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Sardegna, SAPER - Sardi per le rinnovabili, Elements Green Atena srl, Elements Green Ermes srl, Elements Green Demetra srl, 3","testo_atto":"N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 agosto 2025\n\r\nOrdinanza dell\u002711 agosto 2025 del Tribunale amministrativo  regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Elements Green  Atena  S.r.l.  e\naltri contro Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza  energetica  e\naltri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  d.lgs. n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a limitare  l\u0027uso\n  del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione degli  impianti\n  fotovoltaici con moduli collocati a  terra,  in  zone  classificate\n  agricole   dai   piani   urbanistici   vigenti,    e\u0027    consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente\n  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o\n  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia\u0027   installati,   a\n  condizione che non comportino incremento  dell\u0027area  occupata,  c),\n  incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle  con\n  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,\n  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell\u0027art.\n  20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del\n  comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n  nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n  collocati a terra finalizzati alla costituzione  di  una  comunita\u0027\n  energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  predetto  decreto\n  nonche\u0027 in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure  di\n  investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza  (PNRR)  e\n  del Piano nazionale per  gli  investimenti  complementari  al  PNRR\n  (PNC) ovvero di  progetti  necessari  per  il  conseguimento  degli\n  obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi  amministrativi  per  la\n  produzione di energia da fonti rinnovabili  -  Previsione  che  gli\n  interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 190  del  2024\n  sono considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili  e  urgenti  e\n  possono essere ubicati anche  in  zone  classificate  agricole  dai\n  vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art.\n  20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. \n- Decreto legislativo 8  novembre  2021,  n.  199  (Attuazione  della\n  direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,\n  dell\u002711 dicembre 2018 , sulla promozione dell\u0027uso  dell\u0027energia  da\n  fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall\u0027art.\n  5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.  63  (Disposizioni\n  urgenti per le imprese agricole, della pesca  e  dell\u0027acquacoltura,\n  nonche\u0027  per  le  imprese  di  interesse   strategico   nazionale),\n  convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n.  101;\n  decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi\n  amministrativi per la produzione di energia da  fonti  rinnovabili,\n  in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della\n  legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. \n\n\r\n(GU n. 40 del 01-10-2025)\n\r\n \n          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n                            Sezione Terza \n \n    ha  pronunciato  la  presente  sentenza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 10460 del 2024, proposto da  Elements  Green  Atena\nS.r.l., Elements Green Ermes S.r.l., Elements Green  Demetra  S.r.l.,\nElements Green Nettuno S.r.l., Elements Green Ares  S.r.l.,  Elements\nGreen   Artemide   S.r.l.,   in   persona   dei   rispettivi   legali\nrappresentanti pro tempore, rappresentate  e  difese  dagli  avvocati\nGermana Cassar e Michele Rondoni, con domicilio digitale come da  PEC\nda Registri di giustizia; \n    contro \n        Ministero  dell\u0027ambiente  e   della   sicurezza   energetica,\nMinistero  della  cultura   e   Ministero   dell\u0027agricoltura,   della\nsovranita\u0027 alimentare e delle  foreste,  in  persona  dei  rispettivi\nlegali   rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,\nvia dei Portoghesi, 12; \n    nei confronti \n        Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del  legale\nrappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dall\u0027Avvocatura\ngenerale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei\nPortoghesi, 12; \n        Regione Sardegna, in persona del  legale  rappresentante  pro\ntempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, nonche\u0027 dagli\navvocati Mattia Pani e Giovanni Parisi, con domicilio  digitale  come\nda  PEC  da  Registri  di  giustizia  e   domicilio   eletto   presso\nl\u0027Avvocatura regionale in Cagliari, via Trento, 69; \n        Ministero  per  gli  affari  regionali  e  le   autonomie   e\nConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le\nProvince autonome di Trento e di Bolzano, non costituiti in giudizio; \n    per l\u0027annullamento \n        del decreto del Ministero  dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza\nenergetica, di concerto con il  Ministero  della  cultura  e  con  il\nMinistero  dell\u0027agricoltura,  della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle\nforeste del 21 giugno 2024, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  n.\n153 del 2 luglio 2024, recante «Disciplina  per  l\u0027individuazione  di\nsuperfici e aree idonee  per  l\u0027installazione  di  impianti  a  fonti\nrinnovabili» e di ogni  altro  presupposto  preordinato  o  connesso,\ninclusa  l\u0027intesa  raggiunta  in  sede  di  in  sede  di   Conferenza\nunificata, resa nella seduta del 7 giugno 2024; \n        eventualmente previa rimessione  alla  Corte  costituzionale,\ndella questione di legittimita\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis del decreto\nlegislativo  n.  199/2021,  introdotto  dall\u0027art.  5,  comma  1,  del\ndecreto-legge n. 63/2024,  convertito  con  modifiche  con  legge  n.\n101/2024, nei termini sopra indicati - con riferimento agli  articoli\n77, 117  commi  1  e  3,  9  e  41  della  Costituzione  nonche\u0027  con\nriferimento ai principi comunitari di massima diffusione delle  fonti\nrinnovabili; \n        oppure, previa disapplicazione dell\u0027art. 5 del  decreto-legge\n15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge  12\nluglio  2024,  n.  101,  per  violazione  del  diritto   comunitario,\nsegnatamente del Protocollo n. 1  alla  Convenzione  europea  per  la\nsalvaguardia dei diritti  dell\u0027uomo  e  delle  liberta\u0027  fondamentali\n(Protezione della  proprieta\u0027),  del  Trattato  sulla  Carta  europea\ndell\u0027energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994,  e  ratificato\nin Italia con  legge  10  novembre  1997,  n.  415,  della  direttiva\n2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di  tutela\ndell\u0027affidamento,  della  certezza  del  diritto,  della  parita\u0027  di\ntrattamento; \n        ovvero previa rimessione alla Corte di giustizia  dell\u0027Unione\neuropea  della  questione  pregiudiziale  relativa  alla  conformita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  convertito  con\nmodifiche con legge n. 101/2024, ai principi  di  massima  diffusione\ndelle fonti rinnovabili sanciti (i) dalla direttiva 2018/2001/UE  del\nParlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018 (modificata\ndalla successiva direttiva 2023/2413  del  18  ottobre  2023),  sulla\npromozione dell\u0027uso  dell\u0027energia  da  fonti  rinnovabili;  (ii)  dal\nregolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre  2022,  come\nmodificato  dal  regolamento  (UE)  2024/223  del  Consiglio  del  22\ndicembre 2023, che ha introdotto un  quadro  di  norme  di  carattere\nemergenziale  tese  ad  accelerare  la  procedura  autorizzativa   di\nrinnovabili; (iii)  regolamento  (UE)  n.  2021/1119  del  Parlamento\neuropeo e del Consiglio del 30 giugno 2021, che istituisce il  quadro\nper il conseguimento della neutralita\u0027 climatica e  che  modifica  il\nregolamento (CE) n. 401/2009  e  il  regolamento  (UE)  n.  2018/1999\n(«Normativa europea sul clima»). \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero\ndell\u0027ambiente e  della  sicurezza  energetica,  del  Ministero  della\ncultura, del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027  alimentare\ne delle foreste, della Presidenza del Consiglio dei ministri e  della\nRegione Sardegna; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 7 maggio 2025 il  dott.\nLuca Biffaro e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel\nverbale; \n    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n                                Fatto \n \n    1.) Le societa\u0027 ricorrenti, tutte appartenenti al medesimo gruppo\nsocietario, nella loro qualita\u0027 di operatori attivi nel settore della\nproduzione  di  energia  elettrica  da   fonti   rinnovabili,   hanno\nrappresentato di avere avviato gli itinera amministrativi di sviluppo\ndi impianti di produzione di energia elettrica da fonti  rinnovabili,\nin larga parte agrivoltaici e  da  realizzare  nel  territorio  della\nRegione Sardegna. \n    1.1.) In particolare: i) Elements Green Atena S.r.l. ha in  corso\nun procedimento per la realizzazione di un impianto  agrivoltaico  di\npotenza pari a 37,80 MW, da  installare  nel  Comune  di  Sassari,  e\nrispetto al quale e\u0027  stata  presentata  istanza  di  Valutazione  di\nimpatto ambientale («VIA»); ii) Elements Green Demetra S.r.l.  ha  in\ncorso  un  procedimento  per  la   realizzazione   di   un   impianto\nagrivoltaico di potenza pari a 41,552 MWp, da installare  nel  Comune\ndi Sassari, e rispetto al quale l\u0027istanza di VIA e\u0027 stata  dichiarata\nprocedibile in data 4 dicembre 2023; iii) Ermes Green Nettuno  S.r.l.\nha in corso un procedimento  per  la  realizzazione  di  un  impianto\nagrivoltaico di potenza pari a 40.194 kWp, da installare  nel  Comune\ndi Sassari, e rispetto al quale e\u0027 stata presentata  istanza  di  VIA\n(cfr.  docc.  4.1,  4.3  e  4.4  della  produzione   delle   societa\u0027\nricorrenti). \n    1.2.)  Le  ricorrenti,  dopo  aver   richiamato   la   disciplina\nintrodotta dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n.  199,  recante\n«Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento  europeo  e\ndel Consiglio,  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla  promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» - anche alla luce delle  modifiche\napportate dall\u0027art. 5  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63,\nrecante «Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca  e\ndell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le  imprese  di  interesse  strategico\nnazionale», convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio  2024,\nn. 101, con la quale e\u0027 stato introdotto il divieto di  utilizzo  dei\nterreni agricoli per la realizzazione di  impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra (articolo,  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n.  199/2021)  -  nonche\u0027  quella  prevista  dal  decreto\nministeriale  del   21   giugno   2024,   recante   «Disciplina   per\nl\u0027individuazione di superfici e aree idonee  per  l\u0027installazione  di\nimpianti a fonti rinnovabili», hanno prospettato  che  le  previsioni\ndel decreto ministeriale del 21 giugno  2024  siano  suscettibili  di\nincidere  negativamente  nella  loro  sfera  giuridica,  andando   ad\nimpattare  sulla  generale  attivita\u0027  di  sviluppo  degli   impianti\nfotovoltaici («Impianti FTV»)  e  degli  impianti  di  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili («Impianti FER»). \n    2.) Le societa\u0027 ricorrenti,  con  la  proposizione  del  presente\nricorso affidato a sei differenti motivi, hanno impugnato il  decreto\nministeriale del 21 giugno 2024,  lamentandone  l\u0027illegittimita\u0027  per\nviolazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, e ne\nhanno chiesto l\u0027annullamento, eventualmente  previa  rimessione  alla\nCorte costituzionale della questione di  legittimita\u0027  dell\u0027art.  20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per violazione degli\narticoli 3, 41, 97, e  117  della  Costituzione  con  riferimento  ai\nprincipi unionali sulla massima diffusione  delle  fonti  di  energia\nrinnovabile,  ovvero   previa   disapplicazione   dell\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024, per violazione  del  diritto  eurounitario,\novvero ancora previa rimessione alla Corte di  giustizia  dell\u0027Unione\neuropea  della  questione  pregiudiziale  relativa  alla  conformita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024  ai  principi  unionali  di\nmassima diffusione delle fonti di energia rinnovabile. \n    2.1.) Le ricorrenti,  con  il  primo  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la  legittimita\u0027  del  gravato  decreto  ministeriale  per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n.  387/2003,  delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 -  Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione  degli  articoli  3,  41  e  97   della   Costituzione   -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n    2.1.1.) In particolare,  con  tale  mezzo  di  gravame  e\u0027  stata\nlamentata  l\u0027illegittimita\u0027  dell\u0027art.  1,  comma  2,   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 nella parte in cui  viene  attribuito\nalle Regioni il compito di individuare con  propria  legge  anche  le\naree non idonee all\u0027installazione degli impianti FER. \n    Secondo  la  prospettazione  delle  ricorrenti,  l\u0027individuazione\ndelle aree non idonee sarebbe  soggetta  a  riserva  di  procedimento\nautorizzativo e, dunque, le regioni potrebbero  provvedervi  solo  in\nseguito all\u0027aggiornamento delle linee  guida  ministeriali  approvate\ncon il decreto ministeriale del 10 settembre  2010  («Linee  guida»).\nCio\u0027, in quanto il decreto legislativo n. 199/2021  avrebbe  distinto\nla fase di individuazione delle aree  idonee  (che  assume  carattere\nprioritario), da quella delle aree non idonee, che dovrebbe  avvenire\nsolo successivamente  e  a  seguito  dell\u0027aggiornamento  delle  Linee\nguida. A  conferma  della  impostazione  esegetica  delle  ricorrenti\nmiliterebbero tanto il disposto dell\u0027art. 20, comma  1,  del  decreto\nlegislativo   n.   199/2021,   quanto   le   pronunce   della   Corte\ncostituzionale inerenti al divieto di moratorie  ai  procedimenti  di\nautorizzazione degli impianti FER prima  della  individuazione  delle\naree idonee (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    Le Regioni, nell\u0027individuare con propria legge le aree non idonee\nalla installazione  degli  impianti  FER,  finirebbero  per  incidere\nnegativamente sui meccanismi di accelerazione procedimentale previsti\nper l\u0027autorizzazione degli impianti FER, in quanto la  individuazione\ndi tali aree non  sarebbe  piu\u0027  il  frutto  di  una  valutazione  in\nconcreto della compatibilita\u0027 del progetto, risolvendosi in una sorta\ndi  incompatibilita\u0027  automatica,  in  violazione  dell\u0027art.  12  del\ndecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, delle Linee  guida  del\n2010 e degli articoli 18 e 20 del decreto legislativo n. 199/2021. \n    2.2.) Le ricorrenti, con il  secondo  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la  legittimita\u0027  del  gravato  decreto  ministeriale  per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n.  387/2003,  delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 -  Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione -  Eccesso  di\npotere per sviamento - Difetto di  istruttoria  e  di  motivazione  -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n    2.2.1.)  Con  tale  mezzo   di   gravame   e\u0027   stata   lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 delle previsioni del  decreto  ministeriale  del  21\ngiugno 2024 con le quali le aree  non  idonee  sarebbero  state  rese\nbarriere alla realizzazione degli impianti FER. \n    Cio\u0027, in particolare, emergerebbe dalle seguenti disposizioni del\ngravato decreto ministeriale: \n        l\u0027art. 1, nella parte in cui definisce  le  aree  non  idonee\ncome incompatibili con l\u0027installazione  di  specifiche  tipologie  di\nimpianti FER; \n        l\u0027art. 7, comma 3, laddove considera non idonee le  superfici\nricomprese nel perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 36, comma 1, lettere a) e  b),  del  decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42; \n        l\u0027art. 7, comma 3, nella parte in cui viene  attribuita  alle\nregioni la facolta\u0027 di individuare come non idonee le superfici e  le\naree ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai\nsensi del decreto legislativo n.  42/2004,  nonche\u0027  la  facolta\u0027  di\nstabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti  a\ntutela fino a un massimo di 7 chilometri. \n    Secondo la prospettazione delle ricorrenti, dette  previsioni  si\nporrebbero in contrasto con la natura e la funzione  delle  aree  non\nidonee, come delineata dal paragrafo 17 e dall\u0027Allegato 3 delle Linee\nguida del 2010, in quanto dette aree non possono  costituire  divieti\ngeneralizzati alla installazione degli impianti  FER,  devono  essere\nindividuate all\u0027esito di  una  apposita  istruttoria  e  non  possono\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico. \n    Sarebbero, altresi\u0027,  violati  i  principi  eurounionali  sanciti\ndalle direttive 2018/2001/UE (c.d. RED II) e 2023/2413/UE  (c.d.  