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Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a\n  limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che  l\u0027installazione\n  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone\n  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027  consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente\n  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o\n  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia\u0027   installati,   a\n  condizione che non comportino incremento  dell\u0027area  occupata,  c),\n  incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle  con\n  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,\n  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell\u0027art.\n  20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del\n  comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n  nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n  collocati a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita\u0027\n  energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  predetto  decreto\n  nonche\u0027 in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure  di\n  investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)  e\n  del Piano nazionale per  gli  investimenti  complementari  al  PNRR\n  (PNC) ovvero di  progetti  necessari  per  il  conseguimento  degli\n  obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi  amministrativi  per  la\n  produzione di energia da fonti rinnovabili  -  Previsione  che  gli\n  interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto  legislativo  n.\n  190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e\n  urgenti  e  possono  essere  ubicati  anche  in  zone  classificate\n  agricole dai vigenti piani  urbanistici,  nel  rispetto  di  quanto\n  previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. \n- Decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.  199  (Attuazione  della\n  direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,\n  dell\u002711 dicembre 2018 , sulla promozione dell\u0027uso  dell\u0027energia  da\n  fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall\u0027art.\n  5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.  63  (Disposizioni\n  urgenti per le imprese agricole, della pesca  e  dell\u0027acquacoltura,\n  nonche\u0027  per  le  imprese  di  interesse   strategico   nazionale),\n  convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n.  101;\n  decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi\n  amministrativi per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,\n  in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della\n  legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. \n\n\r\n(GU n. 36 del 03-09-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                            Sezione Terza \n \n    Ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 10379 del  2024,  proposto  da  Erg  Solar  Holding\nS.r.l.,  in  persona   del   legale   rappresentante   pro   tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande\u0027, Enzo  Puccio  e\nSerena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da  registri  di\ngiustizia e domicilio eletto presso  lo  studio  dell\u0027avvocato  Carlo\nComande\u0027 in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326; \n    Contro Ministero  dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza  energetica,\nMinistero  della  cultura   e   Ministero   dell\u0027agricoltura,   della\nsovranita\u0027 alimentare e delle  foreste,  in  persona  dei  rispettivi\nlegali   rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,\nvia dei Portoghesi n. 12; \n    Nei confronti della Regione Puglia, non costituita in giudizio; \n    Per l\u0027annullamento: \n        degli articoli 1, 3 e 7 del decreto  ministeriale  21  giugno\n2024 recante «Disciplina per l\u0027individuazione  di  superfici  e  aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili»  adottato\ndal Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica di  concerto\ncon il Ministero della cultura e il Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste  e  pubblicato  nella  Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153  del  2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n        di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero\ndell\u0027ambiente e  della  sicurezza  energetica,  del  Ministero  della\ncultura e del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare\ne delle foreste; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del  giorno  5  febbraio  2025  il\ndott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come  specificato\nnel verbale; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n                                Fatto \n \n    1.) La ricorrente  ERG  Solar  Holding  S.r.l.  e\u0027  parte  di  un\nprimario  gruppo  industriale  attivo  nella  produzione  di  energia\nelettrica da fonti rinnovabili (eolica e solare). \n    La societa\u0027 ricorrente ha esposto  di  aver  gia\u0027  realizzato  ed\nesercito, nonche\u0027 di essere in procinto  di  realizzare  e  di  avere\nintenzione di  realizzare  ed  esercire  anche  in  futuro,  impianti\nfotovoltaici  a  terra  per  la  produzione  di   energia   elettrica\n(«Impianti FTV»). \n    1.1.) La societa\u0027 ricorrente ha, inoltre,  esposto  di  avere  in\ncorso alcune iniziative per le quali avrebbe ottenuto la soluzione di\nconnessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del  gestore\ned avrebbe stipulato contratti idonei ad acquisire la  disponibilita\u0027\ngiuridica  delle  aree  dove  sviluppare  i  progetti  relativi  agli\nimpianti  FTV,  pur  non  avendo  ancora  avviato  il  relativo  iter\namministrativo di autorizzazione. \n    1.2.)  Secondo  quanto  riferito   dalla   societa\u0027   ricorrente,\nl\u0027iniziativa riguarderebbe un progetto da  realizzare  nella  Regione\nPuglia, precisamente in Ascoli Satriano, e relativo  ad  un  impianto\nFTV della potenza di 11,00 Mw. \n    Detto progetto, in particolare, dovrebbe  collocarsi  in  un\u0027area\ncon  destinazione  urbanistica  agricola   e,   per   tale   ragione,\nrisulterebbe direttamente inciso  da  quanto  previsto  dall\u0027art.  1,\ncomma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che\nstabilisce che «In esito al processo definitorio di cui  al  presente\ndecreto, le regioni, garantendo l\u0027opportuno coinvolgimento degli enti\nlocali, individuano sul rispettivo territorio: [...] d) aree  in  cui\ne\u0027  vietata  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra: le aree agricole per le quali vige il  divieto  di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a  tessa  ai  sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8  novembre  2021,\nn. 199». \n    1.3.) La societa\u0027  ricorrente  ha  altresi\u0027  evidenziato  che  il\ndivieto di realizzazione di impianti FTV in area  agricola  e\u0027  stato\nintrodotto dall\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.\n63, recante «Disposizioni urgenti  per  le  imprese  agricole,  della\npesca e  dell\u0027acquacoltura,  nonche\u0027  per  le  imprese  di  interesse\nstrategico nazionale», convertito con modificazioni  dalla  legge  12\nluglio  2024,  n.  101  («decreto-legge  agricoltura»),  mediante  la\nprevisione del comma 1-bis dell\u0027art. 20  del  decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n.  199,  recante  «Attuazione  della  direttiva  (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  dell\u002711  dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili». \n    In particolare, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo\nn. 199/2021,  oltre  a  introdurre  il  suddetto  divieto,  ha  anche\nprevisto alcune esclusioni per progetti ubicati  in  siti  specifici,\nnelle quali, tuttavia,  non  rientra  il  progetto  che  la  societa\u0027\nricorrente avrebbe intenzione di realizzare. \n    Il progetto in questione, peraltro, neppure potrebbe godere della\nsalvaguardia prevista dal regime transitorio di cui all\u0027art. 5, comma\n2, del decreto-legge agricoltura,  essendo  quest\u0027ultimo  applicabile\nunicamente «ai progetti per i quali, alla data di entrata  in  vigore\ndel presente decreto, sia stata avviata almeno  una  delle  procedure\namministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie\nall\u0027ottenimento dei titoli per la  costruzione  e  l\u0027esercizio  degli\nimpianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato  rilasciato\nalmeno uno dei titoli medesimi». \n    1.4.) Secondo la prospettazione  della  societa\u0027  ricorrente,  il\ndivieto  di  installazione  di  impianti  FTV  in  area  agricola  si\nestenderebbe a tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio\nin aree  di  tal  guisa,  nella  misura  in  cui  alle  societa\u0027  che\nesercitano gli impianti sarebbe interdetta la possibilita\u0027 di un loro\nampliamento  territoriale,  con  totale   ribaltamento   del   regime\nnormativo rispetto a quello  delineato  dal  decreto  legislativo  n.\n199/2021  prima  delle  modifiche  introdotte  con  il  decreto-legge\nagricoltura. \n    In particolare, erano state classificate come  «aree  idonee»  le\naree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti di ampiezza  pari\na un massimo di cinquecento metri, con conseguente  applicazione  del\nregime  autorizzativo  semplificato  a  mente  di   quanto   previsto\ndall\u0027art. 22 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n    2.) La societa\u0027 ricorrente, con la proposizione  del  ricorso  in\nesame  affidato  a  quattro  differenti  motivi,  ha   impugnato   in\nprincipalita\u0027 l\u0027art. 1 del decreto ministeriale del 21  giugno  2024,\nlamentandone l\u0027illegittimita\u0027 per violazione di legge ed  eccesso  di\npotere, e ne ha chiesto l\u0027annullamento. \n    In via subordinata, e\u0027 stata  poi  prospettata  la  questione  di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 per violazione  degli  articoli  9,  41,  77,\ncomma 2, e 117, commi 1 e 3, della Costituzione. \n    2.1.) Con il primo motivo  di  ricorso  e\u0027  stata  contestata  la\nlegittimita\u0027  dell\u0027art.  1,  comma  2,  lettera   d),   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 per «Violazione e falsa  applicazione\ndell\u0027art. 20, commi 1 e 2, del  decreto  legislativo  n.  199/2021  -\nViolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12, comma  7,  del  decreto\nlegislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle Linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico  del\n10 settembre 2010 - Violazione della delega -  Eccesso  di  potere  -\nManifesta irragionevolezza - Violazione della  direttiva  2009/28/CE,\ndella direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE». \n    In particolare, con tale mezzo  di  gravame  e\u0027  stata  lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027art.  1,  comma  2,  lettera  d),  del  gravato\ndecreto ministeriale  per  violazione  dell\u0027art.  20,  comma  1,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, sull\u0027assunto che  tale  disposizione\nnormativa   abbia   attribuito    all\u0027amministrazione    ministeriale\nunicamente il compito di stabilire principi e  criteri  omogenei  per\nl\u0027individuazione  delle  superfici  e  aree  idonee  e   non   idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili  («impianti  FER»),\naventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata  come\nnecessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di\nsviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  di\ncui all\u0027art.  20,  comma  8,  del  medesimo  decreto  legislativo  n.\n199/2021. \n    Nessuna  delega,   per   converso,   sarebbe   stata   attribuita\nall\u0027amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree\ncompletamente interdette all\u0027installazione di impianti FTV. \n    Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente,  il  decreto\nministeriale del 21 giugno  2024,  quale  espressione  dell\u0027esercizio\ndella delega legislativa di cui all\u0027art. 20, commi 1 e 4, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, non avrebbe potuto  essere  utilizzato  come\nveicolo giuridico per dare attuazione anche all\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021, indicando le aree nelle quali e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti FTV. \n    La societa\u0027 ricorrente, con un distinto profilo  di  censura,  ha\npoi contestato la legittimita\u0027 della gravata disposizione del decreto\nministeriale impugnato per contrasto con  l\u0027art.  12,  comma  7,  del\ndecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici». \n    Detta previsione  normativa,  che  costituisce  attuazione  degli\nobblighi discendenti dalla direttiva 2001/77/CE (integrandola  con  i\nprincipi di cui all\u0027art. 117, comma 3, della Costituzione in  materia\ndi «produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell\u0027energia»),\nprevede  una  ammissibilita\u0027  generalizzata  per  l\u0027installazione  di\nimpianti FER in area  agricola,  fatte  salve  eventuali  limitazioni\nponderate caso per caso al  ricorrere  delle  condizioni  di  cui  al\nsecondo periodo del comma 7. \n    Di contro, quanto previsto dall\u0027art. 1, comma 2, lettera d),  del\ndecreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  non  troverebbe   alcun\nfondamento nella direttiva  2018/2001/UE,  ne\u0027  nei  criteri  fissati\ndalla legge delega (legge 22 aprile 2021, n. 53). \n    Pertanto, nel caso in cui la suddetta gravata previsione non  sia\nsuscettibile di essere interpretata  nel  senso  che  il  divieto  di\ninstallazione di impianti FTV in  area  agricola  trovi  applicazione\nsolo nei limiti fissati dal secondo periodo del comma 7, dell\u0027art. 12\ndel  decreto  legislativo  n.  387/2003,   la   stessa   