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disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lett. b), n. 1), e 53, comma 1, del d. lgs. n. 446 del 1997, conformemente alla normativa dell\u0027Unione europea direttamente applicabile, si interpretano nel senso che le società di scopo, di cui all\u0027art. 194 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, costituite per svolgere attività di accertamento e di riscossione o attività di supporto a esse propedeutiche, non sono iscritte nell\u0027Albo di cui all\u0027art. 53 del d. lgs. n. 446 del 1997, laddove la società aggiudicataria del bando di gara per l\u0027affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, socia della stessa società di scopo risulti già iscritta nel predetto Albo – Previsione che gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle società di scopo sono da considerare legittimi in quanto emessi in luogo dell\u0027aggiudicatario, comunque tenuto a garantire in solido l\u0027adempimento di tutte le prestazioni erogate direttamente dalle predette società – Denunciata norma che non opera alcuna proroga dei termini dell’iscrizione, perché a monte, stabilisce il venir meno dell’obbligo dell’iscrizione all’Albo nel caso di società aggiudicatarie che presentino le indicate condizioni – Eccesso di delega per eccentricità dell’oggetto della norma rispetto al decreto-legge – Legislatore che interviene con una norma dichiaratamente interpretativa sui requisiti per l’iscrizione all’Albo ex art. 553 del d. lgs. n. 446 del 1997 prevedendo, al contempo, che tali requisiti siano oggetto di una revisione in virtù di un futuro regolamento, dando luogo a un ossimoro normativo – Previsione che nulla statuisce in riferimento all’ipotesi in cui il socio iscritto trasferisca ad altri la sua partecipazione – Tenore letterale della norma che, da un lato ,richiama il concetto di obbligazione solidale e, dall’altro, riferisce tale concetto all’esecuzione della prestazione, non permettendo di comprendere quale utilità potrebbe avere la società partecipante a partecipare alla procedura di affidamento con società terza da essa partecipata, qualora fosse tenuta a eseguire le stesse prestazioni della società partecipata – Disposizione che non contiene alcuna indicazione specifica della normativa europea alla quale intende fare riferimento – Disciplina incerta sotto il profilo interpretativo atteso il duplice riferimento alle società di progetto e di scopo, effettuato, in particolare, richiamando una disposizione attualmente vigente, vale a dire l’art. 194 del nuovo codice dei contratti pubblici e una non più vigente ossia l’art. 184 di tale codice nella precedente versione – Oscurità e indeterminatezza della norma – Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza – Lesione dei principi di legalità, tassatività e determinatezza – Introduzione di un regime differenziato dei requisiti previsti per le società di riscossione irragionevole e ingiustificato, con gravi ripercussioni sulla parità di concorrenza delle imprese – Contrasto con il principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione – Violazione della tutela del legittimo affidamento delle altre imprese che hanno partecipato alla gara, ritenendo necessario il possesso dei requisiti previsti dalla legge e in particolare di quelli a cui è condizionata l’iscrizione all’Albo di cui all’art. 53, del decreto legislativo n. 446 del 1997, delle società partecipanti – Previsione che permette alle società già affidatarie del servizio di moltiplicare le loro possibilità di partecipazione, con esito positivo, a gare, avvalendosi della costituzione di società di progetto – Abuso di posizione dominante – Lesione della libertà di iniziativa economica privata – Violazione del diritto della concorrenza tutelato dalla normativa europea di riferimento – Introduzione di una norma di carattere retroattivo, in assenza di imperative ragioni di interesse generale che incide su un giudizio in corso – Disposizione sopravvenuta, funzionale a superare un orientamento giurisprudenziale consolidato a mente del quale l’iscrizione all’Albo è stata sempre ritenuta indispensabile per la legittimazione del concessionario – Intervento legislativo che si colloca a notevole distanza temporale dalle disposizioni oggetto di interpretazione – Violazione del principio della parità delle armi processuali e del giusto processo.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Mario Michelino","prima_controparte":"Municipia spa","altre_parti":"Comune di Napoli, Municipia spa","testo_atto":"N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 giugno 2025\n\r\nOrdinanza del 13 giugno 2025 della Corte di giustizia  tributaria  di\nprimo grado di Napoli sul ricorso proposto da Mario Michelino  contro\nMunicipia spa. \n \nTributi - Imposta municipale  propria  (IMU)  -  Previsione  che  per\n  adeguare la disciplina relativa all\u0027albo di  cui  all\u0027art.  53  del\n  d.lgs. n. 446 del 1997 anche  alla  normativa  dell\u0027Unione  europea\n  direttamente applicabile, si procede alla revisione del regolamento\n  di cui al decreto del Ministro dell\u0027economia e delle finanze n. 101\n  del 2022, con regolamento da emanare entro centottanta giorni dalla\n  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di   conversione   del\n  decreto-legge n. 202 del 2024 - Previsione  che,  a  tal  fine,  le\n  disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lettera b), numero  1),\n  e 53, comma 1, del d.lgs.  n.  446  del  1997,  conformemente  alla\n  normativa  dell\u0027Unione   europea   direttamente   applicabile,   si\n  interpretano nel senso che le societa\u0027 di scopo,  di  cui  all\u0027art.\n  194 del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n.  36  del\n  2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184 del  codice  dei\n  contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, costituite per\n  svolgere attivita\u0027 di accertamento e di riscossione o attivita\u0027  di\n  supporto a esse propedeutiche, non sono iscritte nell\u0027albo  di  cui\n  all\u0027art. 53 del  d.lgs.  n.  446  del  1997,  laddove  la  societa\u0027\n  aggiudicataria del bando di gara per l\u0027affidamento del servizio  di\n  accertamento e di riscossione  delle  entrate  degli  enti  locali,\n  socia della stessa societa\u0027 di scopo,  risulti  gia\u0027  iscritta  nel\n  predetto albo - Previsione  che  gli  atti  di  accertamento  e  di\n  riscossione emessi dalle societa\u0027  di  scopo  sono  da  considerare\n  legittimi in quanto emessi in luogo  dell\u0027aggiudicatario,  comunque\n  tenuto a garantire in solido l\u0027adempimento di tutte le  prestazioni\n  erogate direttamente dalle predette societa\u0027. \n- Legge 21 febbraio 2025, n. 15, art.  3,  comma  14-septies  (recte:\n  decreto-legge 27 dicembre 2024, n.  202  (Disposizioni  urgenti  in\n  materia di termini normativi), convertito, con modificazioni, nella\n  legge 21 febbraio 2025, n. 15, art. 3, comma 14-septies). \n\n\r\n(GU n. 42 del 15-10-2025)\n\r\n \n        LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI I GRADO DI NAPOLI \n                              Sezione 1 \n \n    Riunita  in  udienza  il 15  maggio  2025  alle  ore   9,30,   in\ncomposizione monocratica: \n         Caputo Luca, Giudice monocratico \n    in data 15 maggio 2025 ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul\nricorso n. 24547/2024 depositato il  19  dicembre  2024  proposto  da\nMario Michelino -  MCHMRA70E29F839Y,  difeso  da  Mario  Michelino  -\nMCHMRA70E29F839Y     ed     elettivamente     domiciliato      presso\nmario@pec.studiomichelino.it \n    Contro Municipia  Spa -  01973900838  difeso  da  Fabio  Russo  -\nRSSFBA73D22B963I     ed     elettivamente     domiciliato      presso\nferconsulting@pec.it \n    Avente  ad   oggetto   l\u0027impugnazione   di:   SOLL_PAGAMENTO   n.\n20240002140650089459979 TARI 2020 a seguito di discussione in  Camera\ndi consiglio e visto il dispositivo n.  9421/2025  depositato  il  20\nmaggio 2025 \n \n                     Elementi in fatto e diritto \n \n    Premesso: \n        che con ricorso notificato il 10 dicembre 2024  e  depositato\nil 19 dicembre 2024, il ricorrente avv. Michelino Mario ha  impugnato\nil sollecito di pagamento relativo alla Tari dovuta nell\u0027anno 2020 n.\n20240002140650089459979 del 24 settembre 2024, notificato in  data  4\nnovembre 2024, emesso da Napoli Obiettivo Valore s.r.l.  e  Municipia\nS.p.a., dell\u0027importo complessivo di euro 768,45; \n        che, come primo motivo di ricorso, ha  dedotto,  la  nullita\u0027\ndell\u0027atto impugnato perche\u0027 emesso da Napoli Obiettivo Valore s.r.l.,\nsoggetto  non  iscritto  all\u0027albo  di  cui   all\u0027art.   53,   decreto\nlegislativo  15  dicembre  1997,  n.  446  (soggetti  abilitati  alla\nconcessione di attivita\u0027 di accertamento e  riscossione  dei  tributi\nlocali), ne\u0027 nella sezione separata dell\u0027albo introdotta dall\u0027art. 1,\ncomma 805, legge 27 dicembre 2019,  n.  160  (soggetti  che  svolgono\nesclusivamente attivita\u0027 di  supporto  a  quelle  di  accertamento  e\nriscossione); \n        che ha dedotto, inoltre, la nullita\u0027  dell\u0027atto  perche\u0027  non\naccompagnato dall\u0027allegazione dell\u0027atto di accertamento  sottostante,\natto che non sarebbe mai stato notificato; \n        che Municipia S.p.a., costituitasi in giudizio,  ha  eccepito\nl\u0027infondatezza del ricorso e, in  particolare,  quanto  alla  pretesa\nnullita\u0027 dell\u0027atto impugnato, che  «nessun  dubbio»  sussista  «sulla\nlegittimazione   del   concessionario   ex   legge   n.   15/2025   e\nCass.14335/25»,  avendo  «L\u0027intervento  della  Corte  (...)  chiarito\ndefinitivamente ogni dubbio  sulla  legittimita\u0027  dell\u0027operato  della\nNOV, quale societa\u0027 di progetto di Municipia, riconoscendo la  natura\ndi interpretazione autentica e dunque l\u0027efficacia  retroattiva  della\nnorma intervenuta, per porre fine  ad  di  una  situazione  di  grave\nincertezza che si era verificata»; \n        che, inoltre, Municipia S.p.a. ha eccepito l\u0027infondatezza del\nricorso,  per  intervenuta  notifica  dell\u0027avviso   di   accertamento\npregresso, che non sarebbe stato impugnato; \n        che il ricorrente, con memoria illustrativa, oltre a eccepire\nla tardivita\u0027 della costituzione in giudizio di Municipia S.p.a.  per\nviolazione dei termini ex art. 23, comma 3,  decreto  legislativo  n.\n546/92, ha ribadito l\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027atto per assenza del potere\nimpositivo in capo a Napoli Obiettivo Valore  s.r.l.,  deducendo  che\n«la medesima carenza di potere e\u0027 ravvisabile anche e viepiu\u0027 in capo\na  Municipia  S.p.a.  Vero  e\u0027  che  tale  societa\u0027  per  azioni   e\u0027\naggiudicataria,  in  forza  della  determinazione   dirigenziale   n.\nK1086/002 del 20 marzo 2023, della concessione  (tra  l\u0027altro)  delle\nattivita\u0027 di accertamento in favore del Comune di Napoli, ma e\u0027  vero\naltrettanto che, nel concreto, il contratto di concessione con  detto\nente locale non e\u0027 stato  stipulato  dalla  aggiudicataria  Municipia\nS.p.a., ma dalla sua «societa\u0027 di progetto» Napoli  Obiettivo  Valore\nS.r.l. (...) ha di fatto comportato la  cessazione  di  ogni  effetto\ngiuridico dell\u0027originario rapporto intercorrente tra Municipia S.p.a.\ne il Comune di Napoli»; \n        che con ordinanza del 23 maggio 2024, resa  nel  giudizio  n.\n6529/24 r.g., la Corte di Giustizia  Tributaria  di  primo  grado  di\nNapoli ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla  Corte  di\ncassazione, ai sensi dell\u0027art. 363-bis codice  di  procedura  civile,\nper la risoluzione della seguente  questione  di  diritto:  «dica  la\nCorte di cassazione se, in materia  tributaria,  secondo  la  lettura\ncostituzionalmente orientata dell\u0027art. 184 del decreto legislativo n.