RED\nIII). \n    2.3.) Le ricorrenti,  con  il  terzo  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la  legittimita\u0027  del  gravato  decreto  ministeriale  per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n.  387/2003,  delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 -  Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione -  Eccesso  di\npotere per sviamento - Difetto di  istruttoria  e  di  motivazione  -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n    2.3.1.)  Con  tale  mezzo  di  gravame  e\u0027  stata  contestata  la\nlegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 nella  parte\nin  cui  non  avrebbe  fornito  alcun  criterio  oggettivo   per   la\nindividuazione delle aree idonee. \n    Secondo la prospettazione delle ricorrenti, infatti, l\u0027art. 7 del\ngravato decreto ministeriale avrebbe conferito una delega  in  bianco\nalle regioni, prevedendo  solamente  tre  criteri  omogenei  che,  in\nsostanza, consisterebbero in mere clausole di stile, risolvendosi  in\nuna  pedissequa   riproposizione   degli   interessi   incisi   dalla\nrealizzazione degli impianti FER, quali la tutela del paesaggio,  gli\nimpatti  ambientali,  il  consumo  del  suolo  e  la  massimizzazione\ndell\u0027energia elettrica da fonti rinnovabili. \n    Le previsioni  del  decreto  ministeriale  del  21  giugno  2024,\nquindi,  non  consentirebbero  il  mantenimento  di  una   disciplina\nuniforme  delle  aree  idonee   sull\u0027intero   territorio   nazionale,\nconferendo alle regioni una delega in bianco e generando in tal  modo\nincertezza negli operatori del settore,  e  contrasterebbero  con  il\nregime transitorio introdotto con l\u0027art. 20,  comma  8,  del  decreto\nlegislativo  n.  199/2021,  stante  l\u0027assenza  di  una  clausola   di\nsalvaguardia dei procedimenti in corso. \n    2.4.) Le ricorrenti, con  il  quarto  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto  ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  15  maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12  luglio\n2024, n. 101 - Violazione dell\u0027art. 117 della  Costituzione  rispetto\nalla direttiva n. 2001/77/CE, alla direttiva n.  2009/28/CE  ed  alla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed  integrazioni,\nal regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio  del  22  dicembre  2022,\nnonche\u0027 in relazione all\u0027art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003,\nalle linee guida nazionali  approvate  con  decreto  ministeriale  10\nsettembre 2010, all\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione». \n    2.4.1.)  Con  tale  mezzo   di   gravame   e\u0027   stata   lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024  in  via\nderivata  rispetto  alla  prospettata  illegittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n    In particolare, l\u0027art. 1, comma  2,  lettera  d),  dell\u0027impugnato\ndecreto ministeriale risulterebbe illegittimo in via  derivata  nella\nmisura in cui ha reso vincolante e inderogabile per tutte le  regioni\nil divieto preventivo e assoluto di installazione in area agricola di\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra previsto dall\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024 e trasfuso nell\u0027art. 20, comma  1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021. \n    Tale divieto, secondo  la  prospettazione  delle  ricorrenti,  si\nporrebbe in contrasto con i  principi  di  massima  diffusione  delle\nfonti rinnovabili e con la riserva  di  procedimento  amministrativo,\nentrambi  di  matrice  eurounitaria,   con   conseguente   violazione\ndell\u0027art. 117 della Costituzione. \n    Peraltro,  la  scelta  di  attribuire   esclusivo   valore   alla\ndestinazione urbanistica dell\u0027area, senza  alcun  approfondimento  in\nmerito alla effettiva coltivazione dei terreni, al tipo di colture  e\nalla esistenza di vincoli, violerebbe i principi di ragionevolezza  e\nproporzionalita\u0027  discendenti   dagli   articoli   3   e   97   della\nCostituzione. \n    Oltretutto,   l\u0027art.   5   del    decreto-legge    n.    63/2024,\nnell\u0027attribuire  aprioristica  prevalenza  alla  tutela   del   suolo\nagricolo, si porrebbe anche in contrasto con l\u0027art. 16-septies  della\ndirettiva RED II e con il regolamento eurounitario 2022/2577. \n    2.5.) Le ricorrenti, con  il  quinto  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto  ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  15  maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12  luglio\n2024, n.  101  -  Violazione  dell\u0027art.  117  della  Costituzione  in\nrelazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per\nla salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle  liberta\u0027  fondamentali\n(Protezione della proprieta\u0027) - Violazione art. 41 Costituzione sulla\nliberta\u0027  di  iniziativa  economica  -   Violazione   del   legittimo\naffidamento». \n    2.5.1.)  Con  tale  mezzo   di   gravame   e\u0027   stata   lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024  in  via\nderivata  rispetto  alla  prospettata  illegittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 sotto un ulteriore profilo. \n    In  particolare,  secondo  la  prospettazione  delle  ricorrenti,\nl\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63/2024  cagionerebbe   un   danno\nirreparabile del diritto  dominicale  degli  operatori  del  settore,\nproducendo effetti ablativi della proprieta\u0027 privata  e  una  lesione\ndel legittimo affidamento, con conseguente incisione  negativa  della\nliberta\u0027 di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione. \n    Infatti,  detta  disposizione  normativa   non   prenderebbe   in\nconsiderazione le situazioni nelle quali i terreni agricoli sono gia\u0027\nstati contrattualizzati dagli operatori interessati allo sviluppo  di\nun impianto FER in area agricola prima della sua entrata  in  vigore.\nDa cio\u0027 discenderebbe, quindi, la portata ablativa  della  previsione\nsospettata di incostituzionalita\u0027, stante la sua  portata  preclusiva\ndei diritti dominicali degli operatori  attivi  nella  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili, vieppiu\u0027 aggravata dalla sua  efficacia\nretroattiva. \n    Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge  n.  63/2024,\ninoltre,  risulterebbe  sproporzionato  rispetto  alle  esigenze   di\nsalvaguardia della attivita\u0027 agricola e di riduzione del consumo  del\nsuolo, sfociando in un non corretto  bilanciamento  tra  esigenze  di\ninteresse pubblico e tutela dei diritti fondamentali degli  operatori\ndel settore. Cio\u0027, piu\u0027 in dettaglio, emergerebbe dal fatto  che  non\ne\u0027 stata prevista  alcuna  distinzione  tra  aree  agricole  ad  alta\nvocazione (ossia, quelle interessate da coltivazioni DOCG, DOP e IGP)\ne aree fortemente antropizzate e del tutto prive di pregio. \n    In definitiva, l\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024  violerebbe\nil  diritto  di  proprieta\u0027  tutelato  dall\u0027art.  1  del   Protocollo\naddizionale alla Convenzione EDU. \n    Oltretutto,    tale    disposizione    normativa     risulterebbe\nincostituzionale per violazione dei principi unionali in  materia  di\npromozione  e  sviluppo  della  produzione  di   energia   da   fonti\nrinnovabili anche in  ragione  della  sua  incidenza  negativa  sugli\ninvestimenti  del  settore,  il  che,  arrecando   pregiudizio   agli\noperatori economici, contrasterebbe il raggiungimento degli obiettivi\nassunti dall\u0027Italia in sede europea. \n    2.6.) Le ricorrenti,  con  il  sesto  motivo  di  ricorso,  hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto  ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art.  5  del  decreto-legge  15  maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  12  luglio\n2024, n. 101  -  Violazione  dell\u0027art.  117  della  Costituzione  con\nriferimento agli obblighi di diritto comunitario -  Violazione  degli\narticoli 3, 101 e 102 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\ne al protocollo (n. 27) sul mercato interno e sulla concorrenza». \n    2.6.1.)  Con  tale  mezzo   di   gravame   e\u0027   stata   lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024  in  via\nderivata  rispetto  alla  prospettata  illegittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63/2024  per  violazione  degli\narticoli 3, 101 e 102 TFUE, nonche\u0027 del protocollo n. 27 sul  mercato\ninterno e la concorrenza. \n    In particolare, secondo la tesi delle ricorrenti,  l\u0027introduzione\ndel divieto di installare impianti FTV con moduli collocati  a  terra\nsulle aree agricole falserebbe il gioco della concorrenza all\u0027interno\ndel mercato unico, in quanto  impedirebbe  agli  operatori  economici\nitaliani di utilizzare  dette  aree,  discriminandoli  rispetto  agli\noperatori «comunitari»  operanti  in  qualsiasi  altro  Stato  membro\ndell\u0027Unione europea. \n    L\u0027introduzione del contestato divieto, quindi,  integrerebbe  gli\nestremi di una violazione  degli  obblighi  discendenti  dal  diritto\neurounitario, stante la violazione delle norme poste a  tutela  della\nconcorrenza nel mercato, nonche\u0027 la lesione del legittimo affidamento\ndegli operatori del  settore  e  del  principio  della  certezza  del\ndiritto. \n    3.) Il  Ministero  dell\u0027ambiente  e  della  sicurezza  energetica\n(«Mase»),  il  Ministero  della   cultura   («Mic»),   il   Ministero\ndell\u0027agricoltura,  della  sovranita\u0027  alimentare  e   delle   foreste\n(«Masaf»), la Presidenza del Consiglio  dei  ministri  e  la  Regione\nSardegna si sono costituiti in giudizio per resistere al  ricorso  in\nesame. \n    4.) La Regione Sardegna, con memoria depositata in data 4  aprile\n2025, ha eccepito l\u0027inammissibilita\u0027 e l\u0027infondatezza del ricorso  in\nesame sull\u0027assunto che i criteri delineati dall\u0027art.  7  del  decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 non soltanto non siano  generici,  ma\nsiano  altresi\u0027   funzionali   al   perseguimento   degli   obiettivi\nindividuati dalle direttive eurounitarie. \n    Una volta che detti obiettivi siano stati raggiunti  risulterebbe\nlegittimo che le  regioni  prevedano  in  autonomia  quali  aree  del\nterritorio qualificare come idonee e quali come non idonee, in  vista\ndella salvaguardia di ulteriori interessi, quali quelli della  tutela\ndell\u0027ambiente e  del  paesaggio,  rispetto  ai  quali  gli  interessi\neconomici privati risultano recessivi. \n    Cio\u0027, a maggior ragione, varrebbe per  la  Regione  Sardegna  che\ngode di competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela e\npianificazione paesaggistica, ai sensi  del  decreto  del  Presidente\ndella Repubblica n. 480/1975,  nella  interpretazione  fornita  dalla\nCorte  costituzionale,  nonche\u0027  nelle  materie  dell\u0027urbanistica   e\ndell\u0027agricoltura e delle foreste, ai sensi dell\u0027art. 3 dello  Statuto\nspeciale. \n    La Regione Sardegna, inoltre, ha  eccepito  anche  l\u0027infondatezza\ndelle doglianze tese a contestare la  legittimita\u0027  della  previsione\nche attribuisce alle regioni il compito di individuare pure  le  aree\nnon idonee con propria legge, valorizzando la circostanza che  l\u0027art.\n20 del decreto legislativo n. 199/2021 disciplina sempre  in  maniera\ncongiunta tanto le aree idonee, quanto quelle non idonee. \n    Risulterebbe, altresi\u0027, infondato il profilo di  censura  con  il\nquale e\u0027 stata lamentata la previsione dell\u0027art. 7, comma 2,  lettera\nc), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, in ragione del fatto\nche l\u0027individuazione ope legis delle aree  idonee  operata  dall\u0027art.\n20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 avrebbe un carattere\nmeramente transitorio, valendo solo nelle more  della  individuazione\ndelle aree idonee da parte delle regioni. \n    Del pari infondato risulterebbe essere il motivo di  ricorso  con\nil quale si prospetta l\u0027illegittimita\u0027 del decreto  ministeriale  del\n21 giugno 2024 per violazione del  principio  di  massima  diffusione\ndelle fonti di energia rinnovabile, in considerazione del  fatto  che\nlo stesso decreto  ministeriale  impugnato  definisce  uno  specifico\npercorso da seguire per conseguire gli obiettivi assunti  dall\u0027Italia\na livello europeo. \n    5.) Le societa\u0027 ricorrenti, con  memoria  depositata  in  data  5\naprile 2025, hanno specificato ulteriormente le proprie  doglianze  e\nhanno insistito per l\u0027accoglimento del ricorso. \n    6.) Le societa\u0027 ricorrenti, con memoria di replica depositata  in\ndata 16 aprile 2025, controdedotto  alle  eccezioni  sollevate  dalla\nRegione Sardegna e hanno instato per l\u0027accoglimento del gravame. \n    6.1.) La Regione Sardegna, con memoria di replica  depositata  in\ndata 16 aprile  2025,  ha  spiegato  le  proprie  difese  avverso  le\ncontrodeduzioni svolte dalle ricorrenti e ha instato per  il  rigetto\ndel ricorso. \n    7.) All\u0027udienza pubblica del 7 maggio  2025  la  causa  e\u0027  stata\ndiscussa. \n    Nel corso della discussione il Collegio ha rilevato d\u0027ufficio, ai\nsensi dell\u0027art. 73, comma  3,  c.p.a.  la  sussistenza  di  possibili\nprofili di inammissibilita\u0027 dei  primi  tre  motivi  di  ricorso  per\ndifetto di interesse. \n    All\u0027esito della discussione  la  causa  e\u0027  stata  trattenuta  in\ndecisione. \n \n                               Diritto \n \n    1. Il Collegio, in via  preliminare,  ritiene  che  i  primi  tre\nmotivi  di  ricorso,   inerenti   alla   legittimita\u0027   del   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ad eccezione della previsione con  la\nquale e\u0027  stato  introdotto  il  divieto  di  installazione  in  aree\nagricole di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra\n(oggetto delle censure articolate  con  il  quarto,  quinto  e  sesto\nmotivo di ricorso), siano  inammissibili  per  carenza  di  interesse\ncosi\u0027 come rilevato d\u0027ufficio dal Collegio  ai  sensi  dell\u0027art.  73,\ncomma 3, c.p.a. nel corso dell\u0027udienza pubblica del 7 maggio  2025  e\nfatto constare nel relativo verbale d\u0027udienza. \n    Le  seguenti  considerazioni  valgono  ad   assorbire   anche   i\nconcorrenti profili di inammissibilita\u0027 oggetto di eccezione da parte\ndella Regione Sardegna. \n    1.1. La delibazione del profilo processuale inerente alla carenza\ndi interesse a ricorrere degli operatori economici del settore, quali\nle societa\u0027 ricorrenti, richiede che vengano preliminarmente chiariti\ni termini nei quali va declinato  il  concetto  di  area  non  idonea\nall\u0027installazione di impianti FER nel regime introdotto dall\u0027art. 20,\ncomma 1, del decreto legislativo n. 199/2021. \n    Tale esigenza, invero, risulta intrinsecamente correlata  con  il\ntenore delle censure ricorsuali, che ruotano sostanzialmente  intorno\nall\u0027assunto secondo il quale le aree non idonee siano superfici sulle\nquali e\u0027 totalmente preclusa l\u0027installazione di impianti FER, il  che\navrebbe comportato un totale e indebito stravolgimento  dell\u0027impianto\nordinamentale  delineato   con   il   precedente   regime   giuridico\napplicabile in subiecta materia. \n    1.2. Il Collegio ritiene che la  tesi  sostenuta  dalle  societa\u0027\nricorrenti non possa essere condivisa per le ragioni  di  diritto  di\nseguito esposte. \n    1.3. Come noto, l\u0027art. 12 del  decreto  legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la  razionalizzazione  e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. \n    A tal fine, l\u0027art. 12,  comma  10,  del  decreto  legislativo  n.\n387/2003 ha inter alia previsto  che  «In  Conferenza  unificata,  su\nproposta del Ministro delle attivita\u0027 produttive, di concerto con  il\nMinistro dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e  del  Ministro\nper i beni e le attivita\u0027 culturali, si approvano le linee guida  per\nlo svolgimento del procedimento di cui al comma 3 [la c.d.  procedura\ndi autorizzazione unica, n.d.r.]. Tali linee  guida  sono  volte,  in\nparticolare, ad assicurare un corretto  inserimento  degli  impianti,\ncon specifico  riguardo  agli  impianti  eolici,  nel  paesaggio.  In\nattuazione di tali linee guida, le  regioni  possono  procedere  alla\nindicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di\nspecifiche tipologie di impianti». \n    1.4. Come gia\u0027 anticipato in precedenza, le Linee guida  indicate\ndall\u0027art. 12, comma 10, del  decreto  legislativo  n.  387/2003  sono\nstate adottate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del\n10 settembre 2010, nel quale e\u0027 stato stabilito che: \n        paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati  da  fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee\nguida, le regioni e  le  province  autonome  possono  procedere  alla\nindicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di\nspecifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita\u0027  di  cui  al\npresente punto e sulla  base  dei  criteri  di  cui  all\u0027Allegato  3.\nL\u0027individuazione della  non  idoneita\u0027  dell\u0027area  e\u0027  operata  dalle\nregioni attraverso  un\u0027apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente,  del\npaesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con\nl\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede  di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da  richiamare  nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere,  in  relazione  a  ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche  tipologie\ne/o dimensioni di impianti,  la  descrizione  delle  incompatibilita\u0027\nriscontrate  con  gli  obiettivi  di  protezione  individuati   nelle\ndisposizioni  esaminate  [...].  