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(cosiddetto braccialetto elettronico) qualora si proceda per determinati delitti (nella specie, delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all’art. 572 cod. pen.)\u0026nbsp;- Previsione che, qualora l\u0027organo delegato per l\u0027esecuzione accerti la non fattibilità tecnica delle predette modalità di controllo, il giudice impone l\u0027applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi\u0026nbsp;- Mancata previsione che il giudice impone l\u0027applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche più gravi “salvo che non le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto” – Denunciata obbligatorietà di un regime cautelare più gravoso –\u0026nbsp;Irragionevolezza – Automatismo applicativo di un aggravamento tale da rendere inoperanti i criteri di proporzionalità e di adeguatezza, in contrasto con il principio di inviolabilità della libertà personale e con il principio della finalità rieducativa della pena, a fronte dell’attribuzione alla coercizione cautelare di tratti funzionali tipici della pena – Diversa e ingiustificata incidenza sull’indagato della “non fattibilità tecnica” del cosiddetto braccialetto elettronico, regolato dall’art. 275-bis cod. proc. pen.\u0026nbsp;in riferimento agli arresti domiciliari.\u003c/p\u003e","prima_parte":"G.S.","altre_parti":"Stefanelli Gianni","testo_atto":"N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 06 giugno 2024\n\r\nOrdinanza del 6 giugno 2024 del Tribunale di Napoli nel  procedimento\npenale a carico di G. S.. \n \nProcedimento penale - Misure cautelari -  Allontanamento  dalla  casa\n  familiare - Applicazione delle modalita\u0027 di  controllo  elettronico\n  previste dall\u0027art. 275-bis cod. proc. pen. qualora si  proceda  per\n  determinati delitti - Previsione che, qualora l\u0027organo delegato per\n  l\u0027esecuzione accerti la non  fattibilita\u0027  tecnica  delle  predette\n  modalita\u0027 di controllo, il  giudice  impone  l\u0027applicazione,  anche\n  congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu\u0027 gravi - Mancata\n  previsione che il giudice impone l\u0027applicazione,  anche  congiunta,\n  di ulteriori misure cautelari anche piu\u0027 gravi \"salvo  che  non  le\n  ritenga non necessarie in relazione alla natura e  al  grado  delle\n  esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto\". \n- Codice di procedura penale, art. 282-bis, comma 6, ultimo  periodo,\n  come modificato dall\u0027art. 12, comma 1, lettera c), della  legge  24\n  novembre 2023, n. 168 (Disposizioni per il contrasto della violenza\n  sulle donne e della violenza domestica). \n\n\r\n(GU n. 40 del 02-10-2024)\n\r\n \n                         TRIBUNALE DI NAPOLI \n                       X Sezione - Collegio B \n                Riesame dei provvedimenti restrittivi \n              della liberta\u0027 personale e dei sequestri \n \n    Il Tribunale, nelle persone dei magistrati: \n        dott.ssa Alessandra Cantone - Presidente; \n        dott. Alfonso Scermino - giudice est.; \n        dott.ssa Raffaella de Majo - giudice, \n    riunito in Camera di consiglio, ha emesso la  seguente  ordinanza\nex art. 23, legge n. 53/1987 nel giudizio di appello  introdotto  dal\npubblico ministero presso la Procura della Repubblica  di  Benevento,\nin data 27 marzo 2024 avverso l\u0027ordinanza emessa dal giudice  per  le\nindagini preliminari presso il Tribunale di  Benevento,  in  data  19\nmarzo 2024, con la quale veniva applicata nei confronti di S.  G.  la\nmisura  cautelare  del  divieto  di  avvicinamento  alla  p.o.  senza\napplicazione dei dispositivi ex art. 275-bis del codice di  procedura\npenale; \n    esaminati   gli   atti   trasmessi   dall\u0027autorita\u0027   giudiziaria\nprocedente; \n    sentita la difesa, in assenza del P.M., all\u0027udienza camerale  del\n3 maggio 2024; \n    sciogliendo la riserva di cui al separato verbale; \n \n                               Osserva \n \nPar. 1) I fatti e l\u0027oggetto del giudizio. \n    In data 8 marzo 2024 il pubblico ministero presso il Tribunale di\nBenevento avanzava al GIP, in relazione a delitto ex art. 572,  commi\n1 e 2 del codice penale, richiesta di  applicazione  congiunta  delle\nmisure cautelari di cui agli articoli 282-bis e 282-ter del codice di\nprocedura penale, con le  modalita\u0027  di  controllo  di  cui  all\u0027art.\n275-bis del codice di procedura penale, nei  confronti  dell\u0027indagato\nS. G. \n    In particolare, osservava l\u0027accusa pubblica, l\u0027applicazione  «del\nsolo allontanamento dalla  casa  familiare  avrebbe  consentito  come\nprescrizione solo quella  del  divieto  di  avvicinamento  ai  luoghi\nabitualmente frequentati dalla p.  o.  ma  non  alla  persona  offesa\nstessa», ragione per cui era «necessario il cumulo delle due misure». \n    Il giudice per le indagini  preliminari,  con  ordinanza  del  19\nmarzo 2024, riteneva sussistenti i gravi indizi di  colpevolezza  del\ndelitto di maltrattamenti in danno di  moglie  e  figli  ascritto  al\nprevenuto. \n    Applicava, tuttavia, la sola misura ex art. 282-ter del codice di\nprocedura penale del divieto di avvicinamento ai luoghi  abitualmente\nfrequentati dalle pp.oo. - M. N., S. P. ed il  minore  S.  M.  P.  -,\nosservando come la stessa fosse sufficiente  ai  fini  preventivi  ex\nart. 274 lettera c) del codice di procedura penale  in  quanto  «tale\npresidio poteva da solo risultare idoneo ad evitare i contatti tra lo\nStefanelli  ed  il  resto  del  nucleo  familiare»,  «non   apparendo\nnecessario disporre  in  aggiunta  ulteriori  misure  cautelari  come\nrichiesto dal P.M. procedente». \n    Inoltre il giudice per  le  indagini  preliminari  non  disponeva\nl\u0027applicazione di alcun dispositivo ex art.  275-bis  del  codice  di\nprocedura penale, come di contro richiesto dal pubblico ministero. \n    In data  20  marzo  2024  il  pubblico  ministero  presentava  al\nTribunale del riesame atto di appello  ex  art.  310  del  codice  di\nprocedura penale avverso la richiamata ordinanza. \n    Il pubblico ministero censurava la decisione  del  primo  giudice\nsotto piu\u0027 profili. \n    In prima battuta, il pubblico  ministero  -  pg  2  dell\u0027atto  di\nappello  -  lamentava  come  non  fosse   giustificata   la   mancata\napplicazione della misura dell\u0027allontanamento dalla casa familiare ex\nart. 282-bis del codice di  procedura  penale  in  relazione  ad  una\nvicenda  di  maltrattamenti  posta  in  essere  da  un  indagato  che\nconviveva con le pp.oo., tanto piu\u0027 che il giudice  per  le  indagini\npreliminari, nell\u0027enucleare  le  esigenze  cautelari,  asseriva  come\n«l\u0027aggressivita\u0027 e la pervicacia manifestata dall\u0027indagato e\u0027 tale da\nfar ritenere pressoche\u0027 certo che  egli,  in  assenza  di  interventi\ncautelari, continuera\u0027 nella sua attivita\u0027 criminosa». \n    Il motivo di impugnazione era da ritenersi fondato. \n    Con riguardo alla scelta della misura da applicare il giudice per\nle indagini preliminari non enunciava alcuna motivazione per la quale\nnon riteneva  di  accedere  alla  richiesta  del  pubblico  ministero\nrelativamente all\u0027applicazione della misura dell\u0027allontanamento dalla\ncasa familiare. \n    Ebbene, fermo il vuoto motivazionale, il  Tribunale  del  riesame\nnon poteva che condividere la prospettazione accusatoria  secondo  la\nquale, nella specie, la misura andava concessa. \n    Ed  invero,  in  vicende  di  maltrattamenti  intrafamiliari,  le\nesigenze preventive da salvaguardare vanno  soddisfatte  mediante  un\nintervento che impedisca con ragionevole efficacia ogni contatto  tra\nl\u0027indagato e le pp.oo.: il che, quando sussiste - come nel caso, cfr.\ndenuncia p. o. - una condizione di convivenza, non puo\u0027  che  passare\nper l\u0027ordine di allontanamento dalla abitazione di famiglia, luogo in\ncui l\u0027indagato sistematicamente realizza gli abusi e i maltrattamenti\noggetto della vicenda cautelare. \n    A tal fine, pertanto, appare «tipicamente  idoneo»  lo  strumento\ndell\u0027ordine di allontanamento ex art. 282-bis del codice di procedura\npenale. \n    Laddove il presupposto della misura cautelare ex art. 282-bis  e\u0027\nnon solo  la  condizione  di  «attuale»  coabitazione,  quanto  anche\nl\u0027esistenza di una situazione - nella specie  ricorrente  -  per  cui\nall\u0027interno di una relazione di contiguita\u0027 si  manifestano  condotte\nin  grado  di   minacciare   l\u0027incolumita\u0027   delle   persone   offese\n(Fattispecie  in  tema  di  maltrattamenti  in  famiglia,  Cassazione\npenale, Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 17788;  in  senso  conforme  alla\nmassima, v. Sez. VI, 4 febbraio 2008,  n.  25607,  [...],  in  C.E.D.