risulterebbe\nillegittima  per  violazione  dell\u0027art.  117,  commi  1  e  3,  della\nCostituzione, in relazione,  rispettivamente,  ai  vincoli  derivanti\ndalla direttiva 2018/2001/UE e alle previsioni dello stesso  art.  12\ndel decreto legislativo n. 387/2003. \n    2.2.) La societa\u0027 ricorrente, con il secondo motivo  di  ricorso,\nha prospettato la questione di legittimita\u0027 costituzionale  dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 -  nella  misura\nin cui non sia possibile accedere a  una  lettura  costituzionalmente\norientata di tale previsione normativa  -  per  «violazione  e  falsa\napplicazione dell\u0027art. 77, comma secondo, della Costituzione». \n    Secondo la tesi della societa\u0027  ricorrente,  dalla  disamina  del\n«Preambolo»  al  decreto-legge   agricoltura   si   evincerebbe   che\nl\u0027iniziativa governativa da cui  ha  preso  le  mosse  l\u0027approvazione\ndell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge - che, come visto,\nha introdotto il contestato comma  1-bis  dell\u0027art.  20  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 - e\u0027 stata motivata in ragione della ritenuta\nstraordinaria necessita\u0027 e urgenza di  contrastare  il  fenomeno  del\nconsumo del suolo a vocazione agricola. \n    Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe  sussistente,  in  quanto\nnel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e\u0027 pari a\n16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata  (SAU)\ne\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari; peraltro, 4 milioni  di  ettari  di\nterreni agricoli risulterebbero attualmente abbandonati. \n    La  societa\u0027  ricorrente  ha   anche   asserito   che   al   2023\nrisulterebbero installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW,  di\ncui, secondo i dati del GSE, 9,2 GW sarebbero imputabili  a  impianti\nFTV a terra che utilizzano 16.400 ettari di terreno, equivalenti solo\nallo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. \n    A detta della societa\u0027 ricorrente, l\u0027installazione degli 84 GW di\ncui al Piano elettrico 2030/REPowerEU  richiederebbe  fino  a  70.000\nettari di terreno - considerando l\u0027ipotesi piu\u0027 estensiva secondo cui\nl\u0027intero obiettivo fosse perseguito mediante  l\u0027utilizzo  della  sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici  collocati  a  terra  e\nsenza considerare la quota installabile su edifici - equivalenti allo\n0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. \n    Si tratterebbe,  quindi,  di  una  porzione  marginale  di  suoli\nagricoli anche se paragonata  ai  4  milioni  di  ettari  di  terreni\nagricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. \n    La societa\u0027 ricorrente, quindi, ha posto in rilievo come il  dato\nfattuale  posto  dal  Governo  a  fondamento  dell\u0027introduzione   del\ncontestato  divieto  di  installazione  di  impianti  FER,  ossia  il\ndepauperamento dei suoli agricoli, sia in realta\u0027 carente, stante  la\nincidenza minimale dei suoli agricoli destinabili alla  installazione\ndei moduli fotovoltaici a  terra  rispetto  alla  SAT  (ma  anche  in\nrelazione alla minor quota di suoli agricoli abbandonati), nonche\u0027 in\nragione del fatto che il perseguimento degli obiettivi  europei  deve\navvenire mediante una  combinazione  di  soluzioni  tecnologiche  che\nutilizzino anche immobili o infrastrutture  gia\u0027  esistenti,  con  la\nconseguenza che solo una quota parte dei  suoli  agricoli  risultera\u0027\ninteressata dalla installazione di impianti FER. \n    Infine, secondo quanto riferito dalla  societa\u0027  ricorrente  alla\nluce  dei  dati  riportati  nel   motivo   di   gravame   in   esame,\nl\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  del  divieto  introdotto   con   il\ndecreto-legge agricoltura e poi traslato nel decreto  legislativo  n.\n199/2021, risiederebbe nella carenza, ab origine,  dei  requisiti  di\nnecessita\u0027 e urgenza richiesti dall\u0027art. 77 della Costituzione per il\nlegittimo  ricorso  allo  strumento  eccezionale  della  decretazione\nd\u0027urgenza. \n    2.3.)  Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  e\u0027  stata   lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,   del\ndecreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa  applicazione\ndegli articoli 117, commi  primo  e  terzo,  della  Costituzione,  in\nrelazione,  rispettivamente,  alla  direttiva  (UE)   2018/2001   del\nParlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e  all\u0027art.  12\ndel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (attuazione  della\ndirettiva 2001/77/CE)». \n    La disposizione normativa contestata, nell\u0027introdurre un  divieto\ngeneralizzato di installazione  di  nuovi  impianti  FTV  con  moduli\ncollocati a terra e il divieto di aumentare  l\u0027estensione  di  quelli\nesistenti nelle aree classificate come agricole dai piani urbanistici\n- tale in quanto non vengono previste distinzioni in  funzione  delle\ndifferenti tecnologie utilizzabili e dell\u0027effettivo pregio agricolo o\npaesaggistico e ambientale dei siti da assoggettare a  divieto  -  si\nporrebbe   innanzitutto   in   contrasto   con   il   parametro    di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione. \n    Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente,  l\u0027art.  20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 contrasterebbe con i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo  e,  in  particolare,  con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione  degli  impianti  FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE,  dalla  direttiva  2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione  della  quale  e\u0027\nstato emanato il medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n    Sotto  altro  profilo,  l\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del   decreto\nlegislativo n. 199/2021 si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi\nfondamentali  dettati   dal   legislatore   statale   nella   materia\nconcorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale\ndell\u0027energia». \n    In   particolare,   la   disposizione   normativa   tacciata   di\nincostituzionalita\u0027 si porrebbe  in  contrasto  con  quanto  previsto\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto  legislativo  n.  387/2003  -  che\ncostituisce attuazione dei principi statali e eurounitari  (direttiva\n2001/77/CE) nella richiamata materia concorrente di cui all\u0027art. 117,\ncomma 3, della Costituzione - ai sensi del  quale  «Gli  impianti  di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1,  lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone  classificate  agricole\ndai vigenti piani urbanistici». \n    A fronte della presenza,  all\u0027interno  dell\u0027ordinamento,  di  una\nsiffatta  previsione  normativa,   l\u0027introduzione   di   un   divieto\ngeneralizzato di installazione  di  impianti  FTV  in  area  agricola\nrisulterebbe porti in  patente  contrasto  con  i  principi  statuali\nrettori della materia. \n    La sussistenza di un siffatto contrasto,  peraltro,  risulterebbe\nvieppiu\u0027 evidente considerando  quanto  previsto  dalle  linee  guida\nnazionali di cui  al  decreto  ministeriale  del  10  settembre  2010\n(«Linee guida») - introdotte in attuazione del  citato  art.  12  del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e  considerate  dalla  giurisprudenza\ncostituzionale quali principi fondamentali della materia  legislativa\nconcorrente della «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale\ndell\u0027energia» - secondo le quali (allegato 3) «ai sensi dell\u0027art. 12,\ncomma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non  idonei»\ne «l\u0027individuazione delle  aree  e  dei  siti  non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio [...]». \n    La circostanza per  cui  l\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo  n.  199/2021  sia  contenuto  in  un   corpo   normativo\ndichiaratamente attuativo della direttiva 2018/2001/UE non e\u0027 di  per\nse\u0027 sufficiente a dissipare i  dubbi  di  costituzionalita\u0027  di  tale\ndisposizione, in quanto la stessa  non  trova  fondamento  ne\u0027  nella\ndirettiva oggetto di trasposizione, ne\u0027  men  che  meno  nella  legge\ndelega n. 53/2021. \n    2.4.)  Con  il  quarto  motivo  di  ricorso  e\u0027  stata  lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,   del\ndecreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa  applicazione\ndell\u0027art. 9 della  Costituzione -  Violazione  e  falsa  applicazione\ndell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e\ndel  Consiglio  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti  rinnovabili  -  Violazione  del  principio  di\nproporzionalita\u0027  -  Violazione  dell\u0027art.  11   del   Trattato   sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea -  Violazione  dell\u0027art.  41  della\nCostituzione». \n    Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, la scelta di\nintrodurre  un  generale  e  indiscriminato  divieto  di   realizzare\nimpianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come\n«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la\ndiffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo   da   incidere   sul\nperseguimento degli obiettivi di tutela dell\u0027ambiente. \n    Sul  punto,  infatti,  giova  evidenziare  che  l\u0027art.  15  della\ndirettiva 2018/2001/UE prevede che  «Gli  Stati  membri  prendono  in\nparticolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme  in\nmateria di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate [...]». \n    L\u0027art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021,\ninvero, sarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio «proporzionato»\ndella  potesta\u0027  legislativa  ratione  materiae.   Detta   previsione\nnormativa, inoltre, violerebbe il  principio  di  integrazione  delle\ntutele -  riconosciuto,  sia  a  livello  europeo  dall\u0027art.  11  del\nTrattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea,  sia  a   livello\nnazionale dall\u0027art. 3-quater del decreto legislativo 3  aprile  2006,\nn. 152 (sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) -\nin virtu\u0027 del quale le esigenze di tutela dell\u0027ambiente devono essere\nintegrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle altre  pertinenti\npolitiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo\nsostenibile. \n    Se il principio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio  alla\nstregua del quale mediare e comporre il potenziale  conflitto  tra  i\ndue valori costituzionali  all\u0027interno  di  un  quadro  argomentativo\nrazionale, il principio di integrazione costituisce la  direttiva  di\nmetodo.  La  tutela  dell\u0027ambiente  e  quella  del  paesaggio  (nello\nspecifico dell\u0027ambiente  e  del  contesto  agricolo)  non  potrebbero\nessere considerate alla stregua di valori contrapposti rispetto  alla\ndiffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela\ndell\u0027ambiente,  sia  sotto  quello   della   tutela   dell\u0027iniziativa\neconomica privata. \n    Oltretutto, a fronte del fatto che l\u0027art.  9  della  Costituzione\ndispone che la tutela dei valori ambientali  deve  essere  perseguita\n«anche nell\u0027interesse delle future  generazioni»,  l\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 muoverebbe dall\u0027assunto di\nun aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole  e\nl\u0027autorizzazione di impianti per la produzione  di  energia  mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se  le  descritte\nfinalita\u0027 di tutela non  fossero  tra  loro  contemperabili  mediante\nl\u0027introduzione di parametri di valutazione idonei a  stabilire,  caso\nper caso, quando e dove  consentire  o  meno  la  collocazione  degli\nimpianti FTV in area agricola. \n    3.) Le amministrazioni intimate si sono costituite in  resistenza\nnel presente giudizio e, con memoria depositata in  data  19  ottobre\n2024, hanno eccepito l\u0027infondatezza del gravame. \n    In  particolare,  secondo  la  prospettazione   difensiva   delle\namministrazioni ministeriali, il perimetro della  delega  legislativa\nin favore dell\u0027amministrazione  ministeriale,  per  come  individuato\ndall\u0027art. 20, commi 1 e 5, del decreto legislativo n. 199/2021 -  nel\nquale rientra la individuazione di principi e  criteri  omogenei  per\nl\u0027individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee\nall\u0027installazione degli impianti FER, nel rispetto dei principi della\nminimizzazione  degli  impatti  sull\u0027ambiente,  sul  territorio,  sul\npatrimonio culturale e sul paesaggio - giustificherebbe il  richiamo,\nall\u0027interno del  decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024,  della\ndisposizione di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo\nn.  199/2021,  in  quanto  funzionale  a  completare  la  cornice  di\nriferimento della disciplina per la individuazione delle  aree  nelle\nquali e\u0027 possibile installare  gli  impianti  FER,  in  un\u0027ottica  di\nriordino, semplificazione e coordinamento  degli  atti  normativi  di\nriferimento. \n    Le amministrazioni resistenti, inoltre, hanno  posto  in  rilievo\nche il decreto ministeriale del  21  giugno  2024  non  costituirebbe\nstrumento di «attuazione» dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, in quanto tale disposizione normativa  -  di\nrango primario e  introdotta  con  legge  ordinaria,  benche\u0027  in  un\nmomento  successivo  rispetto  al  testo   originario   del   decreto\nlegislativo n. 199/2021 - spiegherebbe i propri  effetti  all\u0027interno\ndel medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n    Per tali ragioni, quindi, la sospensione del decreto ministeriale\ndel 