\n50/2016 (codice degli  appalti),  sia  validamente  ed  efficacemente\ncostituita   una   «societa\u0027   di   progetto»   avente   ad   oggetto\nl\u0027accertamento  e  la  riscossione  fiscale,  non  iscritta  (perche\u0027\nimpossibilitata a farlo) sia nell\u0027albo previsto dall\u0027art. 53  decreto\nlegislato n. 446/1997, che nella relativa sezione separata  dell\u0027art.\n1, comma 805, legge 27 dicembre 2019, n.  160,  sul  presupposto  che\nessa mutui dalla societa\u0027 aggiudicataria (iscritta nell\u0027albo predetto\ne socia unica della societa\u0027 di progetto) i requisiti prescritti  per\nlegge». \n        che, con decreto del 23  luglio  2024,  la  Prima  Presidente\ndella Corte di cassazione ha dichiarato  ammissibile  la  devoluzione\ndella questione alla Suprema Corte, in quanto relativa a  fattispecie\nsuscettibile di essere dedotta in un  contenzioso  vasto  e  diffuso,\nassegnandola alla Sezione Tributaria per l\u0027enunciazione del principio\ndi diritto; \n        che, con ordinanza del 13 marzo 2025, preso  atto  del  fatto\nche  tra  le  questioni  oggetto  di  ricorso  vi  era  anche  quella\nconcernente la legittimita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 posta in essere da  Napoli\nObiettivo Valore s.r.l. e dell\u0027imminenza della decisione della  Corte\ndi cassazione,  che  in  data  22  gennaio  2025  aveva  trattato  la\nquestione  oggetto  di  rinvio  pregiudiziale,  il  procedimento  era\nrinviato a nuovo ruolo «al fine di consentire, anche  per  assicurare\nil rispetto  del  principio  di  nomofilachia,  che  sulla  questione\nconcernente la legittimazione di Napoli Obiettivo Valore si  pronunci\nla Suprema Corte»; \n        che con legge 21 febbraio 2025, n. 15, pubblicata in Gazzetta\nUfficiale  del  24  febbraio  2025,  n.  45,   di   conversione   del\ndecreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202 (c.d.  decreto  «milleproroghe\n2025»), e\u0027 stato previsto, all\u0027art.  3  comma  14-septies,  che  «Per\nl\u0027anno 2025, il termine del 31 marzo, di cui all\u0027art.  12,  comma  1,\nlettera  a),  del  regolamento  di  cui  al  decreto   del   Ministro\ndell\u0027economia e delle finanze 13 aprile 2022, n. 101, e\u0027 prorogato al\n30 settembre 2025. \n    Al fine di  adeguare  la  disciplina  relativa  all\u0027albo  di  cui\nall\u0027art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.  446,  anche\nalla  normativa  dell\u0027Unione  europea  direttamente  applicabile,  si\nprocede alla revisione del regolamento di cui al decreto del Ministro\ndell\u0027economia e delle finanze 13 aprile 2022, n. 101, con regolamento\nda emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore\ndella legge di conversione del  presente  decreto.  A  tal  fine,  le\ndisposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, lettera b), numero 1),\ne 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, conformemente\nalla  disciplina   recata   dalla   normativa   dell\u0027Unione   europea\ndirettamente applicabile, si interpretano nel senso che  le  societa\u0027\ndi scopo, di cui all\u0027art. 194 del codice dei contratti  pubblici,  di\ncui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, o  di  progetto,  di\ncui al previgente art. 184 del codice dei contratti pubblici, di  cui\nal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, costituite per svolgere\nattivita\u0027 di accertamento e di riscossione o attivita\u0027 di supporto ad\nesse propedeutiche, non sono iscritte nell\u0027albo di  cui  all\u0027art.  53\ndel  decreto  legislativo  n.  446  del  1997,  laddove  la  societa\u0027\naggiudicataria del bando di gara per l\u0027affidamento  del  servizio  di\naccertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali,  socia\ndella stessa societa\u0027 di scopo risulti  gia\u0027  iscritta  nel  predetto\nalbo. Gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle societa\u0027\ndi scopo di cui al precedente periodo sono da  considerare  legittimi\nin quanto emessi in  luogo  dell\u0027aggiudicatario,  comunque  tenuto  a\ngarantire in solido l\u0027adempimento di  tutte  le  prestazioni  erogate\ndirettamente dalle predette societa\u0027»; \n        che, con sentenza n. 7495 del 20  marzo  2025,  la  Corte  di\ncassazione, Sezione tributaria, ha dichiarato inammissibile il rinvio\npregiudiziale proprio in conseguenza  dell\u0027entrata  in  vigore  della\ncitata disposizione; infatti, dopo averla  richiamata,  la  Corte  di\ncassazione ha osservato che «Il legislatore  e\u0027  dunque  direttamente\nintervenuto, con norma dichiaratamente interpretativa, a chiarire  il\nsignificato  e  la  portata  della  disposizione  oggetto  di  rinvio\npregiudiziale, in modo  tale  che  quest\u0027ultimo  risulta  privo,  per\neffetto dello jus superveniens, di uno dei suoi presupposti tipici ed\nessenziali, costituito dalla presenza, nella  questione  dedotta,  di\n«gravi difficolta\u0027 interpretative» ex art. 363-bis, primo  comma,  n.\n2) codice procedura civile»; sulla base di cio\u0027, quindi,  la  Suprema\nCorte  ha  dichiarato  l\u0027inammissibilita\u0027  del  rinvio  pregiudiziale\nmedesimo, restituendo gli atti al giudice remittente; \n    Considerato: \n        che il sollecito di pagamento impugnato nel giudizio e\u0027 stato\nemesso sia da Napoli Obiettivo Valore s.r.l. che da Municpia S.p.a.; \n        che il sollecito  di  pagamento  e\u0027  impugnabile  innanzi  al\ngiudice tributario in  virtu\u0027  della  previsione  espressa  contenuta\nnell\u0027art. 19, comma 1, lettera e), decreto legislativo n. 546/92; \n        che l\u0027avviso di accertamento esecutivo Tari - anno  2020  per\nomesso/parziale versamento prot. n. 965/19565 del 20 novembre 2023, a\ncui si riferisce il sollecito di pagamento impugnato, risulta  emesso\ne notificato esclusivamente da Napoli Obiettivo Valore  s.r.l.,  come\nsi  evince  agevolmente  dall\u0027esame  dell\u0027atto,  e   in   particolare\ndall\u0027intestazione e dalla sottoscrizione dello stesso; \n        che, nel presente giudizio si chiede in  via  principale  che\nl\u0027adita    Corte    di    giustizia    tributaria     dichiari     la\nnullita\u0027/illegittimita\u0027  dell\u0027atto  impugnato   perche\u0027   emesso   da\nsoggetto, la Napoli Obiettivo Valore s.r.l. non iscritto nell\u0027albo di\ncui all\u0027art.  53,  decreto  legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446\n(soggetti abilitati alla concessione di attivita\u0027 di  accertamento  e\nriscossione dei tributi locali), ne\u0027 nella sezione separata dell\u0027albo\nintrodotta dall\u0027art. 1, comma 805, legge 27  dicembre  2019,  n.  160\n(soggetti che svolgono esclusivamente attivita\u0027 di supporto a  quelle\ndi accertamento e riscossione); \n        che, in  ogni  caso,  aldila\u0027  della  validita\u0027  o  meno  del\nsollecito di pagamento impugnato, che risulta  emesso  congiuntamente\nda Napoli Obiettivo Valore s.r.l. e Municipia S.p.a., e\u0027 rilevante  e\ndecisiva la questione concernente la validita\u0027 o  meno  dell\u0027atto  di\naccertamento  sotteso  al  sollecito  di  pagamento,  atteso  che  e\u0027\nspecifico motivo di ricorso la mancata emissione e notifica di valido\navviso di accertamento; \n        che l\u0027atto di accertamento sotteso  al  sollecito  impugnato,\ncome evidenziato,  risulta  emesso  e  notificato  esclusivamente  da\nNapoli Obiettivo Valore s.r.l.; \n        che anche dopo il deposito di tale atto, parte ricorrente  ha\ninsistito nell\u0027accoglimento del ricorso  ribadendo,  secondo  la  sua\nprospettazione,   la   nullita\u0027/illegittimita\u0027   dell\u0027attivita\u0027    di\naccertamento e riscossione posta in essere da Napoli Obiettivo Valore\ns.r.l.; \n        che, quindi, la questione concernente  la  validita\u0027  o  meno\ndell\u0027attivita\u0027 di  riscossione  svolta  da  Napoli  Obiettivo  Valore\ns.r.l. e\u0027 certamente rilevante nel caso di specie, atteso  che  dalla\nrelativa interpretazione dipende l\u0027esito della controversia; \n    Considerato  che,   pertanto,   nel   presente   giudizio   trova\napplicazione l\u0027art. 3, comma 14-septies della  legge  n.  15  del  21\nfebbraio  2025  -  il  cui  contenuto  si  e\u0027  innanzi  integralmente\ntrascritto -  e  che  tale  disposizione  presenti  piu\u0027  profili  di\npossibile illegittimita\u0027 costituzionale; \n    Ritenuto \n        che, piu\u0027 specificatamente, l\u0027art. 3, comma 14-septies  della\nlegge  n.  15  del  21  febbraio  2025  presenti  profili  di  dubbia\ncostituzionalita\u0027 per i motivi di seguito esposti: \n1 - Violazione art. 76 della Costituzione -  Eccesso  di  delega  sub\nspecie di eccentricita\u0027 dell\u0027oggetto della norma rispetto al  decreto\nmilleproroghe \n    1a) Com\u0027e\u0027 noto, l\u0027incostituzionalita\u0027 delle leggi per eccesso di\ndelega rappresenta uno dei vizi piu\u0027 significativi nel  controllo  di\ncostituzionalita\u0027 degli atti normativi del Governo emanati  in  forza\ndi delegazione legislativa. \n    L\u0027eccesso di delega trova il suo fondamento  nell\u0027art.  76  della\nCostituzione, secondo cui «l\u0027esercizio della funzione legislativa non\npuo\u0027 essere delegato al Governo se non con determinazione di principi\ne criteri direttivi e soltanto  per  tempo  limitato  e  per  oggetti\ndefiniti». \n    La ratio dell\u0027eccesso di delega e\u0027 strettamente connessa al fatto\nche  la  delega  legislativa  costituisce  un\u0027eccezione  rispetto  al\nprincipio generale secondo cui la funzione legislativa  e\u0027  riservata\nalle Camere, in conformita\u0027 con quanto previsto  dall\u0027art.  77  della\nCostituzione; cio\u0027 allo scopo di assicurare il rispetto del principio\ndemocratico e della separazione dei poteri, garantendo che le  scelte\nlegislative fondamentali siano riservate al Parlamento. \n    Come ha osservato la Corte costituzionale nella  sentenza  n.  22\ndel 2024, infatti, «la delegazione legislativa, possibilita\u0027 prevista\nin Costituzione, si pone come deroga del canone opposto secondo  cui,\nin generale, l\u0027esercizio della funzione legislativa non  puo\u0027  essere\ndelegato al Governo». \n    Passando piu\u0027 specificamente a individuare i possibili limiti che\nincontra la legislazione delegata secondo  la  ricostruzione  operata\ndalla  Corte  costituzionale,  si  e\u0027  osservato  che  «il  sindacato\ncostituzionale sulla delega legislativa deve svolgersi attraverso  un\nconfronto tra  gli  esiti  di  due  processi  ermeneutici  paralleli,\nriguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l\u0027oggetto, i\nprincipi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e,\ndall\u0027altro, le disposizioni stabilite dal  legislatore  delegato,  da\ninterpretarsi nel significato compatibile con i principi e i  criteri\ndirettivi della delega» (Corte costituzionale, sentenza n. 149/2024);\nancora piu\u0027 specificamente, con riferimento alle  modalita\u0027  in  base\nalle quali deve svolgersi questo confronto, la  Corte  costituzionale\nha osservato che «il controllo sul superamento dei limiti posti dalla\nlegge di delega va  operato  partendo  dal  dato  letterale  per  poi\nprocedere ad una indagine sistematica e teleologica per verificare se\nl\u0027attivita\u0027 del legislatore delegato, nell\u0027esercizio del  margine  di\ndiscrezionalita\u0027 che  gli  compete  nell\u0027attuazione  della  legge  di\ndelega, si sia inserito  in  modo  coerente  nel  complessivo  quadro\nnormativo,  rispettando  la  ratio  della  norma  delegante»   (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 7/2024). \n    Quanto alla discrezionalita\u0027 di cui gode il legislatore delegato,\nla Corte costituzionale,  pur  riconoscendo  la  sussistenza  di  uno\nspazio per l\u0027attivita\u0027 di «riempimento normativo», ha  precisato  che\nil legislatore delegato non gode di una discrezionalita\u0027  illimitata,\ndovendo quest\u0027ultima, e  il  relativo  grado  di  minore  o  maggiore\nampiezza, essere valutati in relazione al grado di  specificita\u0027  dei\ncriteri fissati nella legge delega (Corte costituzionale, sentenza n.