\nCassazione, n. 240773). \n    Il divieto di avvicinamento, a ben vedere, puo\u0027 essere  applicato\nal posto dell\u0027allontanamento dalla casa familiare - misure queste  in\ntendenziale «rapporto di alternativita\u0027» - solo  quando  ricorra  «il\npresupposto negativo dell\u0027assenza di una situazione di convivenza che\nrenda necessario prima di tutto allontanare l\u0027autore del reato  dalla\ncasa familiare» (Cassazione Pen. Sez. 5, sentenza n. 12503 del 2020). \n    Quando  la  convivenza  esista,  di  contro,  sara\u0027   la   misura\ndell\u0027allontanamento  (con  le  prescrizioni  di  cui  si   dira\u0027)   a\nsoddisfare le esigenze cautelari da presidiare. \n    In seconda battuta, il pubblico ministero contestava (pg. 2  e  3\ndell\u0027atto di appello) la circostanza che il (Giudice per le  indagini\npreliminari non aveva stabilito il  divieto  di  avvicinamento  anche\ndirettamente a favore delle pp.oo., avendo il primo  giudice  inibito\nogni avvicinamento solo rispetto «ai luoghi abitualmente  frequentati\ndalle medesime pp.oo.» e non - si ribadiva  -  alle  persone  fisiche\ndelle pp.oo. \n    La censura era fondata, seppur con le precisazioni che seguono. \n    Il divieto di avvicinamento (direttamente)  alla  persona  offesa\nrientra  tra  le  prescrizioni  accessorie  suscettibili  di   essere\ninserite nell\u0027ordine di allontanamento della casa familiare  ex  art.\n1282-bis, comma 2, del  codice  di  procedura  penale  affinche\u0027  sia\nconsentito al giudice di  conformare  lo  strumento  alle  specifiche\nesigenze da salvaguardare  attraverso  l\u0027indicazione  delle  relative\nmodalita\u0027 e limitazioni. \n    In particolare, e\u0027 stato gia\u0027 osservato che  sarebbe  irrazionale\nprevedere  a  tutela  della  persona  offesa,  nell\u0027ambito  dell\u0027art.\n282-bis del codice di procedura penale, una  prescrizione  accessoria\ndi divieto di avvicinamento ai luoghi da lei frequentati ed impedire,\ninvece,  al  giudice  di  disporre  un   divieto   di   avvicinamento\ndirettamente alla sua persona. \n    Infatti, una volta delineata con legge n. 154/2001,  introduttivo\ndell\u0027art.  282-bis  del  codice  di  procedura  penale,   la   misura\ndell\u0027allontanamento dalla casa familiare, la successiva  introduzione\ndell\u0027art. 282-ter  del  codice  di  procedura  penale  (avvenuta  con\ndecreto-legge n. 11/2009, convertito con legge n. 38/2009 legge sullo\nstalking), che ha previsto direttamente il divieto  di  avvicinamento\nalla  persona  offesa  in  prima  battuta,   e\u0027   stata   determinata\ndall\u0027esigenza di prevedere un presidio cautelare analogo anche  «alle\nrelazioni  non  fondate   sulla   convivenza»   o   comunque   «sulla\ncondivisione della casa familiare» (Cassazione Pen. Sez. 6,  sentenza\nn. 24351 del 28 aprile 2023). \n    Per cui, se nulla impedisce al giudice della cautela di  disporre\nil  divieto  di  avvicinamento  alla  p.o.  mediante   una   apposita\nprescrizione    accessoria    rispetto    alla     (unica)     misura\ndell\u0027allontanamento  alla  casa  familiare  applicata,  era   inutile\ninvocare  (e  richiedere)   l\u0027ulteriore   misura   del   divieto   di\navvicinamento, come di contro fatto dal P.M. \n    Ritiene in ogni caso il  Tribunale  che,  seppur  nessuna  misura\ncumulativa andasse nella specie richiesta (ne\u0027 emessa),  dovevasi  in\nogni caso accogliere l\u0027appello del pubblico ministero  per  il  fatto\nche il giudice per le indagini preliminari,  senza  motivazioni,  non\naveva comunque adottato  -  come  pur  richiesto  -  la  prescrizione\naccessoria del divieto di  avvicinamento  direttamente  alle  pp.oo.,\noltre che ai luoghi dalle stesse frequentati. \n    Laddove  -  a  fronte   di   gravi   indizi   di   maltrattamenti\nintrafamiliari  -  era  certamente  opportuno  impedire,   sempre   e\ncomunque, rischiosi avvicinamenti dell\u0027indagato alle  pp.oo.  vittime\ndelle  sue  vessazioni,  a  prescindere  dai  luoghi  in  cui  questi\navvicinamenti potevano avvenire. \n    Con ulteriore  motivo  di  impugnazione,  il  pubblico  ministero\nlamentava che il giudice per le indagini preliminari non aveva  fatto\napplicazione dei sistemi di controllo ex art. 275-bis del  codice  di\nprocedura  penale,  restando  completamente  silente  sulla  relativa\nrichiesta pur avanzata. \n    Preliminarmente, andava riconosciuta la piena ammissibilita\u0027  del\nmotivo di gravame, relativamente alla  applicazione  dei  sistemi  ex\nart. 275-bis del codice penale, in quanto la giurisprudenza riconosce\nla ricorribilita\u0027 in appello  anche  dei  provvedimenti  (o  relative\nstatuizioni) che riguardino o incidano sulle modalita\u0027 di  esecuzione\ndella misura cautelare adottata (C., Sez. III, 17 febbraio  2011,  n.\n13119, in Mass. Uff., 249946; C., Sez.  VI,  24  settembre  2010,  in\nMass. Uff., 248593; C., Sez. II, 5 giugno 2008, n.  34877,  in  Mass.\nUff., 241815; C., Sez. II, 16 gennaio 2008, n. 5589, in  Mass.  Uff.,\n238865 con riferimento all\u0027isolamento diurno in carcere; in  generale\nC., S.U., 3 dicembre 1996, [...], in CP, 1997, 1325). \n    Sul tema, e\u0027 stato affermato a piu\u0027 riprese che sono  impugnabili\nmediante appello ex art.  310  del  codice  di  procedura  penale  le\ndecisioni del giudice per le indagini preliminari che incidono  sulla\nmisura per periodi permanenti o prolungati e che, proprio per il loro\ncarattere permanente,  si  riverberano  in  misura  apprezzabile  sul\nregime cautelare, qualificandosi, pertanto, come ordinanze cautelari:\nladdove  la  decisione  di  applicare   o   meno   il   «braccialetto\nelettronico» incide significativamente  sul  regime  dei  divieti  ex\narticoli 282-bis del codice  di  procedura  penale,  connotandone  in\ntermini piu\u0027 pregnanti l\u0027efficacia dissuasiva, per  cui  il  relativo\nrigetto - rispetto alla richiesta  del  PM  -  non  puo\u0027  non  essere\nsindacato dal Tribunale  del  riesame  ex  art.  310  del  codice  di\nprocedura penale (sui principi, Sez. 5,  sentenza  n.  26601  del  21\nfebbraio 2018). \n    Cio\u0027 posto, la doglianza era nuovamente fondata. \n    A seguito della legge n. 168/2023, l\u0027art. 282-ter del  codice  di\nprocedura penale prevede, al comma 1, che «con il  provvedimento  che\ndispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all\u0027imputato\ndi non avvicinarsi  a  luoghi  determinati  abitualmente  frequentati\ndalla persona offesa ovvero di mantenere  una  determinata  distanza,\ncomunque non inferiore a cinquecento metri, da tali  luoghi  o  dalla\npersona offesa, disponendo l\u0027applicazione delle particolari modalita\u0027\ndi controllo previste dall\u0027art. 275-bis». \n    Il nuovo disposto letterale  della  norma  evoca  un  automatismo\nnell\u0027applicazione delle modalita\u0027 di controllo ex art. 275-bis  cit.,\nquando si faccia ricorso alla misura cautelare ex  art.  282-ter  del\ncodice di procedura penale. \n    Tanto soprattutto ove si confronti il  nuovo  testo  della  norma\nprocessuale con quello precedente, introdotto con il decreto-legge n.\n93/2019,  convertito  in  legge  n.  69/2019,  secondo  cui  «con  il\nprovvedimento che dispone il  divieto  di  avvicinamento  il  giudice\nprescrive all\u0027imputato  di  non  avvicinarsi  ai  luoghi  determinati\nabitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una\ndeterminata distanza da tali luoghi o  dalla  persona  offesa,  anche\ndisponendo l\u0027applicazione delle particolari  modalita\u0027  di  controllo\npreviste dall\u0027art. 275-bis». \n    La  recente  soppressione  nel  2023  della  parola   «anche»   -\ninizialmente inserita nella norma dalla  disciplina  sul  cd.  codice\nrosso - appare confermare il fatto che non residui piu\u0027  in  capo  al\ngiudice della  cautela  alcuna  discrezionalita\u0027  con  riguardo  alla\nsorveglianza elettronica, dovendosi sempre  disporre  -  in  caso  di\napplicazione della misura ex art. 282-ter  del  codice  di  procedura\npenale - il cd. «braccialetto elettronico», onde meglio  controllare,\nmediante le segnalazioni a  distanza  del  dispositivo,  il  rispetto\ndelle prescrizioni di non avvicinamento. \n    Il dato, peraltro, sembra corrispondere alla intentio legis della\nnovella, per quanto evincibile dai lavori preparatori del disegno  di\nlegge che ha poi condotto alla emanazione della legge n. 168/2023. \n    Si legge nel dossier n. 123/2 di accompagnamento  del disegno  di\nlegge che «i numeri 3 e 4 della lettera c) prevedono inoltre,  sempre\nin relazione all\u0027allontanamento dalla casa familiare di cui  all\u0027art.