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Raffaele Muzzica, in funzione  di  Giudice  dell\u0027esecuzione  ha\npronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale   nei\nconfronti di C. L. , nato a ... il ..., elettivamente domiciliato  ex\nart. 161 del codice di procedura penale in ... alla Via  ...;  difeso\ndi fiducia dall\u0027avv. Claudio Caira, del foro di Foggia, imputato  del\ndelitto p. e p. dall\u0027art. 110  del  codice  penale  -  73,  comma  1,\ndecreto del Presidente della  Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309,\nperche\u0027 senza  l\u0027autorizzazione  di  cui  all\u0027art.  17,  decreto  del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990  illecitamente  e  fuori  dei\ncasi di esclusivo uso personale  di  cui  all\u0027art.  75  del  medesimo\ndecreto, in concorso tra loro, detenevano e  trasportavano,  al  fine\ncessione a terzi all\u0027interno dell\u0027autovettura ... tg.  ...  con  piu\u0027\nazioni esecutive  di  un  medesimo  disegno  criminoso,  illegalmente\ndeteneva: \n        un involucro in cellophane  trasparente  contenente  sostanza\nstupefacente del tipo cocaina in cristalli del  peso  complessivo  di\ngrammi 310 (peso netto pari a 299 grammi,  con  principio  attivo  al\n78,9%); \n        un involucro in cellophane  trasparente  contenente  sostanza\nstupefacente del tipo cocaina in polvere del peso complessivo di  gr.\n1.184 (peso netto 1003,09 grammi, con principio attivo 64,8%) \n    sostanza stupefacente che nel complesso consente di ricavare 5906\nd.m.s. che  per  quantita\u0027  e  modalita\u0027  di  custodia,  e  ulteriori\ncircostanze dell\u0027azione appare destinata ad un uso non esclusivamente\npersonale; \n    In ..., in data ... \n    Con la recidiva specifica ed infraquinquennale per ... \n    per sollevare  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  degli\narticoli 442, comma 2-bis del codice di procedura penale e 676, comma\n3-bis del codice di procedura penale nella parte in cui non prevedono\nche  il  Giudice  dell\u0027esecuzione  possa  concedere   la   detenzione\ndomiciliare sostitutiva, ove la diminuzione automatica di pena per la\nmancata impugnazione della sentenza di condanna  emessa  in  sede  di\ngiudizio abbreviato comporti l\u0027applicazione di una pena contenuta nei\nlimiti  di  legge  e  ricorrendone  gli  ulteriori  presupposti,  per\nviolazione degli articoli 3, 27, commi 1  e  3,  111,  117  Cost,  in\nriferimento all\u0027art. 6 CEDU. \n1. Svolgimento del procedimento \n    All\u0027udienza camerale  dell\u00278  maggio  2025  l\u0027imputato  C.  L.  ,\npersonalmente e per  il  tramite  del  proprio  difensore  munito  di\nprocura speciale, chiedeva definirsi il procedimento nelle forme  del\nrito abbreviato, Nella  medesima  udienza,  il  Giudice,  sentite  le\nparti, ritenuto possibile decidere allo stato degli atti, ordinava il\nmutamento del rito ed invitava le parti a rassegnare  le  conclusioni\ndi cui in epigrafe. \n    Appare opportuno evidenziare  che,  gia\u0027  in  sede  di  richieste\nconclusive, il difensore all\u0027uopo  munito  di  procura  speciale,  in\npresenza dell\u0027imputato,  anticipava  il  consenso  alla  sostituzione\ndella  pena  detentiva  applicanda  nella  corrispondente  detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n    Al termine della discussione questo Giudice si ritirava in Camera\ndi consiglio per la decisione, pubblicando il dispositivo allegato al\nverbale d\u0027udienza, con contestuale deposito dei motivi. \n    Questo Giudice  dichiarava  C.  L.  colpevole  del  reato  a  lui\nascritto e, applicata la riduzione per il rito,  lo  condannava  alla\npena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed  euro  18.000,00\ndi  multa,  oltre  al  pagamento  delle  spese   processuali   e   di\nmantenimento in carcere. \n    La sentenza di condanna diventava irrevocabile, per  acquiescenza\ndell\u0027imputato e del suo difensore, il 26 maggio 2025. \n    Con successiva istanza il difensore, munito di procura  speciale,\nchiedeva  l\u0027applicazione  in  favore   dell\u0027imputato   dell\u0027ulteriore\ndiminuente prevista dall\u0027art. 442, comma 2-bis c.p.p. \n    Contestualmente il difensore istante reiterava  la  richiesta  di\nsostituzione della pena inflitta nei  confronti  del  C.  con  quella\ndella detenzione  domiciliare  sostitutiva  ex  articoli  20-bis  del\ncodice penale e 56, legge n.  689/1981  come  novellato  dal  decreto\nlegislativo n. 150/2022 e successive modifiche. \n    Il Giudice, previa celebrazione di apposita udienza  camerale  in\ndata  8  luglio  2025,  accoglieva  con  separato  provvedimento   la\nrichiesta di applicazione della diminuente ex art. 442,  comma  2-bis\nc.p.p.,  sollevando  con   la   presente   ordinanza   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n2. La rilevanza della questione \n    La questione di legittimita\u0027 costituzionale e\u0027 rilevante nel caso\ndi specie nei termini che seguono. \n    Con ordinanza emessa in data 8 luglio 2025,  questo  Giudice,  su\nrichiesta di parte, preso atto dell\u0027intervenuta irrevocabilita\u0027 della\nsentenza di condanna  emessa  in  sede  di  giudizio  abbreviato  nei\nconfronti del prevenuto, applicava in suo  favore  la  diminuente  ex\nart. 442, comma 2-bis, codice di procedura penale  rideterminando  la\npena inflitta al C. in quella di anni tre, mesi sette,  giorni  dieci\ndi reclusione ed euro 15.000 di multa. \n    Il  quantum  di  pena  ottenuto,  come  osservato  dal  difensore\nistante, consentirebbe al C. di poter godere della  sostituzione  del\ntrattamento sanzionatorio tradizionale con quello rappresentato dalla\ndetenzione domiciliare sostitutiva. \n    Ricorrono, inoltre,  ulteriori  elementi  idonei  a  fondare  una\nprognosi favorevole circa l\u0027astensione,  da  parte  del  C.  ,  dalla\ncommissione di ulteriori reati e di adeguatezza della richiesta  pena\nsostitutiva. \n    In primo luogo, il C. e\u0027 tuttora in regime domiciliare presso  il\nmedesimo immobile - luogo di residenza dei genitori, che  rinnovavano\nin data 23 maggio 2025 la disponibilita\u0027 ad accoglierlo anche per  il\nprosieguo  -  dove  sarebbe  chiamato  ad   espiare   la   detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n    L\u0027imputato, soggetto in giovane eta\u0027,  e  da  poco  padre  di  un\nneonato, era incensurato all\u0027epoca dei fatti e non annovera ulteriori\nprecedenti diversi da quello  riportato  nel  presente  procedimento,\ntant\u0027e\u0027 da non rendere  necessario  il  presidio  cautelare  ex  art.