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Anna  Maria  Cristaldi,  nel  procedimento  n.\n4336/2022 rgnr e n. 3357/2023 RGIP a carico di G.S., nato a  ...,  il\n..., con domicilio eletto presso lo studio del difensore di fiducia; \n    Difeso  di  fiducia  dall\u0027avv.  Giuseppe  Musumeci  del  Foro  di\nCatania; \n    Imputato del reato previsto e punito dall\u0027art. 589-bis del codice\npenale, commesso in ... l\u0027... (data del decesso); \n    letti gli atti  e  sciogliendo  la  riserva  all\u0027udienza  del  13\nsettembre 2024. \n \n                               Osserva \n \n    Il PM, in data 19 aprile 2023 ha chiesto il rinvio a giudizio  di\nG.S. in relazione al delitto  di  cui  all\u0027art.  589-bis  del  codice\npenale. \n    In data 5 giugno 2024 il difensore  del  G.,  munito  di  procura\nspeciale ha chiesto la definizione del procedimento con  applicazione\ndi pena concordata, determinata nella misura definitiva di anni  uno,\nmesi due, giorni sei di reclusione  e  subordinata  alla  concessione\ndella sospensione condizionale della pena. \n    Il PM ha prestato il consenso con nota del 27 maggio 2024. \n    Dagli atti del procedimento risulta che il G. con sentenza  della\nCorte di appello di Catania del 31 ottobre  1968,  in  riforma  della\nsentenza emessa dal Tribunale di Catania in data 10 ottobre 1967  era\nstato condannato alla pena di anni due e mesi cinque di reclusione ed\nalla multa (convertita) di euro 30,99  in  relazione  al  delitto  di\nfurto aggravato; detta condanna e\u0027  divenuta  definitiva  in  data  4\nnovembre 1968. \n    Lo stesso G.  con  sentenza  del  Tribunale  di  Catania  del  30\nnovembre 1976, irrevocabile il 19 marzo  1977  era  stato,  altresi\u0027,\ncondannato alla pena di giorni cinque di arresto e (convertito)  euro\n5,16 di ammenda, in relazione al  reato  di  violazione  delle  norme\nsull\u0027assicurazione obbligatoria degli autoveicoli natanti. \n    In data 17 marzo 1988 la Corte di appello di Catania ha  concesso\nal G.  la  riabilitazione,  in  relazione  alle  due  condanne  sopra\nindicate. \n    Osta, pertanto all\u0027applicazione  della  sospensione  condizionale\nrichiesta dall\u0027imputato il disposto dell\u0027art. 164, secondo comma  del\ncodice penale, laddove si prevede che  «la  sospensione  condizionale\ndella pena non puo\u0027 essere conceduta:  1)  a  chi  ha  riportato  una\nprecedente condanna  a  pena  detentiva  per  delitto,  anche  se  e\u0027\nintervenuta la riabilitazione». \n    Nel caso di specie, la condanna ad anni  due  e  mesi  cinque  di\nreclusione, superando il  limite  di  cui  all\u0027art.  163  del  codice\npenale, e\u0027, quindi, preclusiva  alla  concessione  della  sospensione\ncondizionale della pena, a  cui  e\u0027  subordinata  la  sopra  indicata\nrichiesta di patteggiamento. \n    Pertanto, all\u0027udienza del 21 giugno  2024,  il  giudice  indicava\nalle parti detta oggettiva preclusione. \n    All\u0027udienza del 13 settembre 2024, il difensore del  G.  eccepiva\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 164, secondo comma,  n.  1)\ndel codice penale, per contrasto  con  gli  articoli  3  e  27  della\nCostituzione, «esprimendo essa [preclusione] una presunzione assoluta\nincompatibile con  i  principi  di  uguaglianza  e  con  la  funzione\nrieducativa della pena, impedendo che il  giudice  del  merito  possa\nformulare una qualsiasi  valutazione  in  concreto  di  pericolosita\u0027\nattuale  di  adeguatezza  o  meritevolezza  del  beneficio  da  parte\ndell\u0027imputato che  risulta  gia\u0027  condannato».  Lo  stesso  difensore\nchiedeva, quindi, che  valutata  la  rilevanza  e  la  non  manifesta\ninfondatezza   della   questione   venga   sollevata   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale della disposizione dell\u0027art. 164, secondo\ncomma, n. 1) del codice  penale,  nella  parte  in  cui  preclude  la\nconcessione della  sospensione  condizionale  della  pena  a  chi  ha\nriportato una precedente  condanna  a  pena  detentiva  per  delitto,\nsuperiore ai limiti dell\u0027art. 163 del  codice  penale,  anche  se  e\u0027\nintervenuta la riabilitazione, per contrasto con gli articoli 3 e 27,\nterzo comma della Costituzione. \n    Il PM riteneva la questione irrilevante. Il giudice si  riservava\ndi decidere. \n1. Rilevanza della questione di legittimita\u0027 costituzionale. \n    1.1. L\u0027imputato, tramite il difensore  procuratore  speciale,  ha\nsollevato questione di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  164,\nsecondo comma, n. 1 del codice penale, nella parte in cui dispone che\nla sospensione condizionale della pena non puo\u0027 essere concessa a chi\ne\u0027 stato condannato ad una pena detentiva per  un  delitto,  malgrado\nsia intervenuta la riabilitazione. Secondo l\u0027imputato tale divieto si\nrisolve  in  un\u0027occasione  di   contrasto   con   l\u0027art.   27   della\nCostituzione, e  cioe\u0027  con  la  funzione  rieducatrice  della  pena,\nnonche\u0027 con il principio di eguaglianza per l\u0027irragionevolezza  della\nprevisione. Nell\u0027applicazione del cd beneficio vale la considerazione\ndei limiti temporali delle pene siccome precisati dall\u0027art.  163  del\ncodice penale, nel testo riformulato nel 1974. \n    Invero, la preclusione contenuta nella disposizione dell\u0027art. 164\nnon risulta tener conto in maniera compiuta e razionale del principio\ndi personalizzazione della sanzione oltre che con quello che  assegna\nal giudice di determinare di volta in volta la pena (in  senso  lato)\nda applicare sulla base delle circostanze in fatto e delle  modalita\u0027\ndi integrazione dei reati  oltre  che  in  base  per  l\u0027appunto  alla\npersonalita\u0027 del reo. \n    1.2. Non sussistono i presupposti per proscioglimento ex art. 129\ndel codice di procedura penale. Il reato contestato all\u0027imputato  per\ni suoi limiti edittali rientra tra quelli per i quali  e\u0027  consentita\nl\u0027irrogazione  di  una  sanzione   cui   applicare   la   sospensione\ncondizionale. Per lo stato degli atti la pena