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L\u0027incidente di esecuzione. \n    L\u0027avv. Benedetto Marzocchi Buratti del Foro  di  Roma  presentava\nistanza nell\u0027interesse di M... F... volta ad ottenere la revoca della\nconfisca per equivalente applicata con  la  sentenza  n.  340\\2017  -\ndefinitiva il 27 febbraio 20219 e, per l\u0027effetto, la restituzione dei\nbeni di cui alla richiesta. \n    Le  ragioni  fondanti  la  tesi  difensiva  erano   plurime   ma,\nprevalentemente, si sostanziavano sull\u0027inapplicabilita\u0027  di  siffatta\nconfisca  in  presenza  di  una  sentenza  di  applicazione  pena  su\nrichiesta delle parti. In particolare: \n        trattandosi di confisca per equivalente,  la  stessa  avrebbe\nnatura  di  sanzione  penale  e  non  di  misura  di  sicurezza.   Ne\nderiverebbe la violazione del principio di legalita\u0027 e prevedibilita\u0027\n- cosi\u0027 come declinato dall\u0027art. 7 della Convenzione europea  per  la\nsalvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle  liberta\u0027  fondamentali  -\npoiche\u0027 applicata a seguito di una sentenza ex art. 444 del codice di\nprocedura   penale   che   non   contiene   un   accertamento   sulla\nresponsabilita\u0027 penale; \n        la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti non\npuo\u0027 essere equiparata ad una sentenza di condanna  e,  percio\u0027,  non\npuo\u0027 comportare l\u0027applicazione di tale particolare  confisca  a  meno\nche non sia espressamente indicato dal  legislatore.  Diversamente  -\nattesa la natura sostanziale di pena - si determinerebbe  un\u0027analogia\nin malam partem; \n        non  essendo  sufficientemente  chiara  la  base  legale,  la\nconfisca applicata a ...  determinava  un\u0027illegittima  ingerenza  nel\ngodimento dei beni, in violazione dell\u0027art. 1  del  Protocollo  n.  1\ndella CEDU; \n        oltre a questo, la misura  ablativa  si  rivelava  del  tutto\nsproporzionata perche\u0027 parametrata al valore  del  negozio  giuridico\nsotteso al delitto di ricettazione e non  al  profitto  concretamente\nrealizzato dal condannato. \n    Il pubblico ministero si opponeva alla richiesta  avanzata  dalla\ndifesa precisando come - dopo ben tredici udienze  celebrate  dinanzi\nal  GUP  (di  cui  depositava  i  verbali),  nelle  quali  le   parti\ndiscutevano proprio sull\u0027applicabilita\u0027 o  meno  della  confisca  per\nequivalente - non potesse porsi  un  problema  di  prevedibilita\u0027  in\nconcreto. \n    Quanto poi alla  natura  sanzionatoria  assegnata  alla  confisca\ndalle pronunce della Corte EDU, il pubblico ministero  rilevava  come\nsi trattasse di un orientamento giurisprudenziale che, come tale, era\ninidoneo a travolgere il giudicato. \n    Oltre a questo, insisteva  sul  fatto  che  la  lettura  testuale\ncomplessiva dell\u0027art.  11  della  legge  n.  146\\2006  non  limitasse\naffatto l\u0027applicazione della confisca per equivalente all\u0027ipotesi  di\nsentenza di condanna e che i beni sui quali si consolidava il vincolo\nerano gia\u0027 tutti sottoposti a sequestro preventivo,  nel  momento  in\ncui gli (allora) imputati avevano avanzato istanza di definizione  ai\nsensi dell\u0027art. 444 del codice di procedura penale. \n    Le  argomentazioni  prospettate  dalle  parti  sono   plurime   e\ncomplesse, pertanto richiedono una trattazione ordinata. \n2. Il giudicato. \n    In primo luogo, occorre rilevare quale sia l\u0027ambito di formazione\ndel giudicato. \n    Con la sentenza n. 340\\2017, il G.U.P.  presso  il  Tribunale  di\nArezzo applicava - tra gli altri - a M... F... la pena concordata con\nil pubblico ministero titolare del fascicolo. In tale  pronuncia,  il\ngiudice: \n        escludeva la sussistenza di elementi rilevanti ai fini  della\npronuncia ex art. 129 del codice di procedura penale (pag. 36); \n        riteneva sussistenti i fatti nella loro storicita\u0027 (pag. 37); \n        affermava la correttezza della  qualificazione  giuridica  ad\nessi ascritta  -  per  M...  F...  in  relazione  ai  capi  A)  e  B)\ndell\u0027imputazione (articoli 416 e 648 del codice penale) (pag. 38); \n        dichiarava la sussistenza del vincolo della continuazione tra\ni reati ascritti agli imputati (pag. 38); \n        affermava    la    sussistenza    del     requisito     della\ntransnazionalita\u0027 (pag. 40), in relazione ai reati-fine (pag. 48); \n        equiparava la sentenza di  applicazione  della  pena  ad  una\nsentenza di condanna, precisando che la pronuncia  ex  art.  444  del\ncodice di procedura penale comportasse  l\u0027applicazione  di  tutte  le\nconseguenze penali tipiche della condanna, salvo quelle espressamente\nescluse (pag. 41); \n        aggiungeva  che  l\u0027insussistenza   dei   requisiti   per   il\nproscioglimento ex  art.  129  del  codice  di  procedura  penale  si\nriverberasse sulla positiva  valutazione  in  ordine  ai  presupposti\napplicativi della confisca ex art. 11 della legge n.  146\\2006  (pag.