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B.. \n \nProcesso penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -\n Reati di cui all\u0027art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990\n (reati di \"piccolo spaccio\") - Mancato inserimento nel novero dei\n reati di cui all\u0027art. 550, comma 2, lettera c), cod. proc. pen.\n (casi di citazione diretta a giudizio), ai fini della possibilita\u0027\n di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. \n- Codice penale, art. 168-bis, in combinato disposto con l\u0027art. 550\n del codice di procedura penale e con l\u0027art. 73, comma 5, del d.P.R.\n 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di\n disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,\n cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). \n\n\r\n(GU n. 43 del 22-10-2025)\n\r\n \n TRIBUNALE ORDINARIO DELLA SPEZIA \n Sezione penale \n \n Il giudice dott.ssa Carolina Gagliano, a scioglimento della\nriserva assunta all\u0027udienza del 19 settembre 2024 sull\u0027eccezione di\ncostituzionalita\u0027 proposta dalla difesa dell\u0027imputato B... H..., in\natti meglio generalizzato, imputato nell\u0027ambito del procedimento\nindicato in epigrafe, reiterata all\u0027udienza del 13 marzo 2025; \n \n Pronuncia la seguente ordinanza \n \n di rimessione della questione di legittimita\u0027 costituzionale del\ncombinato disposto degli articoli 168-bis del codice penale, 550 del\ncodice di procedura penale e 73, comma quinto, decreto del Presidente\ndella Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. \n \n Motivi \n \nl. Fatto e processo a quo. \n All\u0027udienza del 26 agosto 2024, il p.m. presso il Tribunale della\nSpezia presentava l\u0027imputato B H per la convalida dell\u0027arresto\neseguito nei suoi confronti dai Carabinieri del nucleo radiomobile di\n... in relazione al delitto previsto all\u0027art. 73, comma quarto\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. \n Alla citata udienza, questo giudice convalidava l\u0027arresto ma,\nritenuta l\u0027insussistenza di esigenze cautelari in considerazione\ndello stato di incensuratezza dell\u0027imputato, dell\u0027occasionalita\u0027 e\ndell\u0027episodicita\u0027 della fattispecie contestatagli e della sussistenza\ndei presupposti per una prognosi positiva di ravvedimento e di\nconcessione all\u0027esito del giudizio del beneficio della sospensione\ncondizionale, disponeva la sua immediata liberazione, senza disporre\nl\u0027applicazione di alcuna misura cautelare. \n All\u0027udienza del 19 settembre 2024, il p.m., in considerazione del\nquantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilita\u0027\ndel B H riqualificava l\u0027originaria contestazione, contestando la piu\u0027\nlieve ipotesi di reato ex art. 73, comma quinto decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309 del 1990 e l\u0027imputato chiedeva\npersonalmente che il giudizio a suo carico venisse definito a mezzo\ndel rito alternativo della messa alla prova. Conseguentemente, la\ndifesa sollevava questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309,\ncome novellato dal decreto-legge n. l23 del 2023, rispetto ai\nparametri costituzionali dettati dagli articoli 3 e 27 della\nCostituzione. All\u0027udienza del 13 marzo 2025, la difesa dell\u0027imputato\nreiterava la menzionata eccezione di costituzionalita\u0027. Orbene, con\nriferimento alla dedotta illegittimita\u0027 costituzionale, \n \n Osserva \n \n Questo giudice ravvisa la rilevanza della questione e la non\nmanifesta infondatezza della medesima nei termini che verranno di\nseguito precisati - del combinato disposto degli articoli 73, comma\nquinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come\nmodificato dal decreto-legge n. 123 del 2023, 168-bis codice penale e\n550 codice di procedura penale per violazione degli articoli 3 e 27\ndella Costituzione in ragione del mancato inserimento dell\u0027art. 73,\ncomma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990\nnel novero dei delitti contemplati nel disposto dell\u0027art. 550, comma\nsecondo, in particolare alla lettera c), codice eli procedura penale\novvero, in ogni caso, dell\u0027art. 4, comma terzo, del decreto-legge 123\ndel 2023, nella parte in cui impedisce, quale risvolto processuale\ndella modificazione della cornice edittale della fattispecie fissando\nil massimo edittale della pena a «cinque anni di reclusione»,\nl\u0027accesso dei soggetti a cui e\u0027 contestata la fattispecie delittuosa\neli cui al citato art. 73, comma quinto, al rito premiale della messa\nalla prova e al conseguente effetto estintivo del reato ex art.