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(violenza sessuale di gruppo), limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen.\u0026nbsp;– Contrasto con l’intero impianto normativo che regola il\u0026nbsp;processo penale minorile, avente come finalità\u0026nbsp;il recupero del minore deviante mediante la sua rieducazione e il suo reinserimento sociale – Inosservanza degli obblighi internazionali in relazione ai principi espressi\u0026nbsp;in numerosi atti internazionali in tema di giustizia minorile –\u0026nbsp;Disparità di trattamento rispetto agli imputati di reati anche più gravi, in considerazione della pena edittale e del rilevante allarme sociale ovvero perché rientranti\u0026nbsp;nella legislazione antimafia –\u0026nbsp;\u0026nbsp;Violazione del principio di ragionevolezza.\u003c/p\u003e","prima_parte":"K.C.","altre_parti":"Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIPDP), Unione Camere Penali Italiane, A. 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U.. \n \nProcesso penale - Processo minorile  -  Sospensione  del  processo  e\n  messa alla prova - Modifiche normative ad opera  del  decreto-legge\n  n. 123 del 2023, come convertito -  Esclusione  dell\u0027applicabilita\u0027\n  delle disposizioni del comma 1 dell\u0027art. 28 del d.P.R. n.  448  del\n  1988, in tema di sospensione del processo con messa alla prova,  ai\n  delitti previsti dall\u0027art. 609-octies cod. pen., limitatamente alle\n  ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art. 609-ter cod. pen. \n- Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,  n.  448\n  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale  a  carico  di\n  imputati minorenni), art. 28, comma 5-bis. \n\n\r\n(GU n. 12 del 19-03-2025)\n\r\n \n                  TRIBUNALE PER I MINORENNI DI ROMA \n \n    Il giudice dell\u0027udienza preliminare composto da: \n        1) dott. Federico Falzone - Presidente; \n        2) dott.ssa Anna Troise - giudice on.; \n        3) dott. Luca Ansini - giudice on.; \n    riunito in Camera di consiglio all\u0027udienza del 18  febbraio  2025\nnel procedimento indicato in epigrafe a carico di C. K., nato a [...]\nl\u0027[...], difeso d\u0027ufficio dall\u0027avv. Marianna Mossutto, e U. A.,  nato\na [...] il [...], difeso di fiducia  dall\u0027Avv.  Andrea  Barbesin,  ha\nemesso la seguente ordinanza. \n    Il giudice per le indagini preliminari  presso  questo  T.M.  con\ndecreto del 28 ottobre  2024  disponeva  il  giudizio  immediato  nei\nconfronti di C. K. e U. A. in relazione alle seguenti imputazioni: \n        A) articoli 609-octies e 609-ter n. 2 e 5 e 61 n. 4  e  n.  5\ndel  codice  penale,  perche\u0027,  dopo  averlo  portato  in  un  garage\nsottostante il supermercato [...], mediante  la  forza  intimidatrice\ndel gruppo e la minaccia consistita, da parte dell\u0027H. S., nel  dirgli\n«la devi fare sta cosa senno\u0027 passiamo alle mani»,  costringevano  P.\nG., di anni sedici, a subire  atti  sessuali,  consistiti,  da  parte\ndell\u0027H. S., nel penetrarlo nell\u0027ano con un bastone e nel costringerlo\npoi a inserire in bocca la medesima estremita\u0027 del bastone  cosi\u0027  da\nsimulare un rapporto orale, colpendolo al contempo con  uno  schiaffo\nsulla  nuca,  mentre  tutti  lo  colpivano  con  ripetuti   sputi   e\nriprendevano con i propri telefoni cellulari. \n        Con l\u0027aggravante di aver adoperato sevizie e  crudelta\u0027,  nei\nconfronti di un minore  di  anni  diciotto,  mediante  l\u0027utilizzo  di\nstrumenti gravemente lesivi della salute della vittima profittando di\ncircostanze di luogo e persona tali da ostacolare la privata difesa. \n        In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n        B) articoli 110 e 600-ter, comma 1, n. 1  del  codice  penale\nperche\u0027,  in  concorso  tra  loro,  realizzavano  mediante  i  propri\ntelefoni cellulari, diffondendoli poi su gruppi WhatsApp,  video  nei\nquali era ripreso P. G. nel compimento degli atti sessuali di cui  al\ncapo che precede. \n        In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n        C) articoli  110  e  612-bis,  comma  1,  del  codice  penale\nperche\u0027, in concorso tra loro, con condotte reiterate, consistite nel\nporre in essere la condotta di cui al capo che precede,  nonche\u0027,  in\naltra  circostanza  verificatasi  in  data  [...]  