\n166/2023); occorrendo, in particolare, per  verificare  se  la  norma\ndelegata risulti o meno coerente con la legge  delega,  accertare  in\nvia preliminare la ratio di quest\u0027ultima. \n    Inoltre, risulta particolarmente rilevante quanto affermato dalla\ngiurisprudenza della Corte costituzionale secondo  cui,  in  sede  di\nconversione  di  un  decreto-legge,  il  Governo  non  puo\u0027  inserire\nemendamenti che  siano  del  tutto  avulsi  dell\u0027originario  decreto,\nsottraendo cosi\u0027 alla normale  dialettica  e  confronto  parlamentare\nl\u0027innovazione legislativa. \n    Cosi\u0027, tra le altre, Corte  costituzionale,  sentenza  n.  2  del\n2012, che ha statuito che «E\u0027 costituzionalmente  illegittimo  l\u0027art.\n2, comma 2-quater,  del  decreto-legge  29  dicembre  2010,  n.  225,\nconvertito in legge, con modificazioni, dall\u0027art. 1, comma  1,  della\nlegge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte  in  cui  introduce  comma\n5-quinquies, primo periodo, nell\u0027art. 5 della legge 24 febbraio 1992,\nn.  225  che,  per  effetto  di  emendamenti  approvati  in  sede  di\nconversione,  non   facevano   parte   del   testo   originario   del\ndecreto-legge sottoposto alla firma del Presidente della  Repubblica,\nregolando i rapporti finanziari tra Stato e  Regioni  in  materia  di\nprotezione civile non con riferimento ad uno o piu\u0027 specifici  eventi\ncalamitosi, o in relazione a situazioni gia\u0027 esistenti e bisognose di\nurgente intervento normativo, ma in via generale e ordinamentale  per\ntutti i casi futuri di possibili eventi calamitosi, di  cui  all\u0027art.\n2, comma 1, lettera c), della legge n. 225 del  1992,  e  dunque  una\nnormativa «a regime», del tutto slegata da  contingenze  particolari,\ninserita tuttavia nella legge  di  conversione  di  un  decreto-legge\ndenominato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e\ndi interventi urgenti  in  materia  tributaria  e  di  sostegno  alle\nimprese  e  alle  famiglie»,  con  palese  estraneita\u0027  delle   norme\nimpugnate rispetto all\u0027oggetto e  alle  finalita\u0027  del  decreto-legge\ncosiddetto «milleproroghe», trattandosi di un frammento, relativo  ai\nrapporti finanziari, della disciplina generale e sistematica, tuttora\nmancante, del riparto delle  funzioni  e  degli  oneri  tra  Stato  e\nRegioni in materia di protezione civile; con  il  che\u0027  l\u0027inserimento\ndelle norme denunciate, stante il  loro  carattere  di  eterogeneita\u0027\nrispetto all\u0027oggetto o alla finalita\u0027 del decreto  spezza  il  legame\nlogico-giuridico tra la valutazione fatta  dal  Governo  dell\u0027urgenza\ndel provvedere ed «i provvedimenti provvisori con forza di legge», di\ncui al secondo comma dell\u0027art. 77 della Costituzione, il quale impone\nil collegamento dell\u0027intero decreto-legge al  caso  straordinario  di\nnecessita\u0027  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi\ndell\u0027eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza\nprevia delegazione da parte del Parlamento. In definitiva,  l\u0027innesto\nnell\u0027iter di conversione  dell\u0027ordinaria  funzione  legislativa  puo\u0027\ncertamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale,\na patto  di  non  spezzare  il  legame  essenziale  tra  decretazione\nd\u0027urgenza e potere di conversione; ne discende  che  se  tale  legame\nviene  interrotto,  la  violazione  dell\u0027art.  77,   secondo   comma,\nCostituzione, non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita\u0027\ne urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio  per  essere\nestranee e inserite successivamente, non possono  collegarsi  a  tali\ncondizioni  preliminari,  ma  per  l\u0027uso  improprio,  da  parte   del\nParlamento, di un potere che la  Costituzione  gli  attribuisce,  con\nspeciali modalita\u0027 di procedura, allo scopo tipico di  convertire,  o\nnon, in legge un decreto-legge». \n    1b) Cio\u0027 posto sul piano generale, deve osservarsi che  nel  caso\ndi specie la norma in esame e\u0027 stata inserita in sede di  conversione\ndel decreto-legge 27 dicembre 2024,  n.  202,  recante  «Disposizioni\nurgenti  in  materia  di  termini  normativi»  (c.d.  Milleproroghe),\ndecreto adottato  in  via  d\u0027urgenza  nel  presupposto  della  «(...)\nstraordinaria necessita\u0027 e urgenza di provvedere alla  proroga,  alla\nrevisione o all\u0027abrogazione di termini di prossima scadenza  al  fine\ndi garantire la continuita\u0027 dell\u0027azione  amministrativa,  nonche\u0027  di\nadottare misure essenziali per l\u0027efficienza e l\u0027efficacia dell\u0027azione\ndelle pubbliche amministrazioni». \n    Come evidenziato, la norma in questione interviene, per la  parte\nche rileva in questa sede, sulla disciplina dei requisiti che  devono\npossedere le societa\u0027 iscritte all\u0027albo di cui al decreto legislativo\nn.  446/97,  prevedendo,   con   una   disposizione   dichiaratamente\ninterpretativa, ma in realta\u0027 palesemente innovativa, che determinati\nsoggetti non debbano essere iscritte al  suddetto  albo  «laddove  la\nsocieta\u0027 aggiudicataria del  bando  di  gara  per  l\u0027affidamento  del\nservizio di accertamento e di riscossione delle  entrate  degli  enti\nlocali, socia della stessa societa\u0027 di scopo  risulti  gia\u0027  iscritta\nnel predetto albo». \n    E\u0027 evidente, quindi, che la norma in questione non  opera  alcuna\nproroga  dei  termini  dell\u0027iscrizione,  perche\u0027,  anzi,   a   monte,\nstabilisce il venir meno dell\u0027obbligo  dell\u0027iscrizione  all\u0027albo  nel\ncaso  di  societa\u0027  aggiudicatarie  che  presentino   le   condizioni\nindicate. \n    Si tratta, quindi, di una norma che non presenta alcuna attinenza\ncon il presupposto stesso, e quindi con l\u0027oggetto della legge delega,\noltre che con le finalita\u0027 perseguite da quest\u0027ultima. \n2 - Violazione degli articoli 3, 25, 76 e  97  della  Costituzione  -\nOscurita\u0027 e indeterminatezza della norma \n    2a) La norma in questione presenta profili di incostituzionalita\u0027\nanche in termini di oscurita\u0027 e indeterminatezza della stessa. \n    Com\u0027e\u0027 noto, la possibilita\u0027 di dichiarare  l\u0027incostituzionalita\u0027\ndelle leggi per oscurita\u0027  della  norma  coinvolge  principi  cardine\ndello Stato  di  diritto  e  in  particolare  quello  della  certezza\ngiuridica. \n    Dall\u0027esame della giurisprudenza costituzionale e di  legittimita\u0027\nemerge la sussistenza di un orientamento  consolidato  che  riconosce\nnell\u0027oscurita\u0027 normativa un vizio di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Il principio di determinatezza delle norme  giuridiche  trova  il\nsuo fondamento costituzionale negli articoli 3, 25, secondo comma,  e\n97 della Costituzione e nell\u0027art. 7  della  Convenzione  europea  dei\ndiritti dell\u0027uomo. \n    Ancora, il quadro normativo  di  riferimento  include  l\u0027art.  76\ndella Costituzione, che richiede  la  determinazione  di  principi  e\ncriteri direttivi per la delega legislativa, e l\u0027art.  1  del  codice\npenale, che sancisce  il  principio  di  legalita\u0027  penale.  Inoltre,\nl\u0027art. 2 dello Statuto del contribuente stabilisce specifici obblighi\ndi chiarezza e trasparenza per le disposizioni tributarie. \n    In particolare, la Corte costituzionale  ha  affermato  che  «una\ndisposizione normativa radicalmente oscura e inintelligibile nel  suo\nsignificato precettivo si pone  in  contrasto  con  il  principio  di\nragionevolezza  di  cui  all\u0027art.  3   della   Costituzione»   (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 110/2023). \n    Piu\u0027 specificamente, con tale decisione il giudice delle leggi ha\ndichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell\u0027art. 3\ndella Costituzione, l\u0027art. 7, comma 18, della legge regionale  Molise\nn.  8  del  2022,  disposizione  che  in  materia  edilizia  consente\ndeterminati interventi «previa V.A.», in  quanto  «costituita  da  un\nenunciato affetto da radicale  oscurita\u0027,  in  quanto  caratterizzata\ndall\u0027abbondanza di termini imprecisi, senza che si colleghi ad  alcun\ncorpo normativo preesistente, impedendo la possibilita\u0027 di utilizzare\nlo strumento  dell\u0027interpretazione  sistematica,  riferendosi  a  una\nprocedura identificata con un acronimo incomprensibile,  il  predetto\n\"V.A.\", oggetto di due diverse letture da parte della  stessa  difesa\nregionale». \n    In tale  occasione  la  Corte  costituzionale  ha  osservato  che\n«Sebbene ogni enunciato normativo presenti margini piu\u0027 o  meno  ampi\ndi incertezza circa il suo ambito di  applicazione,  senza  che  cio\u0027\ncomporti, di per se\u0027, la sua  illegittimita\u0027  costituzionale  (e  non\npossa, ugualmente, ritenersi contrario all\u0027art. 3 della  Costituzione\nil   ricorso   da   parte   della   legge   a   clausole    generali,\nprogrammaticamente  aperte  a  processi  di   specificazione   e   di\nconcretizzazione giurisprudenziale o il ricorso a concetti tecnici  o\ndi difficile comprensione per chi non  possieda  speciali  competenze\ntecniche),  nel  caso  in  cui  il  significato   delle   espressioni\nutilizzate   in   una   disposizione,    nonostante    ogni    sforzo\ninterpretativo,  compiuto  sulla  base  di  tutti  i  comuni   canoni\nermeneutici, rimanga del tutto oscuro, con il  risultato  di  rendere\nimpossibile all\u0027interprete identificare anche solo un nucleo centrale\ndi ipotesi riconducibili con ragionevole  certezza  alla  fattispecie\nnormativa astratta, si determina un contrasto con i requisiti  minimi\ndi razionalita\u0027 dell\u0027azione legislativa necessari alla  tutela  della\nliberta\u0027 e della sicurezza dei cittadini.  In  tal  caso,  l\u0027assoluta\nindeterminatezza dei contorni e i contenuti vaghi e imprecisi pongono\nil   destinatario   nell\u0027impossibilita\u0027   di   rendersi   conto   del\ncomportamento doveroso cui attenersi per evitare di  soggiacere  alle\nconseguenze  della  sua  inosservanza,  impedendo  all\u0027interprete  di\nesprimere un giudizio di corrispondenza  sorretto  da  un  fondamento\ncontrollabile nella  operazione  ermeneutica  di  riconduzione  della\nfattispecie concreta alla previsione normativa  e  minando  l\u0027obbligo\nimposto al legislatore di  formulare  norme  concettualmente  precise\nsotto il profilo semantico della chiarezza e  della  intellegibilita\u0027\ndei termini impiegati. Alla stregua  di  quanto  avviene  in  materia\npenale e in linea con quanto riconosciuto in altri  ordinamenti,  una\ndisposizione, statale o regionale, che presenti indeterminatezza  dei\nsuoi presupposti applicativi, non rimediabile tramite  gli  strumenti\ndell\u0027interpretazione, non fornisce alcun  affidabile  criterio  guida\nnella  valutazione,  da  parte  della  pubblica  amministrazione,  se\nassentire o  meno  un  dato  intervento  richiesto  dal  privato,  in\ncontrasto con il principio di legalita\u0027 dell\u0027azione amministrativa  e\ncon esigenze minime di eguaglianza di trattamento tra  i  consociati.