\n275-bis del codice di procedura penale nei suoi confronti. \n    Nonostante  il  regime  cautelare  domiciliare   cui   e\u0027   stato\nsottoposto fin dall\u0027arresto, non risultano segnalazioni o  violazioni\ndella misura a suo carico, tant\u0027e\u0027  che  questo  Giudice  autorizzava\nl\u0027imputato a recarsi libero e senza scorta  presso  il  Tribunale  di\nNola, sito a svariati chilometri di distanza dal domicilio coatto. \n    Cio\u0027 premesso, questo  Giudice  non  ignora  che  il  consolidato\ndiritto vivente, enucleato dalle Sezioni unite della suprema Corte di\ncassazione  in  tema  di  sospensione  condizionale  della  pena   ma\nesportabile  al  caso  di  specie,   stabilisce   che   «il   giudice\ndell\u0027esecuzione puo\u0027 compiere proprie  autonome  valutazioni,  sempre\nche queste non contraddicano  quelle  del  giudice  della  cognizione\n(Cass., Sez. I, 20 maggio 1994, Casagrande, rv. 198342; Sez.  VI,  14\nmarzo 1994, Zanardini, rv. 197801)» e che «l\u0027intervento a concessione\ndel beneficio si giustifica solo se nei  pregresso  giudizio  l\u0027unico\nmotivo della mancata applicazione del beneficio e\u0027 identificabile non\nnella presenza di una  valutazione  prognostica  della  pericolosita\u0027\ndell\u0027imputato, ma nel  solo  effetto  preclusivo  della  sentenza  di\ncondanna successivamente  revocata  per  intervenuta  abolizione  del\nreato» (Sez. Un. 20 dicembre 2005, n. 4687, rv. 232610). \n    Nel caso di specie questo Giudice,  in  veste  di  giudice  della\ncognizione, si limitava  ad  attestare  l\u0027insussistenza  del  margine\n(edittale)  per  il  riconoscimento  della   detenzione   domiciliare\nsostitutiva  (dato  di  per  se\u0027  autosufficiente   ed   assorbente),\nlasciando   espressamente   «...   impregiudicata   ogni    ulteriore\nvalutazione,  in  qualita\u0027  di  giudice  dell\u0027esecuzione,  ai   sensi\ndell\u0027art. 442, comma 2-bis c.p.p., a seguito di apposita udienza  che\nsara\u0027 fissata» (pag. 16 della sentenza di condanna). \n    Il comportamento  processuale  del  C.  (che,  a  fronte  di  una\ncondanna a pena detentiva non sospesa, prestava  acquiescenza  e  non\npresentava appello), l\u0027attuale adeguatezza del regime  cautelare  cui\ne\u0027  sottoposto,  l\u0027assenza  di  violazioni  e  la  sua  giovane  eta\u0027\ncostituiscono elementi che consentirebbero al giudice  di  effettuare\npositivamente il vaglio richiesto  per  procedere  alla  sostituzione\ndella pena  detentiva  nella  corrispondente  detenzione  domiciliare\nsostitutiva, non  sussistendo,  peraltro,  nessuna  delle  condizioni\nostative previste dall\u0027art. 59, legge n. 689/1981. \n3.  L\u0027impossibilita\u0027  di   una   interpretazione   costituzionalmente\nconforme \n    Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene  lo\nscrivente che l\u0027impossibilita\u0027  per  il  Giudice  dell\u0027esecuzione  di\nvalutare la sostituzione  della  pena  detentiva  nei  confronti  del\nprevenuto che, a seguito della diminuente ex art.  442,  comma  2-bis\nc.p.p., risulti condannato  a  pena  inferiore  al  margine  edittale\nprevisto dalla norma ed in  presenza  degli  ulteriori  requisiti  di\nlegge, sia contraria al principio di ragionevolezza (art.  3  Cost.),\nin relazione alla finalita\u0027 rieducativa della pena (art. 27, comma  3\nCost.), nonche\u0027 alla regola della  ragionevole  durata  del  processo\n(art. 111 Cost. e 6 CEDU, per il tramite dell\u0027art. 117 Cost.). \n    Cio\u0027  nonostante,  questo  Giudice  ritiene   impraticabile   una\ninterpretazione costituzionalmente orientata della norma. \n    Il legislatore della riforma  Cartabia  non  ha  delineato  alcun\nistituto   processuale   funzionale   all\u0027applicazione   delle   pene\nsostitutive delle pene detentive brevi in fase esecutiva. \n    Questo Giudice non ignora l\u0027insegnamento  impartito  dalla  Corte\ncostituzionale  n.  208  del  2024,  dettato  in  relazione  al  caso\nspecifico  della  concessione   in   executivis   della   sospensione\ncondizionale della pena, ma,  di  portata  chiaramente  generale,  in\nquanto  fondante  sull\u0027applicazione  della  cd.  «teoria  dei  poteri\nimpliciti», spesso citata dalle pronunce della suprema Corte, secondo\ncui, una volta dimostrato che la legge processuale demanda al giudice\nuna determinata funzione, allo stesso giudice deve  essere  conferita\nla titolarita\u0027 di tutti i poteri necessari  all\u0027esercizio  di  quella\nmedesima attribuzione. \n    Secondo  il  Giudice  delle  leggi,  «...in  considerazione   del\nsilenzio serbato sul punto dal legislatore (e dunque dell\u0027assenza  di\ndati testuali incompatibili con tale interpretazione), ma anche  alla\nluce dei principi  gradatamente  enucleati  dalla  giurisprudenza  di\nlegittimita\u0027,  dai  quali  emerge  che  tra  i  poteri  del   giudice\ndell\u0027esecuzione  -  fondati  che  siano  su   espresse   disposizioni\nnormative, su applicazioni analogiche di tali disposizioni ovvero  su\nun analogia iuris che muova dal  principio  generale  del  necessario\nadeguamento del titolo esecutivo a fatti  sopravvenuti  al  giudicato\nstesso - rientra il potere di effettuare ogni valutazione conseguente\nalla   rideterminazione   della   pena   irrogata   nella    sentenza\nirrevocabile, a sua volta imposta  dalle  disposizioni  di  legge  di\nvolta  in  volta  rilevanti.  In  simili  ipotesi,  il  giudizio   di\nesecuzione e\u0027  chiamato  a  ospitare  un  \"frammento  di  cognizione\"\n(sentenza n. 183 del 2013, punto 6 del Considerato in diritto), sulla\nbase del materiale raccolto in precedenza o - eventualmente  -  delle\nnuove evidenze necessarie a compiere le valutazioni in parola, si  da\nadeguare le statuizioni relative alla pena nel  loro  complesso  alla\nmutata  situazione  sopravvenuta  al  giudicato,  e  alla  quale   il\ngiudicato stesso deve essere conformato» cfr. 4.1.4. del  Considerato\nin diritto). \n    Tuttavia, anche in questo caso, sebbene non sussista  un  diritto\nvivente  consolidato  contrario  all\u0027interpretazione  analogica   che\nsarebbe necessaria per colmare la lacuna, ritiene  lo  scrivente  che\nquelle «... esigenze di certezza giuridica, che sono  particolarmente\nacute nella materia processuale» (Corte cost. n. 208 del  2024)  -  e\nche nel caso di specie attengono ad un giudizio a quo  nei  confronti\ndi un  imputato  in  vinculis  -  rendano  necessaria  una  pronuncia\nadditiva  della  Corte  costituzionale,  in  ragione  di  un  recente\nformante della suprema Corte  di  