nel  deriderlo   e\npercuoterlo ripetutamente, nel farlo sbattere piu\u0027  volte  contro  la\nserranda della gioielleria «[...]», nel metterlo  all\u0027interno  di  un\ncassonetto dell\u0027immondizia, nello spegnergli una sigaretta sul collo,\nnel gettargli contro un liquido, verosimilmente urina, molestavano P.\nG., di anni sedici, cagionandogli un perdurante e grave stato d\u0027ansia\ne di paura e ingenerando in lui un  fondato  timore  per  la  propria\nincolumita\u0027. \n        In localita\u0027 [...] tra il [...] e il [...] del [...]. \n    Veniva tempestivamente chiesto dai difensori  muniti  di  procura\nspeciale il giudizio abbreviato per C. K. e U.  A.,  mentre  per  gli\naltri imputati il procedimento proseguiva nelle  forme  del  giudizio\nimmediato. \n    Veniva  fissata  l\u0027udienza  odierna  in  cui,  ammesso  il  rito,\nvenivano  sentiti   gli   imputati,   che   ammettevano   il   fatto,\ndichiarandosi sinceramente pentiti per quanto commesso, riferendo  di\nessersi scusati con la p.o.  nei  giorni  immediatamente  successivi.\nCercavano di fornire una ricostruzione delle ragioni che  li  avevano\nindotti a compiere azioni  tanto  gravi,  connesse  alla  logica  del\ngruppo ed alle personali sofferenze  che  stavano  vivendo,  pur  non\nvolendo assolutamente minimizzare la loro responsabilita\u0027. \n    Chiedevano la sospensione del processo con messa  alla  prova  ai\nsensi dell\u0027art. 28 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.\n448/1988. \n    Il personale dell\u0027USSM presente in  udienza  insisteva  affinche\u0027\nvenisse loro concessa questa possibilita\u0027. \n    Il PMM dava parere favorevole. \n    Il 15 novembre 2023 e\u0027 entrata in vigore  la  legge  13  novembre\n2023, n. 159, che ha convertito, con modificazioni, il  decreto-legge\n15 settembre 2023, n.  123  (cd.  decreto  Caivano)  recante  «Misure\nurgenti di contrasto al disagio giovanile, alla poverta\u0027 educativa  e\nalla  criminalita\u0027  minorile»  che  ha  escluso  la  possibilita\u0027  di\nsospendere  il  processo  con  messa  alla  prova  in   relazione   a\ndeterminati reati,  tra  i  quali  la  violenza  sessuale  di  gruppo\naggravata ai sensi dell\u0027art. 609-ter, del  codice  penale.  Il  comma\n5-bis dell\u0027art.  28,  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.\n448/1988 prevede infatti che «le disposizioni di cui al comma  1  non\nsi applicano ai delitti  previsti  [...]  dagli  articoli  609-bis  e\n609-octies del codice penale, limitatamente alle ipotesi aggravate ai\nsensi dell\u0027art. 609-ter [...]». \n    L\u0027imputazione di cui al capo A) contestata agli imputati riguarda\ni reati di cui agli articoli 609-octies e 609-ter n. 2 e 5 e 61 n.  4\ne 5 del codice penale in ipotesi commessi dopo  l\u0027entrata  in  vigore\ndel comma 5-bis citato (in In [...] tra il  [...],  e  il  [...]  del\n[...], come emerge senza dubbio  dalle  dichiarazioni  della  persona\noffesa, dalle indagini espletate e dalle stesse  dichiarazioni  degli\nimputati). \n    Agli imputati e\u0027 dunque  preclusa  de  iure  la  possibilita\u0027  di\nessere ammessi alla prova ai sensi del comma 1, dell\u0027art. 28, decreto\ndel Presidente della Repubblica n. 448/1988 per il  capo  A),  ed  il\nCollegio non puo\u0027 prendere in considerazione le loro  richieste,  che\ndovrebbero pertanto esser rigettate, senza poter entrare  nel  merito\ndella valutazione in ordine alla relativa  fattibilita\u0027  della  messa\nalla prova. \n    All\u0027udienza odierna i difensori ed il PMM chiedevano al  Collegio\ndi sollevare questione di