21 giugno  2024  non  produrrebbe  alcun  effetto  utile  per  la\nsocieta\u0027 ricorrente, atteso che le regioni  sono  comunque  tenute  a\nlegiferare all\u0027interno del quadro normativo delineato dalla normativa\nprimaria, venendo in rilievo una materia  di  competenza  legislativa\nconcorrente,  quale  la  «produzione,   trasporto   e   distribuzione\nnazionale  dell\u0027energia»,  di  cui  all\u0027art.  117,  comma  3,   della\nCostituzione. \n    D\u0027altronde, il rimando operato nel gravato decreto  ministeriale,\nlungi dal volere  introdurre  un  divieto  generalizzato  di  portata\ninnovativa, troverebbe ragione in  forza  della  ratio  del  medesimo\nprovvedimento impugnato, teso tra l\u0027altro a  fornire  agli  operatori\ndel  settore  chiare  indicazioni  sulla  individuazione  sia   delle\nsuperfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER, sia di\nquelle in cui cio\u0027 risulta precluso. \n    Oltretutto, atteso che  la  normativa  regionale  avrebbe  dovuto\nessere adottata in un termine stringente  previsto  dalla  legge,  la\nmodifica  del  decreto  legislativo  n.   199/2021   ad   opera   del\ndecreto-legge  agricoltura  rivestiva  sicuramente  un  carattere  di\nassoluta urgenza. \n    Secondo  la  prospettazione   difensiva   delle   amministrazioni\nresistenti, la disciplina complessiva sulla individuazione delle aree\ne superfici inerenti agli impianti FER denota un assoluto  favor  per\nlo sviluppo di detti impianti, cosi\u0027 come l\u0027assegnazione alle regioni\ndi quote vincolanti di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili\nrenderebbe  palese  l\u0027infondatezza  delle  censure  ricorsuali,   non\npotendo  essere  predicato  alcun   contrasto   con   la   disciplina\nsovranazionale in relazione alla massima  diffusione  degli  impianti\nFER. \n    Peraltro, la disciplina dettata dal decreto ministeriale  del  21\ngiugno 2024 e\u0027 stata approvata previa intesa in  sede  di  Conferenza\nunificata, frutto di un lungo iter segnato da plurimi  confronti  con\ngli   enti   locali   e   i    Ministeri    concertanti    (Ministero\ndell\u0027agricoltura, della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle  foreste  e\nMinistero della cultura),  indice  di  garanzia  della  necessaria  e\nponderata valutazione dei differenti interessi attribuiti  alla  cura\ndelle amministrazioni coinvolte, nonche\u0027 del rispetto dei principi di\nderivazione eurounitaria applicabili ratione materiae. \n    4.) La societa\u0027 ricorrente, con memoria  depositata  in  data  30\ndicembre 2024, ha specificato  le  proprie  doglianze,  controdedotto\nalle difese articolate dalle amministrazioni resistenti  e  insistito\nper l\u0027accoglimento del ricorso. \n    5.) All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la  causa  e\u0027  stata\ndiscussa. \n    Il Collegio, nel corso della  discussione,  ha  prospettato  alle\nparti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma  3,  c.p.a.,  la  sussistenza  di\npossibili  profili  di  inammissibilita\u0027  del  ricorso  per   carenza\nd\u0027interesse, anche relativamente alle censure inerenti al  contestato\ndivieto di installazione di impianti FER in  area  agricola,  laddove\nnon risultasse comprovato che i progetti insistono su aree aventi una\neffettiva destinazione agricola, e cio\u0027 e\u0027 stato fatto  constare  nel\nverbale d\u0027udienza. \n    All\u0027esito della discussione, la  causa  e\u0027  stata  trattenuta  in\ndecisione. \n \n                               Diritto \n \n    1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di poter  superare  i\nrilievi d\u0027ufficio con i quali, all\u0027udienza pubblica  del  5  febbraio\n2025, era stata prospettata l\u0027inammissibilita\u0027 del  presente  gravame\nper carenza di interesse. \n    Infatti, dalla documentazione  versata  in  atti  dalla  societa\u0027\nricorrente  -  e  segnatamente,  dal  certificato   di   destinazione\nurbanistica n. 159/2024, rilasciato dal  Comune  di  Ascoli  Satriano\n(cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente) - risulta  che  le\naree interessate dal  progetto  inerente  alla  realizzazione  di  un\nimpianto FTV nel territorio della Regione Puglia ricadono nella  zona\nE del Piano urbanistico  generale  del  Comune  di  Ascoli  Satriano,\nclassificata  come  «Zona  per  attivita\u0027  agricole»  e  nella  quale\nrisultano ammesse anche attivita\u0027 produttive quali,  inter  alia,  il\ntrasporto di energia. \n    1.1. Atteso che le censure articolate con  il  ricorso  in  esame\nappuntano  sulla  illegittimita\u0027  dell\u0027introduzione  di  un   divieto\ngeneralizzato alla realizzazione di impianti FTV in aree classificate\nagricole  dai  piani  urbanistici  vigenti,  la  societa\u0027  ricorrente\nrisulta, gia\u0027 in base a una  valutazione  prognostica,  negativamente\nincisa, in via diretta e immediata,  dalla  previsione  dell\u0027art.  1,\ncomma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con\nla quale e\u0027 stata data  attuazione  all\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n    Infatti,  il  progetto  che  la   societa\u0027   ricorrente   intende\nrealizzare non rientra tra quelli per i quali trova  applicazione  lo\nspecifico regime di salvaguardia dettato dall\u0027art. 5,  comma  2,  del\ndecreto-legge agricoltura, atteso che all\u0027atto della sua  entrata  in\nvigore non era stata ancora avviata alcuna  procedura  amministrativa\nnecessaria  all\u0027ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e\nl\u0027esercizio dell\u0027impianto  FTV  da  realizzare  su  un\u0027area  agricola\nlocalizzata nell\u0027ambito del territorio del Comune di Ascoli Satriano. \n    1.2. Ad avviso del Collegio, l\u0027introduzione del suddetto  divieto\nad opera del gravato decreto ministeriale non costituisce  il  frutto\ndi  una   autonoma   scelta   discrezionale   delle   amministrazioni\nministeriali resistenti,  ma  risulta  essere  attuazione  di  quanto\nprevisto dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021,  a  sua  volta  correlato  al  disposto  dell\u0027art.  5   del\ndecreto-legge agricoltura. \n    1.3. Tale aspetto avvalora  la  ammissibilita\u0027  della  iniziativa\ngiudiziale proposta dalla societa\u0027 ricorrente, tenuto anche conto del\nfatto che il decreto ministeriale del 21  giugno  2024,  all\u0027art.  1,\ncomma 2, ha previsto  che  le  regioni  individuino  all\u0027interno  dei\nrispettivi territori anche le «aree in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione\ndi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come\n«le aree agricole per le quali vige il divieto  di  installazione  di\nimpianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n    1.4. Pertanto,  diversamente  da  quanto  ritenuto  dalla  difesa\nerariale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del\n21  giugno  2024  costituisce  senz\u0027altro  strumento  di   attuazione\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.  199/2021,  per\nquanto del tutto vincolato nel contenuto, per le seguenti ragioni: \n        la disposizione normativa primaria teste\u0027  richiamata  (i.e.,\nl\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.   199/2021)\ndefinisce il perimetro delle aree agricole nelle quali e\u0027  consentita\nl\u0027installazione di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra, facendo riferimento alla  classificazione  delle  aree  idonee\nprevista dall\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e\nindividuando in maniera specifica altre aree sulla scorta di  criteri\ndi carattere finalistico (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di\nimpianti FTV per la costituzione di comunita\u0027 energetiche rinnovabili\novvero ai progetti attuativi delle altre misure di  investimento  del\nPNRR). Al di fuori di tale perimetro oggettivo  risulta  vietata,  in\nvia  generale,  l\u0027installazione  in   area   agricola   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra; \n        l\u0027intervento  definitorio  operato  dalla   fonte   normativa\nprimaria,  tuttavia,  presenta  un  carattere   transeunte,   essendo\ndestinato a valere solo nelle  more  dell\u0027individuazione  delle  aree\nidonee da parte delle regioni che, a  riguardo,  dovranno  legiferare\nsulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabilite dai decreti di cui\nall\u0027art. 20, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  ossia\nsulla scorta dei criteri e  delle  modalita\u0027  stabilite  dal  gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024; \n        e\u0027 per tale ragione, invero, che  il  divieto  di  realizzare\nimpianti  FTV  in  area  agricola  risulta  pedissequamente  ribadito\ndall\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del  decreto  ministeriale  del  21\ngiugno 2024, come risulta dalla  piana  lettura  del  testo  di  tale\ndisposizione, in forza della quale e\u0027 stato  stabilito  che  le  aree\nnelle quali e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra coincidono con le aree agricole per le quali\nun siffatto divieto e\u0027 stato sancito dall\u0027art. 20, comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021; \n        a conferma del fatto  che  il  divieto  di  installazione  di\nimpianti FTV in area agricola sancito dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021  trovi  piena  attuazione  nel  nuovo\ncontesto normativo e  regolamentare  proprio  ad  opera  del  gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno  2024,  vale  evidenziare  che  le\nregioni, ai sensi dell\u0027art. 3, comma 1, di tale decreto ministeriale,\nsono chiamate a individuare, con propria legge ed  entro  centottanta\ngiorni dalla data di entrata in vigore del  decreto,  tutte  le  aree\nindicate dall\u0027art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno\n2024. Si tratta, come visto, non solo delle aree idonee e non  idonee\nall\u0027installazione di impianti FER, ma anche delle aree nelle quali e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra; \n        cio\u0027 significa che terminata la fase  di  prima  applicazione\ndella disciplina dettata dall\u0027articolo 20 del decreto legislativo  n.\n199/2021  -  ossia,  quella  che  precede  l\u0027adozione   dei   decreti\nministeriali indicati dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto  legislativo\nn. 199/2021 e gia\u0027 esauritasi con l\u0027adozione del decreto ministeriale\nimpugnato  nel  presente  giudizio  -  l\u0027attuazione  del  divieto  di\ninstallazione di impianti FTV in area  agricola  nel  nuovo  contesto\nnormativo   e   regolamentare   dipende    dall\u0027applicazione    delle\ndisposizioni recate dal gravato decreto ministeriale  del  21  giugno\n2024. Le regioni, infatti, all\u0027atto di individuare con propria  legge\ntutte le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2,  del  decreto  ministeriale\ndel 21 giugno 2024, saranno necessariamente tenute ad  esercitare  la\npropria potesta\u0027 legislativa conformandosi ai principi e  ai  criteri\nstabiliti dal Titolo II del decreto ministeriale del 21 giugno  2024,\ncome espressamente previsto dall\u0027art. 3, comma 1, di tale decreto. \n    1.5. Il  decreto  ministeriale  impugnato  rappresenta,  inoltre,\nl\u0027unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di\nimplementazione del divieto in parola, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nell\u0027ambito   dei   procedimenti   amministrativi   di\nautorizzazione, della compatibilita\u0027 dei singoli interventi  rispetto\nal soddisfacimento di  ulteriori  valori  e  interessi  ordinamentali\nconfliggenti  con  quelli  che  hanno  condotto  il  legislatore   ad\nintrodurre il contestato divieto di installazione di impianti FTV  in\narea agricola. \n    1.6.  Merita,  dunque,  di  essere  richiamato   il   consolidato\norientamento giurisprudenziale secondo il  quale  «un  atto  generale\n[...] e\u0027 immediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro -  senza\nla necessaria intermediazione  di  provvedimenti  applicativi  -  sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (cfr. Cons. Stato,\nsez. IV, sentenza n. 1937 del 17 marzo 2022). \n    Risulta,  pertanto,   indubbia   l\u0027incidenza   del   divieto   di\ninstallazione di impianti FTV in area agricola nella sfera  giuridica\ndella societa\u0027 ricorrente, nella sua qualita\u0027 di operatore  economico\nattivo nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e\nintenzionato a realizzare tale tipologia di impianto in area agricola\nnel territorio della Regione Puglia. \n    La attuale, diretta e concreta lesivita\u0027 del  contestato  divieto\nrisulta sussistere nel  caso  di  specie,  in  quanto  lo  stesso  e\u0027\nsuscettibile di precludere in radice la possibilita\u0027 di realizzazione\nin area agricola di  impianti  FTV  con  moduli  collocati  a  terra,\nladdove l\u0027area interessata dall\u0027intervento non  rientri  tra  quelle,\nallo stato, individuate sulla base del combinato disposto  dei  commi\n1-bis e 8 dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 ovvero con\nquelle che, in futuro,  le  regioni  ricomprenderanno  nel  perimetro\ndelle aree agricole nelle quali l\u0027installazione dei predetti impianti\nsara\u0027 consentita. \n    2. Il Collegio, esaurita  la  disamina  dei  profili  di  rito  e\nritenuto ammissibile il gravame proposto dalla  societa\u0027  ricorrente,\nnon reputa meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso. \n    La societa\u0027 ricorrente, con tale mezzo di gravame, ha  contestato\nla legittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto\nministeriale sotto due ordini di profili: i) per violazione dell\u0027art.