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Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione – Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale –– Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Sorgenia Renewables srl","prima_controparte":"Ministero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero della Cultura ed altri 1","altre_parti":"Sorgenia Renewables srl, Regione autonoma della Sardegna","testo_atto":"N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 26 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Sorgenia Renewables  srl  contro\nMinistero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della\n  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l\u0027individuazione  di\n  aree e superfici idonee e non idonee all\u0027installazione di  impianti\n  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica  a\n  tutto il territorio della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le\n  superfici sulle quali insistono impianti  a  fonti  rinnovabili  in\n  corso di valutazione ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza\n  regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato\n  una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione  che\n  e\u0027  vietata  la  realizzazione  degli  impianti   ricadenti   nelle\n  rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati  A,  B,\n  C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n.  20\n  del 2024 - Previsione  che  tale  divieto  si  applica  anche  agli\n  impianti e gli accumuli FER la cui  procedura  autorizzativa  e  di\n  valutazione ambientale, di competenza regionale o  statale,  e\u0027  in\n  corso al  momento  dell\u0027entrata  in  vigore  della  medesima  legge\n  regionale - Previsione che non puo\u0027 essere dato corso alle  istanze\n  di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in  vigore\n  della legge regionale n. 20 del 2024, risultino  in  contrasto  con\n  essa  e  ne  pregiudichino  l\u0027attuazione   -   Previsione   che   i\n  provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli  abilitativi  comunque\n  denominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli  impianti  ricadenti\n  nelle aree non idonee, sono privi di  efficacia  -  Previsione  che\n  sono fatti salvi i provvedimenti aventi  ad  oggetto  impianti  che\n  hanno gia\u0027 comportato una modificazione irreversibile  dello  stato\n  dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada\n  su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee,  sia nelle\n  aree definite non idonee, prevale il criterio di  non  idoneita\u0027  -\n  Interventi di rifacimento, integrale  ricostruzione,  potenziamento\n  relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata  in\n  vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee -\n  Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un  aumento\n  della superficie lorda occupata,  nonche\u0027,  nel  caso  di  impianti\n  eolici, un aumento 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S.r.l., in persona del legale rappresentante pro  tempore,\nrappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Massimo  Colicchia,  Fabio\nTodarello, Claudia Sarrocco, Giacomo Guglielmini, Maria Chiara Berra,\ncon domicilio digitale  come  da  PEC  da  registri  di  giustizia  e\ndomicilio eletto presso lo studio  Giovanni  Corbyons  in  Roma,  via\nCicerone n. 44; \n    contro: \n        Ministero  dell\u0027ambiente  e   della   sicurezza   energetica,\nMinistero  dell\u0027agricoltura,  della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle\nforeste,   Ministero   della   cultura,   in   persona   del   legale\nrappresentante pro tempore, rappresentati  e  difesi  dall\u0027Avvocatura\ngenerale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei\nPortoghesi n. 12; \n        Regione  Autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del  legale\nrappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati\nMattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da  PEC  da\nRegistri di Giustizia; \n    per l\u0027annullamento: \n        del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. Uscita n. 55854  del\n9 dicembre 2024 della  Direzione  generale  dell\u0027industria,  Servizio\nenergia ed economia verde, Assessorato dell\u0027industria  della  Regione\nAutonoma   della   Sardegna,   di   archiviazione   dell\u0027istanza   di\nautorizzazione unica presentata da Sorgenia Renewables S.r.l. per  un\nprogetto di impianto  fotovoltaico  di  potenza  pari  a  8,80  MW  e\nrelative opere connesse, da realizzarsi  nel  Comune  di  Iglesias  -\ncodice SUAPEE n. 681707 - codice  rintracciabilita\u0027  e-distribuzione:\n358292005 - Rif. Pratica n. 586; \n        di  ogni  altro  atto  presupposto,  conseguente  e  comunque\nconnesso, anche non noto, ivi espressamente inclusi: \n        il preavviso di rigetto comunicato dalla Regione Sardegna con\nprovvedimento prot. n. 36844 del 6 agosto 2024; \n        la  richiesta  di   regolarizzazione/preavviso   di   rigetto\ncomunicato dalla Regione Sardegna con provvedimento prot.  30914  del\n1° luglio 2024; \n        la comunicazione della  Regione  Sardegna,  Assessorato  enti\nlocali, Finanze e Urbanistica, Servizio Demanio e  Patrimonio,  prot.\n41787 del 7 agosto 2024; \n        in parte qua, il decreto ministeriale 21  giugno  2024  (c.d.\n«decreto aree idonee»). \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero\ndell\u0027ambiente   e   della   sicurezza   energetica,   del   Ministero\ndell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e  delle  foreste,  del\nMinistero della cultura e della Regione Autonoma della Sardegna; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 21 maggio 2025 il dott.\nMarco Savi e uditi per le parti  i  difensori  come  specificato  nel\nverbale; \n    Visto l\u0027art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n                                Fatto \n \n    1. Il 6 novembre 2023, la ricorrente ha presentato  alla  Regione\nSardegna un\u0027istanza di autorizzazione unica ai sensi dell\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003,  per  un  impianto  fotovoltaico  di\npotenza pari a 8,80 MW e relative opere connesse, da realizzarsi  nel\nComune di Iglesias. \n    2. Il progetto prevede la collocazione dell\u0027impianto fotovoltaico\nsu un terreno di proprieta\u0027 privata - ricadente  in  area  idonea  ai\nsensi dell\u0027art. 20, comma 8, lett. c-ter, n. 1) e  c-quater,  decreto\nlegislativo  n.  199/2021 -  su  cui   la   Societa\u0027   ha   acquisito\npreliminarmente il diritto di superficie, mentre  le  opere  connesse\ninteressano alcune  aree  demaniali,  come  specificato  nell\u0027istanza\nstessa. \n    3. Trascorsi tre mesi dalla presentazione dell\u0027istanza  -  quando\ncioe\u0027  il  procedimento  doveva  intendersi  gia\u0027  avviato  ai  sensi\ndell\u0027art. 14.4 del decreto ministeriale 10 settembre 2010  -  conmail\ndel 20 febbraio 24 la Societa\u0027 ha chiesto  informazioni  sullo  stato\ndella procedura, cui l\u0027assessorato ha risposto rappresentando che  la\nstessa era «in attesa di essere presa in carico da parte dei  tecnici\nistruttori». Con ulteriore sollecito dell\u00278 marzo 2024, la ricorrente\nha chiesto alla regione di provvedere nel minor  tempo  possibile,  e\ncomunque entro quindici giorni dal ricevimento  della  richiesta,  ad\navviare il procedimento per  l\u0027ottenimento  dell\u0027AU  e  di  convocare\nConferenza dei Servizi decisoria prima del  giorno  30  aprile  2024,\nsenza ottenere alcun riscontro. Tuttavia,  con  nota  del  16  aprile\n2024, nel chiedere conferma a e-distribuzione  del  persistere  delle\ncondizioni di fattibilita\u0027 e realizzabilita\u0027 della soluzione  tecnica\nminima indicata nel preventivo di connessione, accettato da Sorgenia,\nla Regione ha dato  atto  che  l\u0027istanza  di  AU  era  «in  corso  di\nistruttoria». \n    4. Dopo quasi 8 mesi dalla data di presentazione dell\u0027istanza  di\nAU, il 1° luglio 2024, con nota prot. 30914, la Regione, in  sede  di\npreliminare verifica istruttoria, ha comunicato  alla  ricorrente  di\naver  rilevato  alcune  lacune  documentali  e  ha  richiesto   delle\nintegrazioni onde valutare la  procedibilita\u0027  della  domanda.  Nella\nmedesima nota, la Regione ha chiesto alla Societa\u0027 di provvedere alla\nregolarizzazione della domanda entro  il  termine  perentorio  di  10\ngiorni dalla ricezione della richiesta, pena il rigetto dell\u0027istanza. \n    5.  La  ricorrente   ha   quindi   provveduto   a   produrre   la\ndocumentazione e a fornire chiarimenti, presentando altresi\u0027  istanza\ndi concessione presso il  Servizio  Demanio  e  Patrimonio  regionale\navente  ad  oggetto  il  tratto  dell\u0027elettrodotto   di   connessione\ndell\u0027impianto che attraversa il corso d\u0027acqua Riu Su Spurgu. \n    6. Nondimeno, con comunicazione del 6 agosto 2024 la  Regione  ha\ntrasmesso  a  Sorgenia  il  preavviso  di  rigetto  dell\u0027istanza   di\nautorizzazione  unica,  rilevando  la  carenza  di  un  requisito  di\nprocedibilita\u0027 e di ammissibilita\u0027 dell\u0027istanza, costituito dal nulla\nosta/concessione demaniale per il cavidotto che interferisce  con  il\nreticolo idrografico Rio Su Spurgu. A tale  nota  ha  fatto  seguito,\nnonostante  le   osservazioni   presentate   dalla   ricorrente,   il\nprovvedimento del  9  dicembre  2024  con  cui  l\u0027Amministrazione  ha\narchiviato  l\u0027istanza  per  la  ritenuta   carenza   «del   requisito\nessenziale relativo al titolo di disponibilita\u0027 delle aree in assenza\ndella concessione demaniale ovvero del nulla osta al  suo  rilascio»,\nnonche\u0027 in ragione dei profili ostativi  derivanti  dall\u0027art.  5  del\ndecreto-legge 15 maggio  2024,  n.  63  e  dalla  legge  regionale  5\ndicembre 2024, n. 20. \n    7.  La  ricorrente  ha  quindi  proposto  il  presente   ricorso,\narticolando le seguenti censure: \n        I) «Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12 del  decreto\nlegislativo  n.  387/2003,  dei  paragrafi  13  e  14   del   decreto\nministeriale 10 settembre 2010 e dell\u0027art. 9 della D.G.R. n. 3/25 del\n23 gennaio 2018; articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 199/2021\n- Violazione, falsa 9 applicazione degli  articoli  1,  commi  2,  3,\n10-bis e 14-bis della legge n.  241/1990  -  Eccesso  di  potere  per\ntravisamento dei presupposti, illogicita\u0027  e  contraddittorieta\u0027  fra\natti della stessa amministrazione, sviamento e ingiustizia manifesta.\nViolazione  del  principio  di  non  aggravamento  del  procedimento.\nViolazione degli articoli 3, 41 e 97 della  Costituzione.  Violazione\ndella normativa euro unitaria in tema  di  promozione  delle  energie\nrinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e 2001/77\nCE; regolamento n.  2022/2577  UE)».  Gli  atti  impugnati  sarebbero\nillegittimi in quanto, ai sensi del punto 14.4 delle linee guida FER,\nl\u0027istanza di Sorgenia avrebbe  dovuto  ritenersi  procedibile  quanto\nmeno dal 21 novembre 2023; \n        II) «Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo  n.  387/2003  e  dei  paragrafi  13  e  14  del  decreto\nministeriale 10 settembre 2010.  Violazione  dell\u0027art.  1,  comma  2,\ndella legge n. 241/1990 di non aggravamento del procedimento. Eccesso\ndi potere per carenza di istruttoria, travisamento dei presupposti di\nfatto, sviamento e contraddittorieta\u0027. Violazione del  principio  del\ngiusto procedimento. Violazione degli art. 3,  41,  97  e  117  della\nCostituzione. Violazione della normativa euro  unitaria  in  tema  di\npromozione  delle   energie   rinnovabili   (direttive   2024/2413UE,\n2018/2001UE,  2009/28CE  e  2001/77CE;  regolamento  2022/2577  UE)».\nUlteriore motivo di illegittimita\u0027 dovrebbe rinvenirsi nel fatto  che\nil nulla osta o la  concessione  non  costituirebbero  condizione  di\nammissibilita\u0027/procedibilita\u0027  della  domanda,  in  quanto  essi  non\nrientrerebbero tra i requisiti minimi di procedibilita\u0027  elencati  al\npunto 13.1 delle linee guida FER  e  all\u0027art.  7  delle  linee  guida\nregionali.  La  giurisprudenza  avrebbe,  infatti,  chiarito  che  la\ndisponibilita\u0027 delle aree e\u0027  requisito  indispensabile  e  contenuto\nminimo dell\u0027istanza di AU per cio\u0027 che concerne  l\u0027area  di  impianto\n(visto che per il FTV  non  e\u0027  possibile  procedere  ad  esproprio),\nmentre non lo sarebbe per le opere connesse; \n        III) «Violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20 nella  sua\ninterezza e nei suoi commi 1 e 8 del decreto legislativo n. 199/2021.\nViolazione dell\u0027art. 5, comma 2, del decreto legge 15 maggio 2024, n.\n63. Violazione degli articoli 3, 41, 97  e  117  della  Costituzione.\nViolazione della normativa euro unitaria in tema di promozione  delle\nenergie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e\n2001/77  CE;  regolamento  2022/2577  UE).  Eccesso  di  potere   per\ntravisamento dei presupposti di  fatto  e  di  diritto,  sviamento  e\ncontraddittorieta\u0027». Il decreto legge agricoltura esclude dal divieto\nda esso previsto per l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra in area agricola i progetti  «per  i  quali,\nalla data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  sia  stata\navviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di\nvalutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per  la\ncostruzione e l\u0027esercizio  degli  impianti  e  delle  relative  opere\nconnesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi».\nNel caso di specie, dovendo il procedimento ritenersi avviato sin dal\nnovembre 2023, l\u0027iniziativa della ricorrente ricadrebbe nella  deroga\nsopra citata, con la conseguenza che non si applicherebbe il  divieto\nin parola; \n        IV) «Illegittimita\u0027 del decreto ministeriale 21  giugno  2024\n(decreto ministeriale Aree Idonee) per violazione  dell\u0027art.  20  del\ndecreto  legislativo  n.  199/2021  (con  particolare   riguardo   al\ncombinato  disposto  dei  commi  1  e  8);  Eccesso  di  potere   per\nirragionevolezza, perplessita\u0027 e carenza dei presupposti;  Violazione\ndegli articoli 3, 9, 41 e 97 della Costituzione».  Oltre  il  decreto\nlegge  agricoltura,  nel  provvedimento  impugnato  la   Regione   ha\nrichiamato anche la legge regionale n. 20/2024 del 5  dicembre  2024,\nper rilevare che l\u0027istanza  della  ricorrente  non  sarebbe  comunque\naccoglibile in virtu\u0027  di  quanto  disposto  con  la  suddetta  legge\nregionale, che non fa salve le aree idonee di cui all\u0027art. 20,  comma\n8 del decreto legislativo n. 199/2021, in  asserita  applicazione  di\nquanto disposto dal decreto  ministeriale  21  giugno  2024.  Ebbene,\nladdove detto decreto ministeriale dovesse ritenersi consentire  alle\nregioni la possibilita\u0027  di  non  «tener  conto»  delle  aree  idonee\npreviste ex lege dall\u0027art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021 esso si rivelerebbe  illegittimo.  Il  decreto  ministeriale\nsarebbe, altresi\u0027, illegittimo ove, nella parte in cui  definisce  le\naree non idonee come «incompatibili» con la realizzazione di impianti\nrinnovabili, dovesse interpretarsi nel senso che le aree  non  idonee\nsono aree vietate all\u0027installazione degli impianti FER; \n        V) «Violazione delle norme sul procedimento amministrativo ed\nin  particolare  dell\u0027art.  3  e  dell\u0027art.  10-bis  della  legge  n.\n241/1990. Violazione dell\u0027art. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso  di\npotere per travisamento  dei  presupposti  di  fatto  e  di  diritto,\nsviamento, difetto di istruttoria». Il provvedimento di archiviazione\nsarebbe anche illegittimo in quanto si fonda su motivi  ostativi  non\npreannunciati nel  preavviso  di  rigetto,  in  violazione  dell\u0027art.\n10-bis legge n. 241/1990. \n    8. La ricorrente ha, inoltre, lamentato: \n        a) l\u0027incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5, comma  1,  del  decreto\nlegge 15 maggio 2024, n. 63, che introduce il comma 1-bis all\u0027art. 20\ndel decreto legislativo 8 novembre  2021,  n.  1999,  per  violazione\ndegli  articoli  77,  117,  comma  1,  e  9  della  Costituzione.  La\nprevisione, infatti, in primo luogo sarebbe stata introdotta per  via\ndi un decreto legge in carenza del  presupposto  della  straordinaria\nnecessita\u0027  e  urgenza,  trattandosi  di   disposizione   disomogenea\nrispetto  alla  restante  disciplina  contenuta   del   decreto-legge\nAgricoltura. Sarebbe violato, inoltre, l\u0027art.  117,  comma  1,  della\nCostituzione. per contrarieta\u0027 ai principi derivanti dall\u0027ordinamento\neurounitario  ed  internazionale,   in   quanto   fissare   in   modo\naprioristico e generale  un  divieto  di  installazione  di  impianti\nfotovoltaici  in  terreni  agricoli,  considerando  anche  la   vasta\nincidenza che, nell\u0027insieme dei terreni  agricoli,  rivestono  quelli\nsostanzialmente inutilizzati ed incolti, si porrebbe in contrasto con\ngli obiettivi, di matrice eurounionale, di diffusione  massima  delle\nenergie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e\n2001/77  CE;  regolamento  2022/2577  UE),  oltre  che,   sul   piano\ninternazionale, del protocollo  di  Kyoto  dell\u002711  dicembre  1997  e\ndell\u0027accordo di Parigi del 12 dicembre 2015 (al proposito  si  vedano\nCorte costituzionale n. 275/2012; n. 13/2014; n. 77/2022). Infine, il\ndivieto si porrebbe in contrasto con l\u0027art. 9 della Costituzione,  in\nquanto pregiudicherebbe il superamento degli impianti a  combustibile\nfossile,  i  quali  incidono   negativamente   sulla   sostenibilita\u0027\nambientale e  climatica,  ledendo  anche  «l\u0027interesse  delle  future\ngenerazioni» al raggiungimento  di  obiettivi  sostenibili  sotto  il\nprofilo energetico e dell\u0027inquinamento; \n        b) l\u0027incostituzionalita\u0027 della  legge  regionale  Sardegna  5\ndicembre 2024, n. 20, per «Violazione dell\u0027art.  117,  commi  1  e  3\ndella Costituzione, per  il  tramite  della  violazione  del  decreto\nlegislativo  n.  199/2021  e,  in  particolare,   dell\u0027art.   20   di\nquest\u0027ultimo, oltre del decreto  ministeriale  21  giugno  2024,  del\ndecreto ministeriale 10 settembre 2010 e del decreto  legislativo  n.\n190/2024. Violazione degli articoli 3 e 4 della legge  costituzionale\nn. 3 del  26  febbraio  1948  e  del  decreto  del  Presidente  della\nRepubblica n. 480 del 22 maggio 1975. Violazione degli articoli 3, 9,\n41 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi  contenuti  nelle\ndirettive comunitarie 2018/2001 e 2023/2413»: \n        b.1) sarebbe, in primo luogo, illegittima  la  previsione  di\nretroattivita\u0027 del divieto di realizzare impianti  FER  in  aree  non\nidonee, di cui all\u0027art. 1, comma 5, della legge, che si  porrebbe  in\ncontrasto con l\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021\nladdove stabilisce l\u0027applicazione transitoria delle  aree  idonee  ex\nlege ivi individuate «sino  alla  individuazione  delle  aree  idonee\nsulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui\nal comma 1» e quindi, nel caso specifico,  sino  alla  individuazione\noperata dalla legge regionale n. 20/2024.  Se  la  legge  statale  ha\ndisposto un regime  transitorio  valevole  fino  alla  individuazione\ndelle  aree  idonee  da  parte  delle  regioni,  non   potrebbe   poi\nconsentirsi a queste ultime  di  legiferare  in  violazione  di  tale\ndisciplina, ponendola nel nulla,  con  un  effetto  abrogativo  della\nstessa. Sarebbe violata anche la disposizione del comma  1  dell\u0027art.\n20 del decreto legislativo n. 199/2021, laddove lo  stesso  prescrive\nche nello stabilire i criteri per l\u0027individuazione delle aree  idonee\ni decreti ministeriali  attuativi  devono  tener  «conto  delle  aree\nidonee ai sensi del comma 8». La retroattivita\u0027 della legge regionale\nnon   troverebbe   adeguata   giustificazione   sul    piano    della\nragionevolezza e sarebbe da censurare in quanto lesiva del  legittimo\naffidamento del singolo sulla certezza del diritto, degli articoli  3\ne 41 della Costituzione, oltre che l\u0027art. 97,  nella  misura  cui  e\u0027\nleso l\u0027affidamento che gli imprenditori  hanno  riposto  nell\u0027assetto\nnormativo  come  delineato  dalla  legge  statale,  oltre  che  della\nliberta\u0027   di   iniziativa   economica   degli   stessi,    frustrata\ndall\u0027intervento del legislatore regionale. Sarebbero altresi\u0027 violati\nanche l\u0027art. 9 della Costituzione,  nella  misura  in  cui  la  forte\nincisione limitativa che dalle norme regionali deriva  allo  sviluppo\ndelle rinnovabili pregiudica gli obiettivi  di  tutela  dell\u0027ambiente\nconnessi all\u0027incremento della produzione di energia da queste  fonti,\ncome anche i principi comunitari di cui alle direttive n. 2018/2001 e\nn. 2023/2413 UE - e quindi  dell\u0027art.  117,  comma  1  -  di  massima\ndiffusione e sviluppo delle energie rinnovabili; \n        b.2) incostituzionale sarebbe la  previsione  di  divieto  di\nrealizzare  impianti  FER  nelle  aree  idonee  individuate  ex  lege\ndall\u0027art. 20, comma 8,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Non\nsarebbe, infatti, possibile derogare al contenuto minimo  delle  aree\nidonee legislativamente previsto, come si  dedurrebbe  dall\u0027art.  20,\ncomma 1-bis del decreto legislativo n. 199/2021. Tale norma, infatti,\nnel prevedere il divieto di realizzare impianti fotovoltaici in  area\nagricola, fa espressamente salve le aree agricole incluse  in  alcune\ndelle aree idonee previste ex lege dal successivo  comma  8,  il  che\nconfermerebbe che per il legislatore statale le aree idonee  ex  lege\npreviste non siano derogabili dalle regioni (salvo che per le aree di\ncui all\u0027art. 20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e  lettera  c-quater),\naltrimenti non sarebbe comprensibile  una  deroga  al  principio  ivi\nstabilito che riguarda proprio tali aree, anche  se  agricole.  Sotto\ntale profilo, quindi, la legge regionale sarda viola anche  il  comma\n1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Peraltro,  la\nlegge regionale Sardegna, nella misura in cui ha  tratto  la  propria\npotesta\u0027 legislativa dal disposto del decreto ministeriale 21  giugno\n2024, sarebbe altresi\u0027 costituzionalmente illegittima  in  quanto  al\nmomento della sua adozione, il 5 dicembre 2024, il d.m.  era  sospeso\nper effetto delle pronunce  cautelari  del  Consiglio  di  Stato  sui\nricorsi promossi avverso il suddetto decreto; \n        b.3) la legge sarda sarebbe  incostituzionale  anche  perche\u0027\nstravolgerebbe la ratio della previsione di legge statale di  cui  la\nstessa e\u0027  attuazione.  La  legge,  infatti,  perseguirebbe  il  fine\nprioritario di  individuare  le  aree  non  idonee,  anziche\u0027  quelle\nidonee, come  previsto  dal  decreto  legislativo  n.  199/2021,  ivi\nriconducendovi  la  quasi  totalita\u0027  del  territorio   regionale   e\nlasciando solo il residuo 2% alle aree idonee (confinate  alle  poche\naree degradate di cui all\u0027allegato F della legge); \n        b.4)  illegittimo  sarebbe  il  divieto   incondizionato   di\nrealizzare impianti in area non idonea, in quanto il concetto di area\nnon idonea dovrebbe essere declinato come semplice prevalutazione  di\nincompatibilita\u0027, da valutare nel caso concreto. Nel sistema statale,\ninfatti, l\u0027area inidonea costituisce il contraltare dell\u0027area idonea.\nQuest\u0027ultima  e\u0027  un\u0027area  di  semplificazione  procedimentale  e  di\naccelerazione. L\u0027area non  idonea,  specularmente,  e\u0027  un\u0027area  dove\nl\u0027amministrazione  ha  preventivamente  valutato  la  sussistenza  di\ncaratteristiche   territoriali   che   fanno   propendere   per   una\ninidoneita\u0027. Tale prevalutazione andrebbe, pero\u0027, valutata  caso  per\ncaso, nell\u0027ambito  di  una  attivita\u0027  procedimentale  ulteriore,  in\nrelazione al progetto specifico e alla porzione dell\u0027area interessata\ndal progetto, nell\u0027ambito della piu\u0027 vasta zona inidonea; \n        c) l\u0027incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 20, comma 4,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 24 e  97  della\nCostituzione. L\u0027art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021\ndispone che, una volta emanati i decreti ministeriali che indicano  i\ncriteri  per  l\u0027individuazione  delle  aree  idonee,  le  regioni  vi\nprovvedano con legge regionale. Tale previsione  sarebbe  affetta  da\nincostituzionalita\u0027,  laddove  individua  la   «legge»   e   non   un\nprovvedimento amministrativo quale strumento per attuare  il  sistema\ndelle  aree  idonee,  in  quanto  la  riconduzione  di   un\u0027attivita\u0027\nsostanzialmente  provvedimentale  al  procedimento  legislativo   non\nconsentirebbe ai privati di adire la tutela giurisdizionale  diretta,\nresiduando per gli stessi  solo  la  possibilita\u0027  di  richiedere  al\nGiudice di sollevare la questione della legittimita\u0027 della legge. Del\npari, risulterebbe violato l\u0027art. 97 della  Costituzione,  in  quanto\ntale assetto minerebbe i principi di buon andamento  e  imparzialita\u0027\ndella PA che trovano attuazione anche nella interazione tra esercizio\ndel  potere  e  controllo  di  legittimita\u0027  e  nel  contrappeso  che\nquest\u0027ultimo rappresenta rispetto all\u0027esercizio di una potesta\u0027  che,\ndi fatto, e\u0027 provvedimentale, sebbene ammantata della forza di legge. \n    9. Si e\u0027 costituita la Regione autonoma della Sardegna, eccependo\npreliminarmente il  difetto  di  competenza  territoriale  di  questo\nTribunale. L\u0027impugnato decreto ministeriale 11 giugno 2024,  infatti,\nnon sarebbe annoverato tra i motivi che sorreggono il principale atto\ngravato  da  controparte,  concernente  la  nota   di   archiviazione\ndell\u0027Assessorato  regionale  dell\u0027industria,   servizio   energia   e\neconomia verde n. 55854 del 9 dicembre  2024  (doc.  n.  1  di  parte\nricorrente). Tale archiviazione sarebbe fondamentalmente motivata dal\nfatto che l\u0027istanza di autorizzazione unica presentata dalla Sorgenia\nRenewables S.r.l. e\u0027 priva di un elemento  (ritenuto)  essenziale  ai\nfini della sua disamina, ossia la dimostrazione della  disponibilita\u0027\ndei suoli - nel caso di specie, demaniali - su cui ubicare  le  opere\ndi connessione dell\u0027impianto fotovoltaico per cui e\u0027 causa. Gli altri\nmotivi menzionati nel  suddetto  provvedimento  di  archiviazione  si\nriferiscono al divieto di realizzazione di impianti  fotovoltaici  in\naree agricole di cui all\u0027art. 5 del decreto legge n. 63/2024, nonche\u0027\nall\u0027analogo divieto derivante dalla sopravvenuta vigenza della  legge\nregionale n. 20 del 5 dicembre 2024. Tale legge  regionale  e\u0027  stata\napprovata in attuazione del decreto legislativo  n.  199/2021,  sulla\nscorta dei criteri dettati  dal  succitato  decreto  ministeriale  21\ngiugno 2024, il quale, tuttavia, non avrebbe diretta applicazione nel\ncaso di specie. Infatti,  una  volta  che  la  Regione,  in  ossequio\nall\u0027art. 20  del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  individua  con\npropria legge le aree idonee e non idonee  ad  ospitare  impianti  di\nproduzione di energia a fonti rinnovabili (FER), sebbene cio\u0027 avvenga\nalla luce del citato decreto ministeriale, quest\u0027ultimo, ove ritenuto\nviolato, al limite potrebbe fungere da parametro  interposto  per  la\nproposizione di una eventuale questione  legittimita\u0027  costituzionale\ndella legge regionale. Pertanto, la competenza a decidere il  ricorso\nin epigrafe apparterrebbe al TAR Sardegna. \n    10. Nel merito, la disponibilita\u0027 delle aree  demaniali  andrebbe\ndimostrata prima della presentazione della domanda di AU. Se  e\u0027  pur\nvero infatti che il comma 4-bis dell\u0027art. 12 del decreto  legislativo\nn. 387/2003 per gli impianti fotovoltaici e a biomassa prevede che la\ndisponibilita\u0027 del suolo  possa  essere  dimostrata  «nel  corso  del\nprocedimento, e comunque prima dell\u0027autorizzazione», dall\u0027altra parte\nl\u0027art. 65, comma 5, del decreto legge  24  gennaio  2012,  n.  1,  ha\ndisposto che «Il comma 4-bis dell\u0027art. 12 del decreto legislativo  29\ndicembre 2003, n. 387 (...) deve intendersi  riferito  esclusivamente\nalla realizzazione di impianti alimentati a  biomasse  situati  in  4\naree classificate come  zone  agricole  dagli  strumenti  urbanistici\ncomunali».  