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pagati all’andamento dell’inflazione – Lesione del diritto del dipendente pubblico, cessato dal servizio per raggiunti limiti di età, alla percezione di una retribuzione, sebbene differita, sufficiente e proporzionata all’attività lavorativa svolta dall’interessato.\u0026nbsp;\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eIpotesi in cui si volesse ritenere le sentenze monito non vincolanti per il legislatore: Previdenza – Impiego pubblico – Trattamenti di fine servizio, comunque denominati, spettanti nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età – Prevista corresponsione decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro – Riconoscimento del trattamento secondo un meccanismo di rateizzazione, differentemente articolato in base all’ammontare complessivo della prestazione – Denunciata disciplina che prevede, come misure oramai strutturali e non più legate a specifiche emergenze finanziarie, la dilazione dell’effettiva erogazione del trattamento di fine servizio e, nell’ipotesi di importi superiori a 50.000 euro, la rateizzazione dei pagamenti non\u0026nbsp;accompagnata dalla rivalutazione delle somme erogate all’ ex dipendente pubblico cessato dal servizio per raggiunti limiti di età – Lesione del principio di proporzionalità e adeguatezza\u0026nbsp;della retribuzione.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Filippo Materi","prima_controparte":"Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS","altre_parti":"Materi Filippo, Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","testo_atto":"N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza del 15 febbraio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper le Marche sul ricorso proposto da Filippo Materi contro Istituto\nnazionale della previdenza sociale - INPS. \n \nPrevidenza - Impiego pubblico - Trattamenti di fine servizio,\n comunque denominati, spettanti nei casi di cessazione dal servizio\n per raggiungimento dei limiti di eta\u0027 - Prevista corresponsione\n decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro -\n Riconoscimento del trattamento secondo un meccanismo di\n rateizzazione, differentemente articolato in base all\u0027ammontare\n complessivo della prestazione. \n- Decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il\n riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con\n modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive\n modifiche e integrazioni, art. 3, comma 2; decreto-legge 31 maggio\n 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione\n finanziaria e di competitivita\u0027 economica), convertito, con\n modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive\n modifiche e integrazioni, art. 12, comma 7. \n\n\r\n(GU n. 14 del 02-04-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE \n PER LE MARCHE \n Sezione prima \n \n Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di\nregistro generale n. 433 del 2024, proposto da Filippo Materi,\nrappresentato e difeso dall\u0027avvocato Pietro Frisani, con domicilio\ndigitale come da PEC da registri di Giustizia; \n Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale -\nDirezione provinciale di Ancona, non costituita in giudizio; \n I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in\npersona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso\ndagli avvocati Floro Flori, Susanna Mazzaferri, Silvana Mariotti, con\ndomicilio digitale come da PEC da registri di Giustizia; \n Per l\u0027accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente\nin quanto cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 in data\n30 settembre 2022 a percepire i residui ratei del T.F.S. ancora da\ncorrispondere da parte dell\u0027I.N.P.S. senza dilazioni e senza\nrateizzazione e per la condanna dell\u0027I.N.P.S. a corrispondere senza\ndilazione l\u0027intero importo ancora dovuto oltre interessi e\nrivalutazione dal di\u0027 del dovuto sino al saldo, previa dichiarazione\ndi rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli articoli 3, comma 2, del\ndecreto-legge n. 79/1997, convertito nella legge n. 140/1997 e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7, del\ndecreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010 e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni, e rimessione degli atti\nalla Corte costituzionale. \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Visto l\u0027atto di costituzione in giudizio di I.N.P.S. - Istituto\nnazionale della previdenza sociale; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2025 il\ndott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come\nspecificato nel verbale; \n 1. Il ricorrente, gia\u0027 primo dirigente della polizia di Stato,\ncessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 con decorrenza dal\n30 settembre 2022, agisce in questa sede per conseguire\nl\u0027accertamento del diritto a percepire il trattamento di fine\nservizio (di seguito «T.F.S.») in unica soluzione e comprensivo della\nrivalutazione monetaria. \n 2. In punto di fatto il dott. Materi espone: \n il T.F.S. spettantegli e\u0027 stato determinato in euro\n189.632,64 e, come previsto dall\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge\nn. 79/1997, convertito in legge n. 140/1997, e successive\nmodificazioni ed integrazioni, e dall\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto-legge n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010 e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni, tale somma doveva essere\ncorrisposta in tre tranches, la prima di euro 43.189,79 in pagamento\nal 1° ottobre 2023, la seconda di euro 41,525,24 in pagamento al 1°\nottobre 2024 e la terza di 104.917,61 in pagamento al 1° ottobre 2025\n(il ricorrente precisa che alla prima scadenza va aggiunto un\nulteriore periodo dilatorio di tre mesi, mentre alla seconda e alla\nterza va aggiunto un ulteriore periodo dilatorio di trenta giorni); \n di avere inviato, in data 17 febbraio 2024, alla Presidenza\ndel Consiglio dei ministri e all\u0027I.N.P.S. apposita diffida volta ad\nottenere il pagamento del T.F.S. in unica soluzione, invocando i\nprincipi di diritto affermati dalla Corte costituzionale con le\nsentenze di cui si dira\u0027 nella parte in diritto. Tale diffida e\u0027\nrimasta senza esito; \n alla data di notifica del presente ricorso l\u0027istituto\nprevidenziale aveva provveduto al pagamento della prima tranche del\nT.F.S. \n 3. In punto di diritto, il dott. Materi procede anzitutto alla\nsintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento,\nevidenziando che: \n l\u0027art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n.