\n45); \n        rilevava come la Convenzione delle Nazioni Unite sul  crimine\ntransnazionale - ratificata con la legge n. 146\\2006 - esprimesse una\nvolonta\u0027  politico-criminale  chiara:  l\u0027estensione   massima   della\nconfisca (pag. 46); \n        oltre  a  questo,  ricorreva  all\u0027interpretazione   letterale\ndell\u0027art. 11 legge cit.: il terzo inciso era palesemente riferito  al\nsecondo, mentre il primo restava generico (pag. 47) - sembrando, piu\u0027\nche altro, che il terzo sancisse l\u0027obbligo del  giudice  di  indicare\nspecificamente i beni da apprendere in  caso  di  condanna  in  senso\nformale; \n        osservava come, trattandosi di reati-contratto,  il  profitto\nfosse equivalente al valore economico dell\u0027intero negozio -  pari  al\nvalore del metallo oggetto dei plurimi episodi di ricettazione  (pag.\n52); \n        confermava l\u0027applicabilita\u0027 del principio solidaristico; \n        prendeva, quale valore di  riferimento  per  il  calcolo  del\nprofitto, il valore medio dell\u0027oro nel periodo di  riferimento  (euro\n40,00 al grammo). \n    La Corte di Cassazione con sentenza n. 16100 del 27 febbraio 2019\nrespingeva  i  ricorsi  promossi  dai   difensori   degli   imputati,\ndeterminando cosi\u0027 la formazione del giudicato.  In  particolare,  la\nCorte di Cassazione: \n        confermava la sussistenza del reato transnazionale  (pag.  8)\nin relazione ai reati-fine; \n        rappresentava come il G.U.P. avesse motivato sufficientemente\nin merito alla  insussistenza  degli  elementi  per  giungere  ad  un\nproscioglimento ex art. 129 del codice di procedura penale (pag. 9); \n        affermava che il terzo inciso  dell\u0027art.  11  della legge  n.\n146\\2006 («in tali casi»), dovesse intendersi  riferito  a  tutta  la\nnorma e non solo al secondo inciso relativo al delitto di usura (pag.\n12); \n        precisava, infatti, che la  norma  andasse  letta  alla  luce\ndello  spirito  della  Convenzione  delle  Nazioni  Unite   che:   a)\nrichiedeva di prevenire e combattere il  crimine  transnazionale  nel\nmodo  piu\u0027  efficace;  b)  parlava  genericamente   di   condanna   e\ncondannati, senza vincoli di modelli procedimentali; \n        confermava  la  congruita\u0027  del  quantum  confiscato   e   la\ncorrettezza del parametro di calcolo  preso  come  riferimento  (pag.\n18); \n        ribadiva  la  correttezza  dell\u0027applicazione  del   principio\nsolidaristico (pag. 19\\20). \n    Su  tali  basi,  il  pubblico  ministero   sosteneva   fortemente\nl\u0027intangibilita\u0027 del giudicato, non ravvisandosi le ipotesi di  legge\nche ne consentono la rimozione e trattandosi, al piu\u0027 di orientamenti\ngiurisprudenziali inidonei a metterlo in discussione,  anche  qualora\nsi faccia riferimento a pronunce  della  Corte  europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo. \n3. L\u0027argomentazione relativa all\u0027intangibilita\u0027 del giudicato. \n    La giurisprudenza ha avuto modo di prendere posizione sul tema in\nrelazione a specifiche ipotesi, senza  pero\u0027  arrivare  a  negare  in\nmaniera  netta  ed   indiscutibile   la   rilevanza   del   mutamento\ngiurisprudenziale. \n    In un caso, la Suprema Corte (Cassazione penale, Sez. 3, n. 32469\ndel 1° giugno 2023) affermava: «in tema di reati  edilizi,  non  puo\u0027\nessere revocata, ex art. 673  del  codice  di  procedura  penale,  la\nsentenza  che  abbia   dichiarato   estinta   per   prescrizione   la\ncontravvenzione di lottizzazione abusiva e  disposto  contestualmente\nla confisca delle opere ad essa relative nel caso in cui, in  assenza\ndi \"abolitio criminis\" derivante da abrogazione o da declaratoria  di\nillegittimita\u0027 costituzionale della norma, si verifichi un  mutamento\ndell\u0027orientamento giurisprudenziale  affermato  dalle  Sezioni  Unite\ndella Corte di Cassazione o dalla Corte EDU». \n    Nel caso di specie, la Corte precisava  come  l\u0027istituto  di  cui\nall\u0027art. 673 del codice di procedura penale - invocato dalla difesa -\nfosse ancorato a parametri precisi (abrogazione  o  dichiarazione  di\nillegittimita\u0027  costituzionale  della  norma   incriminatrice),   non\nsuscettibili di interpretazione estensiva. La Corte,  richiamando  la\nsentenza n. 230\\2012 della Corte  costituzionale,  escludeva  che  la\nretroattivita\u0027  della  lex  mitior  potesse  riferirsi  ai  mutamenti\ngiurisprudenziali, come il principio di intangibilita\u0027 del  giudicato\ngarantisse la certezza dei rapporti  giuridici  e  come  le  pronunce\ndella  Suprema  Corte  a  Sezioni  Unite   avessero   una   efficacia\nesclusivamente persuasiva e non cogente (pagine 5 e 6). \n    Concludeva, al paragrafo 2.2.2. (pag. 7) che, in  ogni  caso,  le\npronunce della Corte europea  dei  diritti  dell\u0027uomo  non  producono\nalcuna diretta conseguenza sulle fattispecie incriminatrici. \n    Vi e\u0027 da dire, pero\u0027, che in quel caso  il  parametro  richiamato\ndal ricorrente era quello  dell\u0027art.  673  del  codice  di  procedura\npenale e, dunque, le  argomentazioni  svolte  dalla  Corte  risultano\nineccepibili. \n    Ma circoscritte a quella specifica norma  e  non  estendibili  al\ncaso di specie. \n    Analogamente, Cassazione penale, Sez. 6, n. 19429  del  3  maggio\n2022: «non puo\u0027 essere fatta valere  come  ipotesi  di  revisione  la\ninutilizzabilita\u0027  sopravvenuta   delle   intercettazioni   poste   a\nfondamento della decisione derivante dal mutamento  giurisprudenziale\ndi cui alle Sez.U. \"...