cassazione,  avverso  il  quale  la\npronuncia di questo  Giudice  sarebbe  inevitabilmente  destinata  ad\ninfrangersi. \n    La suprema Corte di cassazione, sebbene con  riferimento  ad  una\nquestione specifica diversa da quella posta all\u0027attenzione di  questo\nGiudice ma con argomentazione logico-giuridica da cui questo  Giudice\nnon puo\u0027 prescindere, ha espressamente statuito  che  «...il  momento\nche ordinariamente rileva per la valutazione  della  possibilita\u0027  di\nsostituzione della pena detentiva breve e\u0027 quello in cui si  conclude\nil giudizio di primo grado,  snodo  nel  quale  vanno  verificate  le\ncondizioni  per  l\u0027attivazione  del  meccanismo  bifasico   istituito\ndall\u0027art. 545-bis cod. proc. pen. (quando, subito dopo la lettura del\ndispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la\npena detentiva con una delle pene  sostitutive  di  cui  all\u0027art.  53\ncit., ne da\u0027 avviso alle  parti  e,  se  l\u0027imputato  acconsente  alla\nsostituzione della pena detentiva con una  pena  diversa  dalla  pena\npecuniaria, ovvero se puo\u0027 aver luogo la sostituzione con detta pena,\nil giudice, sentito il pubblico ministero, procede; in tal  caso,  se\nnon e\u0027 possibile decidere immediatamente, fissa una apposita  udienza\nnon oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso  alle  parti  e\nall\u0027ufficio di esecuzione penale esterna competente, con  contestuale\nsospensione del processo; indi, svolta l\u0027istruttoria  prevista  dalla\nnorma, il giudice, all\u0027udienza fissata, sentite le parti presenti, il\ngiudice, se si determina a sostituire la pena detentiva,  integra  il\ndispositivo indicando la pena  sostitutiva  con  gli  obblighi  e  le\nprescrizioni corrispondenti,  mentre,  se  esclude  la  sostituzione,\nconferma il dispositivo, in ogni caso dando lettura  in  udienza  del\ndispositivo integrato o confermato)» (Sez. 1, n. 8106 del 6  dicembre\n2023, dep. 2024, Canova, Rv. 285987 - 01). \n    Nella sentenza citata la suprema Corte ha espressamente  statuito\nche l\u0027istituto  dell\u0027acquiescenza  meritevole  e  della  sostituzione\ndella  pena  detentiva  breve  si   pongono   in   una   «ineludibile\nalternativa» il cui «carattere ineludibile di  tale  alternativa  non\npare avere integrato, a giudizio della Corte, una illogica  strettoia\nordinamentale, essendo indefettibile per ogni imputato giudicato  con\nrito abbreviato e condannato dal giudice di primo grado l\u0027esigenza di\nscegliere fra la riduzione di pena in  funzione  deflattiva  prevista\ndall\u0027art.  442,  comma  2-bis,  cod.  proc  pen.  e  la  proposizione\ndell\u0027appello» (Sez. 1, n.  8106  del  6  dicembre  2023,  dep.  2024,\nCanova, Rv. 285987 - 01). \n    L\u0027ineludibilita\u0027 di tale alternativa,  ad  avviso  della  suprema\nCorte, sussiste nel caso di specie «... a fronte di istituti diversi,\nconnotati  dalle  rispettive,  autonome  funzioni,   fra   loro   non\ncompatibili ove l\u0027ottenimento della  pena  sostitutiva  debba  essere\nrichiesto e, se del caso, ottenuto attraverso la previa  impugnazione\ndella sentenza» (Sez. 1, n. 8106 del  6  dicembre  2023,  dep.  2024,\nCanova, Rv. 285987 - 01). \n    Ad opinione della suprema Corte, nella fase  corrispondente  alla\ndefinizione del primo grado del giudizio, l\u0027imputato e\u0027  posto  nella\npiena condizione di valutare «l\u0027alternativa costituita  dall\u0027adesione\no meno alla riduzione premiale stabilita dall\u0027art. 442, comma  2-bis,\ncodice di procedura  penale  in  dipendenza  dell\u0027opzione  escludente\nl\u0027impugnazione.» (Sez. 1, n. 8106 del 6  dicembre  2023,  dep.  2024,\nCanova, Rv. 285987 - 01). \n    Pur consapevole della natura non vincolante, ancorche\u0027  altamente\nautorevole, dell\u0027argomentazione sostenuta dalla suprema Corte  ed  in\nassenza di pronunce di segno apertamente  contrario,  ritiene  questo\nGiudice che tale orientamento giurisprudenziale di legittimita\u0027,  per\nquanto in fieri, non renda praticabile un\u0027interpretazione conforme  a\nCostituzione da parte del singolo giudice di merito, in  un  processo\nnei confronti di imputato detenuto, che si tradurrebbe  nella  ardita\ncostruzione pretoria  di  un  istituto  in  assenza  di  qualsivoglia\nappiglio, sia giurisprudenziale  sia,  ancor  prima,  legislativo  (a\ndifferenza di  quanto  poteva  rilevarsi  nel  diverso  ambito  della\nconcessione della sospensione  condizionale  in  executivis,  in  cui\nplurimi agganci normativi erano  effettivamente  a  disposizione  del\nGiudice). Per giunta, una applicazione della analogia iuris nel  caso\ndi specie si  porrebbe  in  aperto  contrasto  con  la  (tendenziale)\nimmodificabilita\u0027  del  giudicato,  per  opinione  consolidata  della\nsuprema  Corte  di  cassazione  principio  generale  dell\u0027ordinamento\nderogabile solo nei casi previsti dalla legge (Sez. Un. , sentenza 24\nottobre 2013, n. 18821; Sez. un. pen.  ,  29  maggio  2014  (dep.  14\nottobre 2014) n. 42858). \n    Ed infatti, dal punto di vista legislativo la riforma Cartabia ha\ncontemplato, all\u0027art. 95, decreto legislativo n. 150  del  2022,  una\ndisciplina transitoria tale da permettere l\u0027applicazione  retroattiva\nin bonam partem delle pene sostitutive  delle  pene  detentive  brevi\nanche nei giudizi di impugnazione pendenti alla data del 30  dicembre\n2022, in ragione della natura sostanziale delle  pene  sostitutive  e\ndel  contenuto  complessivamente  piu\u0027  favorevole   al   reo   delle\ninnovazioni contenute nella nuova disciplina, soprattutto per il piu\u0027\nelevato  limite  edittale  entro  il  quale   viene   consentita   la\nsostituzione della pena detentiva. \n    L\u0027art. 95, comma 1, d.lgs. cit. prevede che le nuove disposizioni\nintrodotte al  Capo  III  della  legge  n.  689  del  1981,  se  piu\u0027\nfavorevoli, si applicano anche ai  procedimenti  penali  pendenti  in\nprimo grado o in grado di appello al momento dell\u0027entrata  in  vigore\ndello stesso decreto legislativo. Quanto ai procedimenti pendenti  in\nsede di legittimita\u0027, il condannato a pena detentiva non superiore  a\nquattro anni - all\u0027esito di un  procedimento  pendente  innanzi  alla\nCorte di cassazione alla data di entrata in vigore  della  suindicata\ndisciplina - ha titolo a presentare istanza di  applicazione  di  una\ndelle nuove pene  sostitutive  innanzi  al  giudice  dell\u0027esecuzione,\nsecondo il procedimento di cui all\u0027art. 666 c.p.p.,  nel  termine  di\ntrenta   giorni   dall\u0027irrevocabilita\u0027   