche eccede le concrete possibilita\u0027 di questo giudice. \n        Ad ogni modo, quand\u0027anche si ritenesse veritiera la  versione\nin atti degli operanti della Polizia penitenziaria, il suddetto reato\nnon sussisterebbe comunque, per un duplice ordine di motivi.  Occorre\nal riguardo considerare che  il  prevenuto  era  in  forte  stato  di\nagitazione e di alterazione da consumo di bevande alcoliche. \n        Il proferire che avrebbe  dato  fuoco  alle  suppellettili  o\ncomunque rotto le stesse di per se\u0027 e\u0027 idoneo a integrare la minaccia\nrichiesta dalla norma incriminatrice, ma a condizione  che  la  frase\nsia diretta agli operanti, circostanza dubbia alla luce  dello  stato\ndi  alterazione  del  predetto  (gia\u0027  prima  dell\u0027intervento   degli\noperanti), dello  scarso  livello  di  dettaglio  al  riguardo  delle\nannotazioni di P.G. e del fatto che -  in  ipotesi  d\u0027accusa  -  egli\naveva gia\u0027 appiccato il fuoco ad  alcuni  oggetti  e  danneggiato  il\ntelevisore  (prima  ancora  dell\u0027intervento   degli   operanti):   in\ndefinitiva, e\u0027 possibile che egli  semplicemente  esteriorizzasse  la\npropria volonta\u0027 di continuare a fare cio\u0027 che stava gia\u0027 facendo. \n        Il dato del tenere un oggetto atto ad offendere in tasca e di\ntenere la mano nella stessa tasca, nel citato contesto,  puo\u0027  essere\ninterpretato da chi vi  assista  come  un  pericolo  per  la  propria\nincolumita\u0027 (cio\u0027 che avrebbe giustificato l\u0027intervento fisico  degli\noperanti); da un punto di vista soggettivo, e\u0027 tuttavia  opinabile  e\nquindi dubbio quale fosse l\u0027intento del prevenuto, potendo la  citata\ncondotta prestarsi a plurime interpretazioni (potrebbe  avere  tenuto\nla mano in tasca  per  il  timore  che  venisse  scoperto  l\u0027oggetto;\npotrebbe essere stato semplicemente il comportamento non coerente  di\nun ubriaco). \n        Sotto altro profilo, ad ogni modo, pare  insussistente  altro\nrequisito del reato  in  contestazione,  M.  avrebbe  minacciato  gli\nagenti della Polizia penitenziaria mentre gli stessi erano intenti  a\ncalmarlo (il medesimo era in stato di agitazione e di ebbrezza). \n        Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale - come rilevato\nanche  dalla  Corte  costituzionale  (sentenza  n.  30  del   2021) -\npresuppone l\u0027opposizione ad uno specifico atto dell\u0027ufficio in  corso\ndi esecuzione. \n        Nel caso di specie, da un lato il  tentativo  di  calmare  un\ndetenuto  rientra  genericamente   nelle   mansioni   della   Polizia\npenitenziaria, ma non costituisce uno  specifico  atto  dell\u0027ufficio,\nl\u0027opposizione  al  quale  offenda   un   interesse   della   pubblica\namministrazione tale da  giustificare  l\u0027integrazione  del  reato  in\nquestione. \n        Dall\u0027altro, le frasi pronunciate dal prevenuto (affermava che\navrebbe  dato  fuoco  e  rotto  i  beni  presenti  in   stanza)   non\ncostituivano un\u0027opposizione al tentativo degli operanti di  calmarlo;\nsemplicemente il  prevenuto  era  gia\u0027  agitato  e  il  tentativo  di\ncalmarlo non aveva successo; le frasi erano cioe\u0027  espressione  dello\nstato di agitazione in cui  egli  gia\u0027  versava,  a  prescindere  dal\ntentativo degli operanti di calmarlo; \n        M) sussiste viceversa pacificamente il reato di cui  al  Capo\n2), quanto meno in  relazione  al  danneggiamento  del  tavolo  della\ncamera (ammesso dallo stesso imputato in sede d\u0027interrogatorio  e  in\nparticolare dal medesimo ascritto al  proprio  stato  di  rabbia  per\nquanto prima accaduto) e al danneggiamento della plafoniera (rispetto\na quest\u0027ultima l\u0027imputato non ha riferito alcunche\u0027, ma  il  relativo\ndanneggiamento e\u0027 avvenuto nel medesimo contesto, in  particolare  in\nun momento in cui il predetto era da solo in cella); \n        N)  per  poter  addivenire  ad  una  corretta  decisione  con\nriguardo a detto reato di cui al Capo 2), appare pero\u0027 necessario  il\npronunciamento della Corte costituzionale: risulta,  infatti,  dubbia\nla legittimita\u0027 costituzionale, per violazione del principio  del  ne\nbis in idem, dell\u0027art. 649 del  codice  di  procedura  penale,  nella\nparte in  cui  non  prevede  che  il  giudice  pronunci  sentenza  di\nproscioglimento o di non  luogo  a  procedere  nei  confronti  di  un\nimputato per il delitto previsto dall\u0027art. 635, comma  2,  n.  1  del\ncodice penale, che, in relazione al medesimo fatto,  sia  gia\u0027  stato\nsottoposto a procedimento disciplinare,  definitivamente  conclusosi,\nper l\u0027illecito disciplinare di cui  all\u0027art.  77,  comma  1,  n.  13,\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000 per il quale  gli\nsia stata applicata la sanzione  disciplinare  dell\u0027esclusione  dalle\nattivita\u0027 in comune di cui all\u0027art. 39,  comma  1,  n.  5,  legge  n.\n354/1975; nonche\u0027, in via subordinata, dell\u0027art. 635, comma 2,  n.  1\ndel codice penale, per violazione del principio  di  proporzionalita\u0027\ndelle  sanzioni,  nella  parte  in  cui  non  consente,  in  sede  di\ndosimetria della pena, di applicare  una  pena  inferiore  al  minimo\nedittale - pari a mesi sei di reclusione - nel caso in cui l\u0027imputato\nsia gia\u0027 stato sanzionato, per il medesimo  fatto,  con  la  sanzione\ndisciplinare  dell\u0027esclusione  dalle  attivita\u0027  in  comune  di   cui\nall\u0027art. 39, comma 1, n. 5, legge n. 354/1975; \n \n                               Osserva \n \n1. La rilevanza delle questioni. \n    1.1. Alla luce  di  quanto  sopra  esposto,  l\u0027imputato  andrebbe\ncondannato  unicamente   per   il   reato   di   cui   al   Capo   2)\ndell\u0027imputazione,  vale  a  dire  per  il  danneggiamento   di   beni\ndell\u0027amministrazione penitenziaria presenti  all\u0027interno  della  Casa\ncircondariale e destinati a pubblico servizio. \n    Per  i  medesimi  fatti,  l\u0027imputato  e\u0027  stato  sanzionato   dal\nConsiglio  di  disciplina  con  la  sanzione  dell\u0027esclusione   dalle\nattivita\u0027 in comune  per  otto  giorni,  con  provvedimento  del  ...\n(notificato al detenuto il ...), per violazione dell\u0027art.  77,  comma\n1, nn. 13, 14, 15 e 21, del decreto del Presidente  della  Repubblica\nn. 230/2000, provvedimento che non risulta essere stato  impugnato  e\nquindi  deve  ritenersi  definitivo  (la  sanzione  e\u0027  anche   stata\nconcretamente eseguita). \n    1.3. Alla luce di quanto sopraesposto e sulla  base  degli  atti,\nquesto Giudice si trova a giudicare l\u0027odierno imputato per i medesimi\nfatti per i quali e\u0027 gia\u0027 stato oggetto di sanzioni  disciplinari  da\nritenersi punitive, dovendo irrogare al medesimo  ulteriori  sanzioni\npenali. Non e\u0027 applicabile, infatti, la disciplina  di  cui  all\u0027art.\n649  del  codice  di  procedura  penale,  la   quale   si   riferisce\nesclusivamente all\u0027ipotesi di doppio procedimento formalmente penale,\nnon impedendo che ad un procedimento punitivo extra-penale  ne  segua\nun  secondo  formalmente  penale.  La  Corte  costituzionale  con  la\nsentenza n. 149 del 2022 e\u0027 intervenuta al riguardo limitatamente  ad\nun\u0027unica  ipotesi  di  «doppio  binario»  (in  materia   di   diritti\nd\u0027autore). \n    Ne\u0027, per altro  verso,  la  disciplina  sostanziale  consente  di\ntenere  in  debito  conto,  in  sede  di   dosimetria   della   pena,\nl\u0027intervento della precedente sanzione disciplinare punitiva, al fine\ndi scongiurare la violazione del principio di proporzionalita\u0027  delle\nsanzioni punitive. \n    Occorre, pertanto, investire la Corte costituzionale del giudizio\nincidentale sulla legittimita\u0027 costituzionale - in  via  principale -\ndell\u0027art. 649 del codice di procedura penale e - in via subordinata -\ndell\u0027art. 635 del codice penale. \n2. La non manifesta infondatezza. \n    2.1.  Si  dubita,   in   via   principale,   della   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 649 del codice di  procedura  penale,  nella\nparte in  cui  non  prevede  che  il  giudice  pronunci  sentenza  di\nproscioglimento o di non  luogo  a  procedere  nei  confronti  di  un\nimputato per il reato di cui all\u0027art. 635, comma 2, n.  1  del codice\npenale al quale, con riguardo  al  medesimo  fatto,  sia  gia\u0027  stata\nirrogata  in  via  definitiva -  nell\u0027ambito   di   un   procedimento\ndisciplinare  penitenziario  per  l\u0027illecito  disciplinare   di   cui\nall\u0027art. 77, comma 1, n. 13, decreto del Presidente della  Repubblica\nn. 230/2000 -  la   sanzione   disciplinare   dell\u0027esclusione   dalle\nattivita\u0027 in comune di cui all\u0027art. 39,  comma  1,  n.  5,  legge  n.\n354/1975. \n    In particolare, la  possibilita\u0027 -  non  preclusa  dall\u0027art.  649\ndel codice di procedura penale - di sottoporre a procedimento  penale\ne di  punire  per  il  danneggiamento  di  cose  dell\u0027amministrazione\npenitenziaria l\u0027imputato gia\u0027 sanzionato ex articoli 77, comma 1,  n.\n13), decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000 e 39,  legge\nn. 354/1975 non pare conforme al divieto del ne  bis  in  idem,  come\nenunciato  dall\u0027art.  4  del  Protocollo  addizionale   n.   7   alla\nConvenzione europea dei diritti dell\u0027uomo (CEDU), rilevante ai  sensi\ndell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione, principio  peraltro  gia\u0027\nevincibile a livello nazionale dagli articoli 24 e 111,  Cost.  (come\nsottolineato dalla stessa  Corte  costituzionale  nella  gia\u0027  citata\nsentenza n. 149 del 2022). \n    2.2. L\u0027illecito disciplinare in esame e\u0027 previsto  dall\u0027art.  77,\ncomma 1, n. 13), regolamento sull\u0027ordinamento penitenziario di cui al\ndecreto del Presidente della Repubblica  n.  230/2000,  a  mente  del\nquale «l. Le sanzioni disciplinari sono inflitte ai detenuti  e  agli\ninternati che si siano resi responsabili di: [...]13)  appropriazione\no  danneggiamento  di   beni   dell\u0027amministrazione».   Le   sanzioni\napplicabili sono quelle in via generale  previste  dall\u0027art  39  ord.