\nIn questo modo, si rende arduo al privato  lo  stesso  esercizio  del\ndiritto  di  difesa  in  giudizio  contro  l\u0027eventuale  provvedimento\nnegativo    della    pubblica     amministrazione,     in     ragione\ndell\u0027indeterminatezza  dei  presupposti  della  legge  che   dovrebbe\nassicurargli tutela contro l\u0027uso  arbitrario  della  discrezionalita\u0027\namministrativa». \n    La Corte costituzionale, in sintesi, ha chiarito che, sebbene sia\nfisiologica la presenza  negli  enunciati  normativi  di  margini  di\nincertezza interpretativa e sia  consentito  il  ricorso  a  clausole\ngenerali e a concetti tecnici, una norma il cui  significato  rimanga\ndel tutto incomprensibile nonostante ogni sforzo ermeneutico viola  i\nrequisiti minimi di razionalita\u0027 dell\u0027azione legislativa. \n    Tale limite, come emerge dalla richiamata decisione  n.  110  del\n2023 e\u0027 sostanzialmente riconducibile a tre ordini di ragioni: \n        la necessita\u0027  di  garantire  il  diritto  dei  consociati  a\nconoscere ex ante e in modo ragionevolmente affidabile i limiti entro\ncui i loro diritti e interessi trovano tutela; \n        la necessita\u0027 di assicurare  il  rispetto  del  principio  di\nlegalita\u0027 e di separazione dei poteri, perche\u0027 una norma radicalmente\noscura vincola solo in maniera apparente il potere  amministrativo  e\ngiudiziario, violando il principio di legalita\u0027 e la separazione  dei\npoteri; \n        la necessita\u0027 di assicurare  il  rispetto  del  principio  di\nparita\u0027 di trattamento, perche\u0027 l\u0027indeterminatezza della  norma  crea\nle condizioni per un\u0027applicazione diseguale della stessa. \n    Si tratta di un principio/limite che trova certamente le maggiori\napplicazioni nell\u0027ambito del diritto penale, in cui si  ricollega  al\nprincipio di legalita\u0027 e tassativita\u0027 di  cui  all\u0027art.  25,  secondo\ncomma, Costituzione; cio\u0027 e\u0027 stato ribadito, anche recentemente,  con\nla sentenza n. 54/2024 della Corte  costituzionale,  con  cui  si  e\u0027\naffermata la necessita\u0027  di  assicurare  il  rispetto  dei  requisiti\nminimi  di  chiarezza  e  precisione   che   debbono   possedere   le\ndisposizioni  incriminatrici,  «in  forza  -  in  particolare  -  del\nprincipio di legalita\u0027 e tassativita\u0027 di  cui  all\u0027art.  25,  secondo\ncomma, Costituzione», da cui deriva  un  «imperativo  costituzionale,\nrivolto al legislatore, di formulare  norme  concettualmente  precise\nsotto il profilo semantico della  chiarezza  e  dell\u0027intellegibilita\u0027\ndei termini impiegati». \n    Del   resto,   esso   trova   richiami   costanti   anche   nella\ngiurisprudenza di  legittimita\u0027:  la  Corte  di  cassazione,  Sezioni\nUnite,  con  la  sentenza  n.  36258  del  2012  ha   affermato   che\n«l\u0027indeterminatezza normativa del legislatore costringe il giudice  a\nuna inevitabile \"tautologia interpretativa\"», con la conseguenza  che\nprecetti  penali  cosi\u0027  aspecificamente  formulati   finiscono   con\nl\u0027entrare in conflitto anche con l\u0027art. 54 della Costituzione,  comma\n1, poiche\u0027 non e\u0027 possibile osservare leggi che non  siano  chiare  e\ncomprensibili nel loro contenuto. \n    Ancora, nella sentenza della Corte di cassazione - Quinta sezione\npenale  n.  8190/2019  si  e\u0027  affermato  che  la  violazione   delle\nprescrizioni generiche di «vivere onestamente» e  di  «rispettare  le\nleggi» non configura reato, in quanto «il difetto di determinatezza e\ntassativita\u0027 di tali  prescrizioni  generiche  le  rende  inidonee  a\ninfluire sul comportamento del destinatario e a fondare  un  addebito\ndi colpevolezza». \n    Non mancano, inoltre, applicazioni di questo principio  anche  in\nmateria tributaria, nella quale la giurisprudenza  ha  sviluppato  il\nconcetto di «incertezza normativa oggettiva» come causa di  esenzione\ndalle sanzioni amministrative. Come chiarito dalla recente  decisione\nn.  791/2025  della  Corte   di   cassazione,   Sezione   tributaria,\nl\u0027incertezza   normativa   oggettiva    e\u0027    caratterizzata    dalla\nimpossibilita\u0027 di individuare con sicurezza ed univocamente la  norma\ngiuridica nel cui ambito il caso di specie e\u0027 sussumibile. \n    La  Corte  di  cassazione  ha  individuato   specifici   «indici»\nrivelatori dell\u0027incertezza normativa,  tra  cui:  la  difficolta\u0027  di\nindividuazione  delle  disposizioni  normative;  la  difficolta\u0027   di\ndeterminazione  del  significato  della  formula   dichiarativa;   la\nmancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorieta\u0027;\nl\u0027assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorieta\u0027  delle\ncircolari; la mancanza di precedenti  giurisprudenziali;  l\u0027esistenza\ndi orientamenti giurisprudenziali contrastanti. \n    2b) Cio\u0027 posto sul piano generale,  e\u0027  opportuno  richiamare  il\ndato testuale dell\u0027art. 3, comma 14-septies della legge  21  febbraio\n2025; quest\u0027ultimo prevede, per un verso, che, «Al fine  di  adeguare\nla disciplina relativa  all\u0027albo  di  cui  all\u0027art.  53  del  decreto\nlegislativo  15  dicembre  1997,  n.  446,   anche   alla   normativa\ndell\u0027Unione  europea  direttamente  applicabile,  si   procede   alla\nrevisione  del  regolamento  di   cui   al   decreto   del   Ministro\ndell\u0027economia e delle finanze 13 aprile 2022, n. 101, con regolamento\nda emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore\ndella legge di conversione del presente decreto» e, per altro  verso,\ncontestualmente dispone che «A tal fine, le disposizioni di cui  agli\narticoli 52, comma 5, lettera b), numero  1),  e  53,  comma  1,  del\ndecreto legislativo n. 446 del 1997,  conformemente  alla  disciplina\nrecata dalla normativa dell\u0027Unione europea direttamente  applicabile,\nsi interpretano nel senso che (...)». \n    Con la disposizione in esame, quindi, il legislatore, da un lato,\nrinvia ad  un  futuro  regolamento  ai  fini  della  revisione  della\ndisciplina  concernente  l\u0027albo  di  cui  all\u0027art.  53  del   decreto\nlegislativo n. 15 dicembre 1997, n. 446,  anche  per  adeguarla  alla\nnormativa dell\u0027Unione europea direttamente applicabile e,  dall\u0027altro\nlato, prevede, contestualmente, con una disposizione  dichiaratamente\ninterpretativa  che,  come  tale,  certamente  non  puo\u0027  necessitare\ndell\u0027adozione di regolamenti ad hoc per poter avere efficacia, che la\nmedesima disciplina di cui all\u0027art. 53  del  decreto  legislativo  n.\n446/1997 vada interpretata in un determinato modo,  ossia  nel  senso\ndella  non  necessita\u0027  dell\u0027iscrizione  all\u0027albo   per   determinate\nsocieta\u0027 in presenza delle condizioni previste dalla legge medesima. \n    E\u0027 evidente che si e\u0027 in presenza di una palese contraddizione in\ntermini, di una sorta di «ossimoro normativo», laddove il legislatore\ninterviene con una norma dichiaratamente interpretativa sui requisiti\nper l\u0027iscrizione all\u0027albo ex art.  553  del  decreto  legislativo  n.\n446/97 prevedendo, al contempo, che tali requisiti siano  oggetto  di\nuna  revisione  in  virtu\u0027  di  un  regolamento   che,   al   momento\ndell\u0027entrata in vigore della norma, e\u0027 aldila\u0027 da venire;  si  tratta\ndi una situazione di conflitto «interno» al dato letterale che appare\nirrisolvibile in via interpretativa  e  che  determina,  quindi,  una\nsituazione di assoluta incertezza normativa. \n    Inoltre, contribuisce all\u0027incertezza normativa il fatto che nulla\ne\u0027 stato statuito in riferimento all\u0027ipotesi in cui il socio iscritto\ntrasferisca ad altri la sua partecipazione; il che  potrebbe,  almeno\nastrattamente, avvenire in favore di societa\u0027  non  iscritte  e  alle\nconseguenze che deriverebbero in questi casi;  potendosi  ipotizzare,\nad esempio, che si configuri un  problema  di  nullita\u0027  sopravvenuta\ndegli atti posti in essere dalla societa\u0027  di  riscossione  risultata\nnon piu\u0027 iscritta, neanche indirettamente, all\u0027albo istituito  presso\nil MEF. \n    Ancora, risulta parimenti generica la previsione secondo  cui  il\nsocio iscritto e\u0027 «tenuto a  garantire  in  solido  l\u0027adempimento  di\ntutte le prestazioni erogate direttamente dalle  predette  societa\u0027»:\nper un verso, infatti, il tenore letterale della  norma  richiama  il\nconcetto di obbligazione solidale e, per altro verso, riferisce pero\u0027\ntale  concetto  all\u0027esecuzione  della  prestazione.   Non   e\u0027   dato\ncomprendere, quindi, sotto questo profilo,  quale  utilita\u0027  potrebbe\navere per la societa\u0027 partecipante,  partecipare  alla  procedura  di\naffidamento con societa\u0027 terza da essa partecipata se si considerasse\ntenuta a eseguire le medesime prestazioni della societa\u0027 partecipata;\ndiversamente, se si interpretasse la norma nel senso di prevedere una\nforma di garanzia delle obbligazioni scaturenti dall\u0027esecuzione delle\nprestazioni dovute e non gia\u0027 come  coobbligata  ad  eseguire  queste\nultime, allora dovrebbe  ipotizzarsi  che  la  societa\u0027  partecipante\niscritta sia garante non rispetto  alla  posizione  dei  contribuenti\nche,  almeno  sul   piano   teorico,   potrebbero   vantare   pretese\nrisarcitorie   per   un   utilizzo    illecito    del    potere    di\naccertamento/riscossione di una societa\u0027 da parte di una societa\u0027 non\niscritta; societa\u0027 che, alla luce di quanto evidenziato, risulterebbe\nsottratta a forme di controllo diretto e non in possesso, ad esempio,\ndei requisiti finanziari come la  presenza  di  un  capitale  sociale\nadeguato, previsto anche a tutela dei contribuenti medesimi. \n    Inoltre, la norma in esame  risulta  particolarmente  vaga  nella\nparte in cui prevede che «Al fine di adeguare la disciplina  relativa\nall\u0027albo di cui all\u0027art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997,\nn.  446,  anche  alla  normativa  dell\u0027Unione  europea   direttamente\napplicabile (...)»; essa, infatti, non  contiene  alcuna  indicazione\nspecifica  della  normativa   europea   alla   quale   intende   fare\nriferimento,  il  che  non  consente  neanche  di   comprendere   con\nprecisione  a  quale  specifica  finalita\u0027  si  intenda  riferire  il\nlegislatore nel richiamare la disciplina europea. \n    Il riferimento alla normativa europea risulta ancora piu\u0027  oscuro\nse si considera, come si osservera\u0027 da qui  a  breve,  che  la  norma\nrichiama  l\u0027art.  184  del  codice  dei  contratti   pubblici   nella\nformulazione  introdotta  dal  decreto  legislativo  n.  50/2016,  in\nrelazione al quale, con riferimento alla previsione di termini minimi\nper la ricezione delle domande  di  partecipazione  e  delle  offerte\nnelle procedure a  fasi  successive,  si  e\u0027  posto  un  problema  di\ncompatibilita\u0027  con  i  termini  minimi  stabiliti  dalla   direttiva\n2014/23/UE, che la norma italiana e\u0027 tenuta a rispettare; tant\u0027e\u0027 che\nla nuova formulazione dell\u0027art. 184 ad opera  del  nuovo  codice  dei\ncontratti pubblici (decreto legislativo n. 30/2023) fa  ora  espresso\nriferimento ai «termini minimi stabiliti ai paragrafi 3 e 4 dell\u0027art.\n39 della  direttiva  2014/23/UE»,  prevedendo,  in  questo  modo,  un\nriferimento diretto alla disciplina comunitaria. \n    Inoltre,   risulta   estremamente    problematico    sul    piano\ninterpretativo e applicativo anche il duplice riferimento,  contenuto\nnella  norma  in  esame,  alle  societa\u0027  di  progetto  e  di  scopo,\neffettuato in particolare richiamando  una  disposizione  attualmente\nvigente (l\u0027art. 194 del nuovo codice dei contratti  pubblici)  e  una\nnon piu\u0027 vigente (l\u0027art. 184 del codice dei contratti pubblici  nella\nprevigente formulazione). \n    Il legislatore,  infatti,  fa  contestualmente  riferimento  alle\nsocieta\u0027 di scopo, cosi\u0027 denominate  attualmente  dall\u0027art.  194  del\ncodice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 36/23) - che al\nprimo comma, prevede che  «1.  