della   sentenza,   con   la\nspecificazione che, nel giudizio  di  esecuzione,  si  applicano,  in\nquanto compatibili, le norme previste dal gia\u0027 citato Capo III  della\nlegge n. 689 del 1981 e del codice di procedura penale relative  alle\npene sostitutive. \n    Nessun precedente arresto della suprema  Corte  di  cassazione  -\nne\u0027, stando a quanto consta a questo  Giudice,  alcun  precedente  di\nmerito - sorregge l\u0027applicazione analogica che sarebbe necessaria nel\ncaso in esame. \n    Nessuna  norma  dell\u0027attuale   ordito   processuale   regola   la\nsituazione in esame. \n    Nel caso di specie, nessun appiglio normativo consente al giudice\ndell\u0027esecuzione, nel rideterminare la pena ex art. 442, comma  2-bis,\ne 676, comma 3-bis c.p.p., di «adottare i provvedimenti conseguenti»,\novvero di delibare il possibile riconoscimento della pena sostitutiva\ne di seguirne l\u0027iter di esecuzione, stante il completo  silenzio  del\nlegislatore sul punto. \n4.  La  non  manifesta  infondatezza  della  questione:  una   lacuna\nnormativa intrinsecamente irragionevole in  relazione  alla  funzione\nrieducativa della pena \n    Preliminarmente, la giurisprudenza di legittimita\u0027 che  ha  avuto\nmodo di pronunciarsi finora sull\u0027ambito applicativo dell\u0027istituto  di\ncui all\u0027art. 442, comma 2-bis, c.p.p., ne ha riconosciuto la pacifica\nnatura sostanziale (Sez. 2, sentenza n. 4237 del 17 novembre 2023 Ud.\n(dep.  31  gennaio  2024)  Rv.  285820  -  0),  sulla  falsariga  dei\nprecedenti arresti delle Sezioni unite in casi  analoghi  (cfr.  Sez.\nun. , n. 2977 del 6 marzo 1992, Peccillo; Sez. Un. , n. 18821 del  24\nottobre 2013, Ercolano), affermando che «puo\u0027, dunque, in conclusione\naffermarsi che e\u0027 ormai acquisito nel  nostro  sistema  giuridico  il\nprincipio secondo cui il  trattamento  sanzionatorio,  anche  laddove\ncollegato alla scelta del rito, finisce  sempre  con  avere  ricadute\nsostanziali». \n    D\u0027altronde,  e\u0027  altrettanto  pacifica  la  (rinnovata)  funzione\nspecialpreventiva delle pene sostitutive delle pene detentive brevi. \n    La stessa relazione illustrativa del decreto legislativo  n.  150\ndel 2022 redatta dall\u0027Ufficio del Massimario della suprema  Corte  si\nmostra ben consapevole di cio\u0027, affermando espressamente  che  «...La\nratio  ispiratrice  della  riforma   dev\u0027essere   individuata   nella\nconsiderazione, da tempo diffusa anche nel  contesto  internazionale,\nsecondo cui una detenzione di breve durata comporta costi individuali\ne sociali maggiori rispetto ai possibili risultati attesi in  termini\ndi risocializzazione del condannato  e  di  riduzione  dei  tassi  di\nrecidiva e nell\u0027altrettanto radicata convinzione  che,  nei  casi  di\npena detentiva di breve durata, la finalita\u0027,  imposta  dall\u0027art.  27\nCost., di rieducazione e di  risocializzazione  del  condannato  puo\u0027\nraggiungersi con maggiori probabilita\u0027 attraverso pene  da  eseguirsi\nnella comunita\u0027 delle persone libere, in modo da escludere o  ridurre\nl\u0027effetto di desocializzazione della detenzione in istituiti di pena,\nrelegando questa al ruolo di extrema ratio. L\u0027azione del  legislatore\ndelegato  si  snoda  in  una  triplice  direzione.  Innanzitutto,  si\nrealizza una radicale rivisitazione  delle  tipologie  sanzionatorie,\ncon  connessa   estensione   dell\u0027ambito   applicativo   della   loro\nsostituibilita\u0027.  Si  dispone,  poi,   l\u0027emancipazione   delle   pene\nsostitutive dalla sospensione condizionale della pena, eliminando  in\ntal modo una delle principali ragioni della scarsa applicazione delle\nprevigenti  sanzioni  sostitutive.  Da  ultimo,  si  riorientano   le\nsanzioni   sostitutive   verso   finalita\u0027    piu\u0027    accentuatamente\nspecialpreventive.»  (pag.  209  della  Relazione   illustrativa   di\naccompagnamento del decreto legislativo n. 150 del 2022). \n    Esplicitamente, la Relazione di accompagnamento si  prefigge  «un\nragionevole  coordinamento  tra  istituti   diversi   -   sospensione\ncondizionale della pena  e  pene  sostitutive  -,  entrambi  volti  a\ncontrastare l\u0027esecuzione in carcere di pene detentive  brevi».  (pag.\n385 della  Relazione  illustrativa  di  accompagnamento  del  decreto\nlegislativo n. 150 del 2022). \n    Cio\u0027 premesso, questo  Giudice  non  ignora  che  il  legislatore\nconserva un margine di discrezionalita\u0027 nell\u0027intervenire  nell\u0027ambito\ndel sistema sanzionatorio (cfr. ordinanza  Corte  cost.  n.  238  del\n2019). \n    Tuttavia, anche in  tali  ambiti  le  scelte  legislative  devono\nrispettare il limite della ragionevolezza, come pure la stessa  Corte\ncostituzionale ha piu\u0027 volte ribadito [ex multis, sentenza n. 185 del\n2015:   «Secondo   la   costante    giurisprudenza    costituzionale,\nl\u0027individuazione delle condotte  punibili  e  la  configurazione  del\nrelativo trattamento sanzionatorio rientrano  nella  discrezionalita\u0027\nlegislativa, il cui esercizio non puo\u0027 formare oggetto di  sindacato,\nsul piano della legittimita\u0027 costituzionale, salvo che si traduca  in\nscelte manifestamente irragionevoli o arbitrarie (ex multis: sentenze\nn. 68 del 2012, n. 47 del 2010, n. 161 del 2009, n. 22 del 2007 e  n.\n394 del 2006)»]. \n    Ebbene, come subito piu\u0027 dettagliatamente si illustrera\u0027  facendo\napplicazione dei suddetti criteri direttivi  tracciati  dalla  Corte,\nl\u0027attuale   impossibilita\u0027   di   valutare    l\u0027applicazione    della\nsostituzione della pena detentiva a seguito  dell\u0027applicazione  della\ndiminuente ex art. 442,  comma  2-bis,  codice  di  procedura  penale\nsembra costituire una di quelle «manifeste ragioni di  irrazionalita\u0027\no discriminazioni prive di fondamento giuridico, che sole  potrebbero\nconsentire di sindacare [l\u0027]ampio potere discrezionale  riservato  al\nlegislatore» (Sent. n. 175 del 1997, ma anche n. 416 del 1996; n. 295\ne n. 188 del 1995), in riferimento alla quale sarebbe consentita alla\nCorte «una valutazione di legittimita\u0027 costituzionale  [...]  