concordata ex art.  444\ndel codice di procedura penale, rientra nei parametri di legge. \n    1.3. In base, pero\u0027, al certificato penale in atti, l\u0027imputato e\u0027\nstato condannato alla pena di anni due e mesi  cinque  di  reclusione\nper il delitto di furto aggravato da Appello Catania 31 ottobre  1968\ne - per quanto possa  rilevare  -  alla  pena  di  giorni  cinque  da\nTribunale Catania 30 novembre 1976, per  la  violazione  delle  norme\nsull\u0027assicurazione obbligatoria degli autoveicoli e natanti. \n    Con sentenza Appello Catania 17 marzo 1988 il G. ha  ottenuto  la\nriabilitazione in ordine ai due reati. \n    1.4. In ragione dell\u0027art. 164, secondo comma, n.  1)  del  codice\npenale, questo giudice dovrebbe dichiarare inammissibile  o  comunque\nrespingere  l\u0027istanza  di  sospensione  condizionale  della  pena  e,\nquindi,  non  accogliere  l\u0027istanza  di  patteggiamento  o  di   pena\nconcordata ex art. 444 del codice di procedura penale, alla luce  del\ndisposto ai sensi del quale la sospensione  condizionale  della  pena\nnon puo\u0027 essere concessa a chi e\u0027 stato condannato per delitto ad una\npena superiore ai limiti dell\u0027art. 163 del codice penale,  «anche  se\ne\u0027 intervenuta la riabilitazione». \n    Questo rende rilevante ex art.  23  della  legge  n.  87/1953  la\nquestione di costituzionalita\u0027 dell\u0027inciso appena riportato,  perche\u0027\nla disposizione in esso riportata rende inapplicabile alla vicenda di\nspecie l\u0027istituto del  patteggiamento  ex  art.  444  del  codice  di\nprocedura penale, ed obbliga  questo  giudice  a  respingere  in  via\npreliminare l\u0027istanza di pena concordata. \n    1.5. Laddove viceversa la norma qui  censurata  fosse  dichiarata\ncostituzionalmente  illegittima  non  si   profilerebbe   la   citata\ncondizione  ostativa  all\u0027ammissione  alla  sospensione  condizionale\ndella pena e  la  relativa  istanza  potrebbe  essere  esaminata  nel\nmerito. Sul punto puo\u0027 riferirsi che la stessa  Corte  costituzionale\nnella sentenza n. 174/2022, relativa al diverso istituto della  messa\nin prova, ma con  argomentazioni  di  carattere  generale  riferibili\nanche alla sospensione condizionale della pena di  cui  all\u0027art.  164\ndel codice penale, ha considerato che «l\u0027accoglimento della questione\navrebbe infatti, nella prospettiva del giudice a  quo,  l\u0027effetto  di\nrimuovere  la  preclusione  oggi  opposta  a  una  possibile  seconda\nconcessione del  beneficio  previsto  dalla  disposizione  censurata,\nconsentendogli cosi\u0027 di valutare nel merito [...] se  sussistano  gli\nulteriori presupposti delineati dagli  articoli  168-bis  del  codice\npenale e 464-bis e 464-quater del  codice  di  procedura  penale  per\nl\u0027accesso  all\u0027istituto  in  questione.  [...]  Ne\u0027,  ai  fini  della\nmotivazione sulla rilevanza della questione, sarebbe stato necessario\nper il giudice rimettente diffondersi sulla sussistenza dei requisiti\ndel beneficio in  capo  a  entrambi  gli  imputati,  posto  che  tale\nvalutazione  e\u0027   logicamente   successiva   alla   rimozione   della\npreclusione stabilita dalla disposizione censurata,  che  allo  stato\nvieta in modo assoluto - secondo  la  lettura  del  rimettente  -  la\nconcessione del beneficio a chi ne abbia gia\u0027 fruito». \n    Analogamente   a   quanto   riportato,   nel   caso   di   specie\nl\u0027accoglimento della questione, con la  conseguente  rimozione  della\npreclusione ad oggi esistente, consentirebbe di valutare  nel  merito\nl\u0027istanza e deciderla. \n    1.6. La rilevanza  della  questione  non  viene  meno  neanche  a\nconsiderare  che,  per  l\u0027eta\u0027  raggiunta,  l\u0027imputato  potrebbe  non\nscontare la sanzione eventualmente inflittagli. E cio\u0027 per un duplice\nordine di motivi.  Per  un  verso,  infatti,  l\u0027applicazione  di  una\nsanzione comporta, comunque, in assenza di  sospensione  l\u0027esecuzione\ndi una  sanzione.  Peraltro,  la  decisione  circa  le  modalita\u0027  di\napplicazione della sanzione e\u0027 temporalmente e logicamente successiva\na quella circa la sua comminazione  e  presuppone  per  l\u0027intanto  la\ncondanna che e\u0027 qui in questione. Inoltre, poi, la  stessa  modalita\u0027\ndi applicazione della sanzione puo\u0027 essere affidata alla  valutazione\ndi altro decisore, di modo che per l\u0027intanto a  questo  tribunale  si\npone il problema di applicare l\u0027art. 164, secondo comma,  n.  1)  del\ncodice penale. \n    Le prospettive di ammissione a benefici penitenziari o  a  misure\nalternative alla detenzione si pongono in ogni caso  all\u0027esterno  del\nperimetro di  decisione  di  questo  giudice  circa  l\u0027applicabilita\u0027\ndell\u0027art. 164 del codice penale. \n2. Non  manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata  in  via\nincidentale. \n    2.1.  La  questione  qui  sollevata  attiene  alla   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 164, secondo comma, n. 1) del codice penale,\nnella parte in cui dispone che la sospensione condizionale della pena\nnon puo\u0027 essere concessa «a chi ha riportato una precedente  condanna\na  pena  detentiva  per  delitto,  anche   se   e\u0027   intervenuta   la\nriabilitazione».  Cio\u0027  inibisce   di   attribuire   efficacia   alla\nriabilitazione ed impedisce al giudice di valutare tempi, modalita\u0027 e\ncircostanze dei reati riconosciuti integrati dall\u0027imputato. \n    2.2. La questione non appare manifestamente infondata sulla  base\ndelle rationes a presupposti della riabilitazione prevista  dall\u0027art.\n178 del codice penale e della sospensione  condizionale  disciplinata\ndall\u0027art.  164  del  codice   penale   del   1930   e,   soprattutto,\ndell\u0027insegnamento della Corte costituzionale in piu\u0027 decisioni. \n    2.3. La riabilitazione e\u0027 oggi prevista dall\u0027art. 178 del  codice\npenale; essa «estingue le pene  accessorie  ed  ogni  effetto  penale\ndella  condanna,  salvo  che  la  legge  disponga  altrimenti».  