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INPS- Direzione provinciale di Trieste","altre_parti":"Cerebuch Guerrino, Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","testo_atto":"N. 209 ORDINANZA (Atto di promovimento) 07 agosto 2025\n\r\nOrdinanza del 7 agosto 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Guerrino\nCerebuch contro l\u0027Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS\n- Direzione provinciale di Trieste.. \n \nPrevidenza - Impiego pubblico - Trattamenti di fine servizio,\n comunque denominati, spettanti nei casi di cessazione dal servizio\n per raggiungimento dei limiti di eta\u0027 - Prevista corresponsione\n decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro -\n Riconoscimento del trattamento secondo un meccanismo di\n rateizzazione, differentemente articolato in base all\u0027ammontare\n complessivo della prestazione. \n- Decreto-legge 28 marzo 1997 n. 79 (Misure urgenti per il\n riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con\n modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, art. 3, comma 2;\n decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di\n stabilizzazione finanziaria e di competitivita\u0027 economica),\n convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122,\n art. 12, comma 7. \n\n\r\n(GU n. 45 del 05-11-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL FRIULI-VENEZIA GIULIA \n (Sezione Prima) \n \n Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di\nregistro generale 121 del 2025, proposto dal signor Guerrino\nCerebuch, rappresentato e difeso dall\u0027avvocato Pietro Frisani, con\ndomicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; \n contro \n I.N.P.S. - Istituto nazionale previdenza sociale e I.N.P.S. -\nDirezione Provinciale Trieste, non costituiti in giudizio; \n per l\u0027accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente\nin quanto cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 in data\n31 maggio 2024 a percepire l\u0027intero importo del TFS ancora da\ncorrispondere da parte di INPS senza dilazioni e senza rateizzazione; \n per la condanna \n dell\u0027Istituto intimato a corrispondere senza dilazione l\u0027intero\nimporto di spettanza, oltre interessi e rivalutazione dal di\u0027 del\ndovuto sino al saldo; \n previa dichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza\ndella questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 3, comma 2,\ndel decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il\nriequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,\nnella legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modifiche e\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78\n(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di\ncompetitivita\u0027 economica), convertito, con modificazioni, nella legge\n30 luglio 2010, n. 122, e successive modifiche, con riferimento\nall\u0027art. 36 Cost. e all\u0027art. 1 Protocollo 1 CEDU e rimessione degli\natti alla Corte costituzionale; \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Visto l\u0027atto in data 10 luglio 2025, con cui il ricorrente ha\nchiesto il passaggio della causa in decisione senza discussione; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 15 luglio 2025 la\ndott.ssa Manuela Sinigoi e dato atto della su indicata richiesta del\nricorrente come specificato nel verbale; \n A) La vicenda fattuale \n A) La vicenda fattuale \n 1. Il ricorrente - ex dipendente del Ministero dell\u0027interno -\nQuestura di Trieste, collocato in quiescenza a decorrere dal 31\nmaggio 2024 per raggiunti limiti di eta\u0027 - ha chiesto a questo\nTribunale amministrativo regionale di accertare il suo diritto a\npercepire il trattamento di fine servizio (d\u0027ora in poi T.F.S. per\nbrevita\u0027) senza dilazioni e senza rateizzazioni e di condannare\nl\u0027Istituto previdenziale intimato a corrispondergli senza dilazione\nl\u0027intero importo di spettanza, oltre interessi e rivalutazione dal\ndi\u0027 del dovuto al saldo. \n 1.1. In fatto ha dedotto che il T.F.S. a lui spettante dovrebbe\nessere determinato in euro 64.301,04, come da prospetto di\nsimulazione estratto dal sito MyINPS, e che tale importo, essendo\nsuperiore ad euro 50.000,00 ma inferiore a euro 100.000,00, dovrebbe\nessergli corrisposto in due tranche, la prima, al piu\u0027 tardi, al 1°\nsettembre 2025 (avendo acquisito il diritto in data 1° giugno 2024) e\nla seconda al 1° settembre 2026, come previsto dall\u0027art. 3, comma 2,\ndel decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge, con\nmodificazioni, con legge 28 maggio 1997, n. 140, cosi\u0027 come da ultimo\nmodificato dalla lettera b) del comma 484 dell\u0027art. 1, legge 27\ndicembre 2013, n. 147 [\"Alla liquidazione dei trattamenti di fine\nservizio, comunque denominati,\" a favore dei dipendenti delle\npubbliche amministrazioni, oggi definite dall\u0027art. 1, comma 2, del\ndecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e al personale in regime di\ndiritto pubblico di cui all\u0027art. 3, commi 1 e 2, del decreto stesso\n\"l\u0027ente erogatore provvede (...), nei casi di cessazione dal servizio\nper raggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio previsti dagli\nordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d\u0027ufficio a\ncausa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima di servizio prevista\ndalle norme di legge o di regolamento applicabili\nnell\u0027amministrazione, decorsi dodici mesi dalla cessazione del\nrapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l\u0027ente\nprovvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli\ninteressi\"], e