\n168-bis del codice di procedura penale. \n2. L\u0027individuazione del petitum. \n Il contrasto della disposizione dell\u0027art. 550, comma secondo,\ncodice di procedura penale rispetto al dettato costituzionale si\nappunta sulla rilevata violazione degli articoli 3 e 27 della\nCostituzione nella parte in cui la citata norma del codice di rito,\nalla lettera c), non contempla, unitamente al reato di cui all\u0027art.\n82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, anche\nla previsione del delitto ex art. 73, comma quinto, del medesimo\ntesto normativo. \n La violazione dei menzionati parametri di legittimita\u0027\ncostituzionale, ritenuta sussitente da questo giudice, non discende\ndirettamente dall\u0027impossibilita\u0027 di esercizio dell\u0027azione penale in\nrelazione al delitto ex art. 73, comma quinto, decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309 del 1900 in luogo di forme di esercizio\nordinario della stessa, bensi\u0027, in considerazione dell\u0027effetto\nprocessuale scaturito dal combinato disposto degli articoli 168-bis,\ncomma primo, codice penale, e 550, comma secondo, codice di procedura\npenale, dalla preclusione dell\u0027effetto estintivo dell\u0027art. 168-bis\ndel codice penale nei confronti dei soggetti a cui venga ascritta la\nmenzionata fattispecie delittuosa successivamente al 15 novembre\n2023, ovvero in seguito all\u0027entrata in vigore della legge del 13\nnovembre del 2023, n. 159, con cui e\u0027 stata disposta la conversione\ndel decreto-legge 15 settembre del 2023, n. 123. \n La conseguente esclusione delle ipotesi di «lieve entita\u0027» in\nmateria di stupefacenti dall\u0027ambito applicativo della messa alla\nprova appare confliggente con la ratio «acceleratoria» che permea\nl\u0027istituto di cui all\u0027art. 550 del codice di procedura penale, che,\ninvero, consente di evitare la celebrazione dell\u0027udienza preliminare\nallorche\u0027 vengano contestati reati di agevole accertamento. \n La rilevata irragionevolezza dell\u0027eccettuazione del delitto ex\nart. 73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309\ndel 1990 dall\u0027alveo dei reati nominalmente indicati dal comma secondo\ndella summenzionata norma del codice di rito si appalesa in modo\nancor piu\u0027 manifesto se si considera l\u0027intervento normativa\nmodificativo dell\u0027elenco nominativo di cui all\u0027art. 550, comma\nsecondo, del codice di procedura penale. \n Difatti, come noto, il decreto legislativo n. 150 del 2022, in\nattuazione della legge di delega n. l34 del 2022, entrato in vigore\nin data 30 dicembre 2022, ha esteso il novero dei reati per i quali\ne\u0027 possibile procedere con decreto di citazione diretta alla luce di\ndue criteri: in primo luogo, il parametro formale di delitti per i\nquali e\u0027 previsto un trattamento sanzionatorio compreso nel massimo\nedittale tra quattro e sei anni di pena detentiva, anche se congiunto\nalla pena della multa (trattasi, quindi, di fattispecie per cui e\u0027\nprevista una pena edittale piu\u0027 severa rispetto a quella contemplata\ncon riferimento ai delitti nel primo comma della disposto dell\u0027art.\n550 del codice di procedura penale) e, in secondo luogo, il criterio\nsostanziale della non complessita\u0027 di accertamento. \n Posto che astrattamente l\u0027esclusione del delitto ex art. 73,\ncomma quinto, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del\n1990 dall\u0027ambito applicativo dell\u0027art. 550 del codice di procedura\npenale potrebbe rinvenire giustificazione in esigenze di accertamento\nprocessuale quali, a tiolo esemplificativo, l\u0027efficacia drogante\ndella sostanza stupefacente detenuta o ceduta, cio\u0027 non comporta\nl\u0027indeterminatezza del petitum sottoposto allo scrutinio di\nlegittimita\u0027 della Corte, avendo quest\u0027ultima un autonomo potere di\nvalutazione della legittimita\u0027 costituzionale del disposto di cui\nall\u0027art. 168-bis del codice penale nella parte in cui non prevede che\npossa accedere al rito speciale il soggetto a cui e\u0027 contestata la\nfattispecie tipizzata dall\u0027art. 73, comma quinto, decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309 del 1990. \n3. La rilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale. \n La rilevanza della questione e\u0027 disvelata dalla circostanza che\nla positiva valutazione compiuta dallo scrivente giudicante circa la\nsussistenza dei presupposti applicativi del rito speciale della messa\nalla prova incontra l\u0027ostacolo normativa discendente dalla novella di\ncui all\u0027art. 4, comma terzo, del decreto-legge 20 marzo 2023, n. 123,\nconvertito dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha investito il\ncomma quinto dell\u0027art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica\nn. 309 del 1990. \n Difatti, nell\u0027orizzonte valutativo del giudice investito della\nrichiesta di accesso al rito estintivo della sospensione del\nprocedimento con messa alla prova, disciplinato dalla legge del 28\naprile 2014, n. 67, si iscrive la possibilita\u0027 per il prevenuto di\nottenere l\u0027estinzione dell\u0027ipotesi contestata ponendo in essere\ncondotte finalizzate all\u0027eliminazione delle conseguenze dannose\ndell\u0027illecito, risarcendo il danno provocato dal fatto rilevante ed\neffettuando lavori di pubblica utilita\u0027 ovvero attivita\u0027 di rilevanza\nsociale. \n L\u0027accesso a tale istituto si dipana attraverso un preliminare\nprocesso valutativo incombente sul giudice investito della richiesta\ndi accesso al rito che si articola nel vaglio prescritto dal disposto\ndi cui all\u0027art. 464-quater, comma terzo, del codice di procedura\npenale circa l\u0027assenza di evidenti cause di proscioglimento di cui\nall\u0027art. 129 del codice di rito e, in secondo luogo, nella\nvalutazione prognostica favorevole all\u0027imputato di futura astensione\ndalla commissione di ulteriori reati. \n Nella fattispecie in esame, a fronte dell\u0027esclusione da parte di\nquesto giudice di elementi che possano fondare l\u0027emissione di una\nsentenza di proscioglimento, si ritiene, per contro, possibile\nformulare una prognosi favorevole al B...: rispetto all\u0027astensione\ndalla perpetrazione di altre fattispecie antigiuridiche: invero, si\nosserva che l\u0027imputato e\u0027, allo stato, incensurato e che non risulta\nessere mai stato segnalato o indagato e che tali dati, unitamente\nalla sua giovanissima eta\u0027, consentono di ritenere improbabile che\ncommettera\u0027 altri episodi delittuosi. \n Nonostante l\u0027esito positivo del menzionato scrutinio, il\nprosieguo dell\u0027attivita\u0027 valutati va del giudicante ai fini\ndell\u0027ammissione al rito della messa alla prova viene\nirrimediabilmente compromesso dallo sbarramento normativa frapposto\ndalla novella di cui all\u0027art. 4, comma terzo, del decreto-legge 20\nmarzo 2023, n. 123, convertito dalla legge del 13 novembre 2023, n.\n159, che ha investito il contestato quinto comma dell\u0027art. 73,\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990,\nrideterminando il limite massimo edittale da quattro anni a cinque\nanni di reclusione. \n Orbene, a dispetto della valutazione favorevole al B... innanzi\nsommariamente esposta, l\u0027intervento normativa in parola impedirebbe\nall\u0027imputato di accedere all\u0027istituto di cui all\u0027art. 168-bis del\ncodice penale consentendolo, invero, ai soli reati puniti con la\n«pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni,\nsola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria» oppure per i\n«delitti indicati nel secondo comma dell\u0027articolo 550 del codice di\nprocedura penale», ovvero i delitti per i quali al pubblico ministero\ne\u0027 consentito l\u0027esercizio dell\u0027azione penale nelle forme della\ncitazione diretta a giudizio. \n Conseguentemente, l\u0027inasprimento del limite massimo edittale\ndella cornice sanzionatoria della violazione prevista dall\u0027art. 73,\ncomma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990\nha comportato che il delitto de quo e\u0027 sfuggito all\u0027ambito\napplicativo dell\u0027istituto estintivo interessato dalla richiesta\navanzata dall\u0027imputato. \n Ne consegue l\u0027evidente inerenza della disposizione censurata\nall\u0027area decisionale dello scrivente giudicante e la concreta\nincidenza dell\u0027eventuale decisione di accoglimento sul processo a\ncarico dell\u0027imputato, configurandosi, nel caso di specie, in\nconsiderazione delle circostanze appena rappresentate, un concreto ed\neffettivo rapporto di strumentalita\u0027 e nesso di pregiudizialita\u0027 fra\nla risoluzione della