Puo\u0027\nanticiparsi che tra tali deroghe e/o  eccezione  all\u0027eliminazione  di\n«ogni effetto penale» vi e\u0027 appunto quella  prevista  dall\u0027art.  164,\nsecondo comma del codice penale. \n    In  generale,  e  per  come  e\u0027  noto,   la   riabilitazione   e\u0027\ndisciplinata dal codice penale del 1930 tra le  cause  di  estinzione\ndella pena e, quindi, tra istituti come la morte del reo, il  decorso\ndel tempo, l\u0027indulto e la grazia, la non menzione della condanna e la\nliberazione condizionale, cioe\u0027  tra  cause  del  tutto  diverse  che\nattengono sia a circostanze oggettive, come a  vicende  di  carattere\nsoggettivo. \n    Per quanto contenuta gia\u0027 nel  codice  Zanardelli  del  1889,  la\nriabilitazione  risulta  oggi  uno  degli  strumenti  di   attuazione\ndell\u0027art. 27 della Costituzione, e della funzione rieducatrice  della\npena. In un certo senso puo\u0027 definirsi un istituto costituzionalmente\nnecessario,  perche\u0027  sancisce   l\u0027intervenuta   «rieducazione»   del\ncondannato, e cio\u0027 fa attenuare la natura di beneficio a  favore  del\ncondannato  per  farle  assumere  quella  di  una  vera   e   propria\naspettativa giuridicamente tutelata a fronte delle «prove effettive e\ncostanti di buona condotta», cioe\u0027 dell\u0027accertamento che,  dopo  aver\nscontato la sanzione, il reo si e\u0027 integrato nella comunita\u0027. \n    Ne discende che anche la limitazione contenuta nell\u0027art. 178  del\ncodice penale deve essere intesa in maniera rigorosa e restrittiva e,\nsoprattutto, che le ipotesi in cui dalla riabilitazione  non  cessano\ntutti gli effetti debbono trovare adeguata giustificazioni in ragione\ndi particolari esigenze costituzionali. \n    La riabilitazione del condannato passa, del resto, attraverso  il\nrigoroso accertamento svolto in sede giurisdizionale,  «acquisita  la\ndocumentazione necessaria», art. 583 del codice di procedura  penale,\ne quindi anche con  l\u0027ausilio  degli  operatori  specialisti  in  una\nvisione integrata che guarda alla personalita\u0027 del reo  grazie  anche\nagli apporti di vari esperti. \n    2.4. Nel testo originario del 1930, all\u0027art. 164, u.c., il codice\npenale considerava la sospensione  condizionale  come  una  sorta  di\n(ulteriore) beneficio che potesse  utilizzarsi  una  sola  volta  nel\ncorso dell\u0027esistenza, legata com\u0027era all\u0027idea che il  reato  segnasse\npressoche\u0027 per sempre la vita del colpevole. E\u0027 vero che  l\u0027art.  164\ndel codice penale, si apre con il richiamo dell\u0027art. 133  e,  quindi,\ncon i criteri di commisurazione della sanzione in base alla  gravita\u0027\ndel reato ed alla capacita\u0027 a  delinquere  del  medesimo  reo;  esso,\npresuppone, cioe\u0027, che il reo sia tale sulla base di alcuni indici  e\nche di fatto  lo  rimarra\u0027,  anche  se  gia\u0027  allora  la  sospensione\ncondizionale era comunque legata alla valutazione del giudice «che il\ncolpevole si asterra\u0027 dal commettere ulteriori reati». \n    L\u0027ultimo comma dell\u0027art. 164 del codice penale e\u0027  stato  oggetto\ndi una travagliata vicenda. La sentenza della Corte costituzionale n.\n86/1970 «ammise la possibilita\u0027 della concessione quando  il  secondo\nreato si legasse  con  vincolo  della  continuazione  a  quello  gia\u0027\nprecedentemente punito con pena  sospesa».  La  sentenza  n.  73/1971\n«ritenne tale possibilita\u0027 anche nel caso di nuova  condanna  per  un\ndelitto commesso anteriormente alla precedente e sempre che  la  pena\nda infliggere, cumulata con quella gia\u0027 sospesa,  non  sorpassasse  i\nlimiti stabiliti per l\u0027applicabilita\u0027 del beneficio». E\u0027  intervenuto\nil legislatore con il decreto-legge 11 aprile 1974, n. 99, \n    convertito, con modificazioni, proprio sull\u0027art. 12 nella legge 7\ngiugno 1974, n. 220. E, cio\u0027 nonostante, a causa del  fatto  che  «4.\n... che la dizione finale della  norma  present[a]  delle  ambiguita\u0027\ntali da legittimare il dubbio che il suo significato originario,  non\nostante le modifiche apportate,  sia  rimasto  immutato»,  e\u0027  dovuta\nintervenire  ancora  la  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.\n95/1976,   che   ha   dichiarato   l\u0027illegittimita\u0027    costituzionale\ndell\u0027ultimo comma «nella parte in cui  non  consente  la  concessione\ndella sospensione condizionale della pena a chi ha gia\u0027 riportato una\nprecedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora\nla pena da infliggere cumulata con quella irrogata  con  la  condanna\nprecedente non superi i limiti stabiliti  dall\u0027art.  163  del  codice\npenale». \n    Della sentenza n. 95/1976 va qui riportato il paragrafo 5, in cui\nil giudice costituzionale osservo\u0027 come non potersi  comprendere  «5.\n... come  possa  essere  giustificata  la  mancata  previsione  della\npossibilita\u0027 di  concedere  la  sospensione  condizionale  a  chi  ha\nriportato una precedente condanna per delitto a  pena  detentiva,  la\ncui esecuzione non sia stata sospesa,  quando  tale  possibilita\u0027  e\u0027\ninvece prevista nell\u0027ipotesi  in  cui  la  precedente  condanna  alla\nreclusione sia stata sospesa. \n    A giustificarla  non  e\u0027  certo  idonea  l\u0027affermazione  che  nel\nsecondo caso gia\u0027 esiste una  valutazione  prognostica  positiva  che\nspetta al  nuovo  giudice  verificare,  alla  luce  del  nuovo  fatto\nintervenuto, mentre nel primo caso esiste, al contrario, un  giudizio\nnegativo che potrebbe ritenersi convalidato e  confermato  dai  fatti\nsuccessivamente intervenuti. \n    La commissione di un nuovo reato da parte di chi ha riportato una\nprecedente  condanna,  potrebbe   semmai   dimostrare,   coi   fatti,\nl\u0027erroneita\u0027 della valutazione, compiuta dal primo giudice,  di  nota\nrecidivita\u0027 del reo e che quest\u0027ultimo non merita un trattamento piu\u0027\nfavorevole di quello riservato a chi di tale valutazione non abbia  a\ngiovarsi. \n    D\u0027altra parte, e cio\u0027 sembra decisivo,  poiche\u0027  la  personalita\u0027\numana e\u0027 soggetta ad evoluzione