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Diego Pinto Presidente rel.; \n        dott. Elena Gelato consigliere; \n        dott. Maria Aversano consigliere, \nriunito in Camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza. \n    Nelle cause civili in grado di appello riunite iscritte al  Ruolo\ngenerale  affari  contenziosi  al  numero   24/2021   e   214/21   in\ndeliberazione all\u0027udienza del 26 febbraio 2025 tra: \n        Agenzia delle entrate (06363391001); \n        Ministero del lavoro e delle politiche sociali (80237250586); \n        Ministero dell\u0027economia e delle finanze (80207790587); \n        Avvocatura generale dello Stato e \n        Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi\nprofessionisti - CIPAG (80032590582); \n        Avv.ti Valerio Onida e Barbara Randazzo. \n \n                               Oggetto \n \n        Appello avverso la sentenza n. 8314/2020 emessa dal Tribunale\ndi Roma. \n \n                       Motivi della decisione \n \n    1. Agenzia delle entrate, Ministero del lavoro e delle  politiche\nsociali e Ministero delle finanze hanno proposto appello  avverso  la\nsentenza in oggetto con la  quale  il  Tribunale  di  Roma  ha  cosi\u0027\nstatuito: «1) rigetta la domanda proposta da  parte  attrice  in  via\nprincipale; 2) accerta e dichiara che  non  rientrano  tra  le  spese\nsostenute da parte attrice per  consumi  intermedi,  con  conseguente\nesclusione dalla base imponibile da  assumere  ai  fini  del  calcolo\ndelle somme da riversare al  bilancio  dello  Stato  in  applicazione\ndell\u0027art. 1, comma 417, legge n.  147/2013,  le  seguenti  spese:  a)\nspese sostenute dagli organi di amministrazione per recarsi presso la\nsede istituzionale della Cassa; b) spese sostenute  per  accertamenti\nsanitari  necessarie  per  il  funzionamento  delle  commissioni  per\nl\u0027accertamento della inabilita\u0027 e della  invalidita\u0027  ai  fini  della\nconcessione  del  relativo  trattamento   pensionistico;   c)   spese\nsostenute per le attivita\u0027 svolte  dalle  articolazioni  territoriali\ndella  Cassa,  in  forma  decentrata  per  lo  svolgimento  di   fini\nistituzionali; d) spese sostenute per compenso  alla  societa\u0027  Groma\ns.r.l. limitatamente alle  spese  per  la  manutenzione  ordinaria  e\nstraordinaria  di  immobili  da  reddito;  e)  spese  sostenute   per\nincarichi professionali e assicurazioni se relativi  ad  immobili  da\nreddito; 3) compensa le spese del giudizio tra le parti.» \n    Anche la CIPAG-Cassa italiana di  previdenza  ed  assistenza  dei\ngeometri liberi professionisti ha proposto appello avverso la  stessa\nsentenza. \n    In entrambi i giudizi gli appellati  hanno  chiesto  comunque  il\nrigetto degli appelli proposti nei propri confronti. \n    Riuniti i procedimenti, precisate le conclusioni all\u0027udienza  del\n13 novembre 2024, la causa e\u0027 stata trattenuta  in  decisione  con  i\ntermini di cui all\u0027art. 190 del codice di procedura civile. La  causa\ne\u0027 stata rimessa sul ruolo, a causa del trasferimento del Consigliere\nrelatore ad altro ufficio intervenuto medio tempore. \n    All\u0027udienza  del  22  gennaio  2025,  precisate   nuovamente   le\nconclusioni, le parti hanno rinunziato ai termini di cui all\u0027art. 190\nc.p.c, ma hanno chiesto la discussione orale della causa ex art. 352,\nsecondo comma, codice di procedura civile previgente. \n    Dopo la discussione all\u0027udienza sopra indicata, la causa e\u0027 stata\ntrattenuta quindi in decisione. \n    2. La vicenda processuale e\u0027 stata  riassunta  come  segue  nella\nsentenza impugnata. \n        «Con  atto  di  citazione  ritualmente  notificato  la  Cassa\nitaliana   di   previdenza   e   assistenza   dei   geometri   liberi\nprofessionisti (di seguito per brevita\u0027 Cassa) conveniva in giudizio,\ndinanzi  a  questo  Tribunale,  i  convenuti  indicati  in  epigrafe,\nchiedendo che fosse accertato il diritto della Cassa alla ripetizione\ndei riversamenti dei  risparmi  di  spesa  per  i  consumi  intermedi\neffettuati, per gli anni 2014, 2015 e 2016, al bilancio dello Stato a\nnorma dell\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013, in applicazione  del\nprincipio di diritto sancito dalla sentenza  n.  7/2017  della  Corte\ncostituzionale, con condanna  delle  amministrazioni  convenute  alla\nrestituzione di quanto indebitamente percepito, per un  importo  pari\nad  euro  2.373.756,30,  oltre  rivalutazione  ed  interessi  e  \"ove\noccorra, rimettendo in via incidentale alla Corte costituzionale,  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1, comma 417 della\nlegge n. 147/2013 in relazione agli articoli 2, 3, 18, 3, 36, 38 e 97\ndella Costituzione. \n        Chiedeva,  in  subordine,  al  Tribunale   di   accertare   e\ndichiarare che le spese sostenute dagli organi di amministrazione per\nrecarsi presso la sede  istituzionale  della  Cassa  e  altre  spese,\nanaliticamente indicate nell\u0027atto introduttivo,  non  rientrando  tra\nquelle per consumi intermedi, dovevano essere escluse dal  imponibile\nposto a base del calcolo delle somme da riversare al  bilancio  dello\nStato  in  applicazione  dell\u0027art.  1,  comma  417,  della  legge  di\nStabilita\u0027 2014 (legge n. 147/2013). \n        A tal fine esponeva: - che la Cassa era un ente previdenziale\nprivatizzato ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509,\nvigilato dal Ministero del lavoro e delle  politiche  sociali  e  dal\nMinistero dell\u0027economia e  delle  finanze;  -  che  la  medesima  era\npresente nell\u0027elenco delle  pubbliche  amministrazioni  inserite  nel\nc.d. «conto economico dello Stato», come  individuate  dall\u0027Istat  ex\nart. 1, legge 30 dicembre 2009,  n.  196  (legge  di  contabilita\u0027  e\nfinanza pubblica); - che gli enti  previdenziali  privatizzati  erano\nstati assoggettati alle norme  di  «spending  review»,  ivi  compresa\nquella di cui all\u0027art. 8, comma 3,  decreto-legge  n.  95  del  2012,\nnorma che la Corte costituzionale, con sentenza dell\u002711 gennaio  2017\nn. 7, aveva dichiarato incostituzionale nella parte in cui  prevedeva\nche le somme derivanti dalle riduzioni di spesa ivi previste  fossero\nversate annualmente ad apposito  capitolo  di  entrata  del  bilancio\ndello Stato; - che con tale pronuncia la Corte  aveva  censurato,  in\nvia  di  principio,  la  scelta  del  legislatore   di   imporre   il\nriversamento delle somme derivanti dal risparmio di spesa di tutte le\nCasse privatizzate al bilancio  dello  Stato;  -  che  pertanto  tale\ncensura di incostituzionalita\u0027 aveva prodotto  conseguenze  caducanti\nanche sulla norma di cui all\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013  in\nbase  alla  quale  la  Cassa,   su   richiesta   dell\u0027Amministrazione\nministeriale, aveva provveduto a riversare al bilancio  dello  Stato,\ncon  riserva  di   ripetizione,   l\u0027importo   complessivo   di   euro\n2.373.756,30 per gli anni  2014,  2015  e  2016;  -  che  la  lettura\ncostituzionalmente orientata del richiamato art. 1, comma 417,  legge\nn.  147/2013  doveva  indurre  a  ritenere  l\u0027autonomia   gestionale,\norganizzativa e contabile della Cassa attraverso il conseguimento  di\nun obiettivo forfettizzato di  risparmio  (il  15%  della  spesa  per\nconsumi intermedi  sostenuta  nel  2010),  con  conseguente  liberta\u0027\ndell\u0027ente previdenziale di potere  scegliere  le  voci  di  spesa  da\ncontenere, senza riversarli al bilancio dello Stato, impiegandoli per\nil pagamento delle prestazioni previdenziali o comunque per garantire\ngli equilibri economici-finanziari dell\u0027ente stesso; -  che  in  ogni\ncaso  la   base   di   calcolo   dei   consumi   intermedi   indicata\ndall\u0027amministrazione convenuta, ai fini dei risparmi di spesa  e  dei\nconseguenti riversamenti, era errata. \n        Si  costituivano  i  Ministeri  convenuti,  eccependo:  -  il\ndifetto di giurisdizione del Giudice ordinario, in favore del Giudice\namministrativo; - il difetto di legittimazione passiva del  Ministero\ndel lavoro e delle politiche sociali e  dell\u0027Agenzia  delle  entrate.