\n20, comma 1, del decreto  legislativo  n.  199/2021,  in  quanto  non\nsarebbe   stata   attribuita   alcuna   delega    all\u0027amministrazione\nministeriale ai  fini  della  individuazione  di  aree  completamente\ninterdette all\u0027installazione di  impianti  FTV;  ii)  per  violazione\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo  n.  387/2003,  atteso\nche  tale  disposizione  normativa   -   peraltro,   di   derivazione\neurounitaria - consente  l\u0027installazione  di  impianti  FER  in  zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici. \n    2.1. In proposito, e\u0027 sufficiente evidenziare che la  prospettata\nillegittimita\u0027 del contestato divieto introdotto dall\u0027art.  1,  comma\n2, lettera d), del  decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  non\ndiscende da una autonoma determinazione  amministrativa,  ma  promana\ndal combinato disposto dell\u0027art. 5 del  decreto-legge  agricoltura  e\ndall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021,  di\ncui il gravato  decreto  ministeriale  costituisce  attuazione,  come\nampiamente esposto in precedenza. \n    Per tale ragione, dunque, neppure risulta meritevole di pregio il\nprofilo di censura con il quale e\u0027  stata  contestata  la  violazione\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, posto che\ne\u0027 da attribuire allo stesso legislatore la scelta (normativa) che ha\ncondotto alla introduzione del divieto di realizzazione  di  impianti\nFTV con moduli collocati a terra in  aree  classificate  agricole  ai\nsensi dei vigenti piani urbanistici. \n    A riprova del fatto che sia da ascrivere al  legislatore  (con  i\nrichiamati articoli 5  del  decreto-legge  agricoltura  e  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) e non all\u0027amministrazione\ndelegata (con l\u0027impugnato art. 1, comma 2, lettera  d),  del  decreto\nministeriale del 21 giugno 2024), la scelta di superare la previsione\nrecata dall\u0027art. 12, comma 7, del decreto  legislativo  n.  387/2003,\ngiova segnalare che tale parametro di legittimita\u0027, che  la  societa\u0027\nricorrente  assume  essere  stato   violato   dalle   amministrazioni\nministeriali resistenti, e\u0027 stato abrogato per  effetto  del  decreto\nlegislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei  regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,  in\nattuazione dell\u0027art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge  5\nagosto 2022, n. 118». \n    In particolare, l\u0027art. 14 del decreto  legislativo  n.  190/2024,\nrubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce  che\n«L\u0027installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti  e\u0027\nconsentita nei limiti di cui all\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 199». Emerge,  pertanto,  in  maniera\nnetta come il legislatore, per cio\u0027 che concerne la realizzazione  di\nimpianti FTV con moduli collocati a terra  in  area  agricola,  abbia\ninteso superare il regime dettato dall\u0027art. 12, comma 7, del  decreto\nlegislativo n. 387/2003, sancendo l\u0027esclusiva applicazione del regime\nintrodotto con l\u0027art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021 e di cui le  previsioni  del  decreto  ministeriale  del  21\ngiugno 2024 costituiscono diretta attuazione. \n    3. Il Collegio, invece, ritiene che la questione di  legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.\n199/2021 introdotto  dall\u0027art.  5,  comma  1,  del  decreto-legge  n.\n63/2024, cosi\u0027 come prospettata  dalla  societa\u0027  ricorrente  con  il\nsecondo, terzo e quarto motivo di ricorso, risulti non solo rilevante\nai fini  della  definizione  del  presente  giudizio,  ma  anche  non\nmanifestamente infondata per le seguenti ragioni di diritto. \nI.   Sulla   impossibilita\u0027   di    operare    una    interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 \n    4.  Il  Collegio  non   ritiene   che   sia   possibile   operare\nun\u0027interpretazione conforme alla  Costituzione  dell\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, tentativo questo  che  ai\nfini della rimessione alla Corte costituzionale di una  questione  di\nlegittimita\u0027   costituzionale   deve   essere    ragionevolmente    e\nconsapevolmente  escluso  (cfr.  Corte  costituzionale,  sentenza  n.\n262/2015; in  senso  conforme  sentenze  numeri  202/2023,  139/2022,\n11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). \n    Infatti,  se  e\u0027  vero  che   «le   leggi   non   si   dichiarano\ncostituzionalmente   illegittime   perche\u0027   e\u0027    possibile    darne\ninterpretazioni incostituzionali [...],  ma  perche\u0027  e\u0027  impossibile\ndarne interpretazioni  costituzionali»  (cfr.  Corte  costituzionale,\nsentenza n. 356/1996),  nel  caso  di  specie,  la  sola,  possibile,\ninterpretazione   costituzionalmente   orientata   della   contestata\nprevisione normativa  risulterebbe  quella  che  considera  privo  di\neffettualita\u0027 l\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021. \n    4.1.    In    particolare,    l\u0027impossibilita\u0027     di     operare\nun\u0027interpretazione   conforme   a   Costituzione   della    anzidetta\ndisposizione normativa discende dal suo  chiaro  tenore  letterale  e\ndalla  portata  del  divieto  con  essa  introdotto  nell\u0027ordinamento\ngiuridico. \n    Infatti, l\u0027art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, nel consentire l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra in  zone  classificate  agricole  dai  piani\nurbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita\u0027 ai  soli  casi  in\ncui, da un lato, l\u0027area agricola coincida con alcune specifiche  aree\nritenute  idonee  ai  sensi  dell\u0027art.  20,  comma  8,  del   decreto\nlegislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le  aree\nnelle quali sono gia\u0027 installati detti impianti (comma 8, lettera a),\nle quali possono essere interessate solo da interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o  ricostruzione,  a  condizione  che  non\ncomportino  incremento  dell\u0027area  gia\u0027  occupata  -  o,  dall\u0027altro,\nl\u0027intervento  sia  finalizzato  alla  creazione  di   una   comunita\u0027\nenergetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del  PNRR\no funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. \n    Dal tenore letterale  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021  risulta,  quindi,  che  il  legislatore  nel\n«consentire esclusivamente» l\u0027installazione degli  impianti  FTV  con\nmoduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti  con  quelle\ninnanti  menzionate,  ha  sostanzialmente   introdotto   un   divieto\ngeneralizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte\ndel suolo agricolo nazionale. \n    4.2.  L\u0027introduzione  di  una  preclusione   di   tale   ampiezza\nall\u0027installazione di impianti FTV con moduli  collocati  a  terra  in\narea   agricola   non   risulta    costituzionalmente    compatibile,\ninnanzitutto perche\u0027 si pone in insanabile contrasto con l\u0027art.  117,\ncomma 1, della Costituzione, atteso  che  il  contestato  divieto  e\u0027\nsuscettibile di  integrare  una  violazione  dei  «vincoli  derivanti\ndall\u0027ordinamento comunitario». \n    In particolare, con il divieto generalizzato  previsto  dall\u0027art.\n20, comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  e\u0027  stato\ncompletamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio\ndi matrice eurounitaria  della  massima  diffusione  delle  fonti  di\nenergia  rinnovabili  (direttiva  2001/77/CE  e   2009/28/CE).   Tale\nprincipio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale\nutilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento  degli  impianti\nFER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela  di  altri  interessi\ncostituzionalmente protetti (cosi\u0027, ad esempio,  si  e\u0027  espressa  la\nCorte costituzionale relativamente agli  impianti  di  produzione  di\nenergia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). \n    Con  il  contestato  divieto,  viceversa,   il   legislatore   ha\nspecificamente individuato le aree agricole nelle quali e\u0027 consentita\nl\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  ha\ninibito, per la restante  parte  del  suolo  agricolo  nazionale,  la\nrealizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di  piana  evidenza\nche una siffatta preclusione viola il principio di massima diffusione\ndi matrice eurounitaria, sottraendo  in  maniera  ingiustificata  una\nconsiderevole parte del territorio nazionale al  perseguimento  delle\nfinalita\u0027 sottese allo sviluppo energetico da fonti  rinnovabili,  in\nassenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -\nnon potendo considerarsi tale l\u0027invocato consumo  indiscriminato  del\nsuolo - e senza che possa essere  operata  in  concreto,  nell\u0027ambito\ndell\u0027iter  procedimentale   di   autorizzazione   dell\u0027impianto,   la\nponderazione con gli altri interessi confliggenti,  anche  di  natura\npubblicistica e, in parte, legati al  perseguimento  degli  obiettivi\nunionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al\n2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. \n    4.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche  il  carattere\nnon  proporzionato  della  scelta  legislativa,  tenuto  conto  della\nampiezza ed incisivita\u0027 del divieto rispetto al fine  perseguito,  il\nche corrobora l\u0027impossibilita\u0027 di addivenire ad  una  interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nII. Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n    5.   Dall\u0027acclarata   impercorribilita\u0027   di   un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte\nricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il terzo e quarto motivo di ricorso. \n    La questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  che  il  Collegio\nintende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza\nrisulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente  giudizio,  atteso\nche  l\u0027art.  1,  comma  2,   lettera   d),   dell\u0027impugnato   decreto\nministeriale  del  21  giugno  2024  costituisce   attuazione   della\ndisposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita\u0027, vale  a\ndire l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per\nle ragioni gia\u0027 esposte in precedenza e alle quali  integralmente  si\nrinvia. \n    Pertanto, dall\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027  dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  n.  199/2021  dipende  la\nlegittimita\u0027 del contestato divieto  di  cui  all\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura\nsolo  nel  caso  di   declaratoria   di   incostituzionalita\u0027   della\ndisposizione  normativa  primaria  la  previsione   impugnata   dalla\nsocieta\u0027 ricorrente potrebbe essere annullata, con conseguente  venir\nmeno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla  realizzazione\ndel proprio progetto sul suolo agricolo della Regione Puglia. \nIII. Sulla manifesta infondatezza  della  questione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il II motivo di ricorso. \n    6. La societa\u0027 ricorrente, con il secondo motivo di  ricorso,  ha\nprospettato la questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo  n.  199/2021  per  contrarieta\u0027\nall\u0027art. 77, comma 2, della Costituzione. \n    In particolare, e\u0027 stata contestata la insussistenza dell\u0027addotta\nragione di straordinaria necessita\u0027 e urgenza indicata nel  preambolo\ndel decreto-legge agricoltura - data dalla necessita\u0027 di  contrastare\nil fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola -  in  ragione\ndel fatto che, posta l\u0027esistenza di una superficie agricola totale di\n16 milioni di ettari (di cui solo  12,5  milioni  utilizzati),  anche\nnell\u0027ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio  italiano\ndovessero essere soddisfatti esclusivamente  mediante  la  tecnologia\nche utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si  perverrebbe\na un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie agricola, del  tutto\nmarginale rispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. \n    6.1. Ad avviso del Collegio, in applicazione  degli  orientamenti\ngiurisprudenziali   della   Corte    costituzionale,    una    simile\nprospettazione non risulta idonea a supportare una valutazione di non\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021\nrispetto a quanto previsto dall\u0027art. 77, comma 2, della Costituzione. \n    6.2. La Corte costituzionale, infatti, ha  in  plurime  occasioni\naffermato che i casi  in  cui  puo\u0027  predicarsi  l\u0027insussistenza  dei\nrequisiti di necessita\u0027  e  urgenza  richiesti  per  la  decretazione\nlegislativa d\u0027urgenza sono  circoscritti  alle  ipotesi  di  evidente\nmancanza  degli  stessi  ovvero  di  manifesta   irragionevolezza   o\narbitrarieta\u0027 della relativa valutazione (cfr.,  ex  plurimis,  Corte\ncostituzionale, sentenze numero 170/2017, 287/2016, 72/2015, 22/2012,\n93/2011, 355/2010; 128/2008 e 171/2007). \n    6.3. Tale verifica, inoltre, deve essere condotta in maniera  non\ndissimile  da  quanto   accade   per   il   sindacato   del   giudice\namministrativo sul vizio di eccesso di potere,  ossia  a  partire  da\nprofili  sintomatici,  tra  i  quali  assume  preminente  rilievo  il\nriscontro (o meno) di una intrinseca coerenza delle  norme  contenute\nnel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e/o funzionale. \n    Il presupposto del caso straordinario di  necessita\u0027  e  urgenza,\ninfatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come  un\ntutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza,  anche\nse articolato  e  differenziato  al  suo  interno.  