e cambiamenti, non appare ragionevole\ncondizionare  l\u0027apprezzamento  sulla  proclivita\u0027  al   delitto   del\ncolpevole da formularsi in occasione  della  seconda  condanna,  alla\nvalutazione effettuata in tempo precedente o  addirittura  remoto  da\naltro giudice. E  non  e\u0027  da  escludersi  che  l\u0027esecuzione  di  una\nprecedente condanna possa avere  determinato  l\u0027evoluzione  in  senso\npositivo della personalita\u0027 del condannato». \n    Gia\u0027  allora,  insomma,  la  Corte   costituzionale   noto\u0027   che\nl\u0027esclusione della sospensione condizionale per il  fatto  di  essere\nstato condannato a pena detentiva per delitto  risulta(va)  piuttosto\nsospetta e che, al contrario, si  richiede(va)  un  giudizio  fondato\nsull\u0027attualita\u0027. \n    Il problema di costituzionalita\u0027 oggi all\u0027attenzione  -  l\u0027essere\nl\u0027art. 164 del codice  penale  illegittimo  nella  parte  in  cui  fa\nderivare dalla  precedente  condanna  l\u0027inibizione  alla  sospensione\ncondizionale - sembra essere posto gia\u0027 da quella sentenza  de  1976,\nche  ha  sempre  richiesto  un  giudizio  prognostico  di   esclusiva\ncompetenza del giudice sulla possibilita\u0027 che il reo «si asterra\u0027 dal\ncommettere ulteriori reati», basata  sul  criterio  di  attualita\u0027  e\nsulla considerazione piena delle circostanze e della personalita\u0027 del\ncolpevole. \n    2.5. La restrittiva impostazione del codice del 1930  spiega  che\nla sospensione condizionale non possa essere concessa nemmeno «se  e\u0027\nintervenuta la riabilitazione», come se lo stigma sociale  perseguiti\nil reo per  tutta  la  vita  ed  a  prescindere  da  qualsiasi  altra\nconsiderazione  ovvero  da  svolgimenti  in  fatto  che  diano  prova\ndell\u0027allontanamento  definitivo  della  persona  dal  reato  e  dalla\n«cultura» che si esprime a  mezzo  della  sua  commissione.  Potrebbe\ndirsi che l\u0027integrazione di un reato perseguita per sempre la persona\ndel reo, senza considerare attivita\u0027 future che lo stesso possa  aver\nposto in essere. \n    2.6. Questa visione della sospensione condizionale puo\u0027 risultare\nin contrasto con l\u0027art. 27 della Costituzione e con  i  principi  ivi\ncontenuti. \n    La questione qui prospettata puo\u0027 essere  riferita  a  mezzo  dei\nrichiami alla giurisprudenza della Corte costituzionale. \n    Cosi\u0027, nella sentenza n. 236/2016, il giudice  costituzionale  ha\nrilevato come sia costante «4.2. ... la  considerazione  secondo  cui\nl\u0027art. 3 della Costituzione esige che la pena  sia  proporzionata  al\ndisvalore del  fatto  illecito  commesso,  in  modo  che  il  sistema\nsanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed\na quella di tutela delle  posizioni  individuali.  E  la  tutela  del\nprincipio di proporzionalita\u0027, nel campo del diritto penale,  conduce\na  «negare   legittimita\u0027   alle   incriminazioni   che,   anche   se\npresumibilmente  idonee   a   raggiungere   finalita\u0027   statuali   di\nprevenzione, producono, attraverso la pena, danni  all\u0027individuo  (ai\nsuoi  diritti  fondamentali)  ed  alla  societa\u0027  sproporzionatamente\nmaggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest\u0027ultima con la\ntutela dei  beni  e  valori  offesi  dalle  predette  incriminazioni»\n(sentenze n. 341 del 1994 e n. 409 del 1989)». \n    Ha ricordato l\u0027art. 49, numero 3), CDFUE, a tenore del quale  «le\npene inflitte non devono essere sproporzionate  rispetto  al  reato».\nPer la Corte «il principio di proporzionalita\u0027 esige un\u0027articolazione\nlegale del sistema sanzionatorio che  renda  possibile  l\u0027adeguamento\ndella pena alle effettive responsabilita\u0027  personali,  svolgendo  una\nfunzione di giustizia, e anche di tutela delle posizioni  individuali\ne di limite della potesta\u0027 punitiva statale, in armonia con il \"volto\ncostituzionale\" del sistema penale (sentenza n. 50 del 1980)». \n    Ed ha continuato affermando «che, alla luce  dell\u0027art.  27  della\nCostituzione, il principio della  finalita\u0027  rieducativa  della  pena\ncostituisce  \"una  delle   qualita\u0027   essenziali   e   generali   che\ncaratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e l\u0027accompagnano\nda quando nasce, nell\u0027astratta previsione normativa, fino a quando in\nconcreto si estingue\" (sentenza n. 313 del 1990; si vedano  anche  le\nsentenze n. 183 del 2011 e n. 129 del 2008). Esso, pertanto, non vale\nper la sola fase esecutiva, ma obbliga tanto il legislatore quanto  i\ngiudici della  cognizione  (sentenza  n.  313  del  1990).  Anche  la\nfinalita\u0027  rieducativa   della   pena,   nell\u0027illuminare   l\u0027astratta\nprevisione normativa, richiede «un costante principio di  proporzione\ntra qualita\u0027 e quantita\u0027 della sanzione,  da  una  parte,  e  offesa,\ndall\u0027altra» (sentenza n. 251 del 2012 e, ancora, sentenza n. 341  del\n1994), mentre la palese sproporzione del  sacrificio  della  liberta\u0027\npersonale produce «una vanificazione del fine rieducativo della  pena\nprescritto dall\u0027art. 27,  terzo  comma  della  Costituzione,  che  di\nquella liberta\u0027 costituisce una garanzia istituzionale  in  relazione\nallo stato di detenzione» (sentenza n. 343 del 1993). \n    Laddove  la   proporzione   tra   sanzione   e   offesa   difetti\nmanifestamente, perche\u0027 alla carica offensiva insita  nella  condotta\ndescritta dalla fattispecie  normativa  il  legislatore  abbia  fatto\ncorrispondere conseguenze punitive di entita\u0027  spropositata,  non  ne\npotra\u0027 che discendere  una  compromissione  ab  initio  del  processo\nrieducativo, processo  al  quale  il  reo  tendera\u0027  a  non  prestare\nadesione,  gia\u0027  solo  per  la  percezione  di  subire  una  condanna\nprofondamente ingiusta (sentenze n. 251 e n. 68 del 2012), del  tutto\nsvincolata dalla gravita\u0027 della propria condotta e dal  disvalore  da\nessa espressa». \n    Ha concluso che «in tale contesto, una particolare asprezza della\nrisposta sanzionatoria determina  percio\u0027  una  violazione  congiunta\ndegli articoli 3  e  27  della  Costituzione,  essendo  lesi  sia  il\nprincipio di proporzionalita\u0027 della pena rispetto alla  gravita\u0027  del\nfatto commesso, sia quello della  finalita\u0027  rieducativa  della  pena\n(sentenza n. 68 del 2012, che richiama le sentenze n. 341 del 1994  e\nn. 343 del 1993)». \n    Questa decisione e\u0027 significativa perche\u0027 fa pressoche\u0027 il  punto\nsul rapporto tra pena e istituti che  attengono  alla  sua  finalita\u0027\nrieducativa. \n    2.7. Come ricordato dalla sentenza della Corte costituzionale  n.