\npen. in virtu\u0027 del quale  «Le  infrazione  disciplinari  possono  dar\nluogo solo alle seguenti sanzioni:  1)  richiamo  del  direttore;  2)\nammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti  al\npersonale e di un gruppo di detenuti o internati;  3)  esclusione  da\nattivita\u0027 ricreative e sportive per non  piu\u0027  di  dieci  giorni;  4)\nisolamento durante la permanenza all\u0027aria  aperta  per  non  piu\u0027  di\ndieci giorni; 5) esclusione dalle attivita\u0027 in comune per non piu\u0027 di\nquindici giorni». \n    2.3. Sul  piano  generale,  deve  osservarsi  come  la  struttura\ndell\u0027illecito  disciplinare  penitenziario  ricalchi  la   morfologia\ndell\u0027illecito penale: anche  in  relazione  al  primo  e\u0027  punito  il\ntentativo (art. 77, comma 2, decreto del Presidente della  Repubblica\nn. 230/2000); ha rilievo aggravante la  recidiva  (che  consente,  ex\nart.  77,  comma  3,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.\n230/2000, l\u0027irrogazione  delle  sanzioni  piu\u0027  gravi  anche  per  le\ninfrazioni che normalmente dovrebbero essere punite con sanzioni piu\u0027\nmiti); in caso di prognosi positiva di non  recidivanza  la  sanzione\npuo\u0027 essere sospesa  e,  ove  la  prognosi  venga  poi  smentita  dal\ncomportamento illecito successivo del sanzionato, la sospensione puo\u0027\nessere revocata (art. 80, decreto del Presidente della Repubblica  n.\n230/2000);  infine,  e\u0027  possibile  applicare  in  via  cautelare  le\nsanzioni previste, con eventuale sconto  del  c.d.  «presofferto»  in\ncaso di sanzione definitiva (art.  78,  comma  1  e  4,  decreto  del\nPresidente della Repubblica n. 230/2000). \n    2.4. A tale analoga struttura fa eco un\u0027unitaria  funzione  delle\nsanzioni disciplinari in scrutinio e delle sanzioni penali. \n    Gia\u0027 in base a quanto posto in rilievo, ma pure  avendo  riguardo\nai principi che governano la disciplina sanzionatoria, lo scopo della\nsanzione disciplinare - al pari di quello della pena - e\u0027  complesso,\nperche\u0027 la stessa e\u0027 chiamata  a  svolgere  finzioni  di  prevenzione\ngenerale, speciale e retributive. \n    Oltre agli istituti della sospensione condizionale della sanzione\ne della recidiva gia\u0027 menzionati, rileva quanto sancito dall\u0027art.  38\nord. pen. in forza del quale «I detenuti e gli internati non  possono\nessere puniti per un fatto che non sia  espressamente  previsto  come\ninfrazione dal regolamento. Nessuna sanzione puo\u0027 essere inflitta  se\nnon con provvedimento motivato dopo  la  contestazione  dell\u0027addebito\nall\u0027interessato, il quale e\u0027 ammesso ad esporre le proprie  discolpe.\nNell\u0027applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della\nnatura  e  della  gravita\u0027  del  fatto,  del  comportamento  e  delle\ncondizioni personali del soggetto.  Le  sanzioni  sono  eseguite  nel\nrispetto della personalita\u0027». \n    L\u0027illecito disciplinare  in  esame  e  il  reato  condividono  il\nprincipio strutturale di tipicita\u0027  e  i  criteri  di  commisurazione\ndella sanzione. \n    2.4.1. In primo luogo, infatti, il principio di  legalita\u0027  e  di\ntipicita\u0027 assolve, tra le altre, la funzione di garantire  al  membro\ndella collettivita\u0027 (generale o ristretta che sia) la  prevedibilita\u0027\ndelle   conseguenze   sanzionatorie   questa   e\u0027   un    presupposto\nirrinunciabile della facolta\u0027 dello Stato di punire il  comportamento\ndei consociati, poiche\u0027 ove e\u0027 incomprensibile o non  prevedibile  il\nconfine tra lecito  ed  illecito  il  singolo  non  e\u0027  in  grado  di\nautodeterminarsi al cospetto dei valori  dell\u0027ordinamento.  Pertanto,\nsebbene la tipicita\u0027 dell\u0027illecito non  sia  un  carattere  esclusivo\ndegli  illeciti  punitivi,   rappresenta   per   questi   un   tratto\nindispensabile e caratterizzante. \n    2.4.2. In secondo luogo,  il  criterio  di  commisurazione  della\nsanzione disciplinare incentrato, oltre che sulla natura  e  gravita\u0027\ndel fatto, sul comportamento e sulle condizioni personali dell\u0027autore\ndell\u0027illecito,   testimonia   ulteriormente   la   finalita\u0027    anche\nspecial-preventiva - oltre che retributiva e di prevenzione  generale\n- della sanzione. \n    2.5. Tanto premesso, l\u0027illecito disciplinare in esame  (art.  77,\ncomma 1, n. 13), decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000)\ne\u0027 punibile con ognuna delle sanzioni disciplinari previste dall\u0027art.\n39 ord. pen. e, dunque,  mediante  «1)  richiamo  del  direttore;  2)\nammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti  al\npersonale e di un gruppo di detenuti o internati;  3)  esclusione  da\nattivita\u0027 ricreative e sportive per non  piu\u0027  di  dieci  giorni;  4)\nisolamento durante la permanenza all\u0027aria  aperta  per  non  piu\u0027  di\ndieci giorni; 5) esclusione dalle attivita\u0027 in comune per non piu\u0027 di\nquindici giorni». \n    E\u0027 applicabile, pertanto, anche la piu\u0027  grave  tra  le  sanzioni\ndisciplinari contemplate  dall\u0027ordinamento,  ossia  l\u0027isolamento  per\nmotivi disciplinari di cui al n. 5 del citato art. 39. \n    Cio\u0027, come gia\u0027 evidenziato,  e\u0027  quanto  avvenuto  nel  caso  di\nspecie. \n    Occorre allora vagliare la portata punitiva di siffatta  sanzione\ne, dunque, la eventuale natura sostanzialmente penale della stessa. \n    2.6. La  nota  giurisprudenza  convenzionale  sui  criteri  Engel\n(elaborati a seguito della sentenza della Corte EDU, Engel  c.  Paesi\nBassi, del 1976) ha affermato che il riscontro di anche uno solo  dei\ntre criteri e\u0027 sufficiente a qualificare una sanzione come penale  ai\nfini  della  Convenzione  europea.  Tali  criteri   sono   costituiti\nessenzialmente 1) dalla qualificazione ai sensi del diritto  interno,\n2) dalla natura dell\u0027infrazione, 3) dalla severita\u0027 della sanzione. \n    A  fronte  di  questi  tre   macro-criteri,   la   giurisprudenza\nconvenzionale (e nazionale che degli  orientamenti  europei  ha  dato\nspecifica  applicazione)  ha  enucleato  una  pluralita\u0027  di   indici\nsintomatici dai quali poter dedurre la natura sostanzialmente  penale\ndella  sanzione  formalmente  extra-penale.  Tra  di  essi  v\u0027e\u0027   da\nconsiderare:  a)  il  carattere   generale   degli   interessi   lesi\ndall\u0027illecito; b) la funzione punitiva dell\u0027illecito e della relativa\nsanzione; c) l\u0027efficacia afflittiva della  sanzione  (anche  se  solo\ncomminata in astratto, come ha precisato nella pronuncia  Corte  EDU,\nSez. IV, 20 maggio 2014, Nykanen c. Finlandia), la quale puo\u0027  trarsi\ndalla capacita\u0027 della stessa di incidere sia - com\u0027e\u0027  ovvio  - sulla\nliberta\u0027 personale (anche  in  via  solo  potenziale),  sia  in  modo\napprezzabile su altri  diritti  fondamentali  della  persona;  d)  la\nqualificazione   formale   assegnata    dall\u0027ordinamento    nazionale\n(ancorche\u0027 rappresenti ormai un criterio recessivo); nonche\u0027, piu\u0027 di\nrecente, e) il collegamento della sanzione rispetto  ad  un  illecito\npenale  (anche   se   oggetto   di   depenalizzazione,   secondo   la\ngiurisprudenza domestica); f) lo scopo dissuasivo o  affittivo  della\nsanzione (dunque, la sua funzione general o  special-preventiva);  g)\nla sede di irrogazione della  sanzione  (dunque,  in  sintesi  se  si\ntratti di sede giurisdizionale o meno, come emerge dalla sentenza A e\nB c. Norvegia del 2016). \n    2.7. Alla luce di tali indici occorre accertare  se  la  sanzione\ndisciplinare  dell\u0027esclusione  dalle  attivita\u0027  in  comune  sino   a\nquindici giorni (cioe\u0027 l\u0027isolamento disciplinare)  per  l\u0027ipotesi  di\ndanneggiamento dei beni dell\u0027amministrazione penitenziaria  (articoli\n77, comma 1, n. 13),  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.\n230/2000 e 39 ord.  pen.)  presenti  o  meno  natura  sostanzialmente\npenale. \n    2.8. A tal fine, appare opportuno svolgere preliminarmente alcune\nconsiderazioni  sistematiche   in   ordine   alla   citata   sanzione\ndell\u0027esclusione dalle attivita\u0027 in comune. \n    2.8.1. Poiche\u0027 il trattamento penitenziario,  secondo  l\u0027art.  1,\ncomma 2, legge n. 354/1975, in applicazione dell\u0027art.  27,  comma  3,\nCost. «tende, anche attraverso i contatti con l\u0027ambiente esterno,  al\nreinserimento  sociale  ed  e\u0027  attuato  secondo   un   criterio   di\nindividualizzazione in  rapporto  alle  specifiche  condizioni  degli\ninteressati», vi sono numerose disposizioni normative che regolano lo\nsvolgimento di attivita\u0027 in comune tra i detenuti, essendo questo  un\naspetto  centrale  del  trattamento  penitenziario  alla  luce  della\nfunzione risocializzante cui deve tendere la pena. \n    Cosi\u0027 l\u0027art. 6, comma 2, legge n.  354/1975  stabilisce  che  «le\naree residenziali devono essere dotate di spazi  comuni  al  fine  di\nconsentire ai detenuti e  agli  internati  una  gestione  cooperativa\ndella vita quotidiana nella sfera  domestica».  Il  successivo  terzo\ncomma prevede che «I locali destinati al pernottamento consistono  in\ncamere dotate di uno o piu\u0027 posti». L\u0027art. 10, comma 4,  prevede  che\n«La permanenza all\u0027aria aperta e\u0027 effettuata in gruppi a meno che non\nricorrano i casi indicati nell\u0027art. 33 e nei numeri 4) e 5) dell\u0027art.\n39  [...]».  Ai  sensi  dell\u0027art.   12,   comma 1   «Negli   istituti\npenitenziari, secondo le esigenze del  trattamento,  sono  approntate\nattrezzature  per  lo  svolgimento  di   attivita\u0027   lavorative,   di\nistruzione scolastica e professionale,  ricreative,  culturali  e  di\nogni altra attivita\u0027 in comune». L\u0027art. 14, comma 3,  stabilisce  che\n«L\u0027assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli  istituti\ne il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto  sono  disposti\ncon particolare riguardo alla possibilita\u0027 di procedere a trattamento\nrieducativo comune [...]». Nello stesso solco si  collocano  poi  gli\narticoli 15, comma 1, 17, comma 1  e  18,  comma  1  della  legge  n.\n354/1975. \n    2.8.2. Nel suddetto quadro s\u0027innesta l\u0027art. 33 (Isolamento) della\nlegge n. 354/1975, prevedendo che  «1.  Negli  istituti  penitenziari\nl\u0027isolamento continuo e\u0027 ammesso: a) quando e\u0027 prescritto per ragioni\nsanitarie; b) durante l\u0027esecuzione della  sanzione  della  esclusione\ndalle attivita\u0027 in comune; c) per gli indagati e imputati se vi  sono\nragioni  di  cautela  processuale;  il  provvedimento  dell\u0027autorita\u0027\ngiudiziario competente indica la durata e le ragioni dell\u0027isolamento.\n2.   Il   regolamento   specifica   le   modalita\u0027   di    esecuzione\ndell\u0027isolamento. 3. Durante la sottoposizione all\u0027isolamento non sono\nammesse limitazioni alle normali condizioni di vita, ad eccezione  di\nquelle  funzionali  alle  ragioni  che  lo  hanno   determinato.   4.\nL\u0027isolamento non  preclude  l\u0027esercizio  del  diritto  di  effettuare\ncolloqui visivi con i  soggetti  autorizzati».  