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Anno 2025), artt. 34, comma 2,\n  e 50, commi 1 e 2. \n\n\r\n(GU n. 41 del 08-10-2025)\n\r\n    Ricorso ex. art. 127,  comma  1,  Cost.  per  il  Presidente  del\nConsiglio dei ministri (codice fiscale 80188230587), rappresentato  e\ndifeso  dall\u0027Avvocatura  generale   dello   Stato   (codice   fiscale\n80224030587),  presso  i  cui  uffici  domicilia  in  Roma,  via  dei\nPortoghesi  n.  12,  telefax   n.   06.96.51.40.00;   indirizzo   PEC\nags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio  dei\nministri adottata nella riunione del 4 settembre 2025, ricorrente; \n    contro la Regione  Piemonte,  in  persona  del  Presidente  della\nGiunta  Regionale  in  carica,  intimata  per  la   declaratoria   di\nillegittimita\u0027 costituzionale degli articoli 34, comma 2 e 50 commi 1\ne  2,  della  legge  Regione  Piemonte  dell\u00278  luglio  2025,  n.  9,\npubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante  «Legge  annuale\ndi riordino dell\u0027ordinamento regionale. Anno 2025»; \n    per violazione dell\u0027art. 117, primo e secondo comma,  lettera  s)\nCost. in relazione agli articoli agli articoli 76 commi 1, 2, 3  4  e\n7; 95, commi 4 e 6;  121,  comma  4;  144,  comma  1;  alla  parte  B\ndell\u0027allegato 4 alla parte III del decreto legislativo  n.  3  aprile\n2006, n. 152; all\u0027art. 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933,  n.\n1775, recante «Approvazione del testo  unico  delle  disposizioni  di\nlegge sulle  acque  e  sugli  impianti  elettrici»,  come  sostituito\ndall\u0027art. 96, comma 3, del decreto legislativo n. 152/2006;  all\u0027art.\n4 della direttiva 2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo  comma,\nlettera s) Cost., in relazione agli articoli 134,  comma  1,  lettera\nc), 135, comma 1, 142, comma 1, lettera  f),  e  143,  comma  2,  del\n«Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»  di  cui  al  decreto\nlegislativo n 22 gennaio 2004, n. 42, agli  articoli  3  e  18  delle\nnorme di attuazione del piano reg. vigente (NTA) e all\u0027art. 22  della\nlegge n. 394/1991. \n    1.  Con  la  legge  n.  9  dell\u00278  luglio   2025,   di   riordino\ndell\u0027ordinamento regionale per l\u0027anno 2025, la  Regione  Piemonte  ha\nintrodotto, al Capo IV, «Disposizioni  in  materia  di  territorio  e\nambiente», alcune delle  quali  eccedono  le  competenze  legislative\nregionali. \n    In particolare, l\u0027art. 34, rubricato «Applicazione  del  deflusso\necologico», dispone al secondo comma: \n        2. Nei  corsi  d\u0027acqua  a  carattere  torrentizio,  canali  o\nporzioni di essi non classificati come  fiumi  dalla  Regione  e  nei\ncorsi d\u0027acqua classificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati\nda  ricorrenti  deficit  idrici  stagionali,   tenuto   conto   della\nregimazione  non  costante  del  flusso  delle  acque,  il   deflusso\necologico e\u0027 calcolato in modo dinamico in base alla portata presente\nnella sezione di derivazione e non puo\u0027 essere eccedente  il  30  per\ncento della portata effettiva medesima. \n    Il successivo art. 50, intitolato «Modifiche all\u0027allegato A della\nlegge regionale 19/2009», prevede, nei suoi due commi: \n        1. Il n. 26 dell\u0027allegato A (Cartografie delle aree  naturali\nprotette regionali, delle aree contigue  e  delle  zone  naturali  di\nsalvaguardia) della legge regionale  n.  19/2009  e\u0027  sostituito  dal\nseguente: «26) Parco naturale del  Monte  Fenera  -  scala  1:25.000»\n(allegato 1); \n        2. Il n. 90 dell\u0027allegato A della legge regionale 19/2009  e\u0027\nsostituito dal seguente: «90) Aree naturali protette e area  contigua\ndella fascia fluviale del Po - Torino Ovest -  scala  1:25.000:  Area\ncontigua della fascia fluviale del Po piemontese» (allegato 2). \n    Con le disposizioni sopra  riportate  il  legislatore  regionale,\ncome si spieghera\u0027, non ha rispettato la sfera di competenze ad  esso\ndestinate,  ed  ha  violato  la  legislazione  emanata  dallo   Stato\nnell\u0027esercizio della  propria  competenza  esclusiva  in  materia  di\ntutela  del  paesaggio,  dell\u0027ambiente  e  dell\u0027ecosistema  che   gli\narticoli  9  e  117,  primo  e  secondo  comma,  lettera  s),   della\nCostituzione, attribuiscono in via esclusiva allo Stato. \n    Pertanto, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  il\npresente ricorso, affidandolo ai seguenti motivi in \n \n                               Diritto \n \n    1. Illegittimita\u0027  dell\u0027art.  34,  comma  2,  della  legge  della\nRegione Piemonte n. 9 dell\u00278 luglio  2025  per  violazione  dell\u0027art.\n117, primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  della  Costituzione  in\nrelazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3 4 e 7; 95,  commi  4  e  6;\n121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell\u0027allegato 4  alla  parte\nIII del decreto legislativo n. 3 aprile 2006, n. 152; all\u0027art. 12-bis\ndel regio decreto n. 1775/1933, recante «Approvazione del testo unico\ndelle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti  elettrici»,\ncome sostituito dall\u0027art. 96, comma 3,  del  decreto  legislativo  n.