legittimita\u0027 costituzionale del comma 5-bis\ndell\u0027art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988. \n    Cio\u0027 premesso occorre verificare la  rilevanza  e  non  manifesta\ninfondatezza della questione proposta. \n    Il vaglio di rilevanza  della  questione  attiene  alla  verifica\ndell\u0027impossibilita\u0027, per il giudice  a  quo,  di  risolvere  il  caso\npratico  sottoposto  alla  sua  attenzione,  indipendentemente  dalla\nrisoluzione della questione stessa. \n    Sul punto della rilevanza, il  Collegio,  esaminati  gli  atti  e\nsentiti gli imputati, ritiene che, in assenza della  disposizione  di\ncui al comma 5-bis dell\u0027art. 28, del  decreto  del  Presidente  della\nRepubblica n. 448/1988, avrebbe potuto valutare positivamente la loro\nrichiesta di messa alla prova. Si  ritengono  infatti  sussistenti  i\nrequisiti richiesti dal costante  orientamento  giurisprudenziale  ai\nfini dell\u0027ammissione alla messa alla prova. Innanzitutto, sulla  base\ndegli elementi agli atti e delle dichiarazioni  rese  dagli  imputati\nnon puo\u0027 pervenirsi ad un proscioglimento nel  merito  degli  stessi.\nInoltre,  gli  imputati  hanno  fin  dai  giorni  seguenti  ai  fatti\nesplicitato il loro pentimento chiedendo scusa  alla  persona  offesa\n(cfr. sul punto le dichiarazioni rese dalla p.o. in  data  17  maggio\n2024: «comunque A. U. si e\u0027 pentito, mi ha detto che ha  sbagliato  a\nnon difendermi ed a schierarsi con P.; dopo questa cosa A. U. e K. C.\nmi hanno chiesto scusa e adesso hanno allentato i  rapporti  con  P.,\ncredo che loro si siano fatti trasportare»). \n    Gli imputati, fin dall\u0027interrogatorio di garanzia del  27  agosto\n2024, successivo all\u0027ordinanza cautelare della  permanenza  in  casa,\nammettevano i fatti e si dichiaravano pentiti  (C.  K.  «la  cosa  e\u0027\ndegenerata, ho chiesto scusa al ragazzo, mi  sono  reso  conto  della\ngravita\u0027; U. A. «mi sono pentito di cio\u0027 che  ho  fatto,  ho  chiesto\nscusa, ho inviato un sms»). \n    Altrettanto  sincero  e  ragionato   pentimento   mostravano   in\noccasione dell\u0027esame effettuato all\u0027udienza odierna. \n    Dalle relazioni dell\u0027USSM emerge  che  C.  K.  si  e\u0027  presentato\nall\u0027assistente sociale con un reale  desiderio  di  collaborazione  e\npartecipazione agli interventi  educativi  proposti;  veniva  inoltre\nrappresentata una situazione familiare molto complessa e dolorosa (la\nmadre e\u0027 sottoposta ad un\u0027ordinanza cautelare che vede il marito ed i\nfigli  persone  offese)  ed  evidenziato  che  C.   K.   «mostra   un\natteggiamento maturo ed autenticamente sofferente per l\u0027accaduto»; e\u0027\nstato attivato un supporto psicologico, frequenta con buon rendimento\nil terzo anno  del  liceo  scientifico,  gioca  a  calcio  a  livello\nagonistico;  l\u0027USSM  concludeva  definendo  C.  K.  come  un  giovane\nsensibile e pieno di risorse, che ha vissuto una sofferenza familiare\neccessiva per la sua eta\u0027,  disponibile  a  trattare  l\u0027accaduto  con\nmodalita\u0027 responsabile ed autenticamente dispiaciuta. \n    Anche la relazione dell\u0027USSM elaborata per U. A.  ha  evidenziato\nla corretta collaborazione  sia  dell\u0027imputato  che  della  famiglia,\ndisponibili a trattare l\u0027accaduto con modalita\u0027 costruttiva.  U.  A.,\nnegli spazi di riflessione con l\u0027assistente sociale, ha compiuto  «un\nimportante lavoro di riflessione,  non  solo  rispetto  al  reato  in\ncontestazione, ma anche rispetto ad alcuni elementi  personali  della\npropria storia». Sono stati evidenziati precedenti episodi in cui  U.\ne\u0027 stato vittima di aggressione con ricovero in ospedale, circostanza\nche lo aveva indotto ad abbandonare  la  scuola.  Durante  la  misura\ncautelare,  ha  accolto  le  indicazioni  educative   dell\u0027assistente\nsociale, si e\u0027 nuovamente iscritto a scuola e frequenta un  corso  di\nnuoto per ottenere il brevetto di salvataggio.  