\"  del  2019,  successivo  all\u0027irrevocabilita\u0027\ndella sentenza, trattandosi del risultato di un\u0027evoluzione esegetica,\nconducente ad una rivalutazione delle prove gia\u0027 assunte, inidoneo  a\ntravolgere il giudicato». \n    Nel caso in parola, la Corte  affermava  l\u0027inapplicabilita\u0027,  nel\ngiudizio di revisione,  del  mutamento  giurisprudenziale  favorevole\nsuccessivo al giudicato, poiche\u0027  coinvolgente  la  rivalutazione  di\nprove la cui utilizzabilita\u0027 non era stata eccepita nel  giudizio  di\ncognizione. \n    Anche in questo caso, pero\u0027, vengono in rilievo  le  peculiarita\u0027\nproprie del giudizio di revisione e la circostanza che  la  questione\nnon fosse mai stata eccepita prima di allora. \n    Nel procedimento che ha visto coinvolto  M...  F...,  invece,  la\nquestione  dell\u0027applicabilita\u0027  della  confisca  per  equivalente  in\npresenza di una sentenza ex art. 444 del codice di  procedura  penale\ne\u0027 stata  sollevata  e  trattata  in  molteplici  udienze,  sollevata\ndinanzi ai giudici  di  legittimita\u0027  e,  oggi,  con  l\u0027incidente  di\nesecuzione. \n    E proprio in tema  di  incidente  di  esecuzione,  si  registrava\nun\u0027apertura da parte della Corte di Cassazione. \n    Le Sezioni Unite, con sentenza  n.  18288  del  21  giugno  2010,\naffermavano che il requisito dei «nuovi  elementi»  -  indispensabili\nquali condizione di ammissibilita\u0027 ex art. 666, comma 2,  del  codice\ndi procedura penale - dovesse intendersi riferito: a)  sia  ai  nuovi\nelementi di fatto; b) che ai nuovi elementi di diritto. \n    Tra i nuovi  elementi  di  diritto,  deve  annoverarsi  anche  il\nmutamento giurisprudenziale a Sezioni Unite; cio\u0027 perche\u0027  «s\u0027impone,\ninvece, una interpretazione sistematica dell\u0027art. 666 del  codice  di\nprocedura  penale,  comma  2,  alla  luce  delle  disposizioni  della\nConvenzione europea dei diritti  dell\u0027uomo  (CEDU),  con  particolare\nriferimento al principio di legalita\u0027 penale di cui all\u0027art. 7, cosi\u0027\ncome  interpretato  dalla  giurisprudenza  comunitaria,  in  modo  da\nsoddisfare l\u0027esigenza di  una  interazione  dialogica  tra  attivita\u0027\nermeneutica  del  giudice  nazionale  e  di  quello  europeo,   nella\nprospettiva della piu\u0027 completa tutela dei diritti fondamentali della\npersona» (par. 5, ultimo capoverso). \n    A ben vedere, che l\u0027orientamento giurisprudenziale consolidato  e\nquello espresso dalla Suprema Corte a Sezioni  Unite  abbia  un  peso\nsempre maggiore, si ricava non  solo  dagli  obblighi  internazionali\npattizi, ma anche dall\u0027art. 618, comma 1-bis, del codice di procedura\npenale. \n    Il diritto vivente e\u0027, infatti, espressione  dell\u0027interpretazione\nche il giudice da\u0027 alla norma e l\u0027articolo citato pare assimilare  il\n«diritto  giurisprudenziale»  a  quello  positivo;  anche  se,   come\nprecisato da Cassazione a Sezioni Unite n. 8052 del 26 ottobre  2023:\n«un  consolidamento  della  funzione  nomofilattica  della  Corte  di\ncassazione attraverso il ruolo rafforzato che  viene  assegnato  alle\nSezioni Unite, le  cui  sentenze  possono  avere  valore  formale  di\nprecedente nei confronti delle altre Sezioni  penali  della  Corte  a\ndeterminate condizioni ed entro  certi  limiti;  un  precedente  che,\nancorche\u0027 fluido e superabile, produce  un  vincolo  ed  esprime  una\nregola    di    stabilizzazione    rispetto    alla    quale    viene\nprocedimentalizzato l\u0027eventuale dissenso della Sezione semplice». \n    Insomma, il vincolo del precedente opera per le sezioni  semplici\ndella Corte di Cassazione, ma non  per  il  giudice  di  merito.  Per\nquest\u0027ultimo,  resta  pero\u0027  quella  nota  efficacia  persuasiva  dei\npronunciamenti a Sezioni Unite. \n    E proprio nelle S.U. ..., la Corte  aggiunge:  «il  rispetto  dei\nrequisiti qualitativi di accessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 della  norma\ne\u0027 conseguente al grado di precisione non solo del testo di legge, ma\nanche alla stabilizzazione dell\u0027orientamento ermeneutico interno  che\nquella disposizione scolpisce nella sua portata.  Non  si  tratta  di\nequiparare il diritto vivente  alla  legge,  quanto,  piuttosto,  di\u0027\nriconoscere al primo un ruolo, una funzione che interferisce  con  la\nragionevole prevedibilita\u0027 delle decisioni future»  (Cassazione  S.U.\nn. 8052 del 26 ottobre 2023). \n    A tale conclusione, la  Suprema  Corte  giunge  proprio  in  base\nall\u0027interpretazione data dalla Corte europea  dei  diritti  dell\u0027uomo\nall\u0027art. 7 della Convenzione: «per effetto dell\u0027esplicito riferimento\nal \"diritto\" (\"law\") -  e  non  soltanto  alla  \"legge\"  -  contenuto\nnell\u0027art. 7, la giurisprudenza di Strasburgo, infatti,  ha  inglobato\nnel concetto di legalita\u0027 sia il diritto  di  produzione  legislativa\nche quello di derivazione giurisprudenziale, riconoscendo al  giudice\nun ruolo fondamentale nella individuazione dell\u0027esatta portata  della\nnorma penale, il cui significato e\u0027 reso esplicito dalla combinazione\ndi  due  dati;  quello  legislativo  e  quello  interpretativo  (cfr.