dall\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio\n2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall\u0027art. 1,\ncomma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122 [\"A titolo di concorso al\nconsolidamento dei conti pubblici attraverso il contenimento della\ndinamica della spesa corrente nel rispetto degli obiettivi di finanza\npubblica previsti dall\u0027Aggiornamento del programma di stabilita\u0027 e\ncrescita, dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento,\ncon riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche come\nindividuate dall\u0027Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi\ndel comma 3 dell\u0027art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 il\nriconoscimento dell\u0027indennita\u0027 di buonuscita, dell\u0027indennita\u0027 premio\ndi servizio, del trattamento di fine rapporto e di ogni altra\nindennita\u0027 equipollente corrisposta una tantum comunque denominata\nspettante a seguito di cessazione a vario titolo dall\u0027impiego e\u0027\neffettuato: (...) b) in due importi annuali se l\u0027ammontare\ncomplessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute\nfiscali, e\u0027 complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a\n100.000 euro. In tal caso il primo importo annuale e\u0027 pari a 50.000\neuro e il secondo importo annuale e\u0027 pari all\u0027ammontare residuo;\n(...)\"]. \n 1.2. Il ricorrente - che nel motivare in ordine alla pretesa\nazionata ha rilevato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale delle norme\npoc\u0027anzi richiamate che hanno disposto la rateizzazione e la\ndilazione per la liquidazione e la corresponsione del T.F.S.,\nchiedendo, previamente, la rimessione degli atti innanzi alla Corte\ncostituzionale e la sospensione del presente giudizio - si e\u0027\nsoffermato a ripercorrere l\u0027evoluzione della normativa in materia di\npagamento del trattamento di fine servizio in favore dei pubblici\ndipendenti, a partire dalla disciplina dettata dall\u0027art. 26, comma 3,\ndel d.P.R. n. 1032 del 1973, che stabiliva delle tempistiche per\nrendere possibile l\u0027effettiva corresponsione del trattamento in\nquestione «immediatamente dopo la data di cessazione dal servizio e\ncomunque non oltre quindici giorni dalla data medesima», sino a\nquella delineata dalle norme dianzi indicate, cui e\u0027 soggetto, e qui\ncensurata. \n 1.3. Ha, quindi, posto l\u0027accento sul significativo innalzamento\ndisposto dalla disciplina vigente dei termini iniziali e finale per\nil versamento del trattamento di fine servizio, decorrenti dalla\ncessazione del rapporto di lavoro, pari, rispettivamente, a quindici\nmesi (12 mesi + 3 mesi) e, nell\u0027ipotesi che direttamente e\nspecificamente lo riguarda, a ventiquattro mesi. \n 1.3.1. Analogamente ha richiamato l\u0027attenzione sulla disposta\nrateizzazione e, inoltre, sulla soglia, ora decisamente piu\u0027 bassa\nche in passato, che ne consente l\u0027erogazione \"in un unico importo\nannuale\" (ovvero \"se l\u0027ammontare complessivo della prestazione, al\nlordo delle relative trattenute fiscali, e\u0027 complessivamente pari o\ninferiore a 50.000 euro\"). \n 1.4. Si e\u0027, quindi, soffermato - sulla base dell\u0027insegnamento\ndella Corte costituzionale (sentenza n. 243 del 1993) - ad\nevidenziare la natura di retribuzione differita con concorrente\nfunzione previdenziale del trattamento in questione, tanto nel\nsettore pubblico che in quello privato (avendo sia il T.F.R. che il\nT.F.S., comunque denominati, la medesima finalita\u0027 di accompagnare il\nlavoratore nella delicata fase dell\u0027uscita dalla vita lavorativa\nattiva), dalla quale discende il requisito della necessaria\ntempestivita\u0027 dell\u0027erogazione, quale corollario dell\u0027art. 36\nCostituzione. \n 1.4.1. Il tempo - ha osservato - assume, infatti, una rilevanza\nautonoma per due distinti profili: \n - \"il primo attiene al costo in termini economici del\ndifferimento dell\u0027erogazione del TFS\", dato che il differimento non\ne\u0027 accompagnato dalla corresponsione della rivalutazione monetaria,\nma soltanto dagli interessi legali qualora l\u0027erogazione\ndell\u0027emolumento avvenga successivamente alla scadenza del termine\nannuale e dei successivi tre mesi. Sicche\u0027, in una situazione\ncaratterizzata da un\u0027inflazione molto elevata come quella attuale,\nfinisce per incidere sulla stessa consistenza economica della\nprestazione in questione; \n - \"il secondo (...) attiene alla durata delle misure che\ncomprimono il diritto del lavoratore alla tempestiva corresponsione\ndel trattamento di fine servizio\", dato che la dilazione del\npagamento del T.F.S. non e\u0027 piu\u0027 una misura temporanea destinata a\nfar fronte a una crisi contingente, ma e\u0027 dotata di carattere\nstrutturale con durata illimitata, tale da rendere \"irragionevole e\ninesigibile il sacrificio imposto ai lavoratori collocati a riposo\navendo raggiunto i limiti d\u0027eta\u0027 o di servizio\". \n 1.5. Ha, indi, evidenziato che quanto sin qui argomentato circa\nla natura del trattamento di fine servizio e la necessita\u0027 che lo\nstesso venga erogato con la necessaria tempestivita\u0027 ha trovato\npuntuale conferma nella sentenza della Corte costituzionale n. 159\ndel 25 giugno 2019 e, piu\u0027 recentemente, in quella n. 130 del 23\ngiugno 2023. \n 1.5.1. Segnatamente, ha ricordato che la Corte costituzionale,\ncon la prima pronuncia, pur ritenendo non fondata la questione\nsottoposta al suo vaglio (i.e. \"legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con\nmodificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, e dell\u0027art. 12,\ncomma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con\nmodificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, in riferimento\nagli articoli 3 e 36 della Costituzione\"), venendo in rilievo, in\nquel caso, una cessazione anticipata dal servizio, rispetto alla\nquale le disposizioni in materia di differimento e rateizzazione del\nT.F.S. sono state, per l\u0027appunto, ritenute legittime in quanto esse\nmirano a scoraggiare l\u0027esodo anticipato dei dipendenti pubblici e, in\nquesto senso, le stesse appaiono eque e non discriminatorie, ha,\npero\u0027, incidentalmente ritenuto - proprio avuto riguardo alla\ntematica estranea a quel giudizio (ovvero «il pagamento differito e\nrateale delle indennita\u0027 di fine rapporto... nelle ipotesi di\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 e di servizio o di collocamento a\nriposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima\ndi servizio») - di «segnalare al Parlamento l\u0027urgenza di ridefinire\nuna disciplina non priva di aspetti problematici, nell\u0027ambito di una\norganica revisione dell\u0027intera materia, peraltro indicata come\nindifferibile nel recente dibattito parlamentare», richiamando, in\nparticolare, l\u0027attenzione sul fatto che «la disciplina che ha\nprogressivamente dilatato i tempi di erogazione delle prestazioni\ndovute alla cessazione del rapporto di lavoro ha smarrito un\norizzonte temporale definito e la iniziale connessione con il\nconsolidamento dei conti pubblici che l\u0027aveva giustificata. Con\nparticolare riferimento ai casi in cui sono raggiunti i limiti di\neta\u0027 e di servizio, la duplice funzione retributiva e previdenziale\ndelle indennita\u0027 di fine rapporto, conquistate \"attraverso la\nprestazione dell\u0027attivita\u0027 lavorativa e come frutto di essa\"\n(sentenza n. 106 del 1996, punto 2.1. del Considerato in diritto),\nrischia di essere compromessa, in contrasto con i principi\ncostituzionali che, nel garantire la giusta retribuzione, anche\ndifferita, tutelano la dignita\u0027 della persona umana». \n 1.5.2. A seguito del monito della Corte, lo Stato si e\u0027 limitato\nad introdurre la disciplina dell\u0027anticipazione della prestazione di\ncui all\u0027art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, secondo cui e\u0027\npossibile richiedere il finanziamento di una somma, pari all\u0027importo\nmassimo di euro 45.000,00, dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata,\ngarantito dalla cessione pro solvendo del credito avente ad oggetto\nl\u0027emolumento, dietro versamento di un tasso di interesse fissato\ndall\u0027art. 4, comma 2, del decreto ministeriale 19 agosto 2020, in\nmisura pari al rendimento medio dei titoli pubblici maggiorato dello\n0,40 per cento. \n 1.5.3. L\u0027I.N.P.S., dal canto suo, con delibera del Consiglio di\namministrazione n. 219 del 9 novembre 2022, ha istituito\nl\u0027anticipazione del T.F.S., prevedendo al riguardo la possibilita\u0027\nper gli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie\ne sociali di usufruire di un finanziamento pari all\u0027intero ammontare\ndel trattamento maturato e liquido, erogato al tasso di interesse\npari all\u00271% fisso (a cui si aggiungono le spese di amministrazione),\nsempre dietro cessione pro solvendo della corrispondente quota non\nancora esigibile del T.F.S. \n 1.5.4. Con la successiva sentenza n. 130 del 2023, vertente sulla\nmedesima questione di diritto per contrasto con il principio di\nproporzionalita\u0027 della retribuzione, espresso dall\u0027art. 36 Cost., la\nCorte, ponendosi in continuita\u0027 con la precedente pronuncia del 2019,\ndella quale ha condiviso le premesse concettuali e riproposto le\nargomentazioni principali, ha stigmatizzato la mancanza di una\n«riforma specificamente volta a porre rimedio al vulnus\ncostituzionale riscontrato...», osservando, in particolare, che la\ndisciplina dell\u0027anticipazione della prestazione introdotta dal\nlegislatore nel 2019 e il finanziamento delineato dall\u0027INPS di cui si\ne\u0027 riferito ai precedenti par. 1.5.2 e 1.5.3 «investono solo\nindirettamente la disciplina dei tempi di corresponsione delle\nspettanze di fine servizio», limitandosi a riconoscere all\u0027avente\ndiritto la facolta\u0027 di evitare la percezione differita\ndell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento oneroso delle stesse\nsomme dovutegli a tale titolo. \n In particolare, ha rimarcato che «il legislatore non ha (...)\nespunto dal sistema il meccanismo dilatorio all\u0027origine della\nriscontrata violazione, ne\u0027 si e\u0027 fatto carico della spesa necessaria\na ripristinare l\u0027ordine costituzionale violato, ma ha riversato sullo\nstesso lavoratore il costo della fruizione tempestiva di un\nemolumento che, essendo rapportato alla retribuzione e alla durata\ndel rapporto e quindi, attraverso questi due parametri, alla\nquantita\u0027 e alla qualita\u0027 del lavoro, e\u0027 parte del compenso dovuto\nper il servizio prestato (sentenza n. 106 del 1996)». \n A fronte di tale inerzia - pur dichiarando inammissibili le\nquestioni sollevate dal giudice a quo, in quanto «...Al vulnus\ncostituzionale riscontrato con riferimento all\u0027art. 3, comma 2, del\ndecreto-legge n. 79 del 1997, come convertito, questa Corte non puo\u0027,\nallo stato, porre rimedio, posto che il quomodo delle soluzioni\nattinge alla discrezionalita\u0027 del legislatore. Deve, infatti,\nconsiderarsi il rilevante impatto in termini