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F. . \n \nReati e pene - Aiuto al suicidio - Non punibilita\u0027, a  seguito  della\n  sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019, di  chi,  alle\n  condizioni e modalita\u0027 stabilite nella medesima  sentenza,  agevola\n  l\u0027esecuzione  del  proposito  dell\u0027altrui  suicidio  -   Denunciata\n  previsione che la non punibilita\u0027 sia subordinata alla  circostanza\n  che  l\u0027aiuto  sia  prestato  a  una  persona  \"tenuta  in  vita  da\n  trattamenti di sostegno vitale\". \n- Codice penale, art. 580. \n\n\r\n(GU n. 47 del 19-11-2025)\n\r\n \n                         TRIBUNALE DI BOLOGNA \n                           Sezione G.I.P. \n \n    Il Giudice dott. Andrea Salvatore Romito, \n    letti gli atti del procedimento sopra indicato nei confronti di: \n        M. F. , nata il ... a ... , residente a ... , in ... e difesa\ndi fiducia dagli avv.ti Francesca Re del foro di Roma e Francesco  di\nPaola del foro di Lagonegro; \n        F. V. , nata il ... a ... , residente a ... , in ... e difesa\ndi fiducia dagli avv.ti Rocco Berardo e  Francesca  Re  del  foro  di\nRoma; \n        C. M. , nato il ... a ... , ivi residente in via ... e difeso\ndi fiducia dall\u0027avv.ta Filomena Gallo del foro di Roma; \n    indagati per il reato di cui agli articoli 110,  580  del  codice\npenale; \n    esaminata la richiesta di archiviazione datata 13 febbraio  2023;\nsentite le parti nel contesto camerale del 29 marzo 2023; \n    ha reso la seguente ordinanza. \n    Questo  Giudice  ritiene   opportuno   sollevare   questione   di\nlegittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  580   del   codice   penale,\nlimitatamente alle parole «tenuta in vita da trattamenti di  sostegno\nvitale» - ponendosi le stesse in contrasto con gli articoli 2, 3, 13,\n32  secondo  comma  e  117,  primo  comma,  Cost.,  quest\u0027ultimo   in\nriferimento all\u0027art. 8 Convenzione europea per  la  salvaguardia  dei\ndiritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali - e ravvisando  nella\nparte di norma segnalata, il concreto pericolo di  una  arbitrarieta\u0027\napplicativa e di un pregiudizio lesivo del principio  di  eguaglianza\nin relazione a casi di pazienti affetti da patologie  gravissime  che\nnon implichino, tuttavia, il  necessario  ricorso  a  trattamenti  di\nsostegno vitale. \nSulla rilevanza della questione. \n    Ai fini di una compiuta e appagante illustrazione della rilevanza\ndella  questione  dedotta  pare  doveroso  operare  una  sintetica  e\npreliminare ricognizione degli sviluppi  fattuali  della  vicenda  in\nesame. \n    P. R. era  un\u0027anziana  signora  affetta  da  anni  da  una  forma\navanzata di parkinsonismo da paralisi sopranucleare progressiva,  una\npatologia  neurodegenerativa  appartenente  al  gruppo   delle   c.d.\ntaupatie (v. all. 6). \n    Il    parkinsonismo    si    sostanzia    in    una     patologia\ncronico-degenerativa del sistema nervoso centrale, ad  eziologia  non\nancora chiarita, che non si giova di specifiche terapie; l\u0027evoluzione\ndella  variante  «tau»,  inoltre,  si  mostra  ancor  piu\u0027  rapida  e\naggressiva, interessando inizialmente il solo aspetto motorio e - nel\ntempo - anche quello cognitivo.  Il  paziente  che  ne  e\u0027  portatore\nassiste  alla  progressiva  paralisi  della  muscolatura  volontaria,\nconservando di contro  l\u0027operativita\u0027  delle  attivita\u0027  cardiache  e\nrespiratorie: cio\u0027 comporta la riduzione - fino alla totale scomparsa\n- delle capacita\u0027 comunicative,  trovandosi  l\u0027infermo  impedito  sia\nnell\u0027articolazione della parola sia nei gesti espressivi del volto  e\ndel corpo nella loro globalita\u0027. \n    La diagnosi di detta patologia a carico della R. e\u0027 assai datata:\ni primi sintomi comparivano gia\u0027 nel ..., ma solo tre  anni  dopo  si\nimponevano  con  veemenza  tale  da  rendere  necessaria  una  visita\nneurologica che,  all\u0027esito  di  una  tac  con  mezzo  di  contrasto,\nvalidava anche strumentalmente la valutazione gia\u0027 supposta. \n    La repentina involuzione propria della citata variante  involgeva\nanche la specifica condizione clinica della R.  tanto  che  nel  ...,\nl\u0027apposita  commissione  medico-legale  della  ASL   di   Bologna   -\ndefinitivamente riconoscendo la paziente quale «portatore di handicap\nin situazione di  gravita\u0027»  -  non  disponeva  neppure  un\u0027ulteriore\nvisita di controllo, di fatto escludendo qualsivoglia possibilita\u0027 di\nrecupero. \n    Come  anticipato,  l\u0027affezione  in  discorso   non   risponde   a\nparticolari terapie; invero, farmaco assunto  con  regolarita\u0027  dalla\ndonna era il «Madopar», il quale - lungi dal modificare o  rallentare\nl\u0027evoluzione della  malattia  o  dall\u0027incidere  sulla  prognosi,  che\nrimane infausta a prescindere dal suo impiego - si limitava a ridurre\ni tremori e le rigidita\u0027 degli arti. \n    Ad ogni modo, l\u0027aspetto piu\u0027 penoso e condizionante concerneva la\nrestrittiva limitazione nei movimenti, dovendo la R. - di  necessita\u0027\nfare ricorso all\u0027ausilio di terzi per ogni sua basilare occorrenza. \n    Essa, infatti, pur essendo ancora  abile  alla  masticazione  (in\nprevalenza di cibi semisolidi), non era piu\u0027 in grado  di  portarseli\nda bocca da se\u0027; parimenti, manteneva  la  continenza  delle  feci  e\ndelle urine, ma non poteva alla scopo recarsi in bagno  in  autonomia\nne\u0027 tantomeno svolgere le funzione igieniche complementari  all\u0027atto;\nallo stesso modo, fino a pochi mesi  prima  del  decesso  riusciva  a\nspostarsi per  pochi  metri  con  un  deambulatone,  ma  non  era  in\npossibilita\u0027  di  raggiungerlo  in  autonomia  ne\u0027  di  assicurarsene\nstabilmente la conduzione. \n    Nondimeno - per quel che in questa  sede  piu\u0027  rileva  -  la  R.