\n1032/1973 stabiliva in origine che in caso di cessazione dal servizio\ndel dipendente pubblico per raggiunti limiti di eta\u0027,\nl\u0027amministrazione di appartenenza doveva predisporre gli atti tre\nmesi prima del raggiungimento del limite predetto e inviarli almeno\nun mese prima al Fondo di previdenza per il personale civile e\nmilitare dello Stato, il quale era tenuto ad emettere il mandato di\npagamento in modo da rendere possibile l\u0027effettiva corresponsione del\ntrattamento «...immediatamente dopo la data di cessazione dal\nservizio e comunque non oltre quindici giorni dalla data medesima».\nQuest\u0027ultimo termine e\u0027 stato elevato a novanta giorni dall\u0027art. 7,\ncomma 3, della legge n. 75/1980; \n successivamente l\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n.\n79/1997, ha rimodulato i tempi di erogazione dei trattamenti di fine\nservizio, comunque denominati, spettanti ai dipendenti pubblici,\nprevedendo, nella versione originaria, un termine di sei mesi per la\nliquidazione del T.F.S. e di ulteriori tre mesi per l\u0027effettivo\npagamento; \n questi termini sono stati modificati dapprima dall\u0027art. 1,\ncomma 22, letteraera a), del decreto-legge n. 138/2011, convertito in\nlegge n. 148/2011, e poi dall\u0027art. 1, comma 484, letteraera b), della\nlegge n. 147/2013, di talche\u0027 il termine per il pagamento del T.F.S.\ne\u0027 stato elevato da sei a ventiquattro mesi, decorrenti dalla data di\ncessazione dal servizio. \n Per il caso di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di\neta\u0027 o di servizio il termine e\u0027 stato invece fissato in dodici mesi: \n alla disciplina sul differimento del pagamento del T.F.S. si\ne\u0027 poi aggiunta quella, introdotta dall\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto-legge n. 78/2010, sulla rateizzazione delle somme dovute al\ndipendente collocato in quiescenza. In origine la norma stabiliva che\nil pagamento avvenisse: i) in unica soluzione nel caso in cui il\nT.F.S. avesse un ammontare complessivo, al lordo delle relative\ntrattenute fiscali, pari o inferiore a 90.000 euro; ii) in due\ntranches annuali nel caso in cui l\u0027importo del T.F.S. fosse superiore\na 90.000,00 euro ma inferiore a 150.000,00 euro; iii) in tre tranches\nannuali nel caso di T.F.S. avesse un importo superiore a 150.000,00\neuro; \n l\u0027art. 1, comma 484, lettera a), della legge n. 147/2013 ha\nrimodulato la scansione dei pagamenti prevedendo che il T.F.S. deve\nessere pagato: i) in unica soluzione nel caso in cui il suo importo\nsia, al lordo delle ritenute fiscali, pari o inferiore a 50.000,00\neuro; ii) in due tranches annuali nel caso in cui l\u0027importo sia\nsuperiore a 50.000,00 euro ma inferiore a 100.000,00 euro; iii) in\ntre tranches annuali nel caso in cui l\u0027importo sia superiore a\n100.000,00 euro. \n Resta sempre in vigore il periodo aggiuntivo di tre mesi per il\npagamento della prima tranche. \n 3.1. Cosi\u0027 riepilogata la normativa di riferimento, il ricorrente\nricorda poi che, sulla base dell\u0027insegnamento della Corte\ncostituzionale (sentenza n. 243 del 1993), le indennita\u0027 di fine\nrapporto costituiscono istituti di natura retributiva con funzione\nprevidenziale, tanto nel settore pubblico che in quello privato. Si\ntratta in particolare di una retribuzione differita, il che vuol dire\nche il trattamento di fine servizio o rapporto costituisce una\ncomponente del compenso che il lavoratore ha conseguito come\ncorrispettivo dell\u0027attivita\u0027 lavorativa e che fa parte integrante del\nsuo patrimonio, tanto e\u0027 vero che in caso di decesso prematuro del\ndipendente l\u0027emolumento viene erogato ai congiunti superstiti. \n Inoltre il T.F.S. spetta a prescindere dalla causa di cessazione\ndel rapporto di lavoro e dall\u0027accertamento dello stato di bisogno\ndell\u0027avente diritto. \n I trattamenti di fine servizio sono ispirati al criterio di\ncorrispettivita\u0027 e restituiscono al lavoratore, alla cessazione del\nrapporto, una somma certa e di ammontare ben definito (al riguardo si\ntiene infatti conto della retribuzione percepita in servizio e della\ndurata del rapporto di lavoro), che viene definitivamente acquisita\nal suo patrimonio e devoluta per successione legittima o\ntestamentaria in caso di decesso del lavoratore in servizio. \n L\u0027evoluzione normativa ha ulteriormente ricondotto le indennita\u0027\ndi fine rapporto erogate nel settore pubblico al paradigma comune\ndella retribuzione differita con concorrente funzione previdenziale,\nnell\u0027ambito di un percorso di tendenziale assimilazione alle regole\ndettate per il settore privato dall\u0027art. 2120 del codice civile,\navendo sia il T.F.R. che il T.F.S. (comunque denominati) la medesima\nfinalita\u0027 di accompagnare il lavoratore nella delicata fase\ndell\u0027uscita dalla vita lavorativa attiva. \n 3.2. Se le suddette premesse sono corrette, ne discende che il\ntrattamento di fine servizio deve essere erogato con la necessaria\ntempestivita\u0027, questa essendo un corollario indispensabile dei\nprincipi di proporzionalita\u0027 e adeguatezza della retribuzione sanciti\ndall\u0027art. 36 della Costituzione. \n In questo senso, le disposizioni di cui si e\u0027 dato conto nel\nprecedente § 3. hanno inciso in maniera rilevante (e negativa) sul\nfattore tempo, visto che: \n per un verso, il differimento nella corresponsione del T.F.S.