L\u0027art.  39  (Sanzioni\ndisciplinari), come gia\u0027 evidenziato,  prevede  quale  sanzione  piu\u0027\ngrave quella della esclusione dalle attivita\u0027 in comune.  L\u0027art.  40,\ninfine, stabilisce che - ad eccezione delle sanzioni del  richiamo  e\ndell\u0027ammonizione (di competenza del direttore) - «Le  altre  sanzioni\nsono deliberale dal consiglio di disciplina [...]». \n    A livello di formazione secondaria, l\u0027art.  73  (Isolamento)  del\nregolamento di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.\n230/2000 al secondo comma  prevede:  «L\u0027isolamento  continuo  durante\nl\u0027esecuzione della  sanzione  della  esclusione  dalle  attivita\u0027  in\ncomune  e\u0027  eseguito  in  una  camera  ordinaria,  a  meno   che   il\ncomportamento del detenuto o  dell\u0027internato  sia  tale  da  arrecare\ndisturbo o da costituire pregiudizio per l\u0027ordine  e  la  disciplina.\nAnche  in  tal  caso,  l\u0027isolamento  si  esegue  in  locali  con   le\ncaratteristiche di cui all\u0027art. 6 della legge». Il  successivo  terzo\ncomma prevede che «Ai  detenuti  e  gli  internati,  nel  periodo  di\nesclusione dalle attivita\u0027 in comune, di cui al comma 2, e\u0027  precluso\ndi comunicare con i compagni». \n    2.8.3. Dunque, in  termini  generali  le  norme  sul  trattamento\npenitenziario prevedono come regola l\u0027ammissione  dei  detenuti  alla\nvita  in  comune.  Come  ha  rilevato   la   Corte   di   cassazione,\n«l\u0027isolamento del detenuto dal  resto  della  popolazione  carceraria\ndeve  intendersi   potenzialmente   non   ricompresa   nell\u0027ordinario\ntrattamento penitenziario, dovendo intendersi che la regola  generale\nsia quella dell\u0027ammissione del condannato alla vita  in  comune  onde\nconsentire e favorire il suo processo di risocializzazione e  il  suo\nrecupero al contesto sociale ai sensi dell\u0027art. 27, Cost.,  comma  3»\n(Cass. Pen., Sez. 1, sentenza n. 9300 del 2014). \n    Rispetto a tale regime  generale  la  legge  ha  previsto  alcune\neccezioni, tra cui - per quanto qui rileva  -  l\u0027isolamento  continuo\n(diurno e notturno) connesso alla sanzione  disciplinare  (deliberata\ndal Consiglio  di  disciplina)  dell\u0027esclusione  dalle  attivita\u0027  in\ncomune ai sensi degli articoli 33, comma 1, lettera b) e 39, comma 1,\nn. 5, legge n. 354/1975. \n    In ragione delle possibili conseguenze negative  sulla  salute  e\nsul  benessere  dell\u0027individuo,  la  legge  prevede  poi  particolari\ncautele da adottare e in particolare  verifiche  sanitarie  circa  la\nsopportabilita\u0027 della misura, sia preventivamente  sia  in  corso  di\napplicazione. \n    2.9.  Cosi\u0027  succintamente  richiamato  il  quadro  normativo  di\nriferimento, occorre misurare la portata della sanzione  disciplinare\ndell\u0027isolamento  continuo  (diurno  e  notturno)  alla  stregua   dei\nparametri   Engel   al   fine   di   saggiarne   l\u0027eventuale   natura\nsostanzialmente penale. \n    2.9.1.  In  primo  luogo,  giova  evidenziare  sul  piano   della\nqualificazione  formale  della  misura  che  l\u0027ordinamento  nazionale\nqualifica in maniera espressa la stessa come «sanzione», termine  che\ngia\u0027 a livello lessicale costituisce quanto meno un indizio circa  la\nnatura della misura. \n    Si tratta, per di piu\u0027,  di  una  sanzione  che  gia\u0027  sul  piano\nformale conosce un\u0027omologa sanzione di natura  schiettamente  penale:\nl\u0027isolamento diurno di cui all\u0027art. 72 del codice penale. \n    Tale disposizione prevede che  «Al  colpevole  di  piu\u0027  delitti,\nciascuno dei quali importa la  pena  dell\u0027ergastolo,  si  applica  la\ndetta pena con l\u0027isolamento diurno da sei mesi a  tre  anni»,  mentre\n«nel  caso  di  concorso  di  un  delitto   che   importa   la   pena\ndell\u0027ergastolo, con uno o piu\u0027 delitti che importano  pene  detentive\ntemporanee per un tempo  complessivo  superiore  a  cinque  anni,  si\napplica la  pena  dell\u0027ergastolo,  con  l\u0027isolamento  diurno  per  un\nperiodo di tempo da due a diciotto mesi». \n    Il codice penale non annovera espressamente l\u0027isolamento  tra  le\npene principali (o accessorie), regolandolo quale modalita\u0027 aggravata\ndi espiazione della pena dell\u0027ergastolo. Non si  tratta  tuttavia  di\nuna modalita\u0027 di  esecuzione  della  pena  che  attenga  al  percorso\ntrattamentale   dell\u0027ergastolano,   di   precisa   competenza   della\nMagistratura di sorveglianza, bensi\u0027 di una sanzione  aggiuntiva  che\nl\u0027ordinamento prevede per chi, autore di un  delitto  punito  con  la\npena dell\u0027ergastolo, abbia commesso altri delitti: in altri  termini,\n«l\u0027isolamento diurno opera unicamente come  sanzione  per  i  delitti\ncommessi in concorso con quello punito con l\u0027ergastolo», «delitti per\ni quali la pena per ciascuno stabilita (ergastolo  o  pena  detentiva\ntemporanea) non sarebbe applicabile, in quanto il delitto  col  quale\nessi concorrono gia\u0027 importa la pena dell\u0027ergastolo» (cosi\u0027 la  Corte\ncostituzionale nella lontana sentenza n. 115 del 1964). La  Corte  di\ncassazione nella gia\u0027  citata  sentenza  n.  9300  del  2014  ha  poi\naffermato che «L\u0027isolamento diurno previsto dall\u0027art. 72  del  codice\npenale ha  natura  giuridica  di  sanzione  penale,  di  inasprimento\ndell\u0027ergastolo, con la conseguenza che,  in  relazione  ad  esso,  il\nMagistrato di sorveglianza non puo\u0027 disporre modalita\u0027 esecutive tali\nda renderlo privo di contenuto effettivo». \n    Si tratta quindi di una  sanzione  aggiuntiva  comminata  per  le\nipotesi in assoluto piu\u0027 gravi previste dall\u0027ordinamento penale. \n    Sebbene la sanzione dell\u0027isolamento diurno (che si  assomma  alla\npena dell\u0027ergastolo,  la  quale  importava  normalmente  l\u0027isolamento\nnotturno  nella  visione  del  legislatore  del   codice)   non   sia\nformalmente annoverata tra le pene principali e sia  invece  regolata\nin materia di concorso di reati, si deve  ritenere  che  l\u0027isolamento\ndiurno costituisca dunque una sanzione  che  gia\u0027  per  l\u0027ordinamento\ndomestico ha natura penale. \n    La ragione e\u0027 di facile comprensione. Benche\u0027, infatti,  la  pena\nin parola non incida sul quantum temporale  della  limitazione  della\nliberta\u0027 personale, si tratta di una misura che incide  drasticamente\nsulla qualita\u0027 e sulla profondita\u0027 di detta limitazione e che  quindi\nsi presta ad esplicare  un\u0027efficacia  deterrente  anche  rispetto  ai\nsoggetti cui sarebbe comunque applicata la pena dell\u0027ergastolo. \n    2.9.2. Se tale considerazione in punto di afflittivita\u0027 vale  con\nriferimento alla misura aggravatrice della  pena  dell\u0027ergastolo,  si\ndeve ritenere che la stessa sanzione abbia  natura  (sostanzialmente)\npenale  anche  quando  sia  applicata  al   detenuto   che   commetta\nun\u0027infrazione  disciplinare,  specie  ove  tale  infrazione  coincida\nintegralmente con il reato. \n    Tali considerazioni si legano, ad  ogni  modo,  all\u0027afflittivita\u0027\ndella sanzione in questione. Quest\u0027ultima puo\u0027 essere vagliata  avuto\nriguardo all\u0027incidenza sulla  liberta\u0027  personale  o  comunque  sulla\nliberta\u0027 di comunicazione: la citata sanzione  disciplinare  realizza\nuna pesante compressione della  liberta\u0027  di  comunicazione;  non  si\ntratta di una limitazione normalmente  conseguente  alla  restrizione\ndella  liberta\u0027  personale  implicita  nell\u0027esecuzione   della   pena\ndetentiva, ne\u0027 di una limitazione conseguente alle normali regole  di\nuna vita in  comunita\u0027;  al  contrario,  la  limitazione/soppressione\ndella liberta\u0027 di comunicazione con gli altri detenuti costituisce lo\nscopo precipuo e il contenuto principale della sanzione  disciplinare\nin questione;  il  divieto  di  comunicazione  e\u0027  poi  espressamente\nprevisto  dall\u0027art.  73,  comma  3,  decreto  del  Presidente   della\nRepubblica n. 230/2000. \n    Ma puo\u0027 essere vagliata altresi\u0027 guardando alla gravosita\u0027  della\nmisura tenuto conto delle possibili  ripercussioni  su  altri  valori\ndella persona, in primis il relativo benessere psicofisico. Di  tanto\nsi mostra edotto lo stesso legislatore disciplinare, che, consapevole\ndella gravosita\u0027 della misura, ha previsto  che  «la  sanzione  della\nesclusione dalle attivita\u0027 in comune non puo\u0027 essere  eseguita  senza\nla certificazione scritta, rilasciata dal sanitario,  attestante  che\nil soggetto puo\u0027 sopportarla. Il soggetto escluso dalle attivita\u0027  in\ncomune e\u0027 sottoposto a costante controllo sanitario» (art. 39,  comma\nII, ord. pen.). Si tratta di cautele  che,  con  ogni  evidenza,  non\nhanno l\u0027effetto di rendere meno  gravosa  la  sanzione,  ma  solo  di\nrenderla, per quanto possibile, «sicura» in termini di  ripercussioni\nsullo stato di salute del sanzionato; cio\u0027, tuttavia,  non  fa  altro\nche evidenziare con maggior nettezza l\u0027attitudine  della  sanzione  a\nporre in sofferenza le prerogative fondamentali della persona. \n    2.9.3.  La  gravosita\u0027  dell\u0027isolamento  ha  condotto,  peraltro,\nall\u0027adozione di specifiche carte sovranazionali, volte a limitare  la\npossibilita\u0027 per  l\u0027autorita\u0027  statale  di  irrogare  sanzioni  tanto\ngravose  su  soggetti  che,  in  quanto  detenuti,   risultano   gia\u0027\nfortemente limitati nell\u0027esercizio e  nel  godimento  delle  liberta\u0027\nfondamentali, nonche\u0027 volte a costellare tali sanzioni da presidi  di\ngaranzia.  In  questo  senso,  un  primario  ruolo  e\u0027  svolto  dalle\nRaccomandazioni R (2006)2 sulle Regole  penitenziarie  europee  (atto\nadottato dal Comitato dei ministri  1\u002711  gennaio  2006,  rivisto  ed\nemendato dal Comitato dei ministri del 1°  luglio  2020),  che,  dopo\naver  sancito  limitazioni  oggettive  e   soggettive   alla   misura\ndell\u0027isolamento penitenziario,  evidenziano  al  punto  60.6.  