\n152/2006; all\u0027art. 4 della direttiva 2000/60/CE. \n    La norma censurata, dopo aver disposto al comma 1,  la  «proroga»\nal  31   dicembre   2026,   su   tutto   il   territorio   regionale,\ndell\u0027applicazione   del   deflusso   ecologico,   fatte   salve    le\nsperimentazioni in  corso,  rinviando  il  momento  dell\u0027applicazione\ndella regolazione del  deflusso  ecologico,  funzionale  a  garantire\nadeguati livelli di conservazione del bene acqua in conformita\u0027  alla\ndisciplina contenuta nella direttiva quadro sulle acque  (2000/60/CE)\ne tenendo conto del medesimo termine stabilito (31 dicembre 2026), ai\nsensi dell\u0027art. 21-bis, comma 1-bis, decreto-legge 21 marzo 2022,  n.\n21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51,\ndispone testualmente al comma 2: \n        «Nei corsi d\u0027acqua a carattere torrentizio, canali o porzioni\ndi essi non classificati come fiumi dalla Regione e nei corsi d\u0027acqua\nclassificati come fiumi o tratti di essi caratterizzati da ricorrenti\ndeficit  idrici  stagionali,  tenuto  conto  della  regimazione   non\ncostante del flusso delle acque, il deflusso ecologico  e\u0027  calcolato\nin modo dinamico in base  alla  portata  presente  nella  sezione  di\nderivazione e non puo\u0027 essere eccedente il 30 per cento della portata\neffettiva medesima» prevedendo una  specifica  modalita\u0027  di  calcolo\n(dinamico) del deflusso ecologico e stabilendo, tra l\u0027altro,  che  il\ndeflusso stesso non debba eccedere il  30  per  cento  della  portata\neffettiva dei corsi d\u0027acqua. \n    La modalita\u0027 di calcolo del deflusso ecologico introdotta da tale\nnorma si pone in contrasto con  un  complesso  e  consolidato  quadro\ngiuridico nel quale la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV) e\ndel deflusso ecologico (DE) e\u0027 definita nel Piano di  gestione  delle\nacque del distretto idrografico vigente e nel Piano di  tutela  delle\nacque, in conformita\u0027 con le previsioni contenute nell\u0027art.  4  della\ndirettiva 2000/60/CE (direttiva  quadro  acque  -  DQA),  recepita  a\nlivello nazionale dal decreto legislativo n.  152/2006,  di  seguito,\nanche TUA -Testo  unico  dell\u0027ambiente,  recante  «Norme  in  materia\nambientale»  e  ricade  nell\u0027ambito  delle   competenze   legislative\nesclusive  dello  Stato  in  materia  di   tutela   dell\u0027ambiente   e\ndell\u0027ecosistema, di cui all\u0027art.  117,  comma  secondo,  lettera  s),\ndella  Costituzione,  potendo   essere   esercitate   le   competenze\nregionali,  in  materia  di  tutela  delle  acque,  soltanto  qualora\nperseguano standards migliorativi rispetto a quelli risultanti  dalla\ntutela fornita dalla legislazione statale. \n    La limitazione del deflusso ecologico ad  una  quota  «non  [...]\neccedente il 30 per cento della portata effettiva  medesima»  fissata\ndal comma 2, infatti, introduce limiti, e conseguentemente, obiettivi\ndi  qualita\u0027  meno  elevati  rispetto  a   quelli   stabiliti   dalla\nlegislazione nazionale e dai provvedimenti settoriali di area vasta. \n    Come si e\u0027 detto, la regolazione del deflusso minimo vitale (DMV)\ne del deflusso ecologico (DE), risulta definita nel Piano di gestione\ndelle acque del distretto idrografico vigente, nonche\u0027 nel  Piano  di\ntutela  delle  acque  in  conformita\u0027  con  le  previsioni  contenute\nnell\u0027art. 4 della Direttiva  2000/60/CE  (direttiva  quadro  acque  -\nDQA),  recepita  a  livello  nazionale  dal  decreto  legislativo  n.\n152/2006 (di seguito, anche TUA - Testo unico ambiente). \n    Tale materia ricade pacificamente  nell\u0027ambito  delle  competenze\nlegislative esclusive statali in materia di  tutela  dell\u0027ambiente  e\ndell\u0027ecosistema, ai sensi  dell\u0027art.  117,  primo  e  secondo  comma,\nlettera s), della Costituzione. \n    Per un verso, l\u0027art. 95 TUA reca  la  disciplina  delle  aree  di\nsalvaguardia delle acque  superficiali  e  sotterranee  destinate  al\nconsumo umano,  definendo,  in  particolare,  la  zona  di  rispetto,\ncircostante la zona di tutela  assoluta,  nella  quale  sono  vietati\nl\u0027insediamento di centri di pericolo e lo  svolgimento  di  attivita\u0027\npuntualmente individuate (comma 4) disponendo, altresi\u0027, che, qualora\nla regione non provveda a definire l\u0027anzidetta zona di  rispetto,  la\nmedesima sia stabilita in 200 metri di raggio rispetto  al  punto  di\ncaptazione e di derivazione (comma 6). \n    Per altro verso, il successivo art. 144 TUA, comma 1,  stabilisce\nche tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche\u0027 non estratte\ndal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. \n    Inoltre, l\u0027art. 12-bis del regio decreto n. 1775/1933,  definisce\ni requisiti per il rilascio delle concessioni e utilizzazioni per  la\nraccolta,  regolazione,  estrazione,  derivazione,   condotta,   uso,\nrestituzione e scolo delle acque, stabilendo che il provvedimento  e\u0027\nrilasciato se: \n        «a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento  degli\nobiettivi di qualita\u0027 definiti per il corso d\u0027acqua  interessato;  b)\ne\u0027 garantito il minimo deflusso vitale e  l\u0027equilibrio  del  bilancio\nidrico; non sussistono possibilita\u0027 di  riutilizzo  di  acque  reflue\ndepurate o provenienti dalla raccolta di acque  piovane  ovvero,  pur\nsussistendo tali possibilita\u0027, il riutilizzo non risulta  sostenibile\nsotto il profilo economico». (comma 1); \n    i commi successivi stabiliscono che: \n        «i volumi d\u0027acqua concessi sono commisurati alle possibilita\u0027\ndi risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare  di\nconcessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantita\u0027  e\nle caratteristiche qualitative dell\u0027acqua  restituita.  