di provvista di cassa\nche il superamento del differimento in oggetto, in ogni caso,\ncomporta; cio\u0027 che richiede che sia rimessa al legislatore la\ndefinizione della gradualita\u0027 con cui il pur indefettibile intervento\ndeve essere attuato, ad esempio, optando per una soluzione che, in\nossequio ai richiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027, si sviluppi muovendo dai\ntrattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri...» - ha\nrinnovato l\u0027invito al legislatore a provvedere, non senza\ntralasciare, tuttavia, di porre l\u0027accento sul fatto che: «La\ndiscrezionalita\u0027 di cui gode il legislatore nel determinare i mezzi e\nle modalita\u0027 di attuazione di una riforma siffatta deve, tuttavia,\nritenersi, temporalmente limitata. \n La lesione delle garanzie costituzionali determinata dal\ndifferimento della corresponsione delle prestazioni in esame esige,\ninfatti, un intervento riformatore prioritario, che contemperi\nl\u0027indifferibilita\u0027 della reductio ad legitimitatem con la necessita\u0027\ndi inscrivere la spesa da essa comportata in un organico disegno\nfinanziario che tenga conto anche degli impegni assunti nell\u0027ambito\ndella precedente programmazione economico-finanziaria. \n In proposito, questa Corte deve evidenziare, come in altre\nanaloghe occasioni, \"che non sarebbe tollerabile l\u0027eccessivo\nprotrarsi dell\u0027inerzia legislativa in ordine ai gravi problemi\nindividuati dalla presente pronuncia\" (da ultimo, sentenza n. 22 del\n2022; si vedano anche sentenze n. 120 e n. 32 del 2021). \n Accertata la necessita\u0027 della espunzione della disciplina\nconcernente tale differimento, va rilevato, quanto alla previsione\ndel pagamento rateale del trattamento di fine servizio di cui\nall\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010, come\nconvertito - l\u0027altra disposizione censurata - che il sistema cui essa\nha dato luogo, essendo strutturato secondo una progressione graduale\ndelle dilazioni, via via piu\u0027 ampie in proporzione all\u0027incremento\ndell\u0027ammontare della prestazione, da un lato, calibra il sacrificio\neconomico derivante dalla percezione frazionata dell\u0027indennita\u0027 in\nmodo tale da renderne esenti i beneficiari dei trattamenti piu\u0027\nmodesti; dall\u0027altro, assicura ai titolari delle indennita\u0027 ricadenti\nnegli scaglioni via via piu\u0027 elevati la percezione immediata -\nrectius: che diverra\u0027 immediata solo all\u0027esito della eliminazione del\ndifferimento previsto dall\u0027art. 3, comma 2, del D.L. n. 79 del 1997,\ncome convertito - almeno di una parte della prestazione loro\nspettante. \n Tuttavia, questa Corte non puo\u0027 esimersi dal considerare che tale\ndisciplina - peraltro connessa, per espressa previsione della stessa\nnorma censurata, alle esigenze, necessariamente contingenti, di\nconsolidamento dei conti pubblici - in quanto combinata con il\ndescritto differimento, finisce per aggravare il vulnus sopra\nevidenziato». \n 1.6. In punto di fatto il ricorrente ha, inoltre, ulteriormente\nrappresentato che: \n - quanto alle competenze del legislatore, nel giugno 2024 sono\nstati presentati due disegni di legge (atti C-1254 e C-1264), che non\nhanno pero\u0027 avuto seguito in ragione del parere negativo espresso\ndalla Ragioneria generale dello Stato (parere allegato al ricorso); \n - quanto alle competenze dell\u0027I.N.P.S., il meccanismo\ndell\u0027anticipazione introdotto con la richiamata deliberazione del\nC.d.A. n. 219/2022 (il quale peraltro ha consentito solo a pochi\nsoggetti di accedere al beneficio stante la limitatezza delle risorse\nfinanziarie disponibili) e\u0027 stato da ultimo abrogato; \n - neanche l\u0027altro istituto introdotto nel 2019 (ossia il\nfinanziamento bancario) e\u0027 satisfattivo, anche perche\u0027 non esiste\nalcun obbligo per le banche di contrarre e comunque al beneficio non\npotrebbero accedere i c.d. cattivi pagatori (in generale, poi, questi\nstrumenti sono stati definiti dalla stessa Corte costituzionale di\nper se\u0027 non idonei a superare i profili di incostituzionalita\u0027 delle\nnorme che prevedono la dilazione del pagamento e la rateizzazione del\nT.F.S.). \n 1.7. Sicche\u0027 - richiamando l\u0027attenzione sul fatto che nonostante\nil lungo lasso di tempo decorso dalla prima sentenza monito e anche,\noramai, dalla seconda che ha accertato la illegittimita\u0027 della norma,\npur non dichiarandola, e sulla perduranza della situazione di\nincostituzionalita\u0027, tale da rendere non piu\u0027 tollerabile il vuoto di\ntutela costituzionale che ne deriva e imponendosi, anzi, l\u0027intervento\ndella Corte - ha quindi, come detto, chiesto l\u0027accertamento del\ndiritto a percepire il T.F.S. senza dilazioni e senza rateizzazioni e\nla condanna dell\u0027Istituto previdenziale intimato a corrispondergli\nsenza dilazione l\u0027intero importo di spettanza oltre interessi e\nrivalutazione dal di\u0027 del dovuto al saldo, previa nuova rimessione\nalla Corte costituzionale della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997,\nn. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica),\nconvertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, e\nsuccessive modifiche e dell\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge 31\nmaggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione\nfinanziaria e di competitivita\u0027 economica), convertito, con\nmodificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive\nmodifiche, per (manifesta e reiterata) violazione dell\u0027art. 36 Cost.