La  scomposizione\natomistica   della   condizione   di   validita\u0027   prescritta   dalla\nCostituzione si pone in contrasto con il  necessario  legame  tra  il\nprovvedimento  legislativo  urgente  ed  il  caso  che  lo  ha   reso\nnecessario, trasformando il decreto-legge in una  congerie  di  norme\nassemblate  soltanto  da  mera  casualita\u0027  temporale»  (cfr.   Corte\ncostituzionale, sentenza n. 22/2012). \n    6.4. Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che con  l\u0027art.  5,\ncomma  1,  del  decreto-legge  n.  63/2024  -  fonte  originaria  del\ncontestato divieto, poi confluito  nell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 - sono  state  dettate  «Disposizioni\nfinalizzate  a  limitare  l\u0027uso  del  suolo  agricolo»  e  che   tale\ndecreto-legge e\u0027 stato adottato in  ragione  della  «concomitanza  di\ncongiunture avverse, quali il perdurare del conflitto in Ucraina e la\ndiffusione di fitopatie,  ha  indotto  il  settore  primario  in  una\npersistente situazione di crisi, determinando gravi ripercussioni sul\ntessuto economico e sociale», i presupposti di ritenuta necessita\u0027  e\nurgenza  sono  stati  individuati  non   solo   nella   esigenza   di\n«contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola»,\nma anche in quella di «emanare disposizioni finalizzate  a  garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e,  in  specie,  di\nquelle  funzionali  all\u0027esercizio  delle  attivita\u0027   di   produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive,  in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura». \n    6.5. Rispetto  a  tali  enunciati  presupposti  e  finalita\u0027,  la\ndisposizione   intesa   a   vietare   l\u0027installazione   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in  aree  agricole  non  si\npone in termini di manifesta estraneita\u0027,  presentando  un\u0027intrinseca\ncoerenza nell\u0027ambito di un complesso di disposizioni  finalizzate  al\nsostegno del settore agricolo. \n    6.6. Gli elementi addotti dalla societa\u0027  ricorrente  a  sostegno\ndella ritenuta insussistenza delle ragioni di necessita\u0027  e  urgenza,\nin  ragione  della  limitata  porzione  di  territorio  agricolo  che\npotrebbe  essere  occupata  per  effetto  della  realizzazione  degli\nimpianti FER ricadenti nell\u0027ambito oggettivo del contestato  divieto,\nnon consentono di giungere a conclusioni diverse, essendo  un  chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento legislativo operato con il decreto-legge n.\n63/2024 quello di contrastare la sia pur minima riduzione del suolo a\nvocazione  agricola:  la   misura   adottata   costituisce,   dunque,\nsenz\u0027altro sviluppo delle premesse, che non risultano in  alcun  modo\nsmentite dalle argomentazioni spese nel ricorso. \nIV. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate  con  il  terzo  e  il  quarto  motivo  di\nricorso. \n    7.  Il  Collegio,   per   converso,   ritiene   che   non   siano\nmanifestamente infondate le questioni di legittimita\u0027  costituzionale\nsollevate dalla societa\u0027 ricorrente con il terzo e il  quarto  motivo\ndi  ricorso,  con  i  quali  e\u0027  stata  in  sostanza   lamentata   la\ncontrarieta\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  n.\n199/2021 con: \n        l\u0027art. 117, commi  primo  e  terzo,  della  Costituzione,  in\nrelazione,   rispettivamente,   alla   direttiva   2018/2001/UE   del\nParlamento europeo e  del  Consiglio  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e  all\u0027art.  12\ndel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387  (attuazione  della\ndirettiva  2001/77/CE).  La  disposizione  normativa  sospettata   di\nincostituzionalita\u0027, nel prevedere il  divieto  di  installazione  di\nnuovi impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  il  divieto  di\naumentare l\u0027estensione di quelli esistenti nelle  aree  agricole,  si\nporrebbe  in  contrasto  con  i  vincoli  derivanti  dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con il principio della massima  diffusione\ndegli impianti  FER,  affermato  dalla  direttiva  2009/28/CE,  dalla\ndirettiva  2001/77/CE,  nonche\u0027  dalla  direttiva  2018/2001/UE,   in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato  il  decreto  legislativo  n.\n199/2021. Sotto altro profilo, l\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi\ngenerali dettati in materia  dallo  stesso  legislatore  statale,  in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con  l\u0027art.  12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  Linee  guida  del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali\nle zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non\npossono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n        gli articoli 9 e 41 della Costituzione, anche tenuto conto di\nquanto  previsto  dall\u0027art.  15  della  direttiva  2018/2001/UE,  del\nprincipio  di  proporzionalita\u0027  e  dell\u0027art.  11  del  Trattato  sul\nfunzionamento  dell\u0027Unione  europea:  la  scelta  di  introdurre   un\ngenerale e indiscriminato divieto di realizzazione degli impianti FTV\ncon moduli collocati a terra su aree  urbanisticamente  campite  come\n«agricole»  risulterebbe  sproporzionata  e  tale  da  rallentare  la\ndiffusione  delle  fonti  rinnovabili  in  modo  da  incidere   sugli\nobiettivi di tutela  dell\u0027ambiente  perseguiti,  dando  luogo  a  una\ndisciplina  sproporzionata,  in  contrasto  con   il   principio   di\nintegrazione  delle  tutele  e  con  la  stessa  tutela  dei   valori\nambientali. \n    7.1. In primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto  con  l\u0027art.  117,  comma  1,\ndella Costituzione,  sotto  il  profilo  del  mancato  rispetto  «dei\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento comunitario»  e,  in  particolare,\ndel  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti   di   energia\nrinnovabili di matrice eurounitaria. \n    7.2.  In  proposito,  risulta  necessario  richiamare  tutte   le\nprevisioni normative vigenti nell\u0027ordinamento giuridico  eurounitario\ne suscettibili  di  assumere  rilievo  nella  materia  oggetto  della\npresente controversia, da intendersi  anche  quale  integrazione  del\nquadro normativo di riferimento, in uno con le  previsioni  nazionali\ngia\u0027 richiamate in precedenza ed analizzate dal  Collegio  sin  dalla\nesposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita\u0027\ndella  rimessione  della  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n    In particolare, devono essere presi in considerazione: \n        l\u0027art. 3, paragrafo 5, del TUE,  a  mente  del  quale  «Nelle\nrelazioni con il resto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove  i  suoi\nvalori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini»,\ndi tal forma che, per  questa  via,  l\u0027Unione  europea  «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra»; \n        l\u0027art. 6, paragrafo 1, del TUE,  che  precisa  che  «L\u0027Unione\nriconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei\ndiritti  fondamentali  dell\u0027Unione  europea  del  7  dicembre   2000,\nadattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha  lo  stesso  valore\ngiuridico dei trattati». Ai  sensi  dell\u0027art.  37  della  Carta,  «Un\nlivello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della  sua\nqualita\u0027  devono  essere  integrati  nelle  politiche  dell\u0027Unione  e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; \n        l\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\nche,  muovendosi  nella  medesima  direzione   gia\u0027   tracciata   dal\nrichiamato art. 6, paragrafo 1, del TUE, sancisce  che  «Le  esigenze\nconnesse con la tutela dell\u0027ambiente devono  essere  integrate  nella\ndefinizione e nell\u0027attuazione delle politiche e  azioni  dell\u0027Unione,\nin  particolare  nella  prospettiva   di   promuovere   lo   sviluppo\nsostenibile» (c.d. principio di integrazione); \n        l\u0027art.  191  del  Trattato  sul   funzionamento   dell\u0027Unione\neuropea,  secondo  il  quale  «La  politica  dell\u0027Unione  in  materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n          salvaguardia,  tutela  e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n          protezione della salute umana; \n          utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n          promozione sul piano internazionale di misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n    2. La politica  dell\u0027Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"»; \n        l\u0027art. 192,  paragrafo  1,  del  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea, ai sensi del quale «Il Parlamento europeo  e  il\nConsiglio, deliberando secondo la procedura legislativa  ordinaria  e\nprevia consultazione del Comitato economico e sociale e del  Comitato\ndelle regioni, decidono in  merito  alle  azioni  che  devono  essere\nintraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191»; \n        l\u0027art.  194  del  Trattato  sul   funzionamento   dell\u0027Unione\neuropea, in forza del quale  «Nel  quadro  dell\u0027instaurazione  o  del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell\u0027esigenza  di\npreservare e  migliorare  l\u0027ambiente,  la  politica  dell\u0027Unione  nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito  di  solidarieta\u0027  tra\nStati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,\nl\u0027efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e\nrinnovabili». \n    7.2.1. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. \n    Come si ricava dalla  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia\ndell\u0027Unione europea, l\u0027uso di fonti di  energia  rinnovabili  per  la\nproduzione di elettricita\u0027 e\u0027  utile  alla  tutela  dell\u0027ambiente  in\nquanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas  a  effetto\nserra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici\nche l\u0027Unione europea e i  suoi  Stati  membri  si  sono  impegnati  a\ncontrastare. \n    L\u0027incremento  della  quota   di   rinnovabili   costituisce,   in\nparticolare, uno degli elementi  portanti  del  pacchetto  di  misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al  Protocollo  di\nKyoto, alla Convenzione quadro delle Nazioni  unite  sui  cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni  dei  gas  a  effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla  preservazione\ndei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,\nin causa C-573/12,  Ã…lands  vindkraft  AB  contro  Energimyndigheten,\nparagrafo 78 e seguenti; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001,  in  causa\nC-379/98, PreussenElektra AG contro Schhleswag  AG,  paragrafo  73  e\nseguenti). \n    7.2.2. La Corte di giustizia dell\u0027Unione  europea  ha,  peraltro,\nprecisato che l\u0027art. 191 del Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea si limita a definire gli obiettivi  generali  dell\u0027Unione  in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 del Trattato sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea affida  al  Parlamento  europeo  e  al  Consiglio\ndell\u0027Unione europea il compito di decidere le azioni  da  avviare  al\nfine del raggiungimento di detti obiettivi. \n    Di  conseguenza,  l\u0027art.  191  del  Trattato  sul   funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027  essere  invocato  in  quanto  tale  dai\nprivati  al  fine  di  escludere  l\u0027applicazione  di  una   normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea;\nviceversa, l\u0027art. 191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea  assume  rilevanza  allorquando  esso  trovi  attuazione  nel\ndiritto derivato (cfr. CGUE, Sezione  Terza,  sentenza  del  4  marzo\n2015, in causa C;534/13, Ministero dell\u0027ambiente e della  tutela  del\nterritorio e del mare  et  al.  contro  Fipa  Group  S.r.l.  et  al.,\nparagrafo 39 e seguenti). \n    7.3. Disposizioni  sulla  promozione  dell\u0027energia  elettrica  da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  del\nTCE  (ora  art.  192  del  Trattato  sul  funzionamento   dell\u0027Unione\neuropea), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE  del\nParlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,\nsuccessivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23 aprile 2009. \n    In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE -  con\nla quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione  e\nalla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE\n- e\u0027 stato inter alia considerato che: \n        «[...] (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del  Trattato\nsul funzionamento dell\u0027Unione europea  (TFUE),  la  promozione  delle\nforme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi\ndella politica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo  e\u0027  perseguito\ndalla presente direttiva. Il maggiore ricorso  all\u0027energia  da  fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027Accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  unite   sui   cambiamenti\nclimatici («Accordo  di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni  di  almeno  il  40  %\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e\u0027  stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni  propri  obiettivi  nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati\ne andare oltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027Accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al 32 %.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    7.4.  