\nnon e\u0027 accompagnato dalla rivalutazione monetaria delle somme dovute\nall\u0027ex dipendente (ma solo dalla previsione del diritto agli\ninteressi legali nel caso in cui il pagamento avvenga successivamente\nalla scadenza dei termini dilatori previsti dalle norme in commento),\nil che, soprattutto in periodi di elevata inflazione, riduce in modo\nconsistente il valore reale della somma percepita dall\u0027interessato; \n per altro verso, i sacrifici imposti agli ex dipendenti\ncollocati a riposo per raggiunti limiti d\u0027eta\u0027 o di servizio non\npossono piu\u0027 ritenersi ne\u0027 temporanei ne\u0027 eccezionali ne\u0027 non\narbitrari ne\u0027 funzionali allo scopo. In effetti, la dilazione\ndell\u0027erogazione del T.F.S. non e\u0027 piu\u0027 una misura temporanea e\ncontingente, ma e\u0027 divenuta strutturale, per cui le penalizzazioni\nimposte ai soggetti aventi diritto alla liquidazione del T.F.S. sono\ndivenute irragionevoli e non piu\u0027 esigibili. \n 3.3. Le predette questioni sono state gia\u0027 portate all\u0027attenzione\ndel giudice delle leggi, il quale si e\u0027 da ultimo pronunciato con le\nsentenze n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023. \n Nella prima decisione la Corte, pur avendo ribadito i suddetti\nprincipi relativi alla natura del trattamento di fine servizio e alla\nnecessita\u0027 che lo stesso venga erogato con la necessaria\ntempestivita\u0027, ha dichiarato infondata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale delle norme richiamate nel precedente § 3. in quanto\nin quel caso veniva in rilievo una cessazione anticipata dal servizio\ne dunque le disposizioni in materia di differimento e rateizzazione\ndel T.F.S. sono state ritenute legittime in quanto esse mirano a\nscoraggiare l\u0027esodo anticipato dei dipendenti pubblici e, in questo\nsenso, le stesse appaiono eque e non discriminatorie. \n La Corte ha pero\u0027 invitato il legislatore a porre mano ad una\nriforma organica della materia, evidenziando la permanenza di un\nvulnus dei «... principi costituzionali che, nel garantire la giusta\nretribuzione, anche differita, tutelano la dignita\u0027 della persona\numana». \n Il legislatore si e\u0027 pero\u0027 limitato ad introdurre, con l\u0027art. 23\ndel decreto-legge n. 4/2019, la possibilita\u0027 per gli interessati di\nrichiedere il finanziamento di una parte, pari all\u0027importo massimo di\n45.000,00 euro, dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata, garantito\ndalla cessione pro solvendo del credito avente ad oggetto\nl\u0027emolumento, dietro versamento di un tasso di interesse fissato\ndall\u0027art. 4, comma 2, del decreto ministeriale 19 agosto 2020. \n L\u0027I.N.P.S., dal canto suo, con delibera del consiglio di\namministrazione n. 219 del 9 novembre 2022, ha istituito\nl\u0027anticipazione del T.F.S., prevedendo al riguardo la possibilita\u0027\nper gli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie\ne sociali di usufruire di un finanziamento pari all\u0027intero ammontare\ndel trattamento maturato e liquido, erogato al tasso di interesse\npari all\u00271% fisso (a cui si aggiungono le spese di amministrazione),\nsempre dietro cessione pro solvendo della corrispondente quota non\nancora esigibile del T.F.S. \n Con la sentenza n. 130 del 2023 la Corte costituzionale, come\ndetto, e\u0027 tornata a pronunciarsi sulle questioni odiernamente\ncontroverse, questa volta nell\u0027ambito di un contenzioso incardinato\nda un dipendente pubblico cessato dal servizio per raggiunti limiti\ndi eta\u0027. \n Va detto anzitutto che la sentenza in commento si pone in\ncontinuita\u0027 con la suddetta pronuncia del 2019, della quale condivide\nle premesse concettuali e ripropone le argomentazioni principali; la\nCorte tuttavia rileva che al monito contenuto nella sentenza n. 159\n«...non ha [...] fatto seguito una riforma specificamente volta a\nporre rimedio al vulnus costituzionale riscontrato...» e, a fronte di\ntale inerzia, rinnova l\u0027invito al legislatore a provvedervi. \n Tuttavia le questioni sollevate dal giudice a quo sono state\ndichiarate inammissibili in quanto «...Al vulnus costituzionale\nriscontrato con riferimento all\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n.\n79 del 1997, come convertito, questa Corte non puo\u0027, allo stato,\nporre rimedio, posto che il quomodo delle soluzioni attinge alla\ndiscrezionalita\u0027 del legislatore. Deve, infatti, considerarsi il\nrilevante impatto in termini di provvista di cassa che il superamento\ndel differimento in oggetto, in ogni caso, comporta; cio\u0027 che\nrichiede che sia rimessa al legislatore la definizione della\ngradualita\u0027 con cui il pur indefettibile intervento deve essere\nattuato, ad esempio, optando per una soluzione che, in ossequio ai\nrichiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027, si sviluppi muovendo dai\ntrattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri...». \n La Corte costituzionale ha dunque concluso precisando nuovamente\nche per porre rimedio alla situazione sopra evidenziata occorre un\nintervento del legislatore affinche\u0027 si trovi una soluzione che miri\na superare il differimento della liquidazione e del pagamento delle\nindennita\u0027 di fine servizio, in ossequio ai principi di adeguatezza\ndella retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalita\u0027, e che si\nsviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via\nagli altri. \n 3.4. A questo punto il ricorrente evidenzia che le