Per  gli  affidamenti  superiori  alla\nsoglia di cui all\u0027art. 14, comma 1, lettera a), il bando di gara  per\nl\u0027affidamento  di  una  concessione  nella  forma  della  finanza  di\nprogetto prevede che l\u0027aggiudicatario  costituisca  una  societa\u0027  di\nscopo in forma di societa\u0027 per azioni o a  responsabilita\u0027  limitata,\nanche consortile.» - e alle  societa\u0027  di  progetto,  richiamando  la\nformulazione dell\u0027art. 184 ex  decreto  legislativo  n.  50/2016  ora\nabrogata - secondo cui «Il bando di gara  per  l\u0027affidamento  di  una\nconcessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o\ndi  un  nuovo  servizio  di  pubblica  utilita\u0027  deve  prevedere  che\nl\u0027aggiudicatario ha la facolta\u0027, dopo l\u0027aggiudicazione, di costituire\nuna societa\u0027 di  progetto  in  forma  di  societa\u0027  per  azioni  o  a\nresponsabilita\u0027 limitata, anche consortile». \n3 - Violazione articoli 3 e 97  della  Costituzione -  Disparita\u0027  di\ntrattamento tra societa\u0027 partecipate e non partecipate e tutela della\nconcorrenza \n    3a)  La   norma   in   esame   presenta   altresi\u0027   profili   di\nincostituzionalita\u0027  in  relazione  agli  articoli  3  e   97   della\nCostituzione  nella  misura  in  cui  determina  una  disparita\u0027   di\ntrattamento con  violazione  anche  del  principio  di  tutela  della\nconcorrenza. \n    Sul punto e\u0027 opportuno premettere che la Corte costituzionale  ha\naffermato il rilievo centrale della tutela della concorrenza, cui  e\u0027\nconnesso e funzionale il principio di parita\u0027 di  trattamento,  nella\npremessa che si tratti di materia di competenza esclusiva dello Stato\nai sensi dell\u0027art. 117, secondo comma, lettera e), Costituzione. \n    In particolare, e\u0027  particolarmente  rilevante  quanto  affermato\nnella sentenza n. 4/2022 della Corte  costituzionale  -  con  cui  e\u0027\nstato  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  per   violazione\ndell\u0027art. 117, secondo comma, lettera  e),  Costituzione,  l\u0027art.  75\ndella legge regionale Piemonte n. 15 del 2020, che  fino  al  termine\ndello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, e comunque  fino\nal 31 dicembre 2020, attribuisce punteggi premiali a coloro che,  nel\npresentare offerte nelle pubbliche gare, si impegnino a utilizzare in\nmisura  prevalente  la  manodopera  o  il  personale  nel  territorio\nregionale - con particolare riferimento a quanto osservato in  ordine\nalla stretta interconnessione tra la nozione di concorrenza interna e\nquella europea. \n    Piu\u0027 specificamente, nella citata decisione si  osserva  che  «La\nnozione di  \"concorrenza\"  di  cui  al  secondo  comma,  lettera  e),\ndell\u0027art. 117 della  Costituzione  non  puo\u0027  non  riflettere  quella\noperante in ambito europeo. Essa comprende, pertanto, sia  le  misure\nlegislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti\ne  i  comportamenti  delle   imprese   che   incidono   negativamente\nsull\u0027assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di\npromozione,  volte  a  eliminare  limiti  e   vincoli   alla   libera\nesplicazione della capacita\u0027 imprenditoriale e della competizione tra\nimprese (concorrenza \"nel mercato\"), ovvero a  prefigurare  procedure\nconcorsuali di garanzia che assicurino la  piu\u0027  ampia  apertura  del\nmercato  a  tutti  gli  operatori  economici  (concorrenza  \"per   il\nmercato\"). In questa seconda accezione, attraverso  la  tutela  della\nconcorrenza, vengono perseguite finalita\u0027 di ampliamento dell\u0027area di\nlibera scelta dei cittadini e  delle  imprese,  queste  ultime  anche\nquali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi». \n    Ancora  piu\u0027  rilevante  risulta,  nel  caso  di  specie,  quanto\nosservato con riferimento alle procedure di gara;  afferma  la  Corte\ncostituzionale, infatti, che «La disciplina delle procedure di  gara,\nla regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti,\ndelle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano\na garantire che le medesime si svolgano  nel  rispetto  delle  regole\nconcorrenziali e dei principi comunitari  della  libera  circolazione\ndelle merci, della libera prestazione dei servizi, della liberta\u0027  di\nstabilimento, nonche\u0027 dei principi costituzionali  di  trasparenza  e\nparita\u0027 di trattamento, sicche\u0027 tali discipline, in  quanto  volte  a\nconsentire la piena apertura del mercato nel settore  degli  appalti,\nsono riconducibili all\u0027ambito  della  tutela  della  concorrenza  (in\nparticolare:  \"per  il  mercato\"),  di   esclusiva   competenza   del\nlegislatore statale, costituendo esse  uno  strumento  indispensabile\nper tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull\u0027intero\nterritorio nazionale. Solo allo Stato spetta la facolta\u0027 di adottare,\nin esito al bilanciamento tra l\u0027interesse alla  concorrenza  e  altri\ninteressi pubblici e  nell\u0027ambito  di  una  disciplina  uniforme  per\nl\u0027intero territorio  nazionale,  eccezionali  restrizioni  al  libero\naccesso degli operatori economici al mercato, che,  ove  disposte  da\ndifferenti normative  regionali,  sarebbero  suscettibili  di  creare\ndislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali.  Allo\nStato, spetta,  in  generale,  nell\u0027esercizio  della  sua  competenza\nesclusiva in materia di tutela della concorrenza, definire  il  punto\ndi equilibrio tra essa e la tutela di altri  interessi  pubblici  con\nesso interferenti». \n    La citata decisione, quindi, nel ribadire la competenza esclusiva\ndel legislatore statale della disciplina in materia di  tutela  della\nconcorrenza (su cui anche Corte costituzionale, sentenza n. 98/2020),\nappare particolarmente rilevante  perche\u0027  mette  in  luce  il  ruolo\nnevralgico della tutela  della  concorrenza,  ancora  di  piu\u0027  nella\nprospettiva europea; il che, in correlazione con il principio di buon\nandamento  e   imparzialita\u0027   dell\u0027azione   amministrativa   sancito\ndall\u0027art. 97 della Costituzione,  impone  il  divieto  di  introdurre\nclausole discriminatorie che, pur  apparentemente  neutre,  finiscano\nper avvantaggiare ingiustificatamente alcuni  operatori  economici  a\ndiscapito di altri, garantendo, al contempo, che tutti gli  operatori\neconomici siano posti  sullo  stesso  piano  nella  competizione  per\nl\u0027aggiudicazione di contratti pubblici. \n    3b) Cio\u0027 posto sul piano generale, nel caso di specie la norma in\nesame presenta elementi di  incostituzionalita\u0027  anche  in  relazione\nagli articoli 3 e 97 della  Costituzione,  in  quanto  introduce,  di\nfatto, un regime differenziato dei requisiti previsti per le societa\u0027\ndi riscossione che appare irragionevole e ingiustificato,  con  gravi\nripercussioni sulla parita\u0027 di concorrenza delle imprese. \n    Invero, l\u0027art. 53 decreto legislativo n. 446/97, rubricato  «Albo\nper l\u0027accertamento e riscossione delle  entrate  degli  enti  locali»\ndispone che: \n        «1. Presso il Ministero delle finanze e\u0027 istituito l\u0027albo dei\nsoggetti privati abilitati ad effettuare attivita\u0027 di liquidazione  e\ndi accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e  di\naltre entrate delle province e dei comuni. Sono escluse le  attivita\u0027\ndi incasso diretto da parte dei soggetti di cui all\u0027art. 52, comma 5,\nlettera b), numeri 1), 2) e 4). \n        2.  L\u0027esame  delle  domande  di  iscrizione,   la   revisione\nperiodica, la cancellazione e la sospensione dall\u0027albo, la  revoca  e\nla  decadenza  della  gestione  sono  effettuate  da   una   apposita\ncommissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanza dell\u0027ANCI\ne dell\u0027UPI. \n        3. Con decreti del Ministro  delle  finanze,  da  emanare  ai\nsensi dell\u0027art. 17, comma 3, della legge  23  agosto  1988,  n.  400,\ntenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela  del  pubblico\ninteresse, sentita  la  Conferenza  Stato-citta\u0027,  sono  definiti  le\ncondizioni ed i requisiti per  l\u0027iscrizione  nell\u0027albo,  al  fine  di\nassicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la\nsussistenza di sufficienti requisiti morali e l\u0027assenza di  cause  di\nincompatibilita\u0027 da parte degli iscritti, ed emanate disposizioni  in\nordine alla composizione, al funzionamento e alla  durata  in  carica\ndei componenti della commissione di  cui  al  comma  2,  alla  tenuta\ndell\u0027albo,  alle  modalita\u0027  per  l\u0027iscrizione  e  la  verifica   dei\npresupposti per la sospensione e la cancellazione  dall\u0027albo  nonche\u0027\nai casi  di  revoca  e  decadenza  della  gestione.  Per  i  soggetti\naffidatari di servizi di liquidazione, accertamento e riscossione  di\ntributi e altre entrate degli enti locali, che  svolgano  i  predetti\nservizi almeno dal 1° gennaio 1997, puo\u0027 essere stabilito un  periodo\ntransitorio,  non  superiore  a  due  anni,  per  l\u0027adeguamento  alle\ncondizioni e ai requisiti per l\u0027iscrizione nell\u0027albo suddetto». \n    Quanto ai requisiti previsti ai  fini  dell\u0027iscrizione  all\u0027albo,\nessi sono individuati dal decreto del Ministero dell\u0027economia e della\nfinanze 13 aprile 2022, n. 101, recante  «Regolamento  relativo  alla\ndefinizione  dei  criteri  di  iscrizione  obbligatoria  in   sezione\nseparata dell\u0027albo dei soggetti abilitati ad effettuare attivita\u0027  di\naccertamento e di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle\nprovince e dei comuni, per i soggetti che svolgono esclusivamente  le\nfunzioni e le attivita\u0027 di supporto propedeutiche all\u0027accertamento  e\nalla riscossione delle entrate degli enti locali e delle societa\u0027  da\nessi  partecipate»,  che  prevede,  ai   fini   dell\u0027iscrizione,   in\nconformita\u0027  a  quanto  previsto   dall\u0027art.   10   -   secondo   cui\n«L\u0027iscrizione nell\u0027albo e\u0027 subordinata  al  riconoscimento  da  parte\ndella Commissione nei confronti degli organi  societari  e  dei  soci\ndelle  societa\u0027  dei   prescritti   requisiti   di   onorabilita\u0027   e\nprofessionalita\u0027 e dell\u0027assenza di cause di incompatibilita\u0027  di  cui\nagli  articoli  8  e  9,  nonche\u0027,  nei  confronti  delle   societa\u0027,\ndell\u0027idoneita\u0027 finanziaria, tecnica  e  organizzativa  alla  gestione\ndelle attivita\u0027 di liquidazione e di accertamento dei  tributi  e  di\nquelle di riscossione dei tributi  e  di  altre  entrate  degli  enti\nlocali  di  cui  agli  articoli  6  e  7.  L\u0027iscrizione  e\u0027  altresi\u0027\nsubordinata alla verifica della sussistenza  delle  dichiarazioni  di\ncui all\u0027art. 5» - il rispetto  di  determinati  requisiti  finanziari\n(art. 6) e tecnici (art. 7), oltre che di requisiti di onorabilita\u0027 e\nprofessionalita\u0027 (art. 8). \n    Con l\u0027art. 3, comma 14-septies, della legge 21 febbraio 2025,  n.\n15 si deroga a tale obbligo e quindi alla necessaria sussistenza  dei\nrequisiti  per  l\u0027iscrizione  all\u0027albo,  stabilendo  che  «(...)   le\nsocieta\u0027 di scopo, di cui  all\u0027art.  194  del  codice  dei  contratti\npubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n.  36,  o  di\nprogetto, di cui al previgente art.  184  del  codice  dei  contratti\npubblici, di cui al  decreto  legislativo  18  aprile  2016,  n.  50,\ncostituite per svolgere attivita\u0027 di accertamento e di riscossione  o\nattivita\u0027 di  supporto  ad  esse  propedeutiche,  non  sono  iscritte\nnell\u0027albo di cui all\u0027art. 