Le  aree  non  idonee   sono   [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui  sono  definite  le  misure  e  gli   interventi   necessari   al\nraggiungimento  degli  obiettivi  di  burden   sharing   fissati   in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione  individua\nle aree  non  idonee  tenendo  conto  di  quanto  eventualmente  gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in  congruenza  con  lo  specifico\nobiettivo assegnatole»; \n        allegato 3: «L\u0027individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la  realizzazione  degli  impianti,\nbensi\u0027 ad  offrire  agli  operatori  un  quadro  certo  e  chiaro  di\nriferimento  e  orientamento  per  la  localizzazione  dei  progetti.\nL\u0027individuazione delle aree non idonee dovra\u0027 essere effettuata dalle\nregioni  con  propri  provvedimenti  tenendo  conto  dei   pertinenti\nstrumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,\nsecondo le modalita\u0027 indicate al paragrafo 17\", nonche\u0027 sulla base di\nprincipi e criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei\nquali, tra l\u0027altro: \"a) l\u0027individuazione delle aree non  idonee  deve\nessere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi  legati  ad\naspetti di tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle  caratteristiche  intrinseche  del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti  non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle  diverse\nfonti rinnovabili  e  alle  diverse  taglie  di  impianto;  [...]  d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela   dell\u0027ambiente,    del    paesaggio    e    del    patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed  affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei  non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto  di\naccelerazione e  semplificazione  dell\u0027iter  di  autorizzazione  alla\ncostruzione  e  all\u0027esercizio,  anche  in  termini  di   opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche  caratteristiche  e  vocazioni\ndel territorio». \n    1.5. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12,  comma  10,\ndel decreto  legislativo  n.  387/2003,  come  risulta  dai  pacifici\norientamenti pretori formatisi  in  seno  alla  giurisprudenza  della\nCorte costituzionale, le Linee  guida  sono  «poste  a  completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n.  286  e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018)  e  connotate  dal  carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69  del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello  stesso  senso,  sentenze  n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)»  (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n    Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito  che\ncon le disposizioni normative introdotte dal decreto  legislativo  n.\n199/2021 «il  legislatore  statale  ha  inteso  superare  il  sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo  29  dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla\npromozione  dell\u0027energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal  conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10  settembre  2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e  i  criteri  di  individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni,  pertanto,  sono  ora  chiamate  a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti,  sulla\nscorta dei principi e dei  criteri  stabiliti  con  appositi  decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...]. \n    Inoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027  avvenire  non\npiu\u0027 in sede amministrativa, come prevedeva la disciplina  precedente\nin relazione a quelle  non  idonee,  bensi\u0027  \"con  legge\"  regionale,\nsecondo quanto precisato dal comma 4  (primo  periodo)  dello  stesso\nart. 20» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n    1.6.  Sulla  scorta  di  quanto  chiarito  ed   affermato   negli\norientamenti giurisprudenziali teste\u0027 richiamati,  discende  che  nel\ndare applicazione del rinnovato quadro normativo che  ha  interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER, non possano sic et\nsimpliciter essere trasposti, in  maniera  acritica  e  meccanica,  i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale  in  relazione\nal pregresso assetto normativo e regolatorio. \n    Laddove, infatti, si aderisse ad una siffatta opzione ermeneutica\n- che e\u0027, poi,  quella  sostanzialmente  prospettata  dalle  societa\u0027\nricorrenti - si finirebbe per  obliterare  indebitamente  il  vigente\ncontesto normativo, avuto specifico  riguardo  alla  circostanza  per\ncui, de iure condito, l\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo  n.\n199/2021 espressamente dispone che sia il Mase, di  concerto  con  il\nMic e il  Masaf,  previo  raggiungimento  dell\u0027intesa  in  Conferenza\nunificata, a stabilire con decreto i principi e  i  criteri  omogenei\nstrumentali all\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n    1.7. Invero, proprio sulla scorta  delle  scelte  compiute  dalle\namministrazioni  resistenti  con  l\u0027adozione  del   gravato   decreto\nministeriale - e condivise  con  gli  enti  territoriali  tramite  lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge  come,\ncontrariamente a quanto  sostenuto  dalle  societa\u0027  ricorrenti,  nel\ncomplessivo   nuovo   impianto   normativo   e   regolamentare    sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e  finalita\u0027,  la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n    Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del decreto  ministeriale\ndel 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non idonee»  come\n«aree  e  siti  le  cui  caratteristiche   sono   incompatibili   con\nl\u0027installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti  secondo  le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato  3  delle  linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10\nsettembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n    A dispetto di quanto asserito dalle societa\u0027 ricorrenti - secondo\nle quali la definizione di area non idonea  come  area  incompatibile\nequivarrebbe  alla  introduzione  di   un   divieto   assoluto   alla\ninstallazione di impianti FER - occorre ricordare che il paragrafo 17\ndelle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il processo  di\nricognizione delle aree non  idonee  dovesse  avvenire  prendendo  in\nconsiderazione gli  «obiettivi  di  protezione  non  compatibili  con\nl\u0027insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o\ndimensioni di impianti». \n    Emerge, quindi, come gia\u0027 nel  contesto  previgente  all\u0027adozione\ndel  gravato   decreto   ministeriale   le   aree   non   idonee   si\ncaratterizzassero   per   essere   aree    incompatibili    con    il\nsoddisfacimento  degli  obiettivi  di  protezione  che  l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale  forma  di  incompatibilita\u0027,  quale  tratto\ncaratterizzante delle aree  non  idonee,  non  si  traduceva  in  una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di  «una  elevata  probabilita\u0027  di  esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n    L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di  affermare\nche,  sotto  l\u0027esaminato   profilo   della   «incompatibilita\u0027»,   la\ndefinizione di «aree non idonee»  contenuta  nell\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera  b),  del  gravato  decreto  ministeriale  non  possiede   un\ncarattere innovativo,  risultando  sostanzialmente  invariata,  quoad\neffectum, la portata del concetto  di  «area  non  idonea»  per  come\ndeclinato dal decreto ministeriale del  21  giugno  2024  rispetto  a\nquella scaturente dalle Linee guida. \n    1.8. Ad avviso del Collegio il richiamo alle modalita\u0027  stabilite\ndalle Linee guida operato dall\u0027art.  1,  comma  2,  lettera  b),  del\ndecreto  ministeriale  del  21  giugno  2024,  deve   essere   inteso\nunicamente  nel  senso  che,  in  sede  di  attuazione  della  delega\nlegislativa di cui alla legge  n.  53/2021,  si  sia  optato  per  il\nconsolidamento, anche rispetto al nuovo regime,  delle  acquisizioni,\nin termini di significato e declinazione delle aree non idonee,  gia\u0027\nraggiunte nel previgente  assetto  normativo  in  applicazione  delle\nprevisioni dettate dalle Linee guida. \n    Tale opzione esegetica puo\u0027  essere  legittimamente  percorsa  in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione  conservativa  di\ncui all\u0027art. 1367 cod civ. -  pacificamente  applicabile  anche  agli\natti   amministrativi,    come    chiarito    dalla    giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n.  5358  del  4\nsettembre  2020  e  riferimenti  ivi  citati)  -.  Infatti,  mediante\nl\u0027impiego di tale, legittimo,  criterio  interpretativo,  nel  nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da  vizi  di  legittimita\u0027  (ut  res  magis  valeat  quam\npereat),  risultando  cio\u0027  confacente,  peraltro,  ai  principi   di\neconomicita\u0027  ed  efficacia  dell\u0027attivita\u0027  amministrativa   sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241  (cfr.  Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015)  e  di  cui  il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n    Peraltro, come sara\u0027 meglio approfondito nel prosieguo, anche nel\nnuovo assetto normativo e\u0027 stato assegnato un ruolo alle linee  guida\nministeriali, ancorche\u0027 subordinato ad un aggiornamento delle  stesse\nteso a renderle compatibili  con  il  nuovo  impianto  ordinamentale,\ngiusto quanto previsto dall\u0027art. 18, comma 3, del decreto legislativo\nn. 199/2021. \n    1.9. Se e\u0027 vero che non  puo\u0027  essere  sottaciuto  il  fatto  che\nl\u0027art. 3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga  che  le\nregioni provvedono con legge alla individuazione (anche)  delle  aree\nnon idonee - e non  piu\u0027  nell\u0027ambito  di  un  apposito  procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee guida - e\u0027  del  pari  vero\nche non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere  che  a  tale\ncambiamento sia correlata la conseguenza prospettata  dalle  societa\u0027\nricorrenti. \n    Infatti, il mutamento normativo che  ha  interessato  il  veicolo\ngiuridico  di   approvazione   della   classificazione   delle   aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non  risulta  accompagnato  da\nuna cosi\u0027 radicale trasfigurazione del significato  che  il  concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime  ai  fini  del  raggiungimento\ndegli obiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n    L\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lettera b),  del  gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il Collegio intende\naderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere di non idoneita\u0027  di\nun\u0027area non precluda in radice la realizzazione di impianti FER -  e\u0027\natta a porre in rilievo come  l\u0027individuazione  con  legge  regionale\ndelle aree non idonee non esclude che  le  amministrazioni  coinvolte\nnegli specifici  procedimenti  amministrativi  di  valutazione  delle\nistanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER  debbano\nnecessariamente  apprezzare  in  concreto  l\u0027impatto   dei   progetti\nproposti     sulle      esigenze      di      tutela      ambientale,\npaesaggistico-territoriale e dei beni culturali, anche laddove l\u0027area\ninteressata rientri tra quelle classificate come non idonee. \n    1.10. Il Collegio, chiariti i  termini  nei  quali  debba  essere\ninteso il concetto giuridico di «aree non idonee» alla  realizzazione\ndegli  impianti  FER,  ritiene  di  poter  esaustivamente   procedere\nall\u0027esame dei profili di attualita\u0027 e  concretezza  dell\u0027interesse  a\nricorrere delle societa\u0027 ricorrenti. \n    A  tale  riguardo,  sulla  scorta  delle  considerazioni  innanzi\nsvolte, e\u0027 d\u0027uopo evidenziare che non si ritiene sussistente in  capo\na queste ultime tale condizione dell\u0027azione richiesta dalla legge per\nconseguire l\u0027annullamento giudiziale del gravato decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024. \n    1.11.  In  proposito,  giova  preliminarmente   evidenziare   che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione  ad  agire,  trova  il  suo  fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del  rinvio\nesterno sancito dall\u0027art. 39 c.p.a. \n    In particolare, atteso che l\u0027art. 100 codice di procedura  civile\nstabilisce che «Per proporre  una  domanda  o  per  contraddire  alla\nstessa essa e\u0027 necessario avervi interesse», l\u0027interesse a  ricorrere\nsi caratterizza per la «prospettazione di  una  lesione  concreta  ed\nattuale  della  sfera  giuridica  del  ricorrente  e   dall\u0027effettiva\nutilita\u0027  che  potrebbe  derivare   a   quest\u0027ultimo   dall\u0027eventuale\nannullamento dell\u0027atto impugnato» (cfr. Cons. Stato, Ad. plen.  ,  26\naprile 2018, n. 4). \n    Cio\u0027, invero, risulta  coerente  con  la  funzione  svolta  dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal  principio  dispositivo  (cfr.  Cassazione  civ.,\nSS.UU., 22 aprile 2013 n. 9685; Cassazione civ., sez.  III,  3  marzo\n2015, n. 4228; Cassazione civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n    L\u0027interesse a ricorrere, inoltre, e\u0027 espressione della concezione\nsoggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche  del  processo\namministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen.,  sentenza  n.  4  del  7\naprile  2011)  e  ad  esso  e\u0027  attribuita  una  funzione  di  filtro\nprocessuale, fino a divenire strumento di selezione  degli  interessi\nmeritevoli di tutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. ,  sentenza  n.  22\ndel 9 dicembre 2021). \n    L\u0027Adunanza  plenaria  del  Consiglio  di   Stato,   proprio   con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente  chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse  a  ricorrere:  all\u0027art.\n35, primo comma, lettere b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art.  13,\ncomma 4-bis e, in  modo  piu\u0027  sfumato,  all\u0027art.  31,  primo  comma,\nsembrando   confermare,   con   l\u0027accentuazione   della    dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla  base\ndegli elementi desumibili dal ricorso,  e  al  lume  delle  eventuali\neccezioni di controparte  o  dei  rilievi  ex  officio,  prescindendo\ndall\u0027accertamento  effettivo  della  (sussistenza  della   situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver  subito.\nNel senso che,  come  e\u0027  stato  osservato,  va  verificato  che  \"la\nsituazione giuridica  soggettiva  affermata  possa  aver  subito  una\nlesione\" ma non anche che \"abbia subito\" una lesione, poiche\u0027  questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen., sentenza n. 22/2021, cit.). \n    1.12.  Ordunque,  nel  caso  in  esame  viene  in   rilievo   una\nfattispecie controversa  rispetto  alla  quale  l\u0027interesse  al  bene\n(i.e., l\u0027utilita\u0027 finale o petitum mediato) correlato alla situazione\ngiuridica soggettiva dedotta in giudizio  dalle  societa\u0027  ricorrenti\nrimonta alle previsioni ministeriali  che,  con  carattere  generale,\nsono destinate a incidere sui procedimenti di autorizzazione, con  la\nconseguenza che e\u0027 rispetto alle stesse che deve essere apprezzata in\nvia prognostica la possibilita\u0027 che la situazione dedotta in giudizio\ndalla societa\u0027 ricorrente abbia subito la prospettata lesione. \n    Un siffatto apprezzamento, per una pluralita\u0027 di ragioni (tra  le\nquali la piu\u0027 evidente e\u0027 quella che risiede nel fatto  che  opinando\ndiversamente si finirebbe per violare il  divieto  sancito  dall\u0027art.\n34,  comma  2,  c.p.a.),  non   puo\u0027   che   prescindere   dall\u0027esito\nprocedimentale dell\u0027iter di  autorizzazione  e  deve  necessariamente\nessere incentrato  sulla  eventuale  diretta,  immediata  e  concreta\nvalenza  pregiudizievole  delle  contestate  previsioni  del  decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 per le societa\u0027 ricorrenti. \n    1.13. Il Collegio non reputa che  gli  articoli  1,  3  e  7  del\ngravato decreto ministeriale siano immediatamente lesivi della  sfera\ngiuridica della societa\u0027 ricorrente, donde  l\u0027inammissibilita\u0027  delle\nrelative censure. \n    1.14. Invero, siccome il  fulcro  delle  censure  proposte  ruota\nintorno alla prospettata lesivita\u0027 del  nuovo  assetto  regolamentare\nper effetto della rivisitazione del previgente sistema  e  del  ruolo\nche l\u0027istituto delle «aree non idonee» e\u0027 destinato a giocare,  anche\nper cio\u0027 che concerne gli aspetti inerenti alle modalita\u0027 della  loro\ndeterminazione, dall\u0027analisi svolta  in  precedenza  emerge  come  la\nqualificazione di determinate porzioni di territorio  in  termini  di\n«aree non  idonee»  non  costituisce  un  impedimento  assoluto  alla\nrealizzazione di progetti tesi alla costruzione  e  all\u0027esercizio  di\nimpianti  FER,  donde  la  radicale  insussistenza,  anche   in   una\nprospettiva prognostica di  valutazione,  della  lesione  prospettata\ndalle societa\u0027 ricorrenti. \n    1.15. A tale riguardo, giova evidenziare che la localizzazione di\nun impianto FER in un\u0027area non idonea non osta a  che  gli  operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile  con  il  complessivo  assetto  dei  valori   in   gioco,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela  ai\nsensi del decreto  legislativo  n.  42/2004  e,  dall\u0027altro,  con  il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da  traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella  A  dell\u0027art.  2  del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n    Tali considerazioni trovano espresso  conforto  nelle  previsioni\ndel gravato decreto ministeriale, laddove, all\u0027art. 7,  comma  3,  in\nfine, si dispone  che  «Nell\u0027applicazione  del  presente  comma  deve\nessere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la  garanzia\ndi raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A  dell\u0027art.  2\ndel presente decreto». \n    1.16.  