Analogamente,\nnei casi di prelievo da falda deve essere garantito l\u0027equilibrio  tra\nil prelievo e la capacita\u0027 di ricarica dell\u0027acquifero, anche al  fine\ndi evitare pericoli di intrusione di  acque  salate  o  inquinate,  e\nquant\u0027altro sia utile in funzione del controllo  del  miglior  regime\ndelle acque» (comma 2); \n    e che l\u0027utilizzo di risorse prelevate  da  sorgenti  o  falde,  o\ncomunque riservate al consumo umano, puo\u0027 essere  assentito  per  usi\ndiversi da quello potabile se: \n        «a) viene garantita la condizione di equilibrio del  bilancio\nidrico per ogni singolo fabbisogno; b) non sussistono possibilita\u0027 di\nriutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla  raccolta  di\nacque  piovane,  oppure,  dove  sussistano  tali   possibilita\u0027,   il\nriutilizzo non risulta sostenibile sotto  il  profilo  economico;  c)\nsussiste adeguata disponibilita\u0027 delle risorse predette e vi  e\u0027  una\naccertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative  di\napprovvigionamento» (comma 3), \n    il  medesimo  decreto  legislativo   n.   152/2006,   dopo   aver\nspecificato, all\u0027art. 75, che: \n        «Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente\nsezione [...] lo Stato esercita le competenze ad esso  spettanti  per\nla tutela dell\u0027ambiente  e  dell\u0027ecosistema  attraverso  il  Ministro\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare,  fatte  salve\nle competenze in materia  igienico-sanitaria  spettanti  al  Ministro\ndella salute»; \n    dispone che: \n        «1. Al fine  della  tutela  e  del  risanamento  delle  acque\nsuperficiali e sotterranee,  la  parte  terza  del  presente  decreto\nindividua gli obiettivi minimi di qualita\u0027  ambientale  per  i  corpi\nidrici significativi  e  gli  obiettivi  di  qualita\u0027  per  specifica\ndestinazione per i corpi idrici di cui all\u0027art. 78, da garantirsi  su\ntutto il territorio nazionale. \n        2. L\u0027obiettivo di qualita\u0027 ambientale e\u0027 definito in funzione\ndella capacita\u0027 dei corpi idrici di mantenere i processi naturali  di\nautodepurazione e di supportare comunita\u0027 animali e vegetali ampie  e\nben diversificate. \n        3.  L\u0027obiettivo  di  qualita\u0027  per   specifica   destinazione\nindividua lo  stato  dei  corpi  idrici  idoneo  ad  una  particolare\nutilizzazione  da  parte  dell\u0027uomo,  alla  vita  dei  pesci  e   dei\nmolluschi» (art. 76, commi 1, 2 e 3); \n    e che: \n        «le regioni possono definire obiettivi di qualita\u0027 ambientale\npiu\u0027 elevati, nonche\u0027 individuare ulteriori  destinazioni  dei  corpi\nidrici e relativi obiettivi di qualita\u0027» (comma 7). \n    In attuazione della parte III del TUA, il  comma  4  dell\u0027art  76\nprevede l\u0027adozione, mediante il Piano di tutela delle acque,  di  cui\nall\u0027art. 121 TUA,  delle  misure  atte  a  conseguire,  entro  il  22\ndicembre 2015, gli obiettivi dallo stesso  comma  previsti,  e  cioe\u0027\nche: \n        «a)  sia  mantenuto  o   raggiunto   per   i   corpi   idrici\nsignificativi superficiali  e  sotterranei  l\u0027obiettivo  di  qualita\u0027\nambientale corrispondente allo stato di \"buono\"; \n        b) sia mantenuto, ove gia\u0027 esistente, lo  stato  di  qualita\u0027\nambientale \"elevato\" come definito nell\u0027allegato 1 alla  parte  terza\ndel decreto legislativo; \n        c) siano mantenuti o raggiunti altresi\u0027 per i corpi idrici  a\nspecifica destinazione di cui all\u0027art. 79 gli obiettivi  di  qualita\u0027\nper specifica destinazione di cui all\u0027allegato 2 alla parte terza del\npresente decreto, salvi  i  termini  di  adempimento  previsti  dalla\nnormativa previgente». \n    Interessa  evidenziare  che  il  Piano  di  tutela  delle   acque\ncostituisce uno specifico piano  di  settore,  articolato  secondo  i\ncontenuti elencati nell\u0027art. 121 TUA, nonche\u0027 secondo  le  specifiche\nindicate nella parte B dell\u0027allegato 4 alla parte  III  del  medesimo\nprovvedimento. \n    Tale piano di tutela contiene, in particolare: \n        a) i risultati dell\u0027attivita\u0027 conoscitiva; \n        b) l\u0027individuazione degli obiettivi di qualita\u0027 ambientale  e\nper specifica destinazione; \n        c) l\u0027elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle\naree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall\u0027inquinamento e\ndi risanamento; \n        d) le misure di tutela qualitative e  quantitative  tra  loro\nintegrate e coordinate per bacino idrografico; \n        e) l\u0027indicazione della cadenza temporale degli  interventi  e\ndelle relative priorita\u0027; \n        f) il programma di verifica dell\u0027efficacia  degli  interventi\nprevisti; \n        g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici. \n    Ebbene, la riduzione  della  quota  calcolata  per  garantire  il\ndeflusso ecologico  prevista  dall\u0027art.  34,  comma  2,  della  legge\nregionale in esame consente un aumento dei prelievi sul singolo corso\nd\u0027acqua; sennonche\u0027, tale valutazione - del  tutto  priva  di  idonei\nparametri  tecnico-scientifici  -  non  