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entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili –\u0026nbsp;Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e","prima_parte":"Frv Italia srl","prima_controparte":"Ministero della cultura, Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste ed altri 2","altre_parti":"FRV ITALIA srl","testo_atto":"N. 139 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Frv Italia S.r.l. contro\nMinistero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al\n decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a\n limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione\n degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\n classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\n esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a) limitatamente agli\n interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale\n ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che non\n comportino incremento dell\u0027area occupata, c) incluse le cave gia\u0027\n oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\n terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti\n di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e\n c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell\u0027art. 20 del decreto\n legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del\n comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\n energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto\n nonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\n investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e\n del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR\n (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli\n obiettivi del PNRR - Previsione che l\u0027art. 20, comma 1-bis, primo\n periodo, del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal\n comma 1 dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come\n convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa\n data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle\n procedure amministrative, comprese quelle di valutazione\n ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la\n costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere\n connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi\n - Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia\n da fonti rinnovabili - Previsione che gli interventi di cui\n all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono\n considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono\n essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti\n piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20,\n comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le\n imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le\n imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con\n modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1\n e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei\n regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti\n rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettera\n b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n periodo. \n\n\r\n(GU n. 29 del 16-07-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n Sezione Terza \n \n ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso\nnumero di registro generale 8724 del 2024, proposto da: \n Frv Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande\u0027, Enzo\nPuccio, Serena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da\nRegistri di giustizia; \n contro Ministero della cultura, Ministero dell\u0027ambiente e della\nsicurezza energetica, Ministero dell\u0027agricoltura della sovranita\u0027\nalimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; \n nei confronti della Regione Puglia e della Regione Toscana, non\ncostituite in giudizio; \n per l\u0027annullamento: \n degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno\n2024, recante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili», adottato\ndal Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica di concerto\ncon il Ministero della cultura e il Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153 del 2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della\ncultura, del Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e\ndi Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle\nforeste; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato\nnel verbale; \n Visto l\u0027art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; \n Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n Fatto \n \n 1. La ricorrente e\u0027 una societa\u0027 operante nel campo delle energie\nrinnovabili, che e\u0027 passata dall\u0027essere un semplice sviluppatore di\nsoluzioni a diventare un produttore di energia indipendente. \n 2. In Italia FRV ha presentato diverse iniziative, prediligendo\nla progettazione in aree definite ope legis «idonee» ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.\n199. Tra queste, in particolare: \n «Genzano», Regione Puglia, agrivoltaico non avanzato, potenza\n120,8 MW; \n «Barbaruta», Regione Toscana, agrivoltaico avanzato, potenza\n21 MW; \n «Ginosa», Regione Puglia, agrivoltaico non avanzato, potenza\n144 MW; \n «Lanuvio», Regione Toscana, agrivoltaico avanzato, potenza 86\nMW; \n «Campli Bellante», Regione Toscana, agrivoltaico avanzato,\npotenza 24 MW; \n «Poggiale», Regione Puglia, agrivoltaico - non avanzato,\npotenza 66 MW. \n 3. Con il presente ricorso FRV sostiene che il decreto impugnato\nrechi previsioni idonee a pregiudicarne l\u0027autorizzazione e ha\nsollevato a tale riguardo plurimi profili di violazione di legge ed\neccesso di potere. Piu\u0027 in particolare, le censure possono cosi\u0027\nessere riassunte: \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 3 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 e dell\u0027art. 5 della legge n. 53/2021:\nil decreto impugnato avrebbe mancato di definire i criteri omogenei\nper l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione di impianti\nFER, essendosi limitato a riprodurre principi di massima che, a ben\nvedere, sarebbero esattamente e testualmente quelli individuati dalla\nnorma delegante (art. 20, comma 3, decreto legislativo n. 199/2021).\nNe deriverebbe il conferimento alle regioni di una delega\nsostanzialmente in bianco, in contrasto con l\u0027insegnamento della\nCorte costituzionale, che avrebbe sempre rivendicato l\u0027importanza\ndella uniformita\u0027 della «materia energia» sul territorio nazionale\n(motivo I.1); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1, del\ndecreto legislativo n. 199/2021: il decreto, chiamato a «dettare i\ncriteri per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione\ndella potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le\nmodalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima\nporzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unita\u0027 di\nsuperficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione\ndi energia elettrica gia\u0027 installati e le superfici tecnicamente\ndisponibili», si sarebbe limitato a prevedere la mera «possibilita\u0027»\ndi classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole\nsulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto,\ncon indicazione generica e priva di indirizzi idonei a orientare\nl\u0027esercizio della potesta\u0027 regionale (motivo I.2); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/2021: illegittimita\u0027 della previsione che\nassegna una mera «possibilita\u0027» alle regioni, in sede di emanazione\ndelle leggi, di fare salve le aree idonee di cui all\u0027art. 20, comma\n8, decreto legislativo n. 199/2021. Tale norma si porrebbe in\ncontrasto con il dato normativo ed equivarrebbe a consentire alle\nregioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree idonee\nindividuate al legislatore nazionale, rimettendosi alle regioni la\npotesta\u0027 di prevedere che aree che, fino ad oggi, sono state\nindiscussamente idonee, ai sensi del comma 8, diventino «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti in termini di\naffidamento degli investimenti ed incertezza del quadro giuridico di\nriferimento (motivo I.3); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle Linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER: l\u0027art. 20, comma 4, decreto\nlegislativo n. 199/2021 prevedrebbe una competenza regionale, da\nesercitare mediante legge, unicamente per la disciplina delle aree\nidonee. Il decreto, invece, richiedendo alle regioni di individuare\ncon legge anche le aree non idonee, si porrebbe in contrasto, oltre\nche con tale norma primaria, anche con l\u0027art. 12, comma 10, del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le successive Linee guida, che\nprevedono l\u0027individuazione delle «aree non idonee» all\u0027esito di un\napposito procedimento amministrativo, operando un bilanciamento in\nconcreto degli interessi strettamente aderenti alla specificita\u0027 dei\nluoghi, senza poter imporre in via legislativa vincoli generali non\nprevisti dalla disciplina statale (motivo II.1); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2004, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle Linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER: nel definire le aree non idonee come\naree «incompatibili con l\u0027installazione di specifiche tipologie di\nimpianti», il decreto introdurrebbe un vero e proprio divieto di\ninstallazione di impianti FER in dette aree, in contrasto con i\nprincipi dettati dalle Linee guida, che pure vengono dalla\ndisposizione in questione richiamati, in base alle quali\n«L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve\nconfigurarsi come divieto preliminare» all\u0027installazione degli\nimpianti (motivo II.2); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1, 7 e 8\ndel decreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo n. 387/2003, delle Linee guida e del principio della\nmassima diffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo\nn. 42/2004 e dell\u0027art. 117, comma 2, lettera s) Cost.: nel prevedere\nche «Sono considerate non idonee le superfici e le aree che sono\nricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e b) del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42», il decreto si porrebbe in\ncontrasto con la normativa europea e nazionale, nonche\u0027 con quella\nprevista per i beni soggetti a tutela paesaggistica e culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e del tutto irragionevole, in\nquanto di fatto inibirebbe in tutte le aree vincolate la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere da qualsiasi specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica in\nordine alla sussistenza di una effettiva incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con la tutela paesaggistica o culturale da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la previsione secondo cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee le superfici e le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino\na un massimo di 7 chilometri», in quanto assegnerebbe poteri alle\nregioni in contrasto con la competenza statale in materia di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela in\ntutto il territorio nazionale (motivo II.3); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1,\ndecreto legislativo n. 199/2021: nell\u0027individuare, come aree in cui\ne\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra, le aree agricole per le quali vige il divieto di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, il\ndecreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe contemplato la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il decreto ministeriale non\navrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato comma\n1-bis (motivo III.1); \n manifesta irragionevolezza - violazione della direttiva\n2009/28/Ce, della direttiva 2001/77/Ce e della direttiva\n2018/2001/Ue: la delega di cui all\u0027art. 1, comma 2, lettera d) del\ndecreto ministeriale impugnato sarebbe assolutamente irragionevole ed\nillegittima anche in ragione del fatto che, nel vietare la\ncollocazione di impianti FTV a terra in aree agricole, non precisa\nche da tale divieto sono sottratti tutti gli impianti agrivoltaici.\nInvero, sia gli FTV con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno in\ncomune la collocazione sul suolo di moduli recanti pannelli\nfotovoltaici. Tuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe evidenziato la\ndifferenza, in quanto nei primi la crescita della vegetazione puo\u0027\nostare con la produzione di energia e quindi e\u0027 oggetto di interventi\nvolti a controllarla o impedirla, mentre, nel caso dell\u0027agrivoltaico,\nl\u0027impianto (sia avanzato che base) sarebbe strutturato in modo da\nconsentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola ovvero il\npascolo degli animali, di talche\u0027 la superficie del terreno resta\npermeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque\npienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione\nagricola. La previsione in esame, non operando alcuna distinzione in\nmerito, introdurrebbe un divieto concreto, indiscriminato e\ngeneralizzato ad ogni tipo di impianto che usa tale tecnologia,\ninclusi gli agrivoltaici base o avanzati che siano (motivo III.2). \n 4. Per l\u0027ipotesi in cui non sia possibile un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente orientata dell\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, la ricorrente ha prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della disposizione per i seguenti\nprofili: \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 77, comma secondo,\ndella Costituzione: dalla disamina del «Preambolo» al decreto-legge\nAgricoltura si evincerebbe che l\u0027iniziativa governativa da cui ha\npreso le mosse l\u0027approvazione dell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato\ndecreto-legge, che ha introdotto la norma contestata, e\u0027 stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in\nquanto nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e\u0027\npari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata\n(SAU) e\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di ettari\ndi terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono stati\ninstallati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. \n Di questi, secondo il GSE, 9,2 GW sono impianti FTV a terra\nche utilizzano 16.400 ettari, che equivalgono solo allo 0,05% del\nterritorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. Installare gli 84\nGW di cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a\n70.000 ettari - considerando l\u0027ipotesi piu\u0027 estensiva secondo cui\nl\u0027intero obiettivo fosse perseguito mediante l\u0027utilizzo della sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e\nsenza considerare la quota installabile su edifici - che equivalgono\nallo 0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si\ntratterebbe di una porzione marginale di suoli agricoli anche se\nparagonata ai 4 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati e\nai 12,5 milioni di ettari di SAU. Sarebbero stati, pertanto, in\norigine carenti i requisiti di necessita\u0027 e urgenza di cui all\u0027art.