L\u0027assistente  sociale\nconcludeva   affermando   che   U.   appare   realmente   dispiaciuto\ndell\u0027accaduto ed aveva, fin dai giorni immediatamente  successivi  al\nfatto, chiesto scusa alla p.o. \n    Ritiene in definitiva il Collegio  sussistere,  in  entrambi  gli\nimputati, una rimeditazione  critica  rispetto  ai  reati  contestati\nautentica e non strumentale. E\u0027 stata infatti esternata  direttamente\nalla p.o. molto tempo prima dell\u0027emissione della misura  cautelare  e\ndella conoscenza della  pendenza  di  indagini  nei  loro  confronti,\nribadita, con ammissione sostanziale dei fatti, in tutte le occasioni\nprocessuali e nei rapporti con l\u0027USSM. \n    Tale valutazione ha determinato  anche  la  revoca  della  misura\ncautelare (sempre rispettata) essendo stata ritenuta l\u0027assenza,  allo\nstato, del pericolo di  reiterazione  di  fatti  analoghi  (anche  in\nconsiderazione dell\u0027incensuratezza), con parere favorevole  del  PMM.\nSi evidenzia che i reati, sebbene  di  sicura  gravita\u0027,  sono  stati\ncompiuti quando U. A. aveva quindici anni e C.  K.  ne  aveva  appena\ncompiuto sedici. \n    Il Collegio ritiene dunque la sussistenza di tutti i requisiti di\nmerito in astratto necessari per  l\u0027ammissione  degli  imputati  alla\nmessa alla prova prevista dall\u0027art. 28, del  decreto  del  Presidente\ndella Repubblica n. 448/1988. \n    L\u0027unico ostacolo e\u0027 costituito dalla previsione di cui  al  comma\n5-bis introdotto dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, che  impedisce\nla sospensione del processo con messa alla prova per il capo A). \n    A cio\u0027 si aggiunga che l\u0027entita\u0027 della pena in astratto  prevista\ndal legislatore per i reati in contestazione e  considerato  il  caso\nconcreto (che esclude la possibilita\u0027 di qualificazione ai sensi  del\nterzo comma dell\u0027art. 609-bis del  codice  penale)  non  consente  di\nprendere in considerazione gli istituti  previsti  dall\u0027art.  30  del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988 o 169 del  codice\npenale. \n    E\u0027 in ogni caso da  sottolineare  la  diversita\u0027  degli  istituti\ncitati e la  peculiarita\u0027  della  messa  alla  prova,  atteso  quanto\nstatuito dalla stessa Corte costituzionale,  secondo  cui  «la  messa\nalla prova del minore e\u0027 prevista per tutti i reati anche  quelli  di\ngravita\u0027  massima,  rispetto  ai  quali  l\u0027ordinamento  sospende   il\nprocesso in vista dell\u0027eventuale estinzione del reato  per  finalita\u0027\npuramente rieducative, quindi non perche\u0027 l\u0027imputato lo richieda e il\npubblico ministero vi consenta, ma solo perche\u0027,  ed  in  quanto,  lo\nritenga opportuno un giudice strutturalmente  idoneo  a  valutare  la\npersonalita\u0027 del minore» (sentenza n. 139 del 6 luglio 2020). \n    Per quanto attiene al profilo della non  manifesta  infondatezza,\nil giudice a quo non e\u0027 chiamato a pronunciarsi  sulla  fondatezza  o\nmeno, esame che e\u0027 appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma\ndeve  semplicemente  respingere  la  questione  quando  si   presenti\npalesemente  priva   di   ogni   fondamento   giuridico.   La   Corte\ncostituzionale ha poi  aggiunto  che  il  giudice  a  quo,  prima  di\nrimettere    la    questione,    deve     preliminarmente     tentare\nl\u0027interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel  caso  in\nesame non appare possibile, in  quanto  tale  operazione  ermeneutica\ncomporterebbe  l\u0027applicazione  di  un   istituto   in   presenza   di\nimputazioni espressamente escluse dal comma 5-bis  dell\u0027art.  28  del\ndecreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988. \n    Il Collegio ritiene la non manifesta infondatezza della questione\ninnanzitutto  in  relazione  alla  violazione  dell\u0027art.  31,   comma\nsecondo, della Costituzione. La preclusione introdotta dalla norma in\nesame contrasta con tutto l\u0027impianto normativo che regola il processo\npenale minorile e che  trova  il  proprio  fondamento  costituzionale\nnell\u0027art. 31,  comma  secondo,  della  Costituzione  che  recita  «La\nRepubblica  protegge  la  maternita\u0027,  l\u0027infanzia  e  la   gioventu\u0027,\nfavorendo gli istituti necessari a tale scopo».  