\n282-bis, comma 6, che tale misura coercitiva sia sempre  accompagnata\ndalla  imposizione,  attualmente  facoltativa,  delle  modalita\u0027   di\ncontrollo previste dall\u0027art. 275-bis del codice di procedura  penale.\n[...] La  lettera  d)  apporta  modifiche  analoghe  a  quelle  sopra\nrichiamata alla disciplina del divieto  di  avvicinamento  ai  luoghi\nfrequentati dalla persona offesa di cui all\u0027art. 282-ter  del  codice\ndi procedura penale» (pg 60 e 61). \n    Dal fascicolo  iter  DDL  S.  923  (che  al  Senato  ha  condotto\nall\u0027approvazione del testo definitivo) si desume ancora: \n      che l\u0027eliminazione della parola «anche» -  con  obbligatorieta\u0027\ndel braccialetto - aveva luogo sin dal  disegno  di  legge  trasmesso\ndalla Camera al Senato (art. 12 del disegno di legge); \n      che  nel  corso  dei  lavori   della   Commissione   permanente\n(Politiche dell\u0027Unione europea), seduta n. 106 (pom.) del 21 novembre\n2023,  si  sottolineava  come  «l\u0027art.  12»  del  progetto  di  legge\ncontemplasse «il rafforzamento delle misure cautelari e dell\u0027uso  del\nbraccialetto  elettronico»,  nel  senso  di   ampliarne   chiaramente\nl\u0027applicazione; \n      che il disegno di legge era «diretto a rafforzare la protezione\ndelle vittime di violenza attraverso misure di prevenzione nonche\u0027 il\npotenziamento delle misure cautelari» (seduta dell\u0027assemblea  n.  128\ndel 22 novembre 2023); \n      che «la  misura  coercitiva  ex  art.  282-bis  del  codice  di\nprocedura penale va sempre accompagnata (laddove nell\u0027assetto vigente\ne\u0027  facoltativa)  dall\u0027imposizione  del   braccialetto   elettronico»\n(dossier n. 98 del progetto di legge), tanto che «le norme  in  esame\nappaiono suscettibili di determinare, come  confermato  dalla  stessa\nrelazione tecnica, un maggior ricorso  all\u0027impiego  dei  braccialetti\nelettronici rispetto a  quanto  previsto  nell\u0027ambito  della  vigente\ndisciplina». \n    Insomma, la ratio sottesa alla proposta  di  legge  in  esame  e\u0027\nchiaramente quella di rendere piu\u0027 stringente ed efficiente l\u0027attuale\ndisciplina in materia di contrasto della violenza di genere, a fronte\ndegli interventi legislativi che si sono di  recente  susseguiti  per\ndare piena attuazione ai principi  ispiratori  della  Convenzione  di\nIstanbul per la lotta alla violenza contro le donne e  alla  violenza\ndomestica. \n    Per l\u0027effetto, il legislatore  ha  inteso  certamente  rafforzare\nl\u0027efficacia dissuasiva del divieto ex  art.  282-ter  del  codice  di\nprocedura penale (ovvero ex art.  282-bis  del  codice  di  procedura\npenale, anche  nelle  sue  prescrizioni  accessorie),  integrando  il\ncontenuto dell\u0027intervento cautelare mediante un presidio  elettronico\nobbligatorio, la cui stabile operativita\u0027 mira a disincentivare  ogni\nviolazione e, in tal modo, meglio tutelare le ragioni delle pp.oo. \n    Corrispondentemente, e\u0027 stato modificato  anche  l\u0027art.  282-bis,\ncomma 6 del codice di procedura penale. \n    Prima della legge n. 168/2023, tale norma prevedeva che  «qualora\nsi proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572,\n582, limitatamente alle  ipotesi  procedibili  d\u0027ufficio  o  comunque\naggravate,  600,   600-bis,   600-ter,   600-quater,   600-septies.1,\n600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies,\n609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso\nin danno dei prossimi congiunti o  del  convivente,  la  misura  puo\u0027\nessere disposta anche  al  di  fuori  dei  limiti  di  pena  previsti\ndall\u0027art. 280, anche con le modalita\u0027 di controllo previste  all\u0027art.\n275-bis2». \n    Dopo l\u0027ultima novella, si prevede che «qualora si proceda per uno\ndei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 575,  nell\u0027ipotesi\ndi delitto  tentato,  582,  limitatamente  alle  ipotesi  procedibili\nd\u0027ufficio o comunque aggravate, 583-quinquies, 600, 600-bis, 600-ter,\n600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter,\n609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma,  612-bis,\ndel codice penale, commesso in danno dei  prossimi  congiunti  o  del\nconvivente, la misura puo\u0027 essere disposta  anche  al  di  fuori  dei\nlimiti di pena previsti dall\u0027art. 280, con le modalita\u0027 di  controllo\npreviste dall\u0027art. 275-bis e con la  prescrizione  di  mantenere  una\ndeterminata distanza, comunque non  inferiore  a  cinquecento  metri,\ndalla casa familiare  e  da  altri  luoghi  determinati  abitualmente\nfrequentati dalla persona offesa, salvo  che  la  frequentazione  sia\nnecessaria per motivi di lavoro. In tale caso, il  giudice  prescrive\nle relative modalita\u0027 e puo\u0027 imporre limitazioni». \n    Nuovamente, sparisce l\u0027epiteto «anche», prima inserito a  seguito\ndelle modifiche apportate dal decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 con\nriguardo alle «modalita\u0027 di controllo previste dall\u0027art. 275-bis  del\ncodice  di  procedura  penale»,  a  conferma  -  secondo  un  disegno\narmonicamente coerente - di  una  volonta\u0027  di  generale  automatismo\nnell\u0027applicazione dello strumento elettronico nei casi di divieto  di\navvicinamento   disposto   anche   quale   prescrizione    accessoria\nnell\u0027ambito della misura ex art.  282-bis  del  codice  di  procedura\npenale), in relazione ai reati specificamente indicati. \n    Il nuovo «obbligo del braccialetto» non appare foriero  di  dubbi\ndi legittimita\u0027 costituzionale, come di contro ventilato dalla difesa\ndello S[...]. \n    Il legislatore, infatti, ha semplicemente  inteso  modificare  il\ncontenuto delle misure cautelari ex articoli 282-bis  e  282-ter  del\ncodice di procedura penale, integrando  il  relativo  regime  con  un\ncostante  sistema  di  sorveglianza  elettronica  che   ne   rafforza\nl\u0027efficacia preventiva. \n    Nel fare questo, non si e\u0027 inciso in alcun modo su di un  qualche\nprecetto costituzionale, in quanto si e\u0027 lasciato sempre al  prudente\napprezzamento del  giudice  della  cautela  se,  sulla  scorta  delle\nesigenze cautelari ritenute secondo i parametri degli articoli 274  e\n275 del codice di procedura penale, si  debba  fare  ricorso  o  meno\nall\u0027intervento cautelare (dal che,  il  richiamo  della  difesa  alle\n«presunzioni cautelari» ex art. 275 del codice di procedura penale e\u0027\napertamente inconferente). \n    E  se  il  giudice  da\u0027   corso   alla   misura,   l\u0027applicazione\ngeneralizzata  del  «braccialetto»  non  viola  alcun  principio   di\nuguaglianza, posto  che,  secondo  una  valutazione  ragionevole  del\nlegislatore,  il  «nuovo»  divieto  di  avvicinamento   (prescrizione\naccessoria ex articoli 282-bis del codice di procedura penale  ovvero\nmisura cautelare ex art. 282-ter del codice di procedura penale)  per\ntutti   gli   indagati   contemplera\u0027   il   predetto    monitoraggio\nprecauzionale, in attuazione di una - non sindacabile ne\u0027 illogica  -\nscelta di politica criminale, volta  a  rafforzare  la  tutela  delle\nvittime di taluni reati socialmente sensibili. \n    Ad esiti diversi non puo\u0027 pervenirsi, poi, per il solo fatto che,\nai sensi dell\u0027art. 275-bis del codice di procedura penale  (parimenti\nnovellato dalla legge n. 168 cit.), quando  il  giudice  dispone  «la\nmisura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia\ncautelare in carcere», «prescrive  procedure  di  controllo  mediante\nmezzi elettronici o altri strumenti tecnici, salvo che le ritenga non\nnecessarie in  relazione  alla  natura  e  al  grado  delle  esigenze\ncautelari da soddisfare nel caso  concreto»:  secondo  questa  norma,\ninfatti, il legislatore non  impone  un  «obbligo  di  braccialetto»,\nprevedendone l\u0027applicazione sempre che  non  intervenga  una  diversa\nvalutazione del giudice, che potrebbe ritenere non indispensabile  la\nsorveglianza elettronica sulla scorta della  specificita\u0027)  del  caso\nconcreto. \n    La differente disciplina non  puo\u0027  considerarsi  intrinsecamente\nirragionevole. \n    Tanto sulla scorta del rilievo che diverse sono (pure) le  misure\ncautelari rispetto alle quali essa opera. \n    Gli arresti domiciliari sono una misura custodiale:  per  cui  in\ntali   casi   il   «braccialetto   elettronico»   mira   ad   evitare\nallontanamenti  non   autorizzati   (evasioni)   e,   indirettamente,\nreiterazioni del reato. \n    L\u0027ordine di allontanamento e/o il divieto di avvicinamento  sono,\ndi contro, misure non custodiali  e,  stavolta,  il  braccialetto  e\u0027\nfinalizzato  a  prevenire,  piu\u0027   che   generici   spostamenti   non\nautorizzati, direttamente