due pronunce\nin commento costituiscono un tipico esempio di «sentenze monito»,\nossia un particolare tipo di decisione invalso nella prassi della\nCorte, con la quale il giudice delle leggi, rilevato il contrasto di\nuna norma di legge con disposizioni e/o principi costituzionali, non\nritiene di poter dichiarare incostituzionali le norme sottoposte al\nsuo esame in quanto esse fanno parte di un ordinamento di settore sul\nquale non e\u0027 possibile intervenire se non con una riforma organica\nche pero\u0027 rientra nelle competenze del legislatore. \n A seguito della «sentenza monito» la norma primaria, pur\nriconosciuta incostituzionale, resta in vigore, contrassegnata dallo\nstigma dell\u0027illegittimita\u0027 costituzionale accertata ma non\ndichiarata, in attesa che il legislatore intervenga per adeguarsi ai\nrilievi della Corte. \n Nel caso del T.F.S. sono decorsi ben cinque anni dalla prima\n«sentenza monito» e oltre un anno dalla seconda, senza che il\nlegislatore abbia adottato alcuna misura idonea a superare i profili\ndi criticita\u0027 della normativa che viene in rilievo nel presente\ngiudizio. \n Al fine di garantire l\u0027effettivita\u0027 della tutela, non resta altra\nsoluzione che quella della pronuncia di incostituzionalita\u0027, nella\nspecie solo accertata ma non dichiarata dalla Corte. \n Del resto nella giurisprudenza costituzionale piu\u0027 recente non\nmancano casi analoghi, quali ad esempio quelli trattati nella\nsentenza n. 40 del 2019 (avente ad oggetto l\u0027art. 73, comma 1, del\nTesto unico n. 309/1990 e successive modificazioni ed integrazioni),\nnella sentenza n. 242 del 2019 (in materia di aiuto al suicidio\nassistito) e la sentenza n. 70 del 2015 (in materia di blocco della\nrivalutazione automatica per le pensioni superiori a un determinato\nimporto). \n 3.5. In punto di fatto il ricorrente aggiunge che: \n quanto alle competenze del legislatore, nel giugno 2024 sono\nstati presentati due disegni di legge (atti C-1254 e C-1264), che non\nhanno pero\u0027 avuto seguito in ragione del parere negativo espresso\ndalla Ragioneria generale dello Stato (parere allegato al ricorso); \n quanto alle competenze dell\u0027I.N.P.S., il meccanismo\ndell\u0027anticipazione introdotto con la richiamata deliberazione del\nC.d.A. n. 219/2022 (il quale peraltro ha consentito solo a pochi\nsoggetti di accedere al beneficio stante la limitatezza delle risorse\nfinanziarie disponibili) e\u0027 stato da ultimo abrogato; \n neanche l\u0027altro istituto introdotto nel 2019 (ossia il\nfinanziamento bancario) e\u0027 satisfattivo, anche perche\u0027 non esiste\nalcun obbligo per le banche di contrarre e comunque al beneficio non\npotrebbero accedere i c.d. cattivi pagatori (in generale, poi, questi\nstrumenti sono stati definiti dalla stessa Corte costituzionale di\nper se\u0027 non idonei a superare i profili di incostituzionalita\u0027 delle\nnorme che prevedono la dilazione del pagamento e la rateizzazione del\nT.F.S.). \n 4. Il ricorrente deduce quindi che le disposizioni in commento si\npongono in violazione dell\u0027art. 36 della Costituzione e dell\u0027art. 1\ndel Protocollo 1 della C.E.D.U., in quanto: \n l\u0027art. 36 della Costituzione statuisce che il lavoratore ha\ndiritto ad una retribuzione proporzionata alla qualita\u0027 e quantita\u0027\ndel suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se\u0027 ed alla\nsua famiglia una esistenza libera e dignitosa. La retribuzione,\npertanto, da un lato non deve mai perdere il suo collegamento con la\nprestazione lavorativa svolta e, dall\u0027altro, deve essere adeguata e\nsufficiente ai sensi dell\u0027art. 36 della Costituzione, avendo a\nriguardo non solo alla sua entita\u0027, ma anche alla tempestivita\u0027 della\nsua corresponsione. Questi principi, come detto, si applicano anche\nal T.F.S. in ragione della sua natura di retribuzione differita,\nfunzionale fra l\u0027altro ad accompagnare al lavoratore nel momento\ndelicato della sua uscita dalla vita lavorativa. La Corte\ncostituzionale ha in piu\u0027 occasioni ribadito che tutte le misure che\nincidono sul diritto alla retribuzione per superare il vaglio di\ncostituzionalita\u0027 debbono essere giustificare da comprovate ragioni\ndi interesse generale e devono avere efficacia limitata nel tempo\n(sentenze n. 178 del 2015 e n. 173 del 2016). Nel caso delle\nmodalita\u0027 di corresponsione del T.F.S. questi paletterai sono stati\nampiamente travalicati, visto che i sacrifici imposti agli aventi\ndiritto al T.F.S. sono ormai divenuti strutturali e non piu\u0027 legati\nad emergenze finanziarie; \n per costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti\ndell\u0027uomo (Fabian c. Ungheria [GC], n. 78117/13, 5 settembre 2017;\nStefanetti, n. 21838/10, 15 settembre 2014) le pensioni e\nconseguentemente anche il trattamento di fine servizio maturato per\neffetto della vita lavorativa costituiscono un «bene» ai sensi della\nConvenzione. Secondo le norme generali applicabili, il diritto matura\ned entra a far parte del patrimonio del titolare al momento in cui si\nsoddisfano i requisiti per il pensionamento. Le prestazioni non\nancora percepite rientrano nella sfera di applicazione dell\u0027art. 1\nProtocollo 1 allegato alla Convenzione, in quanto espressione del\ndiritto, gia\u0027 maturato e gia\u0027 parte del patrimonio del ricorrente fin\ndal momento del raggiungimento dei requisiti necessari, e in ogni\ncaso debbono essere considerate espressione di una «legittima\naspettativa», esplicitamente riconosciuta e tutelata dal diritto\ncostituzionale interno (Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, 28\nsettembre 2004; Plalam SPA c. Italia, n. 16021/02, 8 febbraio 2011).