questione di legittimita\u0027 costituzionale e la\ndefinizione del giudizio in corso a carico del B.... \n Difatti, l\u0027isolamento normativa della fattispecie delittuosa\nrispetto al novero dei delitti ammessi all\u0027accesso al rito della\nmessa alla prova (e cio\u0027 anche allorquando si tratta di fattispecie,\ncome quelle previste dall\u0027art. 550, comma secondo, del codice di\nprocedura penale, che, a seguito dell\u0027intervento della legge delega\nn. 134 del 2021, presentano un trattamento sanzionatorio compreso nel\nmassimo tra i quattro e i sei anni), unitamente alla gia\u0027 menzionata\npositiva valutazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti di\nmeritevolezza dell\u0027imputato con riferimento all\u0027ammissibilita\u0027\ndell\u0027istanza, e\u0027 sufficiente a dimostrare la rilevanza della presente\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale rispetto all\u0027adozione della\ndecisione endoprocedimentale di ammissione dell\u0027imputato al rito\nrichiesto e, dunque, dell\u0027impossibilita\u0027 per questo giudice\nrimettente di definire la controversia a quo indipendentemente dalla\nrisoluzione di tale questione incidentale. \n4) Le norme che si assumono violate. \n 4.a) La paventata violazione dell\u0027art. 3 della costituzione:\nprinicipio di ugualianza e ragionevolezza. \n L\u0027esclusione del delitto di cui al comma quinto dell\u0027art. 73 del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 dall\u0027accesso\nal rito premiale della messa alla prova appare urtare con il\nprincipio di ragionevolezza inteso come corollario del principio di\nuguaglianza di cui all\u0027art. 3 della Costituzione e canone di\n«razionalita\u0027 pratica» che modera la discrezionalita\u0027 del Legislatore\ne che consente alla consulta di accertare che \"la legge, senza un\nragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si\ntrovano in situazione eguale (cfr. Corte costituzionale, ordinanza n.\n15 del 1960), verificando l\u0027eguaglianza ovvero la differenza delle\nsituazioni comparate e, quindi, la «giustificatezza» della disciplina\ndelle stessa, anche tenendo conto degli scopi della legge. \n Orbene, a questo giudice rimettente non sfugge la\ncondivisibilita\u0027 dell\u0027orientamento manifestato dalla Corte\ncostituzionale in punto di insindacabilita\u0027 sotto il profilo\ncostituzionale delle disposizioni normative foriere di preclusioni\ndell\u0027accesso, per alcune tipologie di reati, ai cosiddetti «riti\npremiali» allorquando viene statuito che «in tali ipotesi,\nl\u0027individuazione delle fattispecie criminose da assoggettare al\ntrattamento piu\u0027 rigoroso - proprio in quanto basata su apprezzamenti\ndi politica criminale, connessi specialmente all\u0027allarme sociale\ngenerato dai singoli reati, il quale non e\u0027 necessariamente correlato\nal mero livello della pena edittale - resta affidata alla\ndiscrezionalita\u0027 del legislatore e le relative scelte possono venir\nsindacate dalla Corte solo in rapporto alle mere disarmonie del\ncatalogo legislativo, allorche\u0027 la sperequazione normativa tra figure\nomogenee di reati assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi\nconsiderare sorretto da alcuna ragionevole giustificazione» (Corte\ncostituzionale, ordinanza n. 455 del 2006). \n Nondimeno, tenendo conto del carattere «aperto» del canone di\nragionevolezza e della necessita\u0027 che lo scrutinio del merito delle\nscelte legislative sia adatti alla specificita\u0027 del caso concreto e\nnon si risolva in un mero raffronto tra due disposizioni normative ma\nnella concreta verifica della capacita\u0027 di una data disciplina\nnormativa di attuare i valori costituzionali, si osserva che\nl\u0027esclusione del delitto di cui al menzionato art. 73, comma quinto,\ndall\u0027accesso al rito della messa alla prova non appare espressione di\nuna puntuale scelta di politica criminale ne\u0027 manifestazione della\ndiscrezionalita\u0027 del Legislatore rispetto al soddisfacimento e\nperseguimento di determinate finalita\u0027 o esigenze obiettive, quanto,\npiuttosto, una conseguenza indiretta di un disallineamento tra la\nnormativa processuale e la fattispecie criminosa novellata. \n Pertanto, la menzionata preclusione normativa discendente\ndall\u0027innalzamento del massimo edittale del delitto di cui al comma\nquinto, dell\u0027art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n.