i contatti  con  la  p.o.  prodromici  alle\ncondotte criminose censurate. \n    Ne deriva che, se l\u0027ambito operativo della sorveglianza e\u0027,  solo\nin quest\u0027ultimo caso, tutto orientato a scongiurare in via  immediata\n(e  non  riflessa)  nuove  condotte  criminose   (corrispondenti   ad\nulteriori lesioni dei diritti della p.o.),  una  diversa  modulazione\ndel regime dei dispositivi ex art. 275-bis del  codice  di  procedura\npenale - con piu\u0027 accentuato utilizzo del medesimo in caso di  misure\nnon custodiali - non appare affatto irrazionale. \n    D\u0027altronde,  appare  utile  rimarcare  ancora,  le   misure   non\ncustodiali   presuppongono   un   affidamento   alla   capacita\u0027   di\nautocontrollo dell\u0027indagato nettamente superiore  rispetto  a  quello\nche si ripone negli indagati sottoposti alle misure custodiali, posto\nche, nel primo caso, il reo resta comunque in liberta\u0027. \n    Ed anche tale aspetto appare giustificare la  scelta  legislativa\ndi dare seguito, per garantire  l\u0027efficacia  dell\u0027intervento,  ad  un\ncontrollo elettronico piu\u0027 stringente nelle misure ex art. 282-bis  e\nter  del  codice  di  procedura  penale,  laddove  un  tale  maggiore\nmonitoraggio, evitando misure piu\u0027 gravose, risponde, in  prospettiva\ncostituzionale, ad un  virtuoso  bilanciamento  tra  le  esigenze  di\ndifesa  sociale   («braccialetto»)   ed   i   diritti   di   liberta\u0027\ndell\u0027indagato (misura non custodiate),  senza  ulteriore  ed  inutile\ncompressione («minor sacrificio necessario»)  della  sfera  giuridica\ndell\u0027indagato. \n    In definitiva, il Tribunale e\u0027 chiamato ad  emettere,  in  questo\ngiudizio di  appello,  la  misura  ex  art.  282-bis  del  codice  di\nprocedura penale, con  le  prescrizioni  accessorie  del  divieto  di\navvicinamento alle pp.oo. nonche\u0027 \n    dell\u0027applicazione dei sistemi di controllo ex  art.  275-bis  del\ncodice di procedura penale. \nPar. 2) La norma oggetto dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e  primi\nprofili di rilevanza in questo giudizio. \n    Il Tribunale deve a questo punto confrontarsi con gli ultimi  due\nperiodi dell\u0027art. 282-bis, comma 6, pen.  (come  novellato  dall\u0027art.\n12, comma 1, lettera c), della  legge  24  novembre  2023,  n.  168),\nsecondo cui: \n        «Con lo stesso provvedimento che dispone l\u0027allontanamento, il\ngiudice prevede l\u0027applicazione, anche congiunta, di una  misura  piu\u0027\ngrave  qualora  l\u0027imputato  neghi  il  consenso  all\u0027adozione   delle\nmodalita\u0027 di controllo anzidette». \n        «Qualora l\u0027organo delegato per l\u0027esecuzione  accerti  la  non\nfattibilita\u0027  tecnica  delle  predette  modalita\u0027  di  controllo,  il\ngiudice impone l\u0027applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure\ncautelari anche piu\u0027 gravi». \n    Il  primo  periodo  riguarda   l\u0027ipotesi   in   cui   l\u0027indagato,\ndestinatario di un  provvedimento  ex  art.  282-bis  del  codice  di\nprocedura penale assistito dal  «braccialetto  elettronico»  ex  art.\n275-bis del codice di procedura penale, rifiuti di farselo applicare. \n    Per la relativa  evenienza,  la  legge  prevede  che  il  giudice\ndisponga, sin dal provvedimento genetico, un aggravamento del  regime\ncautelare («misura piu\u0027 grave», «anche congiunta»). \n    «Negare  il  consenso»  al   controllo   elettronico   da   parte\ndell\u0027indagato  giustifica,  nella  prospettazione  legislativa,   una\nvalutazione di maggiore pericolosita\u0027, capace di fondare di  per  se\u0027\nun (obbligatorio) intervento piu\u0027 cogente. \n    Il meccanismo non era sconosciuto al sistema. \n    Gia\u0027 l\u0027art. 275-bis del codice di procedura penale,  prima  della\nnovella ex legge n. 168 cit., prevedeva all\u0027ultimo periodo del  comma\n1,   relativamente   agli   arresti   domiciliari    assistiti    dal\n«braccialetto», che «con lo stesso provvedimento il  giudice  prevede\nl\u0027applicazione della  misura  della  custodia  cautelare  in  carcere\nqualora  l\u0027imputato  neghi  il  consenso  all\u0027adozione  dei  mezzi  e\nstrumenti anzidetti». \n    In sostanza, il rifiuto di collaborare al presidio elettronico e\u0027\nposto  dalla  legge  alla  base  di  una  presunzione   assoluta   di\n(sopravvenuta) inadeguatezza della misura  originariamente  disposta,\nimponendo l\u0027applicazione: \n        o del carcere ex art. 275-bis del codice di procedura penale,\nquando si parte dai domiciliari; \n        o di una misura piu\u0027  grave,  anche  congiuntamente  operante\nrispetto a quella originaria, ex art. 282-bis del codice di procedura\npenale, comma 6 di nuovo conio, quando  si  parte  da  un  ordine  di\nallontanamento e/o da un divieto di avvicinamento. \n    Il secondo periodo riguarda un\u0027altra ipotesi. \n    Ed  e\u0027  proprio  questa  a  destare  un  ragionevole  dubbio   di\ncostituzionalita\u0027 nel Collegio. \n    La norma prevede che, nel caso  in  cui  «l\u0027organo  delegato  per\nl\u0027esecuzione» accerti «la non fattibilita\u0027 tecnica»  delle  modalita\u0027\ndi controllo  a  distanza,  il  giudice  interviene  (come  nel  caso\nprecedente) nel senso di «imporre l\u0027applicazione, anche congiunta, di\nulteriori misure cautelari anche piu\u0027 gravi». \n    La questione di costituzionalita\u0027 di tale ultima disposizione  e\u0027\nrilevante  in  questo  giudizio  perche\u0027  il  Tribunale,  accogliendo\nl\u0027appello del pubblico ministero ed integrando la misura  emessa  dal\ngiudice per le indagini preliminari con i dispositivi elettronici  ex\nart. 275-bis del codice di procedura penale invocati dall\u0027appellante,\ndeve fare necessariamente applicazione  anche  del  disposto  di  cui\nall\u0027art. 282-bis, comma 6, ultimo periodo  del  codice  di  procedura\npenale. \n    Il   legislatore,   infatti,   prevede   che   «con   lo   stesso\nprovvedimento» - con cui si applicano i sistemi di controllo ex  art.\n275-bis del codice di procedura penale -  si  imponga  l\u0027(automatico)\naggravamento del regime per le due ipotesi: «diniego del consenso» al\nbraccialetto e «non fattibilita\u0027 tecnica» del braccialetto. \n    Vero e\u0027  che  la  locuzione  «con  lo  stesso  provvedimento»  e\u0027\ninserita dal legislatore solo in apertura del penultimo  periodo  del\ncomma 6 cit., quello relativo al diniego del consenso («Con lo stesso\nprovvedimento  che  dispone  l\u0027allontanamento,  il  giudice   prevede\nl\u0027applicazione, anche congiunta, di una  misura  piu\u0027  grave  qualora\nl\u0027imputato  neghi  il  consenso  all\u0027adozione  delle   modalita\u0027   di\ncontrollo anzidette»). \n    Mentre il periodo successivo, senza ripetere la locuzione «con lo\nstesso provvedimento», recita direttamente «Qualora l\u0027organo delegato\nper l\u0027esecuzione accerti la non fattibilita\u0027 tecnica  delle  predette\nmodalita\u0027 di  controllo,  il  giudice  impone  l\u0027applicazione,  anche\ncongiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu\u0027 gravi». \n    Nondimeno,  ritiene  questo  Collegio   che   la   volonta\u0027   del\nlegislatore, per quanto implicitamente espressa, e\u0027 chiara nel  senso\ndi richiedere al giudice della cautela -  sin  dal  momento  genetico\ndella  misura  -  la  previsione  dell\u0027aggravamento  in  entrambe  le\nipotesi. \n    La locuzione «con lo stesso provvedimento», sebbene non  ripetuta\nin apertura dell\u0027ultimo  periodo,  e\u0027  desumibile,  oltre  che  dalla\nstretta ed immediata consecutio delle proposizioni,  dalla  identita\u0027\ndi ratio della disciplina, essendosi voluto prevedere come, tutte  le\nvolte che la sorveglianza elettronica non abbia seguito, sia previsto\ndal giudice, sin dall\u0027origine, un  regime  cautelare  «rafforzato»  a\ntutela della p.o. \n    D\u0027altronde, ad opinare in senso diverso, dovrebbe affermarsi  che\nsolo nel caso di «non  fattibilita\u0027  tecnica»  (e  non  nel  caso  di\n«diniego del consenso») il pubblico ministero dovrebbe  avanzare  una\nnuova  istanza  al  giudice  della  cautela  per  «la  misura,  anche\ncongiunta e piu\u0027 grave»  ed  il  giudice  emettere  a  sua  volta  un\ndistinto e successivo provvedimento. \n    In questo caso, pero\u0027, la procedura  apparirebbe  non  solo  piu\u0027\nfarraginosa, ma soprattutto  non  in  linea  con  la  ratio  generale\ndell\u0027intervento legislativo, ratio improntata alla  sollecitudine  ed\nalla efficacia della iniziativa  cautelare,  secondo  uno  schema  di\nprevisione immediata e preventiva di aggravamento che gia\u0027  opera  da\ntempo nell\u0027art. 275-bis del codice di