In  base  al  nuovo  assetto  normativo  e   regolamentare\nculminato con l\u0027adozione  del  gravato  decreto  ministeriale,  anche\nl\u0027individuazione delle «aree non  idonee»  debba  essere  determinata\nmediante  legge  regionale  e  non  invece,  come  avveniva  con   il\nprevigente regime, con atti di  programmazione  e  all\u0027esito  di  una\nprecipua istruttoria procedimentale (cfr. paragrafo  17  delle  Linee\nguida). \n    A tal proposito, infatti, vale considerare che anche  ipotizzando\nche l\u0027individuazione delle aree non idonee  possa,  in  alcuni  casi,\nscontare   in   sede   di   legislazione   regionale   una    carente\ncaratterizzazione in  ragione  del  diverso  atteggiarsi  dei  lavori\npreparatori  di  un  provvedimento  legislativo  rispetto  alla  fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non  risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori  economici  che  intendono  realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n    Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027 farsi discendere dalla\nconcretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi  prospettata,  consiste  in  un\nmero    aggravamento    dell\u0027onere     motivazionale     a     carico\ndell\u0027amministrazione  competente  a  pronunciarsi  sulle  istanze  di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di impianti FER. \n    In particolare, l\u0027amministrazione procedente, all\u0027esito dell\u0027iter\ndi  autorizzazione,  non  potra\u0027  giustificare  l\u0027eventuale  ritenuta\nincompatibilita\u0027  del  progetto  solo  in  ragione  del   fatto   che\nl\u0027impianto sia localizzato in un\u0027area classificata come non idonea  -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel  caso\nin  cui  la  caratterizzazione  delle  aree  non  idonee  sia   stata\npuntualmente  svolta  dal  legislatore  regionale,   in   quanto   la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come esposto  in  precedenza  -  ma\ndovra\u0027 necessariamente fondare il  proprio  diniego  dando  conto  in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica,  delle  intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle  aree  interessate,  traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti  interessi  in  giuoco,\nfermo restando quanto previsto dall\u0027art. 16-septies  della  direttiva\n2018/2001/UE, in seguito alle  modifiche  operate  con  la  direttiva\n2023/2413/UE, nonche\u0027 dalle previsioni di cui all\u0027art. 3 del  decreto\nlegislativo n. 190/2024. \n    Pertanto,  contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalle   societa\u0027\nricorrenti,  nessun  pregiudizio  attuale  e  concreto   puo\u0027   farsi\ndiscendere dal fatto che  sia  stato  previsto  che  l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee» debba avvenire con legge regionale. \n    Per converso, un siffatto pregiudizio e\u0027 suscettibile  di  venire\nad esistenza solo in caso  di  esito  negativo  del  procedimento  di\nautorizzazione   e   solo   nella   misura   in   cui   risulti   che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia  esercitato  correttamente  il\npotere amministrativo  di  carattere  tecnico-discrezionale  ad  essa\nattribuito dalla legge. \n    1.17. Ad avviso del Collegio, sempre sulla scorta della  chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di  «aree  non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e  regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si  appalesa  privo  di  immediata  e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\ndetto decreto classifica determinate aree come non idonee  ovvero  fa\nsalva la possibilita\u0027, in favore delle regioni, di  considerare  come\naree idonee quelle gia\u0027 individuate come tali dall\u0027art. 20, comma  8,\nritenute  illegittime  in  quanto  suscettibili  di   condurre   alla\nintroduzione di una disciplina  frammentata  e,  dunque,  foriera  di\ntotale indeterminatezza. \n    1.17.1. La circostanza per cui il  gravato  decreto  ministeriale\nqualifichi come non idonee le aree ricomprese nel perimetro dei  beni\nsottoposti  a  tutela  ai  sensi  di  quanto  previsto  dal   decreto\nlegislativo n. 42/2004 (art. 7,  comma  3),  non  vale  a  mutare  la\nportata generale del concetto di «aree non idonee», convertendolo  in\nun istituto a geometrie variabili  che,  ove  direttamente  applicato\ndall\u0027amministrazione  ministeriale,  sia  tale  da  determinare   una\naprioristica e radicale sottrazione, ex  voluntate  administrationis,\ndell\u0027area non idonea alla realizzazione degli impianti FER. \n    Invero,  sia  in  tal  caso,  sia   nell\u0027altro   (cioe\u0027,   quando\nl\u0027individuazione  delle  «aree  non   idonee»   avviene   con   legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno  di  un  sito\nritenuto  non  idoneo  non  costituisce  mai  ragione  di   per   se\u0027\nsufficiente a precludere in  radice  la  realizzazione  del  progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a  tale\nesito procedimentale solo nel  caso  in  cui  il  progetto  venga  in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n    Le societa\u0027 ricorrenti, viceversa, con l\u0027impostazione impressa al\nricorso in esame hanno tentato di far retrocedere una  siffatta  -  e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase  prodromica  rispetto  alla\nvalutazione in concreto  dei  progetti  tesi  alla  realizzazione  di\nimpianti FER, in  quanto  unicamente  riservata  alla  individuazione\ndelle «aree non idonee» \n    Tuttavia, sulla scorta delle regole  che  governano  il  processo\namministrativo e in considerazione del  fatto  che  la  giurisdizione\namministrativa   di   legittimita\u0027   costituisce   pur   sempre   una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare  alle\nsocieta\u0027  ricorrenti,  che  risultano  essere  operatori  attivi  nel\nsettore interessato dalle  contestate  modifiche  ordinamentali,  una\ntutela anticipata di merito, ossia una tutela  giudiziale  del  tutto\nsganciata dalla sussistenza di una possibile incisione negativa della\nloro sfera giuridica  che,  per  le  ragioni  innanzi  esposte,  puo\u0027\npredicarsi solo  rispetto  ad  un  esito  negativo  dei  procedimenti\nautorizzativi e solo laddove cio\u0027 consegua al cattivo  esercizio  del\npotere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n    1.18. Ad avviso  del  Collegio,  inoltre,  l\u0027eventuale  mutamento\ndella classificazione di un\u0027area, in precedenza non qualificata  come\nnon  idonea,  non  e\u0027  ex  se  atto  a   condizionare,   in   maniera\nindefettibile e in senso sicuramente negativo, l\u0027iter  procedimentale\ndi autorizzazione all\u0027installazione e all\u0027esercizio di impianti FER. \n    Pertanto, neppure la mancata previsione di un regime  transitorio\ndi salvaguardia delle iniziative in corso vale a  dimostrare  che  le\nprevisioni del gravato decreto  ministeriale  possano  arrecare  alle\nsocieta\u0027 ricorrenti il pregiudizio dalle stesse paventato. \n    1.19. Il Collegio ritiene che  l\u0027iniziativa  giudiziale  promossa\ndalle societa\u0027 ricorrenti sia sguarnita del  necessario  interesse  a\nricorrere anche in  relazione  alle  censure  tese  a  contestare  le\nprevisioni del decreto mnisteriale del 21 giugno 2024  con  le  quali\nsono stati fissati i criteri per la individuazione delle aree  idonee\ned e\u0027 stata concessa alle regioni la mera facolta\u0027 di  far  salve  le\naree considerate idonee ope legis ai sensi dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n    In proposito, e\u0027 sufficiente rinviare  alle  considerazioni  gia\u0027\nespresse in precedenza in quanto, anche in relazione a tali  censure,\nl\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo nel  caso  in\ncui le gravate prescrizioni  sulle  «aree  idonee»  fossero  tali  da\narrecare, ex  se  e  immediatamente,  un  pregiudizio  alla  societa\u0027\nricorrente. \n    La possibilita\u0027 di lesione prospettata dalle societa\u0027 ricorrenti,\ninfatti, non e\u0027 riscontrabile ex ante in  un\u0027ottica  prognostica,  in\nquanto l\u0027effetto giuridico discendente dalla  qualificazione  di  una\nsuperficie come «area idonea» alla realizzazione ed esercizio  di  un\nimpianto FER e\u0027 essenzialmente limitato al solo riconoscimento di  un\nvantaggio procedimentale. \n    Pertanto, le societa\u0027 ricorrenti  non  possiedono  il  necessario\ninteresse  ad  azionare   in   giudizio   una   posizione   giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a  non  vedersi  aggravato\nl\u0027iter procedimentale  di  autorizzazione  (laddove,  in  futuro,  si\ndeterminino a presentare la dovuta  istanza  all\u0027amministrazione),  a\nche venga mantenuto il precedente impianto normativo e a che  vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal  legislatore,  expressis  verbis,  solo  «nelle  more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e  delle\nmodalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui al comma 1 [dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, n.d.r.]». \n    1.19.1. Al pari di quanto  rilevato  in  relazione  alle  gravate\nprevisioni sulle «aree non idonee», anche con  riferimento  a  questo\nulteriore gruppo di censure proposte dalle societa\u0027  ricorrenti,  non\nrisulta   che   le   amministrazioni   resistenti   abbiano   dettato\nprescrizioni cogenti e introdotto divieti  assoluti  e  aprioristici,\ndalla cui applicazione discenda con  assoluta  certezza  la  radicale\npreclusione alla realizzazione, miglioria ed  esercizio  di  impianti\nFER. \n    In definitiva, non venendo in rilievo  prescrizioni  suscettibili\ndi impedire alle societa\u0027 ricorrenti, in via immediata e diretta,  lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di produzione di energia da fonti\nrinnovabili, deve  ritenersi  insussistente  l\u0027interesse  processuale\nrichiesto dalla legge per conseguire  l\u0027annullamento  giudiziale  del\ngravato decreto ministeriale. \n    1.19.2. A ben vedere, e fermo restando  il  carattere  assorbente\ndelle anzidette  considerazioni,  la  decidibilita\u0027  nel  merito  del\npresente gravame  risulterebbe  preclusa  anche  dalla  natura  della\nposizione dedotta in giudizio dalle societa\u0027 ricorrenti. \n    Infatti,  ad  essere  stata  azionata  risulta  essere  una  mera\naspettativa  di  fatto  al  corretto  esercizio  sia  della  funzione\namministrativa, sia della funzione legislativa delle  regioni,  ossia\nuna situazione del tutto priva della specifica connessione a un  bene\ndella vita che costituisce il proprium  delle  situazioni  giuridiche\nsoggettive che l\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n    1.20. La disamina dei  profili  sin  qui  esaminati  risulta,  ad\navviso del Collegio, sufficiente a dimostrare l\u0027insussistenza  di  un\ninteresse diretto,  concreto  e  attuale  delle  societa\u0027  ricorrenti\nrispetto all\u0027annullamento del  decreto  ministeriale  del  21  giugno\n2024, donde l\u0027inammissibilita\u0027 dei  primi  tre  motivi  del  presente\ngravame. \n    1.20.1. Ad abundantiam, vale anche osservare che, alla luce della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui  le  societa\u0027\nricorrenti siano operatori attivi nel  settore  della  produzione  di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento  sufficiente  a\nrendere differenziate e normativamente qualificate le loro posizioni,\nle quali, pertanto, non risultano distinguibili da quella del quisque\nde populo. \n    D\u0027altronde, anche  volendo  attribuire  alle  posizioni  azionate\ndalle societa\u0027 ricorrenti  la  consistenza  di  interessi  diffusi  e\nmetaindividuali, il ricorso in esame non risulterebbe decidibile  nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una  siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in  giudizio\nesclusivamente   dai    soggetti    giuridici    statutariamente    o\nistituzionalmente preposti  a  rappresentare  interessi  omogenei  di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa,  che  esula  dalla  sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, da quella\ndei singoli operatori economici attivi nel mercato. \n    1.20.2.  Ne  consegue  che  «in  se\u0027  considerata,  la   semplice\npossibilita\u0027 di ricavare dall\u0027invocata decisione di accoglimento  una\nqualche utilita\u0027 pratica, indiretta ed  eventuale,  ricollegabile  in\nvia meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio  della\nfunzione  pubblica  censurata,  non  dimostra  la  sussistenza  della\nposizione legittimante, nel senso che  siffatto  possibile  vantaggio\nottenibile dalla pronuncia  di  annullamento  non  risulta  idoneo  a\ndeterminare,  da  solo,   il   riconoscimento   di   una   situazione\ndifferenziata,  fondante  la  legittimazione  al  ricorso;   occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga  a  differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero  un   generico   interesse   alla   legalita\u0027   dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse  riconosciuto  non  al\nquisque de populo,  ma  solamente  a  quel  soggetto  che  si  trovi,\nrispetto   alla   generalita\u0027,   in   una   posizione    legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V,  sentenza  n.  265  del  27\ngennaio 2016). \n    1.20.3. Tale condizione-elemento  non  puo\u0027  essere  rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata  configurazione  del  procedimento\namministrativo per effetto della qualificazione  attribuita  all\u0027area\ndi  localizzazione  degli  impianti   FER,   il   che   implica   una\ninammissibile conformazione dei poteri pubblici per mano dei soggetti\nprivati, strumentale ad asservire le scelte dell\u0027amministrazione  (e,\nnel caso di specie, anche del legislatore regionale) ad interessi  di\nnatura egoistica, slegati dalle esigenze di carattere  pubblicistico,\ne ai desiderata, modali e metodologici, degli operatori del settore. \n    2. Il Collegio, per converso, ritiene che  sia  rilevante  e  non\nmanifestamente infondata la questione di legittimita\u0027  costituzionale\nprospettata con il quarto motivo di ricorso  avverso  il  divieto  di\ninstallazione in zone classificate agricole di impianti  fotovoltaici\n(FTV) con moduli collocati a  terra,  introdotto  con  l\u0027art.  5  del\ndecreto-legge n. 63/2024. \n    Come  esposto  in  narrativa,  le   societa\u0027   ricorrenti   hanno\nprospettato che siffatto divieto violi l\u0027art.  117,  comma  1,  della\nCostituzione, ponendosi in contrasto  con  il  principio  di  matrice\neurounitaria  della  massima  diffusione  delle  fonti   di   energia\nrinnovabile, recepito dal legislatore nazionale gia\u0027  con  l\u0027art.  12\ndel decreto legislativo n. 387/2003 e con le linee guida ministeriali\ndel 2010. \n    2.1. A riguardo, vale  in  via  preliminare  evidenziare  che  il\nlegislatore  nazionale  ha  inteso  superare  la  previsione   recata\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, in quanto\ntale disposizione normativa e\u0027 stata abrogata per effetto del decreto\nlegislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei  regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,  in\nattuazione dell\u0027art. 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della legge  5\nagosto 2022, n. 118». \n    In particolare, l\u0027art. 14 del decreto  legislativo  n.  190/2024,\nrubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce  che\n«L\u0027installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti  e\u0027\nconsentita nei limiti di cui all\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n    Emerge, pertanto, in maniera netta come il legislatore, per  cio\u0027\nche concerne la realizzazione di impianti FTV con moduli collocati  a\nterra in area agricola,  abbia  inteso  superare  il  regime  dettato\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003,  sancendo\nl\u0027esclusiva applicazione del regime introdotto con l\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e di cui le previsioni del\ndecreto  ministeriale  del  21  giugno  2024  costituiscono   diretta\nattuazione. \nI.   Sulla   impossibilita\u0027   di    operare    una    interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 5 del decreto-legge n.  63/2024\ne dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n    3.  Il  Collegio  non   ritiene   che   sia   possibile   operare\nun\u0027interpretazione conforme alla Costituzione del divieto  introdotto\ndall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 mediante  l\u0027inserimento  del\ncomma 1-bis all\u0027art. 20, del decreto legislativo n. 199/2021 -  e  al\nquale  nel  prosieguo  della  trattazione  si  fara\u0027  riferimento   -\ntentativo  questo  che  ai   fini   della   rimessione   alla   Corte\ncostituzionale di una questione di legittimita\u0027  costituzionale  deve\nessere  ragionevolmente  e  consapevolmente   escluso   (cfr.   Corte\ncostituzionale, sentenza n. 262/2015; in senso conforme sentenze  nn.\n202/2023, 139/2022, 11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). \n    Infatti,  se  e\u0027  vero  che   «le   leggi   non   si   dichiarano\ncostituzionalmente   illegittime   perche\u0027   e\u0027    possibile    darne\ninterpretazioni incostituzionali [...],  ma  perche\u0027  e\u0027  impossibile\ndarne interpretazioni  costituzionali»  (cfr.  Corte  costituzionale,\nsentenza n. 356/1996),  nel  caso  di  specie,  la  sola,  possibile,\ninterpretazione   costituzionalmente   orientata   della   contestata\nprevisione normativa  risulterebbe  quella  che  considera  privo  di\neffettualita\u0027 il divieto previsto dalle suddette disposizioni. \n    3.1.    