\n77 Cost. che avrebbero giustificato il ricorso allo strumento\neccezionale della decretazione d\u0027urgenza (motivo IV); \n violazione e falsa applicazione degli articoli 117, commi\nprimo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente,\nalla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio\ndell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da\nfonti rinnovabili e all\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE): la norma\ncontestata, nel prevedere il divieto di installazione di nuovi\nimpianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare\nl\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in\ncontrasto con i vincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in\nparticolare, con l\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli\nimpianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva\n2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della\nquale e\u0027 stato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto\naltro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi\ngenerali dettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali\nle zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio. Per contro, una norma che\nintroduce un divieto generalizzato a realizzare una tipologia di\nimpianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da una\nprevia indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche\nqualita\u0027 del sito agricolo ovvero alle colture ivi condotte - si\nporrebbe in conflitto con i summenzionati principi fondamentali di\ncui all\u0027art. 117, comma 1, Cost. ed all\u0027art. 12, comma 7, del decreto\nlegislativo n. 387/2003, attuativi di direttive dell\u0027Unione europea e\nche riflettono anche impegni internazionali volti a favorire\nl\u0027energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo V); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 Cost. -\nviolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 15 della direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili -\nviolazione del principio di proporzionalita\u0027 - violazione dell\u0027art.\n11 del TFUE- violazione dell\u0027art. 41 Cost.: la scelta di introdurre\nun generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti FTV con\nmoduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle\nfonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela\ndell\u0027ambiente perseguiti. Sul punto, l\u0027art. 15 della direttiva\n2018/2001 prevede che «Gli Stati membri prendono in particolare le\nmisure appropriate per assicurare che: b) le norme in materia di\nautorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano\noggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio «proporzionato» della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il principio di\nintegrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del 2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo\nsottintende) - in virtu\u0027 del quale le esigenze di tutela\ndell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in\nparticolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Se il\nprincipio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio alla stregua\ndel quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori\ncostituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo razionale, il\nprincipio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La\ntutela dell\u0027ambiente e del paesaggio (nello specifico dell\u0027ambiente e\ndel contesto agricolo) non potrebbero essere visti quali valori\ncontrapposti rispetto alla diffusione delle fonti rinnovabili, sia\nsotto il profilo della tutela dell\u0027ambiente che sotto quello della\ntutela dell\u0027iniziativa economica privata. Lo stesso art. 9 della\nCostituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere\nperseguita «anche nell\u0027interesse delle future generazioni». Al\ncontrario, la disposizione in esame muoverebbe dall\u0027assunto di un\naprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e\nl\u0027autorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte\nfinalita\u0027 non fossero tra loro contemperabili mediante la\nintroduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per\ncaso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che\nutilizzano la tecnologia fotovoltaica a terra (inclusi gli\nagrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo VI). \n 5. Si sono costituite le amministrazioni intimate, rilevando che\ni presupposti su cui la ricorrente fonda le proprie deduzioni\nsarebbero smentiti dalla lettura della normativa di riferimento. \n 6. In primo luogo, la necessita\u0027 di individuare criteri omogenei\nper la definizione delle superfici e delle aree idonee e non idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sarebbe stata\nintrodotta dall\u0027art. 5, comma 1, lettera a) della legge 22 aprile\n2021, n. 53, «Delega al Governo per il recepimento delle direttive\neuropee e l\u0027attuazione di altri atti dell\u0027Unione europea» (legge di\ndelegazione europea 2019-2020), che dettava criteri di delega per il\nrecepimento della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili (RED II). Successivamente, il\ndecreto legislativo n. 199 del 2021, con l\u0027art. 20, ha individuato il\npercorso per l\u0027individuazione delle superfici e aree idonee e non\nidonee alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili, prevedendo\nun coinvolgimento, in prima battuta, del MASE, del MIC e del MASAF\nd\u0027intesa con le regioni, al fine di definire criteri e principi\nomogenei e rinviando a successive leggi regionali per\nl\u0027individuazione su ciascun territorio delle superfici e delle aree\nidonee e non idonee. Nello specifico, la disciplina prevedrebbe: \n al comma 5, che nel percorso di individuazione delle aree\nidonee sono rispettati i principi della minimizzazione degli impatti\nsull\u0027ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul\npaesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli\nobiettivi di decarbonizzazione al 2030; \n ai commi 6 e 7, rispettivamente, che nelle more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee non possono essere disposte\nmoratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di\nautorizzazione e che le aree non incluse nel novero delle aree idonee\nnon possono essere dichiarate non idonee in sede di pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee; \n al comma 8 che «nelle more dell\u0027individuazione delle aree\nidonee sulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai decreti\ndi cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al\ncomma 1 del presente articolo [...]» una lista specifica di aree\nimmediatamente idonee (c.d. aree idonee ex-lege). \n 7. In secondo luogo, il decreto impugnato, lungi dal voler\ncostituire una barriera alla realizzazione di impianti di produzione\ndi energia elettrica da fonte rinnovabile, sarebbe finalizzato\nall\u0027individuazione di quelle aree o superfici ove poter usufruire di\nprocedimenti piu\u0027 veloci e snelli ai fini dell\u0027ottenimento del\nrelativo titolo autorizzativo, ovvero delle zone dove invece tali\naccelerazioni non sono presenti o che richiederanno una valutazione\npiu\u0027 attenta in ragione di specifiche tutele che interessano l\u0027area\ndell\u0027intervento. La definizione di «area idonea» e «non idonea»\ncontenuta nel suddetto decreto, infatti, sarebbe strettamente legata\nalla individuazione delle semplificazioni di cui poter beneficiare ai\nfini autorizzativi, fermo restando che anche nelle «aree non idonee»\nnulla vieterebbe agli operatori di poter realizzare impianti di\nproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. D\u0027altra parte,\nl\u0027art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021\nesplicitamente vieterebbe alle regioni, in sede di pianificazione, di\nconsiderare le aree non idonee come inibite in assoluto alla\nrealizzazione di impianti FER, mentre l\u0027art. 1, comma 2, lettera b),\ndel decreto ministeriale, nel richiamare le modalita\u0027 delle linee\nguida di cui al paragrafo 17 del decreto ministeriale 10 settembre\n2010, le identificherebbe come quelle aree in cui si individuano\nobiettivi di protezione non compatibili con l\u0027insediamento di\nspecifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, «i quali\ndeterminerebbero, pertanto, una elevata probabilita\u0027 (non certezza)\ndi esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione». \n 8. Quanto all\u0027individuazione tramite legge delle aree idonee, la\ncompetenza normativa in materia sarebbe gia\u0027 riconosciuta dalla\nCostituzione (art. 117, terzo comma, in tema di «produzione,\ntrasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia»), per cui non\nsarebbe necessaria alcuna espressa «delega» alle regioni, nel momento\nin cui il decreto legislativo n. 199 del 2021, base giuridica del\ndecreto in esame, costituirebbe una chiara «legge cornice»,\nindividuando principi e criteri omogenei per l\u0027individuazione anche\ndelle aree non idonee. Per poter legiferare anche su tali aree non\nsarebbe stato necessario, pertanto, alcun espresso «mandato\nnormativo» statale. \n 9. Sarebbe, altresi\u0027, infondata la contestazione dell\u0027esistenza\ndi un c.d. «delega in bianco»: il decreto ministeriale, infatti,\nindicherebbe all\u0027art. 7 i principi e criteri omogenei (in linea con\nl\u0027art. 20, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 199 del 2021)\nlasciando alle regioni, tramite le proprie leggi, l\u0027individuazione\ndelle aree idonee e non idonee al fine di garantire il rispetto delle\ncompetenze legislative nella materia concorrente della «produzione,\ntrasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia» ai sensi dell\u0027art.\n117, comma 3, della Costituzione. \n 10. Con riferimento alla previsione per cui «Sono considerate non\nidonee le superficie e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi dell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma\n1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»,\nsi tratterebbe di parametro non irragionevole, ne\u0027 indiscriminato,\nposto che la inidoneita\u0027 concernerebbe unicamente le aree ricomprese\nnel perimetro di beni di interesse pubblico che richiedono una\nprotezione forte da parte dell\u0027ordinamento. \n 11. In merito all\u0027art. 7, comma 3, del decreto ministeriale,\nladdove e\u0027 previsto che «Le regioni possono individuare come non\nidonee le superficie le aree che sono ricomprese nel perimetro degli\naltri beni sottoposti a tutela ai sensi del 8 medesimo decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Le regioni possono stabilire una\nfascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di\nampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto,\nproporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7\nchilometri», la previsione sarebbe in linea con quanto contenuto\nnelle Linee guida (decreto ministeriale 10 settembre 2010), che\nall\u0027Allegato 3 chiariscono che le «regioni, con le modalita\u0027 di cui\nal paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio», quali, tra l\u0027altro, «le aree ed i beni\ndi notevole interesse culturale di cui alla Parte seconda del decreto\nlegislativo n. 42 del 2004, nonche\u0027 gli immobili e le aree dichiarati\ndi notevole interesse pubblico ai sensi dell\u0027art. 136 dello stesso\ndecreto legislativo» ovvero le «zone individuate ai sensi dell\u0027art.\n142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 valutando la sussistenza\ndi particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la\nrealizzazione degli impianti». \n 12. Con riguardo all\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto\nministeriale, secondo cui le regioni individuano, tra le altre, le\n«aree in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il\ndivieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra\nai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199», la previsione non sarebbe strumento di\n«attuazione» dell\u0027art. 20, comma 1-bis, perche\u0027 gli effetti di tale\ndisposizione, di rango primario e introdotta successivamente con\nlegge ordinaria, verrebbero gia\u0027 spiegati autonomamente all\u0027interno\ndel decreto legislativo n. 199 del 2021. Piuttosto il rimando operato\nnel decreto ministeriale Aree idonee, lungi dal volere introdurre un\ndivieto generalizzato di portata innovativa, troverebbe ragione in\nforza della ratio del medesimo provvedimento impugnato diretto a\nvoler fornire, tra l\u0027altro, agli operatori del settore chiare\nindicazioni sulla individuazione delle superfici e aree ove poter\nubicare i progetti di impianti FER e di quelle in cui cio\u0027 e\u0027\nprecluso. \n 13. All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 il Collegio ha\nprospettato alle parti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma 3, c.p.a., la\nsussistenza di possibili profili di inammissibilita\u0027 del ricorso per\ncarenza d\u0027interesse, come riportato a verbale. La causa e\u0027 stata,\nquindi, trattenuta in decisione. \n \n Diritto \n \n 14. Il ricorso puo\u0027 essere definito solo parzialmente, reputando\nil Collegio rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di\ncostituzionalita\u0027 sollevate da parte ricorrente con i motivi V e VI. \n 15. Preliminarmente, occorre tuttavia esaminare i profili\nriguardanti la consistenza dell\u0027interesse posto a fondamento del\nricorso, la cui mancanza e\u0027 stata oggetto di rilievo officioso in\nudienza e il cui scrutinio richiede che siano chiariti i termini in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione di impianti FER. Tale\nesigenza, invero, risulta intrinsecamente correlata con il tenore\ndelle censure ricorsuali articolate con il secondo motivo di ricorso,\ncon le quali, come esposto in narrativa, la societa\u0027 ricorrente ha in\nsostanza contestato: \n l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della disciplina posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n la configurazione delle aree non idonee quali aree\nincompatibili e, quindi, sostanzialmente preclusive rispetto alla\ninstallazione di impianti FER; \n la genericita\u0027 dei criteri posti dal decreto ministeriale a\nfini di indirizzo della successiva attivita\u0027 regionale; \n l\u0027abnorme estensione del perimetro di possibile\nindividuazione delle aree non idonee; \n l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge regionale, e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale; \n la mancanza di una disciplina di salvaguardia per le\niniziative gia\u0027 avviate. \n 16. Il presupposto comune alle censure e\u0027 che, avendo il gravato\ndecreto ministeriale qualificato le aree non idonee come aree\nincompatibili con l\u0027installazione di impianti FER, il concetto di\n«area non idonea» sarebbe stato completamente stravolto rispetto a\nquello operante nel regime previgente (i.e., a quello delle Linee\nguida). In particolare, prima dell\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale la conseguenza correlata al carattere di non idoneita\u0027\ndi un\u0027area era circoscritta al fatto che il soggetto proponente non\npotesse accedere alla accelerazione procedimentale dell\u0027iter\nautorizzativo propedeutico alla realizzazione ed esercizio\ndell\u0027impianto FER - accelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel\ncaso di localizzazione dell\u0027impianto in area idonea -. Per converso,\nnessuna preclusione, aprioristica e assoluta, alla realizzazione di\ntali impianti risultava discendere dalla loro localizzazione in aree\nnon idonee. Orbene, secondo la prospettazione della societa\u0027\nricorrente, siccome con l\u0027adozione del gravato decreto ministeriale\nle amministrazioni resistenti avrebbero introdotto una preclusione di\ntal guisa, lo stesso risulterebbe illegittimo. \n 17. Il Collegio ritiene che la tesi sostenuta dalla societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni di diritto di\nseguito esposte. \n 18. Come noto, l\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la razionalizzazione e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A tal fine, l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 ha inter alia\nprevisto che «In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con il Ministro dell\u0027ambiente e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita\u0027\nculturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura di autorizzazione\nunica, n. d.r.]. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad\nassicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e\nsiti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di\nimpianti». \n 19. Le Linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse e\u0027 stato\nstabilito che: \n paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee\nguida, le regioni e le Province autonome possono procedere alla\nindicazione di aree e siti non idonei alla installazione di\nspecifiche tipologie di impianti secondo le modalita\u0027 di cui al\npresente punto e sulla base dei criteri di cui all\u0027Allegato 3.\nL\u0027individuazione della non idoneita\u0027 dell\u0027area e\u0027 operata dalle\nregioni attraverso un\u0027apposita istruttoria avente ad oggetto la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano obiettivi di protezione non compatibili con\nl\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da richiamare nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie\ne/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita\u0027\nriscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle\ndisposizioni esaminate [...]. Le aree non idonee sono [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui sono definite le misure e gli interventi necessari al\nraggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua\nle aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico\nobiettivo assegnatole»; \n allegato 3: «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la realizzazione degli impianti,\nbensi\u0027 ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di\nriferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.\nL\u0027individuazione delle aree non idonee dovra\u0027 essere effettuata dalle\nregioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti\nstrumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,\nsecondo le modalita\u0027 indicate al paragrafo 17», nonche\u0027 sulla base di\nprincipi e criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei\nquali, tra l\u0027altro: «a) l\u0027individuazione delle aree non idonee deve\nessere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad\naspetti di tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse\nfonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; [...] d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027impatto ambientale nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di\naccelerazione e semplificazione dell\u0027iter di autorizzazione alla\ncostruzione e all\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni\ndel territorio». \n 20. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma 10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, come risulta dai pacifici\norientamenti pretori formatisi in seno alla giurisprudenza della\nCorte costituzionale, le Linee guida sono «poste a completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 en.\n86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018) e connotate dal carattere della\ninderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme in tutto il\nterritorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)» (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n 21. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha inteso superare il sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla\npromozione dell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti, sulla\nscorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 \"con legge\" regionale, secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n 22. Sulla scorta di quanto chiarito ed affermato negli\norientamenti giurisprudenziali teste\u0027 richiamati, discende che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che ha interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic et\nsimpliciter essere trasposti, in maniera acritica e meccanica, i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione\nal pregresso assetto normativo e regolatorio. Infatti, laddove si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che e\u0027, poi, quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si finirebbe\nper obliterare indebitamente il vigente contesto normativo, avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito, l\u0027art.\n20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021 espressamente\ndispone che sia il MASE, di concerto con il MIC e il MASAF, a\nstabilire con decreto i principi e i criteri omogenei strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n 23. Invero, proprio sulla scorta delle scelte compiute dalle\namministrazioni resistenti con l\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale - e condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,\ncontrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027 ricorrente, nel\ncomplessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita\u0027, la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n 24. Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non\nidonee» come «aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10\nsettembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n 25. A dispetto di quanto asserito dalla societa\u0027 ricorrente -\nsecondo la quale la definizione di area non idonea come area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto\nalla installazione di impianti FER - occorre ricordare che il\nparagrafo 17 delle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire\nprendendo in considerazione gli «obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti». \n 26. Emerge, quindi, come gia\u0027 nel contesto previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non idonee si\ncaratterizzassero per essere aree incompatibili con il\nsoddisfacimento degli obiettivi di protezione che l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale forma di incompatibilita\u0027, quale tratto\ncaratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita\u0027 di esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n 27. L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee» contenuta nell\u0027art. 1, comma 2,\nlettera b), del gravato decreto ministeriale non possiede un\ncarattere innovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad\neffectum, la portata del concetto di «area non idonea», per come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a\nquella scaturente dalle Linee guida. \n 28. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita anche il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lettera b), del gravato decreto\nministeriale declini la dichiarata incompatibilita\u0027 «secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida». Ordunque, benche\u0027 l\u0027ordito normativo, con il previsto\naggiornamento delle Linee guida «A seguito dell\u0027entrata in vigore\ndella disciplina statale e regionale per l\u0027individuazione di\nsuperfici e aree idonee ai sensi dell\u0027art. 20», presenti indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto chiaro il ruolo\nche le medesime Linee guida sono ad oggi chiamate a svolgere in\nsubiecta materia, e\u0027 preferibile ritenere che il richiamo alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle Linee guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto al\nnuovo regime, delle acquisizioni, in termini di significato e\ndeclinazione delle aree non idonee, gia\u0027 raggiunte nel previgente\nassetto normativo in applicazione delle previsioni dettate dalle\nLinee guida. \n 29. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione conservativa di\ncui all\u0027art. 1367 cod civ. - pacificamente applicabile anche agli\natti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5358 del 4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati) -. Infatti, mediante\nl\u0027impiego di tale legittimo criterio interpretativo, nel nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut res magis valeat quam\npereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro, ai principi di\neconomicita\u0027 ed efficacia dell\u0027attivita\u0027 amministrativa sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015) e di cui il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n 30. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le regioni\nprovvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree non\nidonee - e non piu\u0027 nell\u0027ambito di un apposito procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee guida - e\u0027 del pari vero\nche, in disparte gli eventuali profili di illegittimita\u0027 di tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere che a\ntale cambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n 31. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico di approvazione della classificazione delle aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da\nalcuna radicale trasfigurazione del significato che il concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime nell\u0027ambito della\npianificazione del territorio necessaria al raggiungimento degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n 32. Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione sin qui proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza costituzionale che ha\nriconosciuto la \"necessita\u0027 di garantire la «massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del 2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento \u0027di ridurre le emissioni\ndi gas ad effetto serra\u0027 (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i\ncambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)\" (Corte cost.,\nsentenza n. 27/2023). Va, quindi, radicalmente escluso che le \"aree\nnon idonee\" possano essere considerate aree del tutto interdette alla\ninstallazione di impianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe\nessere seriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi\nenergetici strumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia\na livello sovranazionale - tenuto anche conto della particolare\nampiezza dei margini di manovra consentiti alle regioni dal decreto\nministeriale impugnato -. \n 33. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lettera\nb), del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il\nCollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la realizzazione di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come l\u0027individuazione con\nlegge regionale delle aree non idonee non esclude che le\namministrazioni, nell\u0027ambito degli specifici procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla\nrealizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni\nculturali, anche laddove l\u0027area interessata rientri tra quelle\nclassificate come non idonee. \n 34. Il Collegio, chiariti i termini nei quali debba essere inteso\nil concetto giuridico di \"aree non idonee\" alla realizzazione degli\nimpianti FER, ritiene di poter esaustivamente procedere all\u0027esame dei\nprofili di attualita\u0027 e concretezza dell\u0027interesse a ricorrere la cui\nsussistenza costituisce condizione di ammissibilita\u0027 del presente\ngravame. \n 35. Si evidenzia sin da ora, e salvo quanto piu\u0027 avanti si dira\u0027\nquanto ai dedotti profili sollevati con il III, IV, V e VI motivo,\nche non si reputa sussistente in capo alla societa\u0027 ricorrente il\nnecessario interesse a ricorrere richiesto dalla legge per conseguire\nl\u0027annullamento giudiziale del gravato decreto ministeriale del 21\ngiugno 2024. \n 36. In proposito, giova preliminarmente evidenziare che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione ad agire, trova il suo fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del rinvio\nesterno disposto dall\u0027art. 39 c.p.a. \n 37. In particolare, atteso che l\u0027art. 100 codice di procedura\ncivile stabilisce che «Per proporre una domanda o per contraddire\nalla stessa essa e\u0027 necessario avervi interesse», l\u0027interesse a\nricorrere si caratterizza per la «prospettazione di una lesione\nconcreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e\ndall\u0027effettiva utilita\u0027 che potrebbe derivare a quest\u0027ultimo\ndall\u0027eventuale annullamento dell\u0027atto impugnato» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen. , 26 aprile 2018, n. 4). \n 38. Cio\u0027, invero, risulta coerente con la funzione svolta dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal principio dispositivo (cfr. Cassazione civ.,\nSS.UU., 22 aprile 2013 n. 9685; Cassazione civ., sez. III, 3 marzo\n2015, n. 4228; Cassazione civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n 39. L\u0027interesse a ricorrere, inoltre, e\u0027 espressione della\nconcezione soggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche del\nprocesso amministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , sentenza n. 4\ndel 7 aprile 2011) e ad esso e\u0027 attribuita una funzione di filtro\nprocessuale, fino a divenire strumento di selezione degli interessi\nmeritevoli di tutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , sentenza n. 22\ndel 9 dicembre 2021). \n 40. L\u0027Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, proprio con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse a ricorrere: all\u0027art.\n35, primo comma, lettera b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art. 13,\ncomma 4-bis e, in modo piu\u0027 sfumato, all\u0027art. 31, primo comma,\nsembrando confermare, con l\u0027accentuazione della dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla base\ndegli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali\neccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo\ndall\u0027accertamento effettivo della (sussistenza della situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito.\nNel senso che, come e\u0027 stato osservato, va verificato che \"la\nsituazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una\nlesione\" ma non anche che \"abbia subito\" una lesione, poiche\u0027 questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen. , sentenza n. 22/2021, cit.). \n 41. Ordunque, nel caso in esame viene in rilievo una fattispecie\ncontroversa rispetto alla quale l\u0027interesse al bene (i.e., l\u0027utilita\u0027\nfinale o petitum mediato) correlato alla situazione giuridica\nsoggettiva dedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente non e\u0027\ncostituito da specifici provvedimenti di autorizzazione, in ipotesi\nnegati dalla amministrazione competente, bensi\u0027 da futuri\nprovvedimenti di autorizzazione il cui rilascio potrebbe essere\nprecluso per effetto delle gravate previsioni del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024. Nel caso di specie, invero, le\namministrazioni competenti ad assentire i progetti che la societa\u0027\nricorrente sta elaborando non hanno ancora avuto modo di pronunciarsi\nsugli stessi. \n 42. La valutazione inerente alla sussistenza del necessario\ninteresse a ricorrere, pertanto, non puo\u0027 prescindere dalla\nconsiderazione della maggiore distanza esistente tra l\u0027attivita\u0027\namministrativa contestata e l\u0027utilita\u0027 giuridica finale che la\nsocieta\u0027 ricorrente intende conseguire. In proposito occorre\nevidenziare che le impugnate prescrizioni del decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024 sono destinate ad assumere, rispetto ai singoli\nprocedimenti di autorizzazione degli impianti FER, il ruolo di\nparametri di legittimita\u0027 dell\u0027agere delle amministrazioni\nprocedenti, atteso che con le stesse sono stati fissati principi e\ncriteri generali e sono state enucleate definizioni di istituti\ngiuridici e non, invece, comandi e divieti inderogabili, ex se\nostativi all\u0027esercizio dell\u0027attivita\u0027 imprenditoriale che parte\nricorrente intende svolgere. \n 43. Posto che l\u0027interesse a ricorrere che sorregge la presente\niniziativa giudiziale deve essere traguardato alla luce della\npossibilita\u0027 di lesione che la societa\u0027 ricorrente potrebbe subire\nper effetto della applicazione delle gravate previsioni ministeriali,\nassume rilievo centrale la circostanza per cui dette previsioni si\ncollocano a monte dell\u0027attivita\u0027 amministrativa di autorizzazione\nche, essa si\u0027, e\u0027 destinata ad impattare concretamente nella sfera\ngiuridica della parte ricorrente, in quanto, in caso di esito\nnegativo, suscettibile di arrecare alla stessa un pregiudizio in via\nimmediata e diretta. \n 44. Lo iato esistente tra l\u0027agere ministeriale e l\u0027attivita\u0027\namministrativa di autorizzazione si ripercuote anche\nsull\u0027apprezzamento dell\u0027interesse a ricorrere, rendendo piu\u0027\nrarefatta e remota la possibilita\u0027 di incisione negativa\ndell\u0027interesse al bene finale laddove si controverta della\nlegittimita\u0027 del parametro (di legittimita\u0027) che concorre a formare\nla cornice di legalita\u0027 dell\u0027azione amministrativa finalizzata alla\nrimozione degli ostacoli ordinamentali allo svolgimento di attivita\u0027\neconomiche non liberalizzate, come quelle che rilevano nella\nfattispecie in esame. \n 45. Sulla scorta delle pregresse considerazioni discende che per\nvalutare la sussistenza dell\u0027interesse della parte ricorrente a\ncontestare le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024\nnon possa essere preso in considerazione il concreto esito\nprocedimentale dell\u0027iter di autorizzazione - che, nel caso di specie,\nnon risulta essere stato avviato ovvero e\u0027 ancora in corso. Plurime\nsono le ragioni a cio\u0027 ostative, tra le quali la piu\u0027 evidente e\u0027\nquella che risiede nel fatto che, ad opinare diversamente, si\nfinirebbe per violare il divieto sancito dall\u0027art. 34, comma 2,\nc.p.a. \n 46. Ad avviso del Collegio, quindi, per poter riconoscere alle\ncontestate previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 la\nprospettata, diretta, immediata e concreta valenza pregiudizievole\npredicata dalla societa\u0027 ricorrente, occorrerebbe che le stesse\nsiano, ex se, automaticamente preclusive delle iniziative economiche\nche quest\u0027ultima, quale operatore attivo nel mercato della produzione\ndi energia da fonti rinnovabili, intende intraprendere. \n 47. Il Collegio non reputa che gli articoli 1, 3 e 7 del gravato\ndecreto ministeriale siano immediatamente lesivi della sfera\ngiuridica della societa\u0027 ricorrente, donde l\u0027inammissibilita\u0027 delle\nrelative censure. \n 48. Invero, siccome il fulcro delle censure proposte dalla\nricorrente ruota intorno alla prospettata lesivita\u0027 del nuovo assetto\nregolamentare per effetto della rivisitazione del previgente sistema\ne del ruolo che l\u0027istituto delle «aree non idonee» e\u0027 destinato a\ngiocare, anche per cio\u0027 che concerne gli aspetti inerenti alle\nmodalita\u0027 della loro determinazione, dall\u0027analisi svolta in\nprecedenza, e che deve intendersi qui integralmente richiamata,\nemerge come la qualificazione di determinate porzioni di territorio\nin termini di «aree non idonee» non costituisce un impedimento\nassoluto alla realizzazione di progetti tesi alla costruzione e\nall\u0027esercizio di impianti FER, dal che discende la radicale\ninsussistenza, anche in una prospettiva valutativa di carattere\nprognostico, della lesione lamentata dalla societa\u0027 ricorrente. \n 49. A tale riguardo, giova evidenziare che la localizzazione di\nun impianto FER in un\u0027area non idonea non osta a che gli operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile con il complessivo assetto dei valori in gioco,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela ai\nsensi del decreto legislativo n. 42/2004 e, dall\u0027altro, con il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella A dell\u0027art. 2 del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n 50. Tali considerazioni trovano espresso conforto nelle\nprevisioni del gravato decreto ministeriale, laddove, all\u0027art. 7,\ncomma 3, in fine, si dispone che «Nell\u0027applicazione del presente\ncomma deve essere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con\nla garanzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». \n 51. Il pregiudizio lamentato dalla societa\u0027 ricorrente, peraltro,\nneppure puo\u0027 farsi discendere dal fatto che, in base al nuovo assetto\nnormativo e regolamentare culminato con l\u0027adozione del gravato\ndecreto ministeriale, anche l\u0027individuazione delle «aree non idonee»\ndebba essere determinata mediante legge regionale e non invece, come\navveniva con il previgente regime, con atti di programmazione e\nall\u0027esito di una precipua istruttoria procedimentale (cfr. paragrafo\n17 delle Linee guida). \n 52. A tal proposito, infatti, vale considerare che anche\nipotizzando che l\u0027individuazione delle aree non idonee possa, in\nalcuni casi, scontare in sede di legislazione regionale una carente\ncaratterizzazione in ragione del diverso atteggiarsi dei lavori\npreparatori di un provvedimento legislativo rispetto alla fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori economici che intendono realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n 53. Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027 farsi discendere\ndalla concretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi prospettata, consiste in\nun mero aggravamento dell\u0027onere motivazionale a carico\ndell\u0027amministrazione competente a pronunciarsi sulle istanze di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di impianti FER. In\nparticolare, l\u0027amministrazione procedente, all\u0027esito dell\u0027iter di\nautorizzazione, non potra\u0027 giustificare l\u0027eventuale ritenuta\nincompatibilita\u0027 del progetto solo in virtu\u0027 del fatto che l\u0027impianto\nsia localizzato in un\u0027area classificata come non idonea -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel caso\nin cui la caratterizzazione delle aree non idonee sia stata\npuntualmente svolta dal legislatore regionale, in quanto la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come gia\u0027 accennato in precedenza -\nma dovra\u0027 necessariamente fondare il proprio diniego dando conto in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica, delle intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle aree interessate, traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti interessi in giuoco. \n 54. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027\nricorrente, nessun pregiudizio attuale e concreto puo\u0027 farsi\ndiscendere dal fatto che sia stato previsto che l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee» debba avvenire con legge regionale. Per\nconverso, un siffatto pregiudizio e\u0027 suscettibile di venire ad\nesistenza solo in caso di esito negativo del procedimento di\nautorizzazione e solo nella misura in cui risulti che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia esercitato correttamente il\npotere amministrativo di carattere tecnico-discrezionale ad essa\nattribuito dalla legge. \n 55. Ad avviso del Collegio, sempre sulla scorta della chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di «aree non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si appalesa privo di immediata e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\nesso stesso classifica determinate aree come non idonee, cosi\u0027 come\nnella parte in cui non prevede alcun regime transitorio di\nsalvaguardia delle iniziative in corso. \n 56. Per cio\u0027 che concerne il primo profilo di doglianza teste\u0027\nmenzionato, la circostanza per cui il gravato decreto ministeriale\nqualifichi come non idonee le aree ricomprese nel perimetro dei beni\nsottoposti a tutela ai sensi di quanto previsto dal decreto\nlegislativo n. 42/2004 (art. 7, comma 3), non vale a mutare la\nportata generale del concetto di «aree non idonee», convertendolo in\nun istituto a geometrie variabili che, ove direttamente applicato\ndall\u0027amministrazione ministeriale, sia tale da determinare una\naprioristica e radicale sottrazione, ex voluntate administrationis,\ndell\u0027area non idonea alla realizzazione degli impianti FER. \n 57. Invero, sia in tal caso, sia nell\u0027altro (cioe\u0027, quando\nl\u0027individuazione delle «aree non idonee» avviene con legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno di un sito\nritenuto non idoneo non costituisce mai ragione di per se\u0027\nsufficiente a precludere in radice la realizzazione del progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a tale\nesito procedimentale solo nel caso in cui il progetto venga in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n 58. La parte ricorrente, viceversa, con l\u0027impostazione impressa\nal ricorso in esame ha tentato di far retrocedere una siffatta - e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase prodromica rispetto alla\nvalutazione in concreto dei progetti tesi alla realizzazione di\nimpianti FER, tale in quanto unicamente riservata alla determinazione\ndei criteri e alle modalita\u0027 di individuazione delle «aree non\nidonee». \n 59. Tuttavia, sulla scorta delle regole che governano il processo\namministrativo e in considerazione del fatto che la giurisdizione\namministrativa di legittimita\u0027 costituisce pur sempre una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare alla\nparte ricorrente una tutela anticipata di merito, ossia una tutela\ngiudiziale del tutto sganciata dalla sussistenza di una possibile\nincisione negativa della sua sfera giuridica che, per le ragioni\ninnanzi esposte e alla luce della effettiva portata prescrittiva\ndelle gravate disposizioni del decreto ministeriale del 21 giugno\n2024, puo\u0027 predicarsi solo rispetto ad un esito negativo dei\nprocedimenti autorizzativi e solo laddove cio\u0027 consegua al cattivo\nesercizio del potere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n 60. In relazione al secondo profilo in contestazione, sulla\nscorta delle considerazioni svolte in precedenza e alle quali\nintegralmente si rimanda in ossequio al principio di sinteticita\u0027\ndegli atti processuali sancito dal codice di rito, e\u0027 sufficiente\nporre in rilievo che l\u0027eventuale mutamento della classificazione di\nun\u0027area, in precedenza non qualificata come non idonea, non e\u0027 ex se\natto a condizionare, in maniera indefettibile e in senso sicuramente\nnegativo, l\u0027iter procedimentale di autorizzazione all\u0027installazione e\nall\u0027esercizio di impianti FER. Pertanto, neppure la mancata\nprevisione di un regime transitorio di salvaguardia delle iniziative\nin corso vale a dimostrare che le previsioni del gravato decreto\nministeriale possano arrecare alla societa\u0027 ricorrente il pregiudizio\nda essa lamentato. \n 61. Ad avviso del Collegio, l\u0027iniziativa giudiziale promossa\ndalla societa\u0027 ricorrente risulta sguarnita del necessario interesse\na ricorrere anche in relazione alle censure articolate con il primo\nmotivo di ricorso, ossia quelle tese a contestare le previsioni del\nd.m del 21 giugno 2024 con le quali sono stati fissati i criteri per\nla individuazione delle aree idonee ed e\u0027 stata concessa alle regioni\nla mera facolta\u0027 di far salve le aree considerate idonee ope legis ai\nsensi dell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. \n 62. In proposito, e\u0027 sufficiente rinviare alle considerazioni\ngia\u0027 espresse in precedenza in quanto, anche in relazione a tali\ncensure, l\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo nel\ncaso in cui le gravate prescrizioni sulle «aree idonee» fossero tali\nda arrecare, ex se e immediatamente, un pregiudizio alla societa\u0027\nricorrente. \n 63. Il Collegio, tuttavia, non ritiene che la possibilita\u0027 di\nlesione prospettata dalla societa\u0027 ricorrente sia riscontrabile ex\nante in un\u0027ottica prognostica, in quanto l\u0027effetto giuridico\ndiscendente dalla qualificazione di una superficie come «area idonea»\nalla realizzazione ed esercizio di un impianto FER delle aree idonee\ne\u0027 essenzialmente limitato al solo riconoscimento di un vantaggio\nprocedimentale. Pertanto, la societa\u0027 ricorrente non possiede il\nnecessario interesse ad azionare in giudizio una posizione giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a non vedersi aggravato\nl\u0027iter procedimentale di autorizzazione (laddove, in futuro, si\ndetermini a presentare la dovuta istanza all\u0027amministrazione), a che\nvenga mantenuto il precedente impianto normativo e a che vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal legislatore, expressis verbis, solo «nelle more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle\nmodalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui al comma 1 [dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, n. d.r.]». \n 64. Al pari di quanto rilevato in relazione alle gravate\nprevisioni sulle «aree non idonee», anche con riferimento a questo\nulteriore gruppo di censure proposte dalla societa\u0027 ricorrente, non\nrisulta che le amministrazioni resistenti abbiano dettato\nprescrizioni cogenti e introdotto divieti assoluti e aprioristici,\ndalla cui applicazione discenda con assoluta certezza la radicale\npreclusione alla realizzazione, miglioria ed esercizio di impianti\nFER. In definitiva, non venendo in rilievo prescrizioni suscettibili\ndi impedire alla societa\u0027 ricorrente, in via immediata e diretta, lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di produzione di energia da fonti\nrinnovabili, deve ritenersi insussistente l\u0027interesse processuale\nrichiesto dalla legge per conseguire l\u0027annullamento giudiziale del\ngravato decreto ministeriale. \n 65. A ben vedere, e fermo restando il carattere assorbente delle\nanzidette considerazioni, la decidibilita\u0027 nel merito del presente\ngravame risulterebbe preclusa anche dalla natura della posizione\ndedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente. Infatti, ad essere\nstata azionata risulta essere una mera aspettativa di fatto al\ncorretto esercizio sia della funzione amministrativa, sia della\nfunzione legislativa delle regioni, ossia una situazione del tutto\npriva della specifica connessione a un bene della vita che\ncostituisce il proprium delle situazioni giuridiche soggettive che\nl\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n 66. Ad abundantiam, vale anche osservare che, alla luce della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui la societa\u0027\nricorrente sia un operatore attivo nel settore della produzione di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento sufficiente a\nrendere differenziata e normativamente qualificata la sua posizione,\nla quale, pertanto, non risulta distinguibile da quella del quisque\nde populo. \n 67. D\u0027altronde, anche volendo attribuire alla posizione azionata\ndalla societa\u0027 ricorrente la consistenza di interesse diffuso e meta\u0027\nindividuale, il ricorso in esame non risulterebbe decidibile nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in giudizio\nesclusivamente dai soggetti giuridici statutariamente o\nistituzionalmente preposti a rappresentare interessi omogenei di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa, che esula dalla sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, operatore\neconomico attivo nel mercato. \n 68. Ne consegue che «in se\u0027 considerata, la semplice possibilita\u0027\ndi ricavare dall\u0027invocata decisione di accoglimento