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A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione – Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3, e Allegati A, B, C, D e E.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e-Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto speciale per la Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 3, 4, [recte: lett. e)]; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18\u0026nbsp;ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30\u0026nbsp;giugno\u0026nbsp;2021; Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), art. 11; Carta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea (CDFUE), art. 37; decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, art. 20, commi 1 e 7; decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 21 e 146; legge 8 agosto 1990, n. 241, art. 29, commi 2-ter e 2-quater; decreto del Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u0026nbsp;\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003eEnergia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021\u0026nbsp;– Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis primo periodo del decreto legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciato divieto il cui impatto è del tutto incerto e si risolve in un severo limite all’individuazione delle zone disponibili per l’installazione degli impianti – Disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1 e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, art. 2, comma 2, primo periodo.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e- Costituzione, artt. 3, 9, 11 e 117, primo comma; direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018; direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18\u0026nbsp;ottobre 2023; regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018; regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30\u0026nbsp;giugno\u0026nbsp;2021.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Iberdrola Renovables Italia spa","prima_controparte":"Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri","altre_parti":"Elettricità Futura – Unione delle Imprese Elettriche Italiane","testo_atto":"N. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Iberdrola Renovables Italia Spa\ne Elettricita\u0027 Futura - Unione delle imprese elettriche italiane\ncontro il Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e\naltri.. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della\n Regione autonoma Sardegna - Disposizioni per l\u0027individuazione di\n aree e superfici idonee e non idonee all\u0027installazione di impianti\n a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica a\n tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le\n superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in\n corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza\n regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato\n una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che\n e\u0027 vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle\n rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C,\n D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge della Regione\n Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 - Previsione che tale divieto si\n applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura\n autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale\n o statale, e\u0027 in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della\n medesima legge regionale - Previsione che non puo\u0027 essere dato\n corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima\n dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024,\n risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione -\n Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli\n abilitativi comunque denominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli\n impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia -\n Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto\n impianti che hanno gia\u0027 comportato una modificazione irreversibile\n dello stato dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di\n impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite\n idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di\n non idoneita\u0027 - Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione,\n potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente\n all\u0027entrata in vigore della stessa legge e in esercizio, nelle aree\n non idonee - Previsione che sono ammessi solo qualora non\n comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonche\u0027, nel\n caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale\n dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli\n aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto\n previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della legge\n regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109\n delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale -\n Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di\n promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi\n energetici nel rispetto delle peculiarita\u0027 storico-culturali,\n paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole - Previsione\n che i comuni hanno facolta\u0027 di proporre un\u0027istanza propedeutica\n alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno\n di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al\n raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione - Previsione che qualora\n l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area\n mineraria dismessa di proprieta\u0027 regionale o di enti interamente\n controllati dalla Regione, l\u0027area medesima e\u0027 trasferita in\n proprieta\u0027 ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge\n regionale n. 35 del 1995. \n- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti\n per l\u0027individuazione di aree e superfici idonee e non idonee\n all\u0027installazione e promozione di impianti a fonti di energia\n rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti\n autorizzativi) artt. 1, commi, 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C, D\n ed E. \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al\n decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a\n limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione\n degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\n classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\n esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente\n agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o\n integrale ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a\n condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c),\n incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle con\n piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati,\n c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell\u0027art.\n 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il\n primo periodo del comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto\n legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano\n impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla\n costituzione di una comunita\u0027 energetica rinnovabile ai sensi\n dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonche\u0027 in caso di progetti\n attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di\n ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli\n investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti\n necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR -\n Previsione che l\u0027art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto\n legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell\u0027art. 5\n del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica\n ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore,\n sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative,\n comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie\n all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli\n impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato\n rilasciato almeno uno dei titoli medesimi - Disciplina dei regimi\n amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili -\n Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del\n decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica\n utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in\n zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel\n rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\n legislativo n. 199 del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le\n imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le\n imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con\n modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1\n e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei\n regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti\n rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettera\n b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n periodo. \n\n\r\n(GU n. 35 del 27-08-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n (Sezione Terza) \n \n Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di\nregistro generale 8725 del 2024, proposto da Iberdrola Renovables\nItalia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande\u0027, Enzo Puccio,\nSerena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di\nGiustizia; \n contro Ministero della Cultura, Ministero dell\u0027Ambiente e della\nSicurezza Energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranita\u0027\nalimentare e delle Foreste, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura Generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; \n nei confronti della Regione Siciliana, in persona del legale\nrappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura\nGenerale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei\nPortoghesi, 12; della Regione Autonoma della Sardegna, in persona del\nlegale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli\navvocati Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da\nPEC da Registri di Giustizia; \n e con l\u0027intervento di \n ad adiuvandum: \n Elettricita\u0027 Futura - Unione delle Imprese Elettriche\nItaliane, in persona del legale rappresentante pro tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Cristina Martorana, Andrea\nSticchi Damiani, Pina Lombardi, con domicilio digitale come da PEC da\nRegistri di Giustizia; \n \n per l\u0027annullamento \n \n degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno 2024\nrecante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e aree idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili» adottato dal\nMinistero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica di concerto con\nil Ministero della Cultura e il Ministero dell\u0027Agricoltura, della\nSovranita\u0027 Alimentare e delle Foreste e pubblicato nella Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153 del 2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale; \n visti il ricorso e i relativi allegati; \n visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della\nCultura e di Regione Siciliana e di Ministero dell\u0027Ambiente e della\nSicurezza Energetica e di Ministero dell\u0027Agricoltura della Sovranita\u0027\nAlimentare e delle Foreste e di Regione Autonoma della Sardegna; \n visti gli articoli 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87, 79,\ncomma 1, c.p.a., e 295 c.p.c.; \n Visti tutti gli atti della causa; \n relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato\nnel verbale. \n 1. La ricorrente fa parte del gruppo multinazionale Iberdrola,\nattivo nel campo della produzione di energia elettrica. \n 2. In Italia Iberdrola ha presentato diverse iniziative, tra le\nquali: \n «Piazza Armerina», Regione Siciliana, Agrivoltaico - non\navanzato, potenza 65,67 MW; \n «Lentini 1», Regione Siciliana, Agrivoltaico in parte non\navanzato, potenza 60 MW; \n «Uta Prangili», Regione Sardegna, Agrivoltaico -non avanzato,\npotenza 33,61 MW; \n «Benetutti Mercuria, Regione Sardegna, Agrivoltaico -non\navanzato, potenza 37,02 MW; \n «Carbonia - Iglesias», Regione Sardegna, Eolico, potenza 66 MW; \n «Monreale», Regione Siciliana, Agrivoltaico - non avanzato,\npotenza 139,00 MW. \n 3. Con il presente ricorso Iberdrola sostiene che il decreto\nimpugnato rechi previsioni idonee a pregiudicarne l\u0027autorizzazione e\nha sollevato a tale riguardo plurimi profili di violazione di legge\ned eccesso di potere. Piu\u0027 in particolare, le censure possono cosi\u0027\nessere riassunte: \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 3 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 e dell\u0027art. 5, della legge n.\n53/2021: il decreto impugnato avrebbe mancato di definire i criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione di\nimpianti FER, essendosi limitato a riprodurre principi di massima\nche, a ben vedere, sarebbero esattamente e testualmente quelli\nindividuati dalla norma delegante (art. 20, comma 3, decreto\nlegislativo n. 199/2021). Ne deriverebbe il conferimento alle regioni\ndi una delega sostanzialmente in bianco, in contrasto con\nl\u0027insegnamento della Corte Costituzionale, che avrebbe sempre\nrivendicato l\u0027importanza della uniformita\u0027 della «materia energia»\nsul territorio nazionale (motivo I.1); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1, del\ndecreto legislativo n. 199/2021: il decreto, chiamato a «dettare i\ncriteri per l\u0027individuazione delle aree idonee all\u0027installazione\ndella potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le\nmodalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima\nporzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unita\u0027 di\nsuperficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione\ndi energia elettrica gia\u0027 installati e le superfici tecnicamente\ndisponibili», si sarebbe limitato a prevedere la mera «possibilita\u0027»\ndi classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole\nsulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto,\ncon indicazione generica e priva di indirizzi idonei a orientare\nl\u0027esercizio della potesta\u0027 regionale (motivo I.2); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/2021: illegittimita\u0027 della previsione che\nassegna una mera «possibilita\u0027» alle Regioni, in sede di emanazione\ndelle leggi, di fare salve le aree idonee di cui all\u0027art. 20, comma\n8, decreto legislativo n. 199/2021. Tale norma si porrebbe in\ncontrasto con il dato normativo ed equivarrebbe a consentire alle\nRegioni di non tener conto, in sede di normazione, delle aree idonee\nindividuate al legislatore nazionale, rimettendosi alle Regioni la\npotesta\u0027 di prevedere che aree che, fino ad oggi, sono state\nindiscussamente idonee, ai sensi del comma 8, diventino «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti in termini di\naffidamento degli investimenti ed incertezza del quadro giuridico di\nriferimento (motivo I.3); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER: l\u0027art. 20, comma 4, decreto\nlegislativo n. 199/2021 prevedrebbe una competenza regionale, da\nesercitare mediante legge, unicamente per la disciplina delle aree\nidonee. Il decreto, invece, richiedendo alle regioni di individuare\ncon legge anche le aree non idonee, si porrebbe in contrasto, oltre\nche con tale norma primaria, anche con l\u0027art. 12, comma 10, del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le successive linee guida, che\nprevedono l\u0027individuazione delle «aree non idonee» all\u0027esito di un\napposito procedimento amministrativo, operando un bilanciamento in\nconcreto degli interessi strettamente aderenti alla specificita\u0027 dei\nluoghi, senza poter imporre in via legislativa vincoli generali non\nprevisti dalla disciplina statale (motivo II.1); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 4 del\ndecreto legislativo n. 199/2004, dell\u0027art. 12 del decreto legislativo\nn. 387/2003, delle linee guida e del principio della massima\ndiffusione degli impianti FER: nel definire le aree non idonee come\naree «incompatibili con l\u0027installazione di specifiche tipologie di\nimpianti», il decreto introdurrebbe un vero e proprio divieto di\ninstallazione di impianti FER in dette aree, in contrasto con i\nprincipi dettati dalle linee guida, che pure vengono dalla\ndisposizione in questione richiamati, in base alle quali\nL\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve\nconfigurarsi come divieto preliminare» all\u0027installazione degli\nimpianti (motivo II.2); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, commi 1, 7 e 8\ndel decreto legislativo n. 199/2021, dell\u0027art. 12 del decreto\nlegislativo n. 387/2003, delle linee guida e del principio della\nmassima diffusione degli impianti FER nonche\u0027 del decreto legislativo\nn. 42/2004 e dell\u0027art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione: nel\nprevedere che «Sono considerate non idonee le superfici e le aree che\nsono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 136, comma 1, lettere a) e b) del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42», il decreto si porrebbe in\ncontrasto con la normativa europea e nazionale, nonche\u0027 con quella\nprevista per i beni soggetti a tutela paesaggistica e culturale,\nintroducendo un divieto esorbitante e del tutto irragionevole, in\nquanto di fatto inibirebbe in tutte le aree vincolate la\nrealizzazione degli impianti, a prescindere da qualsiasi specifica\nvalutazione in ordine alle effettive e concrete esigenze di tutela di\nciascun bene vincolato e, correlativamente, da qualsiasi verifica in\nordine alla sussistenza di una effettiva incompatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con la tutela paesaggistica o culturale da\nassicurare. Del pari illegittima sarebbe la previsione secondo cui\n«Le regioni possono individuare come non idonee le superfici e le\naree che sono ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a\ntutela ai sensi del medesimo decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.