\n208/2024,   «3.1.   -   Lungi   dall\u0027esprimere   generiche    istanze\nindulgenziali o di immotivata \"fuga  dalla  sanzione\"  nei  confronti\ndegli autori di reato, tanto la sospensione condizionale  della  pena\nquanto la non menzione della condanna nel certificato del  casellario\ngiudiziale sono  istituti  chiave  nell\u0027ottica  della  funzione  oggi\ncostituzionalmente assegnata alla  pena  dall\u0027art.  27,  terzo  comma\ndella Costituzione. \n    La sospensione condizionale - introdotta in Italia dalla legge 26\ngiugno 1904, n. 267 (Sospensione della esecuzione delle  sentenze  di\ncondanna) per i condannati a pena detentiva di  norma  non  superiore\nalla  durata  di  sei  mesi,  poi  progressivamente  estesa  sino   a\nraggiungere i limiti attuali - fu sin dalla sua origine pensata  come\nfunzionale ad assicurare nel condannato per reati di non  particolare\ngravita\u0027 un effetto di monito associato  alla  sentenza  di  condanna\npronunciata  nei  suoi  confronti,   risparmiandogli   tuttavia,   in\nparticolare nel caso di prima condanna, l\u0027esperienza del carcere.  Da\ntempo la dottrina aveva, in effetti, mostrato come le pene  detentive\nbrevi - troppo brevi per provocare un  cammino  di  rieducazione,  ma\ngia\u0027 idonee a  esporre  il  condannato  all\u0027influenza  di  subculture\ncriminali e, comunque, a interrompere  le  sue  relazioni  affettive,\nfamiliari,  sociali,  lavorative  con  la  comunita\u0027  -  producessero\nimportanti effetti criminogeni e desocializzanti (sul punto, sentenza\nn. 28 del 2022, punto 5.1. del Considerato in diritto). \n    Tale ratio essenziale e\u0027 ancor oggi alla  base  dell\u0027istituto.  E\ncio\u0027 in piena armonia con il principio costituzionale della finalita\u0027\nrieducativa  della  pena  di  cui  all\u0027art.  27,  terzo  comma  della\nCostituzione: finalita\u0027 che  la  sospensione  condizionale  persegue,\nperaltro, non solo in forma negativa - evitando i menzionati  effetti\ncriminogeni e desocializzanti della pena detentiva breve -, ma  anche\nattraverso  la  minaccia  di  revoca  del  beneficio,   che   stimola\nl\u0027astensione da ulteriori reati da parte del  condannato  durante  il\nperiodo di sospensione, nonche\u0027 attraverso gli  obblighi  riparatori,\nripristinatori o di recupero che, secondo i casi, possono  o  debbono\nessere imposti al  condannato  ai  sensi  dell\u0027art.  165  del  codice\npenale,  conferendo  cosi\u0027  un   contenuto   risocializzativo   anche\n\"positivo\" al beneficio». \n    2.8. Insomma,  la  connotazione  della  sospensione  condizionale\ndella pena quale beneficio octroye risulta superata dal principio  di\npersonalita\u0027   della   sanzione   introdotto   dall\u0027art.   27   della\nCostituzione, ed ancor di piu\u0027  dal  principio  di  rieducazione  del\ncondannato, il cui esito, una volta accertato positivamente, non puo\u0027\ncomportare piu\u0027 che il  reo  sia  avvinto  alla  dinamica  del  reato\ncommesso, specie se a distanza di tempo e malgrado la  riabilitazione\nottenuta. \n    2.9. L\u0027art. 27 della Costituzione, insomma, pare aver abbandonato\nla concezione della riabilitazione e della  sospensione  condizionale\ncome benefici ottriatamente concessi, ed al  contrario  ne  ha  fatti\nstrumenti che mirano - assieme alla riparazione del  danno  provocato\ndal reato ed  alla  tutela  della  vittima  di  quest\u0027ultimo  -  alla\nrieducazione del condannato e ad  offrirgli  opportuna  occasione  di\nrisocializzazione. \n    2.10. Cio\u0027 passa di necessita\u0027 attraverso l\u0027intervento  decisorio\ndel giudice, cioe\u0027 a  dire  quel  potere  discrezionale  del  giudice\nnell\u0027applicazione della pena ex art. 132 del codice  penale,  che  si\nesercita si\u0027 nei limiti della legge in base appunto al  principio  di\nlegalita\u0027, ma che pure e\u0027 presupposto necessario  della  personalita\u0027\ndella pena. Lo stesso art. 133 del codice penale, che  per  l\u0027appunto\ne\u0027 citato dall\u0027art. 164  del  codice  penale,  e\u0027  in  questa  chiave\nriletto attraverso  un\u0027interpretazione  costituzionalmente  orientata\nche fa dell\u0027irrogazione della sanzione lo strumento  di  rieducazione\ndel reo.  Ed  in  questa  concezione  tutti  gli  istituti  man  mano\nconfigurati  dal  diritto  positivo,  compreso  quindi  quello  della\nsospensione  condizionale   della   pena,   contribuiscono   a   dare\neffettivita\u0027 al citato valore. \n    2.11. La giurisprudenza costituzionale  ha  fatto  largo  uso  di\nquesti concetti. \n    Ad  esempio,  nella  sentenza  n.  197/2023,  che  pure  riguarda\nl\u0027omicidio del codice, ha ricordato di aver «piu\u0027 volte  sottolineato\nche il  principio  di  proporzionalita\u0027  della  pena,  desunto  dagli\narticoli 3 e 27, terzo comma della Costituzione, esige \"che  la  pena\nsia  adeguatamente  calibrata  non  solo  al  concreto  contenuto  di\noffensivita\u0027 del fatto di reato per gli interessi protetti, ma  anche\nal disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo\", il quale a  sua\nvolta \"dipende in maniera determinante non solo dal  contenuto  della\nvolonta\u0027 criminosa dolosa o colposa) e dal grado  del  dolo  o  della\ncolpa, ma  anche  dalla  eventuale  presenza  di  fattori  che  hanno\ninfluito sul processo motivazionale dell\u0027autore,  rendendolo  piu\u0027  o\nmeno rimproverabile\"  (sentenza  n.  73  del  2020,  punto  4.2.  