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997,\nladdove  la  societa\u0027  aggiudicataria   del   bando   di   gara   per\nl\u0027affidamento del servizio di accertamento  e  di  riscossione  delle\nentrate degli enti locali,  socia  della  stessa  societa\u0027  di  scopo\nrisulti gia\u0027 iscritta nel predetto albo. (...)». \n    Cio\u0027 comporta, quindi, che se per le societa\u0027 non  partecipate  i\nrequisiti per potersi iscrivere all\u0027albo di cui all\u0027art. 53,  decreto\nlegislativo  n.  446/97   continuano   a   essere   quelli   previsti\nprecedentemente, diversamente, invece, per  effetto  della  norma  in\nesame, non e\u0027 necessario che le  societa\u0027  di  scopo  o  di  progetto\npartecipate da societa\u0027  iscritte  all\u0027albo  presentino  i  requisiti\nrichiesti dalla citata norma, essendo sufficiente che  questi  ultimi\nsussistano in capo alla societa\u0027 partecipante; il che determinerebbe,\nnelle intenzioni del legislatore, una sorta di passaggio  in  via  di\nosmosi  dei  requisiti  dalla  societa\u0027  partecipante  alla  societa\u0027\npartecipata. \n    Tale previsione determina l\u0027introduzione in concreto di un vero e\nproprio doppio regime, - peraltro con efficacia retroattiva stante la\nnatura dichiaratamente interpretativa  della  norma  -,  che,  per  i\nsoggetti non partecipati da altra societa\u0027 iscritta all\u0027albo,  impone\nil  rispetto  di  una  serie  di   condizioni,   indispensabili   per\nl\u0027iscrizione all\u0027albo delle societa\u0027 concessionaria del  servizio  di\nriscossione, laddove, invece, per i soggetti partecipati da  societa\u0027\niscritte  all\u0027albo   dei   concessionari   non   richiede   requisiti\nparticolari,  essendo  questi  ultimi,  di  fatto,  assorbiti   dalla\npreventiva iscrizione del socio partecipante. \n    E\u0027 evidente, pero\u0027, che in questo modo si determina una  forte  e\ningiustificata alterazione del  principio  di  parita\u0027  e  di  libera\nconcorrenza nel mercato perche\u0027 si consente, di fatto, alle  societa\u0027\nche gia\u0027 risultano iscritte all\u0027albo di prendere parte a  nuove  gare\nper l\u0027affidamento del servizio di riscossione  dei  tributi,  tramite\nsocieta\u0027 formalmente da esse distinte e totalmente partecipate, senza\nche pero\u0027  queste  ultime  debbano  essere  iscritte  all\u0027albo  delle\nsocieta\u0027  concessionarie  del  servizio  di  riscossione  e,  quindi,\ndebbano rispettarne i relativi requisiti. \n    Ancora piu\u0027 irragionevole risulta la scelta del  legislatore,  se\nsi  considera  che  la  norma   in   questione   e\u0027   dichiaratamente\ninterpretativa e tesa a operare retroattivamente tant\u0027e\u0027 che richiama\nle societa\u0027 di progetto «di cui al previgente art. 184 del codice dei\ncontratti  pubblici»;  infatti,  la  possibilita\u0027,  introdotta  dalla\nnorma, di consentire di  acquisire  alle  societa\u0027  partecipante,  di\nriflesso, i  requisiti  richiesti  per  l\u0027iscrizione  all\u0027albo  dalla\nsocieta\u0027   partecipante,    non    era    conosciuta    al    momento\ndell\u0027introduzione della procedura di gara. La  circostanza  che  tale\npossibilita\u0027 non fosse conosciuta precedentemente, ma  consentita  di\nfatto solo per effetto dell\u0027intervento operato con la norma in  esame\nha determinato, ex post, un\u0027evidente alterazione a monte del processo\ndi formazione della volonta\u0027 di alcuni  soggetti  in  relazione  alla\nscelta di partecipare alla procedura di affidamento:  questi  ultimi,\ninfatti,   potrebbero   aver    consapevolmente    desistito    dalla\npartecipazione alla  gara,  perche\u0027  non  in  possesso  dei  suddetti\nrequisiti,  laddove,  invece,  avrebbero   potuto   optare   per   la\npartecipazione    alla    gara    qualora     avessero     conosciuto\nl\u0027interpretazione della legge operata dal legislatore. \n    Anche sotto tale profilo, quindi, e mettendo in  correlazione  il\nprincipio  di  parita\u0027  di  trattamento  con  quello   della   tutela\ndell\u0027affidamento, la norma in questione risulta irragionevole laddove\ndetermina una lesione della concorrenza  in  termini  di  tutela  del\nlegittimo affidamento delle altre imprese che hanno partecipato  alla\ngara di affidamento del servizio di riscossione nella  consapevolezza\nche fosse necessario il possesso dei requisiti previsti dalla legge e\nin particolare di quelli a cui e\u0027 condizionata l\u0027iscrizione  all\u0027albo\ndi cui all\u0027art. 53, decreto legislativo  15  dicembre  1997,  n.  446\ndelle societa\u0027 partecipanti. \n    Sul punto, deve inoltre osservarsi, a  conferma  ulteriore  della\nnon  giustificatezza  e   dell\u0027irrazionalita\u0027   del   doppio   regime\nintrodotto, che la norma in esame non ha chiarito come il  MEF  possa\nesercitare il controllo sulla societa\u0027 di scopo che non e\u0027  iscritta,\ncon la conseguenza che, escludendo  la  necessita\u0027  che  la  societa\u0027\npartecipata da quella iscritta  debba  iscriversi  all\u0027albo,  l\u0027unica\nforma di controllo che residuerebbe e\u0027 quella indiretto nei confronti\ndella societa\u0027 partecipante iscritta. \n    Anche  sotto  questo  profilo  e\u0027  evidente  la   disparita\u0027   di\ntrattamento, laddove si determina un\u0027equiparazione tra due situazioni\nnotevolmente differenti e non  assimilabili:  in  un  caso,  infatti,\nquello della societa\u0027 non partecipata o anche partecipata ma  non  da\nsocieta\u0027  gia\u0027  iscritta  all\u0027albo,  il   controllo   e\u0027   esercitato\ndirettamente attraverso la verifica del possesso  dei  requisiti  per\nl\u0027iscrizione  all\u0027albo;  mentre   nel   caso   della   societa\u0027   non\npartecipata, il controllo non viene  esercitato  su  quest\u0027ultima  ma\nsolo sulla societa\u0027 partecipante. \n4 - Violazione art. 41 della Costituzione in combinato  disposto  con\nl\u0027art. 102 Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea  e  con\nl\u0027art. 3, legge n. 287/1990  Tutela  della  concorrenza  -  Abuso  di\nposizione dominante \n    4a)  La   norma   in   esame   presenta   altresi\u0027   profili   di\nincostituzionalita\u0027 in  relazione  all\u0027art.  41  della  Costituzione,\nladdove favorisce la possibilita\u0027 di  dare  luogo  a  una  condizione\nprivilegiata per le  societa\u0027  gia\u0027  concessionarie  dei  servizi  di\nriscossione dei tributi, iscritte all\u0027albo di cui all\u0027art. 53 decreto\nlegislativo  n.  446/97  che  partecipino  a   nuove   procedure   di\naffidamento di tali servizi. \n    Com\u0027e\u0027 noto, l\u0027art. 41 della Costituzione rappresenta il pilastro\nsu cui si fonda l\u0027ordinamento  economico  nazionale,  stabilendo  che\n«l\u0027iniziativa economica privata e\u0027  libera»;  tale  liberta\u0027  non  e\u0027\nassoluta, ma trova precisi limiti  nel  secondo  comma  della  stessa\ndisposizione, che prevede che essa «non puo\u0027 svolgersi  in  contrasto\ncon l\u0027utilita\u0027 sociale  o  in  modo  da  recare  danno  alla  salute,\nall\u0027ambiente, alla sicurezza, alla liberta\u0027, alla dignita\u0027 umana»; il\nterzo comma, infine, completa il quadro normativo stabilendo che  «la\nlegge  determina  i  programmi  e  i  controlli   opportuni   perche\u0027\nl\u0027attivita\u0027 economica pubblica e privata possa essere  indirizzata  e\ncoordinata a fini sociali e ambientali». \n    Come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza  n.  218\ndel 2021, la liberta\u0027 di iniziativa economica garantita dall\u0027art.  41\ndella Costituzione deve essere  necessariamente  interpretata  «anche\nalla luce dei  Trattati  e,  in  generale,  del  diritto  dell\u0027Unione\neuropea», trovando nella tutela della concorrenza il  suo  fondamento\ncostituzionale.  Ancora,  sempre   con   riferimento   alla   stretta\ncorrelazione tra limiti previsti all\u0027iniziativa  economica  e  tutela\ndella  concorrenza,  la  Corte  costituzionale,  nella  sentenza   n.\n393/2000 ha stabilito che «la liberta\u0027 di iniziativa  economica,  cui\nil precetto costituzionale dell\u0027art. 41 si riferisce, e\u0027  quella  che\ntrova  il  suo  normale  svolgimento  nell\u0027esercizio   dell\u0027impresa»,\nprecisando  che  «anche  l\u0027autonomia  negoziale  e  la  liberta\u0027   di\niniziativa privata devono cedere di  fronte  a  interessi  di  ordine\nsuperiore, economici e sociali, rilevanti a livello costituzionale». \n    Con piu\u0027 specifico riferimento all\u0027abuso di posizione  dominante,\ndeve osservarsi che esso da\u0027 luogo ad una delle principali violazioni\ndel  diritto  della  concorrenza,  disciplinata  a  livello   europeo\ndall\u0027art. 102 Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea  e  a\nlivello nazionale dall\u0027art. 3 della legge n. 287/1990. \n    In particolare, si e\u0027 osservato che la posizione dominante non e\u0027\ndi per se\u0027 illecita, divenendo tale  nel  momento  in  cui  viene  ad\nessere esercitata in modo abusivo; cosi\u0027 in particolare, quanto  alla\nspeciale posizione di  responsabilita\u0027  che  grava  sull\u0027impresa  che\nversi in posizione dominante, il Giudice  amministrativo:  «l\u0027impresa\nche detiene una posizione  di  monopolio  legale  in  un  determinato\nmercato assume  una  \"speciale  responsabilita\u0027\"  che  le  impone  di\nastenersi da comportamenti che, pur potendo  corrispondere  a  scelte\nimprenditoriali legittime per altri  operatori,  risultano  fonte  di\neffetti  anticoncorrenziali»  (C.d.S.  n.  2114/2023  e,  in  termini\nanaloghi, sulla  «speciale  responsabilita\u0027»  dell\u0027impresa  dominante\nC.d.S. n. 9035/2022). \n    Quanto ai criteri per stabilire la  sussistenza  o  meno  di  una\nposizione dominante, il Consiglio  di  Stato,  con  la  decisione  n.\n1580/2023, ha affermato che gli elementi costitutivi della violazione\nsono:  «a)  la  capacita\u0027  della  pratica  di  produrre  un   effetto\nescludente, rendendo piu\u0027 difficile la penetrazione o il mantenimento\ndei concorrenti nel mercato; b) lo sfruttamento di mezzi  diversi  da\nquelli propri di una concorrenza basata sui meriti». \n    4b) Cio\u0027 posto sul piano  della  disciplina  generale,  nel  caso\ndella norma in  esame  non  puo\u0027  non  osservarsi  che  essa  rischia\nconcretamente di dare luogo a situazioni  di  abuso  della  posizione\ndominante. \n    Essa,  infatti,  nel  consentire  alle  societa\u0027  partecipate  di\nrisultare  affidatarie,  all\u0027esito  della  gara,  del   servizio   di\naccertamento  e  riscossione   di   tributi   senza   essere   tenute\nall\u0027iscrizione all\u0027albo di cui all\u0027art. 53,  decreto  legislativo  15\ndicembre 1997, n. 446 consente di favorire in concreto  la  posizione\ndella societa\u0027 aggiudicataria del bando di gara per l\u0027affidamento del\nservizio di accertamento e di riscossione delle  entrate  degli  enti\nlocali, che sia gia\u0027 iscritta nel predetto albo e che sia socia della\nsocieta\u0027 di progetto. \n    Il rischio concreto e\u0027, in altri termini, che  le  societa\u0027  gia\u0027\naffidatarie  del  servizio  moltiplichino  le  loro  possibilita\u0027  di\npartecipazione, con esito positivo, a gare, proprio avvalendosi della\ncostituzione di societa\u0027 di progetto e realizzando in questo modo  un\nmeccanismo che, specie se applicato reiteratamente - il che  e\u0027  reso\nagevole dalla mancanza di limitazioni individuate dal legislatore  -,\npotrebbe «sfavorire» nettamente  le  societa\u0027  non  partecipate,  che\npotrebbero desistere dal partecipare a un  meccanismo  concorrenziale\nche richiede solo ad  esse,  e  non  alle  societa\u0027  partecipate,  il\npossesso dei requisiti necessari per  l\u0027iscrizione  all\u0027albo  gestito\ndal MEF. \n    E  cio\u0027  senza  considerare  la  possibilita\u0027  che  le   societa\u0027\npartecipate di societa\u0027 gia\u0027  iscritte  all\u0027albo  presso  il  MEF  si\navvalgano  delle  strutture  della  societa\u0027  madre  e  del  relativo\npersonale, il che potrebbe determinare  una  posizione  di  ulteriore\n«svantaggio»  per   le   societa\u0027   non   partecipate   e   favorire,\ncontestualmente, un utilizzo abusivo della posizione dominante. \n    Ne consegue, quindi, che anche sotto questo profilo la  norma  in\nesame presenta un profilo di possibile illegittimita\u0027 costituzionale. \n5 - Violazione dell\u0027art. 111 della Costituzione in relazione all\u0027art.