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Giampiero Barrasso - presidente; \n        dott.ssa Paola Grimaldi - giudice; \n        dott.ssa Clelia Buonocore - giudice relatore. \n    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al\nn. 33648/2024 R.G., promosso da dott. P.P.A. d.P., nato a ... il  ...\n(codice fiscale ...), elettivamente domiciliato  in  Roma,  al  viale\nParioli n. 44, presso lo studio  dell\u0027avv.  Paolo  Mazzoli  che,  con\nl\u0027avv. Giovanni Caprara, lo rappresenta  e  difende  per  mandato  in\ncalce al ricorso. \n    Ricorrente contro Ordine degli psicologi del Lazio, con  sede  in\nRoma, alla via del Conservatorio n. 91 (codice fiscale  96251290589),\nin  persona  del  presidente  del  Consiglio  dell\u0027ordine  e   legale\nrappresentante p.t., dott. Federico Conte, elettivamente  domiciliato\nin Roma, alla via Eustachio Manfredi n. 5, presso lo studio dell\u0027avv.\nPaolo Caruso, che lo rappresenta e difende per mandato in calce  alla\ncomparsa di costituzione e risposta. \n    Convenuto premesso che con delibera n. ... del ..., il  consiglio\ndell\u0027Ordine degli psicologi del Lazio, a definizione del procedimento\ndisciplinare n. ..., ha irrogato al dott.  P.P.A.  d.P.  la  sanzione\ndisciplinare della radiazione dall\u0027albo. \n    La suindicata sanzione e\u0027 stata irrogata in ossequio al  disposto\ndell\u0027art. 26, comma  3  della  legge  n.  56  del  18  febbraio  1989\n(Ordinamento della professione di psicologo) e  sul  rilievo  che  il\ndott. P.P.A. d.P. con sentenza  n.  1291/2018  -  resa  dal  GUP  del\nTribunale di Roma il 22 giugno 2018  e  divenuta  irrevocabile  il  6\nottobre 2018 - era  stato  ritenuto  responsabile,  in  concorso  con\naltri, del delitto previsto e punito dagli articoli 223, comma 2,  n.\n2, e 219, comma 1, L.F. \n    Con ricorso depositato il 12 agosto 2024, il dott. P.P.A. d.P. ha\nimpugnato il  suindicato  provvedimento  disciplinare,  ponendo,  tra\nl\u0027altro, la questione della legittimita\u0027 costituzionale del  comma  3\ndell\u0027art. 26 della legge n. 56/1989, in rapporto agli articoli 3, 24,\n27 e 111 della Costituzione «ed ai  relativi  vincoli  comunitari  ed\nobblighi internazionali». \n    Nel giudizio di impugnazione, si  e\u0027  costituito  l\u0027Ordine  degli\npsicologi del Lazio che, del pari, ha sollecitato la rimessione  alla\nConsulta della questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 26,\ncomma 3 della legge n.  56/1989,  «per  violazione  dei  principi  di\ngradualita\u0027 e proporzionalita\u0027  della  sanzione  disciplinare  e  dei\nprincipi di ragionevolezza e di uguaglianza, nella misura in  cui  la\nnorma introduce un automatismo sanzionatorio sacrificando  del  tutto\nla valutazione discrezionale dell\u0027organo disciplinare e impedendo  di\nvalutare l\u0027adeguatezza della sanzione rispetto all\u0027illecito». \n \n                               Osserva \n \n    Ritiene il collegio che si palesi rilevante e non  manifestamente\ninfondata la questione afferente la legittimita\u0027 costituzionale,  per\ncontrasto con l\u0027art. 3 della Costituzione, del comma 3  dell\u0027art.  26\ndella legge 18 febbraio 1989, n. 56, che cosi\u0027 recita: «La radiazione\ne\u0027 pronunciata di diritto quando l\u0027iscritto, con sentenza passata  in\ngiudicato, e\u0027 stato condannato a pena detentiva non inferiore  a  due\nanni per reato non colposo». \n    La cennata questione e\u0027 indubbiamente  rilevante,  in  quanto  la\ndefinizione del giudizio di impugnazione promosso  dal  dott.  P.P.A.\nd.P. non puo\u0027 prescindere dall\u0027applicazione della norma censurata. \n    Invero, il consiglio dell\u0027Ordine degli psicologi del  Lazio,  con\nla  delibera  oggetto  di  impugnazione  nel  presente  giudizio,  ha\nirrogato al dott.  