del\nConsiderato in diritto; nello stesso senso, sentenza n. 94 del  2023,\npunto 10.3. del Considerato in diritto;  sentenza  n.  55  del  2021,\npunto  8  del   Considerato   in   diritto).   Il   principio   della\n\"personalita\u0027\" della responsabilita\u0027 penale, sancito dal primo  comma\ndell\u0027art. 27 della Costituzione, richiede d\u0027altra parte che  la  pena\napplicata a ciascun autore di reato costituisca \"una risposta - oltre\nche non sproporzionata -  il  piu\u0027  possibile  \u0026#x02bb;individualizzata\u0026#x02bc;,  e\ndunque calibrata sulla situazione del singolo  condannato\"  (sentenza\nn. 222 del 2018, punto 7.1. del Considerato in diritto)». \n    2.12. Nella stessa sentenza, sempre riguardo l\u0027omicidio,  ma  con\nargomentazioni relative a tutti i reati, ha notato che «attraverso il\nflessibile strumento del bilanciamento tra le circostanze, il  nostro\nordinamento consente  dunque  al  giudice  di  commisurare  una  pena\nmaggiormente calibrata rispetto all\u0027intensita\u0027  del  disvalore  della\nsingola condotta omicida, nel rispetto  dei  principi  costituzionali\nappena menzionati, nonche\u0027 di tener conto  di  ulteriori  circostanze\nche - pur non incidendo sul minor  grado  di  disvalore  oggettivo  o\nsoggettivo del  fatto  di  reato  -  esprimono  tuttavia  una  minore\nnecessita\u0027 di applicare una pena nei confronti  del  suo  autore,  in\nconsiderazione ad esempio della sua condotta successiva al reato. \n    5.2.3.  Grazie  al   complesso   delle   circostanze   attenuanti\napplicabili  all\u0027omicidio  e  alla  loro  possibile  prevalenza   nel\ngiudizio di bilanciamento  con  eventuali  aggravanti,  le  soluzioni\nsanzionatorie cui puo\u0027 pervenire il giudice  italiano  si  avvicinano\nalmeno in parte, negli esiti, a quelle cui e\u0027 possibile  giungere  in\nnumerosi altri ordinamenti contemporanei, nei  quali  l\u0027articolazione\ndelle  diverse  figure  di  omicidio  volontario  e  delle   relative\ncircostanze attenuanti consente una significativa  modulazione  della\nrisposta sanzionatoria, in ragione della diversa gravita\u0027 di ciascuna\ncondotta omicida». \n    2.13. La stessa sentenza si e\u0027 spinta a considerare  il  «bisogno\ndi pena» che si richiede al giudice di  valutare  a  carico  del  reo\nattraverso l\u0027utilizzo delle  circostanze  attenuanti  (o  in  diverse\nipotesi: aggravanti). \n    2.14. Il precedente e\u0027 stato riportato  perche\u0027  esso  mostra  la\ntendenza  nella   giurisprudenza   della   Corte   costituzionale   a\ncommisurare la sanzione alle circostanze di fatto ed alla persona del\nreo, evitando ogni automatismo che sarebbe per definizione  contrario\nai valori costituzionali che si fondano  sul  rilievo  della  persona\numana, compreso il reo, e sulla rieducazione di quest\u0027ultimo. \n    2.15.  Poiche\u0027,  pero\u0027,  l\u0027applicazione  dell\u0027art.  164,  secondo\ncomma, n. 1) del codice penale, finisce nei fatti per dare prevalenza\nalla recidiva rispetto  ad  ogni  altro  profilo  -  compreso  quello\ndell\u0027intervenuta riabilitazione - va ricordata  Corte  costituzionale\nn. 188/2023 che fa per cosi\u0027 dire il punto sulla questione  dell\u0027art.\n69, u.c., del codice penale. \n    «In numerose precedenti  occasioni  questa  Corte  ha  dichiarato\ncostituzionalmente illegittimo l\u0027art. 69,  quarto  comma  del  codice\npenale, nella parte in cui prevedeva  il  divieto  di  prevalenza  di\naltrettante circostanze attenuanti sulla recidiva di cui all\u0027art. 99,\nquarto comma del codice penale. In particolare nella recente sentenza\nn. 94 del 2023 (punto 10  del  Considerato  in  diritto)  sono  state\nrammentate e sinteticamente illustrate  e  varie  rationes  decidendi\nsottese alle sentenze anteriori, riconducibili peraltro  all\u0027esigenza\ndi mantenere - con le parole della successiva  sentenza  n.  141  del\n2023 (punto 3.1.  del  Considerato  in  diritto)  -  \"un  conveniente\nrapporto di equilibrio tra la gravita\u0027 (oggettiva e  soggettiva)  del\nsingolo fatto di reato e la severita\u0027 della  risposta  sanzionatoria,\nevitando in particolare quella che la sentenza \u0026#x02bb;capostipite\u0026#x02bc;  n.  251\ndel  2012  gia\u0027  aveva  definito  l\u0027\u0026#x02bb;abnorme   enfatizzazione   delle\ncomponenti  soggettive  riconducibili  alla  recidiva  reiterata,   a\ndetrimento  delle  componenti  oggettive  del  reato\u0026#x02bc;  (punto  5  del\nConsiderato in diritto) creata dall\u0027art. 69, quarto comma del  codice\npenale.\"». \n    2.16. Ed infatti, a ripetere le parole di quest\u0027ultima  sentenza,\nla precedente commissione di un reato, e quindi  il  godimento  della\nsospensione condizionale della pena in quell\u0027occasione, si  manifesta\ncome una sorte di enfatizzazione enorme della recidiva, a prescindere\nda qualsivoglia considerazione delle componenti oggettive  del  reato\ncome anche di quelle soggettive, giacche\u0027 non si tiene nemmeno  conto\ndelle attuali condizioni del reo e della riabilitazione intervenuta. \n    2.17. Insomma, il sistema degli articoli 178  e  164  del  codice\npenale, risulta sbilanciato ed irrazionale in violazione  del  canone\ndi ragionevolezza dell\u0027art. 3 della Costituzione:  per  un  verso  la\nriabilitazione dovrebbe far venir meno  «ogni  altro  effetto  penale\ndella condanna»; ma poi l\u0027art. 164, secondo comma,  vanifica  l\u0027esito\nmedesimo della riabilitazione. \n    2.18. Allora, a ripetere le parole  di  Corte  costituzionale  n.