procedura penale  (rifiuto  del\nbraccialetto da parte del detenuto ai domiciliari e carcere)  e  che,\ninfatti, e\u0027 stato pedissequamente riproposto con la novella del 2023. \n    Insomma,  la  differenziazione  del  regime  dell\u0027«aggravamento»,\nrelativamente  alla  ipotesi  di  «non  fattibilita\u0027  tecnica»,   con\nnecessita\u0027 solo in quest\u0027ultimo caso di un «ulteriore provvedimento»,\nsembra distonica in  una  prospettiva  di  interpretazione  logica  e\nsistematica della norma. \n    Per  cui,  appare  corretto   assumere   che   «con   lo   stesso\nprovvedimento» che applica i braccialetti il giudice debba  prevedere\nnon solo «una misura piu\u0027 grave, anche congiunta, qualora  l\u0027imputato\nneghi il consenso» ai sistemi ex art. 275-bis del codice di procedura\npenale, ma  anche  «l\u0027applicazione,  anche  congiunta,  di  ulteriori\nmisure cautelari anche piu\u0027 gravi», «qualora  l\u0027organo  delegato  per\nl\u0027esecuzione accerti la non fattibilita\u0027 tecnica» della  sorveglianza\nelettronica. \n    Peraltro, l\u0027utilizzo dell\u0027indicativo,  riferito  al  giudice  che\n«impone» le «ulteriori misure», evoca un automatismo (come si  dira\u0027)\ndell\u0027aggiuntivo intervento cautelare che sembra  nuovamente  militare\nper una sua previsione  (immediata  e  preventiva)  sin  dal  momento\ngenetico, essendo sostanzialmente inutile una «seconda» richiesta del\npubblico ministero per l\u0027emissione di  un  (nuovo)  provvedimento  da\nparte del giudice, quando -  di  fronte  alla  «non  fattibilita\u0027»  -\nnessuna particolare valutazione in ordine all\u0027«an»  dell\u0027aggravamento\ne\u0027 rimessa  all\u0027autorita\u0027  giudiziaria  (a  parte  il  «quomodo»  del\nmedesimo, in ogni caso obbligato, cfr. infra). \n    Tale interpretazione rende pertanto immediatamente  rilevante  la\nquestione di costituzionalita\u0027 che si andra\u0027 ad esporre con  riguardo\nall\u0027art. 282-bis del codice di  procedura  penale,  comma  6,  ultimo\nperiodo. \n    Cio\u0027 in quanto - si ribadisce - di tale norma  il  Collegio  deve\nfare  immediata  applicazione  «con  lo  stesso   provvedimento»   di\napplicazione della misura e delle contestuali prescrizioni accessorie\nrelative ai sistemi ex art. 275-bis del codice di procedura penale. \nPar. 3) Non manifesta infondatezza. \n    Par 3.1) Aggravamento del regime. \n    La norma oggetto di scrutinio recita: \n        «Qualora l\u0027organo delegato per l\u0027esecuzione  accerti  la  non\nfattibilita\u0027  tecnica  delle  predette  modalita\u0027  di  controllo,  il\ngiudice impone l\u0027applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure\ncautelari anche piu\u0027 gravi». \n    Secondo  la  disposizione,  per  il  caso   di   accertata   «non\nfattibilita\u0027  tecnica»,  il  regime  cautelare  deve   ricevere   una\nimmediata modifica dal giudice. \n    Il legislatore, a riguardo,  utilizza  due  volte  la  particella\n«anche». \n    Si  impone  al  giudice  l\u0027applicazione  «anche   congiunta»   di\n«ulteriori misure». \n    Si impone al Giudice l\u0027applicazione di «ulteriori misure»  «anche\npiu\u0027 gravi». \n    In tutte le ipotesi, a dispetto del tenore letterale della norma,\nl\u0027effetto che deriva a carico dell\u0027indagato e\u0027 sempre  quello  di  un\naggravamento del regime cui e\u0027 sottoposto. \n    Qualora infatti il giudice opti per l\u0027applicazione «congiunta» di\n«ulteriori   misure»   (l\u0027espressione   «anche   congiunta»   postula\nchiaramente una scelta), il  secondo  «anche»  («anche  piu\u0027  gravi»)\nconsentira\u0027 all\u0027organo decidente di applicare, in aggiunta,  sia  una\nmisura piu\u0027 grave (divieto di dimora o arresti domiciliari)  sia  una\nmisura meno grave (obbligo di presentazione alla PG). \n    In entrambi  i  casi,  il  trattamento  che  ne  derivera\u0027  sara\u0027\npeggiorativo per l\u0027indagato, in quanto lo stesso si trovera\u0027 soggetto\nalla  vigenza  non  solo   della   misura   originaria   (ordine   di\nallontanamento, con le prescrizioni accessorie di  legge),  ma  anche\ndella  misura  «aggiuntiva»  (per  quanto  meno  grave)  disposta  in\nrelazione alla «non fattibilita\u0027 tecnica», derivandone  una  maggiore\ncompressione complessiva della sua sfera giuridica. \n    Il cumulo delle misure, in sostanza, e\u0027  di  per  se\u0027  «in  malam\npartem». \n    Qualora  il  giudice  opti,  invece,  per   l\u0027applicazione   «non\ncongiunta»   della   «ulteriore   misura»,   la   misura   (stavolta)\n«sostitutiva» non potra\u0027 che essere piu\u0027 grave di quella  originaria,\nladdove la (seconda)  locuzione  «anche»  (riferita  alle  «ulteriori\nmisure anche piu\u0027 gravi») solo apparentemente conferisce  al  giudice\nun reale potere di scelta. \n    Ed infatti, una volta che il giudice decida di sostituire (e  non\ncumulare) l\u0027ordine di allontanamento con altra («ulteriore»)  misura,\nquest\u0027ultima dovra\u0027 essere necessariamente piu\u0027 grave della prima. \n    Cio\u0027 sulla scorta dell\u0027incontestabile rilievo per cui sarebbe  un\ncontrosenso logico-giuridico attenuare un regime ex art. 282-bis  del\ncodice di procedura penale una volta che lo stesso non  possa  essere\nelettronicamente sorvegliato. \n    In  sostanza,  se  si  decide   di   applicare   un   ordine   di\nallontanamento, e\u0027 impossibile «tornare  indietro»  se,  in  sede  di\nesecuzione, si scopre che lo stesso non puo\u0027 essere presidiato con  i\nsistemi ex art. 275-bis del codice di procedura penale. \n    Tanto piu\u0027 che, se fosse stata adeguata una misura  meno  gravosa\ndell\u0027ordine di allontanamento ex art. 282-bis del codice di procedura\npenale, quest\u0027ultimo non avrebbe dovuto essere emesso ab origine. \n    In definitiva, a dispetto della  equivoca  lettera  della  norma,\nl\u0027unica sostituzione possibile della misura ex art. 282-bis, comma 6,\nultimo periodo del codice di procedura penale e\u0027  nel  senso  di  una\nmisura piu\u0027 grave. \n    E quando il legislatore evoca un potere di scelta sulla  gravita\u0027\ndelle ulteriori misure da applicare («anche piu\u0027 gravi»)  in  realta\u0027\nnon puo\u0027 che riferirsi alla sola ipotesi di applicazione cumulativa. \n    Su tali basi, anche  la  applicazione  «non  cumulativa»  (quindi\nsostitutiva) delle «ulteriori misure» ha un  effetto  negativo  sulla\nsfera giuridica  dell\u0027indagato,  comportandone  un  aggravamento  del\ntrattamento cautelare. \n    Par. 3.2) Obbligo per il giudice. \n    La norma prevede che, in caso di  non  fattibilita\u0027  tecnica,  il\ngiudice «impone» l\u0027applicazione del regime cautelare piu\u0027 gravoso. \n    L\u0027utilizzo dell\u0027indicativo non sembra  lasciare  diversi  margini\ninterpretativi. \n    Il giudice e\u0027  obbligato  dalla  legge  a  disporre  il  suddetto\naggravamento. \n    Piu\u0027 volte, nel codice di rito,  il  legislatore,  con  specifico\nriguardo alla materia cautelare, ha posto un  vincolo  di  tal  fatta\nimpiegando identica modalita\u0027 espressiva. \n    L\u0027indicativo  e\u0027  utilizzato  nell\u0027art.  275-bis  del  codice  di\nprocedura  penale,  quando  si  statuisce  che  il  giudice   prevede\n«l\u0027applicazione della misura  della  custodia  cautelare  in  carcere\nqualora  l\u0027imputato  neghi  il  consenso  all\u0027adozione  dei  mezzi  e\nstrumenti anzidetti»: ed e\u0027 pacifico che, in questo caso, il  diniego\ndel consenso sia «causa automatica  di  applicazione  della  custodia\ncautelare in carcere» (Sez. U., sentenza n. 20769 del 2016). \n    L\u0027indicativo e\u0027 utilizzato nell\u0027art. 276, comma 1-ter del  codice\ndi procedura penale quando si prevede  che  «il  giudice  dispone  la\nrevoca della misura e la sostituzione con la  custodia  cautelare  in\ncarcere, in caso di trasgressione  alle  prescrizioni  degli  arresti\ndomiciliari concernenti il  divieto  di  allontanarsi  dalla  propria\nabitazione o da altro luogo di privata dimora», salvo  che  il  fatto\nsia di  lieve  entita\u0027:  ed  e\u0027  stato  affermato  da  tempo  che  la\ntrasgressione   alle   prescrizioni   concernenti   il   divieto   di\nallontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti  domiciliari,  ove\nritenuta non di lieve entita\u0027, determina la  revoca  obbligatoria  di\ntale misura ex art. 276, comma 1-ter, del codice di procedura penale,\nseguita dalla sostituzione con la custodia in carcere, non dovendo il\ngiudice previamente valutare le esigenze cautelari ovvero l\u0027idoneita\u0027\ndegli arresti domiciliari con modalita\u0027 elettroniche di controllo (da\nultimo, Cassazione Pen. Sez. 6,  Sentenza  n.  8630  del  24  