\n42», nonche\u0027 «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni\nsottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della\ntipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino\na un massimo di 7 chilometri», in quanto assegnerebbe poteri alle\nRegioni in contrasto con la competenza statale in materia di\npaesaggio e beni culturali, che impone uniformi livelli di tutela in\ntutto il territorio nazionale (motivo II.3); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 20, comma 1, decreto\nlegislativo n. 100/2021: nell\u0027individuare, come aree in cui e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra, le aree agricole per le quali vige il divieto di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, il\ndecreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe contemplato la\npossibilita\u0027 di individuare aree «in cui e\u0027 vietata» la installazione\ndi impianti fotovoltaici a terra, sicche\u0027 il decreto ministeriale non\navrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato comma\n1-bis (motivo III.1)»; \n manifesta irragionevolezza - violazione della Direttiva\n2009/28/CE, della Direttiva 2001/77/CE e della Direttiva\n2018/2001/UE: la delega di cui all\u0027art. 1, comma 2, lett. d) del\ndecreto ministeriale impugnato sarebbe assolutamente irragionevole ed\nillegittima anche in ragione del fatto che, nel vietare la\ncollocazione di impianti FTV a terra in aree agricole, non precisa\nche da tale divieto sono sottratti tutti gli impianti agrivoltaici.\nInvero, sia gli FTV con moduli a terra che gli agrivoltaici hanno in\ncomune la collocazione sul suolo di moduli recanti pannelli\nfotovoltaici. Tuttavia, la giurisprudenza ne avrebbe evidenziato la\ndifferenza, in quanto nei primi la crescita della vegetazione puo\u0027\nostare con la produzione di energia e quindi e\u0027 oggetto di interventi\nvolti a controllarla o impedirla, mentre, nel caso dell\u0027agrivoltaico,\nl\u0027impianto (sia avanzato che base) sarebbe strutturato in modo da\nconsentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola ovvero il\npascolo degli animali, di talche\u0027 la superficie del terreno resta\npermeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque\npienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione\nagricola. La previsione in esame, non operando alcuna distinzione in\nmerito, introdurrebbe un divieto concreto, indiscriminato e\ngeneralizzato ad ogni tipo di impianto che usa tale tecnologia,\ninclusi gli agrivoltaici base o avanzati che siano (motivo III.2). \n 4. Per l\u0027ipotesi in cui non sia possibile un\u0027interpretazione\ncostituzionalmente orientata dell\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, la ricorrente ha prospettato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale della disposizione per i seguenti\nprofili: \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 77, comma secondo,\ndella Costituzione: dalla disamina del «Preambolo» al decreto-legge\nagricoltura si evincerebbe che l\u0027iniziativa governativa da cui ha\npreso le mosse l\u0027approvazione dell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato\ndecreto-legge, che ha introdotto la norma contestata, e\u0027 stata\nmotivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione\nagricola. Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in\nquanto nel territorio italiano la Superficie Agricola Totale (SAT) e\u0027\npari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie Agricola Utilizzata\n(SAU) e\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di ettari\ndi terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono stati\ninstallati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo\nil GSE, 9,2 GW sono impianti FTV a terra che utilizzano 16.400\nettari, che equivalgono solo allo 0,05% del territorio nazionale\noppure allo 0,13% della SAU. Installare gli 84 GW di cui al Piano\nelettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a 70.000 ettari -\nconsiderando l\u0027ipotesi piu\u0027 estensiva secondo cui l\u0027intero obiettivo\nfosse perseguito mediante l\u0027utilizzo della sola tecnologia che\nutilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e senza considerare\nla quota installabile su edifici - che equivalgono allo 0,2% del\nterritorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si tratterebbe di una\nporzione marginale di suoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni\ndi ettari di terreni agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari\ndi SAU. Sarebbero stati, pertanto, in origine carenti i requisiti di\nnecessita\u0027 e urgenza di cui all\u0027art. 77 della Costituzione che\navrebbero giustificato il ricorso allo strumento eccezionale della\ndecretazione d\u0027urgenza (motivo IV); \n violazione e falsa applicazione degli artt. 117, commi primo e\nterzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla\nDirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio\ndell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da\nfonti rinnovabili e all\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (attuazione della Direttiva 2001/77/CE): la norma\ncontestata, nel prevedere il divieto di installazione di nuovi\nimpianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare\nl\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in\ncontrasto con i vincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in\nparticolare, con l\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli\nimpianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva\n2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della\nquale e\u0027 stato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto\naltro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi\ngenerali dettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con le linee guida del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali\nle zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio. Per contro, una norma che\nintroduce un divieto generalizzato a realizzare una tipologia di\nimpianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da una\nprevia indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche\nqualita\u0027 del sito agricolo ovvero alle colture ivi condotte - si\nporrebbe in conflitto con i summenzionati principi fondamentali di\ncui all\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione ed all\u0027art. 12, comma\n7, del decreto legislativo n. 387/2003, attuativi di direttive\ndell\u0027Unione europea e che riflettono anche impegni internazionali\nvolti a favorire l\u0027energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo V); \n violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 della Costituzione\n- violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 15 della Direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili -\nviolazione del principio di proporzionalita\u0027 - violazione dell\u0027art.\n11 del TFUE-violazione dell\u0027art. 41 della Costituzione: la scelta di\nintrodurre un generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti\nFTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come\n«agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la\ndiffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli\nobiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti. Sul punto, l\u0027art. 15\ndella direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati membri prendono in\nparticolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme in\nmateria di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata\nsarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio \"proporzionato» della\npotesta\u0027 legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il principio di\nintegrazione delle tutele riconosciuto, sia a livello europeo (art.\n11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n.\n152 del 2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo\nsottintende) - in virtu\u0027 del quale le esigenze di tutela\ndell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in\nparticolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Se il\nprincipio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio alla stregua\ndel quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori\ncostituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo razionale, il\nprincipio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La\ntutela dell\u0027ambiente e del paesaggio (nello specifico dell\u0027ambiente e\ndel contesto agricolo) non potrebbero essere visti quali valori\ncontrapposti rispetto alla diffusione delle fonti rinnovabili, sia\nsotto il profilo della tutela dell\u0027ambiente che sotto quello della\ntutela dell\u0027iniziativa economica privata. Lo stesso art. 9 della\nCostituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere\nperseguita «anche nell\u0027interesse delle future generazioni». Al\ncontrario, la disposizione in esame muoverebbe dall\u0027assunto di un\naprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e la\nautorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte\nfinalita\u0027 non fossero tra loro contemperabili mediante la\nintroduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per\ncaso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che\nutilizzano la tecnologia fotovoltaica a terra (inclusi gli\nagrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo VI). \n 5. L\u0027Associazione Elettricita\u0027 futura e\u0027 intervenuta ad\nadiuvandum, argomentando a sostegno delle censure formulate dalla\nparte ricorrente avverso il decreto ministeriale. \n 6. Si e\u0027 costituita la Regione Sardegna, rilevando in primo luogo\nla carenza di un interesse concreto e attuale alla base della\ndoglianza circa la genericita\u0027 dei criteri di individuazione delle\naree, non essendovi certezza che l\u0027esercizio da parte delle regioni\ndella suddetta delega porra\u0027 effettivamente «nel nulla» gli impianti\nper i quali la Societa\u0027 ha gia\u0027 avviato l\u0027iter\nprogettuale/realizzativo. \n 7. I parametri declinati dall\u0027art. 7 del decreto, in ogni caso,\nnon sarebbero affatto generici, ma soprattutto sarebbero funzionali\nperseguimento del vero obiettivo sotteso al medesimo decreto e al\npresupposto decreto legislativo N. 199/2021, ossia l\u0027attuazione delle\ndirettive dell\u0027Unione Europea che impongono il raggiungimento da\nparte dell\u0027Italia di una determinata soglia di produzione di energia\nda fonti rinnovabili. Ciascuna regione, infatti, si deve attenere\nalla «traiettoria di conseguimento dell\u0027obiettivo di potenza\ncomplessiva da traguardare al 2030» (art. 2, comma 1, decreto\nministeriale) di cui alla Tabella A del decreto ministeriale cosi\u0027 da\ngarantire la primaria esigenza del rispetto degli obblighi\neurounionali. Assicurato tale obiettivo, sarebbe piu\u0027 che legittimo\nche le stesse regioni dispongano di ampia autonomia nella mappatura\ndelle aree idonee e non idonee, a tutela degli interessi pubblici\nafferenti, in particolare, alla tutela dell\u0027ambiente e del paesaggio,\nall\u0027utilizzo del territorio e all\u0027agricoltura. \n 8. Infondata sarebbe anche la censura con la quale si sostiene\nche il decreto non dovrebbe occuparsi delle aree non idonee, in\nquanto il decreto legislativo n. 199/2021 prevede che con decreto\nministeriale debbano essere «stabiliti principi e criteri omogenei\nper l\u0027individuazione delle superfici e delle aree idonee e non\nidonee». \n 9. Per cio\u0027 che attiene invece alla fonte con la quale le regioni\nopereranno tale «mappatura», il fatto che l\u0027individuazione con legge\ne\u0027 prevista esplicitamente solo per le aree idonee (art. 20, comma 4,\ndecreto legislativo n. 199/2021) non significherebbe necessariamente\nche con legge non possano essere identificate anche quelle non\nidonee. \n 10. In ordine invece all\u0027asserita violazione da parte del decreto\nministeriale del principio di massima diffusione degli impianti FER,\nil decreto definirebbe il percorso da seguire per il conseguimento\ndell\u0027obiettivo imposto dall\u0027Unione europea di produzione di energia\nda fonti rinnovabili. Risulterebbe, pertanto, correttamente\nbilanciata l\u0027ulteriore, ma non recessiva, esigenza di tutela dei beni\nculturali e paesaggistici come enucleata dal comma 3 dell\u0027art. 7 del\ndecreto ministeriale, che fissa i criteri concernenti la non\nidoneita\u0027 proprio delle aree di interesse culturale e paesaggistico;\ncio\u0027 in linea con la delega concessa dall\u0027art. 20, comma 3, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 (secondo il quale occorre tener conto\nanche delle esigenze di 6 tutela del patrimonio culturale e\npaesaggistico e delle aree agricole e forestali). \n 11. Con memoria depositata il 30 dicembre 2024 la ricorrente ha\nevidenziato come la legge della Regione Autonoma della Sardegna n.\n20/2024 integri la «plastica» dimostrazione del fatto che la\ndisciplina delineata dal decreto ministeriale, laddove detta regole\ngeneriche ovvero che deviano dal tenore della delega di cui al\ndecreto legislativo n. 199/2021. La Sardegna, infatti, avrebbe\nclassificato la quasi totalita\u0027 del proprio territorio come «area non\nidonea» all\u0027installazione di impianti FER, includendo in tale\nclassificazione anche le aree che risultavano essere idonee ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. Inoltre,\nla dedotta illegittimita\u0027 della mancanza di un regime transitorio\ndettato dal decreto ministeriale impugnato avrebbe consentito alla\nRegione Sardegna di prevedere che il divieto di realizzazione si\napplica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura\nautorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o\nstatale, e\u0027 in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della presente\nlegge, nonche\u0027 l\u0027inefficacia dei provvedimenti autorizzatori e di\ntutti i titoli abilitativi comunque denominati gia\u0027 emanati, aventi\nad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee. I disegni di\nlegge in discussione in altre Regioni andrebbero, peraltro, in\nanaloga direzione. \n 12. Con apposita produzione documentale in data 23 dicembre 2024\nla ricorrente ha specificamente dedotto in ordine all\u0027impatto che la\nlegge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024 produce sui\nprogetti indicati al punto 2 della presente ordinanza, evidenziando,\nin particolare, che le iniziative «Benetutti», «Carbonia-Iglesias» e\n«Prangili», risulterebbero situati in tutto o in parte in area non\nidonea. Ne conseguirebbe, nonostante le gia\u0027 avviate procedure\namministrative per la valutazione di impatto ambientale e\nl\u0027autorizzazione dei progetti, la preclusione al loro ulteriore\nsviluppo, in mancanza di criteri di salvezza delle iniziative gia\u0027 in\ncorso e tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta legge, «E\u0027\nvietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive\naree non idonee». \n 13. All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e\u0027 stata\ntrattenuta in decisione. \n 14. Il Collegio reputa necessario sospendere il presente giudizio\nonde suscitare il controllo incidentale di costituzionalita\u0027 sulle\nquestioni indicate nel prosieguo. \n 15. Preliminarmente, e\u0027 tuttavia opportuno chiarire i termini in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione di impianti FER. Tale\nesigenza, invero, risulta intrinsecamente correlata con il tenore\ndelle censure ricorsuali, in particolare quelle articolate con il\nsecondo motivo di ricorso, con le quali, come esposto in narrativa,\nla societa\u0027 ricorrente ha in sostanza contestato: \n l\u0027indebita contemplazione, nell\u0027ambito della disciplina posta\ndal decreto ministeriale, della materia delle aree non idonee; \n la configurazione delle aree non idonee quali aree\nincompatibili e, quindi, sostanzialmente preclusive rispetto\nall\u0027installazione di impianti FER; \n la genericita\u0027 dei criteri posti dal decreto ministeriale a\nfini di indirizzo della successiva attivita\u0027 regionale; \n l\u0027abnorme estensione del perimetro di possibile individuazione\ndelle aree non idonee; \n l\u0027individuazione delle aree non idonee con legge regionale, e\nnon piu\u0027 in sede procedimentale; \n la mancanza di una disciplina di salvaguardia per le iniziative\ngia\u0027 avviate. \n 16. Il presupposto comune alle censure e\u0027 che, avendo il gravato\ndecreto ministeriale qualificato le aree non idonee come aree\nincompatibili con l\u0027installazione di impianti FER, il concetto di\n«area non idonea» sarebbe stato completamente stravolto rispetto a\nquello operante nel regime previgente (i.e., a quello delle linee\nguida). In particolare, prima dell\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale la conseguenza correlata al carattere di non idoneita\u0027\ndi un\u0027area era circoscritta al fatto che il soggetto proponente non\npotesse accedere alla accelerazione procedimentale dell\u0027iter\nautorizzativo propedeutico alla realizzazione ed esercizio\ndell\u0027impianto FER - accelerazione che, viceversa, avrebbe operato nel\ncaso di localizzazione dell\u0027impianto in area idonea -. Per converso,\nnessuna preclusione, aprioristica e assoluta, alla realizzazione di\ntali impianti risultava discendere dalla loro localizzazione in aree\nnon idonee. Orbene, secondo la prospettazione della societa\u0027\nricorrente, siccome con l\u0027adozione del gravato decreto ministeriale\nle amministrazioni resistenti avrebbero introdotto una preclusione di\ntal guisa, lo stesso risulterebbe illegittimo. \n 17. Il Collegio ritiene che la tesi sostenuta dalla societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni di diritto di\nseguito esposte. \n 18. Come noto, l\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la razionalizzazione e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A tal fine, l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 ha inter alia\nprevisto che \"In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con il Ministro dell\u0027ambiente e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita\u0027\nculturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura di autorizzazione\nunica, n.d.r.]. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad\nassicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico\nriguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali\nlinee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e\nsiti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di\nimpianti». \n 19. Le linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse e\u0027 stato\nstabilito che: \n paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee\nguida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla\nindicazione di aree e siti non idonei alla installazione di\nspecifiche tipologie di impianti secondo le modalita\u0027 di cui al\npresente punto e sulla base dei criteri di cui all\u0027allegato 3.\nL\u0027individuazione della non idoneita\u0027 dell\u0027area e\u0027 operata dalle\nRegioni attraverso un\u0027apposita istruttoria avente ad oggetto la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano obiettivi di protezione non compatibili con\nl\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da richiamare nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie\ne/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita\u0027\nriscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle\ndisposizioni esaminate [...]. Le aree non idonee sono [...]\nindividuate dalle Regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui sono definite le misure e gli interventi necessari al\nraggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua\nle aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico\nobiettivo assegnatole»; \n allegato 3: «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei\nmira non gia\u0027 a rallentare la realizzazione degli impianti, bensi\u0027 ad\noffrire agli operatori un quadro certo e chiaro di riferimento e\norientamento per la localizzazione dei progetti. L\u0027individuazione\ndelle aree non idonee dovra\u0027 essere effettuata dalle Regioni con\npropri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di\npianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le\nmodalita\u0027 indicate al paragrafo 17», nonche\u0027 sulla base di principi e\ncriteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei quali, tra\nl\u0027altro: «a) l\u0027individuazione delle aree non idonee deve essere\nbasata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti\ndi tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse\nfonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; [...] d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nRegioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027Impatto Ambientale nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di\naccelerazione e semplificazione dell\u0027iter di autorizzazione alla\ncostruzione e all\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni\ndel territorio». \n 20. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma 10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, come risulta dai pacifici\norientamenti pretori formatisi in seno alla giurisprudenza della\nCorte costituzionale, le linee guida sono «poste a completamento\ndella normativa primaria «in settori squisitamente tecnici» (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018) e connotate dal carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina «uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del\n2018)» (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)» (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n 21. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha inteso superare il sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla\npromozione dell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a\nindividuare le aree «idonee» all\u0027installazione degli impianti, sulla\nscorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 «con legge» regionale, secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n 22. Sulla scorta di quanto chiarito ed affermato negli\norientamenti giurisprudenziali teste\u0027 richiamati, discende che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che ha interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic et\nsimpliciter essere trasposti, in maniera acritica e meccanica, i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione\nal pregresso assetto normativo e regolatorio. Infatti, laddove si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che e\u0027, poi, quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si finirebbe\nper obliterare indebitamente il vigente contesto normativo, avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito, l\u0027art.\n20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021 espressamente\ndispone che sia il MASE, di concerto con il MIC e il MASAF, a\nstabilire con decreto i principi e i criteri omogenei strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n 23. Invero, proprio sulla scorta delle scelte compiute dalle\namministrazioni resistenti con l\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale, e condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,\ncontrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027 ricorrente, nel\ncomplessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita\u0027, la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n 24. Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lett. b), del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non\nidonee» come «aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10\nsettembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n 25. A dispetto di quanto asserito dalla societa\u0027 ricorrente -\nsecondo la quale la definizione di area non idonea come area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto\nalla installazione di impianti FER - occorre ricordare che il\nparagrafo 17 delle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire\nprendendo in considerazione gli «obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti». \n 26. Emerge, quindi, come gia\u0027 nel contesto previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non idonee si\ncaratterizzassero per essere aree incompatibili con il\nsoddisfacimento degli obiettivi di protezione che l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale forma di incompatibilita\u0027, quale tratto\ncaratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita\u0027 di esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n 27. L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee» contenuta nell\u0027art. 1, comma 2,\nlett. b), del gravato decreto ministeriale non possiede un carattere\ninnovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad effectum, la\nportata del concetto di «area non idonea», per come declinato dal\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a quella scaturente\ndalle Linee guida. \n 28. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita anche il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lett. b), del gravato decreto\nministeriale declini la dichiarata incompatibilita\u0027 «secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle Linee\nguida». Ordunque, benche\u0027 l\u0027ordito normativo, con il previsto\naggiornamento delle Linee guida «A seguito dell\u0027entrata in vigore\ndella disciplina statale e regionale per l\u0027individuazione di\nsuperfici e aree idonee ai sensi dell\u0027art. 20», presenti indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto chiaro il ruolo\nche le medesime Linee Guida sono ad oggi chiamate a svolgere in\nsubiecta materia, e\u0027 preferibile ritenere che il richiamo alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle Linee Guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto al\nnuovo regime, delle acquisizioni, in termini di significato e\ndeclinazione delle aree non idonee, gia\u0027 raggiunte nel previgente\nassetto normativo in applicazione delle previsioni dettate dalle\nLinee guida. \n 29. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione conservativa di\ncui all\u0027art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche\nagli atti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5358 del 4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati) -. Infatti, mediante\nl\u0027impiego di tale legittimo criterio interpretativo, nel nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut res magis valeat quam\npereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro, ai principi di\neconomicita\u0027 ed efficacia dell\u0027attivita\u0027 amministrativa sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015) e di cui il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n 30. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le Regioni\nprovvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree non\nidonee - e non piu\u0027 nell\u0027ambito di un apposito procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee Guida - e\u0027 del pari vero\nche, in disparte gli eventuali profili di illegittimita\u0027 di tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere che a\ntale cambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n 31. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico di approvazione della classificazione delle aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da\nalcuna radicale trasfigurazione del significato che il concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime nell\u0027ambito della\npianificazione del territorio necessaria al raggiungimento degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n 32. Ad avviso del Collegio, l\u0027interpretazione sin qui proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza costituzionale che ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la «massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili» (sentenza n. 286 del 2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento di ridurre le emissioni di\ngas ad effetto serra\u0027 (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso senso,\nsentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del\n2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i cambiamenti\nclimatici (sentenza n. 77 del 2022)» (Corte costituzionale, sentenza\nn. 27/2023). \n 33. Va, quindi, radicalmente escluso che le «aree non idonee»\npossano essere considerate aree del tutto interdette alla\ninstallazione di impianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe\nessere seriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi\nenergetici strumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia\na livello sovranazionale - tenuto anche conto della particolare\nampiezza dei margini di manovra consentiti alle Regioni dal decreto\nministeriale impugnato. \n 34. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lett. b),\ndel gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il\nCollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la realizzazione di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come l\u0027individuazione con\nlegge regionale delle aree non idonee non esclude che le\namministrazioni, nell\u0027ambito degli specifici procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla\nrealizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni\nculturali, anche laddove l\u0027area interessata rientri tra quelle\nclassificate come non idonee. \n 35. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione del\nconcetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal decreto\nministeriale, e\u0027 palesemente smentita dal tenore dispositivo della\nlegge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024. \n 36. La predetta legge prevede, infatti, che: \n «E\u0027 vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle\nrispettive aree non idonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A,\nB, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica\nanche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa\ne di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e\u0027 in\ncorso al momento dell\u0027entrata in vigore della presente legge. Non\npuo\u0027 essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur\npresentate prima dell\u0027entrata in vigore della presente legge,\nrisultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione. I\nprovvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque\ndenominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti\nnelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5); \n «Qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso\nsia nelle aree definite idonee, di cui all\u0027allegato F, sia nelle aree\ndefinite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il\ncriterio di non idoneita\u0027. Nei casi di cui al precedente periodo,\nlimitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di accumulo,\nqualora i relativi progetti di realizzazione prevedano\nl\u0027installazione presso aree rientranti nelle zone urbanistiche\nomogenee D e G, di cui al decreto dell\u0027Assessore regionale degli enti\nlocali, finanze e urbanistica, 20 dicembre 1983, n. 2266/U\n(Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di\nnuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei\ncomuni della Sardegna), non si applicano le fasce di tutela di cui\nalle lettere s), x), w) e bb) dell\u0027allegato A qualora l\u0027area oggetto\ndel rispettivo intervento sia infrastrutturata e urbanizzata in\nmisura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente ai casi di\ncui al precedente periodo, qualora l\u0027area non sia infrastrutturata e\nurbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce di tutela\ndi cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per cento. Qualora\nun progetto di impianto FER, ivi inclusi gli accumuli ad essi\nconnessi, sia finalizzato all\u0027autoconsumo o al servizio di una\ncomunita\u0027 energetica e ricade in una delle condizioni di cui ai\nprecedenti periodi, prevale il criterio di idoneita\u0027» (art. 1, comma\n7); \n «Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di\ntransizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di\ncontenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita\u0027\nstorico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni\nagricole, i comuni hanno facolta\u0027 di proporre un\u0027istanza propedeutica\nalla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di\nun\u0027area individuata come non idonea ai sensi della presente legge.\nL\u0027istanza e\u0027 finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la\nRegione. Qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente\nin un\u0027area mineraria dismessa di proprieta\u0027 regionale o di enti\ninteramente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima e\u0027 trasferita\nin proprieta\u0027 ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della\nlegge regionale 5 dicembre 1995, n. 35 (Alienazione dei beni\npatrimoniali)» (art. 3). \n 37. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che: \n le aree non idonee costituiscono vere e proprie aree vietate\nalla realizzazione degli impianti FER. Oltre che dal chiaro tenore\nletterale dell\u0027art. 1, comma 5, cio\u0027 si desume anche dalla\nprevisione, all\u0027art. 3, di una speciale procedura da attivarsi su\nchiesta dei comuni per la realizzazione di interventi in aree non\nidonee, peraltro particolarmente rigoroso nella misura in cui\nrichiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti i soggetti\ninteressati; \n la disciplina non soltanto non prevede una clausola di\nsalvaguardia per le iniziative in corso, ma addirittura sancisce\nl\u0027inefficacia dei provvedimenti autorizzatori e dei titoli\nabilitativi gia\u0027 emanati in caso di impianti ricadenti in aree non\nidonee in base alla legge. D\u0027altra parte, cio\u0027 costituisce l\u0027ovvio\nrisvolto di quanto previsto dall\u0027art. 1, comma 2, laddove si\nstabilisce che «La presente legge di governo del territorio,\nurbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico, si applica a\ntutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi», onde e\u0027 chiaro che l\u0027unico\nlimite all\u0027operativita\u0027 delle nuove previsioni e\u0027 l\u0027intervenuta\nmodifica irreversibile dello stato dei luoghi, come anche chiarito\ndal successivo comma 5; \n la legge prevede, altresi\u0027, un principio di assoluta prevalenza\ndel criterio della non idoneita\u0027 su quello dell\u0027idoneita\u0027 in caso di\nprogetti in zone promiscue, salve le limitate deroghe previste\ndall\u0027art. 1, comma 7. \n 38. La suindicata disciplina solleva consistenti dubbi di\ncompatibilita\u0027 con i canoni costituzionali, con particolare\nriferimento agli artt. 3, 9, 11, 41, 97, 117 della Costituzione,\nnonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli artt.\n3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n 39. Occorre aggiungere che la ricorrente ha anche addotto di\navere in corso di sviluppo un progetto agrivoltaico non avanzato per\nil quale non sono state ancora avviate le pratiche autorizzatorie e\nabilitative e che risulta, pertanto, inciso dalle previsioni\ndell\u0027art. 5 del decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. \n 40. Tale norma ha introdotto il comma 1-bis all\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, il quale stabilisce che\n«L\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti,\ne\u0027 consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a),\nlimitatamente agli interventi per modifica, rifacimento,\npotenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia\u0027\ninstallati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate,\nnonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8\ndel presente art.. Il primo periodo non si applica nel caso di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027 energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del presente decreto nonche\u0027 in\ncaso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del\nPiano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n 41. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale,\nnecessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n 42. Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1, comma 2, che le\nRegioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199». \n 43. Tale previsione costituisce senz\u0027altro strumento di\nattuazione, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, della norma\nprimaria. Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree\nagricole in cui e\u0027 consentita l\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra facendo riferimento alla\nclassificazione delle aree idonee come prevista dal comma 8 del\nmedesimo art. 20 nelle more dell\u0027adozione della disciplina di cui al\ncomma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce che il\ndivieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore\ndel decreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche\nquelle in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra. \n 44. Il decreto impugnato costituisce anche l\u0027unico atto\namministrativo che interviene nel processo di implementazione del\ndivieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n 45. La ricorrente ha contestato che la disciplina rimessa alla\ndeterminazione ministeriale concernente l\u0027adozione di principi e\ncriteri omogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree\nidonee e non idonee consentisse anche l\u0027individuazione di aree «in\ncui e\u0027 vietata» la installazione di impianti fotovoltaici a terra. \n 46. Tuttavia, occorre ritenere che per effetto della\nsopravvenienza normativa costituita dal disposto dell\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024, il decreto di cui al comma 1 dell\u0027art.\n20 del decreto legislativo n. 199/2021 non avrebbe potuto che\nprendere atto dei divieti cosi\u0027 introdotti e ribadire, anche nel\ncontesto della disciplina da esso posta, le relative preclusioni. Nel\nmomento in cui il legislatore ha inteso vietare ulteriori interventi\nconcernenti impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra nelle\naree classificate agricole, tale rinnovata valutazione si e\u0027\ninevitabilmente sovrapposta alle previgenti direttive normative in\nmateria di individuazione delle aree idonee, sicche\u0027 ai fini della\nrelativa implementazione non era necessaria alcuna espressa e\nspecifica delega, potendone l\u0027Autorita\u0027 amministrativa soltanto\nprendere atto. \n 47. Con una seconda censura la ricorrente contesta l\u0027art. 1,\ncomma 2, lett. d), del decreto nella parte in cui non precisa che da\ntale divieto sono sottratti tutti gli impianti agrivoltaici.\nTuttavia, l\u0027ambito di applicazione del divieto posto dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024 e\u0027 definito direttamente dalla norma\nprimaria e la relativa individuazione appartiene all\u0027attivita\u0027 di\ninterpretazione degli enunciati normativi: la mancata, ulteriore\nspecificazione del medesimo da parte di un atto applicativo non\nintegra, pertanto, sotto alcun profilo un vizio di legittimita\u0027 di\nquest\u0027ultimo. \n 48. Per l\u0027ipotesi in cui non sia possibile procedere a\nun\u0027interpretazione conforme a Costituzione, la ricorrente ha\nsollevato talune eccezioni di costituzionalita\u0027 della disciplina. Il\nCollegio ritiene, al riguardo, che un\u0027interpretazione della norma\nsatisfattiva dell\u0027interesse di parte ricorrente non sia possibile. \n 49. L\u0027ambito del regime preclusivo introdotto dalla norma va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle parole secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. c.c.). \n 50. L\u0027oggetto della previsione normativa riguarda specificamente\nl\u0027installazione degli impianti fotovoltaici «con moduli collocati a\nterra [...] in zone classificate agricole» e si colloca in funzione\nservente rispetto alla dichiarata «straordinaria necessita\u0027 e urgenza\ndi contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione\nagricola». \n 51. Dalle richiamate coordinate normative si ricava, pertanto,\nche l\u0027oggetto del divieto riguarda gli impianti fotovoltaici\ncaratterizzati da una ben determinata caratteristica - i.e.\nl\u0027installazione dei moduli a terra - in quanto ritenuta dal\nlegislatore incompatibile con l\u0027utilizzo del suolo per l\u0027agricoltura\ne, quindi, con la finalita\u0027 di contrastare il fenomeno del consumo\ndel suolo a vocazione agricola. \n 52. Le Linee guida MITE del 2022 in materia di impianti\nagrivoltaici individuano come segue i requisiti che tali impianti\ndebbono possedere per rispondere alla finalita\u0027 per cui sono\nrealizzati: \n «Requisito A: Il sistema e\u0027 progettato e realizzato in modo da\nadottare una configurazione spaziale ed opportune scelte\ntecnologiche, tali da consentire l\u0027integrazione fra attivita\u0027\nagricola e produzione elettrica e valorizzare il potenziale\nproduttivo di entrambi i sottosistemi; \n Requisito B: Il sistema agrivoltaico e\u0027 esercito, nel corso\ndella vita tecnica, in maniera da garantire la produzione sinergica\ndi energia elettrica e prodotti agricoli e non compromettere la\ncontinuita\u0027 dell\u0027attivita\u0027 agricola e pastorale; \n Requisito C: L\u0027impianto agrivoltaico adotta soluzioni integrate\ninnovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare le\nprestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che\nagricoli; \n Requisito D: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema di\nmonitoraggio che consenta di verificare l\u0027impatto sulle colture, il\nrisparmio idrico, la produttivita\u0027 agricola per le diverse tipologie\ndi colture e la continuita\u0027 delle attivita\u0027 delle aziende agricole\ninteressate; \n Requisito E: Il sistema agrivoltaico e\u0027 dotato di un sistema di\nmonitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D, consenta di\nverificare il recupero della fertilita\u0027 del suolo, il microclima, la\nresilienza ai cambiamenti climatici». \n 53. Le medesime linee guida chiariscono, poi, che «Il rispetto\ndei requisiti A, B e\u0027 necessario per definire un impianto\nfotovoltaico realizzato in area agricola come «agrivoltaico». Per\ntali impianti dovrebbe inoltre previsto il rispetto del requisito\nD.2», mentre il rispetto «dei requisiti A, B, C e D e\u0027 necessario per\nsoddisfare la definizione di «impianto agrivoltaico avanzato» e, in\nconformita\u0027 a quanto stabilito dall\u0027art. 65, comma 1-quater e\n1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, classificare\nl\u0027impianto come meritevole dell\u0027accesso agli incentivi statali a\nvalere sulle tariffe elettriche». \n 54. Dalla classificazione tipologica degli impianti agrivoltaici\ncontenuta nelle linee guida risulta, pertanto, che soltanto per gli\nimpianti agrivoltaici di tipo avanzato e\u0027 senz\u0027altro soddisfatto il\nrequisito C, consistente nell\u0027utilizzo di moduli elevati da terra. Il\nsuddetto utilizzo, secondo le linee guida, puo\u0027 assumere una delle\ndue seguenti configurazioni: \n «l\u0027altezza minima dei moduli e\u0027 studiata in modo da consentire\nla continuita\u0027 delle attivita\u0027 agricole (o zootecniche) anche sotto\nai moduli fotovoltaici. Si configura una condizione nella quale\nesiste un doppio uso del suolo, ed una integrazione massima tra\nl\u0027impianto agrivoltaico e la coltura, e cioe\u0027 i moduli fotovoltaici\nsvolgono una funzione sinergica alla coltura, che si puo\u0027 esplicare\nnella prestazione di protezione della coltura (da eccessivo\nsoleggiamento, grandine, etc.) compiuta dai moduli fotovoltaici. In\nquesta condizione la superficie occupata dalle colture e quella del\nsistema agrivoltaico coincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi\ndell\u0027impianto che poggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in\nzone circoscritte del suolo»; \n «i moduli fotovoltaici sono disposti in posizione verticale\n[...]. L\u0027altezza minima dei moduli da terra non incide\nsignificativamente sulle possibilita\u0027 di coltivazione (se non per\nl\u0027ombreggiamento in determinate ore del giorno), ma puo\u0027 influenzare\nil grado di connessione dell\u0027area, e cioe\u0027 il possibile passaggio\ndegli animali, con implicazioni sull\u0027uso dell\u0027area per attivita\u0027\nlegate alla zootecnia. Per contro, l\u0027integrazione tra l\u0027impianto\nagrivoltaico e la coltura si puo\u0027 esplicare nella protezione della\ncoltura compiuta dai moduli fotovoltaici che operano come barriere\nfrangivento». \n 55. In considerazione del tenore letterale e della finalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, e\u0027 possibile ritenere che\nil divieto ivi previsto non si applichi agli impianti agrivoltaici di\ntipo avanzato, in quanto in relazione ai suddetti impianti, non\nrealizzandosi l\u0027installazione di moduli collocati a terra, non si\nverifica la sottrazione di suolo agricolo nei termini che la norma\nintende contrastare. \n 56. Tale conclusione e\u0027 peraltro confermata dallo stesso\norientamento assunto in sede ministeriale nell\u0027interpretazione della\nnorma censurata (si veda la risposta del Ministro dell\u0027agricoltura,\ndella sovranita\u0027 alimentare e delle foreste all\u0027interrogazione\nparlamentare n. 3-01225, laddove e\u0027 stato precisato che «Sara\u0027 [...]\npossibile installare pannelli sospesi, il cosiddetto agrivoltaico\navanzato, sotto il quale si puo\u0027 coltivare e portare a termine tutti\ni progetti legati al PNRR» - cfr. il resoconto della seduta n. 297\ndel 22 maggio 2024 presso la Camera dei Deputati), oltre che dalle\nattivita\u0027 in corso di implementazione delle misure introdotte dal\ndecreto impugnato (cfr. il disegno di legge della Regione Puglia n.\n222/2024, depositato agli atti, che all\u0027art. 8, comma 4, stabilisce\nche «nel caso di utilizzo della tecnologia fotovoltaica, nelle zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici possono essere realizzati\nesclusivamente impianti agrivoltaici di natura sperimentale»). \n 57. Se puo\u0027 residuare un margine di incertezza in ordine agli\nimpianti che, in quanto rispondenti ai requisiti di cui alle lettere\na), b) e c) delle linee guida, ma non a tutti quelli richiesti dalla\nlett. d), non sono qualificabili come impianti agrivoltaici avanzati,\nsebbene utilizzino moduli sollevati da terra, cio\u0027 che rileva in\nquesta sede e\u0027 che parte la ricorrente ha allegato, in ordine a uno\ndei progetti cui ha fatto riferimento per corroborare il proprio\ninteresse all\u0027impugnativa (progetto «Monreale»), che da un lato esso\nsoddisfa i solo requisiti di cui alle lettere A), B) e D.2 delle\nlinee guida e, dall\u0027altro, non rientra nella norma di salvaguardia\nprevista dall\u0027art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 63/2024, in\nquanto per detto impianto non sono state avviate le procedure\namministrative di autorizzazione e abilitazione. \n 58. Tipologie di impianti come quelle di cui ai richiamati\nprogetti rientrano senz\u0027altro nel divieto previsto dalla norma. In\nprimo luogo, infatti, essi si caratterizzano per l\u0027installazione dei\nmoduli a terra; in secondo luogo, essi in ogni caso determinano il\nconsumo di suolo a vocazione agricola, sia pure in misura piu\u0027\nlimitata rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici. Soltanto nel\ncaso degli impianti con moduli sollevati da terra, infatti, «la\nsuperficie occupata dalle colture e quella del sistema agrivoltaico\ncoincidono, fatti salvi gli elementi costruttivi dell\u0027impianto che\npoggiano a terra e che inibiscono l\u0027attivita\u0027 in zone circoscritte\ndel suolo» (cfr. le linee guida, pag. 24). \n 59. Un\u0027interpretazione diversa, quale quella volta a escludere\nqualsivoglia tipologia di impianto agrivoltaico dall\u0027applicazione del\ndivieto, sfiderebbe, oltre al dato letterale della norma, anche le\nsue finalita\u0027 e si porrebbe in inammissibile contrasto con i\ntradizionali e inderogabili criteri di ermeneutica giuridica. \n 60. Al riguardo, non si puo\u0027 fare a meno di osservare che: \n «la lettera della norma costituisce il limite cui deve\narrestarsi anche l\u0027interpretazione costituzionalmente orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente di costituzionalita\u0027\nogni qual volta l\u0027opzione ermeneutica supposta conforme a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di specie,\nnon c\u0027e\u0027 dubbio che gli impianti agrivoltaici di tipo tradizionale,\nin quanto si risolvano nell\u0027installazione di pannelli collocati a\nterra, rientrino nella previsione che vieta, per l\u0027appunto,\nl\u0027installazione di impianti «con moduli collocati a terra»;\n-l\u0027ampiezza del divieto introdotto con l\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024, che si risolve nella preclusione assoluta di realizzare\nimpianti con moduli collocati a terra sull\u0027intero territorio\nnazionale, induce a ritenere che l\u0027obiettivo perseguito dal\nlegislatore fosse quello di contrastare la sia pur minima riduzione\ndel territorio a vocazione agricola per l\u0027effetto dell\u0027installazione\ndi impianti fotovoltaici. Un\u0027interpretazione che escludesse tutte le\ntipologie di impianti agrivoltaici dall\u0027ambito di applicazione della\nnorma in questione, anche a dispetto di un (pur ridotto) consumo di\nsuolo agricolo, si porrebbe in frontale contrasto con tale obiettivo,\nquale chiaramente emergente dai presupposti e dall\u0027oggetto\ndell\u0027enunciato normativo, operazione che non puo\u0027 in alcun modo\nritenersi consentita all\u0027interprete. \n 61. Per le ragioni sopra indicate neppure e\u0027 possibile\ninterpretare l\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 nel senso\nche il divieto opererebbe soltanto all\u0027esito di specifica istruttoria\nnel rispetto delle linee guida. Una siffatta interpretazione,\ninfatti, si risolverebbe in un\u0027interpretatio abrogans della norma e,\nin ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita\u0027\nperseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l\u0027utilizzo delle\naree agricole per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra esclusivamente nei limiti di cui al citato art. 5: l\u0027avverbio\n«esclusivamente» non lascia spazio a dubbi circa la portata assoluta\ndel divieto che caratterizza che i progetti e le aree agricole non\ncontemplati quali eccezioni dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021. Occorre allora procedere all\u0027esame dei\nprofili di rilevanza e non manifesta infondatezza dei sopra citati\nprofili di incostituzionalita\u0027 della legge della Regione Autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024 e dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n Sulla rilevanza delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale\ndegli artt. 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli allegati A, B,\nC, D ed E della legge della Regione Autonoma della Sardegna n.\n20/2024 con riferimento agli artt. 3, 9, 41, 11, 97, 117 della\nCostituzione, nonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n 62. Come gia\u0027 rilevato, per taluni dei progetti sulla base dei\nquali la parte ricorrente ha argomentato il proprio interesse alla\npresente impugnativa ve ne sono alcuni («Benetutti»,\n«Carbonia-Iglesias» e «Prangili») che risultano situati in tutto o in\nparte in area non idonea in base alla nuova disciplina regionale e\nper i quali sono state gia\u0027 avviate le pratiche per la valutazione\nd\u0027impatto ambientale. Sulla base del combinato disposto dell\u0027art. 1,\ncommi 2, 5 e 7, i predetti progetti non potrebbero essere\nulteriormente coltivati, in quanto la finanche parziale collocazione\nin area non idonea determinata, ai sensi del citato comma 7,\nl\u0027applicazione del comma 5, secondo cui «E\u0027 vietata la realizzazione\ndegli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee». \n 63. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista dall\u0027art.\n7, comma 2, lett. c), del decreto impugnato, laddove si limita a\nconsentire alle regioni la mera «possibilita\u0027 di fare salve le aree\nidonee di cui all\u0027art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre\n2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente\ndecreto», rivela tutta la sua insufficienza, nonche\u0027 il contrasto\nfrontale con il criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1, lett.\na), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai sensi della quale la\ndisciplina di cui al decreto ministeriale avrebbe dovuto «prevede\nmisure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso che\nrisultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti\npreesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita\u0027 di fare\nsalve le aree idonee si e\u0027 tradotta, nelle disposizioni regionali di\nattuazione, nell\u0027assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia e\naddirittura nell\u0027inefficacia ex lege dei titoli gia\u0027 concessi, la\nviolazione del criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1, lett.