\nIn casi del genere la Corte europea dei diritti dell\u0027uomo verifica se\nil diritto dell\u0027interessato di beneficiare delle prestazioni\nprevidenziali e pensionistiche sia stato violato in misura tale da\ncomprometterne l\u0027essenza (Domalewski c. Polonia (dec.); Kjartan\nAsmundsson c. Islanda, § 39; Wieczorek c. Polonia, § 57; Rasmussen c.\nPolonia, § 75; Valkov e altri c. Bulgaria, §§ 91 e 97; Maggio e altri\nc. Italia, § 63; Stefanetti e altri c. Italia, § 55). Nel caso del\nT.F.S. si deve ritenere che, in ragione dell\u0027inerzia del legislatore\nnell\u0027adeguarsi alle sentenze della Corte costituzionale, il diritto\ne\u0027 stato violato in misura tale da snaturarne il contenuto, sia in\nragione della rateizzazione del pagamento, sia alla luce del fatto\nche la dilazione temporale non e\u0027 compensata dalla rivalutazione\nmonetaria delle somme spettanti all\u0027ex dipendente pubblico. Ne\nconsegue che la retribuzione differita viene ad essere di fatto non\npiu\u0027 proporzionata e adeguata rispetto all\u0027attivita\u0027 lavorativa\nsvolta e ai contributi versati. \n Quanto ai presupposti per la remissione della questione alla\nCorte, il ricorrente evidenzia che nella specie sussistono tanto la\nnon manifesta infondatezza delle censure dedotte (le quali non\nsarebbero superabili dal giudice di merito per il tramite di\nun\u0027interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di cui\nl\u0027I.N.P.S. ha fatto applicazione) quanto la rilevanza (visto che\nnella vigenza delle norme in commento ne\u0027 l\u0027istituto previdenziale\nne\u0027 il tribunale amministrativo regionale potrebbero riconoscere ad\nesso ricorrente il diritto a percepire il T.F.S. in unica soluzione\ne/o la rivalutazione sulle somme via via erogate). \n 5. Per resistere al ricorso si e\u0027 costituito in giudizio\nl\u0027I.N.P.S., ribadendo la legittimita\u0027 del proprio operato alla luce\ndel quadro normativo vigente. \n La causa e\u0027 passata in decisione all\u0027udienza pubblica del 12\nfebbraio 2025. \n 6. Il Collegio ritiene che la decisione della causa non possa\nprescindere dalla previa decisione della Corte costituzionale in\nmerito alla compatibilita\u0027 delle norme di legge nella specie\napplicate a danno del ricorrente con le norme e i principi\ncostituzionali di cui si dira\u0027 infra. \n 6.1. Quanto alla rilevanza delle questioni dedotte si potrebbe in\nastratto obiettare che il ricorrente avrebbe dovuto contestare la\nrateizzazione del pagamento sin dalla data di collocamento a riposo o\ncomunque antecedentemente alla percezione della prima tranche del\nT.F.S. (avvenuta, come detto, nell\u0027ottobre 2023. Per inciso, sul\nfinire del 2024 l\u0027I.N.P.S. ha corrisposto la seconda tranche), visto\nche alla data di notifica del presente ricorso il pagamento\nrateizzato di fatto era gia\u0027 in essere e che, molto probabilmente,\nanche la terza tranche sara\u0027 versata prima della risoluzione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e della conseguente definizione\ndell\u0027odierna controversia. \n Va di contro evidenziato che: \n anzitutto, trattandosi di diritti patrimoniali soggetti a\nprescrizione quinquennale (di cui il giudice amministrativo conosce\nin sede di giurisdizione esclusiva), il ricorrente non aveva l\u0027onere\ndi agire entro il termine decadenziale; \n in ogni caso, il dott. Materi censura anche il fatto che le\ndisposizioni impugnate non prevedono che la dilazione del pagamento\ndel T.F.S. sia in qualche modo compensata dalla rivalutazione\nmonetaria delle somme erogate dall\u0027I.N.P.S. Pertanto, laddove la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dovesse essere ritenuta\nfondata in parte qua, il ricorrente avrebbe diritto a vedersi\ncorrispondere una somma pari alla rivalutazione monetaria degli\nimporti liquidatigli, e questo anche se il presente giudizio dovesse\nessere definito dopo il 1° novembre 2025. \n Da ultimo e\u0027 appena il caso di ribadire che il dott. Materi e\u0027\ncessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 e dunque nella\nspecie non trovano applicazione le conclusioni a cui la Corte\ncostituzionale e\u0027 pervenuta nella sentenza n. 159 del 2019. \n La questione e\u0027 rilevante in quanto le disposizioni in commento\nnon sono suscettibili di un\u0027interpretazione costituzionalmente\norientata, stante il loro inequivoco tenore letteraerale. \n 6.2. Passando invece a trattare della non manifesta infondatezza,\nil Collegio osserva quanto segue. \n 6.2.1. Nella sentenza n. 130 del 2023 il giudice delle leggi,\ndopo aver ribadito la natura dell\u0027indennita\u0027 in questione, ha\nevidenziato che: \n «...6.3. Questa Corte deve farsi carico della considerazione\nche il trattamento di fine servizio costituisce un rilevante\naggregato della spesa di parte corrente e, per tale ragione, incide\nsignificativamente sull\u0027equilibrio del bilancio statale (sentenza n.\n159 del 2019). Non e\u0027 da escludersi, pertanto, in assoluto che, in\nsituazioni di grave difficolta\u0027 finanziaria, il legislatore possa\neccezionalmente comprimere il diritto del lavoratore alla tempestiva\ncorresponsione del trattamento di fine servizio. Tuttavia, un\nsiffatto intervento e\u0027, anzitutto, vincolato al rispetto del criterio\ndella ragionevolezza della misura prescelta e della sua\nproporzionalita\u0027 rispetto allo scopo perseguito»; \n «Un ulteriore limite riguarda la durata di simili misure. \n La legittimita\u0027 costituzionale delle norme dalle quali possa\nscaturire una restrizione dei diritti patrimoniali del lavoratore e\u0027,\ninfatti, condizionata alla rigorosa delimitazione temporale dei\nsacrifici imposti (sentenza n. 178 del 2015), i quali devono essere\n«eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo\nprefisso» (ordinanza n. 299 del 1999). \n 6.4.