e  che\n«Qualora venga imposta  la  sanzione  dell\u0027isolamento  per  un  nuovo\nillecito disciplinare a un detenuto che ha gia\u0027 trascorso il  periodo\nmassimo  di  isolamento  [stabilito  dalla  legge  nazionale],   tale\nsanzione non deve essere eseguita senza prima consentire al  detenuto\ndi riprendersi dagli  effetti  negativi  del  precedente  periodo  di\nisolamento» (1) Benche\u0027 non sia certa la natura  di  autentica  fonte\ndel diritto  di  tali  riferimenti  internazionali,  tale  da  essere\nrilevante anche  ai  fini  di  cui  all\u0027art.  117,  comma  I,  Cost.,\npotendosi   ritenere   siffatto    compendio    di    raccomandazioni\nriconducibile al  piano  della  c.d.  soft  law,  esse  rappresentano\ncomunque un condensato dell\u0027elaborazione sovranazionale  in  tema  di\ndiritti fondamentali dei detenuti che, a ragione, e\u0027 stato  impiegato\nanche dalla stessa Corte costituzionale al fine di dettagliare e dare\nsostanza alle prerogative inalienabili dei soggetti detenuti (cfr. in\nparticolare la sentenza n. 143 del 2013, ma anche, piu\u0027  di  recente,\nla sentenza n. 18 del 2022 e la sentenza n. 10 del 2024). \n    Nella stessa direzione possono  essere,  inoltre,  menzionate  le\nNorme minime stabilite dalle Nazioni Unite in materia di  trattamento\ndelle persone detenute  (cc.dd.  «Mandela  Rules»),  le  quali,  alla\nRegola 44, sanciscono che «Nell\u0027ambito  delle  presenti  regole,  con\n\"isolamento\" si intende la misura che prevede di isolare  la  persona\ndetenuta per 22 ore (o piu\u0027) al  giorno,  senza  alcun  contatto  con\naltre persone. L\u0027isolamento prolungato indica il confinamento per  un\nperiodo superiore ai quindici giorni consecutivi» e, alla Regola  45,\nstabiliscono che «l\u0027isolamento deve  essere  utilizzato  soltanto  in\ncasi eccezionali, come ultima istanza, per il minimo indispensabile e\na seguito di  una  revisione  indipendente,  nonche\u0027  solo  in  forza\ndell\u0027autorizzazione di un ente competente. Non puo\u0027 essere  comminato\nsulla base della condanna di una persona detenuta». \n    Da quanto sin qui esposto emerge  con  chiarezza  come  l\u0027effetto\ndiretto della misura sia gravemente afflittivo,  nonche\u0027  (come  gia\u0027\nevidenziato e come si dira\u0027 meglio  nel  prosieguo)  come  la  stessa\nabbia in sede di comminatoria una  funzione  generalpreventiva  e  in\nsede applicativa ed esecutiva una funzione repressivo-punitiva  della\ncondotta dell\u0027autore dell\u0027infrazione. \n    2.9.4. Si deve poi evidenziare la  portata  stigmatizzante  della\nsanzione in questione, gia\u0027 evidente per il fatto che  sia  applicata\ndalle autorita\u0027  carcerarie  nei  confronti  di  un  detenuto  e  che\ncomporti  l\u0027isolamento  dello  stesso  dalla  restante  parte   della\ncomunita\u0027 carceraria. \n    Tale profilo di stigmatizzazione emerge poi anche avendo riguardo\nagli effetti indiretti e secondari della sanzione  disciplinare.  Gli\nulteriori  pregiudizi,  benche\u0027  non   costituiscano   una   sanzione\ndell\u0027infrazione a monte, finiscono per  accompagnarsi  alla  sanzione\ndisciplinare, facendo cosi\u0027 emergere un profilo  di  stigmatizzazione\ndel detenuto che incorre in un\u0027infrazione  disciplinare  e  che,  per\nquesto, viene sanzionato. Si fa  riferimento,  tra  gli  altri,  agli\nistituti del permesso premio e della liberazione anticipata, i  quali\nlegandosi strettamente ad una  valutazione  positiva  della  condotta\ncarceraria (regolare condotta carceraria e assenza  di  pericolosita\u0027\nsociale del detenuto per il permesso premio, ex art. 30-ter ord. pen;\nprova  della  partecipazione  all\u0027opera  di   rieducazione   per   la\nliberazione anticipata, ex art. 54, ord. pen.) finiscono  per  essere\nfortemente influenzati dall\u0027irrogazione  della  piu\u0027  grave  sanzione\ndisciplinare (l\u0027isolamento). Cio\u0027 peraltro acuisce l\u0027idoneita\u0027, anche\nsolo potenziale, della misura in parola ad attingere  il  bene  della\nliberta\u0027 personale o comunque le prerogative fondamentali residue del\ndetenuto. \n    2.10. Il quadro sinora delineato consente, dunque, di ritenere la\nmisura formalmente extra-penale dell\u0027isolamento disciplinare una pena\nin senso sostanziale. \n    2.10.1. La giurisprudenza di legittimita\u0027,  tuttavia,  sul  punto\nnon risulta univoca, registrandosi in seno alla  stessa  due  opposti\norientamenti. Con due  sentenze  la  Sesta  sezione  della  Corte  di\ncassazione (Cass., VI, n. 31873/2017 e Cass., VI,  n.  1645/2020)  ha\naffermato   che   l\u0027isolamento   disciplinare,   per   qualificazione\ngiuridica, natura e grado di severita\u0027, non  puo\u0027  essere  equiparato\nalla sanzione penale (2) . Viceversa, con due  pronunce  della  Prima\nsezione, la Suprema Corte (Cass.  I,  n.  15865/2021;  Cass.,  I,  n.\n21348/2021) ha riconosciuto la natura sanzionatoria del  procedimento\ndisciplinare  e  ha   riconosciuto,   avuto   riguardo   al   profilo\ncontenutistico, la natura sostanzialmente penale delle sole  sanzioni\ndisciplinari carcerarie piu\u0027 gravi,  ossia  quelle  interferenti  con\nbeni personali primari del  detenuto   (3)  (in  tal  senso  gia\u0027  in\nprecedenza si era espressa Cass., Sez. II, n. 9184  del  15  dicembre\n2016, Rv. 269237 - 01). \n    Per le ragioni gia\u0027 esposte non  puo\u0027  che  aderirsi  al  secondo\ndegli orientamenti ora succintamente riportati. \n    In questo stesso senso  pare  orientata  anche  la  piu\u0027  recente\ngiurisprudenza  costituzionale,  secondo  la   quale   «le   sanzioni\ndisciplinari  attengano  in  senso  lato  al  diritto   sanzionatorio\npunitivo, e proprio per tale ragione  attraggano  su  di  se\u0027  alcune\ndelle garanzie che la Costituzione  e  le  carie  internazionali  dei\ndiritti riservano alla pena» (cfr. Corte costituzionale, sentenza  n.\n197 del 2018, par. 11 cons. in dir.,  espressasi  con  riguardo  alla\nresponsabilita\u0027 disciplinare dei magistrati ordinari). \n    A siffatta  estensione  delle  guarentigie  proprie  del  diritto\npenale non pare  dover  fare  eccezione  il  sistema  delle  sanzioni\ndisciplinari applicabili ai detenuti  e  agli  internati.  Come  gia\u0027\nprecisato,  infatti,  e\u0027  sufficiente  a   qualificare   una   misura\nformalmente extra-penale come pena sostanziale il riscontro anche  di\nuno solo dei tre macro criteri  Engel  gia\u0027  indicati.  Nel  caso  di\nspecie, invero, l\u0027isolamento disciplinare tende a mostrarsi come  una\nsanzione  sostanzialmente  penale   in   virtu\u0027   di   piu\u0027   criteri\nutilizzabili. \n    2.10.2. In primo luogo, infatti, il diritto  nazionale  qualifica\nespressamente la misura come «sanzione» e ne delinea un contenuto del\ntutto equivalente alla  sanzione  penale  aggiuntiva  dell\u0027isolamento\ndiurno (il quale accede alla pena dell\u0027ergastolo). \n    2.10.3. La natura dell\u0027infrazione ha spessore criminoso in virtu\u0027\ndi plurimi indici:  l\u0027interesse  leso  e\u0027  chiaramente  di  carattere\ngenerale, trattandosi di danneggiamento di beni pubblici e  destinati\na pubblico servizio, nonche\u0027 di  beni  strumentali  alla  vita  della\ncomunita\u0027 carceraria; cio\u0027 e\u0027 testimoniato anche dal dato per cui  il\nmedesimo   fatto   di   danneggiamento   delle   cose    appartenenti\nall\u0027amministrazione penitenziaria e\u0027 punito a titolo di  reato  (art.\n635, comma II, n. 1. del codice penale) ed e\u0027, peraltro,  procedibile\nd\u0027ufficio. \n    2.10.4. Giova poi evidenziare che la natura della sanzione  e  il\nsuo  scopo  sono  chiaramente   punitivi.   Sulla   distinzione   tra\nafflittivita\u0027 e punizione si sono, invero, di recente espresse in via\ngenerale (sebbene con riferimento ad altro  tema)  le  Sezioni  Unite\n(Cass. Pen., Sez. Un., 8 febbraio 2025 (ud. 26  settembre  2024),  n.\n13783), le quali hanno evidenziato come  sussista  tra  afflizione  e\npunizione un  rapporto  di  genere  a  specie,  nel  senso  che  ogni\npunizione e\u0027 afflittiva, ma  non  ogni  misura  afflittiva  e\u0027  anche\npunitiva.  Il  proprium  della  punizione  risiede,  infatti,   nella\nfinalita\u0027   della   sanzione   in   senso   stretto,   che   consiste\nnell\u0027assolvere, ad un tempo, ad una funzione di prevenzione  generale\ne di  prevenzione  speciale;  la  sanzione  propriamente  intesa  e\u0027,\ndunque, quella che punisce, infliggendo un male,  per  dissuadere  il\ncorpo sociale (o il gruppo ristretto cui la  norma  e\u0027  rivolta),  in\ngenerale, e il sanzionato, in particolare,  dal  commettere  illeciti\ndel medesimo tipo. \n    Tale  pare  essere  per  l\u0027appunto  la  funzione  della  sanzione\ndisciplinare dell\u0027isolamento. \n    A nulla varrebbe, peraltro, evocare una  finalita\u0027  regolativa  e\nordinatoria della vita carceraria. Dopotutto, lo scopo  primario  del\ndiritto penale e\u0027 quello di assicurare al monopolista della forza  il\ncontrollo sociale in forma coercitiva; in cio\u0027 non  e\u0027  dissimile  il\nprovvedimento col quale s\u0027irroghi  una  grave  sanzione  disciplinare\nvolta a dissuadere il sanzionato (e gli altri detenuti) dal  compiere\nnuovamente atti che pongano in pericolo la serenita\u0027 della  comunita\u0027\ncarceraria.  Sicche\u0027,  la  non   negabile   funzione   regolativa   e\nordinatoria riconducibile alle sanzioni disciplinari dell\u0027ordinamento\npenitenziario non consente affatto di escludere la funzione  punitiva\ndella sanzione stessa. \n    Ne\u0027 pare persuasivo l\u0027argomento collegato che, per  escludere  la\nnatura sostanzialmente penale della sanzione  disciplinare,  fa  leva\nsul fatto che  le  sanzioni  disciplinari  sono  valide  ed  efficaci\nsoltanto all\u0027interno di una ristretta cerchia di  consociati:  da  un\nlato, tale dato  e\u0027  comune  altresi\u0027  ad  illeciti  che  sono  anche\nformalmente penali  (si  pensi  al  settore  dell\u0027ordinamento  penale\nmilitare); dall\u0027altro, le sanzioni disciplinari applicate ai detenuti\npresentano un\u0027innegabile specificita\u0027, consistente nel fatto  che  il\ndetenuto non puo\u0027 sottrarsi alle regole e alle sanzioni  disciplinari\nsemplicemente  allontanandosi  volontariamente  da   quella   cerchia\nristretta. \n    D\u0027altronde, nel caso Ezeh et Connors c. Royaume-Uni (relativo per\nl\u0027appunto a sanzioni disciplinari applicate a due detenuti) la Grande\nCamera della Corte di Strasburgo, richiamando il  proprio  precedente\nnel caso Campbell  et  Fell,  ha  espressamente  confutato  i  citati\nargomenti avanzati dal Governo del Regno Unito (4) e poi concluso per\nla  natura  sostanzialmente  penale  delle  sanzioni   applicate   ai\nricorrenti, pur previste dal regolamento penitenziario e  qualificate\nformalmente come sanzioni disciplinari. \n    2.10.4. In terzo luogo, affinche\u0027 il delineato scopo punitivo sia\nidoneo ad essere raggiunto dalla sanzione, e\u0027 necessario saggiare  la\ngravosita\u0027  della  stessa,   ossia   l\u0027idoneita\u0027   a   generare   nel\ndestinatario una significativa sofferenza e afflizione. E\u0027  evidente,\ninfatti, come a fronte di  una  sanzione  particolarmente  mite,  gli\nobiettivi  di  prevenzione  generale  e  speciale  sfumerebbero.   