P.P.A.  d.P.  a  la  sanzione  disciplinare  della\nradiazione (ovvero,  la  piu\u0027  grave  tra  le  sanzioni  disciplinari\ncontemplate dall\u0027art. 13 del proprio  regolamento  disciplinare)  sul\nmero rilievo che la stessa conseguiva di diritto - in via  del  tutto\nautomatica - alla circostanza che il  predetto  professionista  aveva\nriportato una condanna definitiva alla pena detentiva di anni due per\nun reato non  colposo  (bancarotta  fraudolenta  aggravata),  essendo\nprevista e prescritta, appunto, dal citato comma 3 dell\u0027art. 26 della\nlegge n. 56/1989. \n    Ritiene, poi, il collegio che - anche alla luce dei  principi  da\ntempo espressi dalla consulta in relazione a disposizioni analoghe  a\nquella all\u0027attenzione - la questione di  legittimita\u0027  costituzionale\nall\u0027attenzione sia, altresi\u0027, non manifestamente infondata. \n    In proposito va rammentato che la Corte  costituzionale  ha  gia\u0027\ndichiarato  l\u0027illegittimita\u0027,  per  contrasto  con  l\u0027art.  3   della\nCostituzione, di norme che, in vari settori, prevedevano l\u0027automatica\ndestituzione di dipendenti pubblici o l\u0027automatica  cancellazione  di\nprofessionisti dall\u0027albo, in conseguenza della loro condanna in  sede\npenale. \n    Segnatamente, la consulta, con sentenza n. 971/1988 ha dichiarato\nl\u0027illegittimita\u0027   costituzionale   della   norma   contemplante   la\ndestituzione di diritto degli impiegati  civili  dello  Stato  e  dei\ndipendenti degli enti locali della Regione  Siciliana  a  seguito  di\ncondanna per taluni delitti; con sentenza n. 40/1990  e\u0027  intervenuta\nsulla norma contemplante la destituzione automatica  dei  notai;  con\nsentenza n. 158/1990 ha  dichiarato  l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale\ndella  norma  relativa  alla  radiazione   automatica   dei   dottori\ncommercialisti;   con   sentenza    n.    16/1991    ha    dichiarato\nl\u0027illegittimita\u0027 della disposizione concernente  la  destituzione  di\ndiritto del dipendente regionale; con  sentenza  n.  197/1993  si  e\u0027\npronunciata sulla destituzione di diritto  del  personale  dipendente\ndelle amministrazioni pubbliche a seguito del passaggio in  giudicato\ndella  sentenza  di  condanna  per   taluni   reati,   ovvero   della\ndefinitivita\u0027  del  provvedimento  applicativo  di  una   misura   di\nprevenzione per appartenenza ad associazione di tipo mafioso; ancora,\ncon sentenza n. 2/1999 ha dichiarato l\u0027illegittimita\u0027  costituzionale\ndi norma  -  analoga  a  quella  che  ci  occupa  -  contemplante  la\nradiazione automatica dall\u0027albo dei ragionieri e periti  commerciali;\ncon   sentenza   n.   268/2016   ha    dichiarato    l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale di una disciplina, relativa al personale militare, che\nnon prevedeva l\u0027instaurazione del procedimento  disciplinare  per  la\ncessazione dal servizio per perdita del grado, conseguente alla  pena\naccessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici irrogata\ndal giudice penale; piu\u0027 recentemente, con  sentenza  n.  51/2024  ha\ndichiarato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 12, comma 5  del\ndecreto legislativo n. 109/2006 in tema di illeciti disciplinari  dei\nmagistrati. \n    Nelle suindicate pronunce la Corte costituzionale ha  evidenziato\ncome sia necessario che le sanzioni destitutive, sia  nel  campo  del\npubblico impiego che in quello delle professioni inquadrate in ordini\no collegi professionali, non siano disposte in modo automatico  dalla\nlegge,  ma  siano  irrogate  solo  a  seguito  di   un   procedimento\ndisciplinare che consenta di adeguare la sanzione  al  caso  concreto\nsecondo il principio di proporzione. \n    In particolare, con la citata  sentenza  n.  51/2024  il  giudice\ndelle leggi,  richiamate  le  proprie  precedenti  pronunce  rese  su\ndisposizioni contemplanti la destituzione o radiazione di