fondata\nsoltanto su una irrazionalita\u0027 manifesta, irrefutabile» (Sent. n.  46\ndel 1993, ma anche n. 236 del 2008, n. 81 del 1992, n. 206 del 1999). \n    L\u0027impossibilita\u0027 di riconoscere la possibilita\u0027 di sostituire  il\ntrattamento sanzionatorio tradizionale con quello  sostitutivo,  reso\npossibile in ragione dell\u0027applicazione della diminuente ex art.  442,\ncomma 2-bis, codice di procedura penale produce di  per  se\u0027  effetti\ndistonici rispetto agli scopi prefissati dal legislatore e, pertanto,\nsproporzionati  ed  irragionevoli,  nell\u0027accezione  del  giudizio  di\nragionevolezza  fatta  propria  dalla  giurisprudenza   della   Corte\ncostituzionale («il giudizio di ragionevolezza, lungi dal  comportare\nil  ricorso  a  criteri  di  valutazione  assoluti  e   astrattamente\nprefissati,  si  svolge   attraverso   ponderazioni   relative   alla\nproporzionalita\u0027  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua\ninsindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle  esigenze  obiettive  da\nsoddisfare o alle finalita\u0027  che  intende  perseguire,  tenuto  conto\ndelle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» cfr.\nCorte costituzionale sent. n. 1130  del  1988;  Corte  costituzionale\nsent. n. 264 del 1996). D\u0027altronde, come da  tempo  la  stessa  Corte\ncostituzionale  ha  inequivocabilmente  affermato  «Il  principio  di\nproporzionalita\u0027  [va]  inteso  [...]  anche  e  soprattutto,   quale\n\"criterio generale\" di congruenza degli strumenti normativi  rispetto\nalle finalita\u0027 da perseguire»  (Corte  cost.,  sentenza  n.  487  del\n1989). \n    In   primo   luogo,   richiamando   la   natura   sostanziale   e\nspecialpreventiva delle pene sostitutive, il disposto  normativo  qui\ncensurato istituzionalizza un vero e proprio «vuoto giurisdizionale»,\nla  cui  esistenza  e\u0027  di  per  se\u0027  indice  manifesto   della   sua\nirragionevolezza, come peraltro confermato dalla Corte costituzionale\nnella gia\u0027 citata sentenza n. 208 del 2024 in relazione alla  analoga\nquestione relativa alla sospensione condizionale della pena. \n    In altri termini, a  legislazione  invariata,  nessuna  autorita\u0027\ngiurisdizionale  ha  il  potere  di  vagliare  la   sussistenza   dei\npresupposti  per   la   possibile   applicazione   della   detenzione\ndomiciliare  sostitutiva  -  ma  il  discorso  e\u0027,  apertis   verbis,\nestendibile anche alle altre pene sostitutive  -  nei  confronti  del\nsoggetto in questione: non pote\u0027 farlo il giudice  della  cognizione,\nin quanto inibito dal quantum di pena (originariamente) inflitto; non\npuo\u0027 farlo il giudice dell\u0027esecuzione che, a seguito della diminuente\nex art. 442, comma 2-bis c.p.p., applica al condannato, autore di  un\ncomportamento  processuale  particolarmente  meritevole,   una   pena\nrientrante nei limiti. \n    Tale meccanismo normativo comporta, come conseguenza  pressocche\u0027\nautomatica, l\u0027applicazione di una pena sproporzionata  nei  confronti\ndel  condannato,   in   astratto   meritevole   di   un   trattamento\nsanzionatorio alternativo quale quello rappresentato dalla detenzione\ndomiciliare sostitutiva. \n    L\u0027individualizzazione del trattamento  sanzionatorio  costituisce\nevidente attuazione del  «mandato  costituzionale  di  \"personalita\u0027\"\ndella responsabilita\u0027 penale di cui all\u0027art. 27, primo comma,  Cost.»\n(Corte cost., sentenza n. 222 del 2018); al contempo, «...  una  pena\nnon proporzionata alla gravita\u0027 del fatto (e non percepita come  tale\ndal  condannato)  si  risolve  in  un  ostacolo  alla  sua   funzione\nrieducativa» (Corte cost., ult. cit.; ma v. gia\u0027, ex multis, sentenza\nn. 236 del 2016 e n. 68 del 2012). E come ormai da  tempo  la  Corte,\nsuperando  la  concezione  c.d.   polifunzionale   della   pena,   ha\ninequivocabilmente affermato, il rispetto della finalita\u0027 rieducativa\ndella pena di cui all\u0027art. 27, comma 3 della Costituzione, implica  e\nal contempo impone un «\"principio  di  proporzione\"  tra  qualita\u0027  e\nquantita\u0027 della sanzione, da una  parte,  e  offesa,  dall\u0027altra»  e,\n«lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferita al  solo\ntrattamento, indica invece proprio una delle  qualita\u0027  essenziali  e\ngenerali che caratterizzano la pena nel suo  contenuto  ontologico  e\nl\u0027accompagnano da quando nasce, nell\u0027astratta  previsione  normativa,\nfino a quando in concreto si estingue» (Corte cost., sentenza n.  313\ndel 1990). \n    Da ultimo,  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  vigorosamente\nrimarcato «... allorche\u0027 le pene  comminate  appaiano  manifestamente\nsproporzionate rispetto alla gravita\u0027 del fatto previsto quale reato,\nsi profila un contrasto con gli articoli 3 e 27 Cost.,  giacche\u0027  una\npena non proporzionata alla gravita\u0027  del  fatto  si  risolve  in  un\nostacolo alla sua funzione rieducativa (ex multis,  sentenze  n.  236\ndel 2016, n. 68 del 2012 e n. 341 del 1994). I principi di  cui  agli\narticoli 3 e 27 Cost.  «esigono  di  contenere  la  privazione  della\nliberta\u0027 e la sofferenza inflitta alla  persona  umana  nella  misura\nminima necessaria e sempre allo scopo  di  favorirne  il  cammino  di\nrecupero,  riparazione,  riconciliazione  e  reinserimento   sociale»\n(sentenza n. 179 del 2017) in vista  del  \"progressivo  reinserimento\narmonico della persona  nella  societa\u0027,  che  costituisce  l\u0027essenza\ndella finalita\u0027 rieducativa\" della pena (da ultimo, sentenza  n.  149\ndel 2018). Al raggiungimento di tale impegnativo obiettivo posto  dai\nprincipi costituzionali e\u0027  di  ostacolo  l\u0027espiazione  di  una  pena\noggettivamente non proporzionata alla  gravita\u0027  del  fatto,  quindi,\nsoggettivamente percepita come ingiusta e inutilmente  vessatoria  e,\ndunque, destinata a non realizzare lo  scopo  rieducativo  verso  cui\nobbligatoriamente deve tendere») (sentenza n. 40  del  2019;  v.,  da\nultimo, sentenza n. 102/2020). \n    Ne\u0027 varrebbe obiettare in  senso  contrario  che  attualmente  il\nprevenuto  e\u0027  gia\u0027  in  un  regime   domiciliare   pseudo-esecutivo,\nperdurando la misura cautelare degli arresti domiciliari - destinati,\ncon  ogni  probabilita\u0027,  a  diventare   cd.   «arresti   domiciliari\nesecutivi» ex art. 656, comma 1 del  codice  di  procedura  penale  a\nseguito  della  presa  in  esecuzione   della   sentenza   da   parte\ndell\u0027Ufficio di procura. \n    Analogamente, non  puo\u0027  obiettarsi  che  il  prevenuto  potrebbe\ngiovarsi dell\u0027applicazione della detenzione domiciliare  come  misura\nalternativa. \n    Tali obiezioni non colgono nel segno. \n    In primo luogo, deve evidenziarsi che la concessione di  siffatti\nistituti  (gli  arresti  domiciliari  esecutivi   e   la   detenzione\ndomiciliare come misura alternativa alla  detenzione)  costituiscono,\nrebus  sic  stantibus,  scenari  futuribili,  appannaggio  di   altre\nautorita\u0027  giurisdizionali,  a  fronte  della  possibilita\u0027  di   una\nconcreta e immediata decisione da parte del giudice della  cognizione\n(con tutto  cio\u0027  che  ne  consegue  in  relazione  alla  tenuta  del\ncombinato disposto qui censurato dal punto di vista  dei  riferimenti\ncostituzionali di matrice processuale, come  si  dira\u0027  nel  seguente\nparagrafo). \n    In secondo  luogo,  la  lacuna  normativa  di  cui  si  duole  lo\nscrivente depriva  il  ricorrente  di  un  trattamento  sanzionatorio\nsostitutivo non soltanto di  immediata  applicazione,  da  parte  del\ngiudice della cognizione, ma connotato  per  sua  intrinseca  natura,\ncome e\u0027 stato osservato da  accorta  dottrina,  da  una  «una  minore\nafflittivita\u0027 della pena» rispetto ad istituti speculati,  funzionale\na  scongiurare  i  negativi   effetti   collaterali   dell\u0027espiazione\ncarceraria in danno di chi si vede applicata una  condanna  di  breve\ndurata. \n    La  detenzione  domiciliare  sostitutiva,  al  pari   di   quanto\nstabilito dal legislatore in relazione alla semiliberta\u0027 sostitutiva,\npuo\u0027 essere accompagnata dalla predisposizione  di  un  programma  di\ntrattamento da parte dell\u0027Ufficio  esecuzione  penale  esterna,  allo\nscopo di consentire un adeguato reinserimento  del  condannato  nella\nsocieta\u0027 (art. 56, comma 2, legge n. 689/1981 «Il giudice dispone  la\ndetenzione domiciliare sostitutiva tenendo conto anche del  programma\ndi trattamento elaborato dall\u0027Ufficio di esecuzione  penale  esterna,\nche prende in carico il condannato  e  che  riferisce  periodicamente\nsulla sua condotta e sul percorso di reinserimento sociale.»). \n    Inoltre,  il  decreto  legislativo  n.  150/2022  stabilisce  che\nl\u0027obbligo del condannato di rimanere nella propria  abitazione  debba\nessere determinato dal giudice in un lasso temporale non inferiore  a\ndodici  ore  quotidiane,  tenuto  conto  delle  comprovate   esigenze\nfamiliari, di studio, di formazione professionale,  di  lavoro  e  di\nsalute del reo, nonche\u0027 al sopra menzionato programma di trattamento. \n    La  norma  stabilisce  che,  a  fronte  del  minimo  di  ore  che\nl\u0027imputato deve trascorrere nel proprio domicilio,  il  giudice  deve\nstabilire un minimo di ore in libera uscita, pari a quattro, tali  da\ngarantire al condannato di provvedere alle esigenze di vita. \n    In questo senso, la  detenzione  domiciliare  sostitutiva  appare\nmaggiormente incline ad una reintegrazione sociale del  reo  rispetto\nad istituti di cui il ricorrente potrebbe, in astratto ed in un tempo\npiu\u0027 o meno remoto, usufruire: gli spazi di  maggiore  autorizzazione\nex lege e la presenza di un programma di trattamento  vengono  intesi\nquale  strumento  responsabilizzante  in   favore   del   condannato,\nincentivando la conservazione di una  sua  sfera  esistenziale,  come\nprincipale viatico di non desocializzazione. \n    Pertanto, l\u0027impossibilita\u0027 di convertire la pena detentiva  nella\ncorrispondente  detenzione  domiciliare  sostitutiva,   che   sarebbe\napplicabile all\u0027esito della  diminuente  ex  art.  442,  comma  2-bis\nc.p.p.,  comporta  l\u0027applicazione  di  un  trattamento  sanzionatorio\nsproporzionato in se\u0027, in quanto non necessario per il  perseguimento\ndelle finalita\u0027 di risocializzazione di  cui  all\u0027art.  27,  comma  3\nCost., nulla apportando alla concreta tutela dei diritti fondamentali\ndei soggetti coinvolti, tenuto  conto,  altresi\u0027,  del  comportamento\nprocessuale acquiescente del condannato. \n    Tale  ultima  variabile,  come   gia\u0027   ricordato   dalla   Corte\ncostituzionale nella gia\u0027 citata sentenza n. 208 del 2024,  non  puo\u0027\nnon  essere  considerata   nella   determinazione   del   trattamento\nsanzionatorio da applicare al condannato («... la  diminuzione  della\npena conseguente a scelte processuali individuali non e\u0027 una graziosa\nconcessione  al   condannato,   ma   riflette   la   precisa   logica\nsinallagmatica - la cui legittimita\u0027 costituzionale  non  e\u0027  qui  in\ndiscussione - adottata  dal  legislatore,  che  garantisce  un  minor\ncarico sanzionatorio a chi volontariamente rinunci a esercitare parti\nintegranti del proprio diritto  costituzionale  di  difesa,  fornendo\ncosi\u0027 un contributo al piu\u0027 rapido ed  efficiente  funzionamento  del\nsistema penale nel suo complesso: il che  non  e\u0027  senza  significato\nnemmeno ai fini della valutazione  della  \"necessita\u0027  di  pena\"  del\nsingolo condannato. Sicche\u0027 e\u0027 del tutto logico  che  la  valutazione\nsui preposti della sospensione  condizionale  e  della  non  menzione\nvenga operata rispetto alla pena cosi\u0027  come  determinata  \"a  valle\"\ndelle scelte processuali dell\u0027imputato, che costituiscono, esse pure,\nelementi significativi nella \"commisurazione  in  senso  lato\"  della\npena a lui applicabile» cfr. 3.2. del Considerato in diritto). \n5.  La  non  manifesta  infondatezza  della  questione:  una   lacuna\nnormativa intrinsecamente irragionevole in relazione alla ragionevole\ndurata del processo \n    Come puo\u0027 desumersi agevolmente  dalla  lettura  della  relazione\nillustrativa al decreto legislativo n. 150 del 2022, l\u0027introduzione -\nfedele e pedissequa attuazione del corrispondente criterio  direttivo\ndella legge delega - dell\u0027istituto di cui all\u0027art. 442,  comma  2-bis\ndel codice di procedura  penale  e\u0027  stata  ispirata  ad  una  «ratio\ndeflattiva dell\u0027intervento - che collega alla totale acquiescenza,  e\nal connesso risparmio di tempo  e  risorse  processuali,  l\u0027ulteriore\ntrattamento premiale in relazione alla pena inflitta». \n    Ma uno sguardo piu\u0027 ampio sull\u0027intero  portato  della  riforma  -\nspesso definita, non a caso, una riforma «di sistema» -  consente  di\ndelineare un  quadro  piu\u0027  sinergico  e  composito  delle  finalita\u0027\nprefissate da legislatore, animato dal plurimo obiettivo di apportare\n«... interventi  sul  sistema  sanzionatorio,  sinergici  con  quelli\nrelativi al processo, (che) consentono di:  ridurre  le  impugnazioni\n(inappellabilita\u0027 delle sentenze di condanna  alla  pena  sostitutiva\ndel  lavoro  di  pubblica  utilita\u0027);  rendere  piu\u0027  efficiente   il\nprocedimento  penale  nella  fase  dell\u0027esecuzione  (riduzione  delle\nmisure alternative  alla  detenzione  peri  condannati  in  stato  di\nliberta\u0027, in favore