\n309 del 1990 e dal mancato inserimento di tale fattispecie\nnell\u0027elenco di reati contemplato dal secondo capoverso dell\u0027art. 550\ndel codice di procedura penale (pur a seguito dell\u0027intervento\nnormativa della legge n. 134 del 2021) risultano difficilmente\ncompatibili con il principio di ragionevolezza e, come tale,\nportatori di esiti applicativi discriminatori in termini di\ntrattamenti sperequanti rispetto a situazioni, tuttavia, omogenee. \n 4.A.I) Ordinanza 24 maggio 2024 - Tribunale di Padova (Gazzetta\nUfficiale I Serie speciale n. 35 del 28 agosto 2024) \n La violazione dell\u0027art. 3 della Costituzione si coglie con\nparticolare chiarezza aderendo alle argomentazioni fatte proprie\ndall\u0027estensore dell\u0027ordinanza n. 149 emessa il 24 maggio 2024 dal\nTribunale di Padova (nella persona del giudice monocratico dott.ssa\nLaura Chillemi) -pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 28\nagosto 2024 - che afferma come «quanto al principio di uguaglianza e\ndi ragionevolezza di cui all\u0027art. 3 della Costituzione, infatti, si\nevidenzia che la recente riforma introdotta con decreto legislativo\nn. 150 del 2022 aveva ampliato il novero dei reati per i quali puo\u0027\nessere disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova,\ntra l\u0027altro inserendo alla lettera c) del secondo comma dell\u0027art. 550\ndel codice di procedura penale (casi di citazione diretta a giudizio)\nla fattispecie prevista dall\u0027art. 82, primo comma, decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990, proprio in materia di\ndelitti concernenti le sostanze stupefacenti. Il delitto previsto dal\nprimo comma del citato art. 82 punisce la condotta di chi\n«pubblicamente istiga all\u0027uso illecito di sostanze stupefacenti o\npsicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attivita\u0027 di\nproselitismo per tale uso delle predette sostanze, ovvero induce una\npersona all\u0027uso medesimo» con la pena della reclusione da uno a sei\nanni, oltre alla multa. Ebbene e\u0027 di immediata evidenza come la\ndisposizione teste\u0027 citata preveda una condotta lesiva dello stesso\nbene giuridico di cui alle condotte sanzionate dal comma quinto\ndell\u0027art. 73 del medesimo testo unico sugli stupefacenti, in quanto\nsi tratta di un \u0027attivita\u0027 di persuasione all\u0027uso di sostanze\nstupefacenti o psicotrope, a fronte di condotte di produzione, di\nimmissione nel mercato e di cessione o di detenzione ai fini di\ncessione delle medesime sostanze. Eppure, colui che e\u0027 accusato di\naver commesso il reato di cui al primo comma dell\u0027art. 82 decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990 e\u0027 ammesso allo speciale rito\ndella messa alla prova e cio\u0027, nonostante il delitto in parola sia\npunito con la pena della reclusione da uno a sei anni, ovvero con\npena superiore nel minimo e nel massimo a quella dell\u0027art. 73, comma\nquinto, del medesimo testo normativo. Ne discende l\u0027evidente\ndisparita\u0027 di trattamento tra le due fattispecie: benche\u0027 aventi ad\noggetto identico bene giuridico e nonostante lo stesso legislatore\nabbia ritenuto piu\u0027 grave il delitto di cui all\u0027art. 82 decreto del\nPresidente della Repubblica citato, sanzionandolo con pena edittale\nmaggiore, solo per quest\u0027ultimo e\u0027 possibile accedere all\u0027istituto\ndella messa alla prova. Detto irragionevole trattamento differenziato\npotrebbe costituire una conseguenza non contemplata dall\u0027intervento\nlegislativo che ha innalzato la pena massima del delitto de quo: per\nquanto si ricava dai lavori preparatori (cfr. pag. 31 del dossier n.\n155 - legislatura 19a del servizio studi del Senato della\nRepubblica), questa e\u0027 stata modificata al fine di consentire\nl\u0027applicazione della misura cautelare della custodia in carcere\n(prima esclusa ai sensi dell\u0027art. 280 del codice di procedura\npenale), senza che siano stati espressamente considerati i risvolti\nche tale novella comporta in relazione all\u0027applicazione di altre\ndisposizioni. Si osserva, infatti, che prima della riforma del 2023\nil delitto di cui all\u0027art. 73, comma quinto, decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 309/1990 rientrava nelle ipotesi di citazione\ndiretta a giudizio da parte del pubblico ministero, in quanto\nricompreso per pena massima edittale (allora di quattro anni) nelle\nipotesi di cui al primo