- Ebbene, il termine dilatorio di dodici mesi quale\nrisultante dall\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997,\ncome convertito, e successive modificazioni, oggi non rispetta piu\u0027\nne\u0027 il requisito della temporaneita\u0027, ne\u0027 i limiti posti dai principi\ndi ragionevolezza e di proporzionalita\u0027. A differenza del pagamento\ndifferito dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio in caso di cessazione\nanticipata dall\u0027impiego - in cui il sacrificio inflitto dal\nmeccanismo dilatorio trova giustificazione nella finalita\u0027 di\ndisincentivare i pensionamenti anticipati e di promuovere la\nprosecuzione dell\u0027attivita\u0027 lavorativa (sentenza n. 159 del 2019) -\nil, sia pur piu\u0027 breve, differimento operante in caso di cessazione\ndal rapporto di lavoro per raggiunti limiti di eta\u0027 o di servizio non\nrealizza un equilibrato componimento dei contrapposti interessi alla\ntempestivita\u0027 della liquidazione del trattamento, da un lato, e al\npareggio di bilancio, dall\u0027altro. Cio\u0027 in quanto la previsione ora\nrichiamata ha «smarrito un orizzonte temporale definito» (sentenza n.\n159 del 2019), trasformandosi da intervento urgente di riequilibrio\nfinanziario in misura a carattere strutturale, che ha gradualmente\nperso la sua originaria ragionevolezza»; \n «6.5.- A cio\u0027 deve aggiungersi che la perdurante dilatazione\ndei tempi di corresponsione delle indennita\u0027 di fine servizio rischia\ndi vanificare anche la funzione previdenziale propria di tali\nprestazioni, in quanto contrasta con la particolare esigenza di\ntutela avvertita dal dipendente al termine dell\u0027attivita\u0027 lavorativa. \n Non e\u0027, infatti, infrequente che l\u0027emolumento in esame venga\nutilizzato per sopperire ad esigenze non ordinarie del beneficiario o\ndei suoi familiari, e la possibilita\u0027 che tali necessita\u0027 insorgano\nnelle more della liquidazione del trattamento espone l\u0027avente diritto\nad un pregiudizio che la immediata disponibilita\u0027 dell\u0027importo\neviterebbe»; \n «6.6.- Occorre, ancora, considerare che l\u0027odierno scrutinio\ndi legittimita\u0027 costituzionale si innesta in un quadro macroeconomico\nin cui il sensibile incremento della pressione inflazionistica\nacuisce l\u0027esigenza di salvaguardare il valore reale della\nretribuzione, anche differita, posto che il rapporto di\nproporzionalita\u0027, garantito dall\u0027art. 36 della Costituzione, tra\nretribuzione e quantita\u0027 e qualita\u0027 del lavoro, richiede di essere\nriferito «ai valori reali di entrambi i suoi termini» (sentenza n.\n243 del 1993). \n Di conseguenza, la dilazione oggetto di censura, non essendo\ncontrobilanciata dal riconoscimento della rivalutazione monetaria,\nfinisce per incidere sulla stessa consistenza economica delle\nprestazioni di cui si tratta, atteso che, ai sensi dell\u0027art. 3, comma\n2, del decreto-legge n. 79 del 1997, come convertito, allo scadere\ndel termine annuale in questione e di un ulteriore termine di tre\nmesi sono dovuti i soli interessi di mora...»; \n «6.7.- Questa Corte, con la richiamata sentenza n. 159 del\n2019, ha dichiarato la non fondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del\n1997, come convertito, nella parte in cui prevede che alla\nliquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati,\nl\u0027ente erogatore provveda \"decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione\ndel rapporto di lavoro\", nelle ipotesi diverse dalla cessazione dal\nservizio per raggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio previsti\ndagli ordinamenti di appartenenza [...]. In tale occasione, e\u0027 stata\nnondimeno segnalata, quanto alla medesima normativa, per l\u0027effetto\ncombinato del pagamento differito e rateale delle indennita\u0027 di fine\nrapporto nelle ipotesi di raggiungimento dei limiti di eta\u0027 e di\nservizio o di collocamento a riposo d\u0027ufficio a causa del\nraggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima di servizio, \"l\u0027urgenza di\nridefinire una disciplina non priva di aspetti problematici,\nnell\u0027ambito di una organica revisione dell\u0027intera materia, peraltro\nindicata come indifferibile nel recente dibattito parlamentare [...].\nCon particolare riferimento ai casi in cui sono raggiunti i limiti di\neta\u0027 e di servizio, la duplice funzione retributiva e previdenziale\ndelle indennita\u0027 di fine servizio, conquistate \"attraverso la\nprestazione dell\u0027attivita\u0027 lavorativa e come frutto di essa\"\n(sentenza n. 106 del 1996, punto 2.1. del Considerato in diritto),\nrischia di essere compromessa, in contrasto con i principi\ncostituzionali che, nel garantire la giusta retribuzione, anche\ndifferita, tutelano la dignita\u0027 della persona umana» (sentenza n. 159\ndel 2019)»; \n «6.8.- A tale monito non ha, tuttavia, fatto seguito una\nriforma specificamente volta a porre rimedio al vulnus costituzionale\nriscontrato...» (seguono le considerazioni relative alle misure\nalternative messe in capo dal legislatore e dall\u0027I.N.P.S. di cui si\ne\u0027 gia\u0027 detto nella parte in fatto e di cui si dira\u0027 anche nel\nsuccessivo § 6.2.2.). «Il legislatore non ha, infatti, espunto dal\nsistema il meccanismo dilatorio all\u0027origine della riscontrata\nviolazione, ne\u0027 si e\u0027 fatto carico della spesa necessaria a\nripristinare l\u0027ordine costituzionale violato, ma ha riversato sullo\nstesso lavoratore il costo della fruizione tempestiva di un\nemolumento che, essendo rapportato alla retribuzione e alla durata\ndel rapporto e quindi, attraverso questi due parametri, alla\nquantita\u0027 e alla qualita\u0027 del lavoro, e\u0027 parte del compenso dovuto\nper il servizio prestato (sentenza n. 106 del 1996)»; \n «7.