Quanto   affermato   nei   consideranda   della   direttiva\n2018/2001/UE  ha  trovato  poi   concretizzazione   normativa   nelle\nprevisioni  dell\u0027art.  3  della   direttiva,   rubricato   «Obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030». \n    Il  legislatore  unionale,  infatti,  ha  previsto  un  obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030, stabilendo  che  «Gli\nStati membri provvedono collettivamente a far si\u0027  che  la  quota  di\nenergia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale  lordo  di  energia\ndell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La  Commissione  valuta\ntale obiettivo al fine di presentare, entro  il  2023,  una  proposta\nlegislativa intesa a rialzarlo  nel  caso  di  ulteriori  sostanziali\nriduzioni dei costi  della  produzione  di  energia  rinnovabile,  se\nrisulta  necessario  per  rispettare   gli   impegni   internazionali\ndell\u0027Unione a favore  della  decarbonizzazione  o  se  il  rialzo  e\u0027\ngiustificato  da  un  significativo  calo  del   consumo   energetico\nnell\u0027Unione»,  con  la  precisazione  che  «Se,  sulla   base   della\nvalutazione  delle  proposte  dei  piani  nazionali   integrati   per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    7.5. Il regolamento 2021/1119/UE del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in  forza  dell\u0027art.  192  del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea, ha poi  istituito  un\nquadro  per  il  conseguimento  della  neutralita\u0027   climatica,   sul\npresupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027Accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   unite   sui\ncambiamenti  climatici  («Accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027Accordo di Parigi. [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nunite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027Accordo di Parigi. [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi\ninquina paga», istituiti dal Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le  misure  necessarie  conformemente  ai  trattati\n[...]». \n    7.5.1. Tale regolamento  ha,  quindi,  sancito  che  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027Accordo  di  Parigi»  (art.\n1),  precisando  altresi\u0027  che  per  conseguire  tale  obiettivo  «il\ntraguardo vincolante dell\u0027Unione in materia  di  clima  per  il  2030\nconsiste in una riduzione interna netta  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55\n% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    7.5.2. Ai sensi dell\u0027art.  5  del  regolamento  2021/1119/UE  «Le\nistituzioni competenti dell\u0027Unione e gli Stati membri  assicurano  il\ncostante progresso nel miglioramento della capacita\u0027 di  adattamento,\nnel  rafforzamento  della  resilienza   e   nella   riduzione   della\nvulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in  conformita\u0027  dell\u0027art.  7\ndell\u0027Accordo di Parigi», garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    A tal fine, «Gli Stati membri  adottano  e  attuano  strategie  e\npiani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della   strategia\ndell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati\nsu  analisi  rigorose  in  materia  di  cambiamenti  climatici  e  di\nvulnerabilita\u0027, sulle valutazioni  dei  progressi  compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    7.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        «[...]  (2)  Le  energie  rinnovabili   svolgono   un   ruolo\nfondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore\nenergetico contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle  emissioni\ntotali di gas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo  tali  emissioni\ndi  gas  a  effetto  serra,  le  energie  rinnovabili  possono  anche\ncontribuire  ad  affrontare  sfide  ambientali  come  la  perdita  di\nbiodiversita\u0027, e a ridurre l\u0027inquinamento in linea con gli  obiettivi\ndella comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo\n«Un percorso verso un pianeta piu\u0027 sano per tutti  -  Piano  d\u0027azione\ndell\u0027UE: Verso l\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e  il  suolo».\nLa transizione verde verso un\u0027economia basata sulle energie da  fonti\nrinnovabili contribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi  della  decisione\n(UE) 2022/591 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira\naltresi\u0027  a  proteggere,   ripristinare   e   migliorare   lo   stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione  e  l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45  %  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    7.7. La direttiva (UE) 2023/2413,  per  tali  ragioni,  ha  anche\nintrodotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie\nper assicurare che  i  contributi  nazionali  forniti  rispettino  il\nperseguimento dell\u0027obiettivo  complessivo  dell\u0027Unione  in  relazione\nalla produzione di energia  rinnovabile  per  il  2030.  Sono  state,\ninoltre, previste zone di accelerazione per le  energie  rinnovabili,\nnonche\u0027 specifiche procedure amministrative  per  il  rilascio  delle\nrelative autorizzazioni. \n    7.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli\n192  e  194  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea,\ncostituisce  la  necessaria  base  legislativa  per  una   governance\ndell\u0027Unione dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima  affidabile,\ninclusiva,  efficace  sotto  il  profilo  dei  costi,  trasparente  e\nprevedibile che garantisca il conseguimento  degli  obiettivi  e  dei\ntraguardi a lungo termine fino al 2030, in  linea  con  l\u0027Accordo  di\nParigi del 2015 sui  cambiamenti  climatici  -  derivante  dalla  21ª\nConferenza delle parti alla Convenzione quadro  delle  Nazioni  unite\nsui cambiamenti climatici - attraverso sforzi complementari, coerenti\ne ambiziosi da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri,  limitando  la\ncomplessita\u0027 amministrativa nella materia in questione. \n    7.8.1. In particolare, il legislatore unionale,  nel  configurare\nun siffatto meccanismo, ha considerato che: \n        (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40 % delle emissioni di gas a effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027Accordo di Parigi.  L\u0027Accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5  ottobre  2016  ed  e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del Protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\ne che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare  di\nconseguenza  il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio   e   la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027Accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trent\u0027anni per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027Accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    7.8.2. Il  meccanismo  di  governance  previsto  dal  regolamento\n2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate\ncon l\u0027art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l\u0027altro, che: \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3, paragrafo 1): \n          «Ciascuno Stato membro definisce nel  suo  Piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \na) dimensione «decarbonizzazione»: [...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il  43  %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \nEntro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno  il\ncontributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato  membro  prevede\ndi superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la\nsua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si aspetta di\nraggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,  nel  loro\ninsieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei  punti  di  riferimento\ndell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il  2030  di  cui\nall\u0027art.  3,   paragrafo   1,   della   direttiva   (UE)   2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n          d) l\u0027obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da\nfonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; \n          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi\n[...] \n        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma\ndei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n        «[...] 3. Se nel settore dell\u0027energia  rinnovabile,  in  base\nalla valutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n          b)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          c)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art.  25,  paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n          e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). \n    7.9. Come gia\u0027 esposto in precedenza, il decreto  legislativo  n.\n199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE)  2018/2001  del\nParlamento europeo e del  Consiglio,  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da  fonti  rinnovabili»  e  si  pone\n«l\u0027obiettivo di accelerare il percorso di  crescita  sostenibile  del\nPaese,  recando  disposizioni  in  materia  di   energia   da   fonti\nrinnovabili,   in   coerenza   con   gli   obiettivi    europei    di\ndecarbonizzazione del  sistema  energetico  al  2030  e  di  completa\ndecarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti,  i  meccanismi,\ngli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e  giuridico,\nnecessari per il raggiungimento degli obiettivi di  incremento  della\nquota di energia da fonti rinnovabili al 2030,  in  attuazione  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto  dei  criteri  fissati  dalla\nlegge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). \n    In  vista  del  perseguimento  di  tali  finalita\u0027,  il   decreto\nlegislativo n. 199/2021 reca «disposizioni necessarie  all\u0027attuazione\ndelle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di  seguito\nanche:  PNRR)  in  materia   di   energia   da   fonti   rinnovabili,\nconformemente al Piano nazionale integrato per l\u0027energia e  il  clima\n(di seguito anche: PNIEC), con la finalita\u0027 di individuare un insieme\ndi misure e strumenti coordinati,  gia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento\ndegli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento  (UE)\nn. 2021/1119, con il quale  si  prevede,  per  l\u0027Unione  europea,  un\nobiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di  gas  a  effetto\nserra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro  il\n2030» (art. 1, comma 3). \n    7.10.   Come   ripetutamente   rilevato   dalla    giurisprudenza\ncostituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze numero\n121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014  e  44/2011),\nla normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027 ispirata  nel\nsuo insieme al principio fondamentale  di  massima  diffusione  delle\nfonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova attuazione nella\ngenerale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento di tali\nimpianti, con le  eccezioni  [...]  ispirate  alla  tutela  di  altri\ninteressi costituzionalmente protetti» (cfr., in  particolare,  Corte\ncostituzionale, sentenza n. 13/2014). \n    7.11. La disciplina originariamente contenuta  nell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti  rinnovabili,  non  prevedeva  alcun  divieto  generalizzato\nrispetto alla realizzazione di impianti FER su  terreni  classificati\ncome agricoli dai vigenti piani urbanistici. \n    L\u0027art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti,  stabilisce  che\n«nella definizione  della  disciplina  inerente  le  aree  idonee,  i\ndecreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del\npatrimonio  culturale  e  del  paesaggio,  delle  aree   agricole   e\nforestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando\nl\u0027utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni\nindustriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione  industriale,\nartigianale, per servizi e logistica, e  verificando  l\u0027idoneita\u0027  di\naree non utilizzabili per  altri  scopi,  ivi  incluse  le  superfici\nagricole non utilizzabili». \n    Tale disposizione, pur prendendo espressamente in  considerazione\nl\u0027esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da  un  lato  non\npone alcuna preclusione assoluta all\u0027installazione di impianti FER su\ntale tipologia di siti e, dall\u0027altro, stabilisce chiaramente  che  le\nsuperfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti FER. \n    L\u0027art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,\nprevede che «Le aree non incluse  tra  le  aree  idonee  non  possono\nessere  dichiarate  non  idonee  all\u0027installazione  di  impianti   di\nproduzione  di  energia  rinnovabile,  in  sede   di   pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti,  in  ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». \n    Il successivo comma 8, poi, nell\u0027individuare transitoriamente  le\naree ritenute idonee alla installazione di impianti  FER,  stabilisce\nquanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere  a),  b),  c),\nc-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese  nel  perimetro  dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22  gennaio\n2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici  di  cui  all\u0027art.