comma dell\u0027art. 550 del codice di procedura\npenale e dunque per un rinvio ad poenam e dunque automatico, senza\nmenzione espressa della fattispecie. A seguito dell\u0027ultima riforma,\ninvece, l\u0027ipotesi delittuosa di cui al citato art. 73 sfugge alla\nprevisione dell\u0027art. 550 del codice di procedura penale, primo e\nsecondo comma, in quanto esorbita i limiti di pena per il primo comma\ne non e\u0027 previsto nominativamente nell\u0027elenco di cui al secondo\ncomma. Si tratta dunque di un effetto della riforma non\nimmediatamente evidente, in quanto mero riflesso dell\u0027aumento della\npena edittale massima. Tuttavia, quand\u0027anche l\u0027esclusione della\nfattispecie di cui si discute dal novero dei reati per i quali e\u0027\nprevista la citazione diretta del pubblico ministero e dei reati per\ni quali e\u0027 consentita la sospensione del procedimento con messa alla\nprova dell\u0027imputato fosse frutto di una precisa e consapevole scelta\ndel legislatore, si osserva che, a mente del principio di\nragionevolezza e di uguaglianza di cui all\u0027art. 3 della Costituzione,\ntale scelta sarebbe ugualmente incostituzionale, in quanto si\ntratterebbe di una scelta arbitraria e non gia\u0027 discrezionale. Non si\nintravvedono motivi, infatti, per cui il responsabile (o colui che si\nassume tale) del piu\u0027 grave delitto di istigazione, proselitismo e\ninduzione al reato di persona minore, di cui all\u0027art. 82 del decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 309/1990, debba godere della\npossibilita\u0027 di estinguere il reato a seguito di sospensione del\nprocedimento con messa alla prova, mentre colui che si assume abbia\ncommesso il delitto -meno grave - di cui all\u0027art. 73, comma quinto\ndel medesimo decreto si veda preclusa tale possibilita(...). Si\nprecisa, infine, che non e\u0027 possibile una diversa interpretazione\ndelle disposizioni in senso conforme a Costituzione, in quanto da un\nlato non e\u0027 possibile in via interpretativa aumentare arbitrariamente\ni limiti edittali dell\u0027art. 168-bis del codice penale per la\nsospensione con messa alla prova dell\u0027imputato, dal momento che il\nlegislatore ha ritenuto - in tal caso, legittimamente - di limitare\nlo speciale rito premiale ai soli reati considerati meno gravi, in\nquanto puniti con pena massima al di sotto della soglia dei quattro\nanni di pena detentiva e tale soglia non appare irragionevole,\ndall\u0027altro non e\u0027 possibile interpretare diversamente l\u0027art. 550 del\ncodice di procedura penale, in quanto si tratta di un elenco\ntassativo.». \n Orbene, a seguito della disamina dell\u0027elenco dei reati indicati\nnel secondo capoverso dell\u0027art. 550 del codice di procedura penale\n(peraltro esteso sulla base dei criteri direttivi della legge delega\nn. l34/2021), a sua volta evocato dal disposto di cui al comma primo\ndell\u0027art. 168-bis del codice penale, si osserva che le ipotesi\ndelittuose eccettuate dall\u0027ambito applicativo del rito estintivo\nappaiono, seppur certamente spiccatamente eterogenee, connotate da un\nmedesimo tratto distintivo, ovvero da un\u0027eccezionale gravita\u0027\ncriminale, estranea, per contro, alla fattispecie di cui al V comma\ndell\u0027art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del\n1990, ontologicamente deputato a sanzionare ipotesi di lieve entita\u0027\nin materia di stupefacenti. Se, infatti, il profilo di\nirragionevolezza di soluzioni normative tese ad assoggettare a regimi\nprocessuali sperequati sulla base della gravita\u0027 astratta del reato,\ndesunta dalla misura della pena, e\u0027 stato gia\u0027 esaminato dalla Corte\ncostituzionale (cfr., ex pluribus, Corte costituzionale, sentenza n.\n164 del 2021) che, invece, valorizzato la ragionevolezza della\ndisparita\u0027 di trattamento processuale di titoli di reati disomogenei,\nnon e\u0027 agevole, allora, comprendere alla luce di quale criterio\nlogico il delitto di cui al citato art. 73, comma quinto, pura fronte\ndel regime di assoluta omogeneita\u0027 ai delitti per i quali e\u0027\npossibili accedere al rito estintivo, sia, nondimeno, ricompreso\nnell\u0027alveo dei reati pretermessi, rispetto ai quali e\u0027 icto oculi\nevidente la disparita\u0027 di disvalore. \n 4.A.II) La sperequazione tra applicabilita\u0027 del criterio di\ngiudizio di cui all\u0027art. 131-bis del codice penale e contestuale\nesclusione dell\u0027accesso al rito estintivo della messa alla prova. \n L\u0027irragionevolezza della normativa processuale di cui all\u0027art.