\na), n. 1), della legge n. 53/2021 ha assunto una portata\nimmediatamente lesiva, trattandosi di previsione di un «un atto\ngenerale [che] incide senz\u0027altro [...] sui comportamenti e sulle\nscelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17.3.2022, n. 1937). \n 64. L\u0027eventuale annullamento del decreto sul punto sarebbe\nperaltro, allo stato e in presenza delle disposizioni recate dalla\nlegge regionale n. 20/2024, priva di ogni utilita\u0027 per la parte\nricorrente. Essa, infatti, non potrebbe comunque ulteriormente\ncoltivare i progetti sopra citati, in quanto la disciplina\nlegislativa regionale costituirebbe a tal riguardo un ostacolo\nassoluto. \n 65. Laddove, invece, le disposizioni menzionate fossero\ndichiarate costituzionalmente illegittime, l\u0027annullamento del decreto\ndeterminerebbe, medio tempore, l\u0027applicazione della disciplina\nprevigente, che consentirebbe la prosecuzione dell\u0027iter\nautorizzatorio e, sul piano conformativo, l\u0027obbligo per le autorita\u0027\nministeriali di predisporre una nuova e piu\u0027 confacente disciplina di\nsalvaguardia per le iniziative in corso. \n 66. Deriva da quanto sopra l\u0027indiscutibile rilevanza, ai fini del\npresente giudizio, delle questioni di costituzionalita\u0027 di seguito\nsollevate. \n Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale degli artt. 1, c. 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli\nallegati A, B, C, D ed E della legge della Regione Autonoma della\nSardegna n. 20/2024 con riferimento agli artt. 3, 9, 11, 41, 97, 117\ndella Costituzione, nonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n 67. La disciplina statutaria assegna alla Regione autonoma\nSardegna la competenza primaria in materia di «edilizia e\nurbanistica» (art. 3, lettera f), nonche\u0027 la correlata «competenza\npaesaggistica» ai sensi dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 480 del 1975. L\u0027art. 4, lettera e), prevede la\ncompetenza concorrente nella materia «produzione, trasporto e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia elettrica», da esercitarsi nel\nlimite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. \n 68. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge di governo\ndel territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»\n(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha ad oggetto\nprecipuo «l\u0027individuazione di aree e superfici idonee e non idonee\nall\u0027installazione e promozione di impianti a fonti di energia\nrinnovabile (FER)», e\u0027 da ritenersi che afferisca prevalentemente\nalla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione\ndell\u0027energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). \n 69. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse\n- quella primaria di tutela del paesaggio e di edilizia ed\nurbanistica e quella concorrente in materia di energia elettrica -\ndevono comunque esercitarsi «In armonia con la Costituzione e i\nprincipi dell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto\ndegli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche\u0027\ndelle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della\nRepubblica», oltreche\u0027, per quanto riguarda la competenza\nconcorrente, nel limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello\nStato», ai sensi dei medesimi artt. 3 e 4 dello Statuto. \n 70. Nel caso in esame, le disposizioni di cui alla legge\nregionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge\nstatale e dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale che\nsi impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per l\u0027espressa\nprevisione statutaria. \n 71. Occorre al riguardo previamente richiamare il quadro\nnormativo unionale. \n 72. L\u0027art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il\nresto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini» A tal\nfine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n 73. L\u0027art. 6, par. 1, TUE precisa che «L\u0027Unione riconosce i\ndiritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12\ndicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei\ntrattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato di\ntutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della sua qualita\u0027 devono\nessere integrati nelle politiche dell\u0027Unione e garantiti\nconformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n 74. L\u0027art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che «Le\nesigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate\nnella definizione e nell\u0027attuazione delle politiche e azioni\ndell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). \n 75. Secondo l\u0027art. 191 TFUE, «La politica dell\u0027Unione in\nmateria ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n protezione della salute umana; \n utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n promozione sul piano internazionale di misure destinate a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n 2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale mira a un\nelevato livello di tutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle\nsituazioni nelle varie regioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione preventiva, sul principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n 76. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo\ne il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa\nordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e\ndel Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono\nessere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art.\n191». \n 77. L\u0027art. 194 TFUE stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo\nconto dell\u0027esigenza di preservare e migliorare l\u0027ambiente, la\npolitica dell\u0027Unione nel settore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra Stati membri, a [...] promuovere il\nrisparmio energetico, l\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di\nenergie nuove e rinnovabili». \n 78. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l\u0027uso di\nfonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita\u0027 e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea e i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al Protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli altri impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto serra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze\n1.7.2014, C573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n 79. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l\u0027art. 191\nTFUE si limita a definire gli obiettivi generali dell\u0027Unione in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 TFUE affida al Parlamento\neuropeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il compito di decidere le\nazioni da avviare al fine del raggiungimento di detti obiettivi. Di\nconseguenza, l\u0027art. 191 TFUE non puo\u0027 essere invocato in quanto tale\ndai privati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in\nbase all\u0027art. 192 TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 TFUE assume rilevanza\nallorquando esso trovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE,\nsentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). \n 80. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 TCE (ora\n192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la Direttiva 2001/77/CE del\nParlamento europeo e del Consiglio del 27.9.2001 e, successivamente,\ncon la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio\ndel 23 aprile 2009. \n 81. Con la Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella Direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027 stato considerato, tra l\u0027altro,\nche: «[...] \n (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027 perseguito dalla\npresente direttiva. Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti\nrinnovabili o all\u0027energia rinnovabile costituisce una parte\nimportante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le\nemissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni\ndell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza delle parti\ndella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti\nclimatici («accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche\ndell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo per\nla promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa\nobiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata sostenuta\ndal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le\nquali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri\nobiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i contributi\nall\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati e andare\noltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014,\n«Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte\n2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell\u0027ambito delle\nenergie rinnovabili», si e\u0027 spinto oltre la proposta della\nCommissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando che, alla\nluce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle\ntecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto piu\u0027 ambiziosi. \n [...]. \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili\npari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe valutare se tale\nobiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce di sostanziali\nriduzioni del costo della produzione di energia rinnovabile, degli\nimpegni internazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o\nin caso di un significativo calo del consumo energetico nell\u0027Unione.\nGli Stati membri dovrebbero stabilire il loro contributo al\nconseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei rispettivi piani\nnazionali integrati per l\u0027energia e il clima in applicazione del\nprocesso di governance definito nel regolamento (UE) 2018/1999 del\nParlamento europeo e del Consiglio. \n [...]. \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In\nnessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n 82. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il\n2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il\nrialzo e\u0027 giustificato da un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base\ndella valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli artt. 9 e 31 di tale regolamento». \n 83. Il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30.6.2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 TFUE, ha\nistituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027 climatica,\nnel presupposto che: \"(1) La minaccia esistenziale posta dai\ncambiamenti climatici richiede una maggiore ambizione e\nun\u0027intensificazione dell\u0027azione per il clima da parte dell\u0027Unione e\ndegli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027 impegnata a potenziare gli sforzi\nper far fronte ai cambiamenti climatici e a dare attuazione\nall\u0027accordo di Parigi adottato nell\u0027ambito della Convenzione quadro\ndelle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di Parigi»),\nguidata dai suoi principi e sulla base delle migliori conoscenze\nscientifiche disponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine\nrelativo alla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n [...]. \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n [...]. \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri mira a\ntutelare le persone e il pianeta, il benessere, la prosperita\u0027,\nl\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari, l\u0027integrita\u0027 degli\necosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia dei cambiamenti\nclimatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo\nsviluppo sostenibile e nel perseguimento degli obiettivi dell\u0027accordo\ndi Parigi; mira inoltre a massimizzare la prosperita\u0027 entro i limiti\ndel pianeta, incrementare la resilienza e ridurre la vulnerabilita\u0027\ndella societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In quest\u0027ottica, le azioni\ndell\u0027Unione e degli Stati membri dovrebbero essere guidate dal\nprincipio di precauzione e dal principio «chi inquina paga»,\nistituiti dal trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea, e\ndovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza energetica\nal primo posto e del principio del «non nuocere» del Green Deal\neuropeo. \n [...]. \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di energia\nper il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027 indispensabile\nrealizzare la transizione verso un sistema energetico sicuro,\nsostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione delle\nenergie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. \n [...]. \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050, un\nequilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...]. \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n [...] \n 36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri restino\nsulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027 opportuno che\nla Commissione valuti periodicamente i progressi compiuti, sulla base\ndelle informazioni di cui al presente regolamento, comprese le\ninformazioni presentate e comunicate a norma del regolamento (UE)\n2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi collettivi compiuti\ndagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica\no all\u0027adattamento siano insufficienti o che le misure dell\u0027Unione\nsiano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica o\ninadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento, rafforzare la\nresilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la Commissione dovrebbe\nadottare le misure necessarie conformemente ai trattati. [...] \n 84. Il Regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo di Parigi»,\nprecisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030 consiste in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n 85. Ai sensi dell\u0027art. 5 del Regolamento, «Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano\nstrategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli\nindicatori, e basandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze\nscientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di\nadattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027 della sicurezza alimentare, e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti a presentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n 86. La Direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la Direttiva (UE) 2018/2001, il\nRegolamento (UE) 2018/1999 e la Direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: «[...] \n (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni di gas a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita\u0027, e a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso\nun pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione dell\u0027UE: Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo». La transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle energie da fonti rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi\u0027 a\nproteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione dell\u0027Ucraina\nda parte della Russia e dagli effetti della pandemia di COVID-19 ha\nprovocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia nell\u0027intera Unione,\nevidenziando in tal modo la necessita\u0027 di accelerare l\u0027efficienza\nenergetica e accrescere l\u0027uso delle energie da fonti rinnovabili\nnell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a lungo termine di un\nsistema energetico indipendente dai paesi terzi, l\u0027Unione dovrebbe\nconcentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione verde e sulla\ngaranzia di una politica energetica di riduzione delle emissioni che\nlimiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e che\nfavorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e le imprese\ndell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli Stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45 % di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri possano combinare\ndiverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n [...] \n (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli artt. 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n [...]. \n (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme di\ntali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di energia\nrinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque interne e\nmarine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. \n [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n 87. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la\nDirettiva ha introdotto, tra l\u0027altro, disposizioni in materia di\nmappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure amministrative per il rilascio delle relative\nautorizzazioni. \n 88. Il Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli artt. 192\ne 194 TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una\ngovernance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il clima\naffidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,\ntrasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell\u0027Unione\ndell\u0027energia, in linea con l\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,\nattraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, limitando la complessita\u0027\namministrativa. \n 89. Nel configurare tale meccanismo e\u0027 stato considerato, in\nparticolare, che: \n (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...]. \n [...