una qualche\nutilita\u0027 pratica, indiretta ed eventuale, ricollegabile in via\nmeramente contingente ed occasionale al corretto esercizio della\nfunzione pubblica censurata, non dimostra la sussistenza della\nposizione legittimante, nel senso che siffatto possibile vantaggio\nottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta idoneo a\ndeterminare, da solo, il riconoscimento di una situazione\ndifferenziata, fondante la legittimazione al ricorso; occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga a differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero un generico interesse alla legalita\u0027 dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse riconosciuto non al\nquisque de populo, ma solamente a quel soggetto che si trovi,\nrispetto alla generalita\u0027, in una posizione legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 265 del 27\ngennaio 2016). \n 69. Tale condizione-elemento non puo\u0027 essere rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata configurazione del procedimento\namministrativo per effetto della qualificazione attribuita all\u0027area\ndi localizzazione degli impianti FER, il che implica una\ninammissibile conformazione dei poteri pubblici per mano dei soggetti\nprivati, strumentale ad asservire le scelte dell\u0027amministrazione (e,\nnel caso di specie, anche del legislatore regionale) ad interessi di\nnatura egoistica - come tali slegati dalle esigenze di carattere\npubblicistico che l\u0027amministrazione deve curare - e ai desiderata,\nmodali e metodologici, degli operatori del settore. \n 70. La prospettazione della societa\u0027 ricorrente, anche sotto tale\nultimo divisato profilo, non merita di essere condivisa, in quanto il\ngiudice amministrativo non puo\u0027 accordare tutela a situazioni del\ntutto sui generis rispetto a quelle di interesse legittimo, nonche\u0027\ndi diritto soggettivo nei soli casi di giurisdizione esclusiva. \n 71. La situazione dedotta in giudizio dalla societa\u0027 ricorrente,\ninvero, non possiede la consistenza di interesse legittimo, il quale\ncome noto sottende «un rapporto diretto ed immediato tra l\u0027esercizio\ndel potere amministrativo (e cio\u0027 in cui esso si sostanzia, cioe\u0027 il\nprovvedimento amministrativo) e l\u0027interessato all\u0027esercizio del\npotere medesimo», che «si concretizza nel fatto che il provvedimento\namministrativo ed suoi effetti interessano direttamente (ed\nunivocamente) il patrimonio giuridico di un determinato soggetto, in\nsenso compressivo o ampliativo» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza\nn. 1403 del 7 marzo 2013). \n 72. Nel caso di specie, le gravate previsioni del decreto\nministeriale in materia di aree idonee e non idonee, non sono atte ad\narrecare alcun pregiudizio nella sfera giuridica della societa\u0027\nricorrente, le cui aspettative in relazione ai progetti proposti o in\nfase di proposizione si conservano integre sino alla definizione del\nprocedimento autorizzativo che verra\u0027 avviato al momento della\npresentazione dell\u0027istanza all\u0027amministrazione competente. Da cio\u0027\nderiva l\u0027inammissibilita\u0027 del ricorso, per carenza d\u0027interesse,\nquanto ai motivi dal I al II.3. \n 73. A diverse conclusioni deve giungersi quanto alle censure\nformulate nel III motivo, che vanno esaminate congiuntamente alle\nquestioni sollevate con il IV, V e VI motivo, con cui la parte\nricorrente solleva questioni di costituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma\n1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. \n 74. Il citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha\nintrodotto il comma 1-bis all\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021, il quale stabilisce che «L\u0027installazione degli impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel\ncaso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del presente decreto\nnonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\ninvestimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC)\ndi cui all\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito,\ncon modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di\nprogetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n 75. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale,\nnecessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n 76. Parte ricorrente allega di aver presentato diverse iniziative\nrelative a progetti di impianti c.d. agrivoltaici (avanzati e non)\nche sarebbero incisi dalla richiamata disciplina. Dalla\ndocumentazione agli atti risulta che soltanto per uno dei suddetti\nprogetti e\u0027 stata avviata almeno una delle procedure amministrative\nnecessarie all\u0027ottenimento dei titoli autorizzativi entro il termine\ndi cui all\u0027art. 5, comma 2, decreto-legge n. 63/2024. I restanti\nprogetti resterebbero, pertanto, assoggettati al divieto di cui\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021. \n 77. Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1, comma 2, che le\nregioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199». \n 78. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa erariale, tale\nprevisione costituisce senz\u0027altro strumento di attuazione, per quanto\ndel tutto vincolato nel contenuto, della norma primaria. Va rilevato,\ninfatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e\u0027\nconsentita l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. In tale contesto,\nil decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto dal comma\n1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la\npotesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi dell\u0027art. 3, comma 1,\ninfatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro\ncentottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le\naree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra. \n 79. Il decreto impugnato costituisce anche l\u0027unico atto\namministrativo che interviene nel processo di implementazione del\ndivieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n 80. Va allora richiamato il consolidato orientamento\ngiurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e\u0027\nimmediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza la\nnecessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937). Nel caso di specie l\u0027incidenza sui\ncomportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati che non siano collocati nelle aree di cui alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n 81. Cio\u0027 detto quanto all\u0027ammissibilita\u0027 delle censure, e\u0027\ninfondata la doglianza secondo la quale, concernendo la disciplina\nrimessa alla determinazione ministeriale l\u0027adozione di principi e\ncriteri omogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree\nidonee e non idonee, non sarebbe stata prevista alcuna delega a\nindividuare le aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione di impianti\nfotovoltaici a terra (di seguito «FTV»). \n 82. Per effetto della sopravvenienza normativa costituita dal\ndisposto dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, infatti, il\ndecreto di cui al comma 1 dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021 non avrebbe potuto che prendere atto dei divieti cosi\u0027\nintrodotti e ribadire, anche nel contesto della disciplina da esso\nposta, le relative preclusioni. Nel momento in cui il legislatore ha\ninteso vietare ulteriori interventi concernenti impianti fotovoltaici\ncon moduli collocati a terra nelle aree classificate agricole, tale\nrinnovata valutazione si e\u0027 inevitabilmente sovrapposta alle\nprevigenti direttive normative in materia di individuazione delle\naree idonee, sicche\u0027 ai fini della relativa implementazione non era\nnecessaria alcuna espressa e specifica delega, potendone l\u0027Autorita\u0027\namministrativa soltanto prendere atto. \n 83. Con una seconda censura la ricorrente contesta l\u0027art. 1,\ncomma 2, lettera d), del decreto nella parte in cui non precisa che\nda tale divieto sono sottratti tutti gli impianti agrivoltaici. Anche\ntale doglianza e\u0027 infondata. \n 84. In merito, e\u0027 sufficiente rilevare che l\u0027ambito di\napplicazione del divieto posto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024 e\u0027 definito direttamente dalla norma primaria e la relativa\nindividuazione appartiene all\u0027attivita\u0027 di interpretazione degli\nenunciati normativi: la mancata, ulteriore specificazione del\nmedesimo da parte di un atto applicativo non integra, pertanto, sotto\nalcun profilo un vizio di legittimita\u0027 di quest\u0027ultimo. \n 85. Occorre allora procedere all\u0027esame dei profili di rilevanza e\nnon manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024, procedendo dapprima a verificare se\nsia possibile fornire di tale norma un\u0027interpretazione suscettibile\ndi risolvere, gia\u0027 sul piano della corretta delimitazione della\nportata della norma censurata, i denunciati sospetti di\nincostituzionalita\u0027. \nSull\u0027impossibilita\u0027 di interpretare l\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024 in modo conforme a Costituzione \n 86. La parte ricorrente ha condizionato l\u0027interesse a sollevare\nl\u0027incidente di costituzionalita\u0027 all\u0027impossibilita\u0027 di fornire\nun\u0027interpretazione della norma in base alla quale ogni tipologia di\nimpianto agrivoltaico sarebbe escluso dal divieto da essa previsto,\nin quanto la giurisprudenza avrebbe gia\u0027 riconosciuto la differenza\nesistente tra la tecnologia agrivoltaica e il tradizionale\nfotovoltaico. Cio\u0027, tuttavia, come di seguito si passa ad illustrare,\nnon e\u0027 possibile se non in parte, e comunque in modo non del tutto\nsatisfattivo dell\u0027interesse di parte ricorrente. \n 87. L\u0027ambito del regime preclusivo introdotto dalla norma va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle parole secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). \n 88. L\u0027oggetto della previsione normativa riguarda specificamente\nl\u0027installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli collocati a\nterra [...] in zone classificate agricole» e si colloca in funzione\nservente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione\nagricola». \n 89. Dalle richiamate coordinate normative si ricava, pertanto,\nche l\u0027oggetto del divieto riguarda gli impianti fotovoltaici\ncaratterizzati da una ben determinata caratteristica - i.e.\nl\u0027installazione dei moduli a terra - in quanto ritenuta dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il fenomeno del consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n 90. Le linee guida MITE del 2022 in materia di impianti\nagrivoltaici individuano come segue i requisiti che tali impianti\ndebbono possedere per rispondere alla finalita\u0027 per cui sono\nrealizzati: \n «Requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato in modo\nda adottare una configurazione spaziale ed opportune scelte\ntecnologiche, tali da consentire l\u0027integrazione fra attivita\u0027\nagricola e produzione elettrica e valorizzare il potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n Requisito B: Il sistema agrivoltaico e\u0027 esercito, nel corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la produzione sinergica\ndi energia elettrica e prodotti agricoli e non compromettere la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n Requisito C: L\u0027impianto agrivoltaico adotta soluzioni\nintegrate innovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare\nle prestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che\nagricoli; \n Requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema\ndi monitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto sulle colture,\nil risparmio idrico, la produttivita\u0027 agricola per le diverse\ntipologie di colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027 delle aziende\nagricole interessate; \n Requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema\ndi monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D, consenta di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima, la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n 91. Le medesime linee guida chiariscono, poi, che «Il rispetto\ndei requisiti A, B e\u0027 necessario per definire un impianto\nfotovoltaico realizzato in area agricola come \"agrivoltaico\". Per\ntali impianti dovrebbe inoltre previsto il rispetto del requisito\nD.2», mentre il rispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per\nsoddisfare la definizione di \"impianto agrivoltaico avanzato\" e, in\nconformita\u0027 a quanto stabilito dall\u0027art. 65, comma 1-quater e\n1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, classificare\nl\u0027impianto come meritevole dell\u0027accesso agli incentivi statali a\nvalere sulle tariffe elettriche». \n 92. Dalla classificazione tipologica degli impianti agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto per gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro soddisfatto il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027 assumere una delle\ndue seguenti configurazioni: \n «l\u0027altezza minima dei moduli e\u0027 studiata in modo da\nconsentire la continuita\u0027 delle attivita\u0027 agricole (o zootecniche)\nanche sotto ai moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella\nquale esiste un doppio uso del suolo, ed una integrazione massima tra\nl\u0027impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i moduli fotovoltaici\nsvolgono una funzione sinergica alla coltura, che si puo\u0027 esplicare\nnella prestazione di protezione della coltura (da eccessivo\nsoleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli fotovoltaici. In\nquesta condizione la superficie occupata dalle colture e quella del\nsistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in\nzone circoscritte del suolo»; \n «i moduli fotovoltaici sono disposti in posizione verticale\n[...]. L\u0027altezza minima dei moduli da terra non incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di coltivazione (se non per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027 influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e cioe\u0027 il possibile passaggio\ndegli animali, con implicazioni sull\u0027uso dell\u0027area per attivita\u0027\nlegate alla zootecnia. Per contro, l\u0027integrazione tra l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare nella protezione della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che operano come barriere\nfrangivento». \n 93. In considerazione del tenore letterale e della finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e\u0027 possibile ritenere che\nil divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di\ntipo avanzato, in quanto in relazione ai suddetti impianti, non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati a terra, non si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini che la norma\nintende contrastare. \n 94. Tale conclusione e\u0027 peraltro confermata dallo stesso\norientamento assunto in sede ministeriale nell\u0027interpretazione della\nnorma censurata (si veda la risposta del Ministro dell\u0027agricoltura,\ndella sovranita\u0027 alimentare e delle foreste all\u0027interrogazione\nparlamentare n. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato che «Sara\u0027 [...]\npossibile installare pannelli sospesi, il cosiddetto agrivoltaico\navanzato, sotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine tutti\ni progetti legati al PNRR» - cfr. il resoconto della seduta n. 297\ndel 22 maggio 2024 presso la Camera dei deputati), oltre che dalle\nattivita\u0027 in corso di implementazione delle misure introdotte dal\ndecreto impugnato (cfr. il disegno di legge della Regione Puglia n.