In    particolare,    l\u0027impossibilita\u0027     di     operare\nun\u0027interpretazione   conforme   a   Costituzione   della    anzidetta\ndisposizione normativa discende dal suo  chiaro  tenore  letterale  e\ndalla  portata  del  divieto  con  essa  introdotto  nell\u0027ordinamento\ngiuridico. \n    Infatti, l\u0027art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, nel consentire l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra in  zone  classificate  agricole  dai  piani\nurbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita\u0027 ai  soli  casi  in\ncui, da un lato, l\u0027area agricola coincida con alcune specifiche  aree\nritenute  idonee  ai  sensi  dell\u0027art.  20,  comma  8,  del   decreto\nlegislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le  aree\nnelle quali sono gia\u0027 installati detti impianti (comma 8, lettera a),\nle quali possono essere interessate solo da interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o  ricostruzione,  a  condizione  che  non\ncomportino  incremento  dell\u0027area  gia\u0027  occupata  -  o,  dall\u0027altro,\nl\u0027intervento  sia  finalizzato  alla  creazione  di   una   comunita\u0027\nenergetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del  PNRR\no funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. \n    Dal tenore letterale  dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021  risulta,  quindi,  che  il  legislatore  nel\n«consentire esclusivamente» l\u0027installazione degli  impianti  FTV  con\nmoduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti  con  quelle\ninnanti  menzionate,  ha  sostanzialmente   introdotto   un   divieto\ngeneralizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte\ndel suolo agricolo nazionale. \n    3.2.  L\u0027introduzione  di  una  preclusione   di   tale   ampiezza\nall\u0027installazione di impianti FTV con moduli  collocati  a  terra  in\narea   agricola   non   risulta    costituzionalmente    compatibile,\ninnanzitutto perche\u0027 si pone in insanabile contrasto con l\u0027art.  117,\ncomma 1, della Costituzione, atteso  che  il  contestato  divieto  e\u0027\nsuscettibile di  integrare  una  violazione  dei  «vincoli  derivanti\ndall\u0027ordinamento comunitario». \n    In particolare, con il divieto generalizzato  previsto  dall\u0027art.\n20, comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021  e\u0027  stato\ncompletamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio\ndi matrice eurounitaria  della  massima  diffusione  delle  fonti  di\nenergia  rinnovabili  (direttiva  2001/77/CE  e   2009/28/CE).   Tale\nprincipio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale\nutilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento  degli  impianti\nFER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela  di  altri  interessi\ncostituzionalmente protetti (cosi\u0027, ad esempio,  si  e\u0027  espressa  la\nCorte costituzionale relativamente agli  impianti  di  produzione  di\nenergia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). \n    Con  il  contestato  divieto,  viceversa,   il   legislatore   ha\nspecificamente individuato le aree agricole nelle quali e\u0027 consentita\nl\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati  a  terra  e  ha\ninibito, per la restante  parte  del  suolo  agricolo  nazionale,  la\nrealizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di  piana  evidenza\nche una siffatta preclusione violi il principio di massima diffusione\ndi matrice eurounitaria, sottraendo  in  maniera  ingiustificata  una\nconsiderevole parte del territorio nazionale al  perseguimento  delle\nfinalita\u0027 sottese allo sviluppo energetico da fonti  rinnovabili,  in\nassenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -\nnon potendo considerarsi tale l\u0027invocato consumo  indiscriminato  del\nsuolo - e senza che possa essere  operata  in  concreto,  nell\u0027ambito\ndell\u0027iter  procedimentale   di   autorizzazione   dell\u0027impianto,   la\nponderazione con gli altri interessi confliggenti,  anche  di  natura\npubblicistica e, in parte, legati al  perseguimento  degli  obiettivi\nunionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al\n2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. \n    3.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche  il  carattere\nnon  proporzionato  della  scelta  legislativa,  tenuto  conto  della\nampiezza ed incisivita\u0027 del divieto rispetto al fine  perseguito,  il\nche corrobora l\u0027impossibilita\u0027 di addivenire ad  una  interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nII. Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 e dell\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021. \n    4.   Dall\u0027acclarata   impercorribilita\u0027   di   un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo integralmente satisfattivo per  le  societa\u0027\nricorrenti  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il terzo motivo di ricorso. \n    La questione  di  legittimita\u0027  costituzionale  che  il  Collegio\nintende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza\nrisulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente  giudizio,  atteso\nche  l\u0027art.  1,  comma  2,   lettera   d),   dell\u0027impugnato   decreto\nministeriale  del  21  giugno  2024  costituisce   attuazione   della\ndisposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita\u0027, vale  a\ndire l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per\nle ragioni gia\u0027 esposte in precedenza e alle quali  integralmente  si\nrinvia. \n    Pertanto, dall\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027  dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del  decreto  legislativo  n.  199/2021  dipende  la\nlegittimita\u0027 del contestato divieto  di  cui  all\u0027art.  1,  comma  2,\nlettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura\nsolo  nel  caso  di   declaratoria   di   incostituzionalita\u0027   della\ndisposizione  normativa  primaria  la  previsione   impugnata   dalle\nsocieta\u0027 ricorrenti potrebbe essere annullata, con conseguente  venir\nmeno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla  realizzazione\ndei propri progetti sul suolo agricolo. \nIII. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo di ricorso. \n    5. Le societa\u0027 ricorrenti, come gia\u0027 esposto in  precedenza,  con\nil  quarto  motivo  di  ricorso  hanno  prospettato  l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale del divieto introdotto dall\u0027art. 5  del  decreto-legge\nn. 63/2024 per contrasto con  i  vincoli  derivanti  dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con il principio della massima  diffusione\ndegli impianti  FER,  affermato  dalla  direttiva  2001/77/CE,  dalla\ndirettiva  2009/28/CE,  nonche\u0027  dalla  direttiva  2018/2001/UE,   in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato  il  decreto  legislativo  n.\n199/2021. Sotto altro profilo, l\u0027art. 20,  comma  1-bis  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 si  porrebbe  in  contrasto  con  i  principi\ngenerali dettati in materia  dallo  stesso  legislatore  statale,  in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con  l\u0027art.  12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con  le  Linee  guida  del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo  le  quali\nle zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non\npossono essere genericamente considerate aree e  siti  non  idonei  e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio. \n    Le  societa\u0027  ricorrenti,   inoltre,   hanno   anche   sospettato\nd\u0027incostituzionalita\u0027  il  divieto   introdotto   dall\u0027art.   5   del\ndecreto-legge   n.   63/2024   per   violazione   dei   principi   di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027 discendenti dagli articoli 3  e  97\ndella  Costituzione  in  combinato  disposto  con   quanto   previsto\ndall\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001, nonche\u0027  per  violazione\ndi  quanto  previsto  dall\u0027art.  16-septies  della   direttiva   (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE) 2022/2577. \n    5.1. In primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto  con  l\u0027art.  117,  comma  1,\ndella Costituzione,  sotto  il  profilo  del  mancato  rispetto  «dei\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento comunitario»  e,  in  particolare,\ndel  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti   di   energia\nrinnovabili di matrice eurounitaria. \n    5.2.  In  proposito,  risulta  necessario  richiamare  tutte   le\nprevisioni normative vigenti nell\u0027ordinamento giuridico  eurounitario\ne suscettibili  di  assumere  rilievo  nella  materia  oggetto  della\npresente controversia, da intendersi  anche  quale  integrazione  del\nquadro normativo di riferimento, in uno con le  previsioni  nazionali\ngia\u0027 richiamate in precedenza ed analizzate dal  Collegio  sin  dalla\nesposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita\u0027\ndella  rimessione  della  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, cosi\u0027\ncome introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n    In particolare, devono essere presi in considerazione: \n        l\u0027art. 3, par. 5, del TUE, a mente del quale «Nelle relazioni\ncon il resto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove i  suoi  valori  e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini»,  di  tal\nforma che, per questa via, l\u0027Unione europea «Contribuisce [...]  allo\nsviluppo sostenibile della Terra»; \n        l\u0027art.  6,  par.  1,  del  TUE,  che  precisa  che  «L\u0027Unione\nriconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei\ndiritti  fondamentali  dell\u0027Unione  europea  del  7  dicembre   2000,\nadattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha  lo  stesso  valore\ngiuridico dei trattati». Ai  sensi  dell\u0027art.  37  della  Carta,  «Un\nlivello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della  sua\nqualita\u0027  devono  essere  integrati  nelle  politiche  dell\u0027Unione  e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; \n        l\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\nche,  muovendosi  nella  medesima  direzione   gia\u0027   tracciata   dal\nrichiamato art. 6,  par.  1,  del  TUE,  sancisce  che  «Le  esigenze\nconnesse con la tutela dell\u0027ambiente devono  essere  integrate  nella\ndefinizione e nell\u0027attuazione delle politiche e  azioni  dell\u0027Unione,\nin  particolare  nella  prospettiva   di   promuovere   lo   sviluppo\nsostenibile» (c.d. principio di integrazione); \n        l\u0027art.  191  del  TFUE,  secondo  il   quale   «La   politica\ndell\u0027Unione  in  materia  ambientale  contribuisce  a  perseguire   i\nseguenti obiettivi: -  salvaguardia,  tutela  e  miglioramento  della\nqualita\u0027  dell\u0027ambiente;  -  protezione   della   salute   umana;   -\nutilizzazione  accorta  e  razionale  delle   risorse   naturali;   -\npromozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i\nproblemi  dell\u0027ambiente  a  livello  regionale  o  mondiale   e,   in\nparticolare, a combattere i cambiamenti  climatici.  2.  La  politica\ndell\u0027Unione in materia  ambientale  mira  a  un  elevato  livello  di\ntutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle situazioni  nelle  varie\nregioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui principi della precauzione e\ndell\u0027azione  preventiva,  sul  principio  della  correzione,  in  via\nprioritaria alla fonte, dei danni causati all\u0027ambiente,  nonche\u0027  sul\nprincipio \"chi inquina paga\"»; \n        l\u0027art. 192,  par.  1,  del  TFUE,  ai  sensi  del  quale  «Il\nParlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo  la  procedura\nlegislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e\nsociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle  azioni\nche devono essere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi\ndell\u0027art. 191»; \n        l\u0027art.  194  del  TFUE,  in  forza  del  quale  «Nel   quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e  tenendo\nconto  dell\u0027esigenza  di  preservare  e  migliorare  l\u0027ambiente,   la\npolitica dell\u0027Unione nel  settore  dell\u0027energia  e\u0027  intesa,  in  uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra  Stati  membri,  a  [...]  promuovere  il\nrisparmio  energetico,  l\u0027efficienza  energetica  e  lo  sviluppo  di\nenergie nuove e rinnovabili». \n    5.2.1. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. \n    Come si ricava dalla  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia\ndell\u0027Unione europea, l\u0027uso di fonti di  energia  rinnovabili  per  la\nproduzione di elettricita\u0027 e\u0027  utile  alla  tutela  dell\u0027ambiente  in\nquanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas  a  effetto\nserra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici\nche l\u0027Unione europea e i  suoi  Stati  membri  si  sono  impegnati  a\ncontrastare. \n    L\u0027incremento  della  quota   di   rinnovabili   costituisce,   in\nparticolare, uno degli elementi  portanti  del  pacchetto  di  misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al  protocollo  di\nKyoto, alla convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni  dei  gas  a  effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla  preservazione\ndei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,\nin causa C-573/12, Ã…lands vindkraft AB contro Energimyndigheten, par.\n78 e ss.; CGUE, sentenza  del  13  marzo  2001,  in  causa  C-379/98,\nPreussenElektra AG contro Schhleswag AG, par. 73 e ss.). \n    5.2.2. La Corte di giustizia dell\u0027Unione  europea  ha,  peraltro,\nprecisato che l\u0027art. 191 del Trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea si limita a definire gli obiettivi  generali  dell\u0027Unione  in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 del Trattato sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea affida  al  Parlamento  europeo  e  al  Consiglio\ndell\u0027Unione europea il compito di decidere le azioni  da  avviare  al\nfine del raggiungimento di detti obiettivi. \n    Di  conseguenza,  l\u0027art.  191  del  Trattato  sul   funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027  essere  invocato  in  quanto  tale  dai\nprivati  al  fine  di  escludere  l\u0027applicazione  di  una   normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 del TFUE; viceversa, l\u0027art. 191  del  Trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea assume rilevanza  allorquando  esso\ntrovi attuazione nel diritto  derivato  (cfr.  CGUE,  Sezione  Terza,\nsentenza  del  4  marzo  2015,  in   causa   C-   534/13,   Ministero\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare et al.  contro\nFipa Group srl et al., par. 39 e ss.). \n    5.3. Disposizioni  sulla  promozione  dell\u0027energia  elettrica  da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  del\nTCE (ora art. 192 del  TFUE),  sono  state  introdotte  gia\u0027  con  la\ndirettiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  27\nsettembre 2001 e, successivamente, con la  direttiva  2009/28/CE  del\nParlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. \n    In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE -  con\nla quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione  e\nalla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE\n- e\u0027 stato inter alia considerato che: \n        «[...] (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del  trattato\nsul funzionamento dell\u0027Unione europea  (TFUE),  la  promozione  delle\nforme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi\ndella politica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo  e\u0027  perseguito\ndalla presente direttiva. Il maggiore ricorso  all\u0027energia  da  fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21a  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici (\"accordo  di  Parigi\"),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili  puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata \"Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030\" ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata sostenuta\ndal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014,  le\nquali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri\nobiettivi nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i  contributi\nall\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati  e  andare\noltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  \"Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030\", e del 23  giugno  2016,  \"I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili\",  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al  32%.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    5.4.  Quanto   affermato   nei   consideranda   della   direttiva\n2018/2001/UE  ha  trovato  poi   concretizzazione   normativa   nelle\nprevisioni  dell\u0027art.  3  di  tale  direttiva,  rubricato  «Obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030». \n    Il  legislatore  unionale,  infatti,  ha  previsto  un  obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione europea per  il  2030,  stabilendo\nche «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far  si\u0027  che  la\nquota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale  lordo  di\nenergia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%.  