\n550 del codice di procedura penale e all\u0027art. 168-bis del codice\npenale discendente dal disallineamento rispetto all\u0027inasprimento\ndella cornice sanzionatoria dell\u0027art. 73, comma quinto, del decreto\ndel Presidente della Repubblica 309 del 1990, come novellato dal\ndecreto-legge n. 123 del 2023, oltre ad emergere in termini di\ndisparita\u0027 di trattamento di tale fattispecie delittuosa rispetto a\ntitoli di reato di analogo disvalore ammessi al rito estintivo, si\nmanifesta come irragionevolezza «intrinseca» della stessa. \n Tale ampliamento dello scrutinio di ragionevolezza che interessa\nl\u0027attuale formulazione del citato art. 73, comma quinto, discende dal\nrilievo di un difetto di coordinamento tra l\u0027impossibilita\u0027, allo\nstato attuale, per gli imputati cui venga contestato tale delitto di\naccedere al rito estintivo della messa alla prova e, per contro, la\nsussistenza della possibilita\u0027 che, a fronte della stessa\nimputazione, venga pronunciata una sentenza di proscioglimento ai\nsensi dell\u0027art. 131-bis del codice penale e che, dunque, la stessa\nfattispecie, pur quando aggravata dalla circostanza di cui all\u0027art.\n80, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990,\npossa essere ritenuta di «particolare tenuita\u0027». \n L\u0027irragionevolezza sistematica discendente dal disallineamento\ntra la normativa ostativa all\u0027accesso al rito della messa alla prova\nrispetto al delitto previsto dal menzionato comma V dell\u0027art. 73 e la\ndisciplina relativa alla possibilita\u0027 di dichiarare la non\npunibilita\u0027 del medesimo fatto in considerazione della particolare\ntenuita\u0027 della sua offensivita\u0027 si appalesa - come, peraltro, gia\u0027\nrilevato dal Tribunale di Parma con sentenza n. 687 dell\u00278 maggio del\n2024, dep. 31 maggio 2024, Pres. dott.ssa Paola Artusi - contraria al\nprincipio di razionalita\u0027 cui all\u0027art. 3 della Costituzione e\nall\u0027esigenza di conformita\u0027 dell\u0027ordinamento a valori di giustizia e\ndi equita\u0027: invero, l\u0027art. 73, comma V, decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309/1990, nella nuova formulazione, da un lato,\nimpedisce aprioristicamente all\u0027imputato cui tale fattispecie sia\nstata contestata il conseguimento della declaratoria di estinzione\ndel reato per superamento della messa alla prova ex art. 168-ter del\ncodice penale mentre, dall\u0027altro, consente che il medesimo imputato,\nper lo stesso fatto, quand\u0027anche aggravato (e, come tale,\npotenzialmente punibile con una pena irrogabile da nove mesi a sette\nanni e sei mesi, n. d.r.), possa beneficiare della causa di non\npunibilita\u0027 della particolare tenuita\u0027 del fatto ex art. 131-bis del\ncodice penale. \n 4.B) La paventata violazione dell\u0027articolo 27 della Costituzione. \n L\u0027irragionevole pretermissione del reato di cui al citato art.\n73, comma quinto, dal novero dei delitti per i quali e\u0027 ammissibile\nl\u0027istanza di accesso al rito estintivo della messa alla prova appare,\ninoltre, contrastante con la finalita\u0027 rieducativa della sanzione\npenale, scolpita dal principio costituzionale previsto dall\u0027art. 27\ndella Costituzione, che costituisce «una delle qualita\u0027 essenziali e\ngenerali che caratterizzano la pena nel suo contenuto antologico, e\nl\u0027accompagnano da quando nasce, nell\u0027astratta previsione normativa,\nfino a quando in concreto si estingue» (Corte Cost. sentenza n.\n313/1990 e n. 129/2008). \n Nel caso in esame, il bilanciamento operato dal giudice\nnell\u0027irrogazione della pena tra le finalita\u0027 di prevenzione generale\ne difesa sociale della sanzione (con i correlati profili di\nafflittivita\u0027 e retributivita\u0027 della stessa) e le istanze di\nprevenzione speciale e di rieducazione risulta vulnerato dalla\npreclusione normativa della possibilita\u0027 di valutare concretamente la\nmeritevolezza dell\u0027imputato di accedere ad un rito di natura\npremiale, espressivo dell\u0027obiettivo di risocializzazione del reo (in\nparticolare nell\u0027ipotesi in cui sia possibile formulare una prognosi\nfavorevole al prevenuto di astensione dalla commissione di altri\nreati) e della finalita\u0027 rieducativa della pena consacrata dal\nparadigma