\ne dell\u0027art. 1 Protocollo 1 CEDU. \n 1.7.1. Il ricorrente ha dedotto, segnatamente, che: \n - l\u0027art. 36 Cost. statuisce che il lavoratore ha diritto ad una\nretribuzione proporzionata alla qualita\u0027 e quantita\u0027 del suo lavoro e\nin ogni caso sufficiente ad assicurare a se\u0027 ed alla sua famiglia una\nesistenza libera e dignitosa. La retribuzione, pertanto, da un lato\nnon deve mai perdere il suo collegamento con la prestazione\nlavorativa svolta e, dall\u0027altro, deve essere adeguata e sufficiente\nai sensi dell\u0027art. 36 Cost., avendo a riguardo non solo alla sua\nentita\u0027, ma anche alla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. Questi\nprincipi, come detto, si applicano anche al T.F.S. in ragione della\nsua natura di retribuzione differita, funzionale fra l\u0027altro ad\naccompagnare al lavoratore nel momento delicato della sua uscita\ndalla vita lavorativa. La Corte costituzionale ha in piu\u0027 occasioni\nribadito che tutte le misure che incidono sul diritto alla\nretribuzione per superare il vaglio di costituzionalita\u0027 debbono\nessere giustificare da comprovate ragioni di interesse generale e\ndevono avere efficacia limitata nel tempo (sentenze n. 178 del 2015 e\nn. 173 del 2016). Nel caso delle modalita\u0027 di corresponsione del\nT.F.S. questi paletti sono stati ampiamente travalicati, visto che i\nsacrifici imposti agli aventi diritto a tale trattamento sono ormai\ndivenuti strutturali e non piu\u0027 legati ad emergenze finanziarie; \n - per costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti\ndell\u0027uomo (Fabian c. Ungheria [GC], n. 78117/13, 5 settembre 2017;\nStefanetti, n. 21838/10, 15 settembre 2014) le pensioni e\nconseguentemente anche il trattamento di fine servizio maturato per\neffetto della vita lavorativa costituiscono un \"bene\" ai sensi della\nConvenzione. Secondo le norme generali applicabili, il diritto matura\ned entra a far parte del patrimonio del titolare al momento in cui si\nsoddisfano i requisiti per il pensionamento. Le prestazioni non\nancora percepite rientrano nella sfera di applicazione dell\u0027art. 1\nProtocollo 1 allegato alla Convenzione, in quanto espressione del\ndiritto, gia\u0027 maturato e gia\u0027 parte del patrimonio del ricorrente fin\ndal momento del raggiungimento dei requisiti necessari, e in ogni\ncaso debbono essere considerate espressione di una \"legittima\naspettativa\", esplicitamente riconosciuta e tutelata dal diritto\ncostituzionale interno (Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98,\n28/9/2004; Plalam SPA c. Italia, n. 16021/02, 8/2/2011). In casi del\ngenere la Corte EDU verifica se il diritto dell\u0027interessato di\nbeneficiare delle prestazioni previdenziali e pensionistiche sia\nstato violato in misura tale da comprometterne l\u0027essenza (Domalewski\nc. Polonia (dec.); Kjartan Asmundsson c. Islanda, § 39; Wieczorek c.\nPolonia, § 57; Rasmussen c. Polonia, § 75; Valkov e altri c.\nBulgaria, §§ 91 e 97; Maggio e altri c. Italia, § 63; Stefanetti e\naltri c. Italia, § 55). \n 2. L\u0027I.N.P.S., seppur ritualmente evocato in giudizio, non si e\u0027\ncostituito. \n 3. In prossimita\u0027 dell\u0027udienza pubblica del 15 luglio 2025,\nfissata per la trattazione del ricorso, il ricorrente ha chiesto: \n - in via principale, di sospendere il presente giudizio in\nattesa della definizione della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale gia\u0027 rimessa alla Corte costituzionale dalle ordinanze\nn. 105/2025 del Tribunale amministrativo regionale Marche e n.\n4169/2025 del Tribunale amministrativo regionale Lazio - Roma; \n - in subordine, di trattenere la causa in decisione e,\nrichiamando le conclusioni gia\u0027 rassegnate nel ricorso, previa\ndichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale illustrata, sospendere il\ngiudizio e rimettere gli atti innanzi alla Corte costituzionale per\nla declaratoria di incostituzionalita\u0027 delle disposizioni individuate\ne per l\u0027effetto accertare e dichiarare il diritto del ricorrente,\ncessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027, a percepire il\nT.F.S. senza dilazioni e senza rateizzazione e la condanna del\nresistente a corrispondere senza dilazione l\u0027intero importo di\nspettanza, oltre interessi e rivalutazione dal di\u0027 del dovuto al\nsaldo. \n 4. Celebrata la detta udienza, la causa e\u0027 stata introitata per\nla decisione. \n 4.1. All\u0027esito della successiva Camera di consiglio, questo\nTribunale Amministrativo Regionale, ritenendo preferibile rimettere a\npropria volta alla Corte costituzionale la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale delle norme dianzi indicate prospettata da parte\nricorrente e sospendere il giudizio, ha pronunciato la seguente\nordinanza, ravvisando, invero, sussistere i presupposti di cui\nall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nella preliminare\ncondivisione di quanto osservato dal Tribunale amministrativo\nregionale Marche, al par. 6.2.2., della propria ordinanza di\nrimessione («Si deve... convenire con il ricorrente sul fatto che\nnella specie la Corte ha adottato una c.d. sentenza monito, ossia ha\naccertato l\u0027incostituzionalita\u0027 delle norme di legge sottoposte al\nsuo giudizio, ma non l\u0027ha dichiarata formalmente sul presupposto che\nla riforma organica della materia compete solo al legislatore,\nvenendo in rilievo vari interessi di rango costituzionale la cui\nottimale composizione implica delicate valutazioni di ordine\npolitico, relative anzitutto al procacciamento della provvista\nfinanziaria necessaria per