afferisce   alla   competenza\nregionale, poiche\u0027 la sede deputata  a  compiere  tale  ponderazione,\nsecondo un riparto delle competenze costituzionalmente  corretto,  e\u0027\nquella pianificatoria, come stabilito dagli articoli 76, comma  4,  e\n121, comma 4, del decreto legislativo n.  152/2006  in  relazione  al\nPiano di tutela delle acque, e dall\u0027art. 95 con riferimento al  Piano\ndi bilancio idrico. \n    In proposito, e\u0027 sufficiente richiamare la pronuncia della  Corte\ncostituzionale n. 229/2017, a tenore della quale: \n        «Secondo la giurisprudenza costituzionale, le disposizioni in\nmateria di tutela delle acque contenute  principalmente  nella  parte\nIII del decreto legislativo n. 152 del  2006,  intitolata  \"Norme  in\nmateria di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di  tutela\ndelle acque dall\u0027inquinamento e di gestione delle risorse idriche\" e,\nin particolare, nella sua sezione II intitolata \"Tutela  delle  acque\ndall\u0027inquinamento\" sono  riconducibili  alla  materia  della  \"tutela\ndell\u0027ambiente\",  attribuita  alla  competenza  legislativa  esclusiva\ndello Stato ai sensi dell\u0027art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.\nSi tratta, infatti, \"di disposizioni aventi finalita\u0027 di  prevenzione\ne  riduzione  dell\u0027inquinamento,   risanamento   dei   corpi   idrici\ninquinati, miglioramento dello stato delle  acque,  perseguimento  di\nusi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, mantenimento  della\ncapacita\u0027 naturale  di  autodepurazione  dei  corpi  idrici  e  della\ncapacita\u0027  di  sostenere  comunita\u0027  animali  e  vegetali   ampie   e\ndiversificate, mitigazione degli effetti delle  inondazioni  e  della\nsiccita\u0027, protezione e miglioramento  dello  stato  degli  ecosistemi\nacquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente\ndipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno\nidrico. Sono scopi  che  attengono  direttamente  alla  tutela  delle\ncondizioni intrinseche dei corpi idrici  e  che  mirano  a  garantire\ndeterminati livelli qualitativi e quantitativi delle acque\" (sentenza\nn. 254 del 2009; in senso analogo, sentenza n. 246 del 2009)». \n    Con piu\u0027 specifico riferimento al Piano regionale di tutela delle\nacque, la stessa Corte costituzionale, con la successiva sentenza  n.\n153/2019, dopo aver svolto: \n        «una  sintetica   descrizione   del   quadro   normativo   di\nriferimento. L\u0027art. 121 del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006\ndisciplina il piano regionale di tutela  delle  acque,  il  quale  si\naggiunge al piano di bacino distrettuale (art.  65)  e  al  piano  di\ngestione (art. 117). Il piano delle acque e\u0027 approvato  all\u0027esito  di\nun  complesso  procedimento,  articolato  nelle  seguenti  fasi:  \"le\nAutorita\u0027 di bacino, nel contesto delle attivita\u0027 di pianificazione o\nmediante appositi atti  di  indirizzo  e  coordinamento,  sentiti  le\nprovince e gli enti di Governo dell\u0027ambito, definiscono gli obiettivi\nsu scala di distretto cui devono attenersi i piani  di  tutela  delle\nacque, nonche\u0027 le priorita\u0027 degli interventi\"; \"le  regioni,  sentite\nle province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia,\nadottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono al Ministero\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare  nonche\u0027  alle\ncompetenti Autorita\u0027 di  bacino,  per  le  verifiche  di  competenza\"\n(comma 2); \"le Autorita\u0027 di  bacino  verificano  la  conformita\u0027  del\npiano agli  atti  di  pianificazione  o  agli  atti  di  indirizzo  e\ncoordinamento di cui al comma 2, esprimendo  parere  vincolante\";  le\nRegioni approvano il Piano di tutela \"entro i  successivi  sei  mesi\"\n(comma 5).»; \n    ha puntualizzato che: \n        «Questa procedura, che vede l\u0027intervento  delle  regioni  sia\nnella  fase  dell\u0027adozione  del  piano  sia  in  quella   della   sua\napprovazione  definitiva,  e\u0027  interamente  disciplinata  nel  codice\ndell\u0027ambiente,  sull\u0027assunto  della  sua  inerenza  alla   competenza\nlegislativa statale in  materia  di  \"tutela  dell\u0027ambiente\".  Questo\nassunto non e\u0027 stato smentito  dalla  giurisprudenza  costituzionale,\nche ha ricondotto a tale materia la normativa sulle acque, in  quanto\npreordinata segnatamente alla loro tutela (in questo senso,  sentenze\nn. 229 del 2017 e n. 86 del  2014),  osservando  in  particolare  che\n\"[i]l riparto delle competenze  [...]  dipende  proprio  dalla  [...]\ndistinzione tra uso delle acque minerali  e  termali,  di  competenza\nregionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque,  che  e\u0027\ndi competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma\nsecondo, lettera s), della Costituzione» (sentenza n. 1 del 2010)»; \n    concludendo e ricordando che: \n        «Con specifico riferimento al piano di  tutela  delle  acque,\nquesta  Corte  ha  affermato  che  esso  costituisce  uno  \"strumento\nfondamentale di programmazione,  attuazione  e  controllo  [...]  