\nveniva  sottoposta   a   specifiche   osservazioni   neurologiche   e\npsichiatriche, al dichiarato scopo di addivenire ad una fondata stima\ncirca  la  sua  capacita\u0027  di  autodeterminazione,   in   ordine   ad\nun\u0027eventuale  richiesta  di  accesso  alla   tecnica   del   suicidio\nmedicalmente assistito. \n    Dal parere tecnico neurologico  e  neuropsicologico  redatto  dal\nprof. A. S. (v.  all.  2)  emergeva  con  evidenza  come,  sul  piano\ncognitivo, pur con le difficolta\u0027 di valutazione connesse ai  deficit\nmotori e manuali, la paziente apparisse  «conservata  nel  rendimento\ncognitivo globale, nella comprensione dei compiti e nelle  prove  che\nsottostanno la capacita\u0027 decisionale». \n    Il  parere  metteva  ancora  in  luce  come   le   capacita\u0027   di\nespressione,  ancorche\u0027   ridotte   dalla   compromissione   motoria,\npermettessero tuttavia, mediante modalita\u0027 ad hoc (verbali e non), di\napprezzare «i  contenuti  del  pensiero  e  del  ragionamento»  della\npaziente, sino a ritenere che il quadro neurologico e cognitivo della\nstessa  fosse   compatibile   con   una   conservata   capacita\u0027   di\nautodeterminazione. \n    A fornire interessanti spunti di riflessione e\u0027 poi la  relazione\npsichiatrica affidata al prof. R. A. (v. all. 3), dove si legge  come\nil colloquio con la paziente  si  fosse  sovente  interrotto  per  il\nsopraggiungere di un gemito cantilenante e iterativo, con comparsa di\ninsofferenza, rabbia e frustrazione «per il non poter dar  corso,  in\nforma verbale adeguata, ai propri vissuti e sentimenti». \n    Dal punto di vista psichico veniva rilevato come non  emergessero\ndisturbi del contenuto del pensiero ne\u0027  errori  psicosensoriali;  di\ncontro, si imponeva con chiarezza  come  ella,  da  sempre  attiva  e\nsportiva, proponesse nell\u0027occasione  «una  sofferenza  lacerante  nel\nsentirsi ingabbiata e ingessata» in un corpo che  non  le  consentiva\npiu\u0027 autonomia alcuna. \n    Ancora, veniva sottolineato come l\u0027umore  della  donna  apparisse\nimprontato ad una demoralizzazione e  ad  un  «marcato  avvilimento»,\ncoerenti alla «corretta percezione  della  propria  grave  situazione\nfisica». \n    Dirimenti, infine, le conclusioni del professionista. \n    Anzitutto, la R. veniva definita lucida,  vigile,  orientata  nel\ntempo, nello spazio e «nei confronti della propria persona»;  il  suo\nstato emotivo era  inoltre  definito  come  «congruo»  alla  corretta\npercezione che la donna aveva della sua  malattia  e  della  prognosi\nfutura. \n    Infatti - gia\u0027 rispetto  all\u0027attualita\u0027  di  quel  momento  -  la\npaziente proponeva una chiara incapacita\u0027 a sopportare ancora a lungo\ncio\u0027 che alla stessa appariva come  un  calvario  esistenziale  e  in\nrelazione a cui, in un momento di particolare  affiato  esistenziale,\n«riusciva a verbalizzare la frase \"stanca e\u0027 dire poco\"  accompagnata\nda una mimica improntata a dolore e angoscia». \n    Infine, si sottolineava come la donna esprimesse  lucidamente  la\nscelta, «autonoma  e  ben  radicata  nella  progettualita\u0027»,  di  non\nesporre se\u0027 stessa, e di riflesso i suoi familiari, ad una vita tanto\nsofferta quanto inutile. \n    «Tale volonta\u0027 - si legge nelle ultime battute -  appare  libera,\nconsapevole, non influenza dai farmaci che assume, e si pone in linea\ncoerente con un proprio sentire, che pone la dignita\u0027  della  persona\nal centro delle proprie scelte». \n    Del resto, il tenore fermo  della  scelta  consapevole  della  R.\ntraspare chiaro dalle sue stesse parole, affidate  alla  penna  della\nfiglia (v. all. 5), dove la stessa si definisce «una donna dal  forte\ntemperamento, diverso dalle sue coetanee», che  ha  vissuto  «tenendo\nsempre le redini di ogni [sua] scelta». \n    L\u0027«incattivirsi dell\u0027affaticamento corporeo» - si legge  -  aveva\ncostretto  la  figlia  e  «care  persone  vicine  alla  famiglia»   a\nsostenerla nelle semplici attivita\u0027 quotidiane («Questo si\u0027,  aspetto\nmortificante ed umiliante»),  si\u0027  da  indurla  alla  scelta  ultima,\n«dolorosa e motivata da una incrollabile volonta\u0027». \n    Cosi\u0027 ricostruita la situazione clinica della R. , la vicenda  in\noggetto muove quindi le premesse dalla  richiesta  di  aiuto  che  la\nstessa faceva pervenire al C. nel ... \n    La signora, infatti, aveva fermamente  espresso  la  volonta\u0027  di\ncongedarsi dalla vita nel modo che ella riteneva piu\u0027  dignitoso  per\nse\u0027 stessa, autosomministrandosi un farmaco letale  secondo  le  note\nprocedure previste dalla normativa .... . \n    A seguito dell\u0027esito positivo del percorso  avviato  dalla  donna\npresso la clinica svizzera  «  ...  »,  nel  ...  la  donna  prendeva\nnuovamente  contatti  con  l\u0027indagato,  esortandolo  ad  aiutarla   a\nraggiungere la  ...  cosi\u0027  da  salvaguardare  i  suoi  familiari  da\neventuali conseguenze legali. \n    Il  C.  incontrava  quindi  la  signora  il  ...  presso  la  sua\nabitazione,  cosi\u0027  prendendo  coscienza  della  totale  e   continua\ndipendenza della R. da terze  persone  nonche\u0027  della  consapevolezza\ndella stessa di non essere tenuta in vita da trattamenti di  sostegno\nvitale come individuati dalla  storica  sentenza  n.  242/2019  della\nCorte costituzionale. \n    Il 6 febbraio la M. ritirava un apposito veicolo per il trasporto\ndi  persone  con  disabilita\u0027,  precedentemente  prenotato  e  pagato\ndall\u0027associazione « ... » di cui  il  C.  e\u0027  legale  rappresentante;\ndopodiche\u0027,  insieme  alla  F.  ,  accompagnavano  la  R.  sino  alla\ncittadina ... di \n    Nei giorni successivi si susseguivano due diversi colloqui con il\nmedico competente, volti  a  verificare  la  perdurante  volonta\u0027  di\nscelta della donna in  ordine  all\u0027autosomministrazione  del  farmaco\nletale, entrambi conclusosi con esito positivo. \n    Veniva, infine, stabilito che, a  causa  di  alcuni  spasmi  alla\nmandibola, la R. non avrebbe potuto autosomministrarsi il  medicinale\nper via orale e, dunque, era proposta l\u0027alternativa  della  pompa  ad\ninfusione, attivabile dalla donna stessa tramite un pulsante. \n    La   vicenda   si   concludeva,   dunque,   ...   -   si    legge\nnell\u0027autodenuncia presentata dagli indagati - «nel giro di pochissimi\nsecondi, in quanto la sig. P. premeva immediatamente il pulsante». \n    Cio\u0027 premesso, e\u0027  ormai  opinione  ampiamente  condivisa  quella\nsecondo cui a ciascuno spetta il fondamentale diritto di scegliere se\ne come curarsi, il quale include anche quello di rifiutare  le  cure,\npure laddove si pongano come indispensabili alla sopravvivenza. \n    Il diritto di interrompere queste ultime presuppone una procedura\nfinalizzata  alla  verifica  della   fermezza   del   rifiuto,   oggi\ndisciplinata dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219. \n    In particolare, la legge citata riconosce a ogni  persona  capace\ndi agire il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento\nsanitario,   ancorche\u0027   necessario   alla   propria   sopravvivenza,\nricomprendendo  nella  relativa  nozione  anche  i   trattamenti   di\nidratazione e nutrizione artificiale (art. 1, comma 5). \n    L\u0027esercizio di tale diritto viene inquadrato nel  contesto  della\nc.d. alleanza terapeutica tra medico e paziente, che la legge punta a\nvalorizzare: si tratta, invero, di una relazione  «che  si  basa  sul\nconsenso informato, nel quale si incontrano  l\u0027autonomia  decisionale\ndel  paziente  e  la  competenza,  l\u0027autonomia  professionale  e   la\nresponsabilita\u0027 del medico», e che puo\u0027 coinvolgere, «se il  paziente\nlo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell\u0027unione  civile  o\nil convivente ovvero una persona di fiducia  del  paziente  medesimo»\n(art. 1, comma 2). \n    Nella  specie  e\u0027  stabilito  che,  ove  il  paziente   manifesti\nl\u0027intento di rifiutare  o  interrompere  trattamenti  necessari  alla\npropria sopravvivenza, il medico debba prospettargli  le  conseguenze\ndella sua decisione e le possibili alternative,  e  promuovere  «ogni\nazione di  sostegno  al  paziente  medesimo,  anche  avvalendosi  dei\nservizi di assistenza  psicologica»  tutto  cio\u0027  ferma  restando  la\npossibilita\u0027 per il  paziente  di  mutare  in  qualsiasi  momento  la\npropria volonta\u0027 (art. 1, comma 5). \n    In ogni caso, il  medico  e\u0027  tenuto  a  rispettare  la  volonta\u0027\nespressa dal paziente di rifiutare  il  trattamento  sanitario  o  di\nrinunciare al medesimo,  rimanendo  «in  conseguenza  di  cio\u0027  [...]\nesente da responsabilita\u0027 civile o penale» (art. 1, comma 6). \n    Inoltre, integrando le previsioni della legge 15 marzo  2010,  n.\n38, la legge del 2017 prevede che la  richiesta  di  sospensione  dei\ntrattamenti sanitari possa essere combinata alla richiesta di terapie\npalliative, allo scopo di alleviare le sofferenze del paziente  (art.\n2, comma 1). \n    Sul punto, la Corte costituzionale con  la  storica  sentenza  25\nsettembre 2019, n. 242 ha ritenuto legittima (rectius:  non  punibile\nper l\u0027esercizio di un diritto fondamentale) la condotta di  aiuto  al\nsuicidio del malato, purche\u0027 si tratti di «una persona a) affetta  da\nuna  patologia  irreversibile  e  b)  fonte  di  sofferenze   fisiche\npsicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia  c)\ntenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti d)\ncapace di prendere decisioni libere e consapevoli». \n    L\u0027art. 580 del  codice  penale,  pertanto,  e\u0027  stato  dichiarato\nincostituzionale «nella parte in cui non esclude  la  punibilita\u0027  di\nchi, con le modalita\u0027  previste  dagli  articoli  1  e  2,  legge  22\ndicembre 2017, n. 219  -  ovvero,  quanto  ai  fatti  anteriori  alla\npubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale  della\nRepubblica, con modalita\u0027 equivalenti nei sensi di cui motivazione -,\nagevola l\u0027esecuzione  del  proposito  di  suicidio,  autonomamente  e\nliberamente formatosi, di una persona tenuta in vita  da  trattamenti\ndi sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di\nsofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa  intollerabili,  ma\npienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli,  sempre\nche  tali  condizioni  e  le  modalita\u0027  di  esecuzione  siano  state\nverificate  da  una  struttura  pubblica   del   servizio   sanitario\nnazionale,  previo  parere  del   comitato   etico   territorialmente\ncompetente». \n    La pronuncia costituiva il naturale coronario  dell\u0027ordinanza  n.