\n6 CEDU - violazione dei limiti posti alle  norme  di  interpretazione\nautentica anche alla luce dei principi affermati dalla CEDU. \n    5a) La norma in esame presenta, infine, un ulteriore  profilo  di\nincostituzionalita\u0027    in    considerazione    della    sua    natura\ndichiaratamente interpretativa con efficacia retroattiva. \n    Com\u0027e\u0027 noto, il divieto di retroattivita\u0027 della legge costituisce\nun fondamentale valore di civilta\u0027 giuridica. \n    Fatta eccezione per l\u0027ambito  del  diritto  penale,  rispetto  al\nquale tale  divieto  trova  esplicito  riconoscimento  costituzionale\nnell\u0027art. 25 della Costituzione,  e\u0027  consentito  al  legislatore  di\nemanare norme  retroattive,  nonche\u0027  di  interpretazione  autentica,\npurche\u0027 cio\u0027 sia  giustificato  da  motivi  imperativi  di  interesse\ngenerale e sia rispettoso di alcuni limiti  fondamentali.  In  questi\ntermini, in particolare, Corte costituzionale, sentenza n.  174/2019,\nche,  nel  dichiarare  costituzionalmente  illegittima   «(...)   per\nviolazione degli articoli 111 e 117, primo comma, della Costituzione,\nquest\u0027ultimo in relazione all\u0027art. 6 CEDU - l\u0027art. 7, commi 28, 29  e\n30, della legge reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  33  del  2015  che,\nattraverso una interpretazione autentica degli  articoli  142  e  143\ndella legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 53 del  1981,  esclude\nla  valutazione,  ai  fini  della  liquidazione  dell\u0027indennita\u0027   di\nbuonuscita, del servizio prestato con  rapporto  di  lavoro  a  tempo\ndeterminato di diritto privato», ha statuito  che  «secondo  costante\ngiurisprudenza costituzionale, il  divieto  di  retroattivita\u0027  della\nlegge  si  erge  a  fondamentale  valore   di   civilta\u0027   giuridica,\nsoprattutto nella materia penale (art.  25  della  Costituzione).  In\naltri ambiti dell\u0027ordinamento il legislatore  e\u0027  libero  di  emanare\ndisposizioni retroattive, anche di interpretazione autentica,  ma  la\nretroattivita\u0027 deve trovare adeguata giustificazione sul piano  della\nragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra  le  ragioni\nche ne hanno motivato la previsione e  i  valori,  costituzionalmente\ntutelati, al contempo potenzialmente lesi  dall\u0027efficacia  a  ritroso\ndella norma  adottata.  I  limiti  posti  alle  leggi  con  efficacia\nretroattiva  si  correlano  cosi\u0027  alla  salvaguardia  dei   principi\ncostituzionali dell\u0027eguaglianza e della ragionevolezza,  alla  tutela\ndel  legittimo   affidamento,   alla   coerenza   e   alla   certezza\ndell\u0027ordinamento    giuridico,    al    rispetto    delle    funzioni\ncostituzionalmente riservate al potere giudiziario» (in questo senso,\nCorte costituzionale, sentenze n. 73 del 2017, n. 127  del  2015,  n.\n170 del 2013 e n. 1 del 2011). E ancora, il giudice  delle  leggi  ha\nstatuito, sempre nella citata decisione n. 174/2019, che «Secondo  la\ngiurisprudenza  costituzionale,  i  principi  della  preminenza   del\ndiritto e  dell\u0027equo  processo  sono  inscindibilmente  connessi  nel\nsindacato  sulle  leggi  retroattive,  data  la  corrispondenza   tra\nprincipi costituzionali interni in materia di parita\u0027 delle parti  in\ngiudizio e quelli convenzionali in punto di equo processo  (art.  111\ndella Costituzione e art.  6  CEDU).  I  diritti  riconosciuti  dalla\nCostituzione, infatti, non possono non interagire con quelli previsti\ndalle  fonti  sovranazionali  e  internazionali,  in  un  quadro   di\nreciproca integrazione e quindi di bilanciamento» (in  questo  senso,\nCorte costituzionale, sentenze n. 12 del 2018, n. 127  del  2015,  n.\n191 del 2014, n. 264 del 2012, n. 303 del 2011, n. 317 del 2009 e  n.\n311 del 2009). \n    I limiti individuati dal giudice delle leggi, che deve  osservare\nil  legislatore  allorquando  interviene  con  leggi  interpretative,\nconcernono  valori  fondamentali  del  nostro  ordinamento,  come  la\nsalvaguardia dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza, la tutela\ndel legittimo affidamento  dei  cittadini,  la  coerenza  e  certezza\ndell\u0027ordinamento   giuridico   e   il   rispetto    delle    funzioni\ncostituzionalmente riservate al potere giudiziario. \n    In particolare, secondo la  citata  sentenza  n.  174/2019  della\nCorte costituzionale, sono considerati elementi sintomatici di un uso\ndistorto della funzione legislativa: \n        l\u0027assenza  di  contrasti   giurisprudenziali   o   incertezze\ninterpretative da risolvere; \n        la circostanza che l\u0027intervento  legislativo  si  collochi  a\nnotevole   distanza   temporale   dalle   disposizioni   oggetto   di\ninterpretazione; \n        la circostanza che  lo  Stato  o  l\u0027amministrazione  pubblica\nsiano parti di un giudizio gia\u0027 sorto; \n        l\u0027intento di influenzare l\u0027esito di  specifiche  controversie\npendenti;  sul  punto,  la  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.\n191/2014, ha affermato che il legislatore  non  puo\u0027  introdurre  una\nnorma al solo fine di determinare l\u0027esito di un giudizio  in  termini\nfavorevoli  allo  Stato  o  a  un  ente  pubblico,  in  quanto   cio\u0027\ncostituirebbe eccesso di  potere  legislativo  censurabile  anche  in\nrelazione all\u0027art. 6  CEDU;  in  particolare  osserva  la  Corte  che\n«Nell\u0027interpretare l\u0027art.  6  CEDU,  la  Corte  europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo (fra le molte, Corte EDU, sentenza 11 dicembre  2012,  Anna\nDe Rosa e altri contro Italia, paragrafo 47) afferma che, in linea di\nprincipio, non e\u0027 vietato al  legislatore  introdurre  nella  materia\ncivile disposizioni retroattive, che incidano su  diritti  attribuiti\nda leggi in vigore. Tuttavia, se non vi  sono  motivi  imperativi  di\ninteresse generale, i principi di preminenza del diritto e la nozione\ndi giusto processo  precludono  l\u0027ingerenza  del  potere  legislativo\nnell\u0027amministrazione della giustizia,  quando  il  fine  evidente  e\u0027\nquello di influenzare la soluzione di una controversia». \n    Deve ritenersi, quindi che non sia consentito «risolvere, con  la\nforma   della   legge,   specifiche   controversie»,   perche\u0027   cio\u0027\ndeterminerebbe, sempre secondo l\u0027interpretazione dell\u0027art. 6, CEDU da\nparte della Corte europea dei diritti dell\u0027uomo, una violazione della\n«parita\u0027 delle armi», «che impone  di  assicurare  a  ogni  parte  la\npossibilita\u0027 di presentare la propria causa  senza  trovarsi  in  una\nsituazione di  svantaggio  rispetto  alla  controparte»  (Corte  EDU,\nsentenza 9  dicembre  1994,  Raffineries  grecques  Stran  e  Stratis\nAndreadis  contro  Grecia,   paragrafo   46);   il   che,   peraltro,\ndeterminerebbe, in definitiva, una violazione dei  principi  relativi\nai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale; \n        l\u0027assenza di motivi  imperativi  di  interesse  generale  che\ngiustifichino l\u0027intervento  retroattivo;  con  riferimento  a  questi\nultimi,  come  affermato  dalla  sentenza  n.  191/2014  della  Corte\ncostituzionale,  deve  osservarsi  che  i  motivi  finanziari  o   di\ncontenimento della spesa pubblica non sono di per se\u0027  sufficienti  a\ngiustificare un intervento  legislativo  retroattivo  che  incida  su\ngiudizi in corso; e\u0027 necessario, infatti, che le circostanze  addotte\nper giustificare misure retroattive siano «trattate  con  la  massima\ncircospezione   possibile»,    specialmente    quando    l\u0027intervento\nlegislativo finisca per alterare l\u0027esito di una controversia; \n        la lesione  della  tutela  dell\u0027affidamento  legittimo;  come\nosservato dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  108/2019,\nl\u0027affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica e\u0027  un  aspetto\nfondamentale dello Stato di diritto, ma non e\u0027  tutelato  in  termini\nassoluti; esso e\u0027  sottoposto  al  normale  bilanciamento  con  altri\ndiritti e valori costituzionali, fermo restando che  le  disposizioni\nretroattive non possono trasmodare in un  regolamento  irrazionale  e\narbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere\nda leggi precedenti. \n    Ancora, al  fine  di  valutare  la  legittimita\u0027  dell\u0027intervento\nnormativo  retroattivo  sul  piano   della   tutela   del   legittimo\naffidamento,  secondo  la  citata  sentenza  n.   108/2019,   occorre\nconsiderare: il tempo trascorso tra la regolazione  originaria  e  la\nmodifica retroattiva; il grado  di  consolidamento  delle  situazioni\nsoggettive coinvolte; la prevedibilita\u0027 della  modifica  retroattiva;\nla proporzionalita\u0027 dell\u0027intervento legislativo. \n    Inoltre, sempre con riferimento ai criteri per  stabilire  se  la\nnorma interpretativa retroattiva che agisca su giudizi in corso sia o\nmeno espressione di un «uso distorto della funzione legislativa»,  la\nCorte costituzionale, con sentenza n. 4/2024, ha osservato che «A tal\nfine, assumono rilievo -  sulla  scorta  della  giurisprudenza  della\nCorte europea dei diritti  dell\u0027uomo  -  alcuni  \"elementi,  ritenuti\nsintomatici  dell\u0027uso  distorto   della   funzione   legislativa»   e\nriferibili principalmente al «metodo e alla  tempistica  seguiti  dal\nlegislatore\"» (in questo senso, Corte costituzionale, sentenza n.  12\ndel 2018 e sentenze n. 145 del 2022  e  n.  174  del  2019).  Ancora,\nsempre  secondo  la  citata  decisione  n.  4/2024  «Occorre   dunque\neffettuare una verifica  di  legittimita\u0027  costituzionale  che  -  in\nmaniera  non  dissimile  dal   sindacato   sull\u0027eccesso   di   potere\namministrativo mediante l\u0027impiego di figure sintomatiche  -  assicuri\nuna particolare estensione e intensita\u0027 del  controllo  sul  corretto\nuso del potere legislativo. Tra  gli  elementi  sintomatici  dell\u0027uso\ndistorto del potere legislativo, appare innanzitutto significativo il\nfatto che «lo Stato o l\u0027amministrazione pubblica» siano «parti di  un\nprocesso gia\u0027 radicato» e che l\u0027intervento legislativo si collochi \"a\nnotevole distanza dall\u0027entrata in vigore delle  disposizioni  oggetto\ndi interpretazione  autentica\"»  (in  questo  senso  la  gia\u0027  citata\nsentenza della Corte costituzionale n. 174 del 2019). \n    Ancora, osserva il Giudice delle Leggi sempre nella decisione  n.\n4/2024   che   «(...)   come   evidenziato    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale, la Corte EDU ha ritenuto  compatibili  con  l\u0027art.  6\nCEDU alcuni interventi legislativi retroattivi incidenti  su  giudizi\nin  corso,  la\u0027  dove  \"i  soggetti  ricorrenti  avevano  tentato  di\napprofittare dei difetti  tecnici  della  legislazione  (sentenza  23\nottobre 1997, National \u0026amp;  Provincial  Building  Society  e  Yorkshire\nBuilding Society  contro  Regno  Unito,  paragrafo  112),  o  avevano\ncercato  di  ottenere  vantaggi  da  una  lacuna  della  legislazione\nmedesima, cui l\u0027ingerenza del  legislatore  mirava  a  porre  rimedio\n(sentenza del 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie\nX, Blanche  de  Castille  e  altri  contro  Francia,  paragrafo  69)\"\n(sentenza n. 145 del 2022). In un altro caso, e\u0027 stato valorizzato il\nfatto che l\u0027intervento legislativo retroattivo mirava a risolvere una\nserie  piu\u0027  ampia  di  conflitti  conseguenti  alla   riunificazione\ntedesca, al fine di  «assicurare  in  modo  duraturo  la  pace  e  la\nsicurezza giuridica in Germania» (20 febbraio 2003,  ForrerNiedenthal\nc. Germania, paragrafo 64)». \n    Particolarmente rilevante e\u0027 poi l\u0027affermazione, contenuta sempre\nnella decisione richiamata in questa sede, secondo  cui  «Le  ragioni\nfinanziarie non sono ragioni sufficienti per giustificare  una  legge\ninnovativa retroattiva»; sul punto,  infatti,  si  e\u0027  osservato  che\n«All\u0027infuori di tali ragioni imperative  di  interesse  generale,  la\nCorte EDU ha ritenuto che \"le considerazioni finanziarie non possono,\nda sole, autorizzare il potere legislativo a sostituirsi  al  giudice\nnella  definizione  delle  controversie\"  (sentenza  29  marzo  2006,\nScordino e altri contro Italia, paragrafo  132;  sentenza  11  aprile\n2006, Cabourdin c. Francia, paragrafo  37).  