gennaio\n2024). \n    L\u0027indicativo e\u0027 utilizzato, ancora, nell\u0027art. 321 comma 2-bis del\ncodice di procedura penale dedicato ai delitti previsti  dal  Capo  I\ndel Titolo II del libro secondo del codice penale, quando si  prevede\nche «il giudice dispone il sequestro dei beni di cui e\u0027 consentita la\nconfisca»: e nuovamente la Suprema Corte ha ritenuto  che  l\u0027utilizzo\ndi tale formula verbale  abbia  un  significato  di  «presunzione  di\nesistenza di esigenze cautelari», in  quanto  la  norma  consente  al\ngiudice il sequestro sulla scorta della  mera  confiscabilita\u0027  della\nres, senza alcuna valutazione del periculum in mora,  valutazione  di\ncontro richiesta ai sensi dell\u0027art.  321,  comma  2,  del  codice  di\nprocedura penale (Sez. UU [...], n. 36959/2021). \n    L\u0027indicativo e\u0027 da ultimo impiegato  nella  norma  cardine  delle\npresunzioni in materia cautelare, contenuta nell\u0027art. 275,  comma  3,\ndel codice di procedura penale. \n    In definitiva, secondo la disposizione in esame, al  giudice  non\ne\u0027 dato apprezzare diversamente in punto di  esigenze  cautelari  e/o\nadeguatezza. \n    Se vi e\u0027 la  «non  fattibilita\u0027  tecnica»  del  braccialetto,  la\nmisura cumulativa (piu\u0027 o meno grave) o sostitutiva (piu\u0027  grave)  va\ndisposta sempre. \n    Par. 3.3) La presunzione assoluta. \n    Il disposto normativo  esprime,  in  tal  modo,  una  presunzione\n«assoluta». \n    Per l\u0027ipotesi  di  non  «fattibilita\u0027  tecnica»,  il  legislatore\n«presume» che l\u0027ordine di allontanamento ex art. 282-bis  del  codice\npenale, pur assistito da un divieto di avvicinamento, non  sia  (mai)\nidoneo a salvaguardare le esigenze cautelari ex art. 274, lettera c),\ndel codice di procedura penale ritenute dal giudice. \n    E   sulla   scorta   di   questo   generalizzato   «giudizio   di\ninadeguatezza», correlato al mero dato della non  fattibilita\u0027  della\nsorveglianza  elettronica,  obbliga  il   Giudice   a   disporre   un\naggravamento del regime nei termini sopra enunciati,  senza  lasciare\nallo stesso alcun margine di diverso apprezzamento. \n    E\u0027 di intuitiva evidenza la  correlazione  tracciabile  tra  tale\nnuova «presunzione» e la disposizione cardine  delle  presunzioni  in\ntema di cautela personale  contenuta  nell\u0027art.  275,  comma  3,  del\ncodice di procedura penale. \n    Gia\u0027 le SS.UU. n.  20769  del  2016  hanno  ricordato  «il  ruolo\ndecisivo» assunto dal giudice delle leggi  nel  confinare  in  ambiti\nragionevoli le «presunzioni assolute di adeguatezza» (in  quel  caso,\ndella sola custodia in carcere) in materia cautelare, a partire dalla\nsentenza n. 265 del 2010. \n    Le plurime sentenze della Consulta hanno rimarcato a piu\u0027 riprese\n(sentenza  n.  48  del  2015)  come  «i  principi  costituzionali  di\nriferimento implicano che la disciplina della  materia  debba  essere\nispirata  al  principio  del  \"minore  sacrificio   necessario\":   la\ncompressione della liberta\u0027 personale va contenuta,  cioe\u0027,  entro  i\nlimiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze  cautelari  del\ncaso concreto». \n    Cio\u0027 impegna il legislatore,  da  una  parte,  a  strutturare  il\nsistema cautelare secondo il  modello  della  «pluralita\u0027  graduata»,\npredisponendo  una  gamma  di  misure   alternative,   connotate   da\ndifferenti gradi di incidenza sulla liberta\u0027 personale; dall\u0027altra, a\nprefigurare,    in     corrispondenza,     criteri     per     scelte\n«individualizzanti» del trattamento cautelare,  coerenti  e  adeguate\nalle esigenze configurabili nei singoli casi concreti. \n    Le  valutazioni  espresse  dal  giudice  delle  leggi  in  questo\npercorso  «demolitorio»  hanno  evidenziato   come   «i   limiti   di\nlegittimita\u0027 delle misure cautelari risultino espressi, a fronte  del\nprincipio di inviolabilita\u0027 della liberta\u0027 personale (art. 13,  primo\ncomma, della Costituzione) - oltre che dalle riserve di  legge  e  di\ngiurisdizione (art. 13, secondo e quarto comma, della Costituzione) -\nanche e soprattutto dalla presunzione di non colpevolezza  (art.  27,\nsecondo  comma,  della  Costituzione),  a  fronte  della   quale   le\nrestrizioni della liberta\u0027 personale  dell\u0027indagato  o  dell\u0027imputato\nnel corso del procedimento debbono assumere connotazioni  nitidamente\ndifferenziate  da   quelle   della   pena,   irrogabile   solo   dopo\nl\u0027accertamento definitivo della responsabilita\u0027. \n    Per cui, a partire dal 2010, la Corte costituzionale  ha  colpito\ncon  varie  dichiarazioni   di   illegittimita\u0027   costituzionale   le\npresunzioni  assolute  di  adeguatezza  (del  carcere)   in   materia\ncautelare. \n    Ribadendo un principio formulato sin dalla sentenza  n.  139  del\n2010, si e\u0027 affermato in tali occasioni che «le presunzioni assolute,\nspecie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano\nil principio di eguaglianza se sono arbitrarie e irrazionali, e cioe\u0027\nse non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella\nformula dell\u0027id quod plerumque accidit; evenienza  che  si  riscontra\nsegnatamente allorche\u0027 sia agevole formulare ipotesi  di  accadimenti\nreali contrari alla generalizzazione posta a base  della  presunzione\nstessa. Nei casi in esame, a determinare il vulnus  al  principio  di\neguaglianza - e conseguentemente alle ragioni di tutela  del  diritto\nalla liberta\u0027 personale e della presunzione di  innocenza  -  era  il\ncarattere assoluto della presunzione di  adeguatezza,  che  implicava\nuna indiscriminata e totale negazione di  rilievo  al  principio  del\n\"minimo   sacrificio    necessario\"    della    liberta\u0027    personale\ndell\u0027interessato». \n    Nel caso  in  esame,  ritiene  il  Collegio  che  la  presunzione\nassoluta di adeguatezza di un regime cautelare piu\u0027 severo,  rispetto\nalla sola misura ex art. 282-bis del codice di procedura penale,  per\nl\u0027ipotesi  di   «non   fattibilita\u0027   tecnica»   della   sorveglianza\nelettronica, sia «arbitraria ed irrazionale» perche\u0027: \n        non risponde ad  un  dato  di  esperienza  generalizzante  la\nnecessita\u0027, sempre e comunque, di un ulteriore presidio  cautelare  a\ncarico di un indiziato di reato ex art. 572 del codice penale, per il\nsolo fatto che non puo\u0027 essere attivato il «braccialetto elettronico»\nnell\u0027ambito della misura ex art.  282-bis  del  codice  di  procedura\npenale, tanto piu\u0027 quando - come nel caso - non vi sono  elementi  di\npericolosita\u0027 di particolare allarme sociale; \n        e\u0027 agevole formulare «ipotesi di accadimenti  reali  contrari\nalla generalizzazione posta a base della presunzione stessa», sol che\nsi consideri come sia frequente che indagati per  reati  di  violenza\ndomestica, una  volta  allontanati  dall\u0027abitazione,  con  aggiuntivo\ndivieto di avvicinamento, si  astengono  dal  reiterare  le  condotte\ncensurate a prescindere dalla sorveglianza elettronica, senza che sia\naffatto indefettibile intervenire ulteriormente in malam  partem  per\nassicurare gli effetti preventivi perseguiti ex art. 274, lettera c),\ndel codice di procedura penale. \n    In definitiva, difetta nella  specie  una  regola  di  esperienza\nsufficientemente condivisa  circa  la  generale  insufficienza  della\nmisura ex art. 282-bis, del codice di procedura penale  a  soddisfare\nle esigenze  cautelari  ex  art.  274,  lettera  c),  del  codice  di\nprocedura penale in assenza di monitoraggio elettronico. \n    Tanto piu\u0027 che nel caso sottoposto a questo  Collegio  S.  G.  ha\nposto in essere una sola aggressione fisica in  danno  della  coniuge\n(in data [...], cfr. denuncia), sta pienamente rispettando la  misura\nsenza  violare  il  divieto  di  avvicinamento  gia\u0027   disposto,   ha\naddirittura  presentato  in  data  [...]  