\nsentenze della Corte europea dei diritti dell\u0027uomo  24  aprile  1990,\ncaso Kruslin c/ Francia; 12 febbraio 2008, caso Kafkaris c/ Cipro; 15\nnovembre  1996,  caso  Cantoni  c/  Francia;  25  maggio  1993,  caso\nKokkinakis c/ Grecia). Tale  visione  sostanziale  del  principio  di\nlegalita\u0027 si confronta  peraltro,  secondo  la  giurisprudenza  della\nCorte di Strasburgo, con particolari  condizioni  qualitative,  quali\nl\u0027accessibilita\u0027 della norma penale e la  ragionevole  prevedibilita\u0027\ndelle sue conseguenze (cfr. sentenze Corte europea Cantoni c/ Francia\nsuccitata; 22 novembre 1995, caso S.W. e  C.R.  c/  Regno  Unito;  29\nmarzo 2006, caso Achour c/ Francia)» (Cassazione S.U. n. 18288 del 21\ngennaio 2010). \n    Visione sostanziale del principio  di  legalita\u0027.  Questo  e\u0027  il\npunto. \n    E proprio le norme della Convenzione europea per la  salvaguardia\ndei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali - nel significato\nloro  attribuito  dalla  Corte   europea   dei   diritti   dell\u0027uomo,\nspecificamente  istituita  per  dare  ad  esse   interpretazione   ed\napplicazione  -  integrano  quali  norme  interposte   il   parametro\ncostituzionale espresso dall\u0027art. 117, comma  1,  della  Costituzione\n(Corte costituzionale n. 264\\2012) e la  loro  peculiarita\u0027  consiste\nproprio nella soggezione a tale interpretazione, alla quale gli Stati\ncontraenti, salvo l\u0027eventuale scrutinio  di  costituzionalita\u0027,  sono\nvincolati ad uniformarsi (Corte costituzionale n. 39\\2008). \n    E quanto alla rilevanza del mutamento giurisprudenziale: «quando,\nnelle more di un giudizio incidentale, la giurisprudenza della  Corte\neuropea dei diritti dell\u0027uomo attribuisce  alla  norma  convenzionale\ninterposta  un  nuovo  significato,  con   potenziale   effetto   sui\npresupposti della questione di legittimita\u0027 costituzionale, gli  atti\ndevono essere restituiti al giudice a quo, affinche\u0027 proceda  ad  una\nvalutazione della perdurante rilevanza  della  questione,  alla  luce\ndella    giurisprudenza    costituzionale    sopravvenuta»     (Corte\ncostituzionale sentenza n. 43\\2018). \n    Se dunque le pronunce della Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo\nnon sono idonee a travolgere direttamente il giudicato, sono pero\u0027 in\ngrado - in presenza  di  orientamenti  consolidati  -  di  consentire\nall\u0027interprete di verificare la legalita\u0027 o meno di una misura. \n    Quindi, nel caso di specie, non si  tratta  di  affermare  se  un\nsuccessivo mutamento giurisprudenziale possa travolgere il giudicato.\nBensi\u0027 di capire se: \n        con specifico riferimento alla confisca di  cui  all\u0027art.  11\ndella legge n. 146\\2006, si sia in presenza di  una  pena  o  meno  -\nsecondo  i  parametri  stabiliti  dalla  Corte  europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo e dalla giurisprudenza interna; \n        in base alla conclusione  raggiunta,  se  la  norma  invocata\nrispetti il canone  della  prevedibilita\u0027  e  della  legalita\u0027,  come\ndescritto nella Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali ed interpretato dalla Corte. \n    Non   si   tratta   quindi   dell\u0027incidenza   di   pronunciamenti\ngiurisprudenziali, anche  successivi,  su  una  confisca  definitiva,\nbensi\u0027 di  verificare  se  la  norma  invocata  e  su  cui  si  fonda\nl\u0027ablazione rispetti i parametri sovranazionali, conferendo legalita\u0027\nalla misura applicata al ricorrente. \n    Tale verifica passa  inevitabilmente  per  la  valutazione  sulla\nnatura della sentenza di applicazione pena ed il confronto tra questa\ne quella di condanna pronunciata all\u0027esito di un  dibattimento  o  di\nrito abbreviato. \nGli argomenti a  sostegno  della  non  manifesta  infondatezza  della\nquestione. \n4. La confisca ex art. 11 della legge n. 146\\2006. \n    L\u0027importanza di indagare sulla natura giuridica di un istituto e\u0027\nevidenziata dalla stessa Corte costituzionale, allorquando  sconfessa\nl\u0027assunto  per  il  quale  ogni   misura   limitativa   dei   diritti\nfondamentali applicati da un giudice penale in connessione a un fatto\ndi reato ha natura punitiva; infatti, «la natura delle varie forme di\nconfisca deve essere valutata in relazione allo specifico  oggetto  e\nalla relativa finalita\u0027». \n    Il discrimine risiede, dunque, nella finalita\u0027: se  la  misura  -\nper come concepita dal legislatore -  sia  tesa  a  neutralizzare  il\npericolo di commissione di nuovi  fatti  previsti  dalla  legge  come\nreato o se sia tesa a  punire  per  il  fatto  gia\u0027  commesso  (Corte\ncostituzionale n. 5\\2023). \n    La Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo  ha  fatto  propria  una\nconcezione autonomista  tanto  di  pena,  quanto  di  accusa  penale,\nfornendo alcuni criteri (noti come «Engel criteria» - Engel v.  