\nNel merito contestavano la fondatezza della domanda, deducendo che: -\ngli importi di cui si chiedeva la restituzione erano stati versati in\nbase ad una norma diversa da quella oggetto della sentenza n.  7/2017\ndella  Corte  costituzionale   che   aveva   comunque   operato   una\ndeclaratoria di incostituzionalita\u0027 parziale  e  solo  nei  confronti\ndella Cassa nazionale di  previdenza  e  di  assistenza  dei  dottori\ncommercialisti; - che la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art.  1,  comma  417,  legge  n.  147/2013  era   manifestamente\ninfondata,  prevedendo  la  predetta  disposizione  un\u0027alternativita\u0027\nnell\u0027adempimento agli oneri di contenimento della spesa rimessa  alla\npiena autonomia e alle scelte organizzative degli enti; - che in ogni\ncaso la pronuncia della Corte costituzionale non poteva travolgere la\nvalidita\u0027 ed efficacia dei versamenti, gia\u0027  effettuati  al  bilancio\ndello Stato per gli anni 2014, 2015 e 2016, ormai definitivi. \n        In  ordine  alla  domanda  proposta   in   via   subordinata,\nassumevano  che  la  determinazione  della  base  imponibile  su  cui\nquantificare i riversamenti era  stata  rilevata  nel  corso  di  una\nverifica amministrativo contabile effettuata «dai  Servizi  ispettivi\ndi finanza», che non era stata oggetto  di  impugnazione  dinanzi  al\ngiudice amministrativo e che comunque era conforme a quanto  indicato\nnella normativa di riferimento. \n        Chiedevano quindi, in via pregiudiziale, che fosse dichiarato\nil difetto di giurisdizione  del  Tribunale  ordinario  adito  e,  in\nsubordine, il rigetto nel merito delle domande.» \n    3. Con sentenza non definitiva in data odierna, questa  Corte  ha\nrespinto l\u0027eccezione di difetto di giurisdizione  ed  ha  accolto  le\neccezioni di difetto di  legittimazione  passiva  dell\u0027Agenzia  delle\nentrate e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali proposte\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato. \n    4.  In  ordine  alla  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 1, comma 417, della legge n. 147 del  2013,  per  contrasto\ncon gli articoli 2, 3, 1836, 38 e 97 della  Costituzione,  si  rileva\nquanto segue. \n  A. La vicenda processuale  e\u0027  stata  riassunta  come  segue  nella\nsentenza impugnata. \n        «Con  atto  di  citazione  ritualmente  notificato  la  Cassa\nitaliana   di   previdenza   e   assistenza   dei   geometri   liberi\nprofessionisti (di seguito per brevita\u0027 Cassa) conveniva in giudizio,\ndinanzi  a  questo  Tribunale,  i  convenuti  indicati  in  epigrafe,\nchiedendo che fosse accertato il diritto della Cassa alla ripetizione\ndei riversamenti dei  risparmi  di  spesa  per  i  consumi  intermedi\neffettuati, per gli anni 2014, 2015 e 2016, al bilancio dello Stato a\nnorma dell\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013, in applicazione  del\nprincipio di diritto sancito dalla sentenza  n.  7/2017  della  Corte\ncostituzionale, con condanna  delle  amministrazioni  convenute  alla\nrestituzione di quanto indebitamente percepito, per un  importo  pari\nad  euro  2.373.756,30,  oltre  rivalutazione  ed  interessi  e  «ove\noccorra, rimettendo in via incidentale alla Corte costituzionale,  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1, comma 417 della\nlegge n. 147/2013 in relazione agli articoli 2, 3, 18, 3, 36, 38 e 97\ndella Costituzione. \n        Chiedeva,  in  subordine,  al  Tribunale   di   accertare   e\ndichiarare che le spese sostenute dagli organi di amministrazione per\nrecarsi presso la sede  istituzionale  della  Cassa  e  altre  spese,\nanaliticamente indicate nell\u0027atto introduttivo,  non  rientrando  tra\nquelle per consumi intermedi, dovevano essere escluse dall\u0027imponibile\nposto a base del calcolo delle somme da riversare al  bilancio  dello\nStato  in  applicazione  dell\u0027art.  1,  comma  417,  della  legge  di\nStabilita\u0027 2014 (legge n. 147/2013). \n        A tal fine esponeva: - che la Cassa era un ente previdenziale\nprivatizzato ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509,\nvigilato dal Ministero del lavoro e delle  politiche  sociali  e  dal\nMinistero dell\u0027economia e  delle  finanze;  -  che  la  medesima  era\npresente nell\u0027elenco delle  pubbliche  amministrazioni  inserite  nel\nc.d. «conto economico dello Stato», come  individuate  dall\u0027Istat  ex\nart. 1, legge 30 dicembre 2009,  n.  196  (legge  di  contabilita\u0027  e\nfinanza pubblica); - che gli enti  previdenziali  privatizzati  erano\nstati assoggettati alle norme  di  «spending  review»,  ivi  compresa\nquella di cui all\u0027art. 8, comma 3,  decreto-legge  n.  95  del  2012,\nnorma che la Corte costituzionale, con sentenza dell\u002711 gennaio  2017\nn. 7, aveva dichiarato incostituzionale nella parte in cui  prevedeva\nche le somme derivanti dalle riduzioni di spesa ivi previste  fossero\nversate annualmente ad apposito  capitolo  di  entrata  del  bilancio\ndello Stato; - che con tale pronuncia la Corte  aveva  censurato,  in\nvia  di  principio,  la  scelta  del  legislatore   di   imporre   il\nriversamento delle somme derivanti dal risparmio di spesa di tutte le\nCasse privatizzate al bilancio  dello  Stato;  -  che  pertanto  tale\ncensura di incostituzionalita\u0027 aveva prodotto  conseguenze  caducanti\nanche sulla norma di cui all\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013  in\nbase  alla  quale  la  Cassa,   su   richiesta   dell\u0027Amministrazione\nministeriale, aveva provveduto a riversare al bilancio  dello  Stato,\ncon  riserva  di   ripetizione,   l\u0027importo   complessivo   di   euro\n2.373.756,30 per gli anni  2014,  2015  e  2016;  -  che  la  lettura\ncostituzionalmente orientata del richiamato art. 1, comma 417,  legge\nn.  147/2013  doveva  indurre  a  ritenere  l\u0027autonomia   gestionale,\norganizzativa e contabile della Cassa attraverso il conseguimento  di\nun obiettivo forfettizzato di  risparmio  (il  15%  della  spesa  per\nconsumi intermedi  sostenuta  nel  2010),  con  conseguente  liberta\u0027\ndell\u0027ente previdenziale di potere  scegliere  le  voci  di  spesa  da\ncontenere, senza riversarli al bilancio dello Stato, impiegandoli per\nil pagamento delle prestazioni previdenziali o comunque per garantire\ngli equilibri economici - finanziari dell\u0027ente stesso; - che in  ogni\ncaso  la   base   di   calcolo   dei   consumi   intermedi   indicata\ndall\u0027amministrazione convenuta, ai fini dei risparmi di spesa  e  dei\nconseguenti riversamenti, era errata. \n        Si  costituivano  i  Ministeri  convenuti,  eccependo:  -  il\ndifetto di giurisdizione del Giudice ordinario, in favore del Giudice\namministrativo; - il difetto di legittimazione passiva del  Ministero\ndel lavoro e delle politiche sociali e  dell\u0027Agenzia  delle  entrate.\nNel merito contestavano la fondatezza della domanda, deducendo che: -\ngli importi di cui si chiedeva la restituzione erano stati versati in\nbase ad una norma diversa da quella oggetto della sentenza n.  7/2017\ndella  Corte  costituzionale   che   aveva   comunque   operato   una\ndeclaratoria di incostituzionalita\u0027 parziale  e  solo  nei  confronti\ndella Cassa nazionale di  previdenza  e  di  assistenza  dei  dottori\ncommercialisti; - che la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art.  1,  comma  417,  legge  n.  147/2013  era   manifestamente\ninfondata,  prevedendo  la  predetta  disposizione  un\u0027alternativita\u0027\nnell\u0027adempimento agli oneri di contenimento della spesa rimessa  alla\npiena autonomia e alle scelte organizzative degli enti; - che in ogni\ncaso la pronuncia della Corte costituzionale non poteva travolgere la\nvalidita\u0027 ed efficacia dei versamenti, gia\u0027  effettuati  al  bilancio\ndello Stato per gli anni 2014, 2015 e 2016, ormai definitivi. \n        In  ordine  alla  domanda  proposta   in   via   subordinata,\nassumevano  che  la  determinazione  della  base  imponibile  su  cui\nquantificare i riversamenti era  stata  rilevata  nel  corso  di  una\nverifica amministrativo contabile effettuata «dai  Servizi  ispettivi\ndi finanza», che non era stata oggetto  di  impugnazione  dinanzi  al\ngiudice amministrativo e che comunque era conforme a quanto  indicato\nnella normativa di riferimento. \n        Chiedevano quindi, in via pregiudiziale, che fosse dichiarato\nil difetto di giurisdizione  del  Tribunale  ordinario  adito  e,  in\nsubordine, il rigetto nel merito delle domande.» \n    B. Questa Corte ritiene rilevante e non manifestamente infondata,\nin riferimento agli articoli  3,  38  e  97  della  Costituzione,  la\nquestione di legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  1,  comma  417,\ndella legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante  «Disposizioni  per  la\nformazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di\nstabilita\u0027 2014)», nella parte in cui prevede che le somme  derivanti\ndalle riduzioni