di pene  sostitutive  applicate  dal  giudice  di\ncognizione, con conseguente riduzione del numero e  ridimensionamento\ndella patologica  situazione  dei  c.d.  liberi  sospesi,  cioe\u0027  dei\ncondannati a pena detentiva che attendono talora per anni,  in  stato\ndi liberta\u0027, la decisione sull\u0027istanza di concessione di  una  misura\nalternativa alla detenzione)...» (pag. 8 della relazione). \n    In altri termini, l\u0027obiettivo «ultimo» del  legislatore  delegato\ne\u0027 stato quello di consentire «... una anticipazione dell\u0027alternativa\nal  carcere  all\u0027esito  del  giudizio  di  cognizione»  mediante   la\nriconosciuta possibilita\u0027 giudice di cognizione  di  applicare  pene,\ndiverse  da   quella   detentiva,   destinate   a   essere   eseguite\nimmediatamente, dopo la definitivita\u0027 della  condanna,  senza  essere\n«sostituite»  con  misure  alternative  da  parte  del  tribunale  di\nsorveglianza, spesso a distanza di molto tempo dalla condanna  stessa\n(come testimonia l\u0027allarmante fenomeno  dei  c.d.  liberi  sospesi).»\n(pag. 186 della relazione illustrativa al decreto legislativo n.  150\ndel 2022). \n    Orbene, cio\u0027 premesso, la lacuna normativa qui censurata si  pone\naltresi\u0027 in contrasto con il  principio  di  ragionevole  durata  del\nprocesso  e,  di  conseguenza,  con  la   finalita\u0027   di   deflazione\nprocessuale posta a fondamento sia dell\u0027art.  442,  comma  2-bis  del\ncodice di procedura penale sia  delle  pene  sostitutive  delle  pene\ndetentive brevi. \n    Come   sostenuto   dalla   giurisprudenza   costituzionale,    la\nragionevole durata e\u0027 oggetto, (oltreche\u0027 di un interesse collettivo,\ndi un diritto di tutte le parti, costituzionalmente tutelato non meno\ndi quello ad un giudizio equo e imparziale, come  oggi  espressamente\nrisulta dal dettato dell\u0027art. 111, comma 2 Cost.» (C. cost., 21 marzo\n2002, n. 78, altresi\u0027 Corte costituzionale, 26 aprile 2018,  n.  88).\nLa garanzia in esame e\u0027 funzionale, come piu\u0027 volte  affermato  anche\ndalla giurisprudenza sovranazionale, a tutelare il relativo  titolare\n«dal rischio di restare troppo a lungo nell\u0027incertezza della  propria\nsorte» (C. eur., 10 novembre 1969, Stogmuller c. Austria,  §  5:  «in\ncriminal matters, especially, it is designed to avoid that  a  person\ncharged should remain too long in a state of  uncertainty  about  his\nfate»), sul presupposto che tale condizione nel processo penale  -  a\nprescindere dall\u0027esito piu\u0027 o meno fausto - sia di per se\u0027  fonte  di\nsofferenza individuale. \n    Il principio, come e\u0027  noto,  affonda  le  sue  radici  non  solo\nnell\u0027art. 111, comma 2 Cost., ma altresi\u0027 in una  congerie  di  norme\ninternazionale,  parimenti  violate  dal   combinato   disposto   qui\ncensurato (artt.  6  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei\ndiritti dell\u0027uomo  e  delle  liberta\u0027  fondamentali  per  il  tramite\ndell\u0027art. 117 Cost., art. 47 CDFUE, nonche\u0027 art. 14, lettera  c)  del\nPatto internazionale sui diritti civili e politici) e,  per  pacifica\ngiurisprudenza costituzionale e convenzionale, si estende non solo  a\ntutela dell\u0027indagato che abbia avuto conoscenza  del  procedimento  a\nsuo carico (C. cost., 23 luglio 2015, n. 184) e dell\u0027imputato  (Corte\nEDU, 15 luglio 1982, Eckle c. Germania, § 73, secondo cui  i  termini\n\"charge\" e \"charged\" alludono a: «the official notification given  to\nan individual by the competent authority of an allegation that he has\ncommitted a criminal offence, a definition that also  corresponds  to\nthe  test  whether  \"the  situation  of  the   [suspect]   has   been\nsubstantially  affected\"».  V.  anche  C.  eur.,  10  dicembre  1982,\nCorigliano c. Italia, §  34.  Piu\u0027  di  recente,  Corte  europea  dei\ndiritti dell\u0027uomo, 5 ottobre 2017, Kaleja c.  Lettonia,  §  36:  «The\nCourt reiterates that in  criminal  matters,  the  \"reasonable  time\"\nreferred to in Article 6 § 1 begins to run as soon  as  a  person  is\n\"charged\". A  \"criminal  charge\"  exists  from  the  moment  that  an\nindividual is officially notified by the competent  authority  of  an\nallegation that he has committed a  criminal  offence,  or  from  the\npoint at which his  situation  has  been  substantially  affected  by\nactions taken by the authorities as a result of a  suspicion  against\nhim»; cfr. anche, da ultimo, Corte europea dei diritti dell\u0027uomo,  20\ngiugno 2019,  Chiarello  c.  Germania,  §  44)  ma  anche  alla  fase\nesecutivo - trattamentale del processo. \n    Il  principio  della  ragionevole  durata  del   processo,   come\ninterpretato dalla giurisprudenza convenzionale,  obbliga  gli  Stati\nmembri, in primo luogo, «a organizzare il loro sistema giudiziario in\nmodo che le giurisdizioni possano assolvere all\u0027esigenza di celebrare\ni processi in termini ragionevoli»  (C.  eur.,  GC,  29  marzo  2006,\nScordino c. Italia, cit., in particolare §§ 183-187), prescrivendo al\nlegislatore di porre le  condizioni  ordinamentali,  organizzative  e\nprocessuali piu\u0027 idonee al conseguimento degli obiettivi connessi  ad\nun congruo accertamento processuale. \n    Cio\u0027 premesso, l\u0027inibizione per  il  giudice  dell\u0027esecuzione  di\nvalutare il riconoscimento della detenzione  domiciliare  sostitutiva\nnei confronti del soggetto che, ormai condannato in via definitiva, a\nseguito dell\u0027applicazione della diminuente ex art. 442,  comma  2-bis\nc.p.p., si trovi destinatario di  una  pena  rientrante  nel  margine\nedittale,  tramuta  quest\u0027ultimo  -  in  esatta  antitesi  a   quanto\npropugnato  dalla  Riforma  Cartabia,  che  mirava  ad  eliminare  il\nfenomeno  -  nell\u0027equivalente,  mutatis  mutandis,  di   un   «libero\nsospeso», il cui trattamento sanzionatorio - con  ogni  probabilita\u0027,\nextracarcerario  stante  il  quantum  di   pena   -   dovra\u0027   essere\nsupervisionato e gestito dalla Magistratura di  sorveglianza,  previa\nemissione  di  un  ordine  di  carcerazione  da   parte   del   p.m.,\neventualmente sospeso ove ne ricorrano le condizioni. \n    Laddove, in caso contrario, non sussistano i presupposti  per  il\nriconoscimento   della   sospensione   dell\u0027ordine   di    esecuzione\naddirittura il trattamento sanzionatori  del  soggetto  in  questione\nsara\u0027 veicolato attraverso un nocivo e  temporaneo  contatto  con  il\ncarcere, in completo dispregio della necessita\u0027  di  evitare  il  cd.