Paesi\nBassi  dell\u00278  giugno  1976):  in  partica,  indipendentemente  dalla\nqualificazione ascritta  dal  diritto  interno,  l\u0027interprete  dovra\u0027\nguardare alla natura dell\u0027illecito, alla gravita\u0027  della  sanzione  -\ndesumibile  dallo  scopo,  preventivo  o  repressivo  -  nonche\u0027  dal\nprocedimento di applicazione della sanzione. \n    Se e\u0027 vero (in  base  a  quanto  argomentato  nel  paragrafo  che\nprecede) che l\u0027ordinamento nazionale deve  accedere  ad  una  visione\nsostanziale del principio di legalita\u0027 (come imposto  dalla  CEDU)  e\nche tale visione presuppone che la prevedibilita\u0027 della norma dipenda\nanche dalla giurisprudenza - che  definisce  l\u0027esatta  portata  della\nnorma penale - occorre allora chiedersi quanto siano consolidati  gli\norientamenti in materia di confisca per equivalente. \n    Con la sentenza n. 10561 del 30 gennaio 2014 (Gubert),  la  Corte\ndi Cassazione a Sezioni Unite si pronunciava sul sequestro preventivo\nfinalizzato  alla  confisca  per  equivalente  in  materia  di  reati\ntributari e, in particolare,  se  questa  potesse  estendersi,  oltre\nall\u0027imputato persona fisica, anche alla  persona  giuridica  (per  le\nviolazioni commesse dal legale rappresentante). \n    Nel   riconoscerne   la   natura   eminentemente    sanzionatoria\ndell\u0027istituto di cui all\u0027art. 322-ter del codice  penale  -  gia\u0027  in\nvigore  nella  sua  attuale  formulazione  -  (come  del  resto  gia\u0027\nanticipato da Cassazione S.U. n. 18374 del 31  gennaio  2013,  ...  -\nultimo capoverso del par. 2.8. pag. 14) e delle ipotesi  di  confisca\nche  espressamente  lo  richiamano,  la   Suprema   Corte   escludeva\nl\u0027applicazione di tale misura nei confronti della persona  giuridica,\nsul presupposto che il decreto legislativo  n. 231\\2001  contemplasse\nsolo  una  responsabilita\u0027  amministrativa  dell\u0027ente   e   non   una\nresponsabilita\u0027 penale; in sostanza,  la  societa\u0027  non  essendo  mai\nautore del reato - ne\u0027 concorrente nello stesso  -  non  puo\u0027  essere\ndestinataria di una misura integrante una pena (secondo  i  parametri\nofferti dalla CEDU). \n    Con la sentenza n. 31617 del 26 giugno  2015  (...),  le  Sezioni\nUnite ribadivano la natura sanzionatoria dell\u0027art. 322-ter del codice\npenale - e di  conseguenza  di  tutte  le  norme  che  ne  richiamano\nl\u0027applicazione - perche\u0027 «connotata dal carattere afflittivo e da  un\nrapporto consequenziale alla  commissione  del  reato  proprio  della\nsanzione penale, mentre esula  dalla  stessa  qualsiasi  funzione  di\nprevenzione che costituisce la principale finalita\u0027 delle  misure  di\nsicurezza» (pag. 34). \n    Sulla scorta di tale ragionamento, la Suprema Corte escludeva che\nsi potesse applicare la confisca per equivalente in presenza  di  una\ndeclaratoria di estinzione del reato  per  intervenuta  prescrizione,\nanche qualora preceduta da una pronuncia di condanna (par.  12,  pag.\n35, riservando tale possibilita\u0027 solo alla  confisca  del  prezzo  ex\nart. 240, comma 2, n. 1,  del  codice  penale  o  del  prezzo  e  del\nprofitto del reato ex art. 322-ter del codice penale, sempre  che  si\ntrattasse di confisca diretta). \n    Venendo ai giorni  nostri,  con  la  sentenza  n.  13783  del  26\nsettembre 2024 (ricorrenti: ... e ...), le Sezioni Unite effettuavano\ndei distinguo di rilievo: \n        in primo luogo, la confisca diretta  si  fonda  sull\u0027idea  di\npericolosita\u0027 della cosa - intesa o come sua attitudine  a  cagionare\nun danno,  o  come  incentivo  per  il  reo  a  commettere  ulteriori\nilleciti. E\u0027 una pericolosita\u0027 di  relazione,  dunque  l\u0027istituto  e\u0027\nteso a prevenire la commissione di ulteriori reati e non ha carattere\npunitivo (pag. 14). \n        Il requisito del nesso di derivazione  diretta  del  profitto\ndal reato, opera anche per  i  beni  costituenti  «provento»  (cioe\u0027,\nquelli che rappresentano il primo reimpiego di quelli che derivano in\nvia immediata e diretta dal delitto), purche\u0027 siano  individuati  con\ncertezza tutti i passaggi e le trasformazioni del profitto originario\n(pag. 15). \n        In tutti questi casi, si e\u0027 sempre in  presenza  di  confisca\ndiretta  (ndr:  prevista  dall\u0027art.  445,  comma  1,  del  codice  di\nprocedura penale); \n        quanto alla confisca per equivalente, la Corte  precisava  la\nnecessita\u0027 di una base legale,  cioe\u0027  di  una  specifica  norma  che\nconsenta di procedere con tale forma di ablazione. \n        Richiamava la Corte costituzionale (n. 97\\2009) che ne  aveva\nescluso l\u0027applicazione retroattiva (alla  neo-introdotta  misura  per\ncerti reati tributari) sul presupposto della sua natura sanzionatoria\ndesumibile: a) dalla mancanza di pericolosita\u0027 dei beni  attinti;  b)\ndall\u0027assenza di un nesso di pertinenzialita\u0027 con il reato. A seguire,\nla