La\nseverita\u0027 della sanzione dell\u0027isolamento si deduce con  facilita\u0027  da\ntutti gli elementi gia\u0027 posti in risalto; e in particolare, dal fatto\nche il legislatore la considera una modalita\u0027 idonea ad aggravare  la\npena piu\u0027 grave che l\u0027ordinamento conosca, dal fatto che varie  carte\ninternazionali  presidino   la   misura   di   molteplici   garanzie,\nlimitandone l\u0027applicazione e vietandola con  riferimento  a  soggetti\nvulnerabili, nonche\u0027 dal dato oggettivo per cui  la  stessa  sanzione\npuo\u0027 produrre  gravi  pregiudizi  sul  detenuto;  quest\u0027ultimo  -  va\nricordato - prima di essere  sottoposto  ad  isolamento  deve  essere\noggetto di visita medica  di  idoneita\u0027  a  sopportare  la  misura  e\noggetto di costante controllo sanitario;  la  sanzione  in  questione\ncomporta una pesante limitazione della liberta\u0027 di  comunicazione.  A\ncio\u0027  solo  si  aggiungono  gli  ulteriori  effetti  indiretti  circa\nl\u0027accesso a permessi premio e liberazione anticipata gia\u0027 menzionati. \n    La gravosita\u0027 della  sanzione  e\u0027  testimoniata,  inoltre,  dalla\nprocedura  garantita  prevista  per  la  sua  irrogazione:   non   e\u0027\ncompetente il direttore dell\u0027istituto, ma il Consiglio di  disciplina\n(art. 40 ord. pen.), contro la cui decisione e\u0027  ammesso  reclamo  al\nMagistrato di sorveglianza (art. 69, comma 6, lettera a), ord. pen.).\nQuest\u0027ultimo nella regolarita\u0027 dei casi  esercita  sul  provvedimento\ndisciplinare un sindacato di legittimita\u0027; mentre, e\u0027  tributario  di\nun sindacato di merito della decisione del  Consiglio  di  disciplina\nnell\u0027ipotesi della sanzione  dell\u0027isolamento  durante  la  permanenza\nall\u0027aria aperta e della sanzione dell\u0027esclusione dalle  attivita\u0027  in\ncomune. Si tratta, infatti, delle sanzioni disciplinari piu\u0027 gravi  e\nche  maggiormente  hanno   l\u0027attitudine   ad   attingere   i   valori\nfondamentali della persona del detenuto. \n    D\u0027altro  canto,  l\u0027art.  59  delle  citate  regole  penitenziarie\neuropee stabilisce garanzie processuali per il detenuto  accusato  di\nun\u0027infrazione disciplinare pressoche\u0027 identiche a quelle  che  l\u0027art.\n6, par. 3, CEDU riconosce alla persona accusa di un reato. \n    2.10.5. Per tali ragioni,  quantomeno  la  sanzione  disciplinare\npiu\u0027 grave deve  essere  qualificata  come  sanzione  sostanzialmente\npenale. \n    A nulla valgono, peraltro. possibili parallelismi con le sanzioni\ndisciplinari conosciute nell\u0027ambito del diritto del lavoro.  In  quel\ncontesto, oltre a venire  in  rilievo  un  rapporto  consensuale  tra\nprivati e non gia\u0027 un  rapporto  di  soggezione  tra  amministrazione\npenitenziaria e una persona  privata  della  liberta\u0027  personale,  la\nsanzione disciplinare assolve ad una funzione del tutto peculiare. La\nsanzione   disciplinare   del   lavoratore,    infatti,    presuppone\nsostanzialmente un inadempimento (quantomeno parziale) di  una  delle\nobbligazioni che gravano sul lavoratore (obbligazione  prestazionale,\nobbligo di fedelta\u0027, etc.); a fronte di cio\u0027, ove l\u0027inadempimento non\nabbia  scarsa  rilevanza,  l\u0027ordinamento  civile  riconoscerebbe   il\ndiritto del creditore (in questo caso, dunque, del datore di  lavoro)\ndi  risolvere  il  rapporto  contrattuale.  Al  fine  di  scongiurare\nl\u0027interruzione del rapporto di lavoro a fronte di inadempimenti  che,\nseppur di non scarsa importanza, non siano tanto gravi  da  incrinare\nirrimediabilmente il rapporto tra  lavoratore  e  datare  di  lavoro,\nl\u0027ordinamento ha apprestato strumenti  manutentivi  del  rapporto  di\nlavoro. La sanzione disciplinare in questo peculiare ambito compendia\ne bilancia, dunque, le contrapposte esigenze del lavoratore,  che  ha\ninteresse a mantenere il posto di lavoro, e del datore di lavoro, che\nha il diritto di non subire inerme l\u0027inadempimento del lavoratore. \n    2.11. Dalla riconduzione dell\u0027illecito disciplinare in  scrutinio\ne della relativa sanzione dell\u0027isolamento al  concetto  convenzionale\ndi «materia penale», emerge un serio dubbio  circa  il  rispetto  del\nprincipio di rango costituzionale e convenzionale del divieto di  bis\nin idem di cui agli articoli 24 e 111 della Costituzione e all\u0027art. 4\ndel Protocollo addizionale n. 7 alla CEDU. \n    2.11.1.  Il  principio   e\u0027   stato   oggetto   di   fondamentali\npronunciamenti della Corte di Strasburgo e della Corte costituzionale\nin anni recenti. Con la sentenza ... del 2014, la  Corte  europea  ha\naffermato che la natura  sostanzialmente  penale,  alla  stregua  dei\ncriteri Engel, di sanzioni formalmente extra-penali per l\u0027ordinamento\nnazionale comporta la violazione del ne bis in idem laddove il  fatto\nstorico per cui si e\u0027 proceduto sia  il  medesimo.  Con  la  sentenza\nNykanen c. Finlandia del 2014, la Corte ha, peraltro,  precisato  che\ndal   divieto   in   parola   derivano   tre   distinte   prerogative\ndell\u0027individuo: i. il diritto di non essere esposti alla possibilita\u0027\ndi essere processuali una seconda volta; ii. il diritto a non  essere\nconcretamente processati una seconda volta; iii. il  diritto  di  non\nessere condannati due volte per il medesimo fatto. \n    Dalla giurisprudenza  convenzionale  si  delineava  una  garanzia\nprocedimentale autonoma ed inderogabile (salve le ipotesi  del  tutto\neccezionali stabilite dall\u0027art. 4, par. 2, del Protocollo addizionale\nn. 7 alla Cedu). Com\u0027e\u0027 noto, la Corte di Strasburgo, con la sentenza\nA. e B. c. Norvegia del 2016, ha teso a  relativizzare  il  principio\nprocessuale del ne bis in idem, elidendo  il  carattere  inderogabile\ndel divieto  innestandovi  valutazioni  discrezionali  in  ordine  ai\nrapporti tra i piu\u0027 procedimenti che  s\u0027interessino  di  un  medesimo\nfatto e dando rilievo a profili di diritto  sostanziale  legati  alla\nproporzionalita\u0027 della sanzione. \n    La Corte costituzionale, con sentenza n. 43  del  2018  ha  avuto\nmodo di osservare che «Il ne bis in idem convenzionale cessa di agire\nquale regola inderogabile conseguente alla sola presa d\u0027atto circa la\ndefinitivita\u0027 del primo  procedimento,  ma  viene  subordinato  a  un\napprezzamento proprio della discrezionalita\u0027 giudiziaria in ordine al\nnesso che lega i procedimenti,  perche\u0027  in  presenza  di  una  \"dose\nconnection\" e\u0027 permesso proseguire nel nuovo giudizio ad  onta  della\ndefinizione dell\u0027altro. \n    Inoltre neppure si puo\u0027 continuare a sostenere che il divieto  di\nbis in idem convenzionale ha  carattere  esclusivamente  processuale,\ngiacche\u0027 criterio eminente per affermare o negare il legame materiale\ne\u0027   proprio   quello    relativo    all\u0027entita\u0027    della    sanzione\ncomplessivamente  irrogata.  Se  pertanto  la  prima  sanzione  fosse\nmodesta, sarebbe in linea di  massima  consentito,  in  presenza  del\nlegame  temporale,  procedere  nuovamente   al   fine   di   giungere\nall\u0027applicazione  di  una  sanzione  che  nella  sua  totalita\u0027   non\nrisultasse  sproporzionata,  mentre  nel  caso  opposto   il   legame\nmateriale dovrebbe ritenersi spezzato e il divieto  di  bis  in  idem\npienamente operante. \n    Cosi\u0027, cio\u0027 che il divieto di bis in idem ha perso in termini  di\ngaranzia individuale, a causa  dell\u0027attenuazione  del  suo  carattere\ninderogabile,  viene  compensato  impedendo  risposte  punitive   nel\ncomplesso sproporzionate». \n    Alla  luce  di  tali  pronunciamenti,  al  fine  di  vagliare  la\nlegittimita\u0027 di un doppio  procedimento  e\u0027  necessario  accertare  i\nseguenti profili: \n        l\u0027esistenza di una connessione sufficientemente stretta fra i\nprocedimenti, per oggetto e per tempistiche, la quale deve consentire\nanche adeguate modalita\u0027 di coordinamento fra le autorita\u0027 procedenti\nal  fine   di   evitare   duplicazioni   istruttorie   a   detrimento\ndell\u0027attivita\u0027 difensiva del soggetto sottoposto ai procedimenti; \n        la prevedibilita\u0027 del doppio procedimento  (e  della  duplice\nrisposta sanzionatoria); \n        il perseguimento di  finalita\u0027  diverse  e  complementari  da\nparte dei due procedimenti, mirando  in  astratto  e  in  concreto  a\nsanzionare profili diversi della condotta illecita; \n        il  rispetto,  considerando  la  sanzione  complessiva,   del\nprincipio di proporzionalita\u0027. \n        Se il c.d. close connection  test  ha  esito  positivo  e  la\nproporzionalita\u0027 della pena e\u0027 salvaguardata, non  vi  e\u0027  violazione\ndel ne bis in idem. Solo in questi  casi,  dunque,  la  scelta  dello\nStato  di  articolare  la  risposta  punitiva  anche   mediante   una\npluralita\u0027 di tipologie di sanzioni non e\u0027 censurabile. \n    2.11.2. Tanto premesso sul  punto,  deve  evidenziarsi  come  tra\nl\u0027illecito disciplinare previsto  dall\u0027art.  77,  comma  1,  n.  13),\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000 e il reato di cui\nall\u0027art. 635, comma II, n. 1, del codice  penale  vi  e\u0027  sostanziale\nsovrapposizione. \n    Il primo, infatti, punisce colui che realizza un  «danneggiamento\ndi beni dell\u0027amministrazione», mentre il secondo punisce (per  quanto\nin questa sede rileva) colui che «distrugge,  disperde,  deteriora  o\nrende, in tutto o in parte, inservibili [id est, danneggia]  le  cose\nindicate nel numero 7) dell\u0027art. 625», cioe\u0027 le  cose  «esistenti  in\nuffici o stabilimenti pubblici, [...] o destinate a pubblico servizio\no a pubblica utilita\u0027». \n    La condotta e\u0027  la  medesima,  l\u0027oggetto  del  danneggiamento  e\u0027\ncoincidente atteso che i «beni dell\u0027amministrazione» cui si riferisce\nil citato art. 77 non possono  che  essere  i  beni  che  si  trovano\nall\u0027interno dell\u0027istituto penitenziario  (ossia,  un  ufficio  o  uno\nstabilimento  pubblico)  ovvero   altri   beni   dell\u0027amministrazione\npenitenziaria che sono logicamente  destinati  al  servizio  pubblico\nsvolto dalla medesima (si pensi, ad esempio,  ai  veicoli  utilizzati\nper la traduzione dei  detenuti).  