La  Commissione\nvaluta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il  2023,  una\nproposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di  ulteriori\nsostanziali  riduzioni  dei  costi  della   produzione   di   energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    5.5. Il regolamento 2021/1119/UE del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in  forza  dell\u0027art.  192  del\nTFUE,  ha  poi  istituito  un  quadro  per  il  conseguimento   della\nneutralita\u0027 climatica, sul presupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  («accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  \"chi\ninquina paga\", istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del \"non nuocere\" del Green\nDeal europeo. [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le  misure  necessarie  conformemente  ai  trattati\n[...]». \n    5.5.1. Tale regolamento  ha,  quindi,  sancito  che  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo  di  Parigi»  (art.\n1),  precisando  altresi\u0027  che  per  conseguire  tale  obiettivo  «il\ntraguardo vincolante dell\u0027Unione in materia  di  clima  per  il  2030\nconsiste in una riduzione interna netta  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti)  di  almeno  il\n55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    5.5.2. Ai sensi dell\u0027art.  5  del  regolamento  2021/1119/UE  «Le\nistituzioni competenti dell\u0027Unione e gli Stati membri  assicurano  il\ncostante progresso nel miglioramento della capacita\u0027 di  adattamento,\nnel  rafforzamento  della  resilienza   e   nella   riduzione   della\nvulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in  conformita\u0027  dell\u0027art.  7\ndell\u0027accordo di Parigi», garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    A tal fine, «Gli Stati membri  adottano  e  attuano  strategie  e\npiani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della   strategia\ndell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati\nsu  analisi  rigorose  in  materia  di  cambiamenti  climatici  e  di\nvulnerabilita\u0027, sulle valutazioni  dei  progressi  compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    5.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        «[...]  (2)  Le  energie  rinnovabili   svolgono   un   ruolo\nfondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore\nenergetico contribuisce attualmente per oltre il 75%  alle  emissioni\ntotali di gas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo  tali  emissioni\ndi  gas  a  effetto  serra,  le  energie  rinnovabili  possono  anche\ncontribuire  ad  affrontare  sfide  ambientali  come  la  perdita  di\nbiodiversita\u0027, e a ridurre l\u0027inquinamento in linea con gli  obiettivi\ndella comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo\n\"Un percorso verso un pianeta piu\u0027 sano per tutti  -  Piano  d\u0027azione\ndell\u0027UE: Verso l\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e  il  suolo\".\nLa transizione verde verso un\u0027economia basata sulle energie da  fonti\nrinnovabili contribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi  della  decisione\n(UE) 2022/591 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira\naltresi\u0027  a  proteggere,   ripristinare   e   migliorare   lo   stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione  e  l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 (\"piano  REPowerEU\")  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione  del  45%  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    5.7. La direttiva (UE) 2023/2413,  per  tali  ragioni,  ha  anche\nintrodotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie\nper assicurare che  i  contributi  nazionali  forniti  rispettino  il\nperseguimento dell\u0027obiettivo  complessivo  dell\u0027Unione  in  relazione\nalla produzione di energia  rinnovabile  per  il  2030.  Sono  state,\ninoltre, previste zone di accelerazione per le  energie  rinnovabili,\nnonche\u0027 specifiche procedure amministrative  per  il  rilascio  delle\nrelative autorizzazioni. \n    5.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli\n192 e 194 del TFUE, costituisce la necessaria  base  legislativa  per\nuna governance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione  per  il  clima\naffidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,\ntrasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030, in linea  con\nl\u0027accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti  climatici  -  derivante\ndalla 21ª  Conferenza  delle  parti  alla  Convenzione  quadro  delle\nNazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici   -   attraverso   sforzi\ncomplementari, coerenti e ambiziosi  da  parte  dell\u0027Unione  e  degli\nStati membri, limitando la complessita\u0027 amministrativa nella  materia\nin questione. \n    5.8.1. In particolare, il legislatore unionale,  nel  configurare\nun siffatto meccanismo, ha considerato che: \n        2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque  dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40% delle emissioni di gas a  effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5  ottobre  2016  ed  e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\ne che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare  di\nconseguenza  il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio   e   la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trenta anni per contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    5.8.2. Il  meccanismo  di  governance  previsto  dal  regolamento\n2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate\ncon l\u0027art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l\u0027altro, che: \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3, paragrafo 1); \n        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \n          a) dimensione «decarbonizzazione»: [...] \n          2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n    Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno\nil contributo previsto  dello  Stato  membro.  Se  uno  Stato  membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello  che  si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di\nriferimento  dell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n    «Nel proprio contributo alla propria quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  del   2030   e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n        a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n        b) misure adottate per conseguire il traguardo di  efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n        c)  altre  misure  esistenti  volte  a  promuovere  l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n        d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da  fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001; \n        e) le circostanze pertinenti che  incidono  sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n          i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \n          ii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il\nPIL pro capite; \n          iii)  il  potenziale  per  una  diffusione  delle   energie\nrinnovabili efficace sul piano dei costi; \n          iv) i vincoli geografici, ambientali e  naturali,  compresi\nquelli delle zone e regioni non interconnesse; \n          v) il livello di interconnessione elettrica tra  gli  Stati\nmembri; \n          vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi [...] \n    2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la  somma  dei\nrispettivi  contributi  ammonti   almeno   all\u0027obiettivo   vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n    «[...] 3. Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in  base  alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n        a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare   la   diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n        b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di  cui  all\u0027art.  23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n        c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui  all\u0027art.  25,  paragrafo  1,  della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n        d) un  pagamento  finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n        e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione  previsti  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). \n    5.9. Come gia\u0027 esposto in precedenza, il decreto  legislativo  n.\n199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE)  2018/2001  del\nParlamento europeo e del  Consiglio,  dell\u002711  dicembre  2018,  sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da  fonti  rinnovabili»  e  si  pone\n«l\u0027obiettivo di accelerare il percorso di  crescita  sostenibile  del\nPaese,  recando  disposizioni  in  materia  di   energia   da   fonti\nrinnovabili,   in   coerenza   con   gli   obiettivi    europei    di\ndecarbonizzazione del  sistema  energetico  al  2030  e  di  completa\ndecarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti,  i  meccanismi,\ngli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e  giuridico,\nnecessari per il raggiungimento degli obiettivi di  incremento  della\nquota di energia da fonti rinnovabili al 2030,  in  attuazione  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto  dei  criteri  fissati  dalla\nlegge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). \n    In  vista  del  perseguimento  di  tali  finalita\u0027,  il   decreto\nlegislativo n. 199/2021 reca «Disposizioni necessarie  all\u0027attuazione\ndelle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di  seguito\nanche:  PNRR)  in  materia   di   energia   da   fonti   rinnovabili,\nconformemente al Piano nazionale integrato per l\u0027energia e  il  clima\n(di seguito anche: PNIEC), con la finalita\u0027 di individuare un insieme\ndi misure e strumenti coordinati,  gia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento\ndegli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento  (UE)\nn. 2021/1119, con il quale  si  prevede,  per  l\u0027Unione  europea,  un\nobiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di  gas  a  effetto\nserra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro  il\n2030» (art. 1, comma 3). \n    5.10.   Come   ripetutamente   rilevato   dalla    giurisprudenza\ncostituzionale (cfr., ex multis, Corte  costituzionale  sentenze  nn.\n121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014  e  44/2011),\nla normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027 ispirata  nel\nsuo insieme al principio fondamentale  di  massima  diffusione  delle\nfonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova attuazione nella\ngenerale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento di tali\nimpianti, con le  eccezioni  [...]  ispirate  alla  tutela  di  altri\ninteressi costituzionalmente protetti» (cfr., in  particolare,  Corte\ncostituzionale, sentenza n. 13/2014). \n    5.11. La disciplina originariamente contenuta  nell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti  rinnovabili,  non  prevedeva  alcun  divieto  generalizzato\nrispetto alla realizzazione di impianti FER su  terreni  classificati\ncome agricoli dai vigenti piani urbanistici. \n    L\u0027art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti,  stabilisce  che\n«nella definizione  della  disciplina  inerente  le  aree  idonee,  i\ndecreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del\npatrimonio  culturale  e  del  paesaggio,  delle  aree   agricole   e\nforestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando\nl\u0027utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni\nindustriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione  industriale,\nartigianale, per servizi e logistica, e  verificando  l\u0027idoneita\u0027  di\naree non utilizzabili per  altri  scopi,  ivi  incluse  le  superfici\nagricole non utilizzabili». \n    Tale disposizione, pur prendendo espressamente in  considerazione\nl\u0027esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da  un  lato  non\npone alcuna preclusione assoluta all\u0027installazione di impianti FER su\ntale tipologia di siti e, dall\u0027altro, stabilisce chiaramente  che  le\nsuperfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti FER. \n    L\u0027art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,\nprevede che «Le aree non incluse  tra  le  aree  idonee  non  possono\nessere  dichiarate  non  idonee  all\u0027installazione  di  impianti   di\nproduzione  di  energia  rinnovabile,  in  sede   di   pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti,  in  ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». \n    Il successivo comma 8, poi, nell\u0027individuare transitoriamente  le\naree ritenute idonee alla installazione di impianti  FER,  stabilisce\nquanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere  a),  b),  c),\nc-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese  nel  perimetro  dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22  gennaio\n2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici  di  cui  all\u0027art.\n142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto,  ne\u0027  ricadono  nella\nfascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della  parte\nseconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo decreto legislativo». \n    5.12. L\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021\nha, di contro, determinato un radicale mutamento di  regime  rispetto\nall\u0027assetto  previgente,  prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli\nimpianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a  terra,   in   zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici  vigenti,  e\u0027  consentita\nesclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente  agli\ninterventi  per  modifica,  rifacimento,  potenziamento  o  integrale\nricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a  condizione  che  non\ncomportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse  le  cave  gia\u0027\noggetto di ripristino ambientale e quelle con piano  di  coltivazione\nterminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di\ndiscarica chiusi  ovvero  ripristinati,  c-bis),  c-bis.1)  e  c-ter,\nnumeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il  primo  periodo\nnon  si  applica  nel  caso  di  progetti  che   prevedano   impianti\nfotovoltaici  con  moduli  collocati   a   terra   finalizzati   alla\ncostituzione  di  una  comunita\u0027  energetica  rinnovabile  ai   sensi\ndell\u0027art. 31  del  presente  decreto  nonche\u0027  in  caso  di  progetti\nattuativi delle altre misure di investimento del Piano  nazionale  di\nripresa e resilienza (PNRR), approvato con  decisione  del  Consiglio\nECOFIN  del  13  luglio  2021,  come  modificato  con  decisione  del\nConsiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano nazionale per  gli\ninvestimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui  all\u0027art.  1  del\ndecreto-legge 6 maggio 2021, n. 59,  convertito,  con  modificazioni,\ndalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari  per\nil conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    5.13. Pertanto, successivamente  alle  modifiche  introdotte  nel\ndecreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell\u0027art. 5,  comma  1,  del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n        a) nei siti ove sono gia\u0027 installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuali; \n        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    5.14. Dalla richiamata elencazione si desume  che,  in  sostanza,\nsulla generalita\u0027 dei terreni classificati agricoli (pari a circa  la\nmeta\u0027 della superficie del territorio italiano) risulta  preclusa  la\nrealizzazione di qualsiasi intervento di  installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati  a  terra,  residuando,  di  fatto,\nunicamente la possibilita\u0027 di realizzare interventi  consistenti  nel\nmero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti  gia\u0027  esistenti,\nsempre che cio\u0027 non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. \n    5.15. Se e\u0027 vero che il divieto introdotto  dall\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non  riguarda  i  progetti\nattuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e\u0027 pur vero  che\ndetti  progetti  non  comprendono,  ne\u0027  esauriscono,  tutti   quelli\nnecessari al  raggiungimento  dei  target  previsti  dal  PNIEC,  che\nrappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il\nconseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall\u0027Unione  europea\nin relazione alla  quota  di  energia  rinnovabile  che  deve  essere\nassicurata  dai  singoli  Stati  membri  nel   contesto   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia. \n    Gia\u0027 tale circostanza evidenzia come la previsione di un  divieto\ndi portata pari  a  quella  stabilita  dalla  disposizione  normativa\nsospettata di incostituzionalita\u0027 rischi  di  mettere  seriamente  in\npericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. \n    L\u0027applicazione  di  un  siffatto  divieto,  invero,  si  appalesa\nsuscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio  agricolo\nnazionale a ogni possibile utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica,\nsenza che siano prevedibili  e  siano  stati  vagliati  i  potenziali\neffetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale  in\nmerito alla quota di energia da fonti  rinnovabili  che  deve  essere\nassicurata dall\u0027Italia. \n    Oltretutto, in considerazione dello  stato  di  attuazione  della\ndisciplina dettata dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo  n.\n199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di flessibilita\u0027 che il  decreto\nministeriale  del  21   giugno   2024   lascia   alle   regioni   per\nl\u0027individuazione delle aree non  idonee,  l\u0027impatto  del  divieto  in\nquestione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un\nsevero  limite  all\u0027individuazione   delle   zone   disponibili   per\nl\u0027installazione degli impianti FER che, in  base  a  quanto  previsto\ndall\u0027art.  15-ter,  par.  1,   secondo   periodo,   della   direttiva\n2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie  stimate  e\nalla potenza totale installata pianificata delle  tecnologie  per  le\nenergie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e  il\nclima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del  regolamento  (UE)\n2018/1999». \n    5.16. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di porre in  evidenza  che,\nin forza  dell\u0027art.  32  del  regolamento  2018/1999/UE,  laddove  la\nCommissione europea ritenga che uno o piu\u0027 punti di riferimento della\ntraiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e  2027  non  siano\nstati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino\nal di sotto di  uno  o  piu\u0027  dei  rispettivi  punti  di  riferimento\nnazionali, saranno interessati dall\u0027esercizio degli specifici  poteri\ndella Commissione europea. \n    Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della\nCommissione europea saranno tenuti ad adottare  misure  supplementari\n(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e\u0027\nincluso anche il pagamento finanziario volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione. \n    La sottrazione  indiscriminata  di  larga  parte  del  territorio\nnazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia  fotovoltaica  con  moduli\ncollocati  a  terra,  laddove  si   risolva   in   un   ostacolo   al\nraggiungimento degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, potrebbe far\nsorgere in capo allo Stato  italiano  l\u0027obbligo  di  adottare  misure\nsupplementari, il cui impatto sulle finanze  pubbliche  potrebbe  non\nessere trascurabile. \n    Giova, inoltre, evidenziare che la  mera  adozione  delle  misure\nsupplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere\nsufficiente  a  riallineare  lo  Stato  italiano  sulle   traiettorie\nunionali in tema di energia rinnovabile, come risulta  dall\u0027art.  32,\nparagrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente\ndel quale «Qualora le misure nazionali  risultino  insufficienti,  la\nCommissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri\na livello unionale in aggiunta a  tali  raccomandazioni  al  fine  di\nassicurare,  in   particolare,   il   conseguimento   del   traguardo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile». \n    5.17. Il  divieto  introdotto  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n.  199/2021,  inoltre,  appare  porsi  anche  in\ncontrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. \n    In particolare, nell\u0027ambito del processo di individuazione  delle\nzone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo  complessivo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile,  viene  in\nrilievo  il  disposto  di  cui  all\u0027art.   15-ter   della   direttiva\n2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri  favoriscono  l\u0027uso\npolivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti  in  materia\ndi energia rinnovabile sono compatibili con gli usi  preesistenti  di\ntali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). \n    Come gia\u0027 rilevato in precedenza,  il  considerando  27  di  tale\ndirettiva  precisa  che  «Gli  Stati  membri  dovrebbero   esplorare,\nconsentire e favorire l\u0027uso  polivalente  delle  zone  individuate  a\nseguito delle misure di pianificazione territoriali adottate.  A  tal\nfine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove  necessario,\ni cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi  e\nattivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano coesistere». \n    Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata  di\nincostituzionalita\u0027 nell\u0027ambito  del  presente  giudizio  istituisce,\ninvece, un  insanabile  conflitto  tra  l\u0027utilizzo  della  tecnologia\nfotovoltaica con moduli collocati a terra e l\u0027uso del  suolo  a  fini\nagricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera\ngeneralizzata l\u0027installazione in area  agricola  degli  impianti  FTV\ncaratterizzati da tale tecnologia. \n    5.18. Ad avviso del Collegio,  il  divieto  in  questione,  nella\nmisura in cui e\u0027 suscettibile di ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili,  si  pone  anche  in  posizione  critica  rispetto  alla\nstrategia  di  adattamento  ai  cambiamenti   climatici   dell\u0027Unione\neuropea. \n    Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi  dell\u0027art.   5   del\nregolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione e gli\nStati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della\ncapacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e  nella\nriduzione  della   vulnerabilita\u0027   ai   cambiamenti   climatici   in\nconformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di  Parigi».  Tali  istituzioni,\ninoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    5.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione  europea,\ncon la Comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia\ndell\u0027Unione europea per l\u0027adattamento ai  cambiamenti  climatici,  ha\naffermato che «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di  crescita\ndell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla  consapevolezza  che\nla trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che la mancata azione ha\nun costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la propria leadership  per\nscongiurare lo scenario peggiore  -  impegnandosi  a  raggiungere  la\nneutralita\u0027 climatica - e prepararsi al meglio - puntando  ad  azioni\ndi adattamento piu\u0027 ambiziose che si fondano sulla strategia  dell\u0027UE\ndi adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede  che  nel\n2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente ai cambiamenti climatici, del\ntutto adeguata agli inevitabili impatti  dei  cambiamenti  climatici.\nCio\u0027 significa che entro il 2050, anno in cui l\u0027Unione aspira ad aver\nraggiunto la neutralita\u0027 climatica, avremo rafforzato la capacita\u0027 di\nadattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita\u0027  agli  effetti  dei\ncambiamenti climatici, in linea con l\u0027accordo  di  Parigi  e  con  la\nproposta di legge europea sul clima». \n    Il  raggiungimento  dei  target  di  potenza   installata   delle\ntecnologie  rinnovabili  costituisce,   all\u0027evidenza,   un   elemento\ncentrale  per  conseguire  nel  lungo   termine   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica, che viene posto seriamente a  rischio  da  una\ndisciplina,  quale   quella   censurata,   che   vieta   in   maniera\ngeneralizzata sulla quasi totalita\u0027 del territorio agricolo nazionale\nl\u0027installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con\npannelli collocati a terra. \n    5.19. Il divieto in questione, peraltro, appare  anche  porsi  in\ncontrasto con il principio di integrazione sancito dall\u0027art.  11  del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea e dall\u0027art.  37  della\nCarta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse  con  la\ntutela dell\u0027ambiente devono  essere  integrate  nella  definizione  e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». \n    Come noto, l\u0027integrazione ambientale in tutti i settori  politici\npertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,   trasporti,   ecc.)   e\u0027\nfunzionale a  ridurre  le  pressioni  sull\u0027ambiente  derivanti  dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e  per  raggiungere  gli\nobiettivi ambientali e climatici. \n    Il divieto introdotto dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto\nlegislativo n. 199/2021 all\u0027interno di un corpo normativo finalizzato\na  dare  attuazione,  nell\u0027ordinamento   giuridico   italiano,   alle\nprevisioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell\u0027uso  di\nenergia  da  fonti  rinnovabili,  quale  obiettivo   della   politica\nenergetica dell\u0027Unione europea, appare violare l\u0027art. 117,  comma  1,\ndella Costituzione anche per le seguenti ragioni: \n        si inserisce nel complesso delle previsioni dell\u0027art. 20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,\ntant\u0027e\u0027  che   le   relative   previsioni   non   risultano   neppure\nadeguatamente coordinate con il resto dell\u0027articolato  normativo  (si\nconsideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,  nella  parte\nin cui prevede che  con  i  decreti  di  cui  al  comma  1  si  debba\nverificare, tra l\u0027altro, \"l\u0027idoneita\u0027 di aree  non  utilizzabili  per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili\"); \n        il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto\nil  legislatore  non  ha  istituito   alcuna   forma   di   possibile\nbilanciamento tra i  contrastanti  valori  in  gioco.  In  tal  modo,\ninvero, e\u0027 stata sancita una insuperabile  prevalenza  dell\u0027interesse\nalla conservazione dello stato dei luoghi  dei  terreni  classificati\ncome aree  agricole,  del  tutto  sganciata  da  una  valutazione  in\nconcreto  della  effettiva  utilizzabilita\u0027  di  tali  aree  a   fini\nagricoli. Non puo\u0027, pertanto, mancarsi di rilevare, che  tale  scelta\nlegislativa risulta innesta una contraddizione  interna  al  medesimo\ndecreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al\nperseguimento dell\u0027obiettivo normativo per  il  quale  lo  stesso  e\u0027\nstato emanato, dato dalla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia  da  fonti\nrinnovabili. \n    Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,\nil sospetto di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del\ndecreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l\u0027introduzione  del\ncontestato divieto si ponga in contrasto  con  la  cornice  normativa\neuropea in materia di Unione dell\u0027energia. \n    6. Il  Collegio  ritiene,  inoltre,  che  il  divieto  introdotto\ndall\u0027art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  appaia  anche  porsi  in\ncontrasto con il principio di proporzionalita\u0027 discendente  dall\u0027art.\n3 della Costituzione, anche  tenuto  conto,  stante  le  specificita\u0027\ndella fattispecie in esame, di  quanto  previsto  dagli  articoli  15\n(nella parte che stabilisce che le disposizioni  normative  nazionali\nche regolano  le  procedure  di  autorizzazione  degli  impianti  FER\ndebbano essere proporzionate, necessarie e contribuire all\u0027attuazione\ndel principio di priorita\u0027 della efficienza energetica) e  16-septies\n(nella parte in cui si prevede che nelle procedure di rilascio  delle\nautorizzazioni,  gli  impianti  FER  sono  considerati  di  interesse\npubblico prevalente) della direttiva (UE) 2018/2001. \n    6.1. In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che  la\nCorte di giustizia dell\u0027Unione europea ha piu\u0027 volte ribadito che «il\nprincipio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio  generale  del  diritto\ncomunitario  che  dev\u0027essere   rispettato   tanto   dal   legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e  dai  giudici  nazionali»  (cfr.\nCGUE,  Sezione  Quinta,  sentenza  dell\u002711  giugno  2009,  in   causa\nC-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur  en\nVoedselkwaliteit,  par.  41).  Il   sindacato   di   proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza\ndelle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde\nverificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da  determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. \n    Come la  stessa  Corte  costituzionale  ha  gia\u0027  avuto  modo  di\nprecisare \"Tale  giudizio  deve  svolgersi  «attraverso  ponderazioni\nrelative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi  prescelti  dal  legislatore\nnella  sua  insindacabile  discrezionalita\u0027  rispetto  alle  esigenze\nobiettive da soddisfare o  alle  finalita\u0027  che  intende  perseguire,\ntenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente\nsussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita\u0027\nutilizzato  da  questa  Corte  come  da  molte  delle   giurisdizioni\ncostituzionali europee, spesso insieme con quello di  ragionevolezza,\ned essenziale strumento della Corte di giustizia dell\u0027Unione  europea\nper  il  controllo  giurisdizionale  di   legittimita\u0027   degli   atti\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se  la  norma\noggetto di scrutinio, con la misura e le  modalita\u0027  di  applicazione\nstabilite, sia necessaria e  idonea  al  conseguimento  di  obiettivi\nlegittimamente perseguiti, in quanto, tra  piu\u0027  misure  appropriate,\nprescriva  quella  meno  restrittiva  dei  diritti  a   confronto   e\nstabilisca oneri non  sproporzionati  rispetto  al  perseguimento  di\ndetti obiettivi\" (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). \n    6.2. Giova, poi, evidenziare che la misura censurata consiste  in\nun divieto generalizzato e sostanzialmente assoluto all\u0027utilizzo,  su\nun\u0027ampia  parte  del  territorio  nazionale,   di   una   determinata\ntecnologia di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. \n    Si tratta di una soluzione del tutto diversa  rispetto  a  quella\nadottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che  entrano\nin bilanciamento con il principio di massima diffusione  delle  fonti\nrinnovabili:   le   esigenze   di   tutela    dell\u0027ambiente,    della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile che si approdi a un esito negativo  dell\u0027iter\ndi autorizzazione, relativamente alla valutazione  di  compatibilita\u0027\nambientale dei progetti che interessano tali aree. \n    Cio\u0027, peraltro, non osta  alla  possibilita\u0027  di  verificare,  in\nconcreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli  procedimenti   autorizzativi,\nl\u0027effettiva  compatibilita\u0027  degli  interventi   proposti   con   gli\nulteriori e confliggenti interessi pubblici. \n    Di contro, l\u0027art. 20, comma 1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, introduce un divieto di tale portata che  risulta  preclusa\nin radice la possibilita\u0027,  per  le  amministrazioni  procedenti,  di\noperare un bilanciamento tra  i  contrapposti  interessi  in  giuoco.\nInfatti,  risulta  gia\u0027  stata  affermata  a  monte,  da  parte   del\nlegislatore, la prevalenza assoluta e  incondizionata  dell\u0027interesse\nalla conservazione dei suoli  classificati  agricoli,  rispetto  alla\npossibile funzionalizzazione degli stessi  al  soddisfacimento  delle\nesigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti  dall\u0027Italia\na livello unionale. \n    6.3. Il contestato divieto trova  applicazione  a  partire  dalla\nmera classificazione di  un\u0027area  come  agricola  in  base  ai  piani\nurbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere  il\nsuo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. \n    Anche per tale ragione la  disposizione  normativa  in  questione\nsembra caratterizzata da  irragionevolezza  e  non  proporzionalita\u0027,\natteso che la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il consumo di suolo\nagricolo  non  e\u0027  riscontrabile  (o  quantomeno  non   nei   termini\nincondizionati e assoluti previsti da tale norma) in  relazione  alle\nsuperfici agricole non utilizzabili o degradate. \n    Manca, inoltre,  qualsivoglia  considerazione  della  qualita\u0027  e\ndell\u0027importanza  delle  colture  eventualmente  praticate  sui  suoli\ninterdetti all\u0027installazione degli impianti FTV con moduli  collocati\na terra. \n    6.4. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee  Guida  di\ncui al decreto ministeriale del  10  settembre  2010,  in  base  alle\nquali: \n        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n        l\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di Valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti; \n        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n    6.5. Siffatte previsioni si pongono nel solco  delle  indicazioni\nemergenti in sede europea,  per  cui  «Gli  Stati  membri  dovrebbero\nlimitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui  non  puo\u0027\nessere sviluppata l\u0027energia rinnovabile (\"zone di esclusione\").  Essi\ndovrebbero fornire informazioni chiare e  trasparenti,  corredate  di\nuna giustificazione motivata, sulle restrizioni dovute alla  distanza\ndagli abitati e dalle zone dell\u0027aeronautica  militare  o  civile.  Le\nrestrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti e concepite  in\nmodo  da  rispondere   allo   scopo   perseguito   massimizzando   la\ndisponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo  dei  progetti  di  energia\nrinnovabile, tenuto  conto  degli  altri  vincoli  di  pianificazione\nterritoriale»  (cfr.  la   raccomandazione   (UE)   2024/1343   della\nCommissione del 13 maggio  2024  sull\u0027accelerazione  delle  procedure\nautorizzative  per  l\u0027energia  da  fonti  rinnovabili  e  i  progetti\ninfrastrutturali correlati). \n    La disciplina posta dall\u0027art. 5 del decreto-legge  n.  63/2024  e\npoi confluita nell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  n.\n199/2021 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto, ponendo un  divieto\nche massimizza le zone di esclusione, che non risulta fondato su dati\nconcreti e che appare porsi in patente  contrasto  con  l\u0027obietto  di\nmassimizzazione della disponibilita\u0027 di spazio per  lo  sviluppo  dei\nprogetti correlati con la produzione di energia da fonte rinnovabile. \n    6.6. Il  contestato  deficit  di  proporzionalita\u0027  della  misura\nintrodotta  dall\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.  