Corte menzionava le pronunce di rilievo della  Corte  europea  dei\ndiritti dell\u0027uomo e i precedenti di legittimita\u0027 conformi (da ultimo,\nCassazione S.U. n. 4145 del 29 settembre 2022, ...); \n        la Corte aggiungeva: «la confisca, se diretta, sarebbe sempre\nuna misura di sicurezza, come  tale  sottratta  alle  garanzie  della\nlegalita\u0027 penale e, invece, se per equivalente,  sarebbe  sempre  una\nsanzione, una pena, sottoposta, per tale ragione,  alle  fondamentali\ngaranzie derivanti dal principio di legalita\u0027». Ebbene,  al  fine  di\nevitare simili affermazioni perentorie, la Corte invitava  ad  alcune\nriflessioni: \n          1) il carattere di  afflittivita\u0027  della  misura  puo\u0027  non\ncoincidere con quello della punizione, nel senso che se e\u0027  vero  che\nogni pena e\u0027 afflittiva, non ogni misura afflittiva e\u0027 punizione. \n          Piu\u0027  semplicemente:  punizione  e\u0027   sofferenza   per   la\nviolazione di un precetto e, in  quanto  tale,  deve  avere  funzione\nrieducativa; invece, «se  l\u0027afflizione  che  consegue  alla  confisca\nderiva solo dalla mera eliminazione dal patrimonio del reo di un bene\nche non sarebbe stato acquisito se non fosse stato commesso il reato,\nla misura mantiene un carattere afflittivo ma  non  assume  anche  un\ncontenuto punitivo» (pag. 20). \n          La  bonifica  dal  patrimonio  dell\u0027agente   del   profitto\nillecito - per ribadire che «il reato non paga» e che l\u0027accrescimento\nderivante  da  condotte  penalmente  rilevanti  e\u0027  sempre  privo  di\nlegittima giustificazione -  spiega  il  carattere  di  affiittivita\u0027\ndella misura  per  equivalente,  ma  non  anche  quello  strettamente\npunitivo; \n          2) per spiegare il carattere  punitivo,  la  Suprema  Corte\nrichiamava la sentenza della Corte costituzionale n. 112\\2019,  nella\nquale  il  giudice  delle  leggi  operava  una  distinzione  in  base\nall\u0027oggetto della confisca: se si tratta del profitto o  del  prezzo,\nanche se per equivalente, la confisca ha una funzione  essenzialmente\ndi riequilibrio, ripristinatoria; nel caso in cui invece  attenga  al\nprodotto o ai beni utilizzati, puo\u0027 assumere carattere punitivo. \n          In pratica, «le confische assumono carattere punitivo, solo\nquando infliggono all\u0027autore dell\u0027illecito una limitazione al diritto\ndi proprieta\u0027 di portata superiore a  quella  che  deriverebbe  dalla\nmera ablazione  dell\u0027ingiusto  vantaggio  economico.  Dunque,  se  la\nconfisca - diretta o per equivalente - non sottrae piu\u0027 di quanto sia\nstato  conseguito  dall\u0027illecito,  essa  ha   carattere   afilittivo,\nripristinatorio, ma non anche punitivo» (pag. 22). \n          La conseguenza che se  ne  trae  e\u0027  che  per  le  sanzioni\npara-penali a carattere solo afflittivo,  si  applicano  le  garanzie\nconnesse  al  principio   di   legalita\u0027,   quali   i   principi   di\nirretroattivita\u0027 e di proporzionalita\u0027 delle pene; solo a quelle  che\nsi connotino anche per il carattere punitivo,  si  applica  anche  il\nprincipio di rieducazione della pena; \n          3) se e\u0027 vero che la confisca  per  equivalente  ha  natura\nsanzionatoria perche\u0027 rompe il nesso di pertinenzialita\u0027 tra il  bene\ne il reato, e\u0027 anche vero che non incide sull\u0027identita\u0027  quantitativa\ndel  rapporto  tra  reato  e  reo  poiche\u0027,   con   l\u0027ablazione   per\nequivalente, si ribadisce la sua essenza recuperatoria. \n    Ne deriva che, in quanto sussidiaria e a chiusura del sistema, la\nconfisca per equivalente partecipa della  natura  di  quella  diretta\n(pag. 23). \n    Nello stesso senso si esprimeva  anche  la  Corte  costituzionale\nnella sentenza n. 7\\2025: «Come questa Corte ha gia\u0027 avuto  occasione\ndi rilevare nella sentenza n. 5 del 2023, non  tutte  le  misure  che\nrientrano nella  competenza  del  giudice  penale  sono  soggette  al\nmedesimo statuto di garanzia. La Costituzione prevede, al  secondo  e\nal terzo comma dell\u0027art. 25, una diversa estensione del principio  di\nlegalita\u0027 in  materia,  rispettivamente,  di  pene  e  di  misure  di\nsicurezza. E persino il principio di proporzionalita\u0027 - che  pure  e\u0027\n«requisito di sistema nell\u0027ordinamento  costituzionale  italiano,  in\nrelazione a ogni atto dell\u0027autorita\u0027  suscettibile  di  incidere  sui\ndiritti fondamentali dell\u0027individuo» (sentenza n. 24 del 2019,  punto\n9.7.3.  del  Considerato  in  diritto)   -   si   declina   in   modo\nnecessariamente differente laddove sia riferito  a  misure  orientate\nprimariamente  a  punire  l\u0027interessato  per  un  fatto   da   questi\ncolpevolmente commesso, oppure a prevenire un pericolo (come nel caso\ndelle misure di sicurezza e  delle  misure  cautelari),  o  ancora  a\nripristinare  semplicemente  la  situazione,  fattuale  e  giuridica,\npreesistente  al  reato  [...]  Ora,  come  gia\u0027  sottolineato  nella\nsentenza n. 112 del 2019, la confisca del «profitto» di  un  illecito\nha  «mera  funzione  ripristinatoria  della  situazione  patrimoniale\nprecedente» alla commissione del fatto in capo all\u0027autore.  