diritto del\ndipendente o del professionista, per precedente condanna riportata in\nsede  penale,  ha  rimarcato  come,  nel  vagliare  la   legittimita\u0027\ncostituzionale delle norme in materia di sanzioni disciplinari, debba\ntenersi conto di due principi essenziali e tra loro in  correlazione,\novvero  di  quello,  generale,  di  proporzionalita\u0027  della  sanzione\ndisciplinare rispetto  alla  gravita\u0027  della  condotta,  nonche\u0027  del\nprincipio della autonomia  della  valutazione  in  sede  disciplinare\nrispetto a quella del giudice penale, fatta salva  la  vincolativita\u0027\ndi quanto accertato in fatto nel giudizio penale. \n    Sempre nella pronuncia da ultimo  richiamata,  la  consulta,  con\nriferimento al  requisito  della  necessaria  proporzionalita\u0027  della\nsanzione  disciplinare,  ha  evidenziato   come   lo   stesso   possa\n«normalmente,  essere  soddisfatto  soltanto   da   una   valutazione\nindividualizzata della gravita\u0027 dell\u0027illecito, alla quale la risposta\nsanzionatoria deve essere calibrata [...]. Le  sanzioni  fisse  sono,\nper contro, tendenzialmente in contrasto con questo principio, a meno\nche [...] esse risultino non manifestamente  sproporzionate  rispetto\nall\u0027intera gamma dei  comportamenti  riconducibili  alla  fattispecie\nastratta  dell\u0027illecito  sanzionato  [...]  Al  di  fuori  di  questa\nipotesi,  che  presuppone  un  certo  grado  di   omogeneita\u0027   della\nfattispecie astratta sotto il profilo della gravita\u0027 delle condotte a\nessa  riconducibili,  il  corollario  dell\u0027individualizzazione  della\nsanzione esige una gradualita\u0027 della risposta, affinche\u0027  essa  possa\nrisultare adeguata al concreto disvalore della condotta». \n    Nella medesima sentenza n. 51/2024 la  Corte  costituzionale  ha,\npoi,  rimarcato  «la  centralita\u0027  della  valutazione   discrezionale\ndell\u0027organo disciplinare nell\u0027irrogazione della sanzione che  a  tale\norgano compete», precisando come  «tale  valutazione  non  possa  mai\nessere in toto pretermessa, per  essere  semplicemente  surrogata  da\nquella del  giudice  penale.  E  cio\u0027  specie  quando  si  tratta  di\napplicare sanzioni disciplinari definitive come la destituzione o  la\ncancellazione dall\u0027albo professionale». \n    La consulta, sul punto, ha, in  particolare,  cosi\u0027  argomentato:\n«Il significato della riserva di uno spazio autonomo  di  valutazione\nall\u0027organo disciplinare pur a  fronte  di  una  condanna  penale  e\u0027,\nd\u0027altronde, chiaro: spetta a  quest\u0027ultimo  apprezzare  non  gia\u0027  la\n(generica) gravita\u0027 dell\u0027illecito commesso, ma - piu\u0027  specificamente\n- la significativita\u0027  di  tale  illecito  rispetto  al  giudizio  di\npersistente idoneita\u0027 dell\u0027interessato a svolgere le proprie funzioni\no la propria professione». \n    Cio\u0027 posto, appare evidente come il comma 3  dell\u0027art.  26  della\nlegge n.  56/1989  si  ponga  non  in  linea  con  i  principi  sopra\nenunciati. \n    Infatti, la norma in questione ricollega, in via  automatica,  la\nradiazione di diritto del  professionista  alla  circostanza  che  lo\nstesso, con sentenza definitiva, sia stato in  precedenza  condannato\nad una pena detentiva non inferiore ad anni  due,  per  un  qualunque\nreato non colposo; e - come pure gia\u0027 evidenziato dalla  consulta  in\nfattispecie analoga a quella che ci occupa - un  automatismo  di  tal\nfatta, «ancorato non gia\u0027 a una «species facti», bensi\u0027  a  una  mera\n«species  poenae»»,  preclude  in  radice  qualunque  valutazione  di\nproporzionalita\u0027 della sanzione. \n    Inoltre,  la  disposizione  censurata   sottrae,   al   consiglio\ndell\u0027Ordine degli psicologi - titolare del  potere  disciplinare  nei\nconfronti dei propri iscritti - ogni margine di  apprezzamento  sulla\nsanzione