Tale  linea  interpretativa  sarebbe   confermata   anche\ndall\u0027art.  13.1,  lettera  c),  delle  linee  guida  nazionali  sulle\nautorizzazioni FER (decreto  ministeriale  10  settembre  2010),  che\nindividua tra i contenuti minimi dell\u0027istanza di autorizzazione unica\n«la documentazione da cui risulti la disponibilita\u0027 dell\u0027area su  cui\nrealizzare l\u0027impianto e delle opere connesse»,  nonche\u0027  dall\u0027art.  7\ndelle «linee guida per l\u0027autorizzazione unica ai sensi  dell\u0027art.  12\ndel decreto legislativo n. 387 del 2003» di cui all\u0027Allegato A  della\ndeliberazione della Giunta della Regione  Sardegna  n.  3/25  del  23\ngennaio 2018. \n    11.  Aggiunge  la  Regione  che   nell\u0027ambito   della   procedura\nautorizzatoria  per   impianti   FER   seguita   dall\u0027Amministrazione\nregionale sarda la dimostrazione  della  predetta  disponibilita\u0027  si\nconsegue presentando  preventivamente  la  richiesta  di  nulla  osta\ndell\u0027ufficio preposto alla cura del demanio  regionale.  Detto  nulla\nosta e\u0027 emesso dalla Direzione generale enti locali-Servizio  demanio\ne  patrimonio  della  Regione  previa   attivazione   di   una   fase\nendoprocedimentale, esterna alla conferenza di  servizi,  in  cui  il\nsuddetto Servizio demanio e patrimonio si confronta  con  gli  organi\ntecnici ai quali e\u0027 demandata la cura e gestione dei beni  demaniali.\nUna  volta  valutata  la  sussistenza  dei  presupposti  oggettivi  e\nsoggettivi per ritenere ammissibile la  richiesta  del  privato,  con\nriguardo alla tutela del preminente interesse pubblico  nonche\u0027  alla\nproficua utilizzazione del bene demaniale che viene sottratto all\u0027uso\ncollettivo, viene concesso il nulla osta, che  confluisce  poi  nella\nconferenza di servizi relativa al procedimento di AU. Ad esito  della\nconferenza, ottenuto il titolo autorizzatorio, il competente Servizio\ndemanio  e  patrimonio  potra\u0027  quindi  rilasciare   la   concessione\ndemaniale vera e propria. \n    12. Una conferma circa la necessita\u0027  della  previa  acquisizione\ndel  titolo  di  disponibilita\u0027  dovrebbe   peraltro   trarsi   dalla\ndisciplina di cui al decreto legislativo n. 190 del 25 novembre 2024,\nil cui art. 9, al  comma  3,  statuisce  che  «Il  proponente  allega\nall\u0027istanza di cui al comma  2  la  documentazione  e  gli  elaborati\nprogettuali previsti dalle normative di settore per il rilascio delle\nautorizzazioni, intese,  licenze,  pareri,  concerti,  nulla  osta  e\nassensi, comunque denominati, inclusi quelli per  la  valutazione  di\nimpatto ambientale, paesaggistica e culturale, e  per  gli  eventuali\nespropri, ove necessari ai fini della realizzazione degli interventi,\n...omissis... Inoltre, allega la documentazione  da  cui  risulti  la\ndisponibilita\u0027 dell\u0027area su cui  realizzare  l\u0027impianto  e  le  opere\nconnesse, ivi comprese le aree demaniali». \n    13. Nel caso di specie, la Societa\u0027 ricorrente al  momento  della\npresentazione della domanda di AU non  aveva  presentato  istanza  di\nnulla osta e/o di concessione demaniale per l\u0027utilizzo delle aree  su\ncui ricadono le opere connesse all\u0027impianto di proprio  interesse,  e\ncio\u0027  pur  essendo  consapevole  della  necessita\u0027  di  tale   titolo\nabilitativo. Onde ottenere la disponibilita\u0027 dei tali aree  e\u0027  stato\nattivato apposito endoprocedimento del quale,  come  rimarcato  dalla\nricorrente,  si  fa  richiamo  anche  nel  modulo  di  domanda.  Tale\nendoprocedimento ha coinvolto in prima battuta il Consorzio  bonifica\nSardegna meridionale, che ha  evidenziato  diverse  interferenze  del\nprogetto con opere di irrigazione, e  la  conseguente  necessita\u0027  di\nintegrazioni necessarie poter rilasciare il nulla osta  (propedeutico\nal provvedimento concessorio vero e proprio).  La  domanda  di  parte\nricorrente  e\u0027   stata   dunque   archiviata   per   mancanza   della\ndimostrazione del possesso  della  concessione,  o,  quantomeno,  del\nnulla osta relativo all\u0027occupazione di terreni in  cui  edificare  le\nopere connesse all\u0027impianto. \n    14. I motivi di impugnazione relativi al decreto ministeriale  21\ngiugno 2024 non rileverebberonel caso che oggi ci  occupa.  Per  cio\u0027\nche attiene, invece  all\u0027applicabilita\u0027  alla  fattispecie  in  esame\ndell\u0027art. 5 del decreto legge n. 63/2024 - che ha introdotto il comma\n1-bis all\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - e della legge\nregionale n. 20/2024 di individuazione delle aree idonee e non idonee\nad ospitare impianti FER, detti provvedimenti  legislativi  sarebbero\ncitati  nel  provvedimento  di  archiviazione  impugnato  solo   come\n«ulteriori  elementi  ostativi»  alla  realizzazione   del   progetto\nproposto. 3.1 Ad ogni buon  conto,  le  leggi  regionali,  una  volta\napprovate, si reggerebbero da sole e noverebbero  la  fonte  inerente\nsia al decreto legislativo n. 199/2021 che  (a  maggior  ragione)  al\ndecreto ministeriale 21 giugno 2024, le quali,  entrambe,  potrebbero\nin ipotesi assurgere a parametri interposti in sede  di  promovimento\ndi una questione di  legittimita\u0027  costituzionale  delle  stesse.  La\nlegge regionale sarda n. 20/2024  ha  dato  attuazione  alla  ridetta\nnormativa nazionale qualificando, tra le altre fattispecie,  le  zone\nurbanistiche omogenee «E» (agricole) come inidonee alla realizzazione\ndi impianti fotovoltaici. La stessa si applica  anche  agli  impianti\nper i quali al momento della sua entrata in vigore sono  in  corso  i\nprocedimenti autorizzativi nonche\u0027 per  quelli  autorizzati  che  non\nabbiano determinato una modifica irreversibile dei  luoghi  (art.  1,\ncomma 2, legge regionale n. 20/2024). \n    15. In merito, la difesa regionale adduce che la Regione Sardegna\ngode di competenza legislativa esclusiva - e, per  il  principio  del\nparallelismo (art. 117, settimo comma, della Costituzione  e  art.  6\ndello Statuto speciale per la Sardegna), anche quella  amministrativa\n-  in  particolare,  nella  materia  della  tutela  e  pianificazione\npaesaggistica, ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica\nn. 480/1975 e  della  relativa  costante  interpretazione  sul  punto\nfornita dalla Corte costituzionale, e nelle materie  dell\u0027urbanistica\ne dell\u0027agricoltura e  foreste,  ai  sensi  dell\u0027art.  3  del  proprio\nstatuto  speciale  (legge  costituzionale  n. 3/1948).  La   Sardegna\ndispone  anche  di  competenza  concorrente   nella   materia   della\n«produzione  e  distribuzione  dell\u0027energia   elettrica»   ai   sensi\ndell\u0027art. 4 del proprio Statuto speciale, parificabile, nel combinato\ndisposto dell\u0027art. 117, terzo comma della  Costituzione  e  dell\u0027art.\n10, legge  costituzionale  n.  3/2001,  a  quella  concorrente  della\n«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia» di cui\ngodono le regioni «ordinarie» ai sensi del terzo comma dell\u0027art.  117\ndella Costituzione. (cfr. sent.  Corte  costituzionale  n.  383/2005,\npunto 14 del Considerato in diritto). In tale settore il  legislatore\nstatale ha il compito di tratteggiare i principi della  materia,  nel\nrispetto  degli  obblighi  derivanti  dall\u0027ordinamento  eurounitario.\nSpetterebbe invece  alle  regioni,  entro  la  cornice  dei  suddetti\nprincipi, governare e pianificare il proprio territorio identificando\nle  zone  in  cui  sara\u0027  o  meno  possibile  costruire  impianti  di\nproduzione di energia da fonti rinnovabili; e cio\u0027  anche  in  virtu\u0027\ndel  principio  di  sussidiarieta\u0027  di   cui   all\u0027art.   118   della\nCostituzione. Che ai fini della «mappatura» del territorio  si  debba\nintervenire con legge regionale e\u0027 previsto, peraltro, esplicitamente\ndall\u0027art.  20,  comma  4,  decreto  legislativo  n.   199/2021,   che\ndisciplina in modo congiunto  sia  le  aree  idonee  che  quelle  non\nidonee,  come  si  evince  dalla  rubrica  del   medesimo   art.   20\n(«Disciplina per l\u0027individuazione di  superfici  e  aree  idonee  per\nl\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili»).  Pertanto,  se  e\u0027\npacifico che le aree idonee siano catalogate  con  legge,  lo  stesso\nvarrebbe, anche solo per mera  «sottrazione»,  pure  per  quelle  non\nidonee. \n    16. La legge regionale sarebbe anche legittima nella parte in cui\nprevede che nelle aree non idonee e\u0027 vietato realizzare le  tipologie\ndi impianti FER come specificate negli allegati alla legge  medesima.\nIl decreto ministeriale 21 giugno 2024 definisce infatti le aree  non\nidonee  come  «incompatibili  con   l\u0027installazione   di   specifiche\ntipologie di impianti» (art. 1,  comma  2,  lettera  b):  il  termine\n«incompatibili» non potrebbe intendere altro che «impedimento». \n    17. Le amministrazioni statali si sono  costituite  adducendo  la\npropria estraneita\u0027 alla presente controversia. \n    18. Con le memorie presentate  in  vista  dell\u0027udienza  le  parti\nhanno ulteriormente argomentato a sostegno delle proprie ragioni. \n    19. All\u0027udienza pubblica del 21 maggio 2025  la  causa  e\u0027  stata\ntrattenuta in decisione. \n \n                               Diritto \n \n    20. Il giudizio puo\u0027 essere definito solo  parzialmente,  essendo\nrilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate in relazione alle disposizioni  della  legge\ndella Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024. \n    21. Va  preliminarmente  rigettata  l\u0027eccezione  di  incompetenza\nterritoriale sollevata dalla difesa regionale.  Va  infatti  rilevato\nche ai  sensi  dell\u0027art.  13,  comma  4-bis,  c.p.a.,  la  competenza\nterritoriale relativa al provvedimento da cui  deriva  l\u0027interesse  a\nricorrere attrae a se\u0027 anche quella relativa  agli  atti  presupposti\ndallo stesso provvedimento, «tranne che si tratti di atti normativi o\ngenerali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari  criteri\ndi attribuzione della competenza». A quest\u0027ultimo riguardo  e\u0027  stato\nprecisato  che  «in  ipotesi  di  impugnazione  di  atti  generali  o\nnormativi,  insieme  agli  atti  applicativi  o  conseguenziali,   la\ncompetenza territoriale per l\u0027intera controversia  va  attribuita  al\ngiudice cui spetta la  cognizione  dell\u0027atto  generale  o  normativo»\n(Cons. St., III, ord. 25 ottobre 2017, n. 4930). \n    22. Ai fini della  determinazione  della  competenza  come  sopra\nindividuata non puo\u0027 avere alcuna rilevanza  la  circostanza  che  il\nprovvedimento applicativo rechi una pluralita\u0027 di motivazioni in tesi\nautonomamente in grado di  reggere  la  determinazione  adottata.  