\n188/2023, anche per l\u0027art. 164,  secondo  comma,  n.  1)  del  codice\npenale, puo\u0027 dubitarsi che quest\u0027ultimo  «ridonda  anzitutto  in  una\nviolazione del canone della proporzionalita\u0027 della pena fondato sugli\narticoli 3 e 27, terzo comma della Costituzione, il quale si oppone a\nche siano comminate dal legislatore -  e  conseguentemente  applicate\ndal  giudice  -  pene  manifestamente  sproporzionate   rispetto   al\ndisvalore oggettivo e soggettivo del reato (sentenza n. 141 del 2023,\npunto 3.2. del Considerato in diritto)». Per lo stesso motivo  «Dalla\nnorma  censurata  scaturisce  altresi\u0027  un  vulnus  al  principio  di\noffensivita\u0027 di cui all\u0027art. 25, secondo comma della Costituzione, il\nquale esige che la pena  sia  sempre  essenzialmente  concepita  come\nrisposta a un singolo «fatto» di reato, e non sia  invece  utilizzata\ncome misura primariamente  volta  al  controllo  della  pericolosita\u0027\nsociale  del  suo  autore,  rivelata  dalle  sue  qualita\u0027  personali\n(sostanzialmente in questo senso sentenza n. 249 del  2010,  punto  9\ndel Considerato in diritto, nonche\u0027 - con  riferimento  specifico  al\ndivieto di cui all\u0027art. 69, quarto comma del codice penale - sentenze\nn. 205 del 2017, punto 5 del Considerato in diritto; n. 105 del 2014,\npunto 4 del Considerato in diritto; n. 251  del  2012,  punto  5  del\nConsiderato in diritto)». \n    2.19. L\u0027art. 164, secondo comma del codice  penale,  nella  parte\nqui indubbiata risulta contraddittorio perche\u0027  esclude  quel  potere\ndiscrezionale del giudice che, invece, gli articoli  132  e  133  del\ncodice penale, gli attribuiscono; ed in contrasto con il principio di\nproporzionalita\u0027 della pena; ed  appare  sproporzionato  perche\u0027  non\npermette di considerare le vicende successive alla  consumazione  del\n«primo» reato, il tempo trascorso tra l\u0027uno e l\u0027altro reato, il nesso\ntra gli stessi, l\u0027intervenuta rieducazione  del  reo  a  seguito  del\n«primo» reato. \n    2.20. La stessa dottrina penalistica ha riconosciuto  l\u0027esistenza\ndi un diritto fondamentale a non subire pene sproporzionate, ancorato\nal  principio  di  eguaglianza  declinato  sia   quale   divieto   di\nirragionevoli disparita\u0027  di  trattamento  sanzionatorio,  sia  quale\nesigenza di non manifesta  irragionevolezza  intrinseca;  e  che  per\nquanto diverso dal diritto (principio)  alla  rieducazione  partecipa\ncon quest\u0027ultimo di una lettura che guarda al passato e  quindi  alla\ngravita\u0027 del fatto commesso, ma anche non trascura la tensione  verso\ngli obiettivi del recupero, della riparazione, della  riconciliazione\ne del reinserimento sociale del condannato. \n    2.21. In altri termini non  appaiono  ragioni  costituzionalmente\nsignificative perche\u0027 l\u0027intervenuta riabilitazione dell\u0027imputato  per\nreati  pregressi  non  debba  consentire  -  ricorrendone  le   altre\ncondizioni - la sospensione condizionale  della  pena  a  fronte  del\ngiudizio «che il  colpevole  si  asterra\u0027  dal  commettere  ulteriori\nreati». L\u0027inciso dell\u0027art. 178 del codice penale, non («salvo che  la\nlegge disponga altrimenti») non puo\u0027 riguardare l\u0027applicazione  della\nsospensione condizionale. \n    La disciplina qui indubbiata riguarda la  disposizione  dell\u0027art.\n164, secondo comma, n. 1 del codice penale, ma l\u0027eventuale intervento\ndi codesta Corte potrebbe riguardare anche l\u0027art. 178, ultimo  inciso\ndel codice penale. Per questo e\u0027 sollevata questione di  legittimita\u0027\nanche di tale disposizione, nella prospettiva gia\u0027 ricordata  che  le\nlimitazioni e/o le eccezioni disposte dal legislatore per evitare che\nsi estingua «ogni altro effetto penale della  condanna»  non  possono\nconsiderarsi  rimesse  alla  insindacabile  scelta  legislativa,   ma\ndebbono al contrario  trovare  fondamento  in  valori  costituzionali\ncogenti, giacche\u0027 le stesse alla fine non sono altro che deroghe alla\nfunzione rieducatrice della pena. \n    2.22. In una prospettiva  sistematica  potrebbe  opporsi  che  e\u0027\nonere del legislatore stabilire le  condizioni  e  le  modalita\u0027  per\nriconoscere la riabilitazione e  la  sospensione  condizionale  della\npena, cosi\u0027 come rientra nella sua discrezionalita\u0027 ex art. 28  della\nlegge n. 87/1953 definire i limiti di applicazione della  sospensione\ncondizionale, come ha fatto per l\u0027appunto con gli articoli 163 e 164.\nu.c. del codice penale, ad esempio Corte costituzionale n.  377/1990,\nn. 85/1997, n. 475/2002. \n    Eppero\u0027, rimane costituzionalmente dubbio che,  in  ogni  caso  e\nprescindendo da ogni circostanza  e  considerazione,  sia  sempre  di\nostacolo  alla  sospensione   condizionale   l\u0027aver   riportato   una\nprecedenza condanna a pena detentiva per delitto. \n    Se, infatti, e\u0027 vero che nello Stato  di  diritto  l\u0027applicazione\ndelle sanzioni e, di converso, anche degli strumenti alternativi  (in\nsenso lato) come la  sospensione  condizionale  della  pena,  non  e\u0027\nrimessa  alla  totale  discrezionalita\u0027  del  giudice,  ma   ad   una\nvalutazione da esercitare nel rispetto di  parametri  prefissati  dal\nlegislatore  secondo  una  graduazione  che  potrebbe  essere   anche\ndettagliata;  e\u0027  anche  vero  che  l\u0027ordinamento   penale   ispirato\ndall\u0027art.   27   della   Costituzione   respinge   ogni   automatismo\nmeccanicistico. \n    2.23. In questa prospettiva la questione  di  legittimita\u0027  degli\narticoli 164, secondo comma, n. 1, e 178, ultimo  inciso  del  codice\npenale, non risulta manifestamente infondata e va rimessa alla  Corte\ncostituzionale. \n    Tempo addietro Cassazione n. 3019/1974 ha ritenuto inesistente  a\nproposito dell\u0027art. 164 il dubbio di costituzionalita\u0027 per  contrasto\ncon principio di eguaglianza e del divieto di  discriminazioni  sulla\nbase della considerazione che  la  condotta  antisociale  di  chi  ha\ncommesso  «nuovi»  reati  anche  dopo  l\u0027intervenuta   riabilitazione\ndimostra che lo stesso soggetto persiste nel  reato  e,  quindi,  non\nconsente un  giudizio  prognostico  favorevole  come  quello  che  si\nrichiede ai sensi dell\u0027art. 164 del codice penale.  L\u0027idea  e\u0027  stata\nche il trattamento  sanzionatorio  andasse  operato  soprattutto  dal\nlegislatore e che questi potesse indicare i parametri con maggiore  o\nminore grado di dettaglio: nella  stessa  disciplina  codicistica,  a\nfianco di disposizioni molto generali, quale l\u0027art.  133  del  codice\npenale, che stabilisce gli elementi da cui desumere la  gravita\u0027  del\nreato, sarebbe stato possibile designare altre maggiormente puntuali,\nquali quelle che precludono la concessione del beneficio in questione\nal delinquente o contravventore abituale o professionale ovvero a chi\ne\u0027 stato pur riabilitato (art. 164, secondo comma).  