Anche  questa  Corte  ha\nsottolineato che, in linea di principio, \"i soli  motivi  finanziari,\nvolti a contenere la spesa pubblica o  a  reperire  risorse  per  far\nfronte  a  esigenze  eccezionali,  non  bastano  a  giustificare   un\nintervento legislativo  destinato  a  ripercuotersi  sui  giudizi  in\ncorso» (in questi termini, Corte costituzionale, sentenze n. 174 e n.\n108 del 2019, n. 170 del 2013 e n. 145 del 2022). \n    5b) Cosi\u0027 ricostruiti i principi in materia sul  piano  generale,\ndeve osservarsi che, nel caso di specie, la norma in  esame  presenta\nelementi sintomatici di un utilizzo distorto  dello  strumento  della\nlegge di interpretazione autentica. \n    Sul punto, deve in primo luogo premettersi che depone  nettamente\nnel senso dell\u0027efficacia retroattiva  della  norma  in  questione  il\nfatto che essa si riferisce  espressamente  anche  alle  societa\u0027  di\nprogetto di cui alla formulazione dell\u0027art. 184, decreto  legislativo\nn. 50/2016 non piu\u0027 vigente, quindi precedente rispetto alla  riforma\ndi cui al decreto legislativo n. 36/2023, con la conseguenza  che  la\ndisposizione risulta specificamente  destinata  a  regolare  rapporti\npregressi alla sua entrata in vigore e ancora in corso. \n    In questa prospettiva,  quindi,  di  necessaria  applicazione  ai\nrapporti in corso - che peraltro  e\u0027  specificamente  invocata  nella\nfattispecie concreta posta all\u0027esame di questo giudice, dalla  difesa\ndi  Municipia  S.p.a.  -,  e\u0027  evidente  allora   che   la   relativa\napplicazione ai giudizi in corso, proposti avverso  atti  emessi  non\nsuccessivamente alla sua entrata in vigore, ma in  epoca  antecedente\nalla stessa, laddove  si  contesti,  come  nel  caso  di  specie,  la\nlegittimita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 di riscossione proprio perche\u0027  posta  in\nessere da societa\u0027 non iscritta all\u0027albo, risolverebbe il contenzioso\ngiurisdizionale in senso  favorevole  alla  parte,  per  cosi\u0027  dire,\n«pubblica», concessionaria della  riscossione,  violando,  in  questo\nmodo, il principio di «parita\u0027 delle armi processuali» e modificando,\nquindi, il possibile esito del giudizio in cui e\u0027 applicato  rispetto\na quello, eventuale, che sarebbe potuto derivare qualora  tale  norma\nnon fosse stata emessa. Il che da\u0027  luogo,  in  questo  modo,  a  una\npalese violazione del principio di «parita\u0027 delle armi processuali». \n    Altra circostanza rilevante e\u0027 rappresentata  dal  fatto  che  la\nnorma e\u0027 stata introdotta a notevolissima distanza  di  tempo,  quasi\ntrent\u0027anni, dall\u0027entrata  in  vigore  della  disciplina  che  intende\ninterpretare, ossia l\u0027art. 53 del  decreto  legislativo  15  dicembre\n1997, n. 446; circostanza che risulta, per definizione, come chiarito\ndalla stessa Corte costituzionale nelle decisioni innanzi  richiamate\n(cfr. in questo senso in particolare la gia\u0027  citata  sentenza  della\nCorte costituzionale n. 174 del 2019),  sintomatica  di  un  utilizzo\n«distorto» dello strumento legislativo. \n    Quanto  alla  sussistenza  di  un  contrasto  interpretativo   da\nrisolvere, occorre evidenziare che, proprio al fine di  prevenirlo  e\nrisolverlo, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli\naveva sollevato questione pregiudiziale, investendo, quindi, la Corte\ndi cassazione, mediante rinvio ai sensi dell\u0027art. 363-bis  codice  di\nprocedura civile, della questione  concernente  la  possibilita\u0027,  in\nmateria  tributaria,  di  ritenere   validamente   ed   efficacemente\ncostituita, anche in base a una lettura costituzionalmente  orientata\ndell\u0027art. 184  del  decreto  legislativo  n.  50/2016  (codice  degli\nappalti),   «una   \"societa\u0027   di   progetto\"   avente   ad   oggetto\nl\u0027accertamento  e  la  riscossione  fiscale,  non  iscritta  (perche\u0027\nimpossibilitata a farlo) sia nell\u0027albo previsto dall\u0027art. 53  decreto\nlegislativo  n.  446/1997,  che  nella  relativa   sezione   separata\ndell\u0027art.  1,  comma  805,  legge  27  dicembre  2019,  n.  160,  sul\npresupposto che essa mutui dalla  societa\u0027  aggiudicataria  (iscritta\nnell\u0027albo predetto e  socia  unica  della  societa\u0027  di  progetto)  i\nrequisiti prescritti  per  legge»  (cfr.  ordinanza  della  Corte  di\ngiustizia tributaria di primo grado di Napoli  del  23  maggio  2024,\nresa nel giudizio n. 6529/24 r.g.). \n    In ordine a tale profilo non puo\u0027 non  evidenziarsi,  a  conferma\ndel fatto che con la  norma  in  esame  si  e\u0027  in  presenza  di  una\ningerenza non consentita del potere legislativo nei giudizi in corso,\nl\u0027assoluta peculiarita\u0027 di quanto accaduto sul piano della  scansione\ncronologica degli eventi: infatti, al momento dell\u0027approvazione della\nlegge di conversione (21 febbraio 2025) era gia\u0027 stata calendarizzata\ne  celebrata  l\u0027udienza  presso  la  Corte  di  cassazione   (infatti\nl\u0027originaria Camera di  consiglio  e\u0027  datata  22  gennaio  2025  poi\nriconvocata successivamente  in  data  13  marzo  2025),  chiamata  a\npronunciarsi, come evidenziato, proprio ai  sensi  dell\u0027art.  363-bis\ndel  codice  di  procedura  civile  sulla  questione  concernente  la\npossibilita\u0027 per le societa\u0027  di  scopo  non  iscritte  all\u0027albo  dei\nconcessionari di effettuare attivita\u0027 di riscossione di tributi. \n    Non puo\u0027, quindi, in  questa  sede  non  evidenziarsi  l\u0027assoluta\nanomalia di un intervento normativo che, nelle intenzioni  dichiarate\ndal legislatore, puo\u0027 incidere sull\u0027esito del contenzioso attualmente\npendente innanzi al giudice tributario, oltre ad aver di  fatto  gia\u0027\ninciso, per effetto della  sua  entrata  in  vigore,  sull\u0027esito  del\nprocedimento per rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis del  codice  di\nprocedura civile innanzi alla Corte di cassazione, conclusosi con una\npronuncia di inammissibilita\u0027 sopravvenuta della questione sottoposta\nal suo esame motivata proprio dall\u0027entrata in vigore della  norma  in\nquestione. \n    Considerato: \n        che, ai sensi dell\u0027art.  134  della  Costituzione,  la  Corte\ncostituzionale giudica sulle controversie relative alla  legittimita\u0027\ncostituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di  legge  dello\nStato e delle Regioni; \n        che, alla luce dei motivi innanzi evidenziati,  la  questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale della norma astrattamente  applicabile\nnel presente giudizio non appare manifestamente infondata; \n        che, inoltre, la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndella norma in questione e\u0027 rilevante nel presente giudizio in virtu\u0027\ndi quanto osservato in premessa, in quanto  l\u0027eventuale  declaratoria\ndi illegittimita\u0027 o di legittimita\u0027 della stessa potrebbe determinare\nun esito favorevole per la parte  ricorrente  e  sfavorevole  per  la\nparte resistente o viceversa; \n    Ritenuto   che,   pertanto,   la   questione   di    legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. all\u0027art. 3, comma 14-septies della legge  21\nfebbraio 2025, n. 15 appare rilevante e non manifestamente  infondata\nin riferimento agli articoli 76 della Costituzione, 3, 25,  76  e  97\ndella Costituzione, 3 e 97 della Costituzione, 41 della  Costituzione\nin combinato disposto  con  l\u0027art.  102  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea e con l\u0027art. 3, legge n. 287/1990, e all\u0027art. 111\ndella Costituzione in combinato disposto con l\u0027art. 6 CEDU; \n    Visto l\u0027art. 137 della Costituzione; \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    1. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 3,  comma  14-septies  della\nlegge 21 febbraio 2025, n. 15 in riferimento agli articoli  76  della\nCostituzione, 3, 25, 76  e  97  della  Costituzione,  3  e  97  della\nCostituzione,  41  della  Costituzione,  quest\u0027ultimo  in   combinato\ndisposto  con  l\u0027art.  102  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea e con l\u0027art. 3, legge  n.  287/1990,  e  all\u0027art.  111  della\nCostituzione in combinato disposto con l\u0027art. 6 CEDU; \n    2.  Dispone  l\u0027immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte\ncostituzionale; \n    3. Sospende il presente giudizio fino alla decisione della  Corte\ncostituzionale; \n    4. Dispone che, a cura della segreteria: \n        la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al\nPresidente del Consiglio dei ministri; \n        sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; \n        gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale. \n    Cosi\u0027 deciso in Napoli il 15 maggio - 13 giugno 2025 \n \n                         Il giudice: Caputo","elencoNorme":[{"id":"63805","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"27/12/2024","data_nir":"2024-12-27","numero_legge":"202","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"14","specificaz_comma":"septies","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2024-12-27;202~art3"},{"id":"63816","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"21/02/2025","data_nir":"2025-02-21","numero_legge":"15","descrizionenesso":"","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2025-02-21;15"}],"elencoParametri":[{"id":"79957","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79958","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79959","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"41","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79960","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"76","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79961","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"97","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79962","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"111","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79963","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"6","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""},{"id":"79964","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"l","descriz_costit":"legge","numero_legge":"287","data_legge":"10/10/1990","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge;287~art3","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54942","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Comune di Napoli","data_costit_part":"16/10/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"I","descrizione_tipologia_parte":"Interveniente","sigla_parte":""},{"id":"54986","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Municipia spa","data_costit_part":"03/11/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"C","descrizione_tipologia_parte":"Controparte","sigla_parte":""}]}}"
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