\n207/2018, con cui la Corte - pur ritenendo legittima l\u0027incriminazione\ndell\u0027aiuto al suicidio, in quanto funzionale alla tutela del  diritto\nalla vita - aveva tuttavia osservato che, in particolari  situazioni,\nl\u0027assoluto divieto  di  aiuto  al  suicidio  limita  la  liberta\u0027  di\nautodeterminazione del malato nella scelta  delle  terapie,  comprese\nquelle finalizzate a  liberarlo  dalle  sofferenze,  senza  che  tale\nlimitazione possa ritenersi preordinata alla tutela della vita  o  di\naltro interesse costituzionalmente apprezzabile. \n    Il paziente e\u0027 costretto a subire «un  processo  piu\u0027  lento,  in\nipotesi non corrispondente alla propria visione  della  dignita\u0027  nel\nmorire, e piu\u0027 carica di sofferenze  per  le  persone  che  gli  sono\ncare»; cio\u0027 comporta -  concludeva  la  Corte  -  una  lesione  della\ndignita\u0027 umana,  oltre  che  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di\nuguaglianza in rapporto alle diverse condizioni  soggettive  (art.  3\nCost.). \n    In  realta\u0027,  preso  atto  del   vulnus   costituzionale   insito\nnell\u0027omnicomprensiva  penalizzazione  dell\u0027aiuto  al   suicidio,   la\nConsulta aveva scelto di esortare il legislatore a prendere posizione\nin proposito, cosi\u0027 da poter valutare l\u0027eventuale proposizione di una\nlegge che regolasse la materia in conformita\u0027 alle segnalate esigenze\ndi tutela; dinanzi al silenzio del legislatore,  tuttavia,  la  Corte\ncostituzionale non ha potuto far altro  che  dichiarare  la  parziale\nillegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 580 del codice penale. \n    La vicenda che ha impegnato il Giudice delle leggi e\u0027  quella  di\nun malato che non sarebbe in grado di lasciarsi morire dignitosamente\nattraverso un mero rifiuto di cure, in quanto le terapie salvavita in\nquestione non sono tali che la loro  sospensione  realizzi  la  morte\nimmediata,  bensi\u0027  un  prolungamento  indesiderato   ed   innaturale\ndell\u0027esistenza. \n    In proposito, e\u0027 ammessa una rinuncia terapeutica radicale o  una\nterapia del dolore con sedazione profonda continua che accompagna  il\nmalato fino alla fine; tuttavia, dinanzi a  patologia  non  terminali\nquesta soluzione appare inadatta  (del  resto,  la  stessa  sedazione\nprofonda continuativa e\u0027 usualmente destinata alle ipotesi in cui  il\nmalato sia in fase terminale). \n    La pronuncia - come detto - fa leva sulla normativa attuale,  per\nla quale il medico puo\u0027,  con  il  consenso  del  paziente,  soltanto\nricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione\nalla terapia del dolore, per fronteggiare sofferenze refrattarie e  i\ntrattamenti sanitari, mentre non consente allo stesso  di  mettere  a\ndisposizione del paziente che versa nelle condizioni sopra  descritte\ntrattamenti diretti a determinarne la morte. \n    Di guisa che - si argomenta - il divieto  assoluto  di  aiuto  al\nsuicidio    finisce    per    limitare     ingiustificatamente     ed\nirragionevolmente la liberta\u0027 di autodeterminazione del malato  nella\nscelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a  liberarlo  dalle\nsofferenze, imponendogli  un\u0027unica  modalita\u0027  per  congedarsi  dalla\nvita. \n    Tuttavia  -  come  correttamente  evidenziato   dalla   pervenuta\nrichiesta di atto abdicativo - la vicenda di cui  ci  si  occupa  non\nsembra immediatamente risolvibile evocando i principi della  sentenza\nin discorso, per l\u0027assorbente, pacifico rilievo  della  mancanza  del\nrequisito di cui supra al punto c), «giacche\u0027 la signora era  affetta\nda una patologia irreversibile che, pero\u0027, non  implicava  l\u0027utilizzo\ndi mezzi di trattamento di sostegno vitale, essendo  il  mantenimento\nin  vita,  pur  nelle  acclarate,   ingravescenti   condizioni,   non\ncondizionato da tali metodiche». \n    E\u0027, pertanto, proprio sul presupposto per cui  il  paziente  deve\nessere tenuto in vita da mezzi artificiali che questo Giudice ritiene\nla necessita\u0027 di un piu\u0027 approfondito vaglio. \n    In proposito, soccorrono le considerazioni sviluppate dalla Corte\ndi assise di Massa del 27 luglio 2020, con cui sono stati assolti gli\nimputati C. M. e S. W. del reato di cui all\u0027art. 580 codice penale in\nrelazione al suicidio assistito di D. T. \n    Nell\u0027occasione, era stata esclusa la sussistenza sia di  condotte\ndi rafforzamento o istigazione morale sia di agevolazione  materiale,\npur in un contesto in cui difettava il requisito di cui alla  lettera\nc), posto  che  il  paziente  era  affetto  da  una  grave  patologia\nirreversibile (la sclerosi multipla) che  gli  provocava  dolori  non\nlenibili  (il  cui  parziale  rimedio  era  la  somministrazione   di\nantidolorifici a dosaggi sempre maggiori,  con  rischio  per  la  sua\nvita), ma non era dipendente da trattamenti medici necessari  per  la\nsopravvivenza  (quali  idratazione,   alimentazione   artificiale   o\nemotrasfusione). \n    Invero D. T. , pur versando in condizioni  di  malattia  grave  e\nirreversibile sovrapponibili a quelle dell\u0027A. ,  non  era  tenuto  in\nvita da un respiratore artificiale  o  da  altri  macchinari,  bensi\u0027\nsupportato unicamente da presidi  farmacologici,  cosicche\u0027  -secondo\nuna  diffusa  opinione  -  non  avrebbe  soddisfatto   il   requisito\ndell\u0027essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale. \n    Nondimeno,  l\u0027organo  giudicante  ha   ritenuto   sussistenti   i\npresupposti per l\u0027applicazione dei principi espressi  dalla  sentenza\nn. 242/2019, accogliendone una dirompente interpretazione estensiva. \n     Nella specie, si e\u0027 affermato come sarebbe  errato  interpretare\nla regola iuris formulata dalla Corte costituzionale alla luce  della\nvicenda concreta in cui ha trovato origine; di contro,  il  punto  di\nriferimento alla base della declaratoria di illegittimita\u0027  dell\u0027art.