per\nl\u0027individuazione degli obiettivi minimi di qualita\u0027 ambientale per  i\ncorpi idrici\", la cui disciplina rientra nella competenza legislativa\nstatale in materia di \"tutela  dell\u0027ambiente\"  (sentenza  n.  44  del\n2011; nello stesso senso, sentenze n. 254, n. 251, n. 246  e  n.  232\ndel 2009)». \n    In questo quadro, «Le regioni possono  adottare  le  prescrizioni\ndel piano di tutela delle acque che  ritengono  opportune  alla  luce\ndegli obiettivi indicati dalle  autorita\u0027  di  bacino  e  sempre  nel\nrispetto del quadro normativo definito dagli articoli 95,  96  e  121\ndel decreto legislativo n. 152 del 2006. Inoltre, le regioni  possono\nanche decidere di prevedere o no eventuali  misure  di  salvaguardia.\nCio\u0027 che e\u0027, invece, precluso alle  regioni  e\u0027  di  intervenire  con\nlegge per escludere o  circoscrivere  l\u0027ambito  di  operativita\u0027  del\npiano stesso, giacche\u0027  cio\u0027  comporterebbe  l\u0027elusione  -  totale  o\nparziale  -  del  vincolo  della  legge  statale,  espressione  della\ncompetenza esclusiva in materia di  tutela  delle  acque,  funzionale\nalla  garanzia  delle  esigenze  unitarie  cui  e\u0027   preordinata   la\nindividuazione degli obiettivi minimi di qualita\u0027  ambientale  per  i\ncorpi idrici. \n    Con l\u0027art. 34, comma 2,  della  legge  regionale  n.  9/2025,  la\nRegione Piemonte ha, dunque, violato  il  riparto  di  competenze  in\nmateria di tutela delle acque, poiche\u0027 e\u0027 intervenuta sull\u0027ambito  di\noperativita\u0027 degli strumenti di tutela dell\u0027idrosfera  fissati  dallo\nStato  nell\u0027esercizio  delle  competenze  legislative  esclusive   in\nmateria di tutela dell\u0027ambiente e dell\u0027ecosistema,  di  cui  all\u0027art.\n117, secondo comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  nella  quale\nrientrano la  garanzia  del  livello  di  deflusso  ecologico  e,  in\ngenerale, le misure poste a  presidio  dell\u0027equilibrio  del  bilancio\nidrico. \n    Alla  legislazione  regionale   e   provinciale   e\u0027   consentito\nunicamente,  invece,  nell\u0027esercizio  di  una   diversa   competenza,\nincrementare  i  livelli  di  tutela  gia\u0027  fissati  dal  legislatore\nstatale; categoria di interventi nella quale non  rientra  certamente\nla previsione del censurato art. 34. \n    Come chiarito dalla Corte costituzionale: \n        «la garanzia del minimo deflusso vitale del corpo idrico,  in\nquanto volta ad evitare l\u0027esaurimento  della  fonte,  deve  ritenersi\nconcernere la \"conservazione\" del bene acqua e non il  mero  utilizzo\ndella stessa, con la conseguenza  che  la  relativa  disciplina  deve\nconsiderarsi attratta nella  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai\nsensi dell\u0027art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., relativa  alla\ntutela dell\u0027ambiente. Sul punto va richiamata  la  giurisprudenza  di\nquesta Corte (sentenza n. 1 del 2010), secondo cui il  riparto  delle\ncompetenze tra Stato e Regioni in  materia  di  acque  dipende  dalla\ndistinzione tra uso delle acque minerali  e  termali,  di  competenza\nregionale residuale, e tutela ambientale delle stesse acque,  che  e\u0027\ndi competenza esclusiva statale, ai sensi del vigente art. 117, comma\nsecondo, lettera s), della Costituzione. Si  tratta  di  un  evidente\nconcorso di  competenze  sullo  stesso  bene  (le  acque  minerali  e\ntermali), competenze che riguardano, per quanto attiene alle Regioni,\nl\u0027utilizzazione del bene e, per quanto attiene allo Stato, la  tutela\no conservazione del bene stesso (sentenze n. 225 del 2009  e  n.  105\ndel 2008)» (Corte Cost. sentenza n. 28/2013). \n    Per quanto detto, emerge come  la  disposizione  in  commento  si\nponga in contrasto, oltre che con il principio di non  deterioramento\ndei corpi idrici superficiali, nonche\u0027, in  questi  termini,  con  il\nprevalente interesse pubblico nella gestione della risorsa  pubblica,\nanche con l\u0027art. 4 della  direttiva  2000/60/CE  e,  dunque,  con  il\nparametro costituzionale di cui  all\u0027art.  117,  primo  comma,  della\nCostituzione. \n    Per  le   suesposte   considerazioni   l\u0027impugnata   disposizione\ncontrasta con gli articoli 95, commi 4 e 6, e 144, comma  1,  decreto\nlegislativo n. 152/2006, nonche\u0027 con l\u0027art. 12-bis del regio  decreto\nn.  1775/1933,  recante   «Approvazione   del   testo   unico   delle\ndisposizioni di legge sulle acque e sugli impianti  elettrici»,  come\nsostituito  dall\u0027art.  96,  comma  3,  del  decreto  legislativo   n.\n152/2006, e infine con le disposizioni degli articoli 76, comma 4,  e\n121, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006, e anche con l\u0027art.\n4 della direttiva 2000/60/CE, che costituiscono normativa  interposta\nal parametro costituzionale di cui  all\u0027art.  117,  primo  e  secondo\ncomma, lettera s), della Costituzione. \n    2. Illegittimita\u0027 dell\u0027art 50, commi 1 e  2,  della  legge  della\nRegione Piemonte  n.  9  dell\u00278  luglio  2025  per  violazione  degli\narticoli 9 e 117, secondo comma, lettera s) Cost. in  relazione  agli\narticoli 134, comma 1, lettera  c),  135,  comma  1,  142,  comma  1,\nlettera f), e 143, comma 2, del «Codice  dei  beni  culturali  e  del\npaesaggio» di cui al decreto legislazione  22  gennaio  2004,  n.  42\nnonche\u0027 agli articoli 3 e 18 delle norme di attuazione del piano reg.