ricorso   per   separazione\ngiudiziale nei confronti di M. N. e sta dimostrando  di  accettare  -\nanche civilisticamente - il nuovo assetto familiare conseguente  alla\nrottura del rapporto di coppia. \n    Il che, se denota come nel caso di  specie  la  mancanza  di  una\nsorveglianza elettronica potenzialmente non fattibile non  giustifica\naffatto un regime cautelare (ancora)  piu\u0027  severo  ai  danni  di  un\nindagato non particolarmente pericoloso, a maggior  ragione  conclama\ncome,  in  generale,  possano   verificarsi   facilmente   situazioni\ninterpersonali - di non particolare fibrillazione - nell\u0027ambito delle\nquali la  «presunzione  assoluta  di  adeguatezza  dell\u0027aggravamento»\n(misura aggiuntiva o sostitutiva piu\u0027 grave), per il solo  fatto  che\nnon possa applicarsi un braccialetto, non riposa affatto su  dati  di\nesperienza solidi e congruenti. \n    La norma censurata  sembra  allora  costituire  un  irragionevole\nesercizio  della  discrezionalita\u0027  del  legislatore,  violando   gli\narticoli 3, 13, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione. \n    Se viene sottratto al giudice il potere di adeguare la misura  al\ncaso concreto, rileva una violazione del  principio  di  uguaglianza,\nrealizzandosi un  «appiattimento»  tra  situazioni  oggettivamente  e\nsoggettivamente diverse, con una uguale risposta cautelare. \n    Inoltre, dalla lettura combinata degli articoli  13  e  27  della\nCostituzione emerge l\u0027esigenza  di  circoscrivere  allo  strettamente\nnecessario le misure limitative della liberta\u0027 personale, laddove  la\nnorma censurata stabilisce un automatismo applicativo di aggravamento\ntale da  rendere  inoperanti  i  criteri  di  proporzionalita\u0027  e  di\nadeguatezza, in contrasto: \n        con  l\u0027art.  13,  primo  comma,  della  Costituzione,   quale\nreferente fondamentale del regime ordinario  delle  misure  privative\ndella liberta\u0027 personale; \n        con  l\u0027art.  27,  secondo  comma,  della  Costituzione,   per\nl\u0027attribuzione alla coercizione cautelare di tratti funzionali tipici\ndella pena. \n    Come e\u0027 stato gia\u0027 precisato in tema  di  presunzioni  cautelari,\ncio\u0027 che vulnera i parametri  costituzionali  richiamati  non  e\u0027  la\npresunzione in se\u0027, ma il suo carattere  assoluto,  che  implica  una\nindiscriminata e totale  negazione  di  rilevanza  al  principio  del\n«minore sacrificio necessario». \n    La presunzione deve essere relativa. \n    La previsione di una presunzione  solo  relativa  di  adeguatezza\ndell\u0027aggravamento  -  atta  a  realizzare  una  semplificazione   del\nprocedimento  probatorio,  pur   suggerita   da   eventuali   aspetti\nricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma comunque superabile\nda  elementi  di  segno  contrario  -  non   eccede   i   limiti   di\ncompatibilita\u0027  costituzionale,  rimanendo   per   tale   verso   non\ncensurabile   l\u0027apprezzamento   legislativo   circa   la    ordinaria\nconfigurabilita\u0027 di esigenze cautelari nel grado piu\u0027 intenso e/o  di\nadeguatezza di un regime piu\u0027 severo (sentenze n. 110  del  2012,  n.\n331, n. 231 e n. 164 del 2011, e n. 265 del 2010). \n    Il Collegio pertanto  ritiene  non  manifestamente  infondata  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 282-bis, comma  6,\nultimo  periodo  del  codice  di  procedura  penale  (come  novellato\ndall\u0027art. 12, comma 1, lettera c), della legge 24 novembre  2023,  n.\n168), secondo cui «Qualora l\u0027organo delegato per l\u0027esecuzione accerti\nla non fattibilita\u0027 tecnica delle predette modalita\u0027 di controllo, il\ngiudice impone l\u0027applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure\ncautelari  anche  piu\u0027  gravi»,  nella  parte  in  cui   non   recita\nulteriormente «salvo che non le ritenga non necessarie  in  relazione\nalla natura e al grado delle esigenze  cautelari  da  soddisfare  nel\ncaso concreto». \n    Con un inserimento di tale valvola di sicurezza, si  consente  al\ngiudice di  dar  seguito  ad  un  regime  cautelare  sufficientemente\nindividualizzante e si resta all\u0027interno di un ambito compatibile con\ni precetti costituzionali evocati. \n    Su tale linea si sono gia\u0027 espresse le SS.UU. della Suprema Corte\ndi cassazione (Sez. U., sentenza n. 20769 del 2016) quando ci  si  e\u0027\ndovuti  pronunciare  su  quali  fossero  i  corretti   parametri   di\nvalutazione cui ispirarsi  nel  momento  in  cui,  dopo  che  si  era\ndisposta la  misura  degli  arresti  domiciliari  con  i  sistemi  di\ncontrollo ex  art.  275-bis,  del  codice  di  procedura  penale,  si\nverificava   l\u0027ipotesi   di   «indisponibilita\u0027»   del   braccialetto\nelettronico. \n    Le SS.UU. ripercorrevano tutta la  giurisprudenza  costituzionale\nin tema di «presunzioni» di adeguatezza. \n    E sulla scorta di  quei  dicta  rifiutavano  ogni  automatismo  a\nfavore del carcere, concludendo: \n        «Nella   ipotesi   di   constatazione   della   carenza   del\ndispositivo, il giudice ha l\u0027onere di  giustificare  l\u0027individuazione\ndella specifica misura applicabile, alla luce  della  circostanza  di\nfatto della indisponibilita\u0027 del dispositivo. Tale interpretazione e\u0027\nl\u0027unica  compatibile  con  i  principi  costituzionali  di  cui  agli\narticoli 3 e 13 della Costituzione». \n    Le SS.UU, pertanto, ribadivano che i principi  costituzionali  in\ntema di liberta\u0027 personale impediscono di far discendere  un  effetto\ndi aggravamento del regime cautelare da un  elemento  tendenzialmente\nestraneo rispetto al giudizio di  adeguatezza  (indisponibilita\u0027  del\nbraccialetto). \n    Si consideri peraltro che «i problemi  tecnici  e  logistici  che\nrendono impossibile l\u0027installazione  del  \"braccialetto  elettronico\"\n(la fattibilita\u0027 tecnica) e\u0027 \"situazione  assimilabile  a  quella  di\nindisponibilita\u0027 del suddetto strumento di  controllo»,  per  cui  il\ntema oggi in esame e\u0027 di fatto sovrapponibile a quello valutato dalle\nSS.UU. (cfr. in motivazione Cassazione Pen. Sez. 2, sentenza n. 13735\ndel 2023). \n    Se allora «i principi costituzionali di cui agli articoli 3 e  13\ndella Costituzione» impongono che il giudice, una volta che  manchino\ni  braccialetti   per   i   detenuti   ai   domiciliari,   non   deve\n«automaticamente» propendere  per  il  carcere,  ma  «individuare  la\nspecifica misura applicabile» sulla scorta  di  una  valutazione  del\ncaso  concreto  (ben  potendo  lasciare  il  soggetto  agli   arresti\ndomiciliari semplici),  analogamente  oggi  quegli  stessi  «principi\ncostituzionali»   impongono   al   legislatore   di   non   sottrarre\ncompletamente al giudice, con la  censurata  presunzione  assoluta  a\nfavore dell\u0027aggravamento senza possibilita\u0027 di  prova  contraria,  la\npossibilita\u0027 di individuare il regime cautelare piu\u0027 adeguato al caso\nconcreto, nel caso di «non fattibilita\u0027 tecnica»  della  sorveglianza\nelettronica nelle  misure  ex  art.  282-bis  e  ter  del  codice  di\nprocedura penale. \n    Ad alimentare da ultimo i dubbi  di  legittimita\u0027  costituzionali\nrimessi alla Consulta e\u0027 lo stesso confronto tra il regime della «non\nfattibilita\u0027 tecnica» normato  nella  disposizione  di  cui  all\u0027art.\n282-bis, comma 6, cit. ed  il  regime  del  braccialetto  elettronico\nregolato, in riferimento agli arresti domiciliari,  all\u0027art.  275-bis\ndel codice di procedura penale. \n    Infatti, in questa ultima disposizione, pur innovata dalla  legge\nn. 168/2023, il legislatore si guarda bene dal prevedere  effetti  di\naggravamento automatico per il caso di «non fattibilita\u0027 tecnica». \n    Nel caso in cui il giudice, nell\u0027applicare i domiciliari, ritenga\ndi dar seguito alla sorveglianza elettronica  ma  riscontri  («previo\naccertamento») la «non fattibilita\u0027 tecnica» della stessa,  la  norma\ntace. \n    Ne deriva che, in ipotesi di tal fatta, il giudice non potra\u0027 che\n(continuare ad) effettuare libere valutazioni di adeguatezza e optare\nper i domiciliari semplici o il carcere sulla scorta delle specifiche\npeculiarita\u0027 della fattispecie rimessa al  suo  giudizio,  secondo  i\nprincipi - costituzionalmente orientati - tracciati dalle SS.UU. cit. \n    Sara\u0027 il caso concreto ad orientare l\u0027apprezzamento giudiziale. \n    Non  una  presunzione  (di  aggravamento)  priva   di   riscontro\nempirico. \n    In definitiva,  la  diversa  ed  ingiustificata  modulazione  dei\nriflessi sull\u0027indagato  della  «non  fattibilita\u0027  tecnica»  ex  art.