- Al vulnus costituzionale riscontrato con riferimento\nall\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997, come\nconvertito, questa Corte non puo\u0027, allo stato, porre rimedio, posto\nche il quomodo delle soluzioni attinge alla discrezionalita\u0027 del\nlegislatore. Deve, infatti, considerarsi il rilevante impatto in\ntermini di provvista di cassa che il superamento del differimento in\noggetto, in ogni caso, comporta; cio\u0027 che richiede che sia rimessa al\nlegislatore la definizione della gradualita\u0027 con cui il pur\nindefettibile intervento deve essere attuato, ad esempio, optando per\nuna soluzione che, in ossequio ai richiamati principi di adeguatezza\ndella retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalita\u0027, si sviluppi\nmuovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via agli\naltri. \n 7.1.- La discrezionalita\u0027 di cui gode il legislatore nel\ndeterminare i mezzi e le modalita\u0027 di attuazione di una riforma\nsiffatta deve, tuttavia, ritenersi, temporalmente limitata. \n La lesione delle garanzie costituzionali determinata dal\ndifferimento della corresponsione delle prestazioni in esame esige,\ninfatti, un intervento riformatore prioritario, che contemperi\nl\u0027indifferibilita\u0027 della reductio ad legitimitatem con la necessita\u0027\ndi inscrivere la spesa da essa comportata in un organico disegno\nfinanziario che tenga conto anche degli impegni assunti nell\u0027ambito\ndella precedente programmazione economico-finanziaria. \n 7.2.-In proposito, questa Corte deve evidenziare, come in\naltre analoghe occasioni, «che non sarebbe tollerabile l\u0027eccessivo\nprotrarsi dell\u0027inerzia legislativa in ordine ai gravi problemi\nindividuati dalla presente pronuncia» (da ultimo, sentenza n. 22 del\n2022; si vedano anche sentenze n. 120 e n. 32 del 2021)»; \n «8.- Accertata la necessita\u0027 della espunzione della\ndisciplina concernente tale differimento, va rilevato, quanto alla\nprevisione del pagamento rateale del trattamento di fine servizio di\ncui all\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010, come\nconvertito - l\u0027altra disposizione censurata - che il sistema cui essa\nha dato luogo, essendo strutturato secondo una progressione graduale\ndelle dilazioni, via via piu\u0027 ampie in proporzione all\u0027incremento\ndell\u0027ammontare della prestazione, da un lato, calibra il sacrificio\neconomico derivante dalla percezione frazionata dell\u0027indennita\u0027 in\nmodo tale da renderne esenti i beneficiari dei trattamenti piu\u0027\nmodesti; dall\u0027altro, assicura ai titolari delle indennita\u0027 ricadenti\nnegli scaglioni via via piu\u0027 elevati la percezione immediata -\nrectius: che diverra\u0027 immediata solo all\u0027esito della eliminazione del\ndifferimento previsto dall\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79\ndel 1997, come convertito - almeno di una parte della prestazione\nloro spettante. \n 8.1.- Tuttavia, questa Corte non puo\u0027 esimersi dal\nconsiderare che tale disciplina peraltro connessa, per espressa\nprevisione della stessa norma censurata, alle esigenze,\nnecessariamente contingenti, di consolidamento dei conti pubblici -\nin quanto combinata con il descritto differimento, finisce per\naggravare il vulnus sopra evidenziato». \n 6.2.2. Si deve dunque convenire con il ricorrente sul fatto che\nnella specie la Corte ha adottato una c.d. sentenza monito, ossia ha\naccertato l\u0027incostituzionalita\u0027 delle norme di legge sottoposte al\nsuo giudizio, ma non l\u0027ha dichiarata formalmente sul presupposto che\nla riforma organica della materia compete solo al legislatore,\nvenendo in rilievo vari interessi di rango costituzionale la cui\nottimale composizione implica delicate valutazioni di ordine\npolitico, relative anzitutto al procacciamento della provvista\nfinanziaria necessaria per ricondurre il sistema alla legittimita\u0027\ncostituzionale. \n Ovviamente le c.d. sentenze monito, in assenza di una specifica\ndisposizione costituzionale che ne disegni la relativa disciplina, da\nun lato non vincolano il legislatore (non esiste infatti uno\nstrumento tecnico in forza del quale si possa obbligare il\nlegislatore ad adeguarsi ad una pronuncia della Corte), dall\u0027altro\nlato pongono due questioni preliminari, relative, rispettivamente,\nall\u0027accertamento della «inottemperanza» e al termine entro il quale\nil legislatore avrebbe dovuto adeguarsi. \n Infatti, in presenza di «sentenze monito» a cui non abbia fatto\nseguito alcun intervento del legislatore e\u0027 necessario verificare (e\ntale verifica compete ovviamente solo alla Corte costituzionale): \n se si e\u0027 effettivamente in presenza di una «inottemperanza» o\nse esistono ragioni che giustificano l\u0027inattivita\u0027 del legislatore; \n se tale «inottemperanza» si e\u0027 protratta per un periodo di\ntempo tale da costituire nella sostanza un\u0027elusione delle pronunce\ndella Corte. \n Quanto al primo profilo, e ribadito che le norme applicate nella\nspecie dall\u0027I.N.P.S. non risultano ad oggi modificate, va osservato\nche nella sentenza n. 130 del 2023 la Corte costituzionale ha gia\u0027\nevidenziato che le misure finalizzate a consentire all\u0027ex dipendente\ndi chiedere anticipazioni del T.F.S. o finanziamenti bancari previa\ncessione pro solvendo del credito non sono risolutive perche\u0027 «...non\napportano alcuna modifica alle norme in scrutinio, ma si limitano a\nriconoscere all\u0027avente diritto la facolta\u0027 di evitare la percezione\ndifferita dell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento oneroso\ndelle stesse somme dovutegli a tale titolo...». \n Il tribunale ritiene dunque che vi siano fondati argomenti per\nsostenere che allo stato il legislatore non si e\u0027 oggettivamente\nadeguato alle sentenze n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023 (mentre in\nquesta sede non sono valutabili eventuali ragioni che giustifichino\ntale inerzia). \n Quanto al secondo profilo, per un verso e\u0027 del tutto ovvio che\nnon si puo\u0027 pretendere un adeguamento immediato da parte del\nlegislatore (stanti anche i tempi tecnici necessari per\nl\u0027approvazione di una proposta di legge), per altro verso e\u0027\naltrettanto ovvio che le decisioni della Corte, per non tradursi di\nfatto in grida di manzoniana memoria, debbono essere ottemperate in\nun tempo ragionevole, che pero\u0027 non puo\u0027 essere stabilito dal giudice\ndi merito, ma solo dal giudice delle leggi. \n 6.2.3. Va dunque sollevata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 3, comma 2, del decreto-legge n.