\nfenomeno   delle   «porte   girevoli»,   anticamera   degli   effetti\ndesocializzanti delle pene detentive brevi, che pure  il  legislatore\ndelegato mirava a contenere. \n    Dalle ragioni sovraesposte, dunque, appare evidente che la lacuna\nnormativa censurata non solo non consente di raggiungere le finalita\u0027\nrieducative  e  di  deflazione  processuale  connesse  agli  istituti\ncoinvolti, ma si pone in chiave antagonista rispetto a queste ultime,\nostacolando la realizzazione di trattamenti sanzionatori  alternativi\nal carcere gia\u0027 in fase di  cognizione  ed  inflazionando  in  misura\ndeteriore il gia\u0027 gravato procedimento di sorveglianza. \n    Ne\u0027 puo\u0027 valere, in senso contrario,  obiettare  che  il  sistema\noffre   un\u0027alternativa   rimediale   mediante   il   sistema    delle\nimpugnazioni. \n    Come gia\u0027 riconosciuto dalla  Corte  costituzionale  n.  208  del\n2024, infatti, «... la soluzione ora in esame  finirebbe  per  minare\ngravemente    l\u0027effettivita\u0027     dell\u0027incentivo     alla     rinuncia\nall\u0027impugnazione, sul quale ha scommesso la riforma del 2022, per chi\nsia stato condannato a una pena che,  grazie  alla  riduzione  di  un\nsesto,  potrebbe  rientrare  entro  i  limiti   di   legge   per   il\nriconoscimento di entrambi i  benefici.  In  tal  caso,  infatti,  il\ncondannato avrebbe ogni incentivo per  proporre  appello,  mirando  a\nottenere in quella sede una riduzione della  pena,  anche  grazie  al\nmeccanismo del concordato con rinuncia ai motivi di  appello  di  cui\nall\u0027art.  599-bis  del   codice   di   procedura   penale.   Il   che\nintrodurrebbe, come a ragione osserva il rimettente, un  elemento  di\nintrinseca irrazionalita\u0027 rispetto allo stesso scopo  legislativo  di\nfavorire una piu\u0027 rapida  definizione  del  contenzioso  penale:  con\nconseguente ulteriore profilo di frizione rispetto all\u0027art. 3  Cost.,\nin combinato disposto con gli articoli 111,  secondo  comma,  e  117,\nprimo comma, Cost., quest\u0027ultimo in relazione all\u0027art.  6,  paragrafo\n1, CEDU» cfr. 3.4.4. del Considerato in diritto). \n    Infine, l\u0027accoglimento della questione proposta  dallo  scrivente\nrisulterebbe  proattivo  e  sinergico  rispetto  all\u0027attuale  assetto\nnormativo che, a seguito  della  modifica  normativa  dell\u0027art.  676,\ncomma 1, c.p.p., operata dall\u0027art. 2, comma 1, lettera  dd),  decreto\nlegislativo  19  marzo  2024,  n.  31,  richiede  la  fissazione   di\nun\u0027apposita udienza camerale  per  la  delibazione  sull\u0027applicazione\ndella diminuente ex art. 442, comma 2-bis, codice di procedura penale\nai sensi del neo-introdotto comma  3-bis  della  citata  norma,  come\ninterpretata  dai  piu\u0027   recenti   arresti   della   suprema   Corte\n(«L\u0027applicazione in sede esecutiva della riduzione della pena  di  un\nsesto, prevista dall\u0027art.  442,  comma  2-bis,  codice  di  procedura\npenale nel caso di mancata impugnazione della sentenza resa in  esito\na giudizio abbreviato, deve essere deliberata all\u0027esito  dell\u0027udienza\ncamerale fissata ai sensi  dell\u0027art.  666  del  codice  di  procedura\npenale , sicche\u0027 il  provvedimento  emesso  \"de  plano\"  dal  giudice\ndell\u0027esecuzione e\u0027 affetto da nullita\u0027  assoluta  ed  insanabile,  ai\nsensi dell\u0027art. 178, comma 1, lettera c), cod. proc. pen.»  (Sez.  1,\nn. 7356 del 6 febbraio 2025, Abbrescia, Rv. 287522 - 01). \n    La celebrazione di un\u0027udienza camerale  ai  sensi  del  combinato\ndisposto degli articoli 442, comma  2-bis  e  676,  comma  3-bis  del\ncodice di procedura penale - piuttosto che tramutarsi in  un  inutile\norpello formalistico per l\u0027applicazione di un automatismo legislativo\nche  ben  potrebbe  effettuarsi  de  plano  -   si   riempirebbe   di\nsignificato, assumendo le sembianze di una udienza di  sentencing  in\nfase esecutiva, ovverosia di uno  «spazio  di  contraddittorio  sulla\npena» funzionale a consentire alle parti ed al giudice  rinnovate  (e\npiu\u0027 congruenti) valutazioni in ordine al  trattamento  sanzionatorio\nnei confronti del condannato. \n    Tutto cio\u0027 premesso, \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Dichiara rilevante nel presente  giudizio  e  non  manifestamente\ninfondata la questione di legittimita\u0027 costituzionale degli  articoli\n442, comma 2-bis e 676, comma 3-bis del codice  di  procedura  penale\nnella parte in cui non prevedono che il giudice dell\u0027esecuzione possa\napplicare la detenzione domiciliare sostitutiva, ove  la  diminuzione\nautomatica di pena per la  mancata  impugnazione  della  sentenza  di\ncondanna   emessa   in   sede   di   giudizio   abbreviato   comporti\nl\u0027applicazione  di  una  pena  contenuta  nei  limiti  di   legge   e\nricorrendone gli ulteriori presupposti, per violazione degli articoli\n3, 27, commi 1 e  3,  111,  117  della  Costituzione  in  riferimento\nall\u0027art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali. \n    Sospende il giudizio. \n    Ordina l\u0027immediata trasmissione alla Corte  costituzionale  della\npresente ordinanza e degli atti del giudizio, insieme  con  la  prova\ndelle comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. \n    Dispone che la presente ordinanza sia notificata  al  condannato,\nal pubblico ministero e al Presidente del Consiglio  dei  ministri  e\nche sia comunicata ai presidenti del Senato della Repubblica e  della\nCamera dei deputati. \n        Nola, 14 luglio 2025 \n \n                           Il GIP: Muzzica","elencoNorme":[{"id":"63453","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"442","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"bis","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""},{"id":"63454","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"676","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"bis","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79848","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79849","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79850","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79851","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"111","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79852","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"in relazione all\u0027","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79853","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"6","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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