Il  processo  penale\nminorile e\u0027 di  conseguenza  volto  principalmente  al  recupero  del\nminore deviante, mediante la sua rieducazione e il suo  reinserimento\nsociale,  anche  attraverso  l\u0027attenuazione   dell\u0027offensivita\u0027   del\nprocesso e la sua rapida fuoriuscita dal circuito penale,  come  piu\u0027\nvolte la Corte costituzionale ha affermato (cfr. sentenze n. 125  del\n1992, n. 206 del 1987 e n. 222 del 1983). \n    Al fine del perseguimento di tali finalita\u0027 e dell\u0027individuazione\ndella migliore risposta del sistema alla  commissione  del  reato  da\nparte di un soggetto in formazione e in continua evoluzione, quale e\u0027\nil soggetto di minore eta\u0027, il  giudice  e\u0027  chiamato,  di  volta  in\nvolta, ad esaminare la sua personalita\u0027. Non e\u0027 un caso che, in  ogni\nstato e grado del procedimento minorile, come  statuito  dall\u0027art.  9\ndel decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988,  l\u0027autorita\u0027\ngiudiziaria debba  acquisire  «elementi  circa  le  condizioni  e  le\nrisorse personali, familiari, sociali e ambientali del  minorenne  al\nfine di accertarne l\u0027imputabilita\u0027 e  il  grado  di  responsabilita\u0027,\nvalutare la rilevanza sociale del fatto nonche\u0027 disporre le  adeguate\nmisure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili». \n    La messa alla prova e\u0027 uno dei principali strumenti che  consente\nal giudice di valutare  compiutamente  la  personalita\u0027  del  minore,\nsotto  l\u0027aspetto  psichico,  sociale  e  ambientale,  anche  ai  fini\ndell\u0027apprezzamento  dei  risultati  degli  interventi   di   sostegno\ndisposti. Se, infatti, la personalita\u0027 del  minorenne  e\u0027  avviata  a\npossibile cambiamento (come emerge dalle relazioni dell\u0027USSM  redatte\nnei confronti degli imputati)  e,  all\u0027esito  dello  svolgimento  del\nprogramma trattamentale di messa alla prova, il minorenne abbia  dato\nprova  del  superamento  delle  situazioni  che  hanno  portato  alla\ncommissione del reato, l\u0027ordinamento prevede  che  il  giudice  possa\ndichiarare estinto il reato per esito positivo della  disposta  prova\nai sensi dell\u0027art. 29 del decreto del Presidente della Repubblica  n.\n448/1988, essendo venuto meno l\u0027interesse alla pretesa  punitiva  per\nil raggiungimento delle finalita\u0027 di recupero del minore  e  del  suo\nreinserimento sociale. \n    I tempi di durata previsti per la messa alla prova  (sino  a  tre\nanni per i delitti piu\u0027 gravi), la possibilita\u0027  che  la  stessa  sia\nsvolta per tutta la durata all\u0027interno di comunita\u0027 di tipo educativo\no  terapeutico  (per  la  cura  delle  dipendenze  o   dei   disturbi\npsichiatrici), la possibilita\u0027 di verifiche intermedie dell\u0027andamento\ndel  percorso,  cosi\u0027  come  la  revocabilita\u0027   della   sospensione,\nrappresentano elementi idonei a verificare, nel  tempo,  la  serieta\u0027\ndell\u0027impegno    dell\u0027imputato,    scongiurando    strumentalizzazioni\ndell\u0027istituto. Inoltre, la possibilita\u0027 di inserire, nel progetto  di\nmessa alla prova, importanti  momenti  di  confronto  con  i  servizi\nspecialistici  (Consultorio  familiare,  neuropsichiatria  infantile,\nserd) e di supporto psicologico, utili nei delitti caratterizzati  da\ndinamiche affettive disfunzionali (come nei casi di violenza sessuale\ne nei delitti di pedopornografia) riduce il rischio  di  recidiva,  a\nbeneficio della generalita\u0027 dei consociati. \n    Come ampiamente argomentato  dalla  Corte  costituzionale,  nella\nsentenza n. 125 del  1995  «la  messa  