\n580 del codice penale sarebbe piuttosto la  disciplina  di  cui  alla\nlegge n. 219/2017, nella  parte  in  cui  riconosce  al  paziente  il\ndiritto  di   rifiutare   e   interrompere   qualsiasi   «trattamento\nsanitario». \n    Secondo la Corte d\u0027assise,  dunque,  tale  locuzione  di  portata\ngenerale sarebbe idonea a ricomprendere «ogni  intervento  realizzato\ncon terapie farmaceutiche o con l\u0027assistenza di  personale  medico  o\nparamedico o con l\u0027ausilio di macchinari medici». \n    Due,  in  particolare,  gli   aspetti   di   dipendenza   del   T\n... valorizzati nell\u0027occasione (definiti,  in  motivazione,  come  un\n«trattamento assistenziale», ancora una volta, incompatibile  con  la\nsopravvivenza). \n    Un   primo   fronte   di   dipendenza   era   dato   dall\u0027apporto\nfarmacologico: la stabilita\u0027 del paziente si reggeva, invero,  su  di\nun precario equilibrio nel dosaggio di farmaci antidolorifici (la cui\nriduzione   avrebbe   peggiorato   la   funzione   respiratoria)    e\nantipertensivi (senza i  quali  si  sarebbe  prodotto  uno  scompenso\ncardiaco). \n    Il  secondo  aspetto  di   asservimento   era   ricondotto   alla\ncompromissione delle  funzioni  intestinali  nell\u0027ultimo  periodo  di\nvita: poiche\u0027, infatti, la  progressiva  paralisi  della  muscolatura\naveva prodotto una stipsi cronica, si erano resi necessari interventi\nperiodici  di  evacuazione  manuale  volti  ad   evitare   occlusioni\npotenzialmente fatali. \n    Del resto, non e\u0027 questo l\u0027unico sentiero che la  Corte  d\u0027assise\nritiene percorribile per sussumere la vicenda in oggetto nell\u0027ipotesi\ndi non  punibilita\u0027,  lumeggiando  la  possibilita\u0027  di  giungere  al\nmedesimo  risultato  conclusivo  mediante  un\u0027analogica  applicazione\ndella  stessa,  sull\u0027assunto  che  questa  -  poiche\u0027  scriminante  e\ndestinata ad operare in bonam partem,  oltre  che  scevra  di  natura\neccezionale - si sottrarrebbe al divieto di analogia. \n    Di  guisa  che  -  stante  l\u0027identita\u0027  di   ratio,   alla   luce\ndell\u0027omogeneita\u0027  delle  situazioni   sostanziali   -   la   liceita\u0027\ndell\u0027aiuto  al  suicidio  prestato  a  chi  versa  in  condizione  di\ndipendenza da  trattamenti  sanitari  potrebbe  parimenti  affermarsi\nladdove a beneficiarne siano pazienti che necessitano dell\u0027assistenza\ncontinua di terzi nello svolgimento  delle  piu\u0027  basilari  attivita\u0027\nbiologiche. \n    Secondo tale lettura,  dunque,  la  nozione  di  «trattamento  di\nsostegno vitale» dovrebbe essere  intesa  in  senso  estensivo,  come\ncomprensiva  anche  di  quei  trattamenti  di   tipo   farmacologico,\ninterrotti quali si verificherebbe la morte del malato  anche  se  in\nmaniera non rapida. \n    Del resto, conforto illuminante  di  lettura  puo\u0027  trarsi  anche\ndalla sentenza della Corte di assise di Genova del 28 aprile  2021  -\nconfermativa di quella sopra citata della Corte di assise di Massa  -\ndove  si  legge  che  «il  lapidario  divieto  di  aiutare  taluno  a\nprocurarsi la morte, in un periodo storico risalente in cui lo  scopo\nunico era tutelare ad ogni costo la vita intesa come bene sociale, va\nconiugato col diritto ad una vita dignitosa e col diritto al  rifiuto\ndi trattamenti terapeutici a fronte di una malattia che  abbia  esito\ncertamente infausto, a conclusione di un percorso  altrettanto  certo\ndi dolore acutissimo e senza fine». \n    Cio\u0027 che ha indotto il Giudice di seconde  cure  a  ritenere  che\n«legittima era l\u0027aspirazione alla conclusione della vita, lecito  era\nil suicidio assistito,  poiche\u0027  frutto  dell\u0027autodeterminazione  del\nmalato a congedarsi da una esistenza che non era  piu\u0027  in  grado  di\napprezzare, divenuta esclusivamente indicibile sofferenza». \n    In definitiva, appare evidente come la questione di  legittimita\u0027\ncostituzionale che si prospetta sia  connotata  dall\u0027esistenza  dalla\nprima delle due condizioni di ammissibilita\u0027  richieste  dalla  legge\nper l\u0027accesso al giudizio della Corte. \n    Come e\u0027 noto, la rilevanza e\u0027 strettamente correlata alla  natura\nincidentale del giudizio  in  discorso,  riguardando  la  stessa  una\ndisposizione di legge la cui applicazione si impone come  ineludibile\nai fini della decisione del procedimento in corso. \n    Questo Giudice, invero, determinandosi in ordine  alla  richiesta\ndi archiviazione in atti, sarebbe tenuto ad applicare il disposto  di\ncui all\u0027art. 580 del codice penale nella sua  globalita\u0027  e,  dunque,\nanche nella parte in cui richiede che  la  condotta  di  agevolazione\ndebba essere realizzata nei confronti di persona «tenuta in  vita  da\ntrattamenti di sostegno vitale». \n    Ai fini del presente giudizio, l\u0027applicazione di  tale  frammento\ndi norma e\u0027 dirimente: per un verso, la  circostanza  che  la  R  non\nfosse tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale rigidamente\ninteso  determinerebbe  -  allo  stato  -  il  rigetto   dell\u0027istanza\narchiviativa, necessariamente aprendo la via del rinvio  a  giudizio;\nper  altro  verso,   l\u0027eventuale   declaratoria   di   illegittimita\u0027\ncostituzionale  della  parte  indicata  di  norma  consentirebbe   di\nsussumere le condotte degli indagati  nell\u0027area  di  non  punibilita\u0027\ndell\u0027art. 580 del codice penale  gia\u0027  tracciata  dalla  sentenza  n.