63/2024,  peraltro,\nrisulta avvalorato dal fatto che il divieto in questione impedisce di\nconsiderare di interesse pubblico prevalente  gli  impianti  FTV  con\npannelli collocati a terra da realizzare in area agricola, senza  che\nper tale tipologia di area sia stata  prevista  la  non  applicazione\ndell\u0027art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 190/2024 secondo  le\nmodalita\u0027, provvedimentali e procedurali, previste dall\u0027art. 3, comma\n2, del decreto legislativo n. 190/2024. \nIV.   Sulla   non   rilevanza   delle   questioni   di   legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il quinto motivo di ricorso. \n    7. Le societa\u0027 ricorrenti, con il quinto motivo di ricorso, hanno\nprospettato   l\u0027illegittimita\u0027   costituzionale   dell\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024 per violazione degli articoli 10, 41  e  117\ndella Costituzione in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo addizionale\nn. 1 della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti\ndell\u0027uomo  e  delle  liberta\u0027  fondamentali  e  per  violazione   del\nprincipio del legittimo affidamento. \n    Ad avviso del Collegio la questione  prospettata  dalle  societa\u0027\nricorrenti non risulta rilevante nel caso di specie in  quanto  dette\nsocieta\u0027 non hanno dimostrato in  giudizio  di  avere  effettivamente\nacquisito la proprieta\u0027 dei terreni agricoli sui quali  realizzare  i\npropri progetti. Le stesse, infatti, si sono  solo  limitate,  da  un\nlato, ad  affermare  di  essere  «titolari  di  impianti  in  via  di\nautorizzazione (in larga parte agrivoltaici) con procedimenti  ancora\npendenti» (cfr. pag. 4 del  ricorso)  e,  dall\u0027altro,  a  produrre  i\ncontratti preliminari di compravendita di terreni agricoli  da  parte\ndella Elements Green Artemide S.r.l., stipulati  in  data  1°  agosto\n2024 e registrati in data 7 agosto 2024, ma soggetti alla  condizione\nrisolutiva dell\u0027esercizio del diritto  di  prelazione  da  parte  dei\ncoltivatori diretti proprietari di terreni agricoli confinanti,  come\nrisulta dalla nota di trascrizione del 12 agosto 2024,  pure  versata\nin atti. \n    Le societa\u0027 ricorrenti, ivi inclusa la  Elements  Green  Artemide\nS.r.l., non hanno depositato in atti  i  contratti  di  compravendita\ndegli immobili interessati dalla realizzazione degli impianti FER  di\ncui  assumono  essere  titolari,  onere  dimostrativo  su   di   esse\nincombenti in virtu\u0027 del  principio  di  vicinanza  della  prova  che\nconcorre a delineare l\u0027assetto giuridico inerente alla  distribuzione\ndegli oneri probatori nel processo amministrativo, scolpito dall\u0027art.\n64  c.p.a.,  in  base  al  quale  il  soggetto   gravato   dall\u0027onere\ndimostrativo e\u0027 quello nella cui  sfera  giuridica  si  riferisce  o,\ncomunque, e\u0027 piu\u0027 prossimo il fatto  da  provare  (cfr.,  ex  multis,\nCons. Stato, sez. VI, sentenza n. 9877 del  9  dicembre  2024;  Cons.\nStato, sez. VI, sentenza n. 2187 del 5 marzo 2024). \n    7.1. Per le medesime ragioni,  risulta  non  rilevante  anche  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale per  lesione  del  principio\ndel legittimo affidamento, vieppiu\u0027 con riguardo alla societa\u0027  Green\nElements Artemide a r.l.,  atteso  che  i  soprarichiamati  contratti\npreliminari  di  compravendita  dei  terreni  agricoli   sono   stati\nstipulati successivamente  alla  entrata  in  vigore  del  contestato\ndivieto normativo. \nV. Sulla  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il sesto motivo di ricorso. \n    8. Il Collegio ritiene, invece, che sia manifestamente  infondata\nla  questione  di  legittimita\u0027  costituzionale   dell\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024 per violazione degli articoli 3, 101  e  102\ndel Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea («TFUE»),  nonche\u0027\ndel protocollo n. 27 sul mercato  interno  e  la  concorrenza  (sesto\nmotivo di ricorso) - peraltro, il riferimento all\u0027art. 3 Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea non risulta  corretto,  essendo  il\nparametro  di  riferimento  rilevante  ai  fini  della  questione  di\nlegittimita\u0027 costituzionale  prospettata  dalle  societa\u0027  ricorrenti\nl\u0027art. 3, paragrafo 3,  del  Trattato  sull\u0027Unione  europea,  che  fa\nriferimento  alla  instaurazione  di  un  «mercato  interno»  e  allo\nsviluppo sostenibile dell\u0027Europa  basato  anche  «su  un\u0027economia  di\nmercato  fortemente  competitiva»,  espressamente  richiamato   anche\ndall\u0027invocato  protocollo  n.  27  sul  mercato   interno   e   sulla\nconcorrenza, nella parte in cui si afferma che «il mercato interno ai\nsensi dell\u0027art. 3  del  Trattato  sull\u0027Unione  europea  comprende  un\nsistema che assicura che  la  concorrenza  non  sia  falsata»  -.  In\nproposito, vale innanzitutto evidenziare che gli articoli 101  e  102\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea dettano la  disciplina\neurounitaria di difesa della concorrenza dalle condotte,  unilaterali\no coordinate, di impresa. Una siffatta  disciplina,  quindi,  non  e\u0027\nsuscettibile  di  trovare  applicazione  nelle  ipotesi  in  cui  una\neventuale  restrizione  della  concorrenza  nel  mercato  unico   sia\ndirettamente   riconducibile   a   misure   statali   di    carattere\namministrativo  o  normativo,  che  si  situano   fuori   dall\u0027ambito\noggettivo di applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. \n    Cio\u0027,   invero,   si   ricava    direttamente    dagli    arresti\ngiurisprudenziali della Corte di giustizia dell\u0027Unione  europea,  che\nspinta dall\u0027esigenza di dare piena attuazione ai suddetti precetti in\nossequio al principio dell\u0027effetto utile del diritto  unionale  (cfr.\nCGUE, sentenza del 6 ottobre 1970, in causa C-9/70, Franz Grad contro\nFinanzamt Traunstein,  in  Racc.  1970/825;  CGUE,  sentenza  del  22\nsettembre 1988, in causa C-187/87, Saarland et al. contro Ministre de\nl\u0027Industrie, des P et T et du Tourisme et  al.,  par.  19,  in  Racc.\n1988/5013; CGUE, sentenza del 14 ottobre 1999, in  causa  C-  223/98,\nAdidas AG, par. 24, in Racc. 1999/I/7081),  ha  si\u0027  coniato  in  via\npretoria  un  parametro  di  legittimita\u0027  ad  hoc  per  valutare  la\ncompatibilita\u0027 delle misure statali con il diritto antitrust di rango\nunionale (cfr., in particolare, CGUE, sentenza del 10  gennaio  1985,\nin causa C-229/83,  Association  des  Centres  distributeurs  Edouard\nLeclerc at al. contro Sarl \"Au ble\u0027 vert\" et al., par. 20,  in  Racc.\n1985/1; CGUE, sentenza del 21  settembre  1988,  in  causa  C-267/86,\nPascal Van Eycke contro Aspa SA,  par.  20,  in  Racc.  1988/4769)  -\ncostituito   dal   combinato   disposto   degli   articoli   85,   86\n(corrispondenti ai vigenti articoli 101  e  102  TFUE),  3,  par.  1,\nlettera f) (che fissava l\u0027obiettivo programmatico della creazione  di\nun «regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata  nel\nmercato interno») e  5  (che  prevedeva  che  «Gli  Stati  membri  si\nastengono  da  qualsiasi  misura  che  rischi  di  compromettere   la\nrealizzazione  degli  scopi  del  presente  Trattato»)  del  Trattato\nistitutivo della Comunita\u0027 economica europea  («TCEE»)  -  ma  ne  ha\nlimitato l\u0027applicabilita\u0027 alle sole situazioni nelle quali le  misure\nstatali restrittive della  concorrenza  siano  collegate  a  precipue\ncondotte anticoncorrenziali poste in essere dalle imprese (cfr. CGUE,\nsentenza del 17 novembre 1993, in causa C-2/91, Wolf  W.  Meng,  par.\n14, in Racc. 1993/I/5751; CGUE, sentenza del  17  novembre  1993,  in\ncausa C-185/91, Bundesanstalt für den Güterfernverkehr  contro  Gebr.\nReiff GmbH \u0026amp; Co. KG., par. 14, in Racc. 1993/I/5801). \n    La Corte di giustizia dell\u0027Unione europea ha, poi,  ulteriormente\ndelineato quali siano i parametri valutativi rilevanti ai fini  dello\nscrutinio delle misure pubbliche  ai  sensi  del  combinato  disposto\ndegli articoli 3, 5, 85 e 86 TCEE, statuendo, in relazione a un  caso\ncorrelato con la possibile realizzazione di  una  intesa  restrittiva\ndella  concorrenza  ai  sensi  dell\u0027allora  vigente  art.   85   TCEE\n(corrispondente al successivo art. 81 TCE e al vigente art. 101 TFUE)\nche  «anche  se,  di  per  se\u0027,  l\u0027art.  85  del  Trattato   riguarda\nesclusivamente la  condotta  delle  imprese  e  non  le  disposizioni\nlegislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, e\u0027  pur  vero\nche detto articolo, in combinato disposto con l\u0027art. 5 del  Trattato,\nfa obbligo agli Stati membri di non adottare o  mantenere  in  vigore\nprovvedimenti, anche  di  natura  legislativa  o  regolamentare,  che\npossano rendere praticamente  inefficaci  le  regole  di  concorrenza\napplicabili alle  imprese  [...].  Ricorre  in  particolare  siffatta\nipotesi allorquando uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione\ndi accordi in contrasto con l\u0027art. 85,  o  rafforzi  gli  effetti  di\nsiffatti accordi, ovvero  qualora  privi  la  propria  normativa  del\ncarattere statuale che le e\u0027 proprio, demandando  la  responsabilita\u0027\ndi adottare decisioni d\u0027intervento in materia economica ad  operatori\nprivati [...]» (cfr. CGUE, sentenza del  18  giugno  1998,  in  causa\nC-35/96,  Commissione  delle  Comunita\u0027  europee  contro   Repubblica\nitaliana, parr. 53-54, in Racc. 1998/I/3851). \n    Considerato che il contestato divieto contenuto nell\u0027art.  5  del\ndecreto-legge n. 63/2024 non impone, ne\u0027 agevola, la  commissione  di\ncondotte,  unilaterali  o  coordinate,  d\u0027impresa  restrittive  della\nconcorrenza, non risulta che  tale  misura  statale  costituisca  una\nviolazione, da parte dello Stato italiano, degli obblighi discendenti\ndal diritto eurounionale in materia di concorrenza, poiche\u0027 non  puo\u0027\npredicarsi, alla luce dei parametri sovranazionali  che  le  societa\u0027\nricorrenti   assumono   essere   stati    violati    (sostanzialmente\nriconducibili  al  parametro  pretorio  individuato  dalla  Corte  di\ngiustizia dell\u0027Unione europea nelle pronunce innanzi menzionate), che\nla disposizione legislativa di diritto interno di cui si  tratta  sia\ndi per se\u0027 idonea a falsare la concorrenza nel mercato interno in una\nforma che si ponga in contrasto  con  il  vigente  assetto  normativo\nsovranazionale  e,  quindi,  con   l\u0027art.   117,   comma   1,   della\nCostituzione. \n    8.1. Il  Collegio,  ad  abundantiam,  evidenzia  che  il  divieto\nintrodotto con l\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 neppure si ponga\nin contrasto con la disciplina unionale di difesa  della  concorrenza\nrivolta agli Stati membri, vale a dire con gli articoli 106 e  107  e\nss. TFUE, posto che lo stesso non si risolve in una misura tesa  alla\nconcessione o al mantenimento di  diritti  speciali  o  esclusivi  in\nfavore delle imprese pubbliche, ne\u0027  compromette  lo  sviluppo  degli\nscambi in misura contraria  agli  interessi  dell\u0027Unione  europea  in\nrelazione alla posizione delle imprese incaricate della  gestione  di\nservizi  di  interesse  economico  generale  o  aventi  carattere  di\nmonopolio  fiscale,  ne\u0027  infine  costituisce  un  aiuto   di   stato\nincompatibile con il mercato interno. \n    8.2. Il Collegio,  infine,  ritiene  che  il  contestato  divieto\nneppure dia luogo ad alcuna discriminazione degli operatori economici\nitaliani rispetto a quelli transfrontalieri, venendo in  rilievo  una\nmisura c.d. indistintamente applicabile e non essendo  proibita,  per\neffetto  di  tale  misura,   l\u0027operativita\u0027   transfrontaliera   agli\noperatori  di  diritto  interno  che,  pertanto,  con  riguardo  alla\nproduzione  di  energia  da  fonti   rinnovabili   (con   particolare\nriferimento  a  quella  prodotta  mediante  impianti  fotovoltaici  e\nagrivoltaici) risultano  liberi  di  operare  senza  limitazioni,  in\nregime  di  stabilimento  o  di  libera   prestazione   di   servizi,\nall\u0027interno del mercato unico. \nVI. Le  questioni  di  costituzionalita\u0027  da  sottoporre  alla  Corte\ncostituzionale. \n    9. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni  sino  ad\nora  esposte,  ritiene  che  siano  rilevanti  e  non  manifestamente\ninfondate le questioni di legittimita\u0027 costituzionale prospettate nel\npresente giudizio in relazione all\u0027art. 20, comma 1-bis, del  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5,  comma  1,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla  legge\nn.  101/2024.  Il  Collegio,  in  particolare,  sospetta   che   tale\ndisposizione  normativa  si  ponga  in  contrasto  con   il   dettato\ncostituzionale, per aver introdotto un divieto  all\u0027installazione  in\narea agricola di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nche appare contrario agli articoli  3,  11  e  117,  comma  1,  della\nCostituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva\n(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati\ndalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027  dal   regolamento   (UE)\n2021/1119. \n    9.1. Le sollevate questioni di costituzionalita\u0027 vanno  del  pari\nriferite all\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto  legislativo\n25  novembre  2024,  n.   190,   recante   «Disciplina   dei   regimi\namministrativi per la produzione di energia  da  fonti  rinnovabili»,\nladdove prevede che «Gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1,  sono\nconsiderati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti  e  possono\nessere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti  piani\nurbanistici, nel rispetto  di  quanto  previsto  all\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n    Tale  disposizione  normativa,  infatti,  riproduce  il   divieto\nsancito  dall\u0027art.  20,  comma  1-bis,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021. \nVII. Conclusioni. \n    10. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: \n        il primo, secondo e terzo motivo  di  ricorso  devono  essere\ndichiarati inammissibili per  carenza  di  interesse  delle  societa\u0027\nricorrenti a contestare la legittimita\u0027 delle impugnate  disposizioni\ndel decreto legislativo n. 199/2021; \n        le questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.  5  del\ndecreto-legge n. 63/2004 prospettate con il quinto e il sesto  motivo\ndi ricorso devono essere dichiarate non  rilevanti  e  manifestamente\ninfondate; \n        risultano, invece, rilevanti e non  manifestamente  infondate\nle questioni  di  legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.  20,  comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art.\n5,  comma  1,  del  decreto-legge   n.   63/2024,   convertito,   con\nmodificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli\n3 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai  principi\nespressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)\n2018/1999, come modificati dalla direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027\ndal regolamento (UE) 2021/1119. \n    10.1. Ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2, della legge 11 marzo  1953,\nn.  87,  il  presente  giudizio  e\u0027  sospeso  fino  alla  definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    10.2. Ai sensi dell\u0027art. 23, commi 4 e 5, della  legge  11  marzo\n1953, n.  87,  la  presente  sentenza  sara\u0027  comunicata  alle  parti\ncostituite, notificata al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e\ncomunicata anche al Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  al\nPresidente della Camera dei deputati. \n    10.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e  in  ordine\nalle spese resta riservata alla  decisione  definitiva  del  presente\ngiudizio. \n\n \n                               P. Q. M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nTerza), definitivamente pronunciando sul ricorso,  come  in  epigrafe\nproposto: \n        a) dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso; \n        b) dichiara  non  rilevanti  e  manifestamente  infondate  le\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20,  comma  1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021,  come  introdotto  dall\u0027art.  5,\ncomma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni,\ndalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli 10 e 117 della\nCostituzione in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1  alla  CEDU,\nper  violazione  dell\u0027art.  41  della   Costituzione,   nonche\u0027   per\nviolazione dell\u0027art. 117  della  Costituzione  per  violazione  degli\narticoli 3, 101 e 102  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea  e  del  protocollo  n.  27  sul  mercato  interno  e   sulla\nconcorrenza; \n        c) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo  n.\n199/2021, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo  periodo,  del  decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3 e 117, comma\n1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi  dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche\u0027  dal  regolamento\n(UE) 2021/1119; \n        d) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n        e) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle\nparti in causa,  nonche\u0027  la  sua  notificazione  al  Presidente  del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n        f) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall\u0027Autorita\u0027\namministrativa. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio  del  giorno  7\nmaggio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Elena Stanizzi, Presidente; \n        Giovanna Vigliotti, primo referendario; \n        Luca Biffaro, referendario, estensore. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                 L\u0027estensore: Biffaro","elencoNorme":[{"id":"63472","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto 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