\n79/1997, convertito nella legge n. 140/1997 e successive\nmodificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7, del decreto-legge n.\n78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni, per il profilo relativo\nall\u0027omesso adeguamento delle norme medesime alle sentenze della Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023, visto che l\u0027inerzia\ndel legislatore reitera la lesione sostanziale del diritto del\ndipendente pubblico cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027\nalla percezione di una retribuzione (in questo caso differita)\nsufficiente e proporzionata all\u0027attivita\u0027 lavorativa svolta\ndall\u0027interessato (art. 36 della Costituzione). La lesione sostanziale\ndiscende dalla dilazione temporale e dalla rateizzazione del\npagamento della somma dovuta, non accompagnate da un meccanismo di\nadeguamento degli importi pagati all\u0027andamento dell\u0027inflazione. \n 6.3. Laddove si volesse invece ritenere che le «sentenze monito»\nnon vincolano ne\u0027 il legislatore ne\u0027 la stessa Corte costituzionale,\nvanno nuovamente sollevate le medesime questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale delle prefate disposizioni di legge, nella parte in\ncui le stesse prevedono - come misure ormai strutturali e non piu\u0027\nlegate a specifiche emergenze finanziarie - la dilazione\ndell\u0027effettiva erogazione del T.F.S. e (nell\u0027ipotesi di importi\nsuperiori a 50.000,00 euro, come e\u0027 nel caso dell\u0027odierno ricorrente)\nla rateizzazione dei pagamenti, non accompagnate dalla rivalutazione\ndelle somme via via erogate all\u0027ex dipendente pubblico cessato dal\nservizio per raggiunti limiti di eta\u0027. \n Tali disposizioni confliggono con l\u0027art. 36 della Costituzione\nper i profili gia\u0027 ampiamente evidenziati dalla Corte costituzionale\nnei §§ 6.4., 6.5., 6.6, 6.8., 7., 7.1., 7.2., 8., e 8.1. della\nsentenza n. 130 del 2023 e riepilogati nel § 6.2.1. della presente\nordinanza. \n 7. Per tutto quanto precede, va sospeso il giudizio e va\nsollevata la questione di legittimita\u0027 costituzionale degli articoli\n3, comma 2, del decreto-legge n. 79/1997, convertito nella legge n.\n140/1997 e successive modificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7,\ndel decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella\nlegge n. 122/2010, e successive modificazioni ed integrazioni, per\ncontrasto con l\u0027art. 36 della Costituzione, nonche\u0027 con le sentenze\ndella Corte costituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione\nprima): \n dichiara rilevante per la decisione e non manifestamente\ninfondata la questione di legittimita\u0027 costituzionale degli articoli\n3, comma 2, del decreto-legge n. 79/1997, convertito nella legge n.\n140/1997 e successive modificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7,\ndel decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella\nlegge n. 122/2010 e successive modificazioni ed integrazioni, in\nrelazione all\u0027art. 36 della Costituzione e alle sentenze della Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023; \n sospende il giudizio e ordina l\u0027immediata trasmissione degli\natti alla Corte costituzionale; \n riserva al definitivo ogni altra pronuncia in rito, nel\nmerito e sulle spese. \n Ordina alla segreteria di questo tribunale di provvedere alla\nnotifica della presente ordinanza a tutte le parti in causa, al\nPresidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti della Camera\ndei deputati e del Senato della Repubblica. \n Cosi\u0027 deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 12\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Concetta Anastasi, Presidente; \n Gianluca Morri, consigliere; \n Tommaso Capitanio, consigliere, estensore; \n \n Il presidente: Anastasi \n \n \n L\u0027estensore: Capitanio","elencoNorme":[{"id":"62375","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"28/03/1997","data_nir":"1997-03-28","numero_legge":"79","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1997-03-28;79~art3"},{"id":"62408","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"28/05/1997","data_nir":"1997-05-28","numero_legge":"140","descrizionenesso":"succ. mod. ed integr.","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1997-05-28;140"},{"id":"62376","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"31/05/2010","data_nir":"2010-05-31","numero_legge":"78","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"12","specificaz_art":"","comma":"7","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2010-05-31;78~art12"},{"id":"62409","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"30/07/2010","data_nir":"2010-07-30","numero_legge":"122","descrizionenesso":"succ. mod. ed integr.","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2010-07-30;122"}],"elencoParametri":[{"id":"79035","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"36","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54547","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Materi Filippo","data_costit_part":"15/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""},{"id":"54552","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","data_costit_part":"18/04/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"C","descrizione_tipologia_parte":"Controparte","sigla_parte":""}]}}" ] ] |