ricondurre il sistema alla legittimita\u0027\ncostituzionale. \n Ovviamente le c.d. sentenze monito, in assenza di una specifica\ndisposizione costituzionale che ne disegni la relativa disciplina, da\nun lato non vincolano il legislatore (non esiste infatti uno\nstrumento tecnico in forza del quale si possa obbligare il\nlegislatore ad adeguarsi ad una pronuncia della Corte), dall\u0027altro\nlato pongono due questioni preliminari, relative, rispettivamente,\nall\u0027accertamento della \"inottemperanza\" e al termine entro il quale\nil legislatore avrebbe dovuto adeguarsi. Infatti, in presenza di\n\"sentenze monito\" a cui non abbia fatto seguito alcun intervento del\nlegislatore e\u0027 necessario verificare (e tale verifica compete\novviamente solo alla Corte costituzionale): \n - se si e\u0027 effettivamente in presenza di una \"inottemperanza\" o\nse esistono ragioni che giustificano l\u0027inattivita\u0027 del legislatore; \n - se tale \"inottemperanza\" si e\u0027 protratta per un periodo di\ntempo tale da costituire nella sostanza un\u0027elusione delle pronunce\ndella Corte. \n Quanto al primo profilo, e ribadito che le norme applicate nella\nspecie dall\u0027I.N.P.S. non risultano ad oggi modificate, va osservato\nche nella sentenza n. 130 del 2023 la Corte costituzionale ha gia\u0027\nevidenziato che le misure finalizzate a consentire all\u0027ex dipendente\ndi chiedere anticipazioni del T.F.S. o finanziamenti bancari previa\ncessione pro solvendo del credito non sono risolutive perche\u0027 \"...\nnon apportano alcuna modifica alle norme in scrutinio, ma si limitano\na riconoscere all\u0027avente diritto la facolta\u0027 di evitare la percezione\ndifferita dell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento oneroso\ndelle stesse somme dovutegli a tale titolo...\". \n Il Tribunale ritiene dunque che vi siano fondati argomenti per\nsostenere che allo stato il legislatore non si e\u0027 oggettivamente\nadeguato alle sentenze n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023 (mentre in\nquesta sede non sono valutabili eventuali ragioni che giustifichino\ntale inerzia). \n Quanto al secondo profilo, per un verso e\u0027 del tutto ovvio che\nnon si puo\u0027 pretendere un adeguamento immediato da parte del\nlegislatore (stanti anche i tempi tecnici necessari per\nl\u0027approvazione di una proposta di legge), per altro verso e\u0027\naltrettanto ovvio che le decisioni della Corte, per non tradursi di\nfatto in grida di manzoniana memoria, debbono essere ottemperate in\nun tempo ragionevole, che pero\u0027 non puo\u0027 essere stabilito dal giudice\ndi merito, ma solo dal Giudice delle leggi»). \n B) Rilevanza della questione \n 5. La questione e\u0027 rilevante per le seguenti ragioni. \n 5.1. Al fine del decidere vengono in rilievo le disposizioni di\ncui all\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,\nconvertito in legge, con modificazioni, con legge 28 maggio 1997, n.\n140, cosi\u0027 come da ultimo modificato dalla lettera b) del comma 484\ndell\u0027art. 1, legge 27 dicembre 2013, n. 147 [\"Alla liquidazione dei\ntrattamenti di fine servizio, comunque denominati,\" a favore dei\ndipendenti delle pubbliche amministrazioni, oggi definite dall\u0027art.\n1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e al\npersonale in regime di diritto pubblico di cui all\u0027art. 3, commi 1 e\n2, del decreto stesso \"l\u0027ente erogatore provvede (...), nei casi di\ncessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di\nservizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento\na riposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima\ndi servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento\napplicabili nell\u0027amministrazione, decorsi dodici mesi dalla\ncessazione del rapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi\ndiritto l\u0027ente provvede entro i successivi tre mesi, decorsi i quali\nsono dovuti gli interessi\"], e all\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con\nmodificazioni, dall\u0027art. 1, comma 1, legge 30 luglio 2010, n. 122 [\"A\ntitolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici attraverso il\ncontenimento della dinamica della spesa corrente nel rispetto degli\nobiettivi di finanza pubblica previsti dall\u0027Aggiornamento del\nprogramma di stabilita\u0027 e crescita, dalla data di entrata in vigore\ndel presente provvedimento, con riferimento ai dipendenti delle\namministrazioni pubbliche come individuate dall\u0027Istituto nazionale di\nstatistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell\u0027art. 1 della legge 31\ndicembre 2009, n. 196 il riconoscimento dell\u0027indennita\u0027 di\nbuonuscita, dell\u0027indennita\u0027 premio di servizio, del trattamento di\nfine rapporto e di ogni altra indennita\u0027 equipollente corrisposta una\ntantum comunque denominata spettante a seguito di cessazione a vario\ntitolo dall\u0027impiego e\u0027 effettuato: (...) b) in due importi annuali se\nl\u0027ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative\ntrattenute fiscali, e\u0027 complessivamente superiore a 50.000 euro ma\ninferiore a 100.000 euro. In tal caso il primo importo annuale e\u0027\npari a 50.000 euro e il secondo importo annuale e\u0027 pari all\u0027ammontare\nresiduo; (...)