alla  prova,  in  conclusione,\ncostituisce, nell\u0027ambito degli istituti di favore tipici del processo\npenale  a  carico  dei  minorenni,  uno   strumento   particolarmente\nqualificante, rispondendo, forse piu\u0027 di ogni  altro,  alle  indicate\nfinalita\u0027 della giustizia minorile». \n    Prevedere un catalogo di reati  (tra  cui  la  violenza  sessuale\naggravata in esame) in relazione ai quali  privare  l\u0027imputato  della\npossibilita\u0027 di accesso a questo importante istituto  di  recupero  e\nreinserimento sociale, senza possibilita\u0027 da  parte  del  giudice  di\nvalutare nel merito la richiesta, costituisce un vulnus non  solo  di\ntutela e protezione del minore autore del reato ma anche  dell\u0027intera\ncollettivita\u0027 contro i rischi di una possibile recidiva. \n    E\u0027 stata la stessa Corte costituzionale, sia pure  nella  diversa\nmateria  della   esecuzione   della   pena   detentiva,   dichiarando\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 656, comma 9,  lettera  a),\ndel codice di procedura penale, per violazione dell\u0027art. 31,  secondo\ncomma, della Costituzione, nella  parte  in  cui  non  consentiva  la\nsospensione della esecuzione della pena detentiva nei  confronti  dei\nminorenni condannati per i delitti ivi elencati (ossia quelli di  cui\nall\u0027art. 4-bis della legge n. 354/1975), ad escludere la possibilita\u0027\ndi prevedere nei confronti dei minori «un rigido automatismo, fondato\nsu una presunzione  di  pericolosita\u0027  legata  al  titolo  del  reato\ncommesso, che esclude  la  valutazione  del  caso  concreto  e  delle\nspecifiche esigenze del minore» (sentenza n. 90 del 28 aprile 2017). \n    La Corte costituzionale ha sempre ribadito  che  il  cuore  della\ngiustizia  minorile  consiste  in  valutazioni  fondate  su  prognosi\nindividualizzate, in grado di assolvere al compito del  recupero  del\nminore  deviante.  E\u0027,   infatti,   costante   nella   giurisprudenza\ncostituzionale  l\u0027affermazione  della  esigenza  che  il  sistema  di\ngiustizia minorile sia caratterizzato fra l\u0027altro  dalla  «necessita\u0027\ndi valutazioni, da parte dello stesso giudice,  fondate  su  prognosi\nindividualizzate  in  funzione  del  recupero  del  minore  deviante»\n(sentenze n. 143 del 1966, n. 182 del 1991, n. 128 del 1987,  n.  222\ndel 1983 e n. 46 del 1978), esattamente su «prognosi  particolarmente\nindividualizzate» (sentenza n. 78 del 1989), questo essendo «l\u0027ambito\ndi quella protezione della gioventu\u0027 che trova fondamento nell\u0027ultimo\ncomma 31 della Costituzione» (sentenze n. 128 del 1987 e n.  222  del\n1983): vale a dire della «esigenza di specifica individualizzazione e\nflessibilita\u0027 del trattamento che l\u0027evolutivita\u0027  della  personalita\u0027\ndel minore e la preminenza  della  funzione  rieducativa  richiedono»\n(sentenza n. 125 del 1992). \n    In questa cornice si colloca  la  citata  pronuncia  della  Corte\ncostituzionale n. 139 del 6 luglio 2020 che, mettendo in relazione la\nmessa alla prova dell\u0027adulto con la messa alla prova  del  minorenne,\nha statuito: «la messa alla prova del minore e\u0027 prevista per tutti  i\nreati  anche  quelli  di  gravita\u0027   massima,   rispetto   ai   quali\nl\u0027ordinamento sospende il processo in vista dell\u0027eventuale estinzione\ndel reato per finalita\u0027 puramente  rieducative,  quindi  non  perche\u0027\nl\u0027imputato lo richieda e il pubblico ministero vi consenta,  ma  solo\nperche\u0027,  ed   in   quanto,   lo   ritenga   opportuno   un   giudice\nstrutturalmente idoneo a valutare la personalita\u0027 del minore». \n    La previsione ex lege del divieto assoluto di accesso alla  messa\nalla prova, nei casi di violenza sessuale aggravata,  appare  inoltre\ncontrastare  con  l\u0027art.  31,  comma  secondo,  della   Costituzione,\nsottraendo al vaglio di un giudice specializzato e  interdisciplinare\nla possibilita\u0027 di valutare, caso per