\n275-bis del codice di procedura penale, operata dalle norme  messe  a\nconfronto, rafforza i profili di fragilita\u0027 del disposto normativo ex\nart. 282-bis, comma 6, cit.,  spingendo  nel  senso  prospettato  dal\nCollegio remittente onde armonizzare il sistema. \nPar. 4) Impossibilita\u0027 di interpretazione conforme. \n    La giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  e\u0027  notoriamente\ncostante nell\u0027affermare che, nel caso di contrasti giurisprudenziali,\novvero  in  mancanza  di  pronunce  della  Cassazione,  finanche  ove\nsussista un orientamento prevalente ma si registrino anche  decisioni\ndifformi (ordinanza n. 252 del 2005), prima di sollevare  l\u0027incidente\ndi costituzionalita\u0027 sia necessario verificare la  praticabilita\u0027  di\ninterpretazioni alternative della disposizione che  siano  rispettose\ndel dettato costituzionale. \n    Le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche\u0027\nsia  possibile  darne,  e   qualche   giudice   ritenga   di   farlo,\ninterpretazioni incostituzionali, ma  perche\u0027  e\u0027  impossibile  darne\ninterpretazioni costituzionalmente compatibili (sentenze n.  356  del\n1996, n. 308 del 2008, n. 113 del 2015; ordinanze n. 85 e n. 464  del\n2007, n. 15 del 2011). \n    Di fronte a una pluralita\u0027 di interpretazioni  possibili  di  una\ndisposizione, i giudici sono tenuti a ricercare  e  preferire  quella\ncostituzionalmente  adeguata,  rifiutando  quelle  costituzionalmente\nincompatibili, sicche\u0027 la rimessione alla  Corte  diventa  necessaria\nsolo quando  essi  abbiano  vanamente  sperimentato  la  possibilita\u0027\ndell\u0027interpretazione adeguatrice (sentenze n. 322 e n. 432 del  2007;\nordinanze n. 226 del 2008 e n. 146, n. 310 e n. 338 del 2009, n. 110,\nn. 192 e n. 322 del 2010, n. 15 e n. 101 del 2011). \n    Tanto acclarato, si e\u0027 tuttavia parimenti ritenuto che  il  punto\nfino al quale il giudice e\u0027 tenuto ad esplorare  la  possibilita\u0027  di\nuna lettura  costituzionalmente  orientata  e\u0027  da  individuarsi  nel\nl\u0027univoco tenore della norma, elemento capace di segnare  il  confine\nin presenza del quale il tentativo di interpretazione deve cedere  il\npasso al sindacato di legittimita\u0027 costituzionale (sentenze n. 26 del\n2010; ma anche sentenze n. 270 e n. 315 del 2010). \n    Orbene, ritiene il Collegio che  la  norma,  per  il  suo  tenore\nletterale, non si presti ad interpretazione diverse da quella per cui\nsi dubita della legittimita\u0027 costituzionale. \n    La norma,  come  ampiamente  sopra  argomentato,  con  l\u0027utilizzo\ndell\u0027indicativo («impone» ulteriori misure) e con le opzioni previste\n(cumulo delle ulteriori misure o sostituzione con misura piu\u0027  grave)\nobbliga il giudice, per il caso di  «non  fattibilita\u0027  tecnica»  del\nbraccialetto, a dare seguito ad un aggravamento del regime  cautelare\nin danno dell\u0027indagato, sulla scorta di una presunzione  assoluta  di\nadeguatezza che viola i precetti costituzionali evocati. \n    Ogni interpretazione che lasci spazio ad una diversa  valutazione\ndiscrezionale del giudice appare in contrasto con  la  lettera  della\nnorma,  dal  che  appare  inevitabile  chiedere  l\u0027intervento   della\nConsulta. \nPar. 5) Profili ulteriori di rilevanza. \n    Il  Collegio   ritiene   rilevante   l\u0027intervento   della   Corte\ncostituzionale (cfr. effettiva incidenza sulla decisione del giudizio\na quo dell\u0027intervento richiesto, ordinanze n. 403 del 2002, n.  70  e\nn. 111 del  2009,  n.  264  del  2015),  anche  perche\u0027  non  intende\napplicare nei confronti dell\u0027indagato  «ulteriori  misure  cautelari»\n(ne\u0027 cumulativamente ne\u0027 in sostituzione) per l\u0027ipotesi in cui non vi\nsia la fattibilita\u0027 tecnica del braccialetto (mentre la norma obbliga\nin questo senso, mediante la «presunzione assoluta» censurata). \n    S. G., infatti, pur avendo compiuto minacce ed atti  di  violenza\nnei confronti  dei  familiari,  e\u0027  soggetto  certamente  contenibile\nmediante un ordine di allontanamento ex art. 282-bis  del  codice  di\nprocedura penale, integrato con le prescrizioni accessorie  richieste\ndal pubblico ministero, senza  che  sia  necessario  un  regime  piu\u0027\nsevero per il solo fatto che la sorveglianza elettronica da  disporre\nsia, nel caso, «tecnicamente non fattibile». \n    Infatti, come gia\u0027 ricordato, S. G. ha posto in essere  una  sola\naggressione fisica in  danno  della  coniuge  (in  data  [...],  cfr.\ndenuncia), sta pienamente rispettando  la  misura  senza  violare  il\ndivieto di avvicinamento gia\u0027 disposto, nonostante  ad  oggi  nessuna\nsorveglianza  elettronica  sia  stata  attivata,  ed  ha  addirittura\npresentato in data  [...]  ricorso  per  separazione  giudiziale  nei\nconfronti di M. N. \n    Solo la Corte costituzionale, con la pronuncia che si  sollecita,\npuo\u0027 evitare che l\u0027aggravamento sia disposto in ogni caso. \n    La questione e\u0027  «attualmente»  rilevante,  sebbene  il  Collegio\nnulla  sappia  in  ordine  alla  «non  fattibilita\u0027  tecnica»   della\nsorveglianza elettronica. \n    Secondo la disposizione in esame, infatti, il giudice  procedente\nnon puo\u0027  verificare  preventivamente  la  fattibilita\u0027  tecnica  del\nsistema di  controllo,  ma  e\u0027  tenuto  semplicemente  ad  applicarlo\nnonche\u0027 a disporre contestualmente l\u0027aggravamento per il caso in cui,\nin sede di esecuzione, sorgano problemi di attivazione. \n    Se tant\u0027e\u0027, sin dal momento genetico  della  misura  l\u0027ordine  di\ndubbia legittimita\u0027 costituzionale viene emesso. \n    Ed e\u0027 solo la sua materiale attuazione ad essere condizionata. \n    Nondimeno,  ritiene  questo  ufficio  remittente  che   l\u0027aspetto\n«eventuale  e  successivo»  della  «non  fattibilita\u0027  tecnica»   del\nbraccialetto  non  incida  sulla  attualita\u0027  della  rilevanza  della\nquestione  sollevata,  in  quanto  il  contenuto  del   provvedimento\ngiurisdizionale da emettersi deve in ogni caso fare applicazione  del\nprecetto di cui si chiede il vaglio della Consulta  («Ai  fini  della\nrilevanza, e\u0027 sufficiente che il remittente debba  fare  applicazione\nin ogni caso nel  giudizio  a  quo  della  norma  denunciata»,  Corte\ncostituzionale n. 216/1993). \n    D\u0027altronde, nella fase esecutiva il  giudice  della  cautela  non\navrebbe piu\u0027 alcun modo di sollevare la questione,  avendo  perso  la\ndisponibilita\u0027 degli atti ed avendo in ogni caso gia\u0027 emesso l\u0027ordine\n(di aggravamento) potenzialmente  illegittimo  (sulla  tardivita\u0027  in\nquesto caso della  questione,  per  avvenuta  pregressa  applicazione\ndella norma, ordinanza n. 176/2011 della Corte costituzionale). \n    In ogni caso, non sarebbe di ostacolo alla  ammissibilita\u0027  della\nquestione  l\u0027essere  stata  la  stessa  sollevata  nel  corso  di  un\nprocedimento  cautelare  allorquando  il  giudice  a  quo  non  abbia\nprovveduto in via definitiva sulla istanza cautelare,  e  non  abbia,\npercio\u0027, consumato la sua potestas iudicandi  (sentenze  n.  172  del\n2012, n. 162 e n. 200 del 2014, n. 96 del 2015, n. 84 del 2016). \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  11\nmarzo  1953,  n.  87,  ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta\ninfondatezza,  solleva  di  ufficio  la  questione  di   legittimita\u0027\ncostituzionale,  in  relazione  agli  articoli  3,  13  e  27   della\nCostituzione  nei  termini  esplicati  in  parte  motiva,   dell\u0027art.\n282-bis, comma 6, ultimo periodo del codice di procedura penale (come\nnovellato dall\u0027art. 12, comma 1, lettera c), della legge 24  novembre\n2023,  n.  168),  secondo  cui   «Qualora   l\u0027organo   delegato   per\nl\u0027esecuzione accerti  la  non  fattibilita\u0027  tecnica  delle  predette\nmodalita\u0027 di  controllo,  il  giudice  impone  l\u0027applicazione,  anche\ncongiunta, di ulteriori misure cautelari  anche  piu\u0027  gravi»,  nella\nparte in cui non recita ulteriormente «salvo che non le  ritenga  non\nnecessarie in  relazione  alla  natura  e  al  grado  delle  esigenze\ncautelari da soddisfare nel caso concreto». \n    Sospende il procedimento in corso  sino  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale di  legittimita\u0027  costituzionale  ed  ordina  l\u0027immediata\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale. \n    Dispone che, a cura della cancelleria, sia notificata la presente\nordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e che della stessa\nsia data comunicazione ai Presidenti delle due Camere del  Parlamento\nnonche\u0027 alle parti. \n        Napoli, 6 giugno 2024 \n \n                       Il Presidente: Cantone \n \n                                       Il Giudice estensore: Scermino","elencoNorme":[{"id":"62095","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"ppn","denominaz_legge":"codice di procedura penale","data_legge":"","data_nir":"","numero_legge":"","descrizionenesso":"come novellato dall\u0027","legge_articolo":"282","specificaz_art":"bis","comma":"6","specificaz_comma":"ultimo periodo","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":""},{"id":"62096","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"24/11/2023","data_nir":"2023-11-24","numero_legge":"168","descrizionenesso":"","legge_articolo":"12","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"lett. 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