costituzionale. \n Pertanto, all\u0027asserzione di gravita\u0027, non giustificata, della\nfattispecie di cui all\u0027art. 73, comma quinto, del decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309 del 1990 e alla sua irrazionale\nesclusione dall\u0027accesso all\u0027istituto della messa alla prova consegue\nun\u0027effettiva conculcazione delle potenzialita\u0027 rieducative e\nrisocializzanti della pena. \n La pretermissione del reato di cui ci si occupa dall\u0027ambito\napplicativo della messa alla prova contrasta, dunque, con il\nfinalismo rieducativo della pena, poiche\u0027 non consente all\u0027imputato\ncui sia stata ascritta tale fattispecie e che, tuttavia, si trova in\nuna condizione di meritevolezza essendo disposto a porre in essere\ncondotte riparatorie rispetto all\u0027illecito commesso (mediante un\nprogramma che, ove il B... fosse ammesso al rito estintivo della\nmessa alla prova, sarebbe elaborato di concerto con l\u0027Ufficio Locale\ndell\u0027esecuzione penale esterna) di poter accedere ad un istituto\nprocessuale che, mediante l\u0027espletamento dei lavori di pubblica\nutilita\u0027, realizza plasticamente e radicalmente la funzione\nrieducativa della reazione penale e di special-prevenzione della\nstessa, riducendo il pericolo di reiterazione di altre condotte\npenalmente rilevanti. \n5) Non manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale \n Con riferimento alla non manifesta infondatezza della questione\nche si intende sottoporre al giudizio incidentale della Consulta, si\nosserva che, come ben noto, sul Giudice rimettente non incombe la\nvalutazione di fondatezza ovvero di infondatezza della eccezione di\ncostituzionalita\u0027 proposta dalla parte (essendo tale vaglio di\ncompetenza esclusiva della Consulta), ma, in virtu\u0027 delle\ndisposizioni di cui agli articoli l della legge costituzionale n. l\ndel 1948 e 23 della legge 87 del 1953, una valutazione sommaria tesa\na verificare la sussistenza di un dubbio plausibile sulla\ncostituzionalita\u0027 della disposizione che il giudice intende\napplicare; ne discende che, qualora tale profilo di opacita\u0027\nsussista, il giudice a qua ha l\u0027obbligo di rimettere la questione di\ncostituzionalita\u0027 alla Corte costituzionale con ordinanza di rinvio. \n Nella fattispecie in esame, si ritiene che l\u0027eccezione di\ncostituzionalita\u0027 sollevata dalla difesa non sia manifestamente\ninfondata, ritenendosi, per contro, evidente e cogente l\u0027astratta\ncollisione della disciplina derivante dal combinato disposto degli\narticoli 168-bis del codice penale, 550, comma secondo, del codice di\nprocedura penale e 73, comma quinto, del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 309 del 1990 con i menzionati parametri costituzionali. \n\n \n P.Q.M. \n \n Visti gli articoli 134 della Costituzione, l legge costituzionale\nn. 1/1948 e 23 ss. legge n. 87/1953, ritenuta la questione rilevante\ne non manifestamente infondata, \n \n Solleva \n \n questione di legittimita\u0027 costituzionale in relazione al\ncombinato disposto degli articoli 168-bis del codice penale, 550 del\ncodice di procedura penale e 73, comma quinto, decreto del Presidente\ndella Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per la violazione degli\narticoli 3 e 27, comma terzo della Costituzione, in particolare per\nil mancato inserimento alla lettera c) del comma I, dell\u0027art. 550 del\ncodice di procedura penale (casi di citazione diretta a giudizio)\ndella fattispecie di cui all\u0027art. 73, comma quinto, decreto del\nPresidente della Repubblica n. 309/1990. \n \n Sospende \n \n il giudizio in corso nei confronti dell\u0027imputato e il relativo\ntermine di prescrizione, fino alla definizione del giudizio\nincidentale di legittimita\u0027 costituzionale, con restituzione degli\natti al giudice procedente, \n \n Dispone \n \n l\u0027immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte\ncostituzionale, \n \n Manda \n \n alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al\nPresidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 per la comunicazione\nai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica\nc per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte\ncostituzionale. \n La Spezia, 13 marzo 2025 \n \n Il giudice: Gagliano","elencoNorme":[{"id":"63699","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura 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