\"]. \n 5.2. Trattasi di disposizioni che, cosi\u0027 come formulate, sono\nimpeditive all\u0027accoglimento della domanda azionata dal ricorrente,\nvolta all\u0027accertamento del diritto, in quanto cessato dal servizio\nper raggiunti limiti di eta\u0027 in data 31 maggio 2024, a percepire\nl\u0027importo di spettanza a titolo di T.F.S. senza dilazioni e senza\nrateizzazione e alla, conseguente, condanna dell\u0027Istituto stesso a\ncorrispondergli senza dilazione l\u0027intero importo dovuto, oltre\ninteressi e rivalutazione. \n 5.2.1. Secondo il loro inequivoco tenore testuale, insuscettibile\ndi un\u0027interpretazione adeguatrice e/o costituzionalmente orientata,\nil ricorso dovrebbe, infatti, essere respinto poiche\u0027 le stesse\nprevedono, per l\u0027appunto, le dilazioni e la rateizzazione dal\nmedesimo contestate. \n 5.3. Laddove venisse, tuttavia, accolta la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dianzi sinteticamente prospettata il\npresente giudizio avrebbe un esito diverso, in quanto la dichiarata\nincostituzionalita\u0027 delle norme oggetto di applicazione - che, si\nsottolinea, dettano, con precisione, tempi (dilatori) per la\nliquidazione e la corresponsione del T.F.S. e stabiliscono, in ogni\ncaso, la rateazione per l\u0027erogazione di importi come quello di\nstimata spettanza del ricorrente - determinerebbe, per l\u0027appunto,\nl\u0027accertamento del diritto del medesimo ad ottenere quanto di\nspettanza a titolo di T.F.S. nei sensi auspicati e la conseguente\ncondanna dell\u0027Istituto intimato a corrisponderglielo negli stessi\ntermini e con le medesime modalita\u0027. \n 5.4. Un tanto soddisfa, ad avviso del Collegio, il presupposto\ndella rilevanza della questione, ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2,\ndella legge 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale e\u0027 necessario che\n«il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla\nrisoluzione della questione di legittimita\u0027 costituzionale» della\nnorma primaria contestata. \n C) Sulla non manifesta infondatezza della questione \n 6. Il Collegio ritiene, inoltre, non manifestamente infondato, ai\nsensi della norma dianzi indicata, il denunciato conflitto delle\nnorme che qui vengono in rilievo con il principio di giusta e\ntempestiva retribuzione, radicato nell\u0027art. 36 della Costituzione, e\ndi tutela della sfera patrimoniale del lavoratore, ai sensi dell\u0027art.\n117, comma primo, della Carta costituzionale in relazione al\nparametro interposto dell\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione\nper la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027\nfondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (di seguito, CEDU),\nratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848\n(Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei\ndiritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali firmata a Roma il 4\nnovembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa,\nfirmato a Parigi il 20 marzo 1952), laddove il trattamento di fine\nservizio costituisce espressione di una legittima aspettativa della\npersona, gia\u0027 entrata a far parte del suo patrimonio per effetto del\nraggiungimento dei requisiti necessari. \n 6.1. In tal senso, s\u0027appalesano, invero, condivisibili le\ndeduzioni svolte dal ricorrente e di cui s\u0027e\u0027 riferito ai §§ 1.7 e\n1.7.1, alla cui lettura si rinvia. \n 6.2. La Corte costituzionale ha, peraltro, piu\u0027 volte affermato\nil principio per il quale una misura quale quella in esame (che -\ncome sottolineato nella sentenza n. 159 del 2019 - trovava originaria\nconnessione giustificativa \"con il consolidamento dei conti\npubblici\"), per superare lo scrutinio di costituzionalita\u0027, non puo\u0027\nriguardare un arco temporale indefinito, ma deve essere giustificato\nda una crisi contingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum\n(sent. n. 178 del 2015 e n. 173 del 2016). \n 6.3. In ragione dell\u0027inerzia del legislatore nell\u0027adeguarsi alle\nsentenze della Corte costituzionale di cui innanzi sono stati\nriportati ampi stralci, il diritto al T.F.S. risulta, invero, violato\nin misura tale da snaturarne il contenuto, sia in ragione della\nrateizzazione del pagamento, sia alla luce del fatto che la dilazione\ntemporale non e\u0027 compensata dalla rivalutazione monetaria delle somme\nspettanti all\u0027ex dipendente pubblico. Ne consegue che la retribuzione\ndifferita viene ad essere di fatto non piu\u0027 proporzionata e adeguata\nrispetto all\u0027attivita\u0027 lavorativa svolta e ai contributi versati. \n 6.3.1. Giova, infatti, osservare - come gia\u0027 evidenziato nel\ncorso dell\u0027esposizione della vicenda fattuale - che il trattamento di\nfine servizio o rapporto costituisce una componente del compenso che\nil lavoratore ha conseguito come corrispettivo dell\u0027attivita\u0027\nlavorativa e che fa parte integrante del suo patrimonio, tanto e\u0027\nvero che in caso di decesso prematuro del dipendente l\u0027emolumento\nviene erogato ai congiunti superstiti. Inoltre il T.F.S. spetta a\nprescindere dalla causa di cessazione del rapporto di lavoro e\ndall\u0027accertamento dello stato di bisogno dell\u0027avente diritto. I\ntrattamenti di fine servizio sono ispirati al criterio di\ncorrispettivita\u0027 e restituiscono al lavoratore, alla cessazione del\nrapporto, una somma certa e di ammontare ben definito (al riguardo si\ntiene infatti conto della retribuzione percepita in servizio e della\ndurata del rapporto di lavoro), che viene definitivamente acquisita\nal suo patrimonio e devoluta per successione legittima o\ntestamentaria in caso di decesso del lavoratore in servizio. \n 6.3.2. Ne deriva che il trattamento di fine servizio deve essere\nerogato con la necessaria tempestivita\u0027, questa essendo un corollario\nindispensabile dei principi di proporzionalita\u0027 e adeguatezza della\nretribuzione sanciti dall\u0027art. 36 Cost. e delle esigenze di tutela\ndella sfera patrimoniale del lavoratore a garanzia della dignita\u0027\ndella persona umana che trova fondamento nell\u0027art. 1 Prot. n. 1 CEDU,\natteso che il trattamento di fine servizio costituisce espressione di\nuna legittima aspettativa della persona, gia\u0027 entrata a far parte del\nsuo patrimonio per effetto del raggiungimento dei requisiti\nnecessari. \n 7. Va dunque sollevata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 3, comma 2, del decreto-legge n.