di spesa previste da tale disposizione siano  versate\nannualmente dalla CIPAG ad apposito capitolo di entrata del  bilancio\ndello Stato. \n    Tale disposizione prevede che «A  decorrere  dall\u0027anno  2014,  ai\nfini  del  raggiungimento  degli  obiettivi   di   finanza   pubblica\nconcordati in sede europea e del rispetto dei  saldi  strutturali  di\nfinanza pubblica, gli enti di cui al decreto  legislativo  30  giugno\n1994, n. 509, e al decreto legislativo  10  febbraio  1996,  n.  103,\npossono  assolvere  alle   disposizioni   vigenti   in   materia   di\ncontenimento della spesa dell\u0027apparato amministrativo effettuando  un\nriversamento a favore dell\u0027entrata del bilancio dello Stato entro  il\n30 giugno di ciascun anno, pari al 15 per cento della spesa sostenuta\nper consumi intermedi nell\u0027anno 2010. Per  detti  enti,  la  presente\ndisposizione sostituisce tutta la normativa  vigente  in  materia  di\ncontenimento  della  spesa  pubblica  che  prevede,   ai   fini   del\nconseguimento dei risparmi di finanza  pubblica,  il  concorso  delle\namministrazioni di cui all\u0027art. 1,  commi  2  e  3,  della  legge  31\ndicembre 2009, n. 196, ferme restando, in ogni caso, le  disposizioni\nvigenti che recano vincoli in materia di spese di personale». \n    C. La rilevanza della questione ai fini del decidere e\u0027 indubbia,\nin quanto la decisione sulle domande ex art. 2033 del  codice  civile\nproposte dalla CIPAG nel presente giudizio  di  appello  comporta  la\nnecessita\u0027 di fare applicazione della disposizione censurata. D\u0027altra\nparte,  non  e\u0027  possibile  una  interpretazione   costituzionalmente\norientata della norma di rango primario, in considerazione della  sua\ninequivoca portata sia sul piano  letterale,  sia  della  ratio,  sia\ndegli effetti, dovendosi sul punto condividere quanto gia\u0027  affermato\ndal Tribunale di Roma che aveva precisato: «Cio\u0027 posto, e\u0027 necessario\npuntualizzare che la dichiarazione di incostituzionalita\u0027 della norma\nha inciso solo sul richiamato art. 8, comma 3  del  decreto-legge  n.\n95/2012 (conv. con modif. dalla legge n. 135/2012). Ne  consegue  che\nil Tribunale adito non puo\u0027 disapplicare una norma vigente sulla  cui\ncostituzionalita\u0027 la Corte costituzionale non si e\u0027 pronunciata. \n    Giova ricordare che ai sensi dell\u0027art. 27, legge n. 87  del  1953\nla Corte costituzionale, \"quando accoglie una istanza  o  un  ricorso\nrelativo a questione di legittimita\u0027 costituzionale di una legge o di\nun   atto   avente   forza   di   legge,   dichiara,    nei    limiti\ndell\u0027impugnazione,   quali   sono   le    disposizioni    legislative\nillegittime\". Tale principio  trova  deroga  nello  stesso  art.  27,\nsecondo cui  la  Corte  \"dichiara,  altresi\u0027,  quali  sono  le  altre\ndisposizioni  legislative,  la   cui   illegittimita\u0027   deriva   come\nconseguenza    dalla    decisione     adottata\".     L\u0027illegittimita\u0027\nconsequenziale colpisce  quindi  norme  legate  a  quella  dichiarata\nincostituzionale in  quanto  attuative,  ripetitive  o  esecutive  di\nquest\u0027ultima. \n    In sostanza la disposizione di cui all\u0027art. 27  citato  autorizza\nla Corte alla dichiarazione della  cd  illegittimita\u0027  conseguenziale\nsolo nel caso in cui altre disposizioni si trovino, rispetto a quella\noggetto del giudizio,  in  rapporto  di  inseparabilita\u0027  assoluta  o\nindissolubile correlazione. \n    Deve  quindi  escludersi  la   possibilita\u0027   di   estendere   la\ndichiarazione di illegittimita\u0027 costituzionale alle disposizioni che,\npure avendo in comune con il  contenuto  di  quella  che  ha  formato\noggetto del giudizio uno o  piu\u0027  elementi  della  fattispecie  o  la\nmedesima ratio ispiratrice, regolino  tuttavia  fattispecie  diverse,\nanche se simili o affini.» \n    D. Quanto alla non manifesta infondatezza, questa  Corte  ritiene\ncentrale e dirimente la sentenza della Corte costituzionale n. 7  del\n2017, che ha dichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.  8,\ncomma 3, del decreto-legge  n.  95  del  2012,  in  riferimento  agli\narticoli 3, 38 e 97 Cost.,  nella  parte  in  cui  tale  disposizione\nprescriveva che le somme  derivanti  dalle  riduzioni  di  spesa  ivi\npreviste  fossero  versate  annualmente  dalla  Cassa  nazionale   di\nprevidenza e assistenza per  i  dottori  commercialisti  ad  apposito\ncapitolo di entrata del bilancio dello Stato. \n    Il Tribunale ha ritenuto la  questione  manifestamente  infondata\naffermando che  «non  e\u0027  ravvisabile  tra  l\u0027art.  8,  comma  3  del\ndecreto-legge n. 95/2012 e l\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013  un\nnesso  di  indissolubile  correlazione,   ne\u0027   la   medesima   ratio\nispiratrice. \n    Nella prima sono state dettate le regole per la  riduzione  della\nspesa degli enti pubblici non territoriali ed e\u0027  stato  previsto  il\nloro riversamento all\u0027apposito  capitolo  dell\u0027entrata  del  bilancio\ndello Stato, nella seconda e\u0027  stata  prevista  una  scelta,  rimessa\nall\u0027autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli  enti,  tra\nil rispetto di tutta la normativa vigente in materia di  contenimento\ndella spesa pubblica e il  riversamento  a  favore  dell\u0027entrata  del\nbilancio dello Stato di  un  importo  predeterminato  in  una  misura\nforfettaria pari al 15 % della spesa sostenuta per consumi  intermedi\nnell\u0027anno 2010. \n    La scelta operata da parte  attrice  non  rappresenta  quindi  un\nprelievo  strutturale  e  continuativo  imposto  alla  Cassa,  ma  il\nrisultato di una facolta\u0027 esercitata dallo stesso ente,  che  proprio\nperche\u0027  rimessa  alla  sua  autonomia  gestionale,  organizzativa  e\ncontabile, non altera gli equilibri finanziari della Cassa funzionali\nalla garanzia delle  posizioni  previdenziali  degli  associati,  ne\u0027\ncompromette l\u0027autosufficienza del proprio sistema previdenziale. \n    Del  resto,  la  stessa  pronuncia  della  Corte   costituzionale\nrichiamata da parte attrice non ha escluso la possibilita\u0027  da  parte\ndel legislatore di disporre,  in  un  particolare  momento  di  crisi\neconomica, un prelievo eccezionale anche nei confronti degli enti che\nsi  autofinanziano  attraverso  i  contributi  dei  propri   iscritti\n(eccezionalita\u0027 del prelievo che trova riscontro  nella  legislazione\nsuccessiva a quella in oggetto che, con l\u0027art.  1,  comma  183  della\nlegge n.  205/2017,  ha  escluso  a  far  data  dall\u0027anno  2020,  nei\nconfronti  degli  enti  previdenziali  privatizzati,   l\u0027applicazione\ndall\u0027anno 2020 delle norme di contenimento  delle  spese  previste  a\ncarico degli altri soggetti inclusi nell\u0027elenco delle amministrazioni\npubbliche  inserite  nel  conto  economico  consolidato,  individuate\ndall\u0027Istituto nazionale di statistica ai sensi dell\u0027art. 1, comma  2,\ndella legge 31 dicembre 2009, n. 196, ferme restando, in  ogni  caso,\nle disposizioni vigenti che recano vincoli in materia di personale». \n    E. Viceversa, questa Corte di  appello  condivide  gli  argomenti\nillustrati a sostegno delle censure  di  legittimita\u0027  costituzionale\nformulate dal Consiglio di Stato nell\u0027ordinanza n. 208  del  2015  in\nrelazione all\u0027art. 8, comma 3, del  decreto-legge  n.  95  del  2012.\nQuesta Corte ritiene infatti che i medesimi profili di illegittimita\u0027\ncostituzionale investano anche l\u0027art. 1, comma 417,  della  legge  n.