Al  legislatore,\nnon sarebbe, quindi, inibito prevedere che alla  condanna,  anche  se\nseguita dalla  riabilitazione,  residuino  «effetti  penali»  al  cui\nnovero  andrebbe  ascritto  quello  in   esame.   Stando   a   quella\nimpostazione, pertanto,  l\u0027istituto  della  sospensione  condizionale\ndella pena troverebbe il  suo  presupposto  fondante  nella  prognosi\nfavorevole  sulla  futura  condotta  del  condannato:  prognosi   che\npotrebbe  essere  formulata  solo  quando  ricorrano  i   presupposti\nstabiliti dal legislatore. \n    Tale   lettura   risulta,   pero\u0027,   in    contrasto    con    la\npersonalizzazione della pena, la quale invece respinge - come  si  e\u0027\npiu\u0027 volte anticipato - irragionevoli e sproporzionati automatismi  e\nrichiede che per ogni condannato si costruisca quasi  un  trattamento\nindividualizzato che di necessita\u0027 richiede la decisione da  adottare\nin sede giurisdizionale e che consideri circostanze e  modalita\u0027  dei\nfatti come lo sviluppo della  personalita\u0027  del  reo  nel  corso  del\ntempo. \n    Soprattutto la sentenza della Cassazione  del  1974  (sarebbe  il\nlegislatore che stabilisce le condizioni  per  concedere  benefici  e\nsarebbe di sua competenza operare la  «prognosi»  circa  la  condotta\nfutura del condannato) sembra essere stata da subito ripudiata  dalla\ndi poco successiva sentenza della Corte  costituzionale  n.  95/1976,\nche invece ha dato risalto  alla  valutazione  individualizzante  del\ngiudice ed, in particolare, del giudice del piu\u0027 recente procedimento\nper l\u0027ovvia attualita\u0027 di siffatto apprezzamento. \n    2.24. Insomma, il divieto posto al giudice dall\u0027art. 164, secondo\ncomma, n. 1) del codice penale,  nella  parte  in  cui  impedisce  di\nconcedere la sospensione condizionale a chi  e\u0027  stato  condannato  a\npena detentiva per delitto oltre i limiti indicati dall\u0027art.  163,  e\nmalgrado  sia  intervenuta  riabilitazione,  nonche\u0027  dell\u0027art.  178,\nultimo comma, appare in contrasto: \n        con  i  principi  di  proporzionalita\u0027  della  pena   sanciti\ndall\u0027art. 27 e di uguaglianza-ragionevolezza, poiche\u0027 impone  che  la\npena per la commissione di  un  reato  sia  comunque  irrogata  senza\nconsiderare  l\u0027intervenuta   riabilitazione,   cioe\u0027   l\u0027accertamento\noperato  in  sede  giurisdizionale  dell\u0027effettiva  rieducazione  del\ncondannato e del suo fattivo inserimento  nel  contesto  sociale,  e,\nquindi, di tutti gli elementi idonei a mostrare una ridotta capacita\u0027\na delinquere dell\u0027imputato; \n        sempre con i principi di uguaglianza e rieducazione,  poiche\u0027\nl\u0027indiscriminata applicazione  della  sanzione  per  «secondo  reato»\ncomporta l\u0027inflizione di una pena sproporzionata, e dunque  percepita\ncome ingiusta dal condannato; \n        con  il  principio  di  ragionevolezza  e   con   quello   di\noffensivita\u0027 del reato ex art. 25 della  Costituzione,  poiche\u0027  -  a\nfronte della necessita\u0027 di prevenire  la  recidiva  -  non  considera\nl\u0027evolversi della personalita\u0027 del reo e  finisce  per  comportare  -\n«una smisurata amplificazione, in chiave deterrente, della  finalita\u0027\ngeneral-preventiva della pena [...] avendo a che  fare  con  la  fase\ndella punizione,  [e]  dispiega  effetti  di  prevenzione  pressoche\u0027\nnulli, implicando pero\u0027 un rilevantissimo sacrificio del principio di\nuguaglianza e del principio di proporzionalita\u0027 della pena». \n    2.25. Pertanto, si rende necessario  sospendere  il  giudizio  in\ncorso ed i relativi termini di prescrizione,  fino  alla  definizione\ndel giudizio incidentale di legittimita\u0027 costituzionale. \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei termini di\ncui in  motivazione,  la  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 164, secondo comma, n. 1) del  codice  penale  e  dell\u0027art.\n178, ultimo inciso del codice penale, in riferimento agli articoli 3,\n25 e 27 della Costituzione. \n    Sospende il presente giudizio sino alla decisione sulla  proposta\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale. \n    Dispone l\u0027immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della\npresente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della\ndocumentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte\ncomunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. \n    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente\nordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche\u0027  per  la\ncomunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato\ndella Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo\nprocessuale alla Corte costituzionale. \n    Da\u0027 atto, anche ai fini di cui all\u0027art. 23,  comma  4,  legge  n.\n87/1953, che la presente ordinanza e\u0027 stata letta in udienza  e  che,\npertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o  devono\nconsiderarsi presenti,ex art. 148, comma 5 del  codice  di  procedura\npenale. \n      Catania, 21 febbraio 2025 \n \n                        Il giudice: Cristaldi","elencoNorme":[{"id":"62437","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"164","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"n. 1","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""},{"id":"62438","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"178","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"ultimo inciso","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"79164","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79165","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79166","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"27","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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