caso, la particolare condizione\ndel minore imputato, per rendere  la  risposta  del  processo  penale\nminorile aderente alla sua personalita\u0027  e  maggiormente  rispondente\nalla finalita\u0027 rieducative, di recupero e  di  reinserimento  sociale\ndel minore autore di reato. \n    Si rappresenta, infine,  che  i  progetti  di  messa  alla  prova\ntengono in considerazione anche le  persone  offese,  soprattutto  se\nminorenni e vittime di particolari  reati,  quali  quelli  in  esame,\nprevedendo specifiche prescrizioni dirette a riparare le  conseguenze\ndel reato e a promuovere la conciliazione, nonche\u0027 la  partecipazione\na  un  programma  di  giustizia  riparativa,  ove  ne  ricorrano   le\ncondizioni. \n    Gli  insegnamenti  della  Consulta  si  conformano  altresi\u0027,  ai\nprincipi  espressi  in  numerosi  atti  internazionali.  Sul   punto,\ninfatti, si sono espresse le Nazioni Unite, il Consiglio  d\u0027Europa  e\nle istituzioni europee. In merito,  vale  la  pena  di  ricordare  le\nregole minime per l\u0027amministrazione della  giustizia  minorile,  c.d.\nregole di Pechino (approvate dall\u0027Assemblea  generale  delle  Nazioni\nUnite in data 29 novembre 1985), le regole ONU per la protezione  dei\nminori privati  della  liberta\u0027  (approvate  dall\u0027Assemblea  generale\ndelle  Nazioni  Unite  in  data  14  dicembre  1990),   c.d.   regole\ndell\u0027Havana,  la  raccomandazione  del  Comitato  dei  ministri   del\nConsiglio  d\u0027Europa  in  data  5  novembre  2008  sulle  regole   del\ntrattamento per i condannati minorenni  sottoposti  a  sanzioni  o  a\nmisure restrittive della liberta\u0027 personale, le linee  guida  su  una\ngiustizia a misura di minore  adottate  dal  Consiglio  d\u0027Europa  nel\n2010, nonche\u0027,  da  ultimo,  la  direttiva  2016/800  del  Parlamento\neuropeo  e  del  Consiglio  dell\u002711  maggio   2016   sulle   garanzie\nprocedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali. \n    Le  indicazioni  che  accomunano  tutti  gli  atti  citati   sono\nessenzialmente riconducibili all\u0027esigenza che le autorita\u0027  nazionali\nricorrano alla privazione della  liberta\u0027  personale  del  condannato\nminorenne quale misura di ultima istanza. Si richiede,  inoltre,  che\nvenga sempre privilegiato il ricorso alle misure alternative, che  il\nminore detenuto sia collocato in istituti separati rispetto a  quelli\ndegli adulti e che gli venga garantito un  trattamento  penitenziario\nspecificamente disegnato sulle sue peculiari necessita\u0027. \n    Si rilevano, pertanto, ragioni di contrasto con l\u0027art. 117, primo\ncomma,   della   Costituzione   considerati   i   vincoli   derivanti\ndall\u0027ordinamento  comunitario  sopra  specificato  e  dagli  obblighi\ninternazionali che ne conseguono. \n    Inoltre, si rilevano profili di irragionevolezza del criterio  di\nesclusione dei reati resi «ostativi» alla messa alla prova,  che  non\nsono necessariamente i piu\u0027 gravi.  Solo  a  titolo  esemplificativo,\nresta attuale la possibilita\u0027 di  valutare  l\u0027istituto  giuridico  in\nesame per i reati di cui agli articoli  416-bis,  aggravati  ex  art.\n416-bis.1, 422, 629 comma secondo, 630 del codice penale. \n    Anche laddove si volesse sostenere la possibilita\u0027 di operare  un\ncontemperamento ai principi sopra enucleati (volti alla  opportunita\u0027\ndi consentire sempre valutazioni,  da  parte  del  giudice  minorile,\nfondate su prognosi particolarmente individualizzate),  in  relazione\nad alcuni delitti connotati  da  particolare  violenza  alla  persona\nritenuti «ostativi» alla  messa  alla  prova  (sempre  richiamando  i\nprincipi della Corte costituzionale che ha  espressamente  dichiarato\nl\u0027illegittimita\u0027 di tale modo di procedere, ad esempio in riferimento\nai reati «ostativi» ex art. 4-bis della legge n. 375/1975), rileva il\nCollegio  che  tale  ipotetico  bilanciamento  e\u0027  stato  del   tutto\nirragionevole