\n147 del 2013. \n    Nella sentenza n. 7  del  2017  della  Corte  costituzionale,  le\ncensure di illegittimita\u0027 formulate dal Consiglio di Stato sono state\ncosi\u0027 sintetizzate: «Con ordinanza iscritta al n.  208  del  registro\nordinanze del 2015, il Consiglio di Stato ha sollevato  questione  di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 8, comma 3, del decreto-legge 6\nluglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa\npubblica con invarianza dei servizi ai cittadini  nonche\u0027  misure  di\nrafforzamento  patrimoniale  delle  imprese  del  settore  bancario),\nconvertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135  -  con\nparticolare  riguardo  al  primo,  terzo  e  quarto   periodo   della\ndisposizione - per violazione degli articoli 2, 3, 23, 35, 36, 38, 53\ne 97 della Costituzione. \n    La questione trae origine dall\u0027appello della Cassa  nazionale  di\nprevidenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti (CNPADC)\ne da due iscritti alla Cassa in proprio, sigg. W.A. e R.G.,  proposto\ncontro la sentenza del Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  -\nRoma n. 6103 del 18 giugno  2013,  che  aveva  rigettato  il  ricorso\navverso i provvedimenti applicativi dell\u0027art. 8 cit. \n    La norma censurata impone alle Casse di  previdenza  privatizzate\ndi cui al decreto legislativo 30  giugno  1994,  n.  509  (Attuazione\ndella delega conferita dall\u0027art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre\n1993, n. 537, in materia  di  trasformazione  in  persone  giuridiche\nprivate di  enti  gestori  di  forme  obbligatorie  di  previdenza  e\nassistenza), in  forza  della  loro  inclusione  nell\u0027elenco  redatto\ndall\u0027Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi dell\u0027art.  1,\ncomma 2, della legge 30 dicembre 2009, n. 196 (Legge di  contabilita\u0027\ne finanza pubblica), di adottare interventi di razionalizzazione  per\nla riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da  assicurare\nrisparmi corrispondenti al 5 per cento per il 2012 ed al 10 per cento\na partire dal 2013, nonche\u0027 di riversare annualmente  i  risparmi  di\nspesa, cosi\u0027 conseguiti sui propri  consumi  intermedi,  al  bilancio\ndello Stato. \n    In punto di rilevanza, osserva il Consiglio di Stato che gli atti\nimpugnati  sarebbero  applicativi   dell\u0027art.   8,   comma   3,   del\ndecreto-legge n. 95 del 2012, per la parte in cui assoggettano  anche\nla CNPADC al regime di  versamento  previsto  dalla  predetta  norma;\nnella misura in cui determinano l\u0027imposizione del versamento anche da\nparte della Cassa appellante, troverebbero il loro diretto e completo\npresupposto nella previsione normativa della cui costituzionalita\u0027 si\ndubita  e,  dunque,  il  problema   della   loro   legittimita\u0027   non\ndiscenderebbe dalla  presenza  di  eventuali  vizi  di  legittimita\u0027,\nbensi\u0027  dalla  legittimita\u0027  costituzionale   del   loro   fondamento\nnormativo. \n    Ne\u0027, secondo  il  rimettente,  la  questione  apparirebbe  ex  se\nrisolvibile affermando o negando la natura pubblicistica delle  Casse\ndi previdenza,  posto  che  il  legislatore  avrebbe  \"legificato\"  i\npredetti elenchi e, pertanto, in assenza  di  specifiche  censure  di\nillegittimita\u0027  costituzionale  avverso  le  normative  che  a  detti\nelenchi fanno rinvio, non ci si potrebbe che limitare a prendere atto\ndi tale scelta legislativa. \n    Secondo il Consiglio di Stato non sarebbe dirimente la  questione\ndella natura della personalita\u0027  giuridica  (di  diritto  pubblico  o\nprivato) delle Casse di previdenza (ovvero della loro  assimilazione,\nnominativamente  disposta,  alle   amministrazioni   pubbliche)   ma,\npiuttosto, assumerebbe rilievo la provenienza, da  soggetti  privati,\ndella contribuzione destinata a costituire le risorse per  il  futuro\ntrattamento pensionistico agli iscritti  alla  Cassa  di  previdenza,\nnonche\u0027  il  fatto  che  la  disposizione  impugnata  non  incida  su\ntrasferimenti a carico  della  finanza  pubblica,  nella  specie  non\npresenti, bensi\u0027  imponga  un  prelievo  percentualmente  determinato\nsulla misura dei c.d. consumi intermedi, che avrebbero  parimenti  la\nloro fonte nelle  somme  percepite  dai  propri  iscritti  e  la  cui\ndisponibilita\u0027 dovrebbe essere  mantenuta  nella  piena  ed  autonoma\ndeterminazione della Cassa medesima. \n    Tanto premesso, il Consiglio di Stato ritiene che l\u0027art. 8, comma\n3,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  imponendo  un  versamento\nobbligatorio in favore dello Stato di parte delle  somme  frutto  dei\ncontributi versati dagli iscritti, finirebbe con il  distrarre  dette\nsomme, in dotazione alla Cassa,  dalla  loro  causa  tipica  e  dalla\nragione, normativamente prevista, che ne legittima l\u0027imposizione.  La\ndistrazione dal perseguimento delle  finalita\u0027  che  sono  alla  base\ndell\u0027imposizione coattiva integrerebbe  la  violazione  dell\u0027art.  23\nCost.,  in  quanto  il  potere  impositivo  attribuito   alle   Casse\nprevidenziali verso i propri iscritti sarebbe legato al perseguimento\ndelle predette finalita\u0027 e non potrebbe essere vanificato  destinando\nparte delle risorse ad esigenze generali di finanza pubblica. \n    La disposizione impugnata violerebbe altresi\u0027 gli articoli 35, 36\ne 38, comma 2, della  Costituzione,  poiche\u0027,  sottraendo  parte  dei\ncontributi alle Casse, il legislatore inciderebbe  sulla  misura  del\ntrattamento pensionistico, da  intendersi  anche  come  «retribuzione\ndifferita»  e  contravverrebbe  all\u0027esigenza  di   assicurare   mezzi\nadeguati per le esigenze connesse alla vecchiaia del lavoratore; piu\u0027\nin generale,  inciderebbe  sulla  finalita\u0027  di  tutela  del  lavoro,\ncostituzionalmente garantita. \n    Inoltre, l\u0027art. 8, comma 3 cit., si porrebbe in conflitto con gli\narticoli 2, 3 e 97 della Costituzione,  in  quanto  il  prelievo  ivi\nprevisto  inciderebbe,  in  modo  non  ragionevole,  sulla  autonomia\ndell\u0027ente, impedendo  al  medesimo  di  poter  disporre  delle  somme\nderivanti da contribuzioni dei propri  iscritti,  per  destinarle  ad\nesigenze   strumentali    alla    realizzazione    delle    finalita\u0027\nprevidenziali. \n    Esso inciderebbe, altresi\u0027, sul principio di buon andamento delle\namministrazioni  pubbliche,  posto  che  non   realizzerebbe   alcuna\neconomicita\u0027 dell\u0027azione amministrativa,  e  determinerebbe  altresi\u0027\nuna distrazione di somme dalla loro finalita\u0027 tipica. \n    Infine, secondo il giudice a quo, la norma  impugnata  violerebbe\ngli articoli 3 e 53 della Costituzione in quanto, dovendosi  ritenere\nche  i  contributi  versati  dagli  iscritti  siano  assimilabili  ai\ntributi, il prelievo corrispondente al versamento imposto alla Cassa,\nstabilito in una  percentuale  fissa  in  relazione  alla  spesa  per\nconsumi intermedi dell\u0027anno 2010, non terrebbe in considerazione  ne\u0027\nla capacita\u0027 contributiva del soggetto, ne\u0027 qualsivoglia criterio  di\nprogressivita\u0027, in cio\u0027 determinando altresi\u0027 sia una  disparita\u0027  di\ntrattamento tra soggetti destinatari di una medesima  percentuale  di\nesazione,   indipendentemente   dalla   loro   soggettiva   capacita\u0027\ncontributiva, sia una palese irragionevolezza della previsione.» \n    F. La non manifesta infondatezza della questione in esame  appare\nancor  piu\u0027  evidente  proprio  alla  luce  della  motivazione  della\ndichiarazione di illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 8, comma  3,\ndel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. \n    Nella sentenza n. 7 del 2017, la Corte costituzionale ha  infatti\naffermato: \n        «2.- Ai fini della presente decisione sono necessarie  alcune\npremesse. \n        L\u0027elenco  delle  amministrazioni  pubbliche  appartenenti  al\nconto economico consolidato previsto  dall\u0027art.  1,  comma  3,  della\nlegge n. 196 del 2009 - come modificato  dal  decreto-legge  2  marzo\n2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  semplificazioni\ntributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di\naccertamento), convertito, con modificazioni, dall\u0027art. 1,  comma  1,\ndella legge 26 aprile 2012, n. 44 - e\u0027 stato istituito in  attuazione\ndi precisi obblighi comunitari sulla base di norme classificatorie  e\ndefinitorie proprie del sistema statistico nazionale ed  europeo,  ai\nsensi del regolamento CE n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno  1996\nmodificato dal regolamento UE 549/2013 relativo al  «Sistema  europeo\ndei Conti nazionali e regionali  nell\u0027Unione  Europea»  (SEC2010).  I\ncriteri  utilizzati   per   la   classificazione   sono   di   natura\nstatistico-economica. Tale regolamento e\u0027 servente  alla  definizione\ndelle politiche dell\u0027Unione europea ed al monitoraggio delle economie\ndegli Stati membri e dell\u0027Unione economica e monetaria (UEM), i quali\n«richiedono informazioni comparabili, aggiornate e  affidabili  sulla\nstruttura dell\u0027economia e l\u0027evoluzione della situazione economica  di\nogni Stato membro o regione» (considerando n. 1 del regolamento UE n.