Una  tale\nosservazione vale,  allo  stesso  modo,  per  le  confische  disposte\ndall\u0027autorita\u0027 amministrativa  e  per  quelle  disposte  dal  giudice\npenale. Anche in relazione a queste  ultime,  infatti,  la  finalita\u0027\nessenziale della misura  risiede  nel  sottrarre  al  reo  l\u0027utilita\u0027\neconomica acquisita mediante la violazione della legge penale, e  che\negli non ha il diritto di trattenere, proprio in  ragione  della  sua\norigine  radicalmente  illecita.  Cio\u0027  che   esclude   quell\u0027effetto\npeggiorativo della  sua  situazione  patrimoniale  preesistente,  che\nnecessariamente inerisce alle sanzioni dal contenuto  «punitivo».  Al\ncontrario,  la  confisca  dei   «beni   utilizzati   per   commettere\nl\u0027illecito» (o semplicemente «beni strumentali\u0027) incide su  beni  non\nottenuti attraverso un\u0027attivita\u0027 criminosa, e che dunque, di  regola,\nerano legittimamente posseduti dall\u0027autore del reato al  momento  del\nfatto;  sicche\u0027  la  loro  ablazione  ad  opera  del  giudice  penale\ndetermina  un  peggioramento  della   sua   situazione   patrimoniale\npreesistente al reato. Il che  senz\u0027altro  esclude  che  tale  misura\npossa avere una natura meramente «ripristinatoria» dello  status  quo\nante [...] In linea generale, infatti, la  confisca  per  equivalente\nmira a far si\u0027 che il reo subisca, nel suo patrimonio complessivo, la\nmedesima perdita -  in  termini  economici  -  che  avrebbe  sofferto\nladdove fosse stato possibile eseguire, in via  diretta,  l\u0027ablazione\ndegli specifici beni dei quali la legge dispone la confisca;  si\u0027  da\nevitare che egli possa continuare a godere delle  utilita\u0027  derivanti\nda tali beni, una volta che li abbia comunque messi al  riparo  dalla\npretesa ablatoria statale. Laddove, dunque, la confisca di un bene  o\ndi una somma di denaro abbia natura di pena, quella  medesima  natura\ndovra\u0027 essere ascritta anche alla corrispondente ipotesi di  confisca\nper equivalente». \n    C\u0027e\u0027 da dire che gli attuali interventi  giurisprudenziali  hanno\nuna portata travolgente. Si e\u0027 passati dal sostenere che, \n        di  sicuro,   la   confisca   per   equivalente   ha   natura\neminentemente sanzionatoria (in quanto  i  beni  attinti  mancano  di\npericolosita\u0027 e vista l\u0027assenza di un nesso di  pertinenzialita\u0027  tra\nquesti ed il reato; \n        con  la  conseguente  piena   applicazione   delle   garanzie\ncostituzionali legate al concetto di pena), ad affermare che; \n        ha  certamente  natura  afflittiva  (per  l\u0027eliminazione  dal\npatrimonio del reo di un bene che non sarebbe stato acquisito se  non\nfosse stato commesso il reato), ma non certamente punitiva. \n        Tale caratteristica deve essere valutata di volta  in  volta,\nverificando se la misura  si  limiti  a  ripristinare  la  situazione\neconomica precedente al delitto o se sottragga al reo piu\u0027 di  quanto\nacquisito con il crimine. \n    Le conseguenze non sono cosi\u0027 irrilevanti: \n        se la misura fosse valutata  come  afflittiva  ma  non  anche\npunitiva, troveranno  applicazione  i  principi  di  irretroattivita\u0027\n(come declinato per le misure di sicurezza) e di proporzionalita\u0027; \n        se  la  misura  fosse  valutata  come  afflittiva  ed   anche\npunitiva, troveranno applicazione i principi di irretroattivita\u0027,  di\nproporzionalita\u0027 e di rieducazione. \n    Per fortuna, tale distinzione non rileva nel caso di  specie  dal\nmomento che il tema centrale attiene alla prevedibilita\u0027 della misura\nin  questione,  quale   corollario   del   principio   di   legalita\u0027\ndisciplinante tanto le pene, quanto le misure di sicurezza. \n    Infatti,  il  principio  di  tassativita\u0027,  che   ha   fondamento\nnell\u0027art. 25 della Costituzione, pone l\u0027obbligo  sul  legislatore  di\nprevedere i  fatti  costituenti  reato  e  le  pene  conseguenti  con\nsufficiente precisione, cosi\u0027 da rendere prevedibili  le  conseguenze\ndi un\u0027azione\\omissione  e  da  consentire  ai  singoli  di  orientare\nliberamente  le  proprie  condotte.  Parimenti,  garantisce  che   la\nprevisione di qualunque misura di sicurezza, la pari della pena,  sia\ndemandata alla legge, la quale deve elencare tassativamente i casi in\ncui il giudice puo\u0027 applicarla e determinarne il tipo. \n    Passando alla norma che qui viene in rilievo, questa recita: \n        «1. Per i reati di  cui  all\u0027art.  3  della  presente  legge,\nqualora la confisca delle cose  che  costituiscono  il  prodotto,  il\nprofitto o il prezzo del reato non sia possibile, il  giudice  ordina\nla confisca di somme di denaro, beni od altre utilita\u0027 di cui il  reo\nha  la  disponibilita\u0027,  anche  per  interposta  persona   fisica   o\ngiuridica, per un valore corrispondente a tale prodotto,  profitto  o\nprezzo. In caso di usura e\u0027  comunque  ordinata  la  confisca  di  un\nimporto pari al valore degli  interessi  o  degli  altri  