\n142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto,  ne\u0027  ricadono  nella\nfascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della  parte\nseconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo decreto legislativo». \n    7.12. L\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021\nha, di contro, determinato un radicale mutamento di  regime  rispetto\nall\u0027assetto  previgente,  prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli\nimpianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra,   in   zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici  vigenti,  e\u0027  consentita\nesclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente  agli\ninterventi  per  modifica,  rifacimento,  potenziamento  o  integrale\nricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a  condizione  che  non\ncomportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse  le  cave  gia\u0027\noggetto di ripristino ambientale e quelle con piano  di  coltivazione\nterminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di\ndiscarica chiusi  ovvero  ripristinati,  c-bis),  c-bis.1)  e  c-ter,\nnumeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il  primo  periodo\nnon  si  applica  nel  caso  di  progetti  che   prevedano   impianti\nfotovoltaici  con  moduli  collocati   a   terra   finalizzati   alla\ncostituzione  di  una  comunita\u0027  energetica  rinnovabile  ai   sensi\ndell\u0027art. 31  del  presente  decreto  nonche\u0027  in  caso  di  progetti\nattuativi delle altre misure di investimento del Piano  nazionale  di\nripresa e resilienza (PNRR), approvato con  decisione  del  Consiglio\nECOFIN  del  13  luglio  2021,  come  modificato  con  decisione  del\nConsiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano nazionale per  gli\ninvestimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui  all\u0027art.  1  del\ndecreto-legge 6 maggio 2021, n. 59,  convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari  per\nil conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    7.13. Pertanto, successivamente  alle  modifiche  introdotte  nel\ndecreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell\u0027art. 5,  comma  1,  del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n        a) nei siti ove sono gia\u0027 installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuali; \n        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    7.14. Dalla richiamata elencazione si desume  che,  in  sostanza,\nsulla generalita\u0027 dei terreni classificati agricoli (pari a circa  la\nmeta\u0027 della superficie del territorio italiano) risulta  preclusa  la\nrealizzazione di qualsiasi intervento di  installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati  a  terra,  residuando,  di  fatto,\nunicamente la possibilita\u0027 di realizzare interventi  consistenti  nel\nmero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti  gia\u0027  esistenti,\nsempre che cio\u0027 non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. \n    7.15. Se e\u0027 vero che il divieto introdotto  dall\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non  riguarda  i  progetti\nattuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e\u0027 pur vero  che\ndetti  progetti  non  comprendono,  ne\u0027  esauriscono,  tutti   quelli\nnecessari al  raggiungimento  dei  target  previsti  dal  PNIEC,  che\nrappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il\nconseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall\u0027Unione  europea\nin relazione alla  quota  di  energia  rinnovabile  che  deve  essere\nassicurata  dai  singoli  Stati  membri  nel   contesto   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia. \n    Gia\u0027 tale circostanza evidenzia come la previsione di un  divieto\ndi portata pari  a  quella  stabilita  dalla  disposizione  normativa\nsospettata di incostituzionalita\u0027 rischi  di  mettere  seriamente  in\npericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. \n    L\u0027applicazione  di  un  siffatto  divieto,  invero,  si  appalesa\nsuscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio  agricolo\nnazionale a ogni possibile utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica,\nsenza che siano prevedibili  e  siano  stati  vagliati  i  potenziali\neffetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale  in\nmerito alla quota di energia da fonti  rinnovabili  che  deve  essere\nassicurata dall\u0027Italia. \n    Oltretutto, in considerazione dello  stato  di  attuazione  della\ndisciplina dettata dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo  n.\n199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di flessibilita\u0027 che il  decreto\nministeriale  del  21   giugno   2024   lascia   alle   regioni   per\nl\u0027individuazione delle aree non  idonee,  l\u0027impatto  del  divieto  in\nquestione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un\nsevero  limite  all\u0027individuazione   delle   zone   disponibili   per\nl\u0027installazione degli impianti FER che, in  base  a  quanto  previsto\ndall\u0027art. 15-ter,  paragrafo  1,  secondo  periodo,  della  direttiva\n2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie  stimate  e\nalla potenza totale installata pianificata delle  tecnologie  per  le\nenergie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e  il\nclima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del  regolamento  (UE)\n2018/1999». \n    7.16. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di porre in  evidenza  che,\nin forza  dell\u0027art.  32  del  regolamento  2018/1999/UE,  laddove  la\nCommissione europea ritenga che uno o piu\u0027 punti di riferimento della\ntraiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e  2027  non  siano\nstati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino\nal di sotto di  uno  o  piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di  riferimento\nnazionali, saranno interessati dall\u0027esercizio degli specifici  poteri\ndella Commissione europea. \n    Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della\nCommissione europea saranno tenuti ad adottare  misure  supplementari\n(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e\u0027\nincluso anche il pagamento finanziario volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione. \n    La sottrazione  indiscriminata  di  larga  parte  del  territorio\nnazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica  con  moduli\ncollocati  a  terra,  laddove  si   risolva   in   un   ostacolo   al\nraggiungimento degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, potrebbe far\nsorgere in capo allo Stato  italiano  l\u0027obbligo  di  adottare  misure\nsupplementari, il cui impatto sulle finanze  pubbliche  potrebbe  non\nessere trascurabile. \n    Giova, inoltre, evidenziare che la  mera  adozione  delle  misure\nsupplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere\nsufficiente  a  riallineare  lo  Stato  italiano  sulle   traiettorie\nunionali in tema di energia rinnovabile, come risulta  dall\u0027art.  32,\nparagrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente\ndel quale «Qualora le misure nazionali  risultino  insufficienti,  la\nCommissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri\na livello unionale in aggiunta a  tali  raccomandazioni  al  fine  di\nassicurare,  in   particolare,   il   conseguimento   del   traguardo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile». \n    7.17. Il  divieto  introdotto  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n.  199/2021,  inoltre,  appare  porsi  anche  in\ncontrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. \n    In particolare, nell\u0027ambito del processo di individuazione  delle\nzone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo  complessivo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile,  viene  in\nrilievo  il  disposto  di  cui  all\u0027art.   15-ter   della   direttiva\n2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri  favoriscono  l\u0027uso\npolivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti  in  materia\ndi energia rinnovabile sono compatibili con gli usi  preesistenti  di\ntali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). \n    Come gia\u0027 rilevato in precedenza,  il  considerando  27  di  tale\ndirettiva  precisa  che  «Gli  Stati  membri  dovrebbero   esplorare,\nconsentire e favorire l\u0027uso  polivalente  delle  zone  individuate  a\nseguito delle misure di pianificazione territoriali adottate.  A  tal\nfine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove  necessario,\ncambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027 i  diversi  usi  e\nattivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano coesistere». \n    Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata  di\nincostituzionalita\u0027 nell\u0027ambito  del  presente  giudizio  istituisce,\ninvece, un  insanabile  conflitto  tra  l\u0027utilizzo  della  tecnologia\nfotovoltaica con moduli collocati a terra e l\u0027uso del  suolo  a  fini\nagricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera\ngeneralizzata l\u0027installazione in area  agricola  degli  impianti  FTV\ncaratterizzati da tale tecnologia. \n    7.18. Ad avviso del Collegio,  il  divieto  in  questione,  nella\nmisura in cui e\u0027 suscettibile di ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili,  si  pone  anche  in  posizione  critica  rispetto  alla\nstrategia  di  adattamento  ai  cambiamenti   climatici   dell\u0027Unione\neuropea. \n    Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi  dell\u0027art.   5   del\nregolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione e gli\nStati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della\ncapacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e  nella\nriduzione  della   vulnerabilita\u0027   ai   cambiamenti   climatici   in\nconformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027Accordo  di  Parigi.  Tali  istituzioni,\ninoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    7.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione  europea,\ncon la comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia\ndell\u0027Unione europea per l\u0027adattamento ai  cambiamenti  climatici,  ha\naffermato che «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di  crescita\ndell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla  consapevolezza  che\nla trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che la mancata azione ha\nun costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la propria leadership  per\nscongiurare lo scenario peggiore  -  impegnandosi  a  raggiungere  la\nneutralita\u0027 climatica - e prepararsi al meglio - puntando  ad  azioni\ndi adattamento piu\u0027 ambiziose che si fondano sulla strategia  dell\u0027UE\ndi adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede  che  nel\n2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente ai cambiamenti climatici, del\ntutto adeguata agli inevitabili impatti  dei  cambiamenti  climatici.\nCio\u0027 significa che entro il 2050, anno in cui l\u0027Unione aspira ad aver\nraggiunto la neutralita\u0027 climatica, avremo rafforzato la capacita\u0027 di\nadattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita\u0027  agli  effetti  dei\ncambiamenti climatici, in linea con l\u0027Accordo  di  Parigi  e  con  la\nproposta di legge europea sul clima». \n    Il  raggiungimento  dei  target  di  potenza   installata   delle\ntecnologie  rinnovabili  costituisce,   all\u0027evidenza,   un   elemento\ncentrale  per  conseguire  nel  lungo   termine   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica, che viene posto seriamente a  rischio  da  una\ndisciplina,  quale   quella   censurata,   che   vieta   in   maniera\ngeneralizzata sulla quasi totalita\u0027 del territorio agricolo nazionale\nl\u0027installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con\npannelli collocati a terra. \n    7.19. Il divieto in questione, peraltro, appare  anche  porsi  in\ncontrasto con il principio di integrazione sancito dall\u0027art.  11  del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea e dall\u0027art.  37  della\nCarta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse  con  la\ntutela dell\u0027ambiente devono  essere  integrate  nella  definizione  e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». \n    Come noto, l\u0027integrazione ambientale in tutti i settori  politici\npertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,   trasporti,   ecc.)   e\u0027\nfunzionale a  ridurre  le  pressioni  sull\u0027ambiente  derivanti  dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e  per  raggiungere  gli\nobiettivi ambientali e climatici. \n    Il divieto introdotto dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 all\u0027interno di un corpo normativo finalizzato\na  dare  attuazione,  nell\u0027ordinamento   giuridico   italiano,   alle\nprevisioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell\u0027uso  di\nenergia  da  fonti  rinnovabili,  quale  obiettivo   della   politica\nenergetica dell\u0027Unione europea, appare violare l\u0027art. 117,  comma  1,\ndella Costituzione anche per le seguenti ragioni: \n        si inserisce nel complesso delle previsioni dell\u0027art. 20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,\ntant\u0027e\u0027  che   le   relative   previsioni   non   risultano   neppure\nadeguatamente coordinate con il resto dell\u0027articolato  normativo  (si\nconsideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,  nella  parte\nin cui prevede che  con  i  decreti  di  cui  al  comma  1  si  debba\nverificare, tra l\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree  non  utilizzabili  per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n        il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto\nil  legislatore  non  ha  istituito   alcuna   forma   di   possibile\nbilanciamento tra i  contrastanti  valori  in  gioco.  