\n549/2013). \n        La commissione utilizza gli aggregati dei conti  nazionali  e\nregionali,  raccolti  attraverso  tali  informazioni,  per   i   fini\namministrativi dell\u0027Unione  e,  in  particolare,  per  i  calcoli  di\nbilancio. Dunque, il sistema  europeo  dei  conti,  disciplinato  dai\nrichiamati  regolamenti,  prevede  una  metodologia  finalizzata   al\nmonitoraggio della convergenza economica ed al conseguimento  di  uno\nstretto coordinamento delle politiche finanziarie europee. \n        La CNPADC e\u0027 classificata, secondo l\u0027allegato A  (Capitolo  2\n«Unita\u0027  e  insiemi  di  unita\u0027»  -   I   settori   istituzionali   -\namministrazioni pubbliche S.13) del regolamento UE n.  549/2013,  nel\nsottosettore S.1314, afferente agli «Enti di previdenza e  assistenza\nsociale»  (2.117),  il  quale  «comprende  le  unita\u0027   istituzionali\ncentrali, di Stati federati e locali,  la  cui  attivita\u0027  principale\nconsiste nell\u0027erogare prestazioni sociali che rispondono ai  seguenti\ndue criteri: a) in forza di disposizioni legislative o  regolamentari\ndeterminati gruppi della popolazione sono  tenuti  a  partecipare  al\nregime o a versare contributi; b) le amministrazioni  pubbliche  sono\nresponsabili della gestione dell\u0027istituzione per quanto  riguarda  la\nfissazione o l\u0027approvazione dei contributi  e  delle  prestazioni,  a\nprescindere dal loro ruolo di organismo di sorveglianza o  di  datore\ndi lavoro». \n        Nell\u0027ambito  delle  procedure  di   convergenza   verso   gli\nobiettivi europei di contenimento della spesa pubblica, l\u0027inserimento\nin  tale  elenco  ha   comportato   per   l\u0027ente   previdenziale   la\nsottoposizione  ai  pertinenti  vincoli  di  riduzione  della  spesa.\nTuttavia, a differenza della maggior parte degli enti pubblici e  dei\nsoggetti inseriti nell\u0027elenco, la CNPADC non  gode  di  finanziamenti\npubblici che - anzi - sono vietati dalla legge istitutiva: «Gli  enti\ntrasformati  continuano  a  svolgere  le  attivita\u0027  previdenziali  e\nassistenziali in  atto  riconosciute  a  favore  delle  categorie  di\nlavoratori e professionisti per le quali sono  stati  originariamente\nistituiti, ferma restando la obbligatorieta\u0027 della iscrizione e della\ncontribuzione. Agli enti stessi  non  sono  consentiti  finanziamenti\npubblici diretti o indiretti, con esclusione di quelli  connessi  con\ngli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali» (art.  1,  comma\n3, decreto legislativo n. 509 del 1994). \n        E\u0027 altresi\u0027  utile  un\u0027ulteriore  premessa  circa  la  natura\ngiuridica della CNPADC e la sua sostanziale  irrilevanza  nell\u0027ambito\ndel thema decidendum. \n        La trasformazione della Cassa operata dal decreto legislativo\nn. 509 del 1994, pur avendo inciso sulla forma giuridica dell\u0027ente  e\nsulle modalita\u0027 organizzative delle sue funzioni, non  ha  modificato\nil carattere pubblicistico dell\u0027attivita\u0027 istituzionale di previdenza\ned assistenza,  che  mantiene  non  solo  una  funzione  strettamente\ncorrelata all\u0027interesse  pubblico  di  assicurare  dette  prestazioni\nsociali a particolari categorie di lavoratori, ma acquisisce un ruolo\nrilevante in ambito europeo attraverso l\u0027inclusione delle  risultanze\ndel relativo bilancio nel calcolo del  prodotto  nazionale  lordo  ai\nprezzi  di  mercato  (PNLpm),  mediante   le   uniformi   regole   di\ncontabilizzazione del sistema europeo dei conti economici  integrati.\nAl riguardo, questa Corte ha avuto modo di affermare che «dal  quadro\ncosi\u0027 tracciato [dalla riforma] emerge che la suddetta trasformazione\nha  lasciato  immutato  il  carattere  pubblicistico   dell\u0027attivita\u0027\nistituzionale  di  previdenza  ed  assistenza  svolta   dagli   enti,\narticolandosi  invece  sul  diverso  piano  di  una  modifica   degli\nstrumenti di gestione e della differente qualificazione giuridica dei\nsoggetti stessi: l\u0027obbligo contributivo  costituisce  un  corollario,\nappunto,   della   rilevanza   pubblicistica   dell\u0027inalterato   fine\nprevidenziale.  L\u0027esclusione  di  un  intervento   a   carico   della\nsolidarieta\u0027 generale consegue alla stessa scelta di trasformare  gli\nenti, in quanto implicita nella premessa che  nega  il  finanziamento\npubblico o altri ausili pubblici di carattere finanziario»  (sentenza\nn. 248 del 1997). \n    3.-   Tanto    premesso,    l\u0027eccezione    di    inammissibilita\u0027\ndell\u0027Avvocatura dello Stato, argomentata  in  ragione  della  mancata\nconsiderazione della iscrizione nell\u0027elenco ISTAT e delle conseguenze\nche  ne  deriverebbero  automaticamente  in  punto  di  debenza   del\nprelievo, non puo\u0027 essere accolta. \n        Secondo la difesa dello Stato, il fatto  che  la  CNPADC  sia\nstata individuata dalla legge  quale  componente  dell\u0027elenco  ISTAT,\nnonche\u0027  risulti  destinataria  delle  disposizioni  in  materia   di\ncontenimento  della  spesa  pubblica,   costituirebbe   indefettibile\npresupposto per la soggezione  dell\u0027ente  previdenziale  all\u0027art.  8,\ncomma 3, del decreto-legge n. 95 del  2012  e,  conseguentemente,  il\ngiudice rimettente avrebbe compiuto una sorta di aberratio ictus, nel\ncensurare la legge che prevede il  prelievo  ai  danni  della  CNPADC\nstessa anziche\u0027 l\u0027art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009,  come\nmodificato dal decreto-legge n. 16 del 2012, il quale, includendo  il\npredetto   ente   nell\u0027elenco   ISTAT,   comporterebbe   l\u0027automatica\napplicazione del prelievo a favore dell\u0027Erario. \n        Nella prospettazione del giudice  rimettente,  al  contrario,\nnon  e\u0027  contestata  la  legittimita\u0027  dell\u0027inclusione  della  CNPADC\nnell\u0027elenco delle amministrazioni ISTAT  e  neppure  la  legittimita\u0027\ndella prima parte della disposizione, laddove vengono  dettate  norme\nfinalizzate alla riduzione della spesa per consumi intermedi. \n        Infatti, se da  un  lato  egli  menziona  l\u0027intero  comma  3,\ncompresa la parte riferita agli enti che non  ricevono  trasferimenti\ndal bilancio dello Stato e la prescrizione afferente ad interventi di\nrazionalizzazione della spesa, dall\u0027altro chiarisce che la  questione\nriguarda  «gli  atti  impugnati,  nella  misura  in  cui  determinano\nl\u0027imposizione del versamento anche da parte della  Cassa  appellante,\ntrovan[d]o il loro diretto e completo  presupposto  nella  previsione\nnormativa della  cui  costituzionalita\u0027  si  dubita,  e,  dunque,  il\nproblema della loro legittimita\u0027 (in parte qua)  non  discende  dalla\npresenza di eventuali vizi di legittimita\u0027, bensi\u0027 dalla legittimita\u0027\ncostituzionale del loro fondamento normativo». \n        Pertanto,  l\u0027eccezione  d\u0027inammissibilita\u0027  non  puo\u0027  essere\naccolta, dal momento  che  l\u0027ordinanza  di  rimessione  si  limita  a\ndubitare della legittimita\u0027 costituzionale del prelievo  operato  dal\nlegislatore statale nei confronti della CNPADC, tema che  costituisce\nl\u0027oggetto del presente giudizio. \n    4.-   Venendo   al   merito,   la   questione   di   legittimita\u0027\ncostituzionale sollevata in riferimento agli  articoli  3,  38  e  97\ndella Costituzione  con  riguardo  alla  sola  prescrizione  inerente\nall\u0027imposizione del versamento annuale nelle casse  dello  Stato,  e\u0027\nfondata. \n        Per quanto  di  seguito  meglio  specificato,  la  scelta  di\nprivilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del  bilancio  statale\nrispetto alla garanzia, per  gli  iscritti  alla  CNPADC,  di  vedere\nimpiegato  il  risparmio  di  spesa  corrente  per   le   prestazioni\nprevidenziali non e\u0027 conforme ne\u0027 al canone della ragionevolezza, ne\u0027\nalla  tutela  dei  diritti  degli  iscritti  alla  Cassa,   garantita\ndall\u0027art. 38 della Costituzione, ne\u0027 al buon andamento della gestione\namministrativa della medesima. \n    4.1.- Sotto il  profilo  della  ragionevolezza,  l\u0027art.  3  della\nCostituzione risulta violato per l\u0027incongrua  scelta  di  sacrificare\nl\u0027interesse   istituzionale   della   CNPADC   ad   un   generico   e\nmacroeconomicamente esiguo impiego nel bilancio statale. \n        L\u0027esame del contesto legislativo rivela come la  disposizione\ncensurata operi in deroga all\u0027ordinario  regime  di  autonomia  della\nCassa, in parte alterando il vincolo funzionale tra contributi  degli\niscritti ed erogazione delle prestazioni previdenziali. \n        Prescindendo dall\u0027indagine sulla  natura  del  contributo,  e\ntenuto  conto  che  le  politiche  statali  possono,  in  particolari\ncontingenze, incidere anche sull\u0027autonomia  finanziaria  di  un  ente\npubblico, nel caso in esame la compressione di un principio  di  sana\ngestione finanziaria, come quello inerente alla  natura  mutualistica\ndegli enti privatizzati di cui all\u0027art. 1 del decreto legislativo  n.