\n79/1997, convertito nella legge n. 140/1997, e successive\nmodificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7, del decreto-legge n.\n78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010, e\nsuccessive modificazioni ed integrazioni, per il profilo relativo\nall\u0027omesso adeguamento delle norme stesse alle sentenze della Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023, visto che l\u0027inerzia\ndel legislatore reitera la lesione sostanziale del diritto del\ndipendente pubblico cessato dal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027\nalla percezione di una retribuzione (in questo caso differita)\nsufficiente e proporzionata all\u0027attivita\u0027 lavorativa svolta\ndall\u0027interessato (art. 36 Cost.). La lesione sostanziale discende\ndalla dilazione temporale e dalla rateizzazione del pagamento della\nsomma dovuta, non accompagnate da un meccanismo di adeguamento degli\nimporti pagati all\u0027andamento dell\u0027inflazione. \n 8. Laddove si volesse invece ritenere che le sentenze monito non\nvincolano ne\u0027 il legislatore ne\u0027 la stessa Corte costituzionale,\nvanno nuovamente sollevate le medesime questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale delle prefate disposizioni di legge, nella parte in\ncui le stesse prevedono - come misure ormai strutturali e non piu\u0027\nlegate a specifiche emergenze finanziarie - la dilazione\ndell\u0027effettiva erogazione del T.F.S. e (nell\u0027ipotesi di importi\nsuperiori a euro 50.000,00, come e\u0027 nel caso dell\u0027odierno ricorrente)\nla rateizzazione dei pagamenti, non accompagnate dalla rivalutazione\ndelle somme via via erogate all\u0027ex dipendente pubblico cessato dal\nservizio per raggiunti limiti di eta\u0027. \n 8.1. Tali disposizioni confliggono con l\u0027art. 36 Cost. per i\nprofili gia\u0027 ampiamente evidenziati dalla Corte costituzionale nella\nsentenza n. 130 del 2023 e riepilogati nel § 1.5.4 della presente\nordinanza, nonche\u0027 con l\u0027art. 117, primo comma, Cost., in relazione\nall\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. \n 9. Per le ragioni sin qui esposte, il Collegio, ritenendo\nrilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dianzi prospettata per il profilo relativo all\u0027omesso\nadeguamento delle norme medesime alle sentenze della Corte\ncostituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023 e, in ogni caso, per\ncontrasto con l\u0027art. 36 Cost., nonche\u0027 con l\u0027art. 117, primo comma,\nCost., in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, la\nsolleva, ai sensi dell\u0027art. 23 della legge n. 87 dell\u002711 maggio 1983,\ne dispone l\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte\ncostituzionale, sospendendo, al contempo, il giudizio in corso. \n 10. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine\nalle spese e\u0027 riservata alla decisione definitiva. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia\nGiulia, I Sezione, dichiara rilevante per la definizione del presente\ngiudizio e non manifestamente infondata, per le ragioni di cui in\nmotivazione, la questione di costituzionalita\u0027 degli articoli 3,\ncomma 2, del decreto-legge n. 79/1997, convertito nella legge n.\n140/1997, e successive modificazioni ed integrazioni, e 12, comma 7,\ndel decreto-legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella\nlegge n. 122/2010, e successive modificazioni ed integrazioni, per il\nprofilo relativo all\u0027omesso adeguamento delle norme medesime alle\nsentenze della Corte costituzionale n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023\ne per contrasto con l\u0027art. 36 Cost. e l\u0027art. 117, primo comma, Cost.,\nin relazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU. \n Conseguentemente solleva la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale delle norme citate nei sensi dianzi precisati. \n Sospende, per l\u0027effetto, il giudizio fino alla definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 di cui alla questione data e\nordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte\ncostituzionale. \n Manda alla Segreteria di provvedere alla notificazione della\npresente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio\ndei ministri, nonche\u0027 alla comunicazione della stessa ai Presidenti\ndelle due Camere del Parlamento. \n Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall\u0027Autorita\u0027\nAmministrativa. \n Cosi\u0027 deciso in Trieste nella Camera di consiglio del giorno 15\nluglio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Carlo Modica de Mohac di Grisi\u0027, Presidente \n Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore \n Daniele Busico, Primo Referendario \n \n Il Presidente: Modica de Mohac di Grisi\u0027 \n \n \n L\u0027estensore: Sinigoi","elencoNorme":[{"id":"63811","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"28/03/1997","data_nir":"1997-03-28","numero_legge":"79","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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