Ne  deriva  che,  ogni  volta  che\nl\u0027illecito disciplinare sia integrato dal detenuto, risulta integrato\nanche il delitto di cui all\u0027art. 635, comma  II,  n.  1,  del  codice\npenale. \n    Tra i  due  illeciti  e  tra  i  fatti  concretamente  addebitati\nall\u0027imputato nelle due diverse sedi (disciplinare  e  penale)  vi  e\u0027\nsostanziale coincidenza e, pertanto, i due illeciti hanno ad  oggetto\nun medesimo fatto ai sensi della giurisprudenza  convenzionale  (cfr.\nCorte EDU, Grande  Camera,  10  febbraio  2009,  Zolotoukhine  contro\nRussia, spec. paragrafi 79-84). \n    Vi e\u0027, a ben riflettere, un rapporto di  specialita\u0027  unilaterale\ntra l\u0027illecito disciplinare di danneggiamento e il reato codicistico.\nL\u0027ordinamento non contempla tuttavia  una  norma  -  sulla  falsariga\ndell\u0027art.  9,  legge  n.  689/1981  - che  regoli  il   rapporto   di\nspecialita\u0027 tra illecito disciplinare e illecito penale;  ne\u0027  l\u0027art.\n9,  legge  n.   689/1981,   relativo   ai   rapporti   tra   illecito\namministrativo e illecito penale, e\u0027 applicabile al caso di specie. \n    2.11.3. In alcuni settori, nei quali non  opera  il  criterio  di\nspecialita\u0027 come canone risolutivo del concorso di norme punitive, il\nlegislatore  nazionale  ha  teso  altrimenti  ad  evitare  la  doppia\npunizione. In questa sede, due esempi sono di particolare importanza.\nIn primo luogo, si fa riferimento a quanto prevede l\u0027art.  33,  comma\nII, ord. pen. in caso di evasione per mancato  rientro  dal  permesso\npremio: in ossequio al principio  di  proporzione  ed  extrema  ratio\ndella   sanzione   penale,   tale   evasione   costituisce   illecito\ndisciplinare se il detenuto fa  rientro  nell\u0027istituto  penitenziario\nentro dodici ore, mentre integra il reato di  cui  all\u0027art.  385  del\ncodice penale solo ove si superi detta soglia temporale.  In  secondo\nluogo, si ha riguardo a quanto sancisce l\u0027art. 4,  comma  1,  lettera\nc), decreto legislativo n.  7  del  2016,  laddove,  nell\u0027elevare  ad\nillecito civile punitivo la condotta  di  danneggiamento  delle  cose\nmobili o immobili altrui, prevede che la sanzione civile si  applichi\nsolo ove non sia applicabile la sanzione penale. \n    2.11.4. Nell\u0027ipotesi del  concorso  tra  l\u0027illecito  disciplinare\npenitenziario di danneggiamento e il delitto di danneggiamento non vi\ne\u0027 alcuna norma  di  raccordo  che  consenta  di  evitare  la  doppia\npunizione;  pertanto,  come  anticipato,  il   duplice   procedimento\npunitivo porta a violare il principio del ne bis in idem. \n    2.11.5. Tutte le sentenze della Corte  di  cassazione  che  hanno\naffrontato la questione hanno del resto escluso l\u0027applicabilita\u0027  del\nprincipio del ne bis in idem e confermato la validita\u0027 delle condanne\nin sede penale  (nonostante  la  precedente  sanzione  disciplinare),\ntalora riconoscendo la natura sostanzialmente penale  della  sanzione\ndell\u0027esclusione dalle attivita\u0027 in comune ma  affermando  esservi  un\nsufficiente collegamento tra i due procedimenti (cosi\u0027, Cass. pen.  ,\nSez. II, n. 9184 del 15 dicembre  2016,  Rv.  269237  -  01),  talora\nnegando la natura sostanzialmente penale della sanzione  disciplinare\n(cosi\u0027, da ultimo, Cass., Sez. 2, sentenza n. 10399 del 2024). \n    In particolare, nella sentenza Sez. II, n. 9184 del  15  novembre\n2016, Rv. 269237 - 01,  la  Corte  ha  affermato:  «Non  sussiste  la\npreclusione all\u0027esercizio dell\u0027azione penale di cui all\u0027art. 649  del\ncodice di procedura penale, quale  conseguenza  della  gia\u0027  avvenuta\nirrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione  amministrativa  ma\nformalmente \"penale\", ai sensi dell\u0027art. 7 CEDU -  come  interpretato\ndalla sentenza della Corte europea dei diritti dell\u0027uomo nella  causa\nA e B c/Norvegia del 15 novembre 2016 - allorquando le due  procedure\nrisultino complementari, in  quanto  dirette  al  soddisfacimento  di\nfinalita\u0027 sociali  differenti,  e  determinino  l\u0027inflizione  di  una\nsanzione penale \"integrata\", che  sia  prevedibile  e,  in  concreto,\ncomplessivamente  proporzionata   al   disvalore   del   fatto.   (In\napplicazione del principio,  la  S.C.  ha  annullato  con  rinvio  la\nsentenza che aveva dichiarato non doversi procedere per il  reato  di\ndanneggiamento aggravato commesso da  un  detenuto  su  una  finestra\ndella casa circondariale in  cui  era  ristretto,  sulla  base  della\nconsiderazione  che  l\u0027imputato  aveva  gia\u0027   subito   la   sanzione\ndisciplinare della esclusione dalle attivita\u0027 in  comune  per  cinque\ngiorni)». \n    La conclusione non e\u0027 condivisibile, poiche\u0027 dei  citati  quattro\nelementi da vagliare in applicazione del c.d. dose  connection  test,\nnel   caso   di   specie   risulta   rispettata   esclusivamente   la\nprevedibilita\u0027 del doppio procedimento e della doppia sanzione. \n    2.11.6. Non sussiste  alcun  coordinamento  tra  il  procedimento\ndisciplinare e il procedimento penale che sia idoneo a scongiurare  i\npregiudizi per l\u0027individuo che il ne bis in idem vuole evitare. \n    La  possibilita\u0027  riconosciuta,   dall\u0027art.   79,   decreto   del\nPresidente della Repubblica n. 230/2000, al Consiglio  di  disciplina\ndi  sospendere  il  procedimento  disciplinare  in  pendenza  di   un\nprocedimento  penale   costituisce   un   potere   discrezionale   (e\nsostanzialmente    insindacabile)    dell\u0027autorita\u0027    amministrativa\nprocedente, il quale non ha  peraltro  lo  scopo  di  scongiurare  la\ndoppia  punizione  (non  essendo  prevista  alcuna   causa   di   non\napplicazione della sanzione  disciplinare  dipendente  dall\u0027eventuale\ncondanna in sede penale), ma  verosimilmente  quello  di  evitare  il\npossibile  contrasto  di  decisioni.  Si  tratta,  inoltre,  di   una\npossibilita\u0027 astratta, essendo statisticamente infrequente. \n    D\u0027altro canto, deve osservarsi come il procedimento  disciplinare\n(regolato dall\u0027art. 81, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.\n230/2000) si  caratterizza  per  la  sommarieta\u0027  delle  forme  e  la\ncelerita\u0027, la quale garantisce ad un tempo una spiccata  effettivita\u0027\ndella sanzione e una significativa efficacia deterrente. \n    Normalmente, infatti, il procedimento penale prende avvio  quando\nil procedimento disciplinare si e\u0027 gia\u0027 concluso (nel caso in  esame,\nad esempio, il procedimento  disciplinare  si  esauriva  nell\u0027ottobre\n2021 e il pubblico ministero esercitava l\u0027azione  penale  nell\u0027aprile\n2023). \n    Peraltro,  la  mancanza  di  coordinamento  tra  i   procedimenti\nsanzionatori  e,  quindi,  il  notevole  lasso  temporale  che   puo\u0027\nintercorrere   tra   l\u0027applicazione   della   sanzione   disciplinare\n(normalmente molto vicina al fatto) e la concreta applicazione  della\npena conseguente alla  condanna  penale  possono  condurre  ad  esiti\naltamente disfunzionali.  Il  detenuto  sanzionato  disciplinarmente,\ninfatti, ben  potrebbe  gia\u0027  essere  uscito  dal  carcere  allorche\u0027\nsopraggiunga la  condanna  penale  irrevocabile;  pertanto,  potrebbe\nessere costretto  a  fare  nuovo  ingresso  nell\u0027istituto  carcerario\nrendendo vani gli sforzi inerenti  al  delicato  reinserimento  nella\nsocieta\u0027 del soggetto. Si tratta  di  un  risultato  che  non  appare\ngiustificato ove tale soggetto, per il medesimo fatto, sia gia\u0027 stato\nsufficientemente sanzionato. \n    2.11.7. Per le ragioni gia\u0027 esposte, poi, non puo\u0027 ritenersi  che\ni due  procedimenti  sanzionatori  e  le  due  sanzioni  attendano  a\nfunzioni diverse, come pare sostenere la Corte  di  cassazione  nella\ncitata  sentenza  n.  9184  del  15  dicembre   2016.   La   sanzione\ndisciplinare penitenziaria, infatti,  nel  presentare  una  finalita\u0027\nregolativa e ordinatoria della vita  della  comunita\u0027  dei  detenuti,\nassolve ineluttabilmente  ad  una  funzione  punitiva  (repressiva  e\ndissuasiva),  che  e\u0027  propria  anche  della  sanzione  penale  (come\nriconosciuto anche dalla Corte EDU nella  gia\u0027  citata  sentenza  nel\ncaso Ezeh et Connors c. Royaume-Uni). \n    2.11.8. Infine, il combinarsi delle  due  sanzioni  (l\u0027isolamento\nper un massimo di giorni quindici e la pena da mesi sei ad  anni  tre\ndi reclusione) non  garantisce  la  proporzionalita\u0027  della  risposta\nsanzionatoria.  La  mancanza  di   coordinamento   procedimentale   e\nl\u0027assenza di idonee soglie di offensivita\u0027 che  selezionino  i  fatti\npiu\u0027 gravi, meritevoli di  rilevanza  penale,  rispetto  al  generale\nillecito   disciplinare   finiscono   per   generare   un   compendio\nsanzionatorio eccessivo ed ingiustificato. \n    Sono gia\u0027 stati ampiamente posti in  rilievo,  infatti,  tutti  i\nprofili di afflittivita\u0027 e gravosita\u0027 della sanzione dell\u0027isolamento.\nIn tale sede e\u0027 sufficiente soggiungere  come  tale  incidenza  della\nsanzione sui valori primari della  persona  risulti  aggravata  dalla\nparticolare effettivita\u0027 della misura  dell\u0027isolamento  disciplinare,\ncelere e di applicazione immediata (elementi questi da valutare nella\nmisurazione dell\u0027afflittivita\u0027 della sanzione, come ha evidenziato la\nstessa Corte costituzionale con la sentenza n. 223 del 2018). \n    In conclusione, si deve ritenere che l\u0027isolamento continuo per la\ndurata massima di giorni quindici e la sanzione penale (che non  puo\u0027\nscendere al di sotto di sei mesi  di  reclusione)  costituiscano  una\nrisposta sanzionatoria manifestamente eccessiva rispetto a  fatti  di\nmodesto   rilievo   offensivo,    trattandosi    frequentemente    di\ndanneggiamenti di oggetto di modico valore. Si deve peraltro rilevare\nche ne\u0027 l\u0027illecito disciplinare  ne\u0027  il  delitto  di  danneggiamento\ncontemplano - al fine di selezionare i  fatti  che  potrebbero  darvi\nluogo  -  soglie  quantitative  in  relazione  al  valore  dei   beni\ndanneggiati. \n    2.12. Pertanto, il doppio  procedimento  e  la  duplice  sanzione\npunitiva sembrano violare il principio  del  ne  bis  in  idem:  pare\nnecessario pertanto l\u0027intervento della Corte costituzionale, volto  a\nconsentire di applicare  la  disciplina  dettata  dall\u0027art.  649  del\ncodice di procedura  penale  anche  all\u0027ipotesi  in  cui  si  proceda\npenalmente  per  un  fatto  che  e\u0027  gia\u0027  stato  punito  in   ambito\npenitenziario mediante la sanzione disciplinare dell\u0027isolamento. \n    2.13. Nell\u0027ipotesi in cui la Corte non dovesse  ritenere  fondata\nla prospettata questione di legittimita\u0027 dell\u0027art. 649 del codice  di\nprocedura penale, in via subordinata si  deve  sollevare  l\u0027ulteriore\nquestione   concernente   la   proporzionalita\u0027    del    trattamento\nsanzionatorio complessivamente irrogabile (e dunque il rispetto degli\narticoli 3, 13 e 27, comma 1 e comma 3, Cost., da cui  e\u0027  ricavabile\ndi  principio  di  proporzionalita\u0027  della  pena)  all\u0027autore  di  un\ndanneggiamento  - anche  di  modesta  rilevanza   -   derivante   dal\ncombinarsi  della  piu\u0027  grave  sanzione  disciplinare  e  della  non\nminimale sanzione penale prevista dall\u0027art. 635 del codice penale. \n    2.13.1.  