\n509 del 1994, non risulta proporzionato all\u0027alternativa di assicurare\nun prelievo generico  a  favore  del  bilancio  dello  Stato.  Mentre\nl\u0027interesse della CNPADC e\u0027 specificamente riferibile  alla  missione\nistituzionale di gestire  ed  assicurare  nel  tempo  le  prestazioni\nprevidenziali agli associati, quello dello Stato e\u0027 -  per  obiettiva\nconformazione della norma  impugnata  -  circoscritto  alla  generica\ncopertura del complesso della spesa.  Nella  ponderazione  delle  due\nfinalita\u0027 non appare ragionevole il sacrificio - a  beneficio  di  un\ngenerico interesse  dello  Stato  ad  arricchire,  in  modo  peraltro\nmarginale, le proprie dotazioni di entrata - di quella della  CNPADC,\nche e\u0027  collegata  intrinsecamente  alla  necessaria  autosufficienza\ndella gestione pensionistica. \n        In particolare, con riguardo al bilanciamento tra le esigenze\nistituzionali della Cassa e quelle del  bilancio  statale,  non  puo\u0027\nessere  condiviso  l\u0027assunto  dell\u0027Avvocatura  generale  dello  Stato\nsecondo cui l\u0027interesse dell\u0027ente  previdenziale  a  mantenere  parte\ndelle risorse acquisite attraverso la  contribuzione  degli  iscritti\nsarebbe recessivo rispetto all\u0027esigenza di  prelevare  dette  risorse\n«per garantire il rispetto del principio  del  pareggio  di  bilancio\nsancito dall\u0027art. 81 della Costituzione anche alla luce degli impegni\nassunti dal nostro Paese con le autorita\u0027 europee». \n        La   difesa   statale   desume   un\u0027arbitraria   correlazione\neziologica tra l\u0027art. 1, comma 2, della legge n.  196  del  2009,  la\nprima parte dell\u0027art. 8, comma 3, del decreto-legge n. 95  del  2012,\nnon contestata  dal  giudice  rimettente,  e  la  seconda  parte  del\nmedesimo comma 3 dell\u0027art. 8: l\u0027iscrizione  nell\u0027elenco  ISTAT  della\nCNPADC non comporterebbe soltanto la considerazione  di  quest\u0027ultima\nnel complesso macroeconomico della  finanza  pubblica  da  coordinare\nattraverso l\u0027imposizione di economie della spesa per beni  intermedi,\nma anche il prelievo di tali economie a  beneficio  dello  Stato.  Al\ncontrario, come gia\u0027 premesso, tale rapporto  di  causalita\u0027  tra  le\ncitate disposizioni non sussiste. E\u0027 di tutta evidenza che  la  prima\nparte della  norma  impugnata  provvede  in  modo  costituzionalmente\nlegittimo ad assicurare - attraverso il risparmio e  l\u0027accantonamento\ndella  percentuale  di  spesa  pertinente  a  ciascuno  dei  soggetti\nrientranti nel  sistema  europeo  dei  conti  nazionali  e  regionali\ndell\u0027Unione  europea-SEC  2010  -  il  coordinamento  della   finanza\npubblica allargata per il raggiungimento degli  obiettivi  concordati\nin sede europea, mentre la seconda parte introduce un finanziamento a\nfavore dell\u0027Erario. \n        Pertanto, e\u0027 la  sola  disposizione  dell\u0027art.  8,  comma  3,\nimpugnata dal rimettente a porre in essere un prelievo  indebito  nei\nconfronti  della  CNPADC  -  il  quale  determina,  nella  situazione\neconomico-patrimoniale della destinataria, una minusvalenza correlata\nad una speculare plusvalenza a favore  del  bilancio  dello  Stato  -\nmentre quella che impone la riduzione degli oneri per beni intermedi,\noltre al coordinamento finalizzato al rispetto dei  vincoli  europei,\ncostituisce di per se\u0027 anche un  meccanismo  idoneo  a  rendere  piu\u0027\nefficiente la gestione pensionistica nella misura in  cui  riduce  le\nspese correnti della Cassa, indirizzando il risparmio  alla  naturale\ndestinazione delle prestazioni previdenziali. \n        A parte il fatto che nella manovra  di  finanza  pubblica  il\ncontestato prelievo assume valore neutro, dal momento  che  il  saldo\ncomplessivo  delle  risorse  disponibili  nel  consolidato   pubblico\nrisulta invariato, tale prelievo costituisce una scelta autonoma  del\nlegislatore statale (consistente nel trasferimento di  risorse  della\nCNPADC al proprio  bilancio),  del  tutto  distinta  dall\u0027adempimento\ndegli obblighi di riduzione della spesa concordati in sede europea. \n        Se,  in  astratto,   non   puo\u0027   essere   disconosciuta   la\npossibilita\u0027 per lo Stato di disporre, in un particolare  momento  di\ncrisi economica, un prelievo eccezionale anche  nei  confronti  degli\nenti che  -  come  la  CNPADC  -  sostanzialmente  si  autofinanziano\nattraverso i contributi dei propri iscritti, non e\u0027 invece conforme a\nCostituzione articolare la norma nel senso di un prelievo strutturale\ne continuativo nei riguardi di un  ente  caratterizzato  da  funzioni\nprevidenziali  e  assistenziali  sottoposte   al   rigido   principio\ndell\u0027equilibrio tra risorse  versate  dagli  iscritti  e  prestazioni\nrese. \n        Alla luce di tali considerazioni risultano capovolte anche le\nargomentazioni  dell\u0027Avvocatura   dello   Stato,   secondo   cui   la\nfattispecie normativa in esame sarebbe  il  portato  di  un\u0027«adeguata\nponderazione» delle esigenze di equilibrio della finanza pubblica  di\ncui  all\u0027art.  81  della  Costituzione  con  «gli   altri   parametri\ncostituzionali richiamati dal Consiglio di Stato [...]  nel  rispetto\ndei principi di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza [...] in  relazione\nalla pari necessita\u0027 di rispetto dell\u0027art. 81 della  Costituzione  ed\nalla luce della necessita\u0027 di  individuare  un  punto  di  equilibrio\ndinamico e non prefissato  in  anticipo  tra  tutti  i  vari  diritti\ntutelati dalla Carta costituzionale». \n        Una  valutazione  in  termini  di   proporzionalita\u0027   e   di\nadeguatezza  tra  i  dialettici  interessi  in  gioco   puo\u0027   essere\nrealizzata solo all\u0027interno  del  quadro  legislativo  della  materia\n«secondo  determinazioni  discrezionali  del  legislatore,  le  quali\ndevono essere basate sul ragionevole bilanciamento del complesso  dei\nvalori e degli  interessi  costituzionali  coinvolti  nell\u0027attuazione\ngraduale di quei principi, compresi quelli connessi alla  concreta  e\nattuale  disponibilita\u0027  delle  risorse  finanziarie  e   dei   mezzi\nnecessari per far fronte ai relativi impegni di spesa»  (sentenza  n.\n119 del 1991). Infatti, se il costante orientamento di  questa  Corte\ne\u0027 nel senso che il legislatore conserva piena liberta\u0027 di scelta tra\nsistemi previdenziali di tipo  mutualistico  -  caratterizzati  dalla\ncorrispondenza  fra  rischio  e  contribuzione  e  da  una   rigorosa\nproporzionalita\u0027 fra  contributi  e  prestazioni  previdenziali  -  e\nsistemi  di  tipo  solidaristico   -   caratterizzati,   di   regola,\ndall\u0027irrilevanza della proporzionalita\u0027 tra contributi e  prestazioni\nprevidenziali - una volta scelta con chiarezza  la  prima  delle  due\nopzioni, il bilanciamento degli  interessi  in  gioco  deve  avvenire\ntenendo  conto  della  soluzione  normativa  prevista   dal   decreto\nlegislativo n. 509 del 1994. \n        Nel caso in esame, quest\u0027ultima e\u0027 nel  senso  di  realizzare\nmodalita\u0027 di finanziamento del  sistema  pensionistico  della  CNPADC\nattraverso la capitalizzazione  dei  contributi  versati  da  ciascun\nlavoratore prima della quiescenza. Tali contributi sono gestiti dalla\nCassa attraverso  criteri  di  autonomia  delineati  dal  legislatore\nsecondo accantonamenti a basso rischio,  cosicche\u0027,  al  momento  del\npensionamento,   ogni   lavoratore   ritira   il   proprio   montante\ncontributivo, cioe\u0027 quanto versato sino alla  quiescenza,  maggiorato\ndai cosiddetti  coefficienti  di  trasformazione.  Questa  scelta  si\ncontrappone al sistema dell\u0027Istituto nazionale di  previdenza  per  i\ndipendenti  dell\u0027amministrazione  pubblica  (INPDAP),  ora  confluito\nnell\u0027Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), nel quale il\npagamento delle pensioni viene effettuato  utilizzando  i  contributi\ncorrentemente versati dai  lavoratori  in  servizio  e  dai  relativi\ndatori di lavoro, senza che  si  effettui  alcun  accantonamento  dei\ncontributi stessi. \n        Negli anni \u002790 il legislatore italiano ha ritenuto che i  due\nsistemi   potessero   coesistere   in   ragione   delle    specifiche\npeculiarita\u0027. Risulta, quindi,  evidente  come  in  quello  in  esame\nesista  un  collegamento  chiaro  ed  indefettibile  fra  volume  dei\ncontributi versati e  livello  delle  prestazioni  rese,  legame  che\ncomporta un forte richiamo alla responsabilita\u0027  del  gestore,  dalla\ncui buona amministrazione dipende in sostanza il mantenimento  di  un\nsistema che non puo\u0027 altrimenti finanziarsi. \n        In definitiva, se in Costituzione non  esiste  un  vincolo  a\nrealizzare un assetto organizzativo  autonomo  basato  sul  principio\nmutualistico, occorre tuttavia evidenziare che, una volta scelta tale\nsoluzione, il  relativo  assetto  organizzativo  e  finanziario  deve\nessere preservato in modo coerente con l\u0027assunto dell\u0027autosufficienza\neconomica,  dell\u0027equilibrio  della  gestione   e   del   vincolo   di\ndestinazione tra contributi e prestazioni. \n    4.2.