da applicare (che il legislatore individua,  appunto,  nella\nsola radiazione dall\u0027albo). \n    E, come ancora evidenziato dalla consulta nella  citata  sentenza\nn. 51/2024, in forza della norma censurata «non solo l\u0027an ma anche il\nquomodo   della   responsabilita\u0027   disciplinare   sono   interamente\ndeterminati  dalla  previa  decisione  del  giudice  penale:  al  cui\norizzonte conoscitivo e valutativo resta, pero\u0027, del  tutto  estranea\nla questione  se  possa  considerarsi  proporzionata,  rispetto  allo\nspecifico fascio di interessi di cui si fa carico la  responsabilita\u0027\ndisciplinare,  la  successiva  sanzione   della»   radiazione   dello\npsicologo dall\u0027albo «che - pure - discendera\u0027  automaticamente  dalla\ncondanna da lui pronunciata». \n    In conclusione,  dunque,  la  non  manifesta  infondatezza  della\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale del  comma  3  dell\u0027art.  26\ndella  legge  n.  56/1989,  per  contrasto   con   l\u0027art.   3   della\nCostituzione, puo\u0027 apprezzarsi per un duplice profilo: \n        a)  l\u0027automatismo  della  sanzione  della  radiazione,   come\nprevisto dalla norma censurata, appare  irragionevole,  «contrastando\ncon il principio di proporzione che e\u0027 alla base  della  razionalita\u0027\nche informa il principio di uguaglianza» (cfr. sentenza  della  Corte\ncostituzionale n. 2/1999); \n        b) inoltre, attesa l\u0027intervenuta «soppressione» dell\u0027istituto\ndella destituzione di diritto nel campo del pubblico impiego e  della\nradiazione di  diritto  per  talune  professioni  «protette»,  appare\ncontraria al principio di uguaglianza una norma che  contempli  detta\nradiazione di diritto  solo  per  gli  esercenti  la  professione  di\npsicologo. \n    Pertanto, previa rimessione della causa  sul  ruolo,  va  rimessa\nalla consulta la questione di legittimita\u0027  costituzionale  dell\u0027art.\n26, comma 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56. \n\n \n                              P. Q. M. \n \n    Il Tribunale di  Roma,  come  sopra  composto,  pronunciando  nel\nprocedimento iscritto al n. 33648/2024 R.G., cosi\u0027 provvede: \nprevia rimessione della causa sul ruolo \n    Dispone  l\u0027immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte\ncostituzionale, apparendo, il comma 3 dell\u0027art.  26  della  legge  18\nfebbraio 1989, n. 56, in contrasto con l\u0027art. 3  della  Costituzione,\nper i motivi e profili indicati in premessa; \n    Sospende il presente giudizio; \n    Conferma la gia\u0027 disposta sospensione provvisoria della efficacia\nesecutiva del provvedimento impugnato; \n    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia\nnotificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei  ministri  e\nsia, altresi\u0027, comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati  e\ndel Senato della Repubblica. \n        Cosi\u0027 deciso, in Roma, il 13 gennaio 2025. \n \n                       Il Presidente: Barrasso","elencoNorme":[{"id":"62330","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"18/02/1989","data_nir":"1989-02-18","numero_legge":"56","descrizionenesso":"","legge_articolo":"26","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1989-02-18;56~art26"}],"elencoParametri":[{"id":"78944","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54465","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Ordine degli Psicologi del Lazio","data_costit_part":"05/03/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"C","descrizione_tipologia_parte":"Controparte","sigla_parte":""},{"id":"54480","num_progressivo":"","nominativo_parte":"Apuzzo Di Portanova Paul Piero","data_costit_part":"13/03/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"P","descrizione_tipologia_parte":"Parte","sigla_parte":""}]}}"
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