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il 40 %\ndelle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico entro il\n2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente approvato in\noccasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015, quale contributo\nprevisto determinato a livello nazionale, dell\u0027Unione e dei suoi\nStati membri all\u0027accordo di Parigi. L\u0027accordo di Parigi e\u0027 stato\nratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027 entrato in vigore\nil 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio adottato nell\u0027ambito del\nprotocollo di Kyoto del 1997, che e\u0027 stato approvato dall\u0027Unione\nmediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e che non sara\u0027\nprorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare di conseguenza il\nsistema dell\u0027Unione per il monitoraggio e la comunicazione delle\nemissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. \n (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C\nrispetto ai livelli preindustriali. [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il Consiglio\neuropeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di governance\naffidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi superflui e\ncon una sufficiente flessibilita\u0027 per gli Stati membri per\ncontribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n [...] \n (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per l\u0027energia e\nil clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente per il\nraggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia e,\nnel primo periodo, in particolare per il raggiungimento degli\nobiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile e di efficienza\nenergetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a livello\nunionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di tali\nobiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli Stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di\nrinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero\nessere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza\nenergetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n 90. Il meccanismo di governance si e\u0027 tradotto, tra l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come aggiornate con la Direttiva (UE)\n2023/2413): \n «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]» (art. 3): \n «Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \n a) dimensione «decarbonizzazione»: \n [...] \n 2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \n al fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la\nquota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno\nil contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di\nriferimento dell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» \n (art. 4); \n «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \n a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n b) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n c) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di\nUnione; \n d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001. \n e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \n ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL\npro capite; \n iii) il potenziale per una diffusione delle energie\nrinnovabili efficace sul piano dei costi; \n iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi\nquelli delle zone e regioni non interconnesse; \n v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati\nmembri; \n vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi. \n [...] \n 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma dei\nrispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5). \n «Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027art. 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all\u0027art. 23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo 1, della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n 91. La legge 22 aprile 2021, n. 53, ha dettato «Principi e\ncriteri direttivi per l\u0027attuazione della direttiva (UE) 2018/2001,\nsulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili», demando\nal Governo, tra l\u0027altro: \n la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata, su\nproposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il\nMinistero dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare e\ncon il Ministero per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati\nnel Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima (PNIEC), di\nuna disciplina per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree\nidonee e non idonee per l\u0027installazione di impianti a fonti\nrinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, nonche\u0027 delle specifiche\ncompetenze dei Ministeri per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando\nl\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni\nindustriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi,\ncompatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita\u0027 delle\nrisorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda\nelettrica, nonche\u0027 tenendo in considerazione la dislocazione della\ndomanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo\ndella rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: \n 1) definizione dei criteri per l\u0027individuazione di aree idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza\ncomplessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal\nPNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti\nrinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra\nregioni e province autonome e previsione di misure di salvaguardia\ndelle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i\ncriteri di localizzazione degli impianti preesistenti; \n 2) previsione di un termine di sei mesi per la realizzazione\ndel processo programmatorio di individuazione delle aree; \n b) di assicurare il rispetto dei principi della minimizzazione\ndegli impatti sull\u0027ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo\nrestando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di\ndecarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilita\u0027 dei\ncosti correlati al raggiungimento di tale obiettivo. \n 92. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione\ndella direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,\nfinanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto\ndei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando\n«disposizioni necessarie all\u0027 attuazione delle misure del Piano\nNazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano Nazionale\nIntegrato per l\u0027Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento degli obiettivi nazionali da\nstabilire ai sensi del Regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n 93. L\u0027art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: \n con uno o piu\u0027 decreti del Ministro della transizione ecologica\ndi concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle\npolitiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di\nConferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri omogenei per\nl\u0027individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza\ncomplessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal\nPNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti\nrinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8; \n in via prioritaria, con i suddetti decreti si provvede a\ndettare i criteri per l\u0027individuazione delle aree idonee\nall\u0027installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel\nPNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto\nambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti\nimpianti per unita\u0027 di superficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti\nrinnovabili di produzione di energia elettrica gia\u0027 installati e le\nsuperfici tecnicamente disponibili, e altresi\u0027 a indicare le\nmodalita\u0027 per individuare superfici, aree industriali dismesse e\naltre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla\ninstallazione di impianti a fonti rinnovabili; \n i decreti stabiliscono anche la ripartizione della potenza\ninstallata fra Regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di\nmonitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri\nper il trasferimento statistico fra le medesime Regioni e Province\nautonome; \n nel dettare la disciplina delle aree idonee si tiene conto\ndelle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio,\ndelle aree agricole e forestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi\nidrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate,\nquali capannoni industriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a\ndestinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e\nverificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con\nle caratteristiche e le disponibilita\u0027 delle risorse rinnovabili,\ndelle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche\u0027\ntenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli\neventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete\nstessa; \n conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di\ncui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in\nvigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree\nidonee; \n in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i\nprincipi della minimizzazione degli impatti sull\u0027ambiente, sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della sostenibilita\u0027 dei costi correlati al\nraggiungimento di tale obiettivo; \n nelle more dell\u0027individuazione delle aree idonee, non possono\nessere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei\nprocedimenti di autorizzazione; \n le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere\ndichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di produzione di\nenergia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero\nnell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata\ninclusione nel novero delle aree idonee in attesa della disciplina di\ncui ai menzionati decreti attuativi, le aree idonee sono individuate\nex lege dal medesimo decreto legislativo. \n 94. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29 della\npresente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno 2024 non ha\ninnovato il concetto di area non idonea contenuto nelle linee guida\ndi cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Queste, infatti,\ncontinuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento [...] di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti». Detta incompatibilita\u0027, tuttavia, non si\ntraduce in una preclusione assoluta, bensi\u0027 in «una elevata\nprobabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione», che dovra\u0027 comunque risultare all\u0027esito di specifica\nistruttoria. Ne consegue che, sotto tale profilo, la definizione\ncontenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il concetto\ndi area non idonea quale gia\u0027 enucleato dalle linee guida. \n 95. In contrasto con tali indicazioni, l\u0027art. 1, comma 5, della\nlegge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce che «E\u0027 vietata la\nrealizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non\nidonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai\ncommi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli artt. 117,\nprimo e terzo comma della Costituzione in relazione agli artt. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, alle disposizioni del decreto\nministeriale 21 giugno 2024, nonche\u0027 al principio di massima\ndiffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabile come\nemergente dalla disciplina unionale sopra richiamata. L\u0027inadeguatezza\ndi una determinata area o di un determinato sito ad ospitare impianti\nda fonti rinnovabili, infatti, non puo\u0027 derivare da una\nqualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma puo\u0027 soltanto\nconseguire all\u0027esito di un procedimento amministrativo che consenta\nuna valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in ragione\ndelle relative specificita\u0027. \n 96. L\u0027impatto di un divieto di tale portata e\u0027, inoltre, del\ntutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per l\u0027installazione degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par. 1, secondo periodo,\ndella Direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle\ntraiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata\ndelle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e\n14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n 97. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni\ndell\u0027art. 1, comma 5, lette in combinato disposto con gli allegati\nalla legge, prevedono una sterminata casistica di aree vietate, con\nun elenco di 45 pagine, definite peraltro sulla base di astratte\nesigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,\nricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati, ma\nsostanzialmente la maggior parte del territorio regionale (cfr. ad\nes. riferimenti agli \"Ulteriori elementi con valenza storico -\nculturale, di natura archeologica, architettonica e identitaria,\nquali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico vigente\nal momento dell\u0027entrata in vigore della presente legge, ed aree\ncircostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d\u0027aria» -\nallegato A, lettera bb), allegato B, lett. y), allegato C, lett. bb),\nallegato D, lett. aa), allegato E, lett. bb)). Come dedotto dalla\nparte ricorrente, non smentita sul punto dalle parti intimate, la\nrete dei divieti previsti dalla legge regionale comprende circa il\n98% del territorio regionale. \n 98. Peraltro, in forza dell\u0027art. 32 del Regolamento (UE)\n2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027 punti di\nriferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e\n2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e\n2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del\nterritorio di una Regione alla possibilita\u0027 di installare impianti\nFER potrebbe, pertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n 99. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione\ncritica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi\ndell\u0027art. 5 del Regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi». Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in\nmateria di adattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano\ncoerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n 100. Come precisato dalla Commissione europea nella Comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento ai\ncambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di\ncrescita dell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la\npropria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di adattamento piu\u0027 ambiziose che si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno in\ncui l\u0027Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita\u0027 climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie\nrinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento centrale per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,\ncome quella censurata, che vieta in assoluto la realizzazione di\nimpianti FER in aree non idonee. \n 101. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art. 37 della Carta di\nNizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente\ndevono essere integrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle\npolitiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di\npromuovere lo sviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in\ntutti i settori politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca,\ntrasporti, ecc.) e\u0027 funzionale a ridurre le pressioni sull\u0027ambiente\nderivanti dalle politiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e per\nraggiungere gli obiettivi ambientali e climatici. La previsione in\ngenerale delle aree non idonee come zone vietate solleva sul punto\nnotevoli perplessita\u0027, in quanto non istituisce alcuna forma di\npossibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello\nstato dei luoghi, in contrasto con l\u0027obiettivo del decreto stesso di\npromuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n 102. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu\u0027 volte ribadito,\n«il principio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del\ndiritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto dal legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza\n11 giugno 2009, C- 170/08, 41). Il sindacato di proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza\ndelle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde\nverificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la stessa\nCorte ha precisato, «Tale giudizio deve svolgersi «attraverso\nponderazioni relative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi prescelti dal\nlegislatore nella sua insindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle\nesigenze obiettive da soddisfare o alle finalita\u0027 che intende\nperseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni\nconcretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di\nproporzionalita\u0027 utilizzato da questa Corte come da molte delle\ngiurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di\nragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia\ndell\u0027Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita\u0027\ndegli atti dell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se\nla norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di\napplicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di\nobiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure\nappropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a\nconfronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al\nperseguimento di detti obiettivi» (Corte Costituzionale, sentenza n.\n1 del 2014). \n 103. Inoltre, ai sensi dell\u0027art. 9 Cost. la Repubblica tutela\nl\u0027ambiente, la biodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse\ndelle future generazioni», con cio\u0027 incorporando il principio di\nsviluppo sostenibile nell\u0027ambito dei principi fondamentali in materia\ndi tutela ambientale. L\u0027incondizionato sacrificio di tale principio,\nquale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art. 3\nCost., nonche\u0027 con l\u0027art. 9 citato e con la consolidata\ngiurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve\nessere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione\ndi uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle\naltre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte Costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n 104. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all\u0027art.\n7,comma 3, alle Regioni che, «nell\u0027applicazione del presente comma\ndeve essere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la\ngaranzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare che,\nanche prima dell\u0027entrata in vigore del decreto legislativo n.\n199/2021, l\u0027orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel\nsenso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via\ngenerale e astratta, la non idoneita\u0027 di intere aree di territorio o\na imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni\n(Corte Costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). Per costante\ngiurisprudenza della Corte, infatti, le Regioni e le Province\nautonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati\ndal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177\ndel 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie, racchiusi nel\ncitato decreto legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di\nattuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). \n 105. I divieti posti dalla Regione Sardegna, e in particolare\nl\u0027art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C, D ed E,\nviolano pertanto i principi fondamentali posti dallo Stato nella\nmateria di legislazione concorrente «produzione, trasporto e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia», di cui all\u0027art. 117, terzo\ncomma, della Costituzione, espressi dal decreto legislativo n. 199\ndel 2021, nonche\u0027 dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 e\ncontrastano con gli artt. 3, 9, 11 e 117, primo comma, della\nCostituzione, in quanto incidono sul raggiungimento degli obiettivi\ndi decarbonizzazione fissati a livello europeo. \n 106. L\u0027art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni della legge\nsi applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le aree e\nle superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in\ncorso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza\nregionale o statale ovvero autorizzati che non abbiano determinato\nuna modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge\naddirittura incide sui titoli autorizzatori e abilitativi gia\u0027\nrilasciati, comminandone l\u0027inefficacia, mentre in relazione ai\nprogetti gia\u0027 realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di\nrifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento [...] sono\nammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda\noccupata, nonche\u0027, nel caso di impianti eolici, un aumento\ndell\u0027altezza totale dell\u0027impianto\". Ne deriva la violazione dei\nprincipi di uguaglianza, certezza del diritto e del legittimo\naffidamento, nonche\u0027 il diritto di liberta\u0027 di iniziativa economica\ndi cui all\u0027art. 41 Cost. Il legislatore regionale, infatti, ha\nimposto l\u0027indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli\noperatori, senza differenziare la posizione di coloro che non hanno\nancora presentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e gia\u0027\nsottoposto alla valutazione dell\u0027Autorita\u0027 amministrativa sostenendo\ni relativi costi di progettazione ovvero che abbiano gia\u0027 ottenuto le\nautorizzazioni e iniziato a sostenere i costi di realizzazione. In\nrelazione ai progetti gia\u0027 realizzati, inoltre, la disciplina\nregionale da\u0027 luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le\naree interessate dal progetto gia\u0027 realizzato e quelle contermini si\ntrasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il soggetto\ngia\u0027 titolare di un impianto, infatti, verrebbe privato della\npossibilita\u0027 di apportare modifiche a detto impianto che ne\ndeterminino in qualunque modo l\u0027aumento della superficie occupata\novvero dell\u0027altezza totale (per gli impianti eolici), senza che\nassumano alcuna rilevanza la qualificazione dell\u0027areea (idonea, non\nidonea, ordinaria) e l\u0027entita\u0027 delle modifiche, con violazione dei\nprincipi di uguaglianza, di ragionevolezza e di legittimo\naffidamento. \n 107. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza\ncostituzionale il valore del legittimo affidamento, che trova\ncopertura costituzionale nell\u0027art. 3 Cost., non esclude che il\nlegislatore possa adottare disposizioni che modificano in senso\nsfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici,\nanche se l\u0027oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi\nperfetti. Cio\u0027 puo\u0027 avvenire, tuttavia, a condizione «che tali\ndisposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale,\nfrustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi\nprecedenti, l\u0027affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da\nintendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (ex\nplurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014, n. 154\ndel 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;\nordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di specie, invece, la Regione\nSardegna ha emanato una legge che contravviene ai principi\nfondamentali della materia, quali derivanti dagli obblighi\nrinvenienti dall\u0027appartenenza dell\u0027Italia all\u0027Unione europea e dalla\nrelativa normativa statale di attuazione, senza preoccuparsi di\noperare alcun bilanciamento con tutti i valori in gioco, recedendo\nsoltanto di fronte all\u0027impossibilita\u0027 di fatto di ripristinare lo\nstatus quo. \n 108. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di\nimparzialita\u0027 e buon andamento dell\u0027amministrazione, e quindi\ndell\u0027art. 97 Cost. Oltre all\u0027irragionevole impatto che la suddetta\nnormativa determina su procedimenti gia\u0027 definiti, essa osta,\ninfatti, a qualsivoglia possibilita\u0027 di realizzare, in sede\namministrativa, il piu\u0027 opportuno bilanciamento degli interessi in\ngioco. A tale riguardo, non e\u0027 secondario osservare che, ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree non\nincluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero\ndelle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata\n«in sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti» attesta che la riserva di procedimento amministrativo\nper la dichiarazione di non idoneita\u0027, oltre che prevista dalle linee\nguida, e\u0027 sancita a livello di normazione primaria anche nel regime\ndi cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n1, del decreto, con conseguente impossibilita\u0027 per le regioni di\nimpedire che tale valutazioni si compia mediante il divieto,\nstabilito in via generale e astratta per legge, di realizzare gli\nimpianti nelle aree non idonee. \n 109. Non soccorre, al riguardo, la peculiare procedura prevista\ndall\u0027art. 3 della legge che consente, su istanza dei comuni\ninteressati, di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione\ndi un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area\nindividuata come non idonea. Tale istanza, che gia\u0027 sotto il profilo\ndella previsione dell\u0027esclusiva competenza propositiva del comune\nsuscita perplessita\u0027 per la commistione tra profili di valutazione\npolitica e amministrativa, da\u0027 luogo a una procedura, da svolgersi in\nsede di conferenza di servizi, in cui e\u0027 pero\u0027 prevista l\u0027unanimita\u0027\nai fini della realizzazione dell\u0027intervento e l\u0027inapplicabilita\u0027\ndell\u0027istituto del silenzio-assenso, dipartendosi all\u0027ordinario\nfunzionamento della conferenza dei servizi e del silenzio\nsignificativo di cui alla disciplina statale sul procedimento\namministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla cui\nviolazione discende il contrasto con l\u0027art 117, secondo comma, lett.\nm), che attribuisce alla Stato la potesta\u0027 legislativa esclusiva in\ndeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i\ndiritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il\nterritorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che l\u0027art. 29,\ncomma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che «Attengono [...]\nai livelli essenziali delle prestazioni di cui all\u0027art. 117, secondo\ncomma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente\nlegge concernenti la presentazione di istanze, segnalazioni e\ncomunicazioni, la segnalazione certificata di inizio attivita\u0027 e il\nsilenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilita\u0027 di\nindividuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui\nall\u0027art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e\nsuccessive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non\nsi applicano», mentre ai sensi del comma 2-quater «Le regioni e gli\nenti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro\ncompetenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle\nassicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli\nessenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma\npossono prevedere livelli ulteriori di tutela», con obbligo per le\nRegioni a statuto speciale e le Provincie autonome di adeguare la\npropria legislazione a tali previsioni. \n 110. Non c\u0027e\u0027 dubbio che la legge regionale sarda rechi un\nlivello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla\ndisciplina statale, imponendo l\u0027unanimita\u0027 dei consensi ed escludendo\nl\u0027operativita\u0027 del silenzio-assenso. \n 111. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un\nindirizzo consolidato del Giudice costituzionale, «[s]petta alla\nlegislazione statale determinare presupposti e caratteristiche\ndell\u0027autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle\nsemplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza\ndelle opere sul valore intangibile dell\u0027ambiente» (sentenza n. 246\ndel 2017). Si e\u0027, inoltre, affermato che «la legislazione regionale\nnon puo\u0027 prevedere una procedura per l\u0027autorizzazione paesaggistica\ndiversa da quella dettata dalla legislazione statale, perche\u0027 alle\nRegioni non e\u0027 consentito introdurre deroghe agli istituti di\nprotezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole\nsu tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere\nannoverata l\u0027autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 189 del 2016;\nnello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101\ndel 2010 e n. 232 del 2008)» (Corte Costituzionale, sentenza n.\n74/2021). \n 112. La procedura prevista dall\u0027art. 3 della legge regionale\nSardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree\nsottoposte a tutela culturale o paesaggistica per le quali la\nnormativa statale (artt. 21 e 146 del Testo Unico dei beni culturali)\nfissa, per esigenze di uniformita\u0027 di trattamento, un procedimento\nautorizzatorio apposito da parte della soprintendenza competente, si\npone anche in contrasto con l\u0027art. 117, comma 2, lett. s), Cost., che\nassegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia\ndella «tutela dell\u0027ambiente, dell\u0027ecosistema e dei beni culturali». \n 113. Peraltro, la predetta disciplina e\u0027 in ogni caso un diretto\nportato dell\u0027illegittimo divieto generalizzato di realizzare gli\nimpianti in aree non idonee e non puo\u0027, pertanto, sfuggire alle\nmedesime censure suesposte. \n 114. Per tutto quanto sopra, va sollevata questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli artt. 1, comma 2, 5 e 7, e 3,\nnonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9, 11, 41,\n97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche in relazione\nai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento\n(UE) 2018/1999, come modificati dalla Direttiva (UE) 2023/2413,\nnonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della\nlegge costituzionale n. 3/2001 e degli artt. 3 e 4 della legge\ncostituzionale n. 3/1948. \n Sulla rilevanza delle questioni delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale sollevate dalla parte ricorrente in relazione all\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024. \n 115. L\u0027art. 20, comma 1-bis dell\u0027art. 20 del d.lgs. n. 199/2021,\ncome introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, definisce\nil perimetro delle aree agricole in cui e\u0027 consentita l\u0027installazione\ndi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra facendo\nriferimento alla classificazione delle aree idonee come prevista dal\ncomma 8 del medesimo art. 20 nelle more dell\u0027adozione della\ndisciplina di cui al comma 1. In tale contesto, il decreto\nministeriale impugnato ribadisce che il divieto previsto dal comma\n1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la\npotesta\u0027 legislativa regionale: ai sensi dell\u0027art. 3, comma 1,\ninfatti, le Regioni sono chiamate a individuare con legge, entro\ncentottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le\naree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra. \n 116. Il decreto ministeriale costituisce anche l\u0027unico atto\namministrativo che interviene nel processo di implementazione del\ndivieto, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono non idonee, ma assolutamente\nvietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la valutazione,\nnel singolo procedimento, della compatibilita\u0027 dell\u0027intervento con i\nvalori confliggenti. \n 117. Al riguardo, occorre ricordare il consolidato orientamento\ngiurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e\u0027\nimmediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza la\nnecessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV,\n17.3.2022, n. 1937). Nel caso di specie, l\u0027incidenza sui\ncomportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto\nlegislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati che non siano collocati nelle aree di cui alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. Ne deriva\nl\u0027indiscutibile sussistenza dell\u0027interesse di parte ricorrente\nall\u0027impugnazione proposta. \n 118. Il decreto impugnato replica, peraltro, il divieto sancito\ndalla norma primaria, demandando alla legge regionale la sua\npedissequa trasposizione, che determina ex se l\u0027impossibilita\u0027 di\ncondurre in porto i progetti menzionati. La perdurante vigenza e\nvalidita\u0027 della norma primaria impedisce qualsivoglia intervento\ndemolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una previsione\ndel tutto conforme a legge. \n 119. In mancanza della declaratoria di incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, la domanda di\nannullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale , per la parte di\ninteresse, dovrebbe essere rigettata. \n 120. Viceversa, laddove la norma incriminata fosse dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lett. d), del decreto potrebbe\n(e dovrebbe) essere annullato, ponendo a quel punto un divieto\ngeneralizzato che nessuna norma primaria contemplerebbe o\nautorizzerebbe e che, per le ragioni che saranno illustrate, collide\ncon il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili,\nquale desumibile dal diritto dell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una\ndisciplina che non supera lo scrutinio di proporzionalita\u0027 e\nragionevolezza. Il predetto divieto, peraltro, ha diretta incidenza\nsulla parte ricorrente, atteso che il progetto «Monreale», di cui e\u0027\ndepositata documentazione agli atti, rientra senz\u0027altro tra gli\ninterventi vietati ai sensi ai sensi del richiamato art. 5, non\ntrovando per esso applicazione la norma di salvaguardia di cui al\ncomma 2 del medesimo art. 5. \n Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di\ncostituzionalita\u0027 sollevate con il V e il VI motivo 121. Con il V e\nil VI motivo di ricorso la ricorrente ha in sostanza lamentato: \n la violazione dell\u0027art. 117, commi primo e terzo, della\nCostituzione, in relazione, rispettivamente, alla Direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e\nall\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387\n(attuazione della Direttiva 2001/77/CE): la norma contestata, nel\nprevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con\nmoduli collocati a terra e il divieto di aumentare l\u0027estensione di\nquelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in particolare, con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e\u0027\nstato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro\nprofilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi generali\ndettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in attuazione\ndelle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1, lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole\ndai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del 2010,\nintrodotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono\nessere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n la violazione e falsa applicazione dell\u0027art. 9 Cost., dell\u0027art.