- Sotto il profilo del buon  andamento  di  cui  all\u0027art.  97\nCost., non puo\u0027 essere ignorato che la riforma della CNPADC, avvenuta\nin attuazione del portato normativo del decreto  legislativo  n.  509\ndel  1994,  e\u0027  ispirata  dall\u0027esigenza  di  percorrere  una   strada\nalternativa   di   tipo   mutualistico   rispetto   alla    soluzione\n«generalista» della previdenza dei dipendenti pubblici  rappresentata\ndal sistema INPDAP, ora accorpato all\u0027INPS. \n    Tale   alternativa   consiste   sostanzialmente    nell\u0027autonomia\nfinanziaria comportante l\u0027assoluto divieto di contribuzione da  parte\ndello Stato, nonche\u0027 la ricerca di equilibri  di  lungo  periodo  sul\npiano previdenziale, finanziario ed economico. \n    In definitiva, si tratta di un sistema progettato  e  finalizzato\nall\u0027equilibrio di lungo periodo di cui e\u0027 connotato  sintomatico  «la\nprevisione  di  una  riserva  legale,  al  fine  di   assicurare   la\ncontinuita\u0027  nell\u0027erogazione  delle  prestazioni,   in   misura   non\ninferiore a cinque annualita\u0027 dell\u0027importo delle pensioni in  essere.\nFerme restando le riserve tecniche esistenti alla data di entrata  in\nvigore del presente decreto, all\u0027eventuale  adeguamento  di  esse  si\nprovvede, nella fase di prima applicazione,  mediante  accantonamenti\npari ad una annualita\u0027 per ogni biennio» (art. 1, comma 4, lettera c,\ndella legge n. 509 del 1994). \n    In tale contesto, le spese di gestione della CNPADC devono essere\nispirate  alla  logica  del  massimo  contenimento  e  della  massima\nefficienza, dal  momento  che  il  finanziamento  di  tale  attivita\u0027\nstrumentale grava sulle contribuzioni degli iscritti, cosicche\u0027  ogni\nspesa eccedente al necessario finisce per incidere negativamente  sul\nsinallagma macroeconomico tra contribuzioni e prestazioni. \n    Secondo tale prospettiva - come gia\u0027  rilevato  -  le  misure  di\ncontenimento della spesa per i beni intermedi stabilite dall\u0027art.  8,\ncomma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012  sono  utili  non  solo  ad\nassicurare pro quota la partecipazione della Cassa al  raggiungimento\ndegli obiettivi  di  finanza  pubblica,  ma  anche  a  preservare  da\nun\u0027eccessiva espansione della spesa corrente una parte delle  risorse\nnaturalmente destinate alle prestazioni previdenziali, salvaguardando\nil buon andamento  dell\u0027ente  in  conformita\u0027  agli  obiettivi  della\nriforma del 1994. \n    Se la prima parte  dell\u0027art.  1,  comma  3,  appare,  dunque,  un\nefficace  strumento  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  la\nseconda parte - nel destinare detto risparmio  all\u0027Erario  -  collide\nanche con l\u0027art. 97 della Costituzione, in quanto sottrae alla CNPADC\nrisorse intrinsecamente destinate alla previdenza degli iscritti.  E,\nnel caso di specie, non e\u0027 tanto l\u0027entita\u0027 del  prelievo  -  peraltro\nesiguo in rapporto alla dimensione delle  entrate  dello  Stato  -  a\ndeterminare la non  conformita\u0027  a  Costituzione,  quanto  l\u0027astratta\nconfigurazione  della  norma,   che   aggredisce,   sotto   l\u0027aspetto\nstrutturale,  la  correlazione  contributi-prestazioni,   nell\u0027ambito\ndella quale si  articola  «la  naturale  missione»  della  CNPADC  di\npreservare l\u0027autosufficienza del proprio sistema previdenziale. \n    4.3.-  Con  riguardo   alla   violazione   dell\u0027art.   38   della\nCostituzione,    non    sono    condivisibili    le    argomentazioni\ndell\u0027Avvocatura dello Stato, secondo cui il prelievo  non  colpirebbe\nle situazioni previdenziali degli  iscritti,  ma  si  limiterebbe  ad\nincidere sul bilancio della Cassa. \n        Occorre a tal proposito ricordare che  -  per  effetto  della\nriforma del 1994 - le posizioni  previdenziali  degli  iscritti  sono\ncollettivamente e singolarmente condizionate dalla regola per cui  la\nprestazione  deve  essere  resa  solo  attraverso  la   contribuzione\ncapitalizzata del  destinatario  e  non  attraverso  l\u0027impiego  delle\ncontribuzioni versate dagli altri iscritti  in  attivita\u0027.  Cio\u0027  con\nassoluta esclusione - a  differenza  della  previdenza  dei  pubblici\ndipendenti - di qualsiasi contribuzione  a  carico  dello  Stato  nel\nmomento in cui  il  flusso  finanziario  proveniente  dai  versamenti\ncontributivi non risulti sufficiente al pagamento  delle  prestazioni\ndovute. \n        In sostanza, in un sistema ispirato  -  pur  nell\u0027ambito  del\nmeccanismo contributivo - alla capitalizzazione dei contributi  degli\niscritti, l\u0027ingerenza del prelievo statale rischia di  minare  quegli\nequilibri che costituiscono  elemento  indefettibile  dell\u0027esperienza\nprevidenziale autonoma. Questa Corte ha affermato che  la  scelta  di\ndotare  le  Casse  di  previdenza  di  un  sistema  di   solidarieta\u0027\nendocategoriale basato sulla comunanza di interessi degli iscritti  -\ncosicche\u0027 ciascuno di essi concorre  con  il  proprio  contributo  al\ncosto delle erogazioni delle quali si giova l\u0027intera categoria - e di\nvincolare  in  tal  senso  la  contribuzione   di   detti   soggetti,\ncostituisce soluzione del tutto ragionevole  e  idonea  a  «prevenire\nsituazioni di crisi finanziaria e dunque  di  garantire  l\u0027erogazione\ndelle prestazioni [. E\u0027] stato cosi\u0027 sancito il vincolo d\u0027una riserva\nlegale a copertura per almeno cinque anni delle  pensioni  in  essere\n(art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 509 del  1994)  e,  piu\u0027\nrecentemente in sede di riforma del sistema  pensionistico  generale,\ne\u0027 stata  prevista  l\u0027obbligatorieta\u0027  della  predisposizione  di  un\nbilancio tecnico  attuariale  per  un  arco  previsionale  di  almeno\nquindici anni (art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335)».\nPertanto, «[l]a solidarieta\u0027 endocategoriale che il legislatore si e\u0027\npreoccupato di non far venire improvvisamente meno»,  e\u0027  finalizzata\nad  «assicurare  l\u0027idonea   provvista   di   mezzi:   considerazione,\nquest\u0027ultima, tanto piu\u0027 valida ora, in  un  sistema  dichiaratamente\nautofinanziato», in  cui  «tale  previsione  \"assicura  lo  strumento\nmeglio idoneo all\u0027attuazione  di  finalita\u0027  schiettamente  pubbliche\n[...]\".  Tanto  puo\u0027  affermarsi  anche  con  riguardo   agli   scopi\nprevidenziali perseguiti [dalle  Casse  previdenziali  autonome]  nel\nquadro della gia\u0027 richiamata solidarieta\u0027 interna ai  professionisti,\na vantaggio  dei  quali  l\u0027ente  e\u0027  stato  istituito:  la  comunanza\nd\u0027interessi degli iscritti comporta che ciascuno di essi concorra con\nil proprio contributo al costo delle erogazioni delle quali si  giova\nl\u0027intera categoria, di talche\u0027  il  vincolo  puo\u0027  dirsi  presupposto\nprima ancora che imposto» (sentenza n. 248 del 1997). \n        Considerate  le  complesse  problematiche  alla  base   della\ndeficienza  strutturale  dei  meccanismi   di   finanziamento   della\nprevidenza dei dipendenti pubblici, l\u0027alternativo sistema, voluto dal\nlegislatore per gli enti privatizzati in un periodo ormai  risalente,\nmerita di essere preservato da  meccanismi  -  quali  il  prelievo  a\nregime in esame - in grado di scalfirne gli  assunti  di  base.  Cio\u0027\nanche in  considerazione  del  fatto  che  detti  assunti  ne  hanno,\ncomunque,  garantito  la  sopravvivenza  senza  interventi  di  parte\npubblica per un ragguardevole periodo di tempo. In proposito non puo\u0027\nessere sottovalutato come la tutela degli equilibri finanziari  della\nCNPADC sia intrinsecamente funzionale alla garanzia  delle  posizioni\nprevidenziali degli associati, a sua volta riconducibile all\u0027art.  38\ndella Costituzione. \n    5.