\n222/2024, depositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma 4, stabilisce\nche «nel caso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica, nelle zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n 95. Se puo\u0027 residuare un margine di incertezza in ordine agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle lettera\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti dalla\nlettera d), non sono qualificabili come impianti agrivoltaici\navanzati, sebbene utilizzino moduli sollevati da terra, cio\u0027 che\nrileva in questa sede e\u0027 che parte ricorrente ha allegato, in ordine\na tre dei progetti ai quali ha fatto riferimento onde dimostrare il\nproprio interesse alle censure, che detti interventi possiedono\nsoltanto le caratteristiche di cui alle lettere a), b) e d.2) delle\nlinee guida. \n 96. Tipologie di impianti come quelle di cui ai richiamati\nprogetti rientrano senz\u0027altro nel divieto previsto dalla norma. In\nprimo luogo, infatti, essi si caratterizzano per l\u0027installazione dei\nmoduli a terra; in secondo luogo, essi in ogni caso determinano il\nconsumo di suolo a vocazione agricola, sia pure in misura piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel\ncaso degli impianti con moduli sollevati da terra, infatti, «la\nsuperficie occupata dalle colture e quella del sistema agrivoltaico\ncoincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi dell\u0027impianto che\npoggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in zone circoscritte\ndel suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n 97. Un\u0027interpretazione diversa, quale quella volta a escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, sfiderebbe, oltre al dato letterale della norma, anche le\nsue finalita\u0027 e si porrebbe in inammissibile contrasto con i\ntradizionali e inderogabili criteri di ermeneutica giuridica. \n 98. Al riguardo, non si puo\u0027 fare a meno di osservare che: \n «la lettera della norma costituisce il limite cui deve\narrestarsi anche l\u0027interpretazione costituzionalmente orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente di costituzionalita\u0027\nogni qual volta l\u0027opzione ermeneutica supposta conforme a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di specie,\nnon c\u0027e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di tipo tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione di pannelli collocati a\nterra, rientrino nella previsione che vieta, per l\u0027appunto,\nl\u0027installazione di impianti «con moduli collocati a terra»; \n l\u0027ampiezza del divieto introdotto con l\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella preclusione assoluta\ndi realizzare impianti con moduli collocati a terra sull\u0027intero\nterritorio nazionale, induce a ritenere che l\u0027obiettivo perseguito\ndal legislatore fosse quello di contrastare la sia pur minima\nriduzione del territorio a vocazione agricola per l\u0027effetto\ndell\u0027installazione di impianti fotovoltaici. Un\u0027interpretazione che\nescludesse tutte le tipologie di impianti agrivoltaici dall\u0027ambito di\napplicazione della norma in questione, anche a dispetto di un (pur\nridotto) consumo di suolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto\ncon tale obiettivo, quale chiaramente emergente dai presupposti e\ndall\u0027oggetto dell\u0027enunciato normativo, operazione che non puo\u0027 in\nalcun modo ritenersi consentita all\u0027interprete. \n 99. Per le ragioni sopra indicate neppure e\u0027 possibile\ninterpretare l\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 nel senso\nche il divieto opererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria\nnel rispetto delle linee guida. Una siffatta interpretazione,\ninfatti, si risolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans della norma e,\nin ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art. 5: l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata assoluta\ndel divieto che caratterizza che i progetti e le aree agricole non\ncontemplati quali eccezioni dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nSulla rilevanza delle questioni \n 100. Dall\u0027acclarata impercorribilita\u0027 di un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte\nricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate nei motivi IV, V e VI. \n 101. Si e\u0027 gia\u0027 osservato, nell\u0027argomentare l\u0027interesse alle\ncensure, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n.\n199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e\u0027\nconsentita l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. In tale contesto,\nil decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto dal comma\n1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la\npotesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi dell\u0027art. 3, comma 1,\ninfatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro 180\ngiorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le aree di cui\nall\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e\u0027 vietata\nl\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra. \n 102. Si e\u0027 anche osservato che il decreto impugnato costituisce\nl\u0027unico atto amministrativo che interviene nel processo di\nimplementazione del divieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n 103. E\u0027 stato quindi richiamato il consolidato orientamento\ngiurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e\u0027\nimmediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza la\nnecessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie l\u0027incidenza\nsui comportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati che non siano collocati nelle aree di cui alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n 104. Il decreto impugnato replica, quindi, il divieto sancito\ndalla norma primaria, demandando alla legge regionale la sua\npedissequa trasposizione, che determina ex se l\u0027impossibilita\u0027 di\ncondurre in porto i progetti menzionati. La perdurante vigenza e\nvalidita\u0027 della norma primaria impedisce qualsivoglia intervento\ndemolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una previsione\ndel tutto conforme a legge. \n 105. In mancanza della declaratoria di incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, la domanda di\nannullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale, per la parte di\ninteresse, dovrebbe essere rigettata. \n 106. Viceversa, laddove la norma incriminata fosse dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe\nessere annullato, ponendo a quel punto un divieto generalizzato che\nnessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per le\nragioni che saranno illustrate, collide con il principio di massima\ndiffusione delle energie rinnovabili, quale desumibile dal diritto\ndell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera lo\nscrutinio di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza. \nSulla manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo \n 107. Con la questione sollevata nell\u0027ambito del IV motivo la\nparte ricorrente contesta la norma censurata per violazione e falsa\napplicazione dell\u0027art. 77, comma secondo, della Costituzione. La\nricorrente intende, in particolare, censurare la sussistenza\ndell\u0027addotta ragione di straordinaria necessita\u0027 e urgenza di\ncontrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola in\nragione del fatto che, posta l\u0027esistenza di una superficie agricola\ntotale di 16 milioni di ettari (di cui solo 12,5 utilizzati), anche\nnell\u0027ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio italiano\ndovessero essere soddisfatti esclusivamente mediante la sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si\nperverrebbe a un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie\nagricola, del tutto marginale rispetto ai 4 milioni di terreni\nagricoli abbandonati. \n 108. L\u0027esame della pertinente giurisprudenza costituzionale non\nautorizza, tuttavia, l\u0027operazione compiuta dalla parte ricorrente. \n 109. Dall\u0027esame dell\u0027ampia casistica sottoposta alla Corte si\nricava, in primo luogo, che il sindacato relativo alla sussistenza\ndei requisiti di necessita\u0027 e urgenza e\u0027 circoscritto ai casi di\nevidente mancanza dei presupposti ovvero di manifesta\nirragionevolezza o arbitrarieta\u0027 della relativa valutazione (ex\nplurimis, Corte costituzionale n. 170/2017, n. 287 del 2016, n. 72\ndel 2015, n. 22 del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 del 2010; n. 128 del\n2008; n. 171 del 2007). \n 110. Tale verifica viene, inoltre, condotta, non dissimilmente da\nquanto accade per il sindacato del giudice amministrativo in materia\ndi eccesso di potere, a partire da profili sintomatici, tra i quali\nassume preminente rilievo il riscontro (o meno) di una intrinseca\ncoerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto di vista\noggettivo e/o funzionale. Il presupposto del caso straordinario di\nnecessita\u0027 e urgenza, infatti, «inerisce sempre e soltanto al\nprovvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito\ndi intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo\ninterno. La scomposizione atomistica della condizione di validita\u0027\nprescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario\nlegame tra il provvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha\nreso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di\nnorme assemblate soltanto da mera casualita\u0027 temporale» (Corte cost.,\nsentenza n. 22/2012). \n 111. L\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 introduce\n«Disposizioni finalizzate a limitare l\u0027uso del suolo agricolo» ed e\u0027\ninserito in un provvedimento normativo adottato considerando che «la\nconcomitanza di congiunture avverse, quali il perdurare del conflitto\nin Ucraina e la diffusione di fitopatie, ha indotto il settore\nprimario in una persistente situazione di crisi, determinando gravi\nripercussioni sul tessuto economico e sociale», onde la ritenuta\nnecessita\u0027 e urgenza di «emanare disposizioni finalizzate a garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e, in specie, di\nquelle funzionali all\u0027esercizio delle attivita\u0027 di produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive, in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura», nonche\u0027 di «contrastare il fenomeno del consumo\ndel suolo a vocazione agricola». \n 112. Rispetto a tali enunciati presupposti e finalita\u0027, la\ndisposizione intesa a vietare l\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non si\npone in termini di manifesta estraneita\u0027, presentando un\u0027intrinseca\ncoerenza nell\u0027ambito di un complesso di disposizioni finalizzate al\nsostegno del settore agricolo. \n 113. Gli elementi addotti dalla ricorrente a sostegno della\nritenuta insussistenza delle ragioni di urgenza, in ragione della\nlimitata porzione di territorio che potrebbe essere occupata per\neffetto della realizzazione degli impianti oggetto del divieto, non\nconsentono di giungere a conclusioni diverse, essendo un chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento contestato contrastare la sia pur minima\nriduzione del suolo a vocazione agricola: la misura adottata\ncostituisce, dunque, senz\u0027altro sviluppo delle premesse, che non\nrisultano in alcun modo smentite dalle argomentazioni spese nel\nricorso. \n 114. La questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata nel IV\nmotivo risulta, pertanto, manifestamente infondata. \nSulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita\u0027\nsollevate con il V e il VI motivo \n 115. A conclusioni diverse occorre giungere quanto agli ulteriori\ndubbi di costituzionalita\u0027 sollevati nell\u0027ambito del V e del VI\nmotivo, con i quali la parte ricorrente ha in sostanza lamentato: \n la violazione dell\u0027art. 117, commi primo e terzo, della\nCostituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e\nall\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387\n(attuazione della direttiva 2001/77/CE): la norma contestata, nel\nprevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con\nmoduli collocati a terra e il divieto di aumentare l\u0027estensione di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in particolare, con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e\u0027\nstato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro\nprofilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi generali\ndettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in attuazione\ndelle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1, lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole\ndai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del 2010,\nintrodotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono\nessere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n la violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 Cost.,\ndell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita\u0027,\ndell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027 art. 41 Cost.: la scelta di introdurre\nun generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti FTV con\nmoduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle\nfonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela\ndell\u0027ambiente perseguiti, dando luogo a una disciplina\nsproporzionata, in contrasto con il principio di integrazione delle\ntutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. \n 116. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con gli articoli 11 e 117,\ncomma 1, Cost., sotto il profilo del mancato rispetto «dei vincoli\nderivanti dall\u0027ordinamento comunitario» e, in particolare, del\nprincipio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili,\nderivante dalla normativa europea. \n 117. Occorre al riguardo ricordare, anzitutto, che ai sensi\ndell\u0027art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con il resto del mondo\nl\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo\nalla protezione dei suoi cittadini» A tal fine essa «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n 118. L\u0027art. 6, par. 1, Trattato sull\u0027Unione europea precisa che\n«L\u0027Unione riconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre\n2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso\nvalore giuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta,\n«Un livello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della\nsua qualita\u0027 devono essere integrati nelle politiche dell\u0027Unione e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n 119. L\u0027art. 11 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nesprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con\nla tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d.\nprincipio di integrazione). \n 120. Secondo l\u0027art. 191 TFUE, «La politica dell\u0027Unione in materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n protezione della salute umana; \n utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n promozione sul piano internazionale di misure destinate a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n 2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale mira a un\nelevato livello di tutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle\nsituazioni nelle varie regioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione preventiva, sul principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n 121. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo\ne il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa\nordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e\ndel Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono\nessere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art.