\n15 della Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita\u0027,\ndell\u0027art. 11 del TFUE, dell\u0027art. 41 Cost.: la scelta di introdurre un\ngenerale e indiscriminato divieto a realizzare impianti FTV con\nmoduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole»\nrisulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle\nfonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela\ndell\u0027ambiente perseguiti, dando luogo a una disciplina\nsproporzionata, in contrasto con il principio di integrazione delle\ntutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. \n 122. Il Collegio ritiene che la disciplina censurata presenti\nprofili di contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., sotto il\nprofilo del mancato rispetto «dei vincoli derivanti dall\u0027ordinamento\ncomunitario» e, in particolare, del principio di massima diffusione\ndelle fonti di energia rinnovabili, derivante dalla normativa\neuropea. \n 123. Per il richiamo del quadro normativo unionale e\u0027 sufficiente\nrinviare ai punti da 72 a 90 della presente ordinanza. \n 124. E\u0027 sufficiente ora ricordare che, secondo la consolidata\ngiurisprudenza costituzionale, la normativa eurounitaria (nonche\u0027\nquella nazionale) e\u0027 ispirata nel suo insieme al principio\nfondamentale di massima diffusione delle fonti di energia\nrinnovabili, che tra l\u0027altro «trova attuazione nella generale\nutilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento di tali\nimpianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri\ninteressi costituzionalmente protetti» (Corte Costituzionale,\nsentenza n. 13 del 2014). \n 125. La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, relativa all\u0027individuazione delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n 126. Il comma 3 stabilisce, in effetti, che «nella definizione\ndella disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma\n1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e\ndel paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita\u0027\ndell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici\ndi strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi,\nnonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi\ne logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili».\nTale disposizione contempla bensi\u0027 un\u0027esigenza di tutela delle aree\nagricole, ma da un lato non pone alcuna preclusione assoluta e,\ndall\u0027altro, stabilisce chiaramente che le superfici agricole non\nutilizzabile costituiscono, tra le altre, aree privilegiate per\nl\u0027installazione degli impianti. \n 127. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse\ntra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero\ndelle aree idonee». \n 128. Il comma 8, inoltre, nell\u0027individuare transitoriamente le\naree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista dal\ncomma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto alle lettere a),\nb), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel\nperimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi\ncivici di cui all\u0027art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n 129. Il nuovo comma 1-bis stravolge completamente l\u0027assetto\nprevigente, prevedendo che «L\u0027installazione degli impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di discarica chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del\ncomma 8 del presente art.. Il primo periodo non si applica nel caso\ndi progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027 energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del presente decreto nonche\u0027 in\ncaso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del\nPiano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n 130. In definitiva, in base alla norma introdotta dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n a) nei siti ove sono gia\u0027 installati impianti della stessa\nfonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate\no in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e\nminiere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di\ninfrastrutture ferroviarie nonche\u0027 delle societa\u0027 concessionarie\nautostradali; \n d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 di gestione aeroportuale all\u0027interno dei sedimi\naeroportuale; \n e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli\nstabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027 di 500 metri dal medesimo\nimpianto o stabilimento; \n f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n 131. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la meta\u0027 della\nsuperficie del Paese) e\u0027 preclusa a qualsiasi intervento di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\nche non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,\ncon conseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n 132. Il divieto non riguarda i progetti attuativi di misure\nfinanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i\nprogetti necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC,\nche e\u0027 lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per\nconseguire gli obiettivi vincolanti dell\u0027Unione per la quota di\nenergia rinnovabile. Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che un divieto\ndi tale portata rischia di mettere seriamente a rischio il\nconseguimento di tali obiettivi, nella misura in cui sottrae una\nlarga porzione del territorio a ogni possibile utilizzo della\ntecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in\nordine alla possibilita\u0027 di rispettare le traiettorie stabilite in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello\nstato di attuazione della disciplina di cui all\u0027art. 20, comma 1,\ndecreto legislativo n. 199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di\nflessibilita\u0027 che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle regioni per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto di tale divieto e\u0027\ndel tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per l\u0027installazione degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par. 1, secondo periodo,\ndella Direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle\ntraiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata\ndelle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli artt. 3 e\n14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n 133. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in forza dell\u0027art. 32 del\nRegolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del\nterritorio nazionale all\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica\npotrebbe, pertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n 134. La preclusione generalizzata all\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre contrastare\ncon il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di individuazione\ndelle zone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il 2030 ai sensi\ndel paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della Direttiva (UE) 2018/2001, «Gli\nStati membri favoriscono l\u0027uso polivalente delle zone di cui al\nparagrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile sono\ncompatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.\n3). Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della Direttiva precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso\ndel suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi e attivita\u0027 siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere\". Il divieto introdotto\ndall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 istituisce, invece, un\ninsanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con\nmoduli collocati a terra e l\u0027uso del suolo a fini agricoli che,\ntuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno per la\ntecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). \n 135. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, anche il divieto in questione, come osservato\nnell\u0027ambito dell\u0027esposizione relativa alla legge regionale sarda (v.\npunti 99 e 100 della presente ordinanza), si pone in posizione\ncritica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione, in quanto il raggiungimento dei target di\npotenza installata delle tecnologie rinnovabili costituisce,\nall\u0027evidenza, un elemento centrale per conseguire nel lungo termine\nl\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica, che potrebbe essere posto\nseriamente a rischio da una disciplina, come quella censurata, che\nvieta sul tutto il territorio nazionale la tecnologia fotovoltaica\ncon pannelli collocati a terra su tutti i terreni classificati\nagricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027 della superficie nazionale. \n 136. Anche tale divieto sembra contrastare con il principio di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 TFUE e all\u0027art. 37 della Carta di\nNizza. Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024, nel contesto di una disciplina di attuazione della Direttiva\n(UE) 2018/2001 sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti\nrinnovabili quale obiettivo della politica energetica dell\u0027Unione,\nsolleva sul punto notevoli perplessita\u0027: \n da un lato, infatti, si inserisce nel complesso delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che le relative previsioni\nnon risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,\nladdove prevede che i decreti di cui al comma 1 verifichino, tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n dall\u0027altro lato, la norma non istituisce alcuna forma di\npossibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello\nstato dei luoghi dei terreni classificati agricoli senza alcuna\nconsiderazione finanche della loro possibile, concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in contrasto con l\u0027obiettivo del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n 137. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione anche\ndell\u0027art. 3 Cost. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un\ndivieto generalizzato e assoluto all\u0027utilizzo, su un\u0027ampia parte del\nterritorio nazionale, di una determinata tecnologia a fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell\u0027ambiente, della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,\nattraverso l\u0027individuazione di aree non idonee che, come in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027 zone in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile un esito negativo della valutazione di\ncompatibilita\u0027 dei progetti. Cio\u0027, peraltro, non osta alla\npossibilita\u0027 di verificare, in concreto e nell\u0027ambito dei singoli\nprocedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita\u0027 degli\ninterventi proposti. L\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\nstabilisce, invece, una prevalenza assoluta e incondizionata\ndell\u0027interesse alla conservazione dei suoli classificati agricoli,\nvalutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima\npossibilita\u0027 di contemperamento con gli altri interessi in gioco,\nanche di rilievo costituzionale. \n 138. Inoltre, si e\u0027 visto che ai sensi dell\u0027art. 9 Cost. la\nRepubblica tutela l\u0027ambiente, la biodiversita\u0027 e gli ecosistemi\n«anche nell\u0027interesse delle future generazioni», con cio\u0027\nincorporando il principio di sviluppo sostenibile nell\u0027ambito dei\nprincipi fondamentali in materia di tutela ambientale.\nL\u0027incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al\ndivieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art. 3 Cost., nonche\u0027\ncon l\u0027art. 9 citato e con la consolidata giurisprudenza\ncostituzionale secondo cui «Tutti i diritti fondamentali tutelati\ndalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e\nnon e\u0027 possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la\nprevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre\n«sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed\nin potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se\ncosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione di uno dei\ndiritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre\nsituazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette\n[...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte Costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n 139. Sotto altro profilo, il divieto cosi\u0027 introdotto e\u0027\noperativo a partire dalla mera classificazione dell\u0027area come\nagricola in base ai piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza\nassumano il suo concreto utilizzo o la sua utilizzabilita\u0027 a tali\nfini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole\ne sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,\nqualsivoglia considerazione della qualita\u0027 e dell\u0027importanza delle\ncolture. \n 140. In raffronto, le attuali linee guida di cui al decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nRegioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027Impatto Ambientale nei\ncasi previsti; \n le Regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di qualita\u0027 (produzioni biologiche,\nproduzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni\ntradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla programmazione regionale, caratterizzate da un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n 141. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon puo\u0027 essere sviluppata l\u0027energia rinnovabile («zone di\nesclusione»). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e\ntrasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle\nrestrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE)\n2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e i\nprogetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto,\nponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non fondato\nsu dati concreti e certamente non rispondente all\u0027obietto di\nmassimizzare la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti\ndi energia rinnovabile. \n Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale \n 142. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti (per quanto\nillustrato ai punti 62 ss. della presente ordinanza) e non\nmanifestamente infondate (secondo quanto evidenziato ai punti 67 ss.)\nle questioni di legittimita\u0027 costituzionale degli artt. 1, comma 2,\n5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della\nlegge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024, per\nviolazione degli artt. 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lett. m) e\ns), e 3, Cost., anche in relazione ai principi espressi dalla\nDirettiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla Direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal Regolamento\n(UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n 143. Sono, altresi\u0027, rilevanti (per quanto illustrato ai punti\n115 ss. della presente ordinanza) e non manifestamente infondate\n(secondo quanto evidenziato ai punti 121 ss.) le questioni di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n.\n63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, per\nviolazione degli artt. 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost., anche in\nrelazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal\nRegolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla Direttiva (UE)\n2023/2413, nonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119. \n 144. Occorre solo aggiungere che le questioni di\ncostituzionalita\u0027 sollevate in relazione al citato art. 5, comma 1,\ndel decreto-legge n. 63/2024 vanno del pari riferite all\u0027art. 5,\ncomma 2, laddove pone una disciplina di salvaguardia che ha quale\npresupposto il divieto di cui al comma 1, nonche\u0027 all\u0027art. 2, comma\n2, primo periodo, decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190,\nrecante «Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di\nenergia da fonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di cui\nall\u0027art. 1, comma 1, sono considerati di pubblica utilita\u0027,\nindifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di\nquanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199». Tale disposizione, infatti, riproduce il\ndivieto di cui al citato art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024. \n 145. Il presente giudizio va quindi sospeso per le determinazioni\nconseguenti alla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n 146. Il regolamento delle spese va rinviato all\u0027esito del\ngiudizio. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione\nTerza) cosi\u0027 dispone: \n a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale degli artt. 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 dei\nrelativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli artt. 3, 9, 11, 41,\n97 e 117, comma 1, 2, lett. m) e s), e 3, Cost., anche in relazione\nai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal Regolamento\n(UE) 2018/1999, come modificati dalla Direttiva (UE) 2023/2413,\nnonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della\nlegge costituzionale n. 3/2001 e degli artt. 3 e 4 della legge\ncostituzionale n. 3/1948; \n b) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024,\nconvertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,\nper violazione degli artt. 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost., anche in\nrelazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 e dal\nRegolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla Direttiva (UE)\n2023/2413, nonche\u0027 dal Regolamento (UE) 2021/1119; \n c) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti alla\ndefinizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi dell\u0027art.\n23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli\natti alla Corte costituzionale; \n d) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle parti\nin causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del Consiglio\ndei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica, al\nPresidente della Camera dei deputati, al Presidente della Regione\nautonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio regionale\nsardo; \n e) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente; \n Luca Biffaro, referendario; \n Marco Savi, referendario, estensore. \n \n Il Presidente: Stanizzi \n \n L\u0027estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63209","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"15/05/2024","data_nir":"2024-05-15","numero_legge":"63","descrizionenesso":"convertito con modificazioni 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