\nvigente (NTA) e all\u0027art. 22 della legge n. 394/1991. \n    Merita di essere censurato anche l\u0027art. 50 della legge  regionale\nin esame che dispone: \n        «1. Il n. 26 dell\u0027allegato A (Cartografie delle aree naturali\nprotette regionali, delle aree contigue  e  delle  zone  naturali  di\nsalvaguardia) della legge regionale  n.  19/2009  e\u0027  sostituito  dal\nseguente: \n          \"26) Parco naturale del  Monte  Fenera  -  scala  1:25.000\"\n(allegato 1); \n        2. Il n. 90 dell\u0027allegato A della legge regionale n.  19/2009\ne\u0027 sostituito dal seguente: \n          \"90) aree naturali protette e area  contigua  della  fascia\nfluviale del Po - Torino Ovest -  scala  1:25.000:  -  Area  contigua\ndella fascia fluviale del Po piemontese\" (allegato 2)». \n    Invero, dalle cartografie allegate alla legge, e  di  essa  parte\nintegrante, emerge una riduzione dei perimetri  delle  aree  tutelate\nivi individuate. \n    Al riguardo, occorre evidenziare che  le  aree  considerate  sono\nbeni che, in quanto soggetti a tutela ambientale speciale, sono anche\n«di  interesse  paesaggistico»  ai  sensi  delle  disposizioni  degli\narticoli 134, comma 1, lettera c), e 142, comma 1,  lettera  f),  del\n«Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»  di  cui  al  decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42. \n    Essendo vigente il Piano paesaggistico  regionale  della  Regione\nPiemonte, per eventuali revisioni dei suddetti perimetri e dei  Piani\ndi parchi ed  aree  naturali  protette,  agli  effetti  della  tutela\npaesaggistica,   la    legge    statale    richiede    l\u0027obbligatorio\ncoinvolgimento del Ministero della cultura, secondo quanto  stabilito\ndagli articoli 135, comma 1, e 143, comma 2, del citato codice.  Tale\nassetto  normativo  risulta  pienamente  coerente   con   la   logica\nincrementale dei beni paesaggistici che caratterizza  il  Codice  dei\nbeni culturali e  del  paesaggio,  nel  quale  non  e\u0027  prevista  una\ndisciplina per la revisione o eliminazione dei beni paesaggistici. \n    Al riguardo, codesta Corte costituzionale,  con  la  sentenza  n.\n164/2021  -  con  la  quale  e\u0027  stato  rigettato  il  conflitto   di\nattribuzione proposto dalla  Regione  del  Veneto  e  dichiarato  che\nspetta allo Stato adottare il decreto di  dichiarazione  di  notevole\ninteresse pubblico di un\u0027area ricadente nel territorio regionale - ha\nrappresentato che: \n        «Il legislatore ordinario si  e\u0027  percio\u0027  ispirato  in  tale\nmateria (la tutela paesaggistica) ad una  logica  incrementale  delle\ntutele che e\u0027 del tutto  conforme  al  carattere  primario  del  bene\nambientale, cui peraltro  si  riferisce,  collocato  fra  i  principi\nfondamentali della Repubblica, l\u0027art. 9 Cost. (sentenze  n.  367  del\n2007, n. 183 del 2006, n. 641 del 1987 e n. 151 del 1986)». \n    Tale  logica,  dal  lato   della   Regione,   opera   sul   piano\nprocedimentale per addizione, e mai per sottrazione, nel senso che la\ncompetenza regionale puo\u0027 essere spesa al solo fine di arricchire  il\ncatalogo dei beni paesaggistici, in virtu\u0027 della  conoscenza  che  ne\nabbia l\u0027autorita\u0027 piu\u0027 vicina al territorio ove essi sorgono,  e  non\ngia\u0027 di alleggerirlo in  forza  di  considerazioni  confliggenti  con\nquelle assunte dallo  Stato,  o  comunque  mosse  dalla  volonta\u0027  di\naffermare  la  prevalenza  di   interessi   opposti,   facenti   capo\nall\u0027autonomia regionale, come accade  nel  settore  del  Governo  del\nterritorio. \n    Per questa ragione, e\u0027 conforme al riparto  costituzionale  delle\ncompetenze che il piano paesaggistico regionale - ove non sia la sede\ndi diversi apprezzamenti legati anche alla dimensione urbanistica del\nterritorio - e\u0027 tenuto a recepire le scelte di tutela  paesaggistica,\nsenza capacita\u0027 di alterarle  neppur  sul  piano  delle  prescrizioni\nd\u0027uso. Altrimenti, esso potrebbe divenire l\u0027occasione per ridurre  lo\nstandard di tutela dell\u0027ambiente in forza  di  interessi  divergenti,\nanziche\u0027  la  sede  deputata  a  collocare   armonicamente   siffatti\ninteressi sub  valenti  nella  cornice  gia\u0027  intagliata  secondo  la\npreminente prospettiva della conservazione del paesaggio. L\u0027occasione\nvale a  dire,  per  degradare  \"la  tutela  paesaggistica  -  che  e\u0027\nprevalente - in una tutela meramente urbanistica\"». (sentenza n.  437\ndel 2008). \n    Considerato quanto sopra, occorre  osservare  come  l\u0027obbligo  di\nco-pianificazione con il Ministero, gia\u0027 previsto nel Codice dei beni\nculturali e del paesaggio all\u0027art. 143, comma 2, del  citato  codice,\nin particolare nell\u0027ipotesi  di  una  de-perimetrazione,  deriva  dal\nPiano Paesaggistico  Regionale  (PPR)  e  da  quanto  disposto  dagli\narticoli 3 e 18 delle norme di attuazione del Piano vigente (NTA). \n    In particolare, l\u0027art. 3 delle NTA («Ruolo del Ppr e rapporti con\ni piani e i programmi territoriali») dispone che: \n        «2. Le previsioni del  Ppr,  quadro  di  riferimento  per  la\ntutela e la valorizzazione  del  paesaggio  regionale,  costituiscono\nmisure di coordinamento e riferimento  per  tutti  gli  strumenti  di\npianificazione  territoriale,  urbanistica  e  di  settore,  ad  ogni\nlivello. \n        3. Il Ppr, per quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,\ncontiene altresi\u0027 previsioni cogenti e immediatamente prevalenti  per\ntutti gli strumenti generali e settoriali di Governo  del  territorio\nalle diverse scale, compresi i piani d\u0027area delle aree protette,  che\nprevalgono  sulle  