La\nvalutazione dell\u0027incidenza dell\u0027impugnazione dell\u0027atto generale e dei\nrelativi motivi nell\u0027economia del gravame costituisce,  infatti,  una\nvalutazione di merito che, come tale,  e\u0027  comunque  successiva  alla\nquestione della competenza. \n    23. Neppure potrebbe ritenersi  che,  una  volta  intervenuta  la\nlegge   regionale,   le   disposizioni   del   decreto   ministeriale\nperderebbero autonoma rilevanza, potendo al piu\u0027 fungere da parametro\ninterposto nel giudizio di costituzionalita\u0027 della legge regionale. A\nprescindere dalla circostanza che anche tale valutazione deve  essere\ncompiuta dal giudice competente, va rilevato che nella misura in  cui\nla legge regionale costituisca espressione  di  scelte  consentite  o\nimposte  dalla  disciplina  ministeriale,  che  si  traducano  in  un\npregiudizio  per  i  destinatari  degli  atti  applicativi,  sussiste\nsenz\u0027altro l\u0027interesse del soggetto leso dalle relative previsioni  a\nsollecitarne il controllo giurisdizionale e a eventualmente ottenerne\nl\u0027annullamento, anche agli effetti conformativi. In  caso  contrario,\nd\u0027altra parte, verrebbe  a  configurarsi  un  segmento  di  attivita\u0027\namministrativa del tutto sottratto al controllo  giurisdizionale,  in\nquanto l\u0027operatore  che  si  ritenga  leso  da  tali  previsioni  non\npotrebbe far valere le proprie ragioni con  l\u0027immediata  impugnazione\ndell\u0027atto generale non ancora concretamente lesivo (v., diffusamente,\nTAR Lazio - Roma, III, 13 maggio 2025, n.  9155,  punti  1.2.8  ss.),\nmentre, una volta che la disciplina da esso  dettata  abbia  ricevuto\napplicazione per il tramite della legge regionale,  secondo  la  tesi\npropugnata dalla Regione essa non potrebbe piu\u0027 costituire oggetto di\nautonoma censura, prospettiva che non  puo\u0027  in  nessun  modo  essere\ncondivisa, traducendosi in un patente vulnus del diritto alla  tutela\ngiurisdizionale. Da cio\u0027 deriva anche che non puo\u0027  essere  condivisa\nla prospettata estraneita\u0027 delle  amministrazioni  centrali  intimate\nrispetto  alla  presente   controversia,   costituendo   il   decreto\nministeriale 21  giugno  2024  oggetto  del  giudizio  e  risultando,\npertanto,  correttamente  incardinato  il  medesimo  anche  nei  loro\nconfronti. \n    24. Passando all\u0027esame del  merito,  va  anzitutto  rigettato  il\nquinto motivo, con il quale si deduce la violazione dell\u0027art.  10-bis\ndella  legge   n.   241/1990   in   ragione   dell\u0027indicazione,   nel\nprovvedimento di archiviazione, di motivi ostativi non  indicati  nel\npreavviso di rigetto. \n    25. Sul  punto,  va  infatti  osservato  che  i  motivi  ostativi\nulteriori consistono nel richiamo alla disciplina cogente di legge la\ncui  applicabilita\u0027  renderebbe  del  tutto   vincolata   l\u0027attivita\u0027\namministrativa. Trova applicazione, pertanto, l\u0027art. 21-octies, comma\n2, primo periodo, della  legge  n.  241/1990,  secondo  cui  «Non  e\u0027\nannullabile il provvedimento adottato  in  violazione  di  norme  sul\nprocedimento  o  sulla  forma  degli  atti  qualora,  per  la  natura\nvincolata  del  provvedimento,  sia  palese  che  il  suo   contenuto\ndispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello  in  concreto\nadottato». Non rileva la previsione dell\u0027ultimo  periodo  del  citato\ncomma 2, che ha invece riguardo alla diversa fattispecie  di  cui  al\nsecondo periodo. \n    26. Il primo motivo e\u0027 fondato. \n    27. Il paragrafo  14.4  delle  linee  guida  di  cui  al  decreto\nministeriale 10 settembre 2010, nel disciplinare il procedimento  per\nl\u0027autorizzazione  unica,  stabilisce  che  «Entro  15  giorni   dalla\npresentazione dell\u0027istanza, l\u0027Amministrazione competente,  verificata\nla completezza formale della documentazione, comunica al  richiedente\nl\u0027avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n.\n241 del  1990  e  successive  modificazioni  e  integrazioni,  ovvero\ncomunica  la  improcedibilita\u0027   dell\u0027istanza   per   carenza   della\ndocumentazione prescritta; in tal caso il  procedimento  puo\u0027  essere\navviato  solo  alla  data  di  ricevimento   dell\u0027istanza   completa.\nTrascorso detto termine senza che l\u0027amministrazione abbia  comunicato\nl\u0027improcedibilita\u0027, il procedimento si intende avviato». \n    28. Come la giurisprudenza  ha  gia\u0027  chiarito,  tale  previsione\nintegra una forma  di  «silenzio-assenso»  operante  (esclusivamente)\n«sul piano della procedibilita\u0027 dell\u0027istanza, quale  misura  volta  a\ndeterminare un\u0027accelerazione procedimentale e a favorire un esame nel\nmerito delle relative richieste» (Cons. St., IV, 22 gennaio 2025,  n.\n466). La suddetta lettura e\u0027, del  resto,  l\u0027unica  che  consenta  di\nattribuire  un  significato  alla  previsione  per  cui  la   mancata\ncomunicazione dell\u0027improcedibilita\u0027 entro il  termine  di  15  giorni\ndetermina l\u0027avvio del procedimento. Se la norma dovesse leggersi  nel\nsenso che il procedimento non potrebbe comunque considerarsi  avviato\nove, anche dopo la scadenza  del  termine,  l\u0027Amministrazione  rilevi\ncarenze documentali, la richiamata disposizione perderebbe,  infatti,\nogni utilita\u0027. \n    29. Consegue da quanto sopra che,  trascorso  il  termine  di  15\ngiorni dalla presentazione dell\u0027istanza, e quindi a decorrere dal  22\nnovembre 2023, il procedimento avrebbe dovuto  considerarsi  avviato,\ncon la conseguenza  che  l\u0027Amministrazione  non  avrebbe  mai  potuto\ndisporne l\u0027archiviazione per carenze documentali,  essendo  piuttosto\nonerata di esercitare i poteri istruttori di cui al  paragrafo  14.11\ndelle linee guida. \n    30. Anche il secondo motivo e\u0027 fondato. \n    31. Va premesso che  ai  fini  del  decidere  non  assume  alcuna\nrilevanza la disciplina prevista dall\u0027art. 10 del decreto legislativo\n25 novembre 2024, n. 190, non applicabile ratione temporis in ragione\ndi quanto disposto dall\u0027art. 15, comma 2, del suddetto decreto. \n    32. Cio\u0027 posto, ai sensi dell\u0027art. 12, comma 4-bis,  del  decreto\nlegislativo 29 dicembre  2003,  n.  387,  «Per  la  realizzazione  di\nimpianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a  biogas  e\ngli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e  per\nimpianti fotovoltaici, ferme  restando  la  pubblica  utilita\u0027  e  le\nprocedure conseguenti per  le  opere  connesse,  il  proponente  deve\ndimostrare   nel   corso   del   procedimento,   e   comunque   prima\ndell\u0027autorizzazione, la disponibilita\u0027 del suolo  su  cui  realizzare\nl\u0027impianto. Per gli impianti  diversi  da  quelli  di  cui  al  primo\nperiodo il proponente, in sede  di  presentazione  della  domanda  di\nautorizzazione di cui al comma 3, puo\u0027 richiedere la dichiarazione di\npubblica   utilita\u0027   e   l\u0027apposizione   del   vincolo   preordinato\nall\u0027esproprio   delle   aree    interessate    dalla    realizzazione\ndell\u0027impianto e delle opere connesse». \n    33. E\u0027 poi intervenuto l\u0027art. 65, comma 5, del  decreto-legge  24\ngennaio 2012, n. 1 (convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  24\nmarzo 2012, n. 27), il quale,  allorquando  l\u0027art.  12,  comma  4-bis\ncitato contemplava solo la disposizione di cui al primo  periodo,  ha\n«chiarito» che «Il comma 4-bis dell\u0027art. 12 del  decreto  legislativo\n29 dicembre 2003, n. 387, introdotto dall\u0027art. 27,  comma  42,  della\nlegge 23 luglio 2009, n. 99, deve intendersi riferito  esclusivamente\nalla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in  aree\nclassificate  come  zone   agricole   dagli   strumenti   urbanistici\ncomunali». \n    34.  Al  di  la\u0027  del  possibile  corto-circuito   interpretativo\ngenerato dalla successiva interpolazione del medesimo comma 4-bis  ad\nopera dell\u0027art. 7, comma 3-bis, del decreto-legge 17 maggio 2022,  n.\n50 (convertito, con modificazioni, dalla legge  15  luglio  2022,  n.\n91), che ha introdotto il secondo periodo (e che, ove  riferito  agli\n«impianti diversi da quelli di cui al primo periodo» assunti  secondo\nl\u0027interpretazione di cui al decreto legge n.  1/2012,  comprenderebbe\nanche gli impianti  fotovoltaici),  dal  suddetto  intervento  si  e\u0027\ntratta comunque (soltanto) la conclusione che, «se poteva  ammettersi\nche  la  disponibilita\u0027  dell\u0027area  (ossia  non  necessariamente   la\nproprieta\u0027 ma comunque un titolo  idoneo  al  suo  utilizzo)  potesse\ncomunque intervenire nel  corso  del  procedimento,  la  disposizione\nsuddetta ha escluso  tale  \"favor\"  per  gli  impianti  fotovoltaici»\n(Cons. St., IV, 26 ottobre 2016, n. 4538), senza pertanto che venisse\nmeno la possibilita\u0027, del resto pacificamente riconosciuta,  che  per\nl\u0027acquisizione della disponibilita\u0027 delle aree su cui  realizzare  le\nopere connesse potesse farsi luogo alla richiesta di dichiarazione di\npubblica utilita\u0027 e all\u0027esproprio. \n    35. Consegue da quanto sopra che,  rispetto  alla  disponibilita\u0027\ndei terreni necessari per la realizzazione delle opere  connesse,  in\nnulla i progetti relativi alla realizzazione di impianti fotovoltaici\ndifferiscono rispetto alla generalita\u0027 degli altri impianti  FER.  Le\nlinee guida di cui al decreto ministeriale 10  settembre  2010  (par.\n13.1, lettere c)  e  d))  prevedono  infatti  invariabilmente,  quale\ndocumentazione da produrre in allegato  all\u0027istanza,  quella  da  cui\nrisulti la  disponibilita\u0027  dell\u0027area  su  cui  realizzare  le  opere\nconnesse,  salva  la  possibilita\u0027  di  ricorrere   al   procedimento\nespropriativo. \n    36. Da tali previsioni non sembra, tuttavia, doversi desumere che\nove tale disponibilita\u0027 passi per la concessione di  superfici  o  di\nrisorse  pubbliche,  detto  titolo  debba  anche   essere   acquisito\nanteriormente  al  procedimento  unico  e  non  possa,  invece,   ivi\nconfluire, rinvenendosi previsioni che, al contrario,  attestano  che\ncio\u0027 e\u0027 ben possibile. \n    37. Tanto era previsto dall\u0027art. 12, comma 3, decreto legislativo\nn.  387/2003  per  gli  impianti  off-shore,  ivi  precisandosi   che\n«l\u0027autorizzazione  e\u0027  rilasciata  dal  Ministero  della  transizione\necologica di concerto  il  Ministero  delle  infrastrutture  e  della\nmobilita\u0027 sostenibili e sentito, per gli aspetti legati all\u0027attivita\u0027\ndi pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari\ne forestali, nell\u0027ambito del provvedimento  adottato  a  seguito  del\nprocedimento unico di cui al comma 4, comprensivo del rilascio  della\nconcessione d\u0027uso del demanio marittimo». \n    38. Le medesime linee guida, al paragrafo 13.1  lettera  e),  per\ngli  impianti  idroelettrici  richiedono,  quale  documentazione   da\nprodurre  a  corredo  dell\u0027istanza,  la  concessione  di  derivazione\nd\u0027acqua per uso idroelettrico «qualora sia stata  gia\u0027  acquisita»  e\ncontemplano altresi\u0027, tra gli atti di assenso  che  confluiscono  nel\nprocedimento unico, «il mutamento di destinazione d\u0027uso temporaneo  o\ndefinitivo dei terreni gravati da uso civico di  cui  alla  legge  n.\n1766  del  1927  e  successive   modificazioni»,   ricondotto   dalla\ngiurisprudenza all\u0027ambito proprio dei procedimenti di concessione dei\nbeni demaniali (cfr. TAR Veneto, I, 9  aprile  2025,  n.  514)  e  in\nrelazione al quale si pongono le medesime  esigenze  di  trasparenza,\npubblicita\u0027, imparzialita\u0027 e concorrenza che caratterizzano  l\u0027ambito\nconcessorio (cfr. Cons. St., IV, 26 marzo 2013, n. 16989; TAR Veneto,\nn. 514/25 cit.). \n    39. Le stesse argomentazioni spese dall\u0027Amministrazione regionale\nper giustificare il diverso avviso sostenuto  presentano  profili  di\nambiguita\u0027 difficilmente superabili, anzitutto laddove si afferma che\n«la  dimostrazione  della   predetta   disponibilita\u0027   si   consegue\npresentando preventivamente la richiesta di nulla  osta  dell\u0027ufficio\npreposto alla  cura  del  demanio  regionale»  (ove  quindi  parrebbe\nsufficiente aver presentato l\u0027istanza)  e,  soprattutto,  laddove  si\nconfigura l\u0027acquisizione del nulla-osta propedeutico alla concessione\ncome «una fase endoprocedimentale», ove il nulla-osta «confluisce poi\nnella conferenza di servizi relativa al procedimento di AU». \n    40.  Consegue  da  quanto   sopra   che,   nel   regime   vigente\nanteriormente  all\u0027entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.\n190/2024, ove  ai  fini  della  disponibilita\u0027  dei  terreni  su  cui\nrealizzare le opere connesse sia necessario un titolo concessorio, e\u0027\nsenz\u0027altro  possibile  che  la  relativa  acquisizione  avvenga   nel\ncontesto del procedimento unico, senza che la mancanza di  un  previo\nnulla-osta   possa   costituire   un   motivo   di   improcedibilita\u0027\ndell\u0027istanza. \n    41. Anche  il  terzo  motivo  merita  positivo  apprezzamento  in\nragione di quanto  osservato  con  riferimento  al  primo  mezzo.  Il\nprocedimento, infatti, doveva intendersi gia\u0027 avviato alla  data  del\n22 novembre 2023, sicche\u0027 era pienamente applicabile l\u0027art. 5,  comma\n2,  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63  (convertito,   con\nmodificazioni, dalla legge 12 luglio 2024,  n.  101),  ai  sensi  del\nquale il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra in zone classificate agricole  non  si  applica  ai\nprogetti «per i quali, alla data di entrata in  vigore  del  presente\ndecreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative,\ncomprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento\ndei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli  impianti  e  delle\nrelative opere connesse ovvero sia stato rilasciato  almeno  uno  dei\ntitoli medesimi». Ne deriva  anche  il  difetto  di  rilevanza  delle\nquestioni  di  legittimita\u0027  costituzionale  sollevate  dalla   parte\nricorrente  rispetto  alla  predetta  disciplina,  che  non   risulta\napplicabile al progetto di cui e\u0027 causa. \n    42. Tutto quanto  sopra  non  e\u0027  peraltro  sufficiente  ai  fini\ndell\u0027annullamento  del  provvedimento  di   archiviazione,   che   e\u0027\nulteriormente sorretto dal richiamo alle previsioni di cui alla legge\ndella Regione autonoma della Sardegna 5 dicembre  2024,  n.  20,  che\nannovera l\u0027area di impianto tra quelle non idonee e che introduce  un\ndivieto di realizzazione  degli  impianti  FER  in  aree  non  idonee\napplicabile «anche agli impianti e gli accumuli FER la cui  procedura\nautorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale  o\nstatale, e\u0027 in corso al momento dell\u0027entrata in vigore»  della  legge\n(art. 1, comma 5). \n    43. Occorre a questo punto prioritariamente esaminare le  censure\nportate dalla ricorrente avverso il decreto  ministeriale  21  giugno\n2024, con il quale l\u0027Autorita\u0027 ministeriale ha individuato i  criteri\nper  l\u0027individuazione,  da  parte  delle  regioni  e  delle  Province\nautonome, delle aree idonee e non idonee. \n    44. E\u0027 infondata la doglianza con la quale si lamenta che, avendo\nl\u0027art. 1, comma 1, lettera b), definito le  aree  «non  idonee»  come\n«incompatibili» con la realizzazione di impianti rinnovabili, da cio\u0027\nconsegua l\u0027impossibilita\u0027 di realizzare progetti nelle aree suddette. \n    45. Come la Sezione ha gia\u0027 chiarito (cfr. sentenza n. 9155/2025,\npar. 1.2.5), «proprio sulla scorta delle scelte  compiute  [...]  