\n191». \n 122. L\u0027art. 194 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel quadro dell\u0027instaurazione o del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo conto dell\u0027esigenza di\npreservare e migliorare l\u0027ambiente, la politica dell\u0027Unione nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito di solidarieta\u0027 tra\nStati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,\nl\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e\nrinnovabili». \n 123. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l\u0027uso di\nfonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita\u0027 e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea e i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli altri impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto serra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1°\nluglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n 124. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l\u0027art. 191\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea si limita a definire\ngli obiettivi generali dell\u0027Unione in materia ambientale, mentre\nl\u0027art. 192 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea affida al\nParlamento europeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il compito di\ndecidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti\nobiettivi. Di conseguenza, l\u0027art. 191 Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in quanto tale dai\nprivati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in\nbase all\u0027art. 192 TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea assume rilevanza allorquando esso\ntrovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE, sentenza 4 marzo\n2015, C-534/13, 39 ss.). \n 125. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 TCE\n(ora 192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva\n2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre\n2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento\neuropeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. \n 126. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027 stato considerato, tra l\u0027altro,\nche: \n «[...] \n (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027 perseguito dalla\npresente direttiva. Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti\nrinnovabili o all\u0027energia rinnovabile costituisce una parte\nimportante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le\nemissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni\ndell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti\ndella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti\nclimatici (\"accordo di Parigi\"), e il quadro per le politiche\ndell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 %\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni propri obiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati\ne andare oltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio\n2014, «Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti\nnell\u0027ambito delle energie rinnovabili», si e\u0027 spinto oltre la\nproposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti\nriduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n [...] \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti\nrinnovabili pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce\ndi sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore della\ndecarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo al conseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei\nrispettivi piani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n [...] \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In\nnessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n 127. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il\n2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il\nrialzo e\u0027 giustificato da un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base\ndella valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n 128. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30.6.2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 TFUE, ha\nistituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027 climatica,\nnel presupposto che: \n «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027\nimpegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti\nclimatici e a dare attuazione all\u0027accordo di Parigi adottato\nnell\u0027ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici (\"accordo di Parigi\"), guidata dai suoi\nprincipi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n [...] \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027accordo di Parigi. [...] \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri\nmira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la\nprosperita\u0027, l\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia\ndei cambiamenti climatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati membri dovrebbero\nessere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi\ninquina paga», istituiti dal trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. \n [...] \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di\nenergia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. \n [...] \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n [...] \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n [...] \n (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri\nrestino sulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027\nopportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi\ncompiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la Commissione\ndovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.\n[...] \n 96. Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) \"l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo di Parigi\",\nprecisando che, onde conseguire tale obiettivo, \"il traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030 consiste in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030\" (art. 4). \n 129. Ai sensi dell\u0027art. 5 del Regolamento, \"Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi\", garantendo inoltre che \"le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione\". A tal fine, \"Gli Stati membri adottano e attuano\nstrategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli\nindicatori, e basandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze\nscientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di\nadattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027 della sicurezza alimentare, e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti a presentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del\nregolamento (UE) 2018/1999\". \n 130. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: «[...] \n (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni di gas a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita\u0027, e a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso\nun pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione dell\u0027UE: Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo». La transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle energie da fonti rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi\u0027 a\nproteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di\nCOVID-19 ha provocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia\nnell\u0027intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita\u0027 di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso delle energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli Stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45% di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n [...] \n (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di\nenergia rinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. \n [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n 131. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la\ndirettiva ha introdotto, tra l\u0027altro, disposizioni in materia di\nmappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure amministrative per il rilascio delle relative\nautorizzazioni. \n 132. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711.12.2018, adottato sulla base degli articoli 192 e\n194 TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una\ngovernance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il clima\naffidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,\ntrasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell\u0027Unione\ndell\u0027energia, in linea con l\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,\nattraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, limitando la complessita\u0027\namministrativa. \n 133. Nel configurare tale meccanismo e\u0027 stato considerato, in\nparticolare, che: \n (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...]. \n [...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il\n40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,\nquale contributo previsto determinato a livello nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi. L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e\u0027 stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare\ndi conseguenza il sistema dell\u0027Unione per il monitoraggio e la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto\nserra. \n (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C\nrispetto ai livelli preindustriali. [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di\ngovernance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per gli Stati membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n [...] \n (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente\nper il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione\ndell\u0027energia e, nel primo periodo, in particolare per il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli Stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di\nrinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero\nessere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza\nenergetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]\". \n 134. Il meccanismo di governance si e\u0027 tradotto, tra l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)\n2023/2413): \n \"Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]\" (art. 3): \n \"Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \n a) dimensione «decarbonizzazione»: \n [...] \n 2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere\nalmeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di\nriferimento dell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale\" (art. 4); \n \"Nel proprio contributo alla propria quota di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \n a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n b) misure adottate per conseguire il traguardo di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n c) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di\nUnione; \n d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; \n e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro\ncapite; \niii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi. \n [...] \n 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma\ndei rispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001\" (art.\n5); \n \"Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027art. 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001\" (art. 32). \n 135. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione\ndella direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili\" e si pone (art. 1) \"l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050\", definendo \"gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,\nfinanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto\ndei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53\", recando\n\"disposizioni necessarie all\u0027 attuazione delle misure del Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento degli obiettivi nazionali da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n 136. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza\ncostituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del 2022,\nn. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.\n44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027\nispirata nel suo insieme al principio fondamentale di massima\ndiffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova\nattuazione nella generale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per\nl\u0027inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla\ntutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte cost.,\nsentenza n. 13 del 2014). \n 137. La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, relativa all\u0027individuazione delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n 138. Il comma 3 stabilisce, in effetti, che «nella definizione\ndella disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma\n1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e\ndel paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita\u0027\ndell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici\ndi strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi,\nnonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi\ne logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili».\nTale disposizione contempla bensi\u0027 un\u0027esigenza di tutela delle aree\nagricole, ma da un lato non pone alcuna preclusione assoluta e,\ndall\u0027altro, stabilisce chiaramente che le superfici agricole non\nutilizzabile costituiscono, tra le altre, aree privilegiate per\nl\u0027installazione degli impianti. \n 139. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse\ntra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero\ndelle aree idonee». \n 140. Il comma 8, inoltre, nell\u0027individuare transitoriamente le\naree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista dal\ncomma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto alle lettere a),\nb), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel\nperimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi\ncivici di cui all\u0027art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n 141. Il nuovo comma 1-bis stravolge completamente l\u0027assetto\nprevigente, prevedendo che «L\u0027installazione degli impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel\ncaso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del presente decreto\nnonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\ninvestimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC)\ndi cui all\u0027art. 1 del decreto- legge 6 maggio 2021, n. 59,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101,\novvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del\nPNRR». \n 142. In definitiva, in base alla norma introdotta dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n a) nei siti ove sono gia\u0027 installati impianti della stessa\nfonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di\ninfrastrutture ferroviarie nonche\u0027 delle societa\u0027 concessionarie\nautostradali; \n d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 di gestione aeroportuale all\u0027interno dei sedimi\naeroportuale; \n e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli\nstabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027 di 500 metri dal medesimo\nimpianto o stabilimento; \n f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n 143. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la meta\u0027 della\nsuperficie del Paese) e\u0027 preclusa a qualsiasi intervento di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\nche non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,\ncon conseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n 144. Il divieto non riguarda i progetti attuativi di misure\nfinanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i\nprogetti necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC,\nche e\u0027 lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per\nconseguire gli obiettivi vincolanti dell\u0027Unione per la quota di\nenergia rinnovabile. Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che un divieto\ndi tale portata rischia di mettere seriamente a rischio il\nconseguimento di tali obiettivi, nella misura in cui sottrae una\nlarga porzione del territorio a ogni possibile utilizzo della\ntecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in\nordine alla possibilita\u0027 di rispettare le traiettorie stabilite in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello\nstato di attuazione della disciplina di cui all\u0027art. 20, comma 1,\ndecreto legislativo n. 199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di\nflessibilita\u0027 che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle regioni per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto di tale divieto e\u0027\ndel tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per l\u0027installazione degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par. 1, secondo periodo,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle\ntraiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata\ndelle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli articoli\n3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n 145. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza dell\u0027art. 32 del\nregolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del\nterritorio nazionale all\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica\npotrebbe, pertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n 146. La preclusione generalizzata all\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre contrastare\ncon il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di individuazione\ndelle zone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il 2030 ai sensi\ndel paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli\nStati membri favoriscono l\u0027uso polivalente delle zone di cui al\nparagrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile sono\ncompatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.\n3). Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della direttiva precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso\ndel suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi e attivita\u0027 siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto introdotto\ndall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 istituisce, invece, un\ninsanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con\nmoduli collocati a terra e l\u0027uso del suolo a fini agricoli che,\ntuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno per la\ntecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). \n 147. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione\ncritica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi\ndell\u0027art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi\". Essi, inoltre, \"garantiscono [...] che le politiche in\nmateria di adattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano\ncoerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n 148. Come precisato dalla Commissione europea nella comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento ai\ncambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di\ncrescita dell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la\npropria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di adattamento piu\u0027 ambiziose che si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno in\ncui l\u0027Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita\u0027 climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie\nrinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento centrale per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,\ncome quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la\ntecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a terra su tutti i\nterreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027 della\nsuperficie nazionale. \n 149. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza, secondo cui\n«Le esigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere\nintegrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle politiche e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in tutti i settori\npolitici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a ridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli\nobiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024, nel contesto di una disciplina di\nattuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili quale obiettivo della politica\nenergetica dell\u0027Unione, solleva sul punto notevoli perplessita\u0027: \n da un lato, infatti, si inserisce nel complesso delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che le relative previsioni\nnon risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,\nladdove prevede che i decreti di cui al comma 1 verifichino, tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n dall\u0027altro lato, la norma non istituisce alcuna forma di\npossibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello\nstato dei luoghi dei terreni classificati agricoli senza alcuna\nconsiderazione finanche della loro possibile, concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in contrasto con l\u0027obiettivo del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n 150. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte ribadito,\n«il principio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del\ndiritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto dal legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza\n11 giugno 2009, C- 170/08, 41). Il sindacato di proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza\ndelle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde\nverificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la stessa\nCorte ha precisato, \"Tale giudizio deve svolgersi «attraverso\nponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi prescelti dal\nlegislatore nella sua insindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle\nesigenze obiettive da soddisfare o alle finalita\u0027 che intende\nperseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni\nconcretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di\nproporzionalita\u0027 utilizzato da questa Corte come da molte delle\ngiurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di\nragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se\nla norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di\nobiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure\nappropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a\nconfronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al\nperseguimento di detti obiettivi\" (Corte cost., sentenza n. 1 del\n2014). \n 151. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto\ngeneralizzato e assoluto all\u0027utilizzo, su un\u0027ampia parte del\nterritorio nazionale, di una determinata tecnologia a fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell\u0027ambiente, della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,\nattraverso l\u0027individuazione di aree non idonee che, come in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027 zone in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile un esito negativo della valutazione di\ncompatibilita\u0027 dei progetti. Cio\u0027, peraltro, non osta alla\npossibilita\u0027 di verificare, in concreto e nell\u0027ambito dei singoli\nprocedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita\u0027 degli\ninterventi proposti. L\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\nstabilisce, invece, una prevalenza assoluta e incondizionata\ndell\u0027interesse alla conservazione dei suoli classificati agricoli,\nvalutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima\npossibilita\u0027 di contemperamento con gli altri interessi in gioco,\nanche di rilievo costituzionale. \n 152. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai\nsensi dell\u0027art. 9 Cost. la Repubblica tutela l\u0027ambiente, la\nbiodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse delle future\ngenerazioni», con cio\u0027 incorporando il principio di sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito dei principi fondamentali in materia di\ntutela ambientale. L\u0027incondizionato sacrificio di tale principio,\nquale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art. 3\nCost., nonche\u0027 con l\u0027art. 9 citato e con la consolidata\ngiurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione\ndi uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle\naltre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte cost., sentenza n. 85\ndel 2013). \n 153. Sotto altro profilo, il divieto cosi\u0027 introdotto e\u0027\noperativo a partire dalla mera classificazione dell\u0027area come\nagricola in base ai piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la sua utilizzabilita\u0027 a tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,\nqualsivoglia considerazione della qualita\u0027 e dell\u0027importanza delle\ncolture. \n 154. In raffronto, le attuali linee guida di cui al decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027Impatto Ambientale nei\ncasi previsti; \n le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di qualita\u0027 (produzioni biologiche,\nproduzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni\ntradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla programmazione regionale, caratterizzate da un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n 155. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon puo\u0027 essere sviluppata l\u0027energia rinnovabile (\"zone di\nesclusione\"). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e\ntrasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle\nrestrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE)\n2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e i\nprogetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto,\nponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non fondato\nsu dati concreti e certamente non rispondente all\u0027obietto di\nmassimizzare la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti\ndi energia rinnovabile. \n 156. Occorre solo aggiungere che i rilevati profili di\nincostituzionalita\u0027 vanno del pari riferiti all\u0027art. 5, comma 2, del\ndecreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia\nche ha quale presupposto il divieto di cui al comma 1, nonche\u0027\nall\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 25\nnovembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi\nper la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove prevede che\n«Gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, sono considerati di\npubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati\nanche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici,\nnel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 199». Tale disposizione, infatti,\nriproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \nQuestioni da sottoporre alla Corte costituzionale \n 157. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per quanto\nillustrato ai punti 100 ss. della presente sentenza) e non\nmanifestamente infondate (secondo quanto evidenziato ai punti 115\nss.) le questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, commi 1\ne 2, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla\nlegge n. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo,\ndecreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, per violazione degli\narticoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost., anche in relazione ai\nprincipi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento\n(UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,\nnonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n 158. Le predette questioni vengono sollevate con la presente\nsentenza non definitiva, anziche\u0027 con ordinanza, in ragione della\nstretta connessione delle statuizioni che definiscono parzialmente in\ngiudizio con i profili oggetto di rimessione, nonche\u0027 in conformita\u0027\nalla giurisprudenza costituzionale secondo la quale «Alla sentenza\nnon definitiva puo\u0027 essere [...] riconosciuto, sul piano sostanziale,\nil carattere dell\u0027ordinanza di rimessione, sempre che il giudice a\nquo - come nel caso in esame - abbia disposto, in conformita\u0027 a\nquanto previsto dall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme\nsulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),\nla sospensione del procedimento principale e la trasmissione del\nfascicolo alla cancelleria di questa Corte, dopo aver valutato la\nrilevanza e la non manifesta infondatezza della questione (in questi\ntermini, tra le altre, sentenze n. 112 del 2021 e n. 153 del 2020)»\n(Corte cost., sentenza n. 218/2021). \nConclusioni \n 159. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, per\ncarenza d\u0027interesse, in relazione ai motivi dal I al II.3, mentre va\nrigettato quanto ai motivi III.1 e III.2; va dichiarata\nmanifestamente infondata la questione di costituzionalita\u0027 dell\u0027art.\n5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni,\ndalla legge n. 101/2024, per violazione dell\u0027art. 77 Cost., mentre\nsono rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di\ncostituzionalita\u0027 del richiamato art. 5, comma 1 e 2, nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo n.\n190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1,\nCost., anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. Il\ngiudizio va quindi sospeso per le determinazioni conseguenti alla\ndefinizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n 160. Il regolamento delle spese va rinviato all\u0027esito del\ngiudizio. \n\n \n P. Q. M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione\nTerza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n a) lo dichiara inammissibile, per carenza d\u0027interesse, quanto\nai motivi dal I al II.3; \n b) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, quanto ai\nmotivi III.1 e III.2; \n c) dichiara manifestamente infondata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n.\n63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per\nviolazione dell\u0027art. 77 Cost.; \n d) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale del richiamato art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n.\n63/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e\n117, comma 1, Cost., anche in relazione ai principi espressi dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento\n(UE) 2021/1119; \n e) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n f) dispone la comunicazione della presente sentenza alle\nparti in causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n g) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente; \n Luca Biffaro, referendario; \n Marco Savi, referendario, estensore. \n \n Il Presidente: Stanizzi \n \n \n L\u0027estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63140","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"15/05/2024","data_nir":"2024-05-15","numero_legge":"63","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"5","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2024-05-15;63~art5"},{"id":"63370","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"12/07/2024","data_nir":"2024-07-12","numero_legge":"101","descrizionenesso":"aggiuntivo 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