disposizioni  eventualmente  incompatibili,  fatte\nsalve le disposizioni normative e le previsioni dei piani finalizzate\na garantire la riduzione del rischio idrogeologico dei  luoghi  e  la\nsicurezza delle persone. \n        [...] \n        5. Il Ppr riconosce, in quanto coerenti con le previsioni  di\ntutela paesaggistica delle presenti  norme,  i  contenuti  dei  piani\npaesistici o territoriali a valenza paesaggistica regionali,  di  cui\nal seguente elenco, approvati  secondo  la  previgente  normativa  di\nsettore: \n          Ptr - Area di approfondimento Ovest-Ticino,  approvato  con\nDCR n. 417- 11196 del 23 luglio 1997; \n          Piano paesistico di una parte del territorio del Comune  di\nPragelato, approvato con DCR n. 614-7539 del 4 maggio 1993; \n          Piano paesistico di una parte del territorio del Comune  di\nSan Maurizio D\u0027Opaglio, approvato con DCR n. 220-2997 del 29  gennaio\n2002; \n          Piano  paesistico  della  Zona  di  salvaguardia  dell\u0027Alpe\nDevero, approvato con DCR  n.  618-  3421  del  24  febbraio  2000  e\nmodificato con DCR n. 226-5745 del 19 febbraio 2002. \n        Tali strumenti sono sottoposti alla verifica  di  conformita\u0027\nal Ppr attuata congiuntamente tra  il  Ministero  dei  beni  e  delle\nattivita\u0027 culturali e del Turismo, di seguito denominato Ministero, e\nla Regione entro dodici mesi dall\u0027approvazione  del  Ppr,  a  seguito\ndella quale si provvedera\u0027, se del caso, all\u0027eventuale adeguamento  e\nal riconoscimento del loro valore attuativo del Ppr. \n        [...] \n        9. Fino alla verifica o all\u0027adeguamento al Ppr dei  piani  di\ncui ai commi  5,  6  e  7,  si  applicano  le  disposizioni  in  essi\ncontenute, se non in contrasto con le prescrizioni del Ppr stesso». \n    Al riguardo, occorre segnalare la natura sottordinata  del  Piano\ndel Parco rispetto al  PPR,  come  confermato  da  ormai  consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale  (sent.  n.  108/2008)  e  da   ultimo\nsentenza n. 276/2020, ove si afferma che: \n        «E\u0027 decisivo, infine, che l\u0027art. 25,  comma  2,  della  legge\nquadro (legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante  \"Legge  quadro  sulle\naree protette\" stabilisca che il piano del parco regionale ha  valore\nanche  [...]  di  piano  urbanistico  e  sostituisce  i  piani  [...]\nurbanistici \"di qualsiasi livello\", statuendo cosi\u0027 espressamente che\ngli strumenti urbanistici \"di qualsiasi livello\" cedono il  passo  al\npiano del parco, con una norma che, come questa Corte ha recentemente\nchiarito, rappresenta \"uno standard uniforme  di  tutela  ambientale\"\n(sentenza  n.  134  del  2020).  Puo\u0027  essere  utile  ricordare   che\nun\u0027analoga  regola  di  prevalenza  dei  valori  paesaggistici  sulle\ndisposizioni  difformi  eventualmente   contenute   negli   strumenti\nurbanistici e\u0027 stabilita dagli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3,\ndel decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni\nculturali e del paesaggio, ai sensi dell\u0027art. 10 della legge 6 luglio\n2002, n. 137), con una previsione che puo\u0027 essere riferita  anche  ai\nparchi regionali, in quanto aree di interesse paesaggistico, tutelate\nper legge, in base all\u0027art. 142,  comma  1,  lettera  f),  cod.  beni\nculturali. Questa Corte, dichiarando  costituzionalmente  illegittima\nuna  disposizione  legislativa  regionale  che  aveva  invertito   il\nrapporto  tra  piano  paesaggistico  regionale  e  piano  urbanistico\ncomunale, facendo prevalere il secondo sul primo (sentenza n. 86  del\n2019; nello stesso senso la sentenza n. 172 del 2018),  ha  affermato\nche «[i]l codice dei beni culturali e del paesaggio definisce dunque,\ncon efficacia vincolante anche per le  regioni,  i  rapporti  tra  le\nprescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni  di  carattere\nurbanistico ed edilizio - sia contenute in un atto di pianificazione,\nsia espresse in atti autorizzativi  puntuali,  come  il  permesso  di\ncostruire -  secondo  un  modello  di  prevalenza  delle  prime,  non\nalterabile ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 11 del\n2016). \n    Sulla  possibilita\u0027  di  incidere  sul   perimetro   dei   parchi\nregionali, la citata sentenza n. 276/2020 ha chiarito che: \n        «la modifica del perimetro dei parchi regionali puo\u0027 avvenire\nsia con legge  regionale,  nel  rispetto  del  procedimento  regolato\ndall\u0027art. 22 della legge n. 394 del 1991 - spettando poi al piano del\nparco di precisare la disciplina della nuova area tutelata -  sia  in\nsede  di  adozione  o  modifica  del  piano  del  parco.  