\n242/2019. \nSulla non manifesta infondatezza della questione \n    Quanto  alla  seconda  delle  condizioni  di  ammissibilita\u0027  per\nl\u0027accesso al giudizio della Corte,  occorre  preliminarmente  operare\nalcune precisazioni. \n    E\u0027 noto, infatti, come la Corte  costituzionale  richieda  sempre\npiu\u0027  frequentemente  che,  prima  di  promuovere  una  questione  di\nlegittimita\u0027, il Giudice a quo debba svolgere ogni tentativo  diretto\na verificare se il dubbio  di  costituzionalita\u0027  della  disposizione\npossa essere superato per via interpretativa,  ricercando,  tra  piu\u0027\npossibili interpretazioni, quella che consenta  di  renderla  non  in\ncontrasto con la Carta fondamentale. \n    Si fa riferimento al c.d. obbligo di interpretazione  conforme  a\nCostituzione: secondo la Corte, infatti, «in linea di  principio,  le\nleggi non si dichiarano  costituzionalmente  illegittime  perche\u0027  e\u0027\npossibile  darne  interpretazioni  incostituzionali,  ma  perche\u0027  e\u0027\nimpossibile  darne  interpretazioni  costituzionali»   (sentenza   n.\n356/1996, con un\u0027affermazione poi costantemente  ripresa  in  diverse\naltre pronunce). \n    Ebbene, nel caso di specie il  «sufficiente  sforzo  ermeneutico»\nrichiesto dalla giurisprudenza costituzionale e cui questo Giudice e\u0027\nchiamato a confrontarsi non pare trovare adeguata soddisfazione nelle\nragioni   indicate   dalla   Difesa   degli   indagati   ne\u0027    nelle\nargomentazioni, sia pur acutissime, addotte dall\u0027organo d\u0027accusa. \n    La lettura del dettato normativo, come risultante dall\u0027intervento\ndella sentenza n. 242/2019 e nella  sua  attuale  formulazione,  pare\nancora porre la condizione dell\u0027essere «tenuto in  vita  a  mezzo  di\ntrattamenti di sostegno vitale» come  impeditiva  del  ricomprendervi\nanche la somministrazione di farmaci non immediatamente «salvavita». \n    Vero e\u0027, infatti, che le considerazioni sviluppate dalla Corte di\nassise di Massa prima, e da quella di Genova  poi,  costituiscono  un\ndirompente approdo della giurisprudenza  di  merito  sul  punto,  del\nquale non puo\u0027 non tenersi conto; nondimeno,  l\u0027elevato  rango  degli\ninteressi beni giuridici in  rilievo,  unitamente  alla  specificita\u0027\ndella materia, inducono questo giudicante a desistere da qualsivoglia\ndefatigante   lettura   costituzionalmente   orientata,   di   contro\nravvisando la possibilita\u0027 di un miglior profitto  in  un  autorevole\nintervento della Corte. \n    Cio\u0027 premesso, ci si  accinge  ora  a  vagliare  gli  individuati\nprofili di dubitanza. \n    Il  primo  aspetto  cui  porre  l\u0027accento  concerne  il  ritenuto\ntrattamento  discriminatorio  tra  differenti  tipologie  di  persone\nmalate. \n    Un  soggetto  corrotto  nelle   proprie   condizioni   vitali   -\nliberamente ed autonomamente determinatosi a porre fine alla  propria\nesistenza,  pienamente  capace  di  prendere   decisioni   libere   e\nconsapevoli, nonche\u0027 afflitto  da  malattia  irreversibile  fonte  di\ngravi sofferenze fisiche o psicologiche eppure non tenuto in vita  da\ntrattamenti di sostegno vitale stricto  sensu  intesi  -  si  ritiene\npossa  versare  in  una   situazione   di   patologia   irreversibile\nclinicamente accertabile altrettanto dolorosa al pari di altro malato\nche si avvale di tali trattamenti. \n    Il requisito dei trattamenti  di  sostegno  vitale,  invero,  non\ncontribuisce in alcun modo a misurare la capacita\u0027 di intendere e  di\nvolere, la liberta\u0027 ed autonomia di scelta o le sofferenze fisiche  o\npsicologiche dei soggetti malati, risultando altresi\u0027 irrilevante  al\nfine di dimostrare la  sussistenza  di  una  patologia  e  della  sua\nirreversibilita\u0027. \n    Esso, dunque, si pone quale del tutto  indifferente  rispetto  ad\nesigenze di tutela  della  vita  della  persona  malata  da  abusi  o\ncirconvenzioni, ne\u0027 e\u0027 funzionale a proteggere il malato psichiatrico\no colui che si sia determinato in maniera avventata a porre fine alla\nsua vita in ragione di condizioni patologiche passeggere: l\u0027oggettiva\npresenza di una patologia seria, concretamente verificabile, infatti,\ne\u0027  gia\u0027  pienamente  assicurata   dal   requisito   della   malattia\nirreversibile  nonche\u0027  da  quello   delle   sofferenze   fisiche   o\npsicologiche gravi. \n    Pertanto, il dubbio di costituzionalita\u0027 si sostanzia in  questo:\nin presenza di tutti gli altri requisiti di cui si e\u0027 detto, solo  le\npersone malate che si trovino  a  doversi  avvalere  di  un  presidio\nmedico o di un trattamento farmacologico di  sostegno  ad  un  organo\nvitale  possono,  sulla  base  dell\u0027art.  580  del   codice   penale,\nlegittimamente usufruire dell\u0027aiuto al suicidio nel nostro Paese;  di\ncontro, agli altri infermi e\u0027 precluso ricorrere,  nei  tempi  e  nei\nmodi prescelti, a tale  pratica,  dovendo  di  necessita\u0027  affrontare\nl\u0027attesa  del  peggioramento  delle  condizioni  patologiche  di  cui\nsoffrono e potendo congedarsi dalla vita con l\u0027ausilio medico solo  a\nseguito della sopraggiunta dipendenza da un trattamento  di  sostegno\nvitale. \n    La necessita\u0027 della  sussistenza  di  tale  requisito,  affinche\u0027\nl\u0027aiuto a congedarsi dalla vita in modo dignitoso non sia  penalmente\npunibile, si ritiene del tutto arbitrario, dando di conseguenza  vita\nad una oggettiva discriminazione tra persone malate, con  conseguente\nlesione  del  principio  di  eguaglianza  di  cui  all\u0027art.  3  della\nCostituzione. \n    A sostegno, non puo\u0027 non richiamarsi l\u0027autorevole parere reso dal\nComitato nazionale di bioetica  il  18  luglio  2019  in  materia  di\nsuicidio medicalmente assistito. \n    Il Comitato, senza soffermarsi sulla nozione di  «trattamento  di\nsostegno vitale» che, peraltro, risulta privo  di  definizione  nello\nstesso