ed in palese contrasto, ad esempio, con la legislazione\nantimafia. \n    Si evidenziano, quindi, anche profili di contrasto con  l\u0027art.  3\ndella Costituzione, nella misura in cui imputati di reati anche  piu\u0027\ngravi, in considerazione della pena edittale  prevista  (ad  esempio,\n422 e  630  del  codice  penale),  ovvero  perche\u0027  rientranti  nella\nlegislazione  antimafia  (416-bis  del  codice  penale  o   aggravati\ndall\u0027art.   416-bis.1   del   codice   penale),   avrebbero   accesso\nall\u0027istituto della messa  alla  prova,  negato  invece  agli  odierni\nimputati. \n    Tale disparita\u0027 di trattamento non sarebbe dunque  supportata  da\ncriteri di ragionevolezza nelle scelte legislative, sempre qualora si\nritenesse di consentirle nella  materia  in  esame  in  relazione  al\nprincipale ed assorbente contrasto con l\u0027art. 31,  secondo  comma,  e\n117, primo comma, della Costituzione. \n    Neanche pare  ragionevole  far  riferimento  generico  a  criteri\nstatistici  che  evidenzierebbero  la  crescita  numerica   di   tali\nimputazioni. Qualora la premessa  fosse  dimostrata  in  concreto  (a\nprescindere dall\u0027eco mediatica ricevuta), ancor di piu\u0027 richiederebbe\nl\u0027analisi approfondita ed  individualizzata  della  personalita\u0027  del\nminore imputato, per cogliere le ragioni del comportamento  deviante,\nle sfumature e  l\u0027intensita\u0027  del  dolo,  la  presenza  di  eventuali\ndinamiche di gruppo,  per  giungere,  nel  merito,  ad  ammettere  od\nescludere la messa alla prova, che certamente non e\u0027 istituto  che  i\nTribunali per i minorenni concedono automaticamente. \n    In conclusione, il comma  5-bis  dell\u0027art.  28  del  decreto  del\nPresidente della Repubblica n.  448/1988  impedisce  al  Collegio  di\nvalutare  la  presenza  dei  presupposti  per  la   sospensione   del\nprocedimento e  messa  alla  prova,  con  grave  pregiudizio  per  le\nesigenze di recupero e di reinserimento sociale  degli  imputati,  in\nviolazione dell\u0027art. 31, secondo comma, 117, primo comma, e  3  della\nCostituzione per i profili di irragionevolezza sopra enucleati. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Visto l\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; \n    Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva,\nnei   termini   dinanzi   indicati,   questione    di    legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 28, comma 5-bis, del decreto del  Presidente\ndella Repubblica n. 448/1988  per  contrasto  con  gli  articoli  31,\nsecondo comma, 117, primo comma, e 3 della Costituzione, nella  parte\nin cui prevede che le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano\nai  delitti  previsti  dall\u0027art.   609-octies   del   codice   penale\nlimitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell\u0027art.  609-ter  del\ncodice penale; \n    Sospende il procedimento penale in corso  e  dispone  l\u0027immediata\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia\nnotificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche\u0027 a C. K.,\nnato a [...] l\u0027[...] e U. A., nato a [...] il [...], ai loro genitori\ne difensori e al pubblico ministero; \n    Ordina che, a cura della cancelleria, l\u0027ordinanza sia  comunicata\nai Presidenti delle due Camere del Parlamento; \n    Segnala che, a norma dell\u0027art.  52  del  decreto  legislativo  n.\n196/2003 e successive modifiche, in caso di diffusione  del  presente\nprovvedimento dovranno essere omessi le generalita\u0027 e gli altri  dati\nidentificativi dei minorenni. \n        Roma, 18 febbraio 2025 \n \n                  Il Presidente estensore: Falzone","elencoNorme":[{"id":"62359","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dpr","denominaz_legge":"decreto del Presidente della Repubblica","data_legge":"22/09/1988","data_nir":"1988-09-22","numero_legge":"448","descrizionenesso":"aggiunto 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