Qualora  la\nlegislazione  regionale  incida  sulle  aree  protette  (siano   esse\nnazionali o regionali), deve  conformarsi  ai  principi  fondamentali\ncontenuti nella legge quadro n. 394 del 1991, la quale  -  ricondotta\nalla materia \"tutela dell\u0027ambiente e  dell\u0027ecosistema\"  -  detta  gli\nstandard  minimi  uniformi  di  tutela,  che   le   Regioni   possono\naccompagnare con un surplus di tutela,  ma  non  derogare  in  peius»\n(Precedenti citati: sentenze n. 134 del 2020, n. 43 del 2020, n.  290\ndel 2019, n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 del 2017  e  n.  14\ndel 2012). \n    Venendo al citato art. 18 delle NTA («Aree  naturali  protette  e\naltre  aree  di  conservazione  della  biodiversita\u0027»),  quest\u0027ultimo\ndispone che: \n        «1. Il Ppr  riconosce  e  individua  alla  Tavola  P2  e  nel\ncatalogo di cui all\u0027art. 4, comma  1,  lettera  c.,  i  parchi  e  le\nriserve di  cui  all\u0027art.  142,  comma  1,  lettera  f.  del  codice,\nassoggettati   alla   disciplina   in   materia   di   autorizzazione\npaesaggistica, per i quali si applicano le presenti norme: \n          a. i parchi nazionali e regionali, nonche\u0027 i  territori  di\nprotezione esterna dei parchi, quali le aree contigue; \n          b. le riserve nazionali e regionali. \n        Ai   fini   dell\u0027individuazione   dei   territori    soggetti\nall\u0027autorizzazione paesaggistica di cui all\u0027art. 146 del  codice,  in\nquanto compresi nelle aree di cui alle lettere a.  e  b.,  valgono  i\nconfini definiti  dalla  legge  regionale  n.  19/2009  e  successive\nmodificazioni ed integrazioni e dai  provvedimenti  istitutivi  delle\naree protette nazionali.». \n    Da quanto evidenziato, deriva che le modifiche  dei  confini  del\nParco naturale del Monte  Fenera,  delle  aree  naturali  protette  e\ndell\u0027area  contigua  della  fascia  fluviale  del  Po-Torino   Ovest,\napportate nella legge in esame dalla Regione - che si e\u0027 limitata  ad\nallegare, all\u0027art. 50, le due cartografie (Parco naturale  del  Monte\nFenera; aree naturali protette e area contigua della fascia  fluviale\ndel Po-Torino Ovest)  -  introducono  una  modifica  unilaterale  del\nperimetro delle aree soggette a tutela paesaggistica. \n    Per quanto la normativa statale distingua nettamente  l\u0027attivita\u0027\ndi classificazione e  di  istituzione  dei  parchi  e  delle  riserve\nnaturali  di  interesse  regionale   e   locale   dall\u0027attivita\u0027   di\nelaborazione dei piani paesaggistici regionali (cfr. citata  sentenza\ndella Corte costituzionale n. 276/2020), nel caso di  specie  il  PPR\ndel Piemonte rinvia, quanto alla  perimetrazione,  alle  disposizioni\ncontenute nella legge regionale n. 19/2009. \n    Di talche\u0027, con  la  modifica  unilaterale  della  perimetrazione\ndelle  aree  interessate  apportata  dall\u0027art.   50,   si   determina\nautomaticamente una variazione, in diminuzione, delle aree soggette a\ntutela   paesaggistica,    in    violazione    del    principio    di\nco-pianificazione di cui agli articoli 135 e 143 del Codice dei  beni\nculturali e del paesaggio. \n    Conseguentemente, la previsione contenuta nell\u0027art. 50 si pone in\ncontrasto con gli articoli 134, comma 1, lettera c), 135, comma 1,  e\n142, comma 1, lettera  f),  e  143,  comma  2,  del  Codice  dei  bei\nculturali e del paesaggio di cui al decreto  legislativo  n.  42  del\n2004, normativa interposta al cosi\u0027 violato parametro  costituzionale\ndi cui agli articoli 9  e  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della\nCostituzione. \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  propone  il  presente\nricorso e confida nell\u0027accoglimento delle seguenti conclusioni. \n    Voglia     l\u0027Ecc.ma     Corte      costituzionale      dichiarare\ncostituzionalmente illegittimi gli articoli 34, comma 2 e 50, commi 1\ne  2,  della  legge  Regione  Piemonte  dell\u00278  luglio  2025,  n.  9,\npubblicata nel BUR n. 28 del 10 luglio 2025, recante  «Legge  annuale\ndi riordino dell\u0027ordinamento regionale. Anno  2025»,  per  violazione\ndell\u0027art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione,\nin relazione agli articoli 76, commi 1, 2, 3, 4 e 7; 95, commi 4 e 6;\n121, comma 4; 144, comma 1; alla parte B dell\u0027allegato 4  alla  parte\nIII del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152;  all\u0027art.  12-bis\ndel regio decreto 11 dicembre 1933, n.  1775,  recante  «Approvazione\ndel testo unico delle disposizioni  di  legge  sulle  acque  e  sugli\nimpianti elettrici», come  sostituito  dall\u0027art.  96,  comma  3,  del\ndecreto  legislativo  n.  152/2006;  all\u0027art.   4   della   direttiva\n2000/60/CE; degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera  s)  della\nCostituzione, in relazione agli articoli 134, comma  1,  lettera  c),\n135, comma 1, 142, comma 1, lettera f) e 143, comma  2,  del  «Codice\ndei beni culturali e del paesaggio», di cui al decreto legislativo 22\ngennaio 2004, n. 42, agli articoli 3 e 18 delle norme  di  attuazione\ndel Piano reg. vigente (NTA) e all\u0027art. 22 della legge n. 394/1991. \n    Si producono: \n        1) copia della legge regionale impugnata; \n        2) copia conforme della delibera del Consiglio  dei  ministri\nadottata  nella  riunione  del   4   settembre   2025,   recante   la\ndeterminazione di proposizione del  presente  ricorso,  con  allegata\nrelazione illustrativa. \n    Roma, 5 settembre 2025 \n \n                    L\u0027Avvocato dello Stato: Spina","elencoResistenti":[{"nominativo":"Regione Piemonte","contenzioso":"","deposito_cost":"29/09/2025"}],"elencoNorme":[{"codice_legge":"lrpi","articolo_legge":"34","data_legge":"08/07/2025","data_nir":"2025-07-08","numero_legge":"9","comma":"2","denominazione_legge":"legge della Regione Piemonte","denominazione_nesso":"","denominazione_attributo":"","id":"24936","unique_identifier":""},{"codice_legge":"lrpi","articolo_legge":"50","data_legge":"08/07/2025","data_nir":"2025-07-08","numero_legge":"9","comma":"1","denominazione_legge":"legge 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