ambito medico, ha affermato  che  dovrebbe  trattarsi  di  una\n«condizione  aggiuntiva,  solo  eventuale»;   ritenerla   necessaria,\nviceversa,   creerebbe   una    discriminazione    irragionevole    e\nincostituzionale fra quanti sono mantenuti in vita artificialmente  e\nquanti, pur  affetti  da  patologia  anche  gravissima  e  con  forti\nsofferenze, non lo sono o non lo sono ancora». \n    A ben vedere, il Comitato nell\u0027occasione  si  spinge  addirittura\noltre, arrivando a sostenere che «si imporrebbe a  questi  ultimi  di\naccettare un trattamento anche  molto  invasivo,  come  nutrizione  e\nidratazione artificiali o ventilazione meccanica, al  solo  scopo  di\npoter richiedere l\u0027assistenza al  suicidio,  prospettando  in  questo\nmodo  un  trattamento  sanitario  obbligatorio  senza  alcun   motivo\nragionevole». \n    E ben vero che il contenuto dei diritti  primari  e  fondamentali\nnon e\u0027 privo di limiti. \n    Come chiarito dalla stessa Corte costituzionale con  la  sentenza\nn. 75/1996, l\u0027art. 2 della Costituzione,  «nell\u0027affermare  i  diritti\ninviolabili  dell\u0027uomo  e  i  doveri  inderogabili  di   solidarieta\u0027\npolitica, economica e sociale, non puo\u0027 escludere che  a  carico  dei\ncittadini siano poste quelle restrizioni della sfera  giuridica  rese\nnecessarie dalla tutela dell\u0027ordine  sociale»,  anche  se  i  diritti\nconnotati  dall\u0027inviolabilita\u0027,   «essendo   intangibili   nel   loro\ncontenuto di valore»,  possono  essere  «unicamente  disciplinati  da\nleggi generali, che possono limitarli soltanto al fine di  realizzare\naltri interessi costituzionali altrettanto fondamentali  e  generali»\n(sent. n. 23571988). \n    Dette  restrizioni  si  rendono  necessarie  poiche\u0027  «i  diritti\nprimari e fondamentali dell\u0027uomo diverrebbero illusori per tutti,  se\nciascuno potesse esercitarli fuori  dell\u0027ambito  della  legge,  della\ncivile regolamentazione, del costume corrente, per cui  tali  diritti\ndevono  venir  contemperati  con  le  esigenze  di  una   tollerabile\nconvivenza» (sent. n.  168/1971);  tuttavia,  la  regola  da  seguire\nperche\u0027 tali limiti siano ammissibili deve sempre essere quella della\n«necessarieta\u0027  e  ragionevolezza  della   limitazione»   (sent.   n.\n141/1996). \n    Particolarmente significativa sul  punto,  infine,  e\u0027  anche  la\nsentenza n. 143/2013 della Corte costituzionale, nella  quale  si  e\u0027\nevidenziato come «nelle operazioni di bilanciamento non puo\u0027  esservi\nun decremento di tutela di un diritto fondamentale se ad esso non  fa\nriscontro un corrispondente incremento di tutela di  altro  interesse\ndi pari rango». \n    In sintesi, dunque, si ritiene che la tutela  della  liberta\u0027  di\navvalersi di un  aiuto  a  porre  fine  alla  propria  vita  in  modo\ndignitoso, nelle condizioni di sofferenza e malattia  di  cui  si  e\u0027\ndetto, appare sacrificata senza alcun corrispettivo,  in  termini  di\ninnalzamento di altri diritti costituzionali. \n    Il secondo aspetto  su  cui  si  ritiene  di  porre  l\u0027attenzione\ninvolge la violazione del principio personalista di  cui  all\u0027art.  2\ndella Costituzione, unitamente alla liberta\u0027 di autodeterminazione in\nordine alla scelta di cure mediche. \n    La necessita\u0027  della  sussistenza  dei  trattamenti  di  sostegno\nvitale, invero, affinche\u0027 le condotte di aiuto  al  suicidio  possano\nessere ritenute non punibili, si pone in contrasto con  il  principio\npersonalista, con l\u0027inviolabilita\u0027 della liberta\u0027  personale  di  cui\nall\u0027art.  13  della   Costituzione,   nonche\u0027   della   liberta\u0027   di\nautodeterminazione con specifico riguardo alle cure mediche di cui al\ndettato congiunto degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. \n    Secondo il principio personalista l\u0027organizzazione  sociale  deve\ntendere all\u0027obiettivo assolutamente primario di favorire «lo sviluppo\ndi ogni singola persona umana» (sent. n. 167/1999), sviluppo che  non\nsi puo\u0027  arrestare  al  momento  delle  scelte  di  fine  vita  e  di\nliberazione dal dolore causato da una malattia irreversibile da parte\ndi chi ne e\u0027 afflitto. \n    Ebbene, l\u0027art. 2, unitamente agli articoli 13 e 32, secondo comma\ndella Costituzione, tutela appunto la liberta\u0027 di  autodeterminazione\nin ambito terapeutico (sent. n. 438/2008), la quale si  estende  sino\nad abbracciare, all\u0027interno di un rapporto medicalizzato,  la  scelta\ndi congedarsi dalla vita  nel  caso  di  malattia  irreversibile  che\nprovoca gravi sofferenze fisiche o psicologiche,  ferma  restando  la\npiena capacita\u0027 di intendere e di volere e la liberta\u0027  ed  autonomia\ndella scelta stessa (sent. n. 242/2019). \n    Conseguentemente,  la  rilevanza   penale   delle   condotte   di\nagevolazione  come  quelle  degli  indagati,  cosi\u0027  come  risultante\ndall\u0027attuale formulazione dall\u0027art.  580  del  codice  penale,  nella\nparte in cui prevede il requisito dei trattamenti di sostegno vitale,\nsi pone in netto contrasto con l\u0027esercizio di tale liberta\u0027. \n    Per effetto della  sanzione  penale  in  capo  agli  agevolatori,\ninvero, e\u0027 precluso ad ammalati nelle medesime condizioni della R ...