L\u0027illecito  disciplinare  e\u0027  punito  con  la   sanzione\n(dotata -   come   gia\u0027   detto -   di   particolare   afflittivita\u0027)\ndell\u0027isolamento per la durata massima di giorni quindici. Il reato di\ndanneggiamento di cui al  secondo  comma  dell\u0027art.  635  del  codice\npenale e\u0027 punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. \n    Al fine di comparare le  due  sanzioni  di  specie  diversa  puo\u0027\nessere utile fare riferimento a quanto prevede l\u0027art. 72  del  codice\npenale,  senza  elevarlo  a  stretto  parametro  di  ragguaglio,   ma\nimpiegabile  come  parametro   orientativo   di   riferimento.   Tale\ndisposizione, infatti, prevede l\u0027isolamento diurno per la  durata  da\nmesi sei ad anni tre in caso di concorso con un  delitto  punito  con\nl\u0027ergastolo di altro delitto punito con  la  pena  perpetua,  nonche\u0027\nl\u0027isolamento per la durata da mesi due a mesi  diciotto  in  caso  di\nconcorso con un delitto punito con la pena  dell\u0027ergastolo  di  altri\ndelitti puniti con pene temporanee complessivamente superiori ad anni\ncinque. \n    In  tale  sede,  dunque,  l\u0027ordinamento  mostra  di   considerare\nl\u0027isolamento diurno per la durata di mesi due  quale  pena  aggravata\nidonea a punire il condannato che si sia reso responsabile  di  altri\ndelitti in concreto puniti con  pena  detentiva  superiore  a  cinque\nanni. Sebbene, pertanto, tali parametri non  costituiscano  autentici\ncriteri di ragguaglio, gli stessi consentono di dare la misura  della\ngravita\u0027 della sanzione dell\u0027isolamento. \n    2.13.2. Alla luce di cio\u0027, l\u0027isolamento continuo  per  la  durata\nmassima di giorni quindici sembra gia\u0027  remunerare  adeguatamente  il\ndisvalore del fatto di danneggiamento. E tuttavia, allorche\u0027  non  si\nritenga  integralmente   illegittima   l\u0027irrogazione   dell\u0027ulteriore\nsanzione penale  (per  violazione  dei  requisiti  anche  sostanziali\nsottesi al citato principio del ne  bis  in  idem),  dovrebbe  essere\nconsentito al giudice - cui e\u0027 affidato il compito di commisurare  in\nconcreto la sanzione al fatto - di applicare una  pena  inferiore  al\nminimo edittale previsto dall\u0027art. 635 del codice  penale  quando  il\nmedesimo  fatto  risulti  essere  gia\u0027   stato   punito   sul   piano\ndisciplinare. \n    Il rispetto (di cui comunque si dubita) del principio del ne  bis\nin idem, lascia infatti  impregiudicata  l\u0027autonoma  valutazione  che\ndeve essere compiuta in ordine alla proporzionalita\u0027 della pena (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza  n.  149  del  2022,  par.  5.1.1  del\nconsiderato in diritto). \n    2.13.3.  Deve   peraltro   rilevarsi   come   il   principio   di\nproporzionalita\u0027 e\u0027 un requisito  fondamentale  di  legittimita\u0027  che\nriguarda non solo la pena, ma tutte le sanzioni punitive. Si pensi in\nquesta prospettiva a quanto ha riconosciuto la  Corte  costituzionale\nin relazione alle sanzioni disciplinari punitive (sentenza n. 197 del\n2018) e a quanto hanno osservato le Sezioni Unite con riferimento  ai\ncc.dd, danni punitivi (Cass. Civ., Sez. Un. 5 luglio 2017, n. 16601). \n    2.13.4.  D\u0027altro  canto,  la  stessa  Corte   costituzionale   ha\naffermato che il principio di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  cardine  del\nnostro ordinamento costituzionale in  relazione  a  qualunque  misura\nquale  che  ne  sia  la  relativa  funzione  che  incida  su  diritti\nfondamentali dell\u0027individuo. \n    Cio\u0027 porta a concludere che - quand\u0027anche  si  ritenesse  che  la\nsanzione disciplinare dell\u0027esclusione dalle attivita\u0027 in  comune  non\nsia di natura sostanzialmente penale - la stessa, in quanto  comunque\ncertamente  afflittiva,  dovrebbe  in  ogni  caso  essere  presa   in\nconsiderazione  nel  valutare  la  proporzionalita\u0027  della   risposta\nsanzionatoria complessiva dell\u0027ordinamento ad un fatto che integri al\ntempo stesso un illecito disciplinare e  un  reato.  Nel  commisurare\nconcretamente la pena  nei  confronti  di  un  soggetto  che  per  il\nmedesimo fatto abbia gia\u0027  patito  la  citata  sanzione  disciplinare\nmassima, il giudice - a prescindere  dalla  natura  punitiva  o  meno\ndella   sanzione   disciplinare   -   onde   evitare   una   risposta\ndell\u0027ordinamento   (complessivamente   considerata)    sproporzionata\ndovrebbe poter applicare una pena inferiore al minimo edittale. \n    2.13.5 Al fine di adeguare  la  sanzione  al  fatto  non  risulta\ncoerentemente  utilizzabile  l\u0027espediente  del  riconoscimento  delle\ncircostanze attenuanti generiche di cui all\u0027art.  62-bis  del  codice\npenale, sia perche\u0027 queste devono fondarsi su presupposti altri e non\nrappresentano,  nella  loro  fisiologia,  uno  strumento   idoneo   a\ncorreggere un trattamento edittale sproporzionato  (si  veda  tra  le\naltre la sentenza della Corte costituzionale n.  46  del  2024),  sia\nperche\u0027  ove  l\u0027imputato  fosse  meritevole  gia\u0027  di  per  se\u0027   del\nriconoscimento delle attenuanti generiche, l\u0027aver  utilizzato  l\u0027art.\n62-bis del codice penale per dare rilievo  alla  precedente  sanzione\ndisciplinare finirebbe per obliterare le  ulteriori  e  significative\nragioni di trattamento piu\u0027 clemente (le  sole  a  trovare  legittima\nsoddisfazione nell\u0027applicazione del citato  art.  62-bis  del  codice\npenale), applicando in concreto all\u0027imputato una pena ingiusta. \n    2.13.5. L\u0027intervento della Corte  costituzionale  si  renderebbe,\npertanto, necessario al fine di consentire al giudice di collocare la\nmisura della pena al di sotto del minimo edittale - fermo  il  minimo\nstrutturale della pena della reclusione, di quindici giorni  ex  art.\n23 codice penale  -  in  ragione  dell\u0027irrogazione  della  precedente\nsanzione  disciplinare.  Nelle  ipotesi  di   c.d.   doppio   binario\nsanzionatorio (non violativo del ne bis in idem, al  ricorrere  delle\ncondizioni gia\u0027 analizzate), la  giurisprudenza  di  legittimita\u0027  e\u0027\ngia\u0027 ricorsa a questa soluzione al fine di preservare le  istanze  di\nproporzionalita\u0027 del trattamento sanzionatorio. Si fa  riferimento  a\nquanto la Corte di cassazione ha affermato in caso  di  c.d.  insider\ntrading, disapplicando il limite tracciato dal  minimo  edittale  per\ncontrarieta\u0027 al  principio  eurounitario  di  proporzionalita\u0027  delle\nsanzioni, di diretta ed immediata applicazione (cfr. Cassazione Pen.,\nSez. V, 31 ottobre 2018, n. 49869). \n    Non vertendo invece, nel caso di specie, in  materia  oggetto  di\nattribuzioni dell\u0027Unione europea, il dettato dell\u0027art. 49  CDFUE  non\npuo\u0027  condurre  alla  disapplicazione  del  minimo  edittale  di  cui\nall\u0027art. 635 del codice penale ed e\u0027, quindi, necessario l\u0027intervento\nerga omnes della Corte costituzionale. \n3. Tentativo di interpretazione conforme. \n    Alla luce del chiaro dato testuale dell\u0027art. 649  del  codice  di\nprocedura penale e del principio di legalita\u0027 delle pene con riguardo\nall\u0027art.  635  del  codice  penale,  non   e\u0027   percorribile   alcuna\ninterpretazione  adeguatrice  che  consenta  di  rendere  il  sistema\nnormativo coerente con i  parametri  di  legittimita\u0027  costituzionale\ninvocati. D\u0027altro canto, la giurisprudenza della Corte di  cassazione\ne\u0027 costante (sia pur motivando in modo diverso nelle varie  sentenze)\nnel negare la possibilita\u0027 di  applicare  le  garanzie  qui  invocate\nall\u0027imputato gia\u0027 sanzionato in via  disciplinare  con  la  (massima)\nsanzione dell\u0027esclusione dalle attivita\u0027 in comune. \n\n(1) Piu\u0027 in particolare, le citate Raccomandazioni, sanciscono  nella\n    versione in lingua ufficiale che  «60.6.a  Solitary  confinement,\n    that is the confinement of a prisoner for more than  22  hours  a\n    day without meaningful human contact, shall never be  imposed  on\n    children, pregnant women, breastfeeding mothers or  parents  with\n    infants in prison. 60.6.b The  decision on  solitary  confinement\n    shall take into account  the  current  state  of  health  of  the\n    prisoner concerned. Solitary confinement shall not be imposed  on\n    prisoners  with  mental  or  phisical  disabilities  when   their\n    condition would be exacerbated by it. Where solitary  confinement\n    has been imposed, its execution shall be terminated or  suspended\n    if the prisoner\u0027s mental or physical condition has  deteriorated.\n    60.6.c Solitay confinement shall not be imposed as a disciplinary\n    punishment, other than  in  exceptional  cases  and  then  for  a\n    specified period, which shall be as short as possible  and  shall\n    never amount to torture or  inhuman  or  degrading  treatment  or\n    punishment.  60.6.d  The  maximum  period  for   which   solitary\n    confinement may be imposed shall be set in national  law.  60.6.e\n    Where a punishment of solitary confinement is imposed for  a  new\n    disciplinary offence on a prisoner  who  has  alreadv  spent  the\n    maximum period in solitary confinement, such a  punishment  shall\n    not be implemented without first allowing the prisoner to recover\n    from the adverse effects  of  the  previous  period  of  solitary\n    confinement. 60.6.f Prisoners who  are  in  solitary  confinement\n    shall be visited daily, including by the director of  the  prison\n    or by a member of staff acting on behalf of the director  of  the\n    prison». \n\n(2) «Non integra una violazione del principio del \"ne  bis  in  idem\"\n    l\u0027irrogazione, per un fatto corrispondente a  quello  oggetto  di\n    sanzione  penale,  di  una   sanzione   disciplinare   che,   per\n    qualificazione giuridica, natura e grado di  severita\u0027  non  puo\u0027\n    essere equiparata a quella penale, secondo l\u0027interpretazione data\n    dalla sentenza emessa dalla Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo\n    nella causa \"Grande Stevens contro  Italia\"  del  4  marzo  2014.