con\nl\u0027adozione del gravato decreto ministeriale -  e  condivise  con  gli\nenti territoriali - emerge come, contrariamente  a  quanto  sostenuto\ndalle societa\u0027 ricorrenti, nel complessivo nuovo impianto normativo e\nregolamentare sia sostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura\ne finalita\u0027, la portata precettiva del concetto di \"area non  idonea\"\nrispetto a quanto previsto dal paragrafo 17 e dall\u0027Allegato  3  delle\nlinee guida del 2010, non  traducendosi,  ora  come  allora,  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER,  ed  essendo\nsolo  funzionale  ad  indicare  la  sussistenza   di   \"una   elevata\nprobabilita\u0027  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di\nautorizzazione\"». \n    46. Da  cio\u0027  consegue  anche  la  manifesta  infondatezza  delle\nquestioni  di  legittimita\u0027  costituzionale  sollevate  dalla   parte\nricorrente rispetto all\u0027art. 20, comma 4, del decreto legislativo  n.\n199/2021,  laddove  individua  la  «legge»  e  non  un  provvedimento\namministrativo quale strumento per  attuare  il  sistema  delle  aree\nidonee. \n    47. Al riguardo, occorre  ricordare  anzitutto  che,  secondo  la\npacifica giurisprudenza costituzionale, «in  linea  di  principio  la\ntutela  giudiziaria  non  viene  meno  per   il   trasferimento   del\ncontenzioso alla giurisdizione costituzionale» (Corte costituzionale,\nsentenza 23 giugno 2020, n. 116). \n    48. In secondo luogo, dalla  sopra  ricordata  ricostruzione  del\nconcetto di area non idonea emerge  che  le  previsioni  della  legge\nregionale sul punto non conducono all\u0027individuazione di aree vietate,\nbensi\u0027 di aree caratterizzate da «una elevata probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle  valutazioni,  in  sede  di  autorizzazione»,  con  la\nconseguenza che e\u0027  sempre  necessario  confermare,  «nell\u0027ambito  di\nsingoli procedimenti» (cfr. l\u0027art. 20, comma 7,  decreto  legislativo\nn. 199/2021), la non idoneita\u0027 dell\u0027area in relazione alle specifiche\ncaratteristiche dell\u0027iniziativa proposta e dei territori interessati. \n    49. Ne deriva che, per un  verso,  le  scelte  compiute  in  sede\nlegislativa non pregiudicano, di per se\u0027, l\u0027interesse  dell\u0027operatore\nche intenda avviare un progetto in  area  non  idonea  e,  per  altro\naverso, l\u0027eventuale diniego di autorizzazione consegue in ogni caso a\nuna valutazione condotta dall\u0027amministrazione censurabile innanzi  al\ngiudice  amministrativo,  il  quale  peraltro   potra\u0027   anche,   ove\nrilevanti, rimettere alla Corte costituzionale eventuali questioni di\nlegittimita\u0027 costituzionale che afferiscano alla disciplina di  rango\nlegislativo. \n    50. Non si configura, pertanto, alcuna  violazione  dell\u0027art.  24\ndella Costituzione, essendo  in  ogni  caso  assicurato  un  completo\ncontrollo di legittimita\u0027 dell\u0027azione amministrativa, fermo  restando\nil sindacato di costituzionalita\u0027 delle leggi  e  degli  atti  aventi\nforza di legge nei termini consueti. \n    51.  Neppure  e\u0027  predicabile  alcun  vulnus  all\u0027art.  97  della\nCostituzione, posto che dal sistema come sopra delineato emerge  come\nnon sia in alcun modo venuta meno  la  ponderazione  degli  interessi\nrimessa all\u0027amministrazione, sia pure sulla base dei criteri generali\nstabili  dalla  legge  regionale  e,  prima   ancora,   dal   decreto\nministeriale. \n    52. Il quarto motivo e\u0027,  invece,  fondato  nella  parte  in  cui\ncensura il decreto ministeriale 21  giugno  2024  ove  consente  alle\nregioni la possibilita\u0027  di  non  «tener  conto»  delle  aree  idonee\npreviste ex lege dall\u0027art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021. Come la Sezione ha  gia\u0027  rilevato  (cfr.  la  sentenza  n.\n9155/2025 cit., part. 8.2), la disciplina ministeriale e\u0027  sul  punto\n«insufficiente  a  salvaguardare  [le  iniziative  gia\u0027   intraprese,\nn.d.r.] dalle sopravvenienze normative che, in  seguito  all\u0027adozione\ndelle leggi regionali, potrebbero mutare la qualificazione delle aree\nsu cui sono localizzati gli impianti per i quali risultano in corso i\nprocedimenti di autorizzazione, al momento dell\u0027adozione del  decreto\nministeriale del  21  giugno  2024.  La  concessione  della  suddetta\nfacolta\u0027, infatti, non assicura il mantenimento della  qualificazione\ndi area idonea operata medio tempore dalla legge e, dunque, non  puo\u0027\ncostituire una valida misura  di  salvaguardia  delle  iniziative  in\ncorso, tenuto conto del fatto che le stesse,  in  base  al  combinato\ndisposto dell\u0027art. 20, comma 8, e  22,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021  hanno  avuto  accesso  alle  agevolazioni  e  accelerazioni\nprocedimentali previste con la introduzione  del  regime  delle  aree\nidonee». \n    53. Va, pertanto, annullato l\u0027art. 7, comma 2,  lettera  c),  del\ndecreto   ministeriale   21   giugno   2024,   con   l\u0027obbligo    per\nl\u0027Amministrazione di rideterminarsi sul punto ai sensi e nei  termini\ndi cui alla richiamata sentenza n. 9155/2025. \n    54. Tutto quanto sopra non conduce, allo stato,  all\u0027annullamento\ndel provvedimento  di  archiviazione  del  procedimento.  Vi  ostano,\ninfatti, le disposizioni della legge  della  Regione  autonoma  della\nSardegna n. 20/2024, che hanno sostanzialmente introdotto un  divieto\ndi realizzazione di impianti FER  in  area  non  idonea,  applicabile\nanche ai progetti con procedimenti avviati. \n    55. Il Collegio ritiene, peraltro, rilevanti e non manifestamente\ninfondate,  nei  termini  di  seguito  precisati,  le  questioni   di\nlegittimita\u0027  costituzionale  sollevate  dalla  parte  ricorrente  in\nordine a tale disciplina, in particolare quanto alla  previsione  per\ncui «e\u0027 vietata la realizzazione di impianti ricadenti nelle ... aree\nnon idonee ... individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E»,  sia  in\nquanto introduce un divieto assoluto di realizzazione degli  impianti\nFER in area non idonea, sia in quanto e\u0027 resa applicabile anche  agli\nimpianti la cui  procedura  autorizzativa  e\u0027  in  corso  al  momento\ndell\u0027entrata in vigore della legge. \n    56. Ad  avviso  del  Collegio  va,  in  particolare,  rimessa  al\ngiudizio della Corte costituzionale la  valutazione  di  legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7  e  8,  e  3,  nonche\u0027\ndegli allegati A, B, C, D ed E della legge citata, per contrasto  con\ngli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della  Costituzione,  nonche\u0027  con\nl\u0027art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e gli articoli 3  e  4\ndella legge costituzionale n. 3/1948, anche in relazione ai  principi\nespressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)\n2018/1999, come modificati dalla direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027\ndal regolamento (UE) 2021/1119. \n    Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndegli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli  allegati  A,\nB, C, D ed E della legge della Regione  Autonoma  della  Sardegna  n.\n20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 41,  11,  97,  117  della\nCostituzione, nonche\u0027  all\u0027art.  10  della  legge  costituzionale  n.\n3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n    57. Le aree non idonee come individuate dalla legge della Regione\nSardegna n. 20/2024 si sovrappongono all\u0027area del  progetto  proposto\ndalla ricorrente, gia\u0027 collocato in area idonea  ai  sensi  dell\u0027art.\n20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e c-quater, del decreto legislativo\nn. 199/2021. Sulla base del combinato disposto dell\u0027art. 1, commi  2,\n5 e  7,  il  predetto  progetto  non  potrebbe  essere  ulteriormente\ncoltivato, in quanto la finanche parziale collocazione  in  area  non\nidonea determina, ai sensi del citato  comma  7,  l\u0027applicazione  del\ncomma 5, secondo cui «E\u0027  vietata  la  realizzazione  degli  impianti\nricadenti nelle rispettive aree non idonee». \n    58. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista  dall\u0027art.\n7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove  si  limita  a\nconsentire alle regioni la mera «possibilita\u0027 di fare salve  le  aree\nidonee di cui all\u0027art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre\n2021, n. 199 vigente alla data di  entrata  in  vigore  del  presente\ndecreto», rivela tutta la sua  insufficienza,  nonche\u0027  il  contrasto\nfrontale con il criterio di  delega  di  cui  all\u0027art.  5,  comma  1,\nlettera a), n. 1), della legge delega  n.  53/2021,  ai  sensi  della\nquale la disciplina di cui al  decreto  ministeriale  avrebbe  dovuto\n«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso\nche risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti\npreesistenti». \n    59. L\u0027annullamento del predetto decreto non  consente,  peraltro,\nl\u0027annullamento (anche) del provvedimento  di  archiviazione,  che  e\u0027\nretto dalle disposizioni della legge  regionale.  In  mancanza  della\ndeclaratoria di illegittimita\u0027 costituzionale della  predetta  legge,\nil Collegio sarebbe pertanto tenuto al rigetto della domanda, essendo\nl\u0027esito del procedimento del tutto vincolato. \n    60. Viceversa,  nel  caso  in  cui  la  legge  regionale  venisse\ndichiarata   incostituzionale,   il   Collegio    potra\u0027    procedere\nall\u0027annullamento del provvedimento di archiviazione, che risulterebbe\nviziato in via derivata  dall\u0027illegittimita\u0027  riscontrata  in  ordine\nalla   carente   disciplina   transitoria   prevista   dal    decreto\nministeriale.  Da  qui  la  rilevanza  delle  questioni  di   seguito\nillustrate ai fini del presente giudizio. \n    Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7  e  8,  e  3,  nonche\u0027\ndegli allegati A, B, C, D ed E della  legge  della  Regione  Autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,\n97,  117  della  Costituzione,  nonche\u0027  all\u0027art.  10   della   legge\ncostituzionale  n.  3/2001  e  agli  articoli  3  e  4  della   legge\ncostituzionale n. 3/1948. \n    61.  La  disciplina  statutaria  assegna  alla  Regione  autonoma\nSardegna  la  competenza  primaria  in   materia   di   «edilizia   e\nurbanistica» (art. 3, lettera f), nonche\u0027  la  correlata  «competenza\npaesaggistica» ai sensi dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente  della\nRepubblica n.  480  del  1975.  L\u0027art.  4,  lettera  e),  prevede  la\ncompetenza  concorrente  nella  materia  «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia elettrica», da  esercitarsi  nel\nlimite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. \n    62. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge  di  Governo\ndel territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»\n(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha  ad  oggetto\nprecipuo «l\u0027individuazione di aree e superfici idonee  e  non  idonee\nall\u0027installazione  e  promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia\nrinnovabile (FER)», e\u0027 da  ritenersi  che  afferisca  prevalentemente\nalla competenza statutaria in materia di «produzione e  distribuzione\ndell\u0027energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). \n    63. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse\n-  quella  primaria  di  tutela  del  paesaggio  e  di  edilizia   ed\nurbanistica e quella concorrente in materia di  energia  elettrica  -\ndevono comunque esercitarsi «In  armonia  con  la  Costituzione  e  i\nprincipi dell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto\ndegli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche\u0027\ndelle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della\nRepubblica»,   oltreche\u0027,   per   quanto   riguarda   la   competenza\nconcorrente, nel limite «dei principi  stabiliti  dalle  leggi  dello\nStato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello Statuto. \n    64. Nel  caso  in  esame,  le  disposizioni  di  cui  alla  legge\nregionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge\nstatale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che\nsi impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per  l\u0027espressa\nprevisione statutaria. \n    65.  Occorre  al  riguardo  previamente  richiamare   il   quadro\nnormativo unionale. \n    66. L\u0027art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il\nresto  del  mondo  l\u0027Unione  afferma  e  promuove  i  suoi  valori  e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei  suoi  cittadini»  A  tal\nfine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    67. L\u0027art. 6, par. 1,  TUE  precisa  che  «L\u0027Unione  riconosce  i\ndiritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti  nella  Carta  dei  diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il  12\ndicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo  stesso  valore  giuridico  dei\ntrattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato  di\ntutela dell\u0027ambiente e il miglioramento  della  sua  qualita\u0027  devono\nessere   integrati   nelle   politiche   dell\u0027Unione   e    garantiti\nconformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n    68. L\u0027art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che  «Le\nesigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate\nnella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche   e   azioni\ndell\u0027Unione,  in  particolare  nella  prospettiva  di  promuovere  lo\nsviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). \n    69. Secondo l\u0027art. 191 TFUE, «La politica dell\u0027Unione in  materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n          salvaguardia,  tutela  e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n          protezione della salute umana; \n          utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n          promozione sul piano internazionale di misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n        2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    70. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento  europeo\ne  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa\nordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e\ndel Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono\nessere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi  dell\u0027art.\n191». \n    71. L\u0027art. 194 TFUE stabilisce, a  sua  volta,  che  «Nel  quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e  tenendo\nconto  dell\u0027esigenza  di  preservare  e  migliorare  l\u0027ambiente,   la\npolitica dell\u0027Unione nel  settore  dell\u0027energia  e\u0027  intesa,  in  uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra  Stati  membri,  a  [...]  promuovere  il\nrisparmio  energetico,  l\u0027efficienza  energetica  e  lo  sviluppo  di\nenergie nuove e rinnovabili». \n    72. Protezione dell\u0027ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l\u0027uso  di\nfonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita\u0027  e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea  e  i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli  altri  impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto  serra.  Cio\u0027,  peraltro,  e\u0027  funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze  1\nluglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n    73. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l\u0027art.  191\nTFUE si limita a  definire  gli  obiettivi  generali  dell\u0027Unione  in\nmateria ambientale, mentre  l\u0027art.  192  TFUE  affida  al  Parlamento\neuropeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il compito di decidere  le\nazioni da avviare al fine del raggiungimento di detti  obiettivi.  Di\nconseguenza, l\u0027art. 191 TFUE non puo\u0027 essere invocato in quanto  tale\ndai privati al fine di  escludere  l\u0027applicazione  di  una  normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 TFUE  assume  rilevanza\nallorquando esso trovi attuazione nel diritto  derivato  (cfr.  CGUE,\nsentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). \n    74. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE  (ora\n192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE del\nParlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,\nsuccessivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23 aprile 2009. \n    75. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027  stato  considerato,  tra  l\u0027altro,\nche: \n      \"[...] \n        (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027  perseguito  dalla\npresente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all\u0027energia   da   fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici (« accordo di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata sostenuta\ndal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014,  le\nquali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri\nobiettivi nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i  contributi\nall\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati  e  andare\noltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027 accordo di Parigi e delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n        [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al  32%.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n        [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    76. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il  2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il\n2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    77. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art.  192  TFUE,\nha  istituito  un  quadro  per  il  conseguimento  della  neutralita\u0027\nclimatica, nel presupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  («accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi\ninquina paga», istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. \n        [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n        [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n        [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.\n[...] \n    78. Il  regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi»,\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto  ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    79.  Ai  sensi  dell\u0027art.  5  del  regolamento,  «Le  istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano\nstrategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    80. La direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        «[...] \n        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027  sano  per  tutti -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo».  La  transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi\u0027   a\nproteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo  di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione  del  45%  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n        [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n        [...] \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n        [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    81.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la\ndirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    82. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli\n192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria  base  legislativa  per  una\ngovernance  dell\u0027Unione  dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima\naffidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell\u0027Unione\ndell\u0027energia,  in  linea  con  l\u0027accordo  di  Parigi  del  2015   sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,\nattraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte\ndell\u0027Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita\u0027\namministrativa. \n    83. Nel configurare tale  meccanismo  e\u0027  stato  considerato,  in\nparticolare, che: \n        (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n        [...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40% delle emissioni di gas a  effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027 accordo di Parigi. L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare\ndi conseguenza il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio  e  la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027 accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi  2°C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per  limitare  tale  aumento  della  temperatura  a  1,5°C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n        [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n        [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi  per\nlimitare tale aumento a  1,5°C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    84. Il meccanismo di governance  si  e\u0027  tradotto,  tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)\n2023/2413): \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3): \n          «Ciascuno Stato membro definisce nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \na) dimensione «decarbonizzazione»: \n[...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \nEntro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno  il\ncontributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato  membro  prevede\ndi superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la\nsua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si aspetta di\nraggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,  nel  loro\ninsieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei  punti  di  riferimento\ndell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il  2030  di  cui\nall\u0027art.  3,   paragrafo   1,   della   direttiva   (UE)   2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n          d) l\u0027obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da\nfonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; \n          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi\npregressi. \n[...] \n        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma\ndei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n        «Se  nel  settore  dell\u0027energia  rinnovabile,  in  base  alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n          b)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          c)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art.  25,  paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n          e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n    85. La legge 22 aprile  2021,  n.  53,  ha  dettato  «Principi  e\ncriteri direttivi per l\u0027attuazione della  direttiva  (UE)  2018/2001,\nsulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili», demando\nal Governo, tra l\u0027altro: \n        la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata,  su\nproposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il\nMinistero dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e\ncon il Ministero per i  beni  e  le  attivita\u0027  culturali  e  per  il\nturismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati\nnel Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il  clima  (PNIEC),  di\nuna disciplina per l\u0027individuazione  delle  superfici  e  delle  aree\nidonee  e  non  idonee  per  l\u0027installazione  di  impianti  a   fonti\nrinnovabili nel rispetto delle  esigenze  di  tutela  del  patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e  dei  corpi  idrici,  nonche\u0027  delle  specifiche\ncompetenze dei Ministeri per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo,  delle  politiche  agricole   alimentari   e   forestali   e\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando\nl\u0027utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni\nindustriali e parcheggi, e aree non  utilizzabili  per  altri  scopi,\ncompatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilita\u0027  delle\nrisorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda\nelettrica, nonche\u0027 tenendo in considerazione  la  dislocazione  della\ndomanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo\ndella rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: \n          1) definizione dei criteri  per  l\u0027individuazione  di  aree\nidonee all\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili  aventi  una\npotenza complessiva almeno pari a quella individuata come  necessaria\ndal PNIEC per il raggiungimento degli  obiettivi  di  sviluppo  delle\nfonti rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra\nregioni e province autonome e previsione di  misure  di  salvaguardia\ndelle iniziative di sviluppo in corso che risultino  coerenti  con  i\ncriteri di localizzazione degli impianti preesistenti; \n          2)  previsione  di  un  termine  di   sei   mesi   per   la\nrealizzazione del processo  programmatorio  di  individuazione  delle\naree; \nb) di assicurare il rispetto dei principi della minimizzazione  degli\nimpatti sull\u0027ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della  sostenibilita\u0027  dei  costi  correlati  al\nraggiungimento di tale obiettivo. \n    86. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando\n«disposizioni necessarie  all\u0027  attuazione  delle  misure  del  Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    87. L\u0027art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: \n        con  uno  o  piu\u0027  decreti  del  Ministro  della  transizione\necologica di concerto con il Ministro della cultura,  e  il  Ministro\ndelle politiche agricole, alimentari e forestali,  previa  intesa  in\nsede di Conferenza  unificata,  sono  stabiliti  principi  e  criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e\nnon idonee all\u0027installazione di impianti a fonti  rinnovabili  aventi\nuna  potenza  complessiva  almeno  pari  a  quella  individuata  come\nnecessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di\nsviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  ai\nsensi del comma 8; \n        in via prioritaria, con i  suddetti  decreti  si  provvede  a\ndettare  i   criteri   per   l\u0027individuazione   delle   aree   idonee\nall\u0027installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel\nPNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per minimizzare  il  relativo  impatto\nambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti\nimpianti per unita\u0027 di superficie, nonche\u0027  dagli  impianti  a  fonti\nrinnovabili di produzione di energia elettrica gia\u0027 installati  e  le\nsuperfici  tecnicamente  disponibili,  e  altresi\u0027  a   indicare   le\nmodalita\u0027 per individuare  superfici,  aree  industriali  dismesse  e\naltre aree compromesse, aree  abbandonate  e  marginali  idonee  alla\ninstallazione di impianti a fonti rinnovabili; \n        i decreti stabiliscono anche la  ripartizione  della  potenza\ninstallata fra regioni e Province  autonome,  prevedendo  sistemi  di\nmonitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri\nper il trasferimento statistico fra le medesime  regioni  e  Province\nautonome; \n        nel dettare la disciplina delle aree idonee  si  tiene  conto\ndelle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,\ndelle aree agricole e forestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi\nidrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate,\nquali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche\u0027   di   aree   a\ndestinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e\nverificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con\nle caratteristiche e le  disponibilita\u0027  delle  risorse  rinnovabili,\ndelle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche\u0027\ntenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli\neventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete\nstessa; \n        conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti  di\ncui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in\nvigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree\nidonee; \n        in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i\nprincipi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull\u0027ambiente,   sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della  sostenibilita\u0027  dei  costi  correlati  al\nraggiungimento di tale obiettivo; \n        nelle more dell\u0027individuazione delle aree idonee, non possono\nessere  disposte  moratorie  ovvero  sospensioni  dei   termini   dei\nprocedimenti di autorizzazione; \n        le aree non incluse tra le aree  idonee  non  possono  essere\ndichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di produzione  di\nenergia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero\nnell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata\ninclusione nel novero delle aree idonee; \n        in attesa della  disciplina  di  cui  ai  menzionati  decreti\nattuativi, le aree idonee  sono  individuate  ex  lege  dal  medesimo\ndecreto legislativo. \n    88. Come precedentemente rilevato (cfr.  i  punti  41  ss.  della\npresente sentenza), il decreto ministeriale 21  giugno  2024  non  ha\ninnovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee  guida\ndi cui al decreto ministeriale 10 settembre  2010.  Queste,  infatti,\ncontinuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione  non\ncompatibili con l\u0027insediamento  [...]  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di impianti». Detta  incompatibilita\u0027,  tuttavia,  non  si\ntraduce  in  una  preclusione  assoluta,  bensi\u0027  in   «una   elevata\nprobabilita\u0027  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di\nautorizzazione», che dovra\u0027 comunque risultare all\u0027esito di specifica\nistruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione\ncontenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il  concetto\ndi area non idonea quale gia\u0027 enucleato dalle linee guida. \n    89. In contrasto con tali indicazioni, l\u0027art. 1, comma  5,  della\nlegge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce  che  «E\u0027  vietata  la\nrealizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non\nidonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai\ncommi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione  degli  articoli\n117, primo  e  terzo  comma  della  Costituzione  in  relazione  agli\narticoli 20 del decreto legislativo n.  199/2021,  alle  disposizioni\ndel decreto ministeriale 21 giugno  2024,  nonche\u0027  al  principio  di\nmassima diffusione degli impianti da  fonti  di  energia  rinnovabile\ncome  emergente   dalla   disciplina   unionale   sopra   richiamata.\nL\u0027inadeguatezza di una determinata area o di un determinato  sito  ad\nospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo\u0027 derivare da\nuna  qualificazione  aprioristica,  generale  ed  astratta,  ma  puo\u0027\nsoltanto conseguire all\u0027esito di un procedimento  amministrativo  che\nconsenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in\nragione delle relative specificita\u0027. \n    90. L\u0027impatto di un divieto di  tale  portata  e\u0027,  inoltre,  del\ntutto incerto e, in  ogni  caso,  si  risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che,  a  termini  dell\u0027art.  15-ter,  paragrafo  1,  secondo\nperiodo, della direttiva (UE) 2018/2001,  devono  essere  commisurate\n«alle  traiettorie  stimate  e   alla   potenza   totale   installata\npianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei\npiani nazionali per l\u0027energia e il clima  presentati  a  norma  degli\narticoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    91. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni\ndell\u0027art. 1, comma 5, lette in combinato disposto  con  gli  allegati\nalla legge, prevedono una sterminata casistica di aree  vietate,  con\nun elenco di 45 pagine, definite  peraltro  sulla  base  di  astratte\nesigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,\nricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati,  ma\nsostanzialmente la maggior parte del territorio  regionale  (cfr.  ad\nes. riferimenti  agli  «Ulteriori  elementi  con  valenza  storico  -\nculturale, di  natura  archeologica,  architettonica  e  identitaria,\nquali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico  vigente\nal momento dell\u0027entrata in  vigore  della  presente  legge,  ed  aree\ncircostanti che distano meno di 3  chilometri,  in  linea  d\u0027aria»  -\nallegato A, lettera bb), allegato B, lettera y), allegato C,  lettera\nbb), allegato D, lettera aa), allegato E, lettera bb)). Come  dedotto\ndalla parte ricorrente, non smentita sul punto dalle parti  intimate,\nla rete dei divieti previsti dalla legge regionale comprende circa il\n98% del territorio regionale. \n    92.  Peraltro,  in  forza  dell\u0027art.  32  del  regolamento   (UE)\n2018/1999, se la  Commissione  conclude  che  uno  o  piu\u0027  punti  di\nriferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e\n2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025  e\n2027 sono al  di  sotto  di  uno  o  piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali possono essere tenuti  all\u0027adozione  di  misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio di una Regione alla possibilita\u0027  di  installare  impianti\nFER  potrebbe,  pertanto,  implicare  l\u0027obbligo  di  adottare  misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    93. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici  dell\u0027Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi\ndell\u0027art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    94. Come precisato dalla Commissione europea nella  Comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di\ncrescita  dell\u0027UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027  e  che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato  la\npropria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta  in  assoluto  la  realizzazione  di\nimpianti FER in aree non idonee. \n    95. Il divieto sembra  anche  contrastare  con  il  principio  di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art.  37  della  Carta  di\nNizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela  dell\u0027ambiente\ndevono essere integrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle\npolitiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare nella  prospettiva  di\npromuovere lo sviluppo  sostenibile».  L\u0027integrazione  ambientale  in\ntutti i settori politici  pertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,\ntrasporti, ecc.) e\u0027 funzionale a ridurre le  pressioni  sull\u0027ambiente\nderivanti dalle politiche e dalle attivita\u0027 di altri  settori  e  per\nraggiungere gli obiettivi ambientali e climatici.  La  previsione  in\ngenerale delle aree non idonee come zone vietate  solleva  sul  punto\nnotevoli perplessita\u0027, in  quanto  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi, in contrasto con l\u0027obiettivo del decreto stesso  di\npromuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    96. Da quanto precede risulta anche che la  disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 della Costituzione. Come la Corte di  giustizia  ha  piu\u0027\nvolte ribadito, «il principio di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  principio\ngenerale del diritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto  dal\nlegislatore  comunitario  quanto  dai  legislatori  e   dai   giudici\nnazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il  sindacato  di\nproporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto  del  controllo  di\nragionevolezza   delle   leggi    condotto    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli  interessi\ncostituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita\u0027\ntali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in\nmisura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato\ncostituzionale. Come la stessa Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio\ndeve    svolgersi    «attraverso    ponderazioni    relative     alla\nproporzionalita\u0027  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua\ninsindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle  esigenze  obiettive  da\nsoddisfare o alle finalita\u0027  che  intende  perseguire,  tenuto  conto\ndelle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti»\n(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita\u0027  utilizzato\nda questa Corte come  da  molte  delle  giurisdizioni  costituzionali\neuropee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,  ed  essenziale\nstrumento  della  Corte  di  giustizia  dell\u0027Unione  europea  per  il\ncontrollo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli  atti  dell\u0027Unione  e\ndegli Stati membri, richiede di  valutare  se  la  norma  oggetto  di\nscrutinio, con la misura e le modalita\u0027  di  applicazione  stabilite,\nsia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente\nperseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate, prescriva  quella\nmeno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non\nsproporzionati rispetto al perseguimento di detti  obiettivi»  (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 1 del 2014). \n    97.  Inoltre,  ai  sensi  dell\u0027art.  9  della   Costituzione   la\nRepubblica tutela  l\u0027ambiente,  la  biodiversita\u0027  e  gli  ecosistemi\n«anche   nell\u0027interesse   delle   future   generazioni»,   con   cio\u0027\nincorporando il principio di  sviluppo  sostenibile  nell\u0027ambito  dei\nprincipi   fondamentali   in   materia    di    tutela    ambientale.\nL\u0027incondizionato sacrificio  di  tale  principio,  quale  sotteso  al\ndivieto  in  esame,  contrasta,  pertanto,   con   l\u0027art.   3   della\nCostituzione, nonche\u0027 con  l\u0027art.  9  citato  e  con  la  consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  «tiranno»  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n    98. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive,  all\u0027art.\n7, comma 3, alle regioni che, «nell\u0027applicazione del  presente  comma\ndeve essere contemperata la necessita\u0027 di  tutela  dei  beni  con  la\ngaranzia di raggiungimento degli obiettivi  di  cui  alla  Tabella  A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare  che,\nanche  prima  dell\u0027entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, l\u0027orientamento della giurisprudenza costituzionale era  nel\nsenso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via\ngenerale e astratta, la non idoneita\u0027 di intere aree di territorio  o\na imporre, in  maniera  generalizzata  ed  aprioristica,  limitazioni\n(Corte  costituzionale,  sentenza  n.  69  del  2018).  Per  costante\ngiurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  regioni  e  le  Province\nautonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati\ndal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022,  n.  177\ndel 2021 e n. 106 del 2020) e, nel  caso  di  specie,  racchiusi  nel\ncitato decreto legislativo n. 199 del  2021  e  nella  disciplina  di\nattuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). \n    99. I divieti posti dalla  Regione  Sardegna,  e  in  particolare\nl\u0027art. 1, commi 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,\nviolano pertanto i principi  fondamentali  posti  dallo  Stato  nella\nmateria  di  legislazione  concorrente   «produzione,   trasporto   e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia», di  cui  all\u0027art.  117,  terzo\ncomma, della Costituzione, espressi dal decreto  legislativo  n.  199\ndel  2021,  nonche\u0027  dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024   e\ncontrastano con gli articoli 3, 9,  11  e  117,  primo  comma,  della\nCostituzione, in quanto incidono sul raggiungimento  degli  obiettivi\ndi decarbonizzazione fissati a livello europeo. \n    100. L\u0027art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni  della  legge\nsi applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le  aree  e\nle superfici sulle quali insistono impianti a  fonti  rinnovabili  in\ncorso di  valutazione  ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza\nregionale o statale ovvero autorizzati che  non  abbiano  determinato\nuna modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge\naddirittura  incide  sui  titoli  autorizzatori  e  abilitativi  gia\u0027\nrilasciati,  comminandone  l\u0027inefficacia,  mentre  in  relazione   ai\nprogetti gia\u0027 realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di\nrifacimento,  integrale  ricostruzione,  potenziamento   [...]   