-  In  definitiva,  subordinare   le   esigenze   di   coerenza\ndell\u0027ordinamento previdenziale, disegnato dal decreto legislativo  n.\n509 del 1994 in senso  mutualistico  e  successivamente  perfezionato\nattraverso l\u0027applicazione del sistema contributivo, ad un  meccanismo\ndi  prelievo  di  importo  marginale  (anche  per  il  carattere   di\nneutralita\u0027 finanziaria nell\u0027ambito della  manovra  complessiva)  non\nrisulta coerente ne\u0027 in grado di superare i  test  di  ragionevolezza\nprecedentemente richiamati. \n        Infatti,  proprio  una   ponderazione   delle   esigenze   di\nequilibrio della finanza  pubblica  tende  inevitabilmente  verso  la\nsoluzione di non alterare la regola secondo cui  i  contributi  degli\niscritti  alla  CNPADC  devono  assicurarne  l\u0027autosufficienza  della\ngestione e la resa delle future prestazioni, in presenza di un chiaro\ndivieto normativo all\u0027intervento riequilibratore dello Stato. \n        Per quanto considerato, l\u0027art. 8, comma 3, del  decreto-legge\nn. 95 del 2012 deve essere dichiarato costituzionalmente  illegittimo\nin riferimento agli articoli 3, 38  e  97  della  Costituzione  nella\nparte in cui prescrive che le  somme  derivanti  dalle  riduzioni  di\nspesa previste da tale norma siano versate annualmente  dalla  CNPADC\nad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato. \n    G. Nel caso all\u0027esame di questa Corte di appello,  il  dubbio  di\nlegittimita\u0027 costituzionale investe l\u0027art. 1, comma 417, della  legge\nn. 147 del 2013, che ha la  medesima  ratio  della  norma  dichiarata\ncostituzionalmente  illegittima  e  determina  il  medesimo   effetto\ndistrattivo finale di riversare in favore dello Stato il risparmio di\nspesa di una Cassa di previdenza, sicche\u0027  le  medesime  ragioni  che\nhanno indotto la Corte costituzionale a  dichiarare  l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 8, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012,\nn. 95, devono intendersi poste alla base della presente ordinanza  di\nrimessione. \n        Al  riguardo,  questa  Corte  condivide  e  fa   proprie   le\nargomentazioni svolte  dalla  CIPCAG,  la\u0027  dove  ha  osservato  che:\n«l\u0027art. 1, comma 417, legge n.  147/2013  introduce  un  \"meccanismo\"\nanalogo a quello previsto dall\u0027art.  8,  comma  3,  decreto-legge  n.\n95/2012, che stabilisce un obbligo di riversamento al bilancio  dello\nStato di somme commisurate a una quota percentuale  delle  spese  per\n\u0027consumi intermedi\u0027 relative all\u0027anno 2010, e la  cui  disciplina  si\ndifferenzia dalla precedente solo per la maggiore entita\u0027 delle somme\nda  riversare  e  per  la  sua  alternativita\u0027  rispetto  alle  altre\ndisposizioni contenenti obblighi connessi alla cd. spending review. \n        42. Sia l\u0027art. 1, comma 417, legge n. 147/2013 che l\u0027art.  8,\ncomma 3, decreto-legge n. 95/2012, infatti,  al  fine  di  assicurare\nun\u0027entrata ulteriore al bilancio dello Stato, prevedono che anche gli\nenti previdenziali privatizzati  debbano,  non  solo  procedere  alle\nriduzioni  di  spesa  necessarie  per  garantire  il  rispetto  della\ndisciplina europea di spending review, ma anche riversare allo  Stato\nle  somme  risparmiate  da  dette  riduzioni,  con  grave   nocumento\nall\u0027autonomia  finanziaria  degli   stessi.   [Tali   previsioni   si\ninseriscono nell\u0027ambito della disciplina per  il  contenimento  delle\nspese  da  parte  delle  amministrazioni   pubbliche,   adottata   in\ndichiarato perseguimento degli obiettivi economici concordati in sede\neuropea,  e  in  particolare  quelli  pattuiti  nel  Trattato   sulla\nstabilita\u0027,  sul  coordinamento  e   sulla   governance   dell\u0027Unione\neconomica e monetaria (cd. Fiscal compact), disciplina che si applica\na Cassa geometri in virtu\u0027 dell\u0027inserimento delle casse previdenziali\nprivatizzate nell\u0027elenco ISTAT delle amministrazioni pubbliche.] \n        43. Si tratta in entrambi i casi di obblighi di  riversamento\ncui la Cassa geometri  non  avrebbe  potuto  sottrarsi.  Come  si  e\u0027\nampiamente  dedotto,  i  regimi  normativi  di  cd.  spending  review\napplicabili alla Cassa a decorrere dall\u0027anno 2014 (da un lato, quello\nrecato dalla normativa generale  in  materia  di  contenimento  della\nspesa, comprensivo del combinato  disposto  dell\u0027art.  50,  comma  3,\ndecreto-legge n. 66/2014 e dell\u0027art. 8,  comma  3,  decreto-legge  n.\n95/2012 e, dall\u0027altro, quello di cui all\u0027art.  1,  comma  417,  cit.)\ncomportavano obblighi di riversamento in favore  del  bilancio  dello\nStato: Cassa geometri non ha potuto scegliere se procedere o meno  ai\nriversamenti; quel che essa ha  potuto  scegliere  sono  soltanto  le\nmodalita\u0027 attraverso cui procedere  alle  riduzioni  di  spesa  e  ai\nconseguenti riversamenti, se forfettarie in base  all\u0027art.  1,  comma\n417, cit. ovvero analitiche in base  alla  normativa  generale  degli\nenti pubblici non territoriali (si v. supra, § II.A.1). \n        E\u0027 allora chiaro che rispetto all\u0027art. 1, comma 417, cit.  si\nripropongono  i  medesimi  vizi  di   illegittimita\u0027   costituzionale\naccertati dalla Corte costituzionale  nella  sentenza  n.  7/2017  in\nrelazione all\u0027art. 8, comma 3, decreto-legge 95/2012 - nella parte in\ncui si prevede che le somme derivanti da  riduzioni  di  spesa  siano\nriversate  annualmente  dagli  enti  previdenziali  privatizzati   ad\napposito capitolo di entrata  del  bilancio  dello  Stato  -  e  tale\nconclusione  e\u0027  ampiamente  dimostrata   dall\u0027esame   del   percorso\nmotivazionale di tale pronuncia. \n        Pertanto, questa Corte ritiene non manifestamente  infondata,\nin riferimento agli articoli  3,  38  e  97  della  Costituzione,  la\nquestione di legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  1,  comma  417,\ndella legge n. 147 del 2013, nella parte  in  cui  prescrive  che  le\nsomme  derivanti  dalle  riduzioni  di   spesa   previste   da   tale\ndisposizione  siano  versate  annualmente  dalla  CIPAG  ad  apposito\ncapitolo di entrata del bilancio dello Stato. \n    H. Ritiene pertanto la Corte di dovere sollevare, in  riferimento\nagli  articoli  3,  38  e  97,  della  Costituzione,   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1, comma 417,  della  legge  n.\n147 del 2013, nella parte in cui prescrive  che  le  somme  derivanti\ndalle riduzioni di spesa previste da tale disposizione siano  versate\nannualmente dalla CIPAG ad apposito capitolo di entrata del  bilancio\ndello Stato. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    La Corte dichiara rilevante e  non  manifestamente  infondata  la\nquestione di legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  1,  comma  417,\ndella legge n. 147 del 2013 per contrasto con gli articoli 3, 38 e 97\ndella Costituzione,  nella  parte  in  cui  prescrive  che  le  somme\nderivanti dalle riduzioni di  spesa  previste  da  tale  disposizione\nsiano versate  annualmente  dalla  Cassa  italiana  di  previdenza  e\nassistenza dei geometri liberi professionisti ad apposito capitolo di\nentrata del bilancio dello Stato; \n    Dispone  l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale e sospende il giudizio in corso; \n    Dispone, inoltre, che, a  cura  della  cancelleria,  la  presente\nordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e\nalle parti e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al\nPresidente del Senato della Repubblica. \n        Roma, 20 marzo 2025 \n \n                        Il Presidente: Pinto","elencoNorme":[{"id":"62497","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"27/12/2013","data_nir":"2013-12-27","numero_legge":"147","descrizionenesso":"","legge_articolo":"1","specificaz_art":"","comma":"417","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2013-12-27;147~art1"}],"elencoParametri":[{"id":"79305","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79306","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"38","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79307","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"97","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54732","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri liberi professionisti","data_costit_part":"27/06/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"C","descrizione_tipologia_parte":"Controparte","sigla_parte":""}]}}"
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