\n    (Fattispecie in cui la Corte ha  annullato  la  sentenza  di  non\n    luogo a procedere avente ad oggetto il reato  previsto  dall\u0027art.\n    341-bis del codice penale, commesso da un  detenuto,  emessa  sul\n    presupposto che per lo  stesso  fatto  fosse  stata  inflitta  la\n    sanzione disciplinare della esclusione dall\u0027attivita\u0027 in  comune;\n    in motivazione la Corte ha ritenuto che ln sanzione  disciplinare\n    indicata  non  potesse  essere  equiparata  alle   corrispondenti\n    sanzioni penali previste per il  delitto  di  oltraggio)»  (Cass.\n    Pen. Sez. 6, n. 31873 del 9 maggio 2017, P.g. in proc.  ...,  Rv.\n    270852 - 01): «Non integra una violazione del principio  del  \"ne\n    bis in idem\" l\u0027irrogazione, per  il  medesimo  fatto  oggetto  di\n    sanzione  penale,  di  una   sanzione   disciplinare   che,   per\n    qualificazione giuridica, natura e grado di  severita\u0027  non  puo\u0027\n    essere equiparata a quella penale, secondo l\u0027interpretazione data\n    dalla sentenza emessa dalla Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo\n    nella causa \"Grande Stevens contro  Italia\"  del  4  marzo  2014.\n    (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la  sentenza\n    di assoluzione dal delitto di cui all\u0027art. 337 del codice penale,\n    emessa, nei confronti di un detenuto, sul presupposto che per  il\n    medesimo fatto gli fosse stata inflitta la sanzione  disciplinare\n    prevista dall\u0027art. 391, 26 luglio 1975,  n.  354)»  (Cass,  Pen.,\n    Sez. 6. n. 1645 del 12 novembre 2019, dep. 2020, Pg, Rv. 278099 -\n    01). \n\n(3) «In  tema  di  procedimenti   disciplinari   dell\u0027amministrazione\n    penitenziaria, opera il principio del divieto di  \"bis  in  idem\"\n    per cui, una volta  concluso  il  procedimento  a  carico  di  un\n    detenuto, e\u0027 preclusa la possibilita\u0027 di una sua  riapertura  per\n    l\u0027applicazione di sanzioni per lo stesso fatto in  ragione  della\n    natura sanzionatoria del procedimento e  della  mancanza  di  una\n    esplicita previsione normativa che la consenta» (Cass. Pen., Sez.\n    1, n. 15865 del 3 marzo 2021. E., Rv. 281190 - 01); «In  tema  di\n    sanzioni disciplinari ai detenuti, e\u0027 manifestamente infondata la\n    questione  di  legittimita\u0027  costituzionale   -   sollevata   per\n    contrasto con gli arti, 3, 113 e 117 Cost. in relazione  all\u0027art.\n    6 CEDU - degli articoli 35-bis e 69, comma 6, lettera  a),  della\n    legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte  in  cui  riservano  al\n    magistrato di sorveglianza, investilo di un  reclamo  contro  una\n    sanzione disciplinare diversa dall\u0027isolamento  e  dall\u0027esclusione\n    dalle attivita\u0027 in comune, un sindacato limitato  ai  profili  di\n    legittimita\u0027 della sanzione stessa e del relativo procedimento  e\n    gli inibiscono ogni valutazione di merito, non  costituendo  tale\n    scelta  legislativa  per  gli  illeciti  meno  gravi   fonte   di\n    irrazionale disparita\u0027 di trattamento,  concernendo  la  garanzia\n    costituzionale di cui  all\u0027art.  113,  comma  2,  Cost.  il  solo\n    controllo  giurisdizionale  di  legittimita\u0027  degli  atti,  anche\n    sanzionatori, adottati dalle pubbliche  amministrazioni,  che  le\n    citate disposizioni dell\u0027ordinamento penitenziario non rinnegano,\n    e potendosi considerare penali sotto il  profilo  contenutistico,\n    ai fini dell\u0027applicazione delle garanzie di cui all\u0027art. 6  CEDU,\n    le   sole   sanzioni   disciplinari   carcerarie   piu\u0027   severe,\n    interferenti con beni personali primari del detenuto, tra i quali\n    non  rientra  la  mera  esclusione  temporanea  dalle   attivita\u0027\n    ricreative e sportive» (Cass. Pen., Sez. 1, n. 21348 del 31 marzo\n    2021, Rv. 281227 - 01). \n\n(4) «103. Dans la presente affarre, la Cour releve  en  premier  lieu\n    que les infractions en question concernaient un groupe  ayant  un\n    statut specifique, a\u0027 savoir les detenus, et non  l\u0027ensemble  des\n    citovens. Toutefois, la Cour ne souscrit  pas  a\u0027  l\u0027argument  du\n    Gonvernement selon  lequel  ce  fait  donne  aux  infractions  un\n    caractere  de  prime  abord  disciplinaire.   Ce   n\u0027est   qu\u0027une\n    \"indication\"  parmi  d\u0027autres  pour  apprecier   la   nature   de\n    l\u0027infraction (arret Campbell et Fell precite\u0027, p. 36, §71). [...]\n    105. Troisiemement, le Gouvernement fait valoir que les regles et\n    sanctions disciplinaires en prison sont  conçues  essentiellement\n    pour assurer le bon fonctionnement  d\u0027un  systeme  de  liberation\n    anticipee, de sorte que l\u0027element \"repressif\" de l\u0027infraction est\n    secondaire  par  rapport  au  but  premier  de  \"prevention\"  des\n    troubles. La Cour estime que les condamnations a\u0027  des  jours  de\n    detention supplementaires out ete\u0027 en toute hypothese  prononcees\n    a\u0027 la suite d\u0027un verdict de culpabilite\u0027 (arret Benham  precite\u0027,\n    p. 756, § 56) afin de punir les requerants pour  les  infractions\n    qu\u0027ils avaient commises et pour les empecher, eux et  les  autres\n    detenus, d\u0027eu commettre d\u0027autres. La Cour  n\u0027est  pas  convaincue\n    par l\u0027argument du Gouvernement consistant a\u0027 distinguer eutre les\n    objectifs de repression  et  de  dissuasion  des  infractions  en\n    question, ces objectifs ne  s\u0027excluant  pas  mutuellement  (arret\n    Öztürk  precite\u0027,  pp.  20-21,  §  53)  et   etant   tenus   pour\n    caracteristiques   des   sanctions   penales   (paragraphe    102\n    ci-dessus). 106.  En  consequence,  la  Cour  considere  que  ces\n    elements, même s\u0027ils ne suffisent pas en  soi  pour  l\u0027amener  a\u0027\n    conclure que les infractions reprochees  aut  requerants  doivent\n    être tenues pour  \"penales\"  aux  fins  de  la  Convention,  leur\n    impriment manifestement un aspect qui ne coincide pas  exactement\n    avec celui d\u0027un probleme de pure discipline. 107. La Cour  esimie\n    donc, comme la chambre, qu\u0027il s\u0027impose  de  passer  au  troisieme\n    critere: la nature et le degre\u0027 de severite\u0027  des  sanctions  que\n    risquaient de subir les requerants (arrets Engel et  autres,  pp.\n    34-35, § 82, et Campbell et Fell, pp. 37-38, § 72, precites.» \n\n \n                                P.Q.M. \n \n    Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss., legge n. 87/1953; \n    ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata: \n        solleva d\u0027ufficio questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndella norma di cui all\u0027art. 649 del codice di procedura penale, nella\nparte in  cui  non  prevede  che  il  giudice  pronunci  sentenza  di\nproscioglimento o di non  luogo  a  procedere  nei  confronti  di  un\nimputato per il delitto previsto dall\u0027art. 635, comma  2,  n.  1  del\ncodice penale, che, in relazione al medesimo fatto,  sia  gia\u0027  stato\nsottoposto a procedimento disciplinare,  definitivamente  conclusosi,\nper l\u0027illecito disciplinare di cui  all\u0027art.  77,  comma  1,  n.  13,\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000 per il quale  gli\nsia stata applicata la sanzione  disciplinare  dell\u0027esclusione  dalle\nattivita\u0027 in comune di cui all\u0027art. 39,  comma  1,  n.  5,  legge  n.\n354/1975, per violazione dell\u0027art. 117, comma 1  della  Costituzione,\nin relazione all\u0027art. 4 del  Protocollo  n.  7  CEDU,  nonche\u0027  degli\narticoli 24 e 111 della Costituzione; \n    e in subordine: \n        solleva d\u0027ufficio questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 635, comma 2, numero 1), del codice penale nella  parte  in\ncui non consente al giudice, in sede di  dosimetria  della  pena,  di\napplicare una pena inferiore al  minimo  edittale  nel  caso  in  cui\nl\u0027imputato sia gia\u0027 stato sanzionato,  per  il  medesimo  fatto,  per\nl\u0027illecito disciplinare di cui all\u0027art. 77, comma  1,  n.  13 decreto\ndel Pesidente della Repubblica n. 230/2000 per il quale gli sia stata\napplicata la sanzione disciplinare dell\u0027esclusione dalle attivita\u0027 in\ncomune di cui all\u0027art. 39, comma 1, n.  5,  legge  n.  354/1975,  per\nviolazione  degli  articoli  3,  13  e  27,  comma  1  e   3,   della\nCostituzione; \n        sospende il giudizio in  corso,  ed  i  relativi  termini  di\nprescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di\nlegittimita\u0027 costituzionale; \n        dispone l\u0027immediata trasmissione  alla  Corte  costituzionale\ndella presente ordinanza e degli atti del  procedimento,  comprensivi\ndella documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte\ncomunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso; \n        manda alla Cancelleria per la  notificazione  della  presente\nordinanza all\u0027imputato,  al  difensore,  al  pubblico  ministero,  al\nPresidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 per  la  comunicazione\nai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica\ne per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte\ncostituzionale. \n        Firenze, 23 luglio 2025 \n \n                         Il Giudice: Attina\u0027","elencoNorme":[{"id":"63486","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"649","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""},{"id":"63791","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"635","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"n. 1","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79915","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79916","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79917","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"24","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79918","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79919","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79920","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"111","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79921","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79922","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"pconvd","descriz_costit":"Protocollo n. 7  a  Convenzione europea diritti dell\u0027uomo","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"4","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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