In  tal  modo,\ninvero, e\u0027 stata sancita una insuperabile  prevalenza  dell\u0027interesse\nalla conservazione dello stato dei luoghi  dei  terreni  classificati\ncome aree  agricole,  del  tutto  sganciata  da  una  valutazione  in\nconcreto  della  effettiva  utilizzabilita\u0027  di  tali  aree  a   fini\nagricoli. Non puo\u0027, pertanto, mancarsi di rilevare, che  tale  scelta\nlegislativa risulta innesta una contraddizione  interna  al  medesimo\ndecreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al\nperseguimento dell\u0027obiettivo normativo per  il  quale  lo  stesso  e\u0027\nstato emanato, dato dalla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia  da  fonti\nrinnovabili. \n    Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,\nil sospetto di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l\u0027introduzione  del\ncontestato divieto si ponga in contrasto  con  la  cornice  normativa\neuropa in materia di Unione dell\u0027energia. \n    7.20. Ad avviso  del  Collegio,  sulla  scorta  delle  precedenti\nconsiderazioni, appare che la disposizione  normativa  sospettata  di\nincostituzionalita\u0027   confligga   anche   con   il    principio    di\nproporzionalita\u0027,  che  rileva  non  solo  quale  principio   cardine\ndell\u0027ordinamento eurounionale, ma anche ai fini della  compatibilita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.\n199/2021 rispetto all\u0027art. 3 della Costituzione. \n    In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la Corte\ndi giustizia dell\u0027Unione europea  ha  piu\u0027  volte  ribadito  che  «il\nprincipio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio  generale  del  diritto\ncomunitario  che  dev\u0027essere   rispettato   tanto   dal   legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e  dai  giudici  nazionali»  (cfr.\nCGUE,  Sezione  Quinta,  sentenza  dell\u002711  giugno  2009,  in   causa\nC-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur  en\nVoedselkwaliteit,  par.  41).  Il   sindacato   di   proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza\ndelle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde\nverificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da  determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. \n    Come la  stessa  Corte  costituzionale  ha  gia\u0027  avuto  modo  di\nprecisare «Tale  giudizio  deve  svolgersi  \"attraverso  ponderazioni\nrelative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi  prescelti  dal  legislatore\nnella  sua  insindacabile  discrezionalita\u0027  rispetto  alle  esigenze\nobiettive da soddisfare o  alle  finalita\u0027  che  intende  perseguire,\ntenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente\nsussistenti\" (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita\u0027\nutilizzato  da  questa  Corte  come  da  molte  delle   giurisdizioni\ncostituzionali europee, spesso insieme con quello di  ragionevolezza,\ned essenziale strumento della Corte di giustizia dell\u0027Unione  europea\nper  il  controllo  giurisdizionale  di   legittimita\u0027   degli   atti\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se  la  norma\noggetto di scrutinio, con la misura e le  modalita\u0027  di  applicazione\nstabilite, sia necessaria e  idonea  al  conseguimento  di  obiettivi\nlegittimamente perseguiti, in quanto, tra  piu\u0027  misure  appropriate,\nprescriva  quella  meno  restrittiva  dei  diritti  a   confronto   e\nstabilisca oneri non  sproporzionati  rispetto  al  perseguimento  di\ndetti obiettivi» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). \n    7.20.1. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un  divieto\ngeneralizzato e sostanzialmente assoluto  all\u0027utilizzo,  su  un\u0027ampia\nparte del territorio nazionale,  di  una  determinata  tecnologia  di\nimpianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta  di\nuna soluzione  del  tutto  diversa  rispetto  a  quella  adottata  in\nfunzione  di  tutela  di  tutti  gli  altri  valori  che  entrano  in\nbilanciamento con il principio  di  massima  diffusione  delle  fonti\nrinnovabili:   le   esigenze   di   tutela    dell\u0027ambiente,    della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile che si approdi a un esito negativo  dell\u0027iter\ndi autorizzazione, relativamente alla valutazione  di  compatibilita\u0027\nambientale dei progetti che interessano tali aree. \n    Cio\u0027, peraltro, non osta  alla  possibilita\u0027  di  verificare,  in\nconcreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli  procedimenti   autorizzativi,\nl\u0027effettiva  compatibilita\u0027  degli  interventi   proposti   con   gli\nulteriori e confliggenti interessi pubblici. \n    Di contro, l\u0027art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, introduce un divieto di tale portata che  risulta  preclusa\nin radice la possibilita\u0027,  per  le  amministrazioni  procedenti,  di\noperare un bilanciamento tra  i  contrapposti  interessi  in  giuoco.\nInfatti,  risulta  gia\u0027  stata  affermata  a  monte,  da  parte   del\nlegislatore, la prevalenza assoluta e  incondizionata  dell\u0027interesse\nalla conservazione dei suoli  classificati  agricoli,  rispetto  alla\npossibile funzionalizzazione degli stessi  al  soddisfacimento  delle\nesigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti  dall\u0027Italia\na livello unionale. \n    7.21. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in  disparte  i  gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai\nsensi dell\u0027art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l\u0027ambiente,\nla biodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse delle  future\ngenerazioni»,  con  cio\u0027  incorporando  il  principio   di   sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di\ntutela ambientale. \n    Il divieto introdotto con l\u0027art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, invero, comporta l\u0027incondizionato sacrificio\ndi tale principio, ponendosi cosi\u0027 in possibile contrasto con  l\u0027art.\n9  della   Costituzione   e   con   la   consolidata   giurisprudenza\ncostituzionale in base  alla  quale  «Tutti  i  diritti  fondamentali\ntutelati dalla Costituzione si trovano in  rapporto  di  integrazione\nreciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare  uno  di  essi  che\nabbia la prevalenza assoluta  sugli  altri.  La  tutela  deve  essere\nsempre \"sistemica  e  non  frazionata  in  una  serie  di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro\" (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  \"tiranno\"  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio del loro nucleo essenziale»  (cfr.  Corte  costituzionale,\nsentenza n. 85/2013). \n    7.22. Sotto  un  differente  profilo,  vale  evidenziare  che  il\ncontestato  divieto  trova  applicazione   a   partire   dalla   mera\nclassificazione  di  un\u0027area  come  agricola   in   base   ai   piani\nurbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere  il\nsuo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. \n    Anche per tale ragione la  disposizione  normativa  in  questione\nsembra caratterizzata da  irragionevolezza  e  non  proporzionalita\u0027,\natteso che la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il consumo di suolo\nagricolo  non  e\u0027  riscontrabile  (o  quantomeno  non   nei   termini\nincondizionati e assoluti previsti da tale norma) in  relazione  alle\nsuperfici agricole non utilizzabili o degradate. \n    Manca, inoltre,  qualsivoglia  considerazione  della  qualita\u0027  e\ndell\u0027importanza  delle  colture  eventualmente  praticate  sui  suoli\ninterdetti all\u0027installazione degli impianti FTV con moduli  collocati\na terra. \n    7.23. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee guida  di\ncui al decreto ministeriale del  10  settembre  2010,  in  base  alle\nquali: \n        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n        l\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti; \n        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n    7.24. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta  conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon  puo\u0027  essere  sviluppata   l\u0027energia   rinnovabile   («zone   di\nesclusione»).  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e\ntrasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle\nrestrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   Raccomandazione   (UE)\n2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e  i\nprogetti infrastrutturali correlati). \n    La disciplina posta, in primis, dall\u0027art. 5 del decreto-legge  n.\n63/2024 e poi confluita nel contestato  art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo  n.  199/2021  si  traduce,  invece,  nell\u0027esatto\nopposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, che\nnon risulta fondato su dati concreti e che appare  porsi  in  patente\ncontrasto con l\u0027obietto di massimizzazione  della  disponibilita\u0027  di\nspazio per lo sviluppo dei progetti correlati con  la  produzione  di\nenergia da fonte rinnovabile. \nV.  Le  questioni  di  costituzionalita\u0027  da  sottoporre  alla  Corte\ncostituzionale. \n    8. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni  sino  ad\nora  esposte,  ritiene  che  siano  rilevanti  e  non  manifestamente\ninfondate le questioni di legittimita\u0027 costituzionale prospettate nel\npresente giudizio in relazione all\u0027art. 20, comma 1-bis, del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5,  comma  1,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge\nn. 101/2024. \n    Il Collegio,  in  particolare,  sospetta  che  tale  disposizione\nnormativa si ponga in contrasto con il  dettato  costituzionale,  per\naver introdotto un divieto  all\u0027installazione  in  area  agricola  di\nimpianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra  che  appare\ncontrario agli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della  Costituzione,\nanche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla  direttiva   (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE)  2018/1999,  come  modificati  dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n    8.1. Le sollevate questioni di costituzionalita\u0027 vanno  del  pari\nriferite all\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto  legislativo\n25  novembre  2024,  n.   190,   recante   «Disciplina   dei   regimi\namministrativi per la produzione di energia  da  fonti  rinnovabili»,\nladdove prevede che «Gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1,  sono\nconsiderati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti  e  possono\nessere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti  piani\nurbanistici, nel rispetto  di  quanto  previsto  all\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n    Tale  disposizione  normativa,  infatti,  riproduce  il   divieto\nsancito  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021. \nVI. Conclusioni. \n    9. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: \n        il primo motivo di ricorso deve essere  respinto,  stante  la\nsua infondatezza; \n        la questione di legittimita\u0027 costituzionale  prospettata  con\nil secondo motivo di ricorso in relazione all\u0027art. 77, comma 2, della\nCostituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata; \n        risultano, invece, rilevanti e non  manifestamente  infondate\nle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art.\n5,  comma  1,  del  decreto-legge   n.   63/2024,   convertito,   con\nmodificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli\n3, 9, 11 e117, comma 1, della Costituzione,  anche  in  relazione  ai\nprincipi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento\n(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,\nnonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n    9.1. Ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2, della legge 11  marzo  1953,\nn.  87,  il  presente  giudizio  e\u0027  sospeso  fino  alla  definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    9.2. Ai sensi dell\u0027art. 23, commi 4 e 5,  della  legge  11  marzo\n1953, n.  87,  la  presente  sentenza  sara\u0027  comunicata  alle  parti\ncostituite, notificata al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e\ncomunicata anche al Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  al\nPresidente della Camera dei deputati. \n    9.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito  e  in  ordine\nalle spese resta riservata alla  decisione  definitiva  del  presente\ngiudizio.  \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nTerza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n        a) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, in  relazione\nal primo motivo di ricorso; \n        b)  dichiara  manifestamente  infondata   la   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5,  comma  1,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge\nn. 101/2024, per violazione dell\u0027art. 77 della Costituzione; \n        c) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.\n199/2021, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo  periodo,  del  decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11  e\n117, comma 1, della Costituzione,  anche  in  relazione  ai  principi\nespressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)\n2018/1999, come modificati dalla direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027\ndal regolamento (UE) 2021/1119; \n        d) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n        e) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle\nparti in causa,  nonche\u0027  la  sua  notificazione  al  Presidente  del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n        f) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n        Cosi\u0027 deciso in Roma nella camera di consiglio del  giorno  5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n          Elena Stanizzi, Presidente; \n          Luca Biffaro, referendario, estensore; \n          Marco Savi, referendario. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                 L\u0027estensore: Biffaro","elencoNorme":[{"id":"63288","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto legislativo","data_legge":"08/11/2021","data_nir":"2021-11-08","numero_legge":"199","descrizionenesso":"introdotto 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