\ndi avvalersi di un aiuto esterno  in  una  scelta  tanto  drammatica,\nvenendo anzi imposto di proseguire nel calvario delle loro sofferenze\ne a rassegnarsi all\u0027evoluzione della. malattia, che trasforma la loro\nvita in una drammatica sopravvivenza. \n    In definitiva, la scelta  di  congedarsi  dalla  vita  in  simili\nfrangenti si  pone  quale  essenziale  e  incoercibile  modalita\u0027  di\naffermazione della propria  personalita\u0027,  su  cui  l\u0027individuo  deve\npotersi liberamente autodeterminare. \n    Sul  punto,  dunque,  le  difficolta\u0027  che   affiorano   sembrano\nriconducibili ad una problematica di fondo: la stessa previsione  del\nrequisito del trattamento di sostegno vitale. \n    Alla luce  dell\u0027attuale  tessuto  normativo,  per  quanto  la  si\nestenda, infatti, ogni possibile  interpretazione  correttiva  dovra\u0027\ncontinuare a richiedere che il paziente sia sottoposto ad una qualche\nforma di trattamento, e cio\u0027  appare  contraddittorio  rispetto  alla\nfinalita\u0027  di  tutela  dei  diritti   fondamentali   che   la   Corte\ncostituzionale afferma. di voler perseguire con  la  non  punibilita\u0027\ndei terzi che prestano il proprio  apporto  nella  scelta  suicidaria\naltrui. \n    Rispetto a tale finalita\u0027, invero, tale requisito sembra privo di\neffettiva capacita\u0027 selettiva. \n    Il diritto dell\u0027individuo di scegliere  il  percorso  medico  per\nliberarsi dalle sofferenze nonche\u0027 quello di sottrarsi ad un  decorso\nlento e ritenuto lesivo del proprio modo di intendere il concetto  di\ndignita\u0027 informano esigenze di tutela - a sommesso parere  di  questo\nGiudice - che dovrebbero  dirsi  slegate  dalla  circostanza  che  lo\nstesso paziente sia sottoposto ad un qualche trattamento. \n    Cio\u0027 che sembra realmente  dirimente  e\u0027  piuttosto  il  concetto\nstesso di «malattia», e non il trattamento  che  questa  riceve,  che\npotra\u0027 semmai rilevare come indice della gravita\u0027 o dello  stadio  di\navanzamento della patologia. \n    Del resto, attualmente esiste un preciso  addentellato  normativo\nper ritenere irragionevole continuare a pretendere  che  il  paziente\nsia sottoposto ad un trattamento: si tratta del gia\u0027 citato  art.  1,\ncomma 5, della legge  n.  219/2017,  che  riconosce  al  paziente  il\ndiritto  di  rifiutare,  sin  dall\u0027inizio,  «qualsiasi»   trattamento\nsanitario, anche di sostegno vitale (sia  in  senso  stretto  sia  in\nsenso lato), compresa la terapia del dolore;  con  la  contraddizione\nper cui, allo stato, per accedere al suicidio assistito, un  paziente\nche avesse da sempre rifiutato qualsiasi cura dovrebbe prima chiedere\ndi essere sottoposto ad un trattamento per poi rinunciarvi. \n    Non si esclude che, mediante il  requisito  in  oggetto,  si  sia\nvoluta esprimere una diversa esigenza di disciplina, cioe\u0027  riservare\nil suicidio assistito soltanto a pazienti ormai prossimi  al  decesso\nper cause naturali o comunque la cui malattia, ex se,  porterebbe  ad\nun esito letale. Tuttavia, anche a voler mantenere  una  tale  logica\nlimitativa,  sarebbe  forse  piu\u0027  congruo  inserire   un   requisito\nulteriore e diverso, in ogni caso espungendo un vincolo - peraltro un\nunicum  a  livello  internazionale  nella  disciplina  del   suicidio\nassistito  -  che  di  fatto  espone  al  rischio   delle   segnalate\ningiustizie sostanziali. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e  la  non  manifesta\ninfondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n580 del codice penale, limitatamente alle parole «tenuta in  vita  da\ntrattamenti di sostegno vitale» - ponendosi le  stesse  in  contrasto\ncon gli articoli 2, 3, 13, 32, secondo  comma,  e  117,  primo  comma\ndella Costituzione, quest\u0027ultimo  in  riferimento  all\u0027art.  8  della\nConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027 fondamentali - e ravvisando nella parte di  norma  segnalata\nil concreto  pericolo  di  una  arbitrarieta\u0027  applicativa  e  di  un\npregiudizio lesivo del principio di eguaglianza in relazione  a  casi\ndi pazienti affetti  da  patologie  gravissime  che  non  implichino,\ntuttavia, il necessario ricorso a trattamenti di sostegno vitale; \n    Sospende il presente procedimento a carico di M. F. F.  V.  e  C.\nM.; \n    Dispone la trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale\naffinche\u0027,  ove  ne  ravvisi   i   presupposti,   voglia   dichiarare\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 580 del codice penale nella\nparte indicata; \n    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  al  Presidente\ndel Consiglio dei ministri  e  comunicata  ai  Presidenti  delle  due\nCamere del Parlamento. \n        Bologna, 29 settembre 2025 \n \n                         Il Giudice: Romito","elencoNorme":[{"id":"63847","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"cp","denominaz_legge":"codice penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"","legge_articolo":"580","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""}],"elencoParametri":[{"id":"80175","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"2","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80176","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80177","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"13","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80178","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"32","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80179","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"80180","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"8","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"55055","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica APS","data_costit_part":"05/12/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"AC","descrizione_tipologia_parte":"","sigla_parte":""},{"id":"54978","num_progressivo":"","nominativo_parte":"F. 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