sono\nammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda\noccupata,  nonche\u0027,  nel  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento\ndell\u0027altezza totale  dell\u0027impianto».  Ne  deriva  la  violazione  dei\nprincipi  di  uguaglianza,  certezza  del  diritto  e  del  legittimo\naffidamento, nonche\u0027 il diritto di liberta\u0027 di  iniziativa  economica\ndi cui all\u0027art. 41  della  Costituzione.  Il  legislatore  regionale,\ninfatti, ha imposto l\u0027indiscriminata applicazione del nuovo regime  a\ntutti gli operatori, senza differenziare la posizione di  coloro  che\nnon hanno ancora presentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e\ngia\u0027  sottoposto  alla  valutazione   dell\u0027Autorita\u0027   amministrativa\nsostenendo i relativi costi di progettazione ovvero che abbiano  gia\u0027\nottenuto  le  autorizzazioni  e  iniziato  a  sostenere  i  costi  di\nrealizzazione. In relazione ai progetti gia\u0027 realizzati, inoltre,  la\ndisciplina  regionale  da\u0027  luogo  a   un   regolamento   del   tutto\nirrazionale, in cui le aree interessate dal progetto gia\u0027  realizzato\ne quelle contermini si trasformano, di fatto, in aree vietate ratione\npersonarum: il  soggetto  gia\u0027  titolare  di  un  impianto,  infatti,\nverrebbe privato della possibilita\u0027 di apportare  modifiche  a  detto\nimpianto  che  ne  determinino  in  qualunque  modo  l\u0027aumento  della\nsuperficie occupata ovvero  dell\u0027altezza  totale  (per  gli  impianti\neolici),  senza  che  assumano  alcuna  rilevanza  la  qualificazione\ndell\u0027area  (idonea,  non  idonea,  ordinaria)   e   l\u0027entita\u0027   delle\nmodifiche,  con  violazione   dei   principi   di   uguaglianza,   di\nragionevolezza e di legittimo affidamento. \n    101. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza\ncostituzionale  il  valore  del  legittimo  affidamento,  che   trova\ncopertura costituzionale nell\u0027art. 3 della Costituzione, non  esclude\nche il legislatore possa  adottare  disposizioni  che  modificano  in\nsenso  sfavorevole  agli  interessati  la  disciplina   di   rapporti\ngiuridici, anche se l\u0027oggetto di questi  sia  costituito  da  diritti\nsoggettivi perfetti. Cio\u0027 puo\u0027 avvenire, tuttavia, a condizione  «che\ntali disposizioni  non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,\nfrustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi\nprecedenti, l\u0027affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da\nintendersi quale elemento fondamentale dello Stato  di  diritto»  (ex\nplurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014,  n.  154\ndel 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;\nordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di  specie,  invece,  la  Regione\nSardegna  ha  emanato  una  legge  che   contravviene   ai   principi\nfondamentali  della   materia,   quali   derivanti   dagli   obblighi\nrinvenienti dall\u0027appartenenza dell\u0027Italia all\u0027Unione europea e  dalla\nrelativa normativa  statale  di  attuazione,  senza  preoccuparsi  di\noperare alcun bilanciamento con tutti i valori  in  gioco,  recedendo\nsoltanto di fronte all\u0027impossibilita\u0027 di  fatto  di  ripristinare  lo\nstatus quo. \n    102. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di\nimparzialita\u0027  e  buon  andamento  dell\u0027amministrazione,   e   quindi\ndell\u0027art. 97 della Costituzione. Oltre all\u0027irragionevole impatto  che\nla suddetta normativa determina su procedimenti gia\u0027  definiti,  essa\nosta, infatti, a qualsivoglia possibilita\u0027  di  realizzare,  in  sede\namministrativa, il piu\u0027 opportuno bilanciamento  degli  interessi  in\ngioco. \n    103. Non soccorre, al riguardo, la peculiare  procedura  prevista\ndall\u0027art.  3  della  legge  che  consente,  su  istanza  dei   comuni\ninteressati, di proporre un\u0027istanza propedeutica  alla  realizzazione\ndi  un  impianto  o  di  un  accumulo  FER  all\u0027interno  di   un\u0027area\nindividuata come non idonea. Tale istanza, che gia\u0027 sotto il  profilo\ndella previsione dell\u0027esclusiva  competenza  propositiva  del  comune\nsuscita perplessita\u0027 per la commistione tra  profili  di  valutazione\npolitica e amministrativa, da\u0027 luogo a una procedura, da svolgersi in\nsede di conferenza di servizi, in cui e\u0027 pero\u0027 prevista  l\u0027unanimita\u0027\nai fini  della  realizzazione  dell\u0027intervento  e  l\u0027inapplicabilita\u0027\ndell\u0027istituto  del   silenzio-assenso,   dipartendosi   all\u0027ordinario\nfunzionamento  della  conferenza   dei   servizi   e   del   silenzio\nsignificativo  di  cui  alla  disciplina  statale  sul   procedimento\namministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla  cui\nviolazione discende  il  contrasto  con  l\u0027art  117,  secondo  comma,\nlettera m),  che  attribuisce  alla  Stato  la  potesta\u0027  legislativa\nesclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni\nconcernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su\ntutto il territorio nazionale. Al  riguardo,  occorre  ricordare  che\nl\u0027art. 29,  comma  2-ter  della  legge  n.  241/1990  stabilisce  che\n«Attengono [...] ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni  di  cui\nall\u0027art. 117,  secondo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione  le\ndisposizioni della presente legge  concernenti  la  presentazione  di\nistanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di\ninizio attivita\u0027 e il silenzio assenso e la  conferenza  di  servizi,\nsalva  la  possibilita\u0027  di  individuare,  con  intese  in  sede   di\nConferenza unificata di cui all\u0027art. 8  del  decreto  legislativo  28\nagosto 1997, n. 281, e successive modificazioni,  casi  ulteriori  in\ncui tali disposizioni non si applicano», mentre ai  sensi  del  comma\n2-quater  «Le  regioni  e  gli  enti  locali,  nel   disciplinare   i\nprocedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire\ngaranzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle  disposizioni\nattinenti ai livelli essenziali delle prestazioni  di  cui  ai  commi\n2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con\nobbligo per le regioni a statuto speciale e le Provincie autonome  di\nadeguare la propria legislazione a tali previsioni. \n    104. Non c\u0027e\u0027 dubbio  che  la  legge  regionale  sarda  rechi  un\nlivello  inferiore  di  tutela  rispetto  a  quello  garantito  dalla\ndisciplina statale, imponendo l\u0027unanimita\u0027 dei consensi ed escludendo\nl\u0027operativita\u0027 del silenzio-assenso. \n    105. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un\nindirizzo consolidato del  Giudice  costituzionale,  «\"[s]petta  alla\nlegislazione  statale  determinare  presupposti   e   caratteristiche\ndell\u0027autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle\nsemplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza\ndelle opere sul valore intangibile dell\u0027ambiente\"  (sentenza  n.  246\ndel 2017). Si e\u0027, inoltre, affermato che \"la  legislazione  regionale\nnon puo\u0027 prevedere una procedura per  l\u0027autorizzazione  paesaggistica\ndiversa da quella dettata dalla legislazione  statale,  perche\u0027  alle\nregioni  non  e\u0027  consentito  introdurre  deroghe  agli  istituti  di\nprotezione ambientale che dettano una disciplina  uniforme,  valevole\nsu  tutto  il  territorio  nazionale,  nel  cui  ambito  deve  essere\nannoverata l\u0027autorizzazione paesaggistica\" (sentenza n. 189 del 2016;\nnello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101\ndel 2010 e n. 232  del  2008)»  (Corte  costituzionale,  sentenza  n.\n74/2021). \n    106. La procedura prevista  dall\u0027art.  3  della  legge  regionale\nSardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree\nsottoposte a  tutela  culturale  o  paesaggistica  per  le  quali  la\nnormativa statale (articoli  21  e  146  del  testo  unico  dei  beni\nculturali) fissa, per esigenze  di  uniformita\u0027  di  trattamento,  un\nprocedimento autorizzatorio apposito da  parte  della  soprintendenza\ncompetente, si pone anche in  contrasto  con  l\u0027art.  117,  comma  2,\nlettera  s),  della  Costituzione,  che   assegna   alla   competenza\nlegislativa  esclusiva  dello  Stato   la   materia   della   «tutela\ndell\u0027ambiente, dell\u0027ecosistema e dei beni culturali». \n    107. Peraltro, la predetta disciplina e\u0027 in ogni caso un  diretto\nportato dell\u0027illegittimo  divieto  generalizzato  di  realizzare  gli\nimpianti in aree non idonee  e  non  puo\u0027,  pertanto,  sfuggire  alle\nmedesime censure suesposte. \n    108.  Per  tutto  quanto  sopra,  va   sollevata   questione   di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3,\nnonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D  ed  E,  della  legge  della\nRegione autonoma della Sardegna  n.  20/2024,  per  violazione  degli\narticoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lettere m) e  s),  e  3,\ndella Costituzione, anche in relazione  ai  principi  espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale  n.  3/1948.\nConseguentemente, il presente giudizio deve essere  sospeso  ai  fini\ndell\u0027esame  della  domanda  di  annullamento  del  provvedimento   di\narchiviazione. \n    109. L\u0027incidente di  costituzionalita\u0027  viene  sollevato  con  la\npresente sentenza parziale, anziche\u0027 con ordinanza,  in  ragione  del\ncarattere  pregiudiziale  che  l\u0027esame  delle  doglianze  oggetto  di\ndefinizione  riveste  ai  fini  dell\u0027apprezzamento  dei  profili   di\nrilevanza  delle  questioni   rimesse   in   ragione   della   natura\nplurimotivata  del  provvedimento  di   archiviazione,   nonche\u0027   in\nconformita\u0027 alla giurisprudenza costituzionale secondo la quale «Alla\nsentenza non definitiva puo\u0027 essere  [...]  riconosciuto,  sul  piano\nsostanziale, il carattere dell\u0027ordinanza di rimessione, sempre che il\ngiudice a quo  -  come  nel  caso  in  esame  -  abbia  disposto,  in\nconformita\u0027 a quanto previsto dall\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953,\nn. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte\ncostituzionale), la sospensione  del  procedimento  principale  e  la\ntrasmissione del fascicolo alla cancelleria  di  questa  Corte,  dopo\naver valutato la rilevanza e  la  non  manifesta  infondatezza  della\nquestione (in questi termini, tra le altre, sentenze n. 112 del  2021\ne n. 153 del 2020)» (Corte costituzionale, sentenza n. 218/2021).  \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nTerza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n        lo accoglie parzialmente nei termini di cui in  parte  motiva\ne, per l\u0027effetto, annulla l\u0027art. 7, comma 2, lettera c), del  decreto\nministeriale 21 giugno 2024, con  obbligo  per  l\u0027Amministrazione  di\nrideterminarsi ai sensi e nei termini  di  cui  alla  sentenza  della\nSezione n. 9155/2025; \n        dichiara  non  rilevanti   le   questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate  in  relazione  all\u0027art.  5,  comma  1,  del\ndecreto legge 15 maggio 2024, n. 63, che  introduce  il  comma  1-bis\nall\u0027art. 20 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.  199  per\nviolazione degli articoli 77, 117, comma 1, e 9 della Costituzione; \n        dichiara   manifestamente   infondate   le    questioni    di\nlegittimita\u0027 costituzionale sollevate in relazione all\u0027art. 20, comma\n4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.  199,  per  violazione\ndegli articoli 24 e 97 della Costituzione; \n        dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,   nei\ntermini illustrati in parte  motiva,  le  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027  dei\nrelativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, per violazione degli  articoli\n3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettere  m)  e  s),  e  3,  della\nCostituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva\n(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati\ndalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027  dal   regolamento   (UE)\n2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art.  10  della  legge  costituzionale  n.\n3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; \n        sospende il giudizio ai  fini  dell\u0027esame  della  domanda  di\nannullamento del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. uscita n. 55854\ndel 9 dicembre 2024 della Direzione generale dell\u0027industria, servizio\nenergia ed economia verde, Assessorato dell\u0027industria  della  Regione\nAutonoma della  Sardegna,  per  le  determinazioni  conseguenti  alla\ndefinizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi dell\u0027art.\n23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone  la  trasmissione  degli\natti alla Corte costituzionale; \n        dispone la comunicazione della presente sentenza  alle  parti\nin causa, nonche\u0027 la sua notificazione al  Presidente  della  Regione\nautonoma della Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale\nsardo; \n        rinvia ogni  ulteriore  statuizione  all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  21\nmaggio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Elena Stanizzi, Presidente \n        Giovanna Vigliotti, Primo Referendario \n        Marco Savi, referendario, Estensore \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                   L\u0027Estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63349","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrsa","denominaz_legge":"legge della Regione autonoma 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