vantaggi  o\ncompensi usurari. In tali  casi,  il  giudice,  con  la  sentenza  di\ncondanna, determina le somme di  danaro  o  individua  i  beni  o  le\nutilita\u0027  assoggettati  a  confisca  di  valore   corrispondente   al\nprodotto, al profitto o al prezzo del reato». \n    Trattasi di norma a carattere sostanziale e non processuale. \n    Facendo applicazione  dei  nuovi  criteri  che  devono  orientare\nl\u0027interprete, alla luce della recente giurisprudenza di  legittimita\u0027\ne  costituzionale,  non  puo\u0027  che  concludersi   per   la   funzione\nripristinatoria - e quindi per la natura afflittiva e non punitiva  -\ndella confisca prevista dall\u0027art. 11 della legge n. 146\\2006. \n    Essa: \n        e\u0027 applicata in relazione  ad  un  fatto  costituente  reato,\nconnotato dalla transnazionalita\u0027, ed e\u0027 obbligatoria; \n        i beni che colpisce non hanno alcun legame con il  reato,  ma\nvengono attinti dal vincolo indipendentemente dal fatto che abbiano o\nmeno un\u0027origine lecita; \n        non ha finalita\u0027 preventiva, posto che  non  e\u0027  orientata  a\nprevenire la commissione di futuri reati, ma a  colpire  il  reo  per\nquelli gia\u0027 commessi con l\u0027intento di eliminare  dal  suo  patrimonio\nuna posta economica  -  irrilevante  nella  sua  identificazione,  ma\nrilevante solo nel quantum  -  di  valore  equivalente  al  prodotto,\nprofitto, prezzo del reato; \n        persegue lo scopo di eliminare una posta patrimoniale che  il\nreo non avrebbe qualora non avesse commesso il reato. \n    Ad ogni modo, qualunque sia la natura che si  voglia  riconoscere\nall\u0027ablazione ex art. 11 cit., la stessa e\u0027 sottoposta  al  principio\ndi legalita\u0027. \n    Sulla scorta di quanto ricostruito, si e\u0027 in presenza di pronunce\ndella Corte di Cassazione a  Sezioni  Unite  -  e,  in  quanto  tali,\nvincolanti  per  le  Sezioni  semplici  e  ad  efficacia   fortemente\npersuasiva  per  il   giudice   di   merito   -   non   perfettamente\nsovrapponibili. \n    Se al momento della celebrazione del processo, gli imputati erano\ncerti che fosse loro applicata una misura a carattere punitivo,  oggi\nquesta certezza non c\u0027e\u0027 piu\u0027. \n    Il  confronto  tra  i  consolidati   principi   giurisprudenziali\npregressi ed i nuovi criteri fissati dalla stessa  giurisprudenza  di\nlegittimita\u0027 e costituzionale determina incertezza e,  pertanto,  non\ne\u0027 in grado di integrare il  parametro  della  prevedibilita\u0027,  cosi\u0027\ncome  declinato  dalla  giurisprudenza  di  Strasburgo  in  relazione\nall\u0027art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti\ndell\u0027uomo  e  delle  liberta\u0027  fondamentali  e  recepito  nel  nostro\nordinamento  per  il  tramite   dell\u0027art.   117,   comma   1,   della\nCostituzione. \n5. La sentenza di condanna e la sentenza di applicazione pena. \n    A questo punto, occorre verificare se la confisca per equivalente\nfosse misura  prevedibile  nella  sua  applicazione  per  coloro  che\ndefinirono  la  posizione  ai  sensi  dell\u0027art.  444  del  codice  di\nprocedura penale. \n    Deve  dirsi  sin  d\u0027ora  che  la  questione  non   attiene   alla\nprevedibilita\u0027 in concreto -  per  la  quale  il  pubblico  ministero\ndepositava tutti i verbali dell\u0027udienza preliminare, ma a  quella  in\nastratto. \n    Vale a dire se l\u0027art.  11  della legge  n.  146\\2006  rispetti  i\nparametri di sufficiente prevedibilita\u0027, imposti  dagli  articoli  25\ndella Costituzione e 117 della Costituzione, in relazione all\u0027art.  7\ndella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e\ndelle  liberta\u0027  fondamentali  come  interpretato  dalla   Corte   di\nStrasburgo. \n    Si  ricorda  che  «il  rispetto  dei  requisiti  qualitativi   di\naccessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 della norma e\u0027 conseguente  al  grado\ndi  precisione  non  solo  del  testo  di  legge,   ma   anche   alla\nstabilizzazione  dell\u0027orientamento  ermeneutico  interno  che  quella\ndisposizione scolpisce nella sua portata. Non si tratta di equiparare\nil diritto vivente alla legge, quanto, piuttosto, di  riconoscere  al\nprimo un ruolo, una finzione  che  interferisce  con  la  ragionevole\nprevedibilita\u0027 delle decisioni future» (Cassazione S.U. n.  8052  del\n26 ottobre 2023). \n    Del resto, la stessa Corte europea dei diritti dell\u0027uomo -  nella\nsentenza ... c. Italia del 14 aprile 2015 - faceva riferimento ad  un\nconcetto di prevedibilita\u0027 oggettiva, vale a dire non  ancorata  alle\ncaratteristiche personali e professionali del singolo agente,  bensi\u0027\nall\u0027esistenza oggettiva di contrasti o poca chiarezza in merito  alla\nportata applicativa della disposizione penale. \n    La valutazione sull\u0027accessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 dell\u0027art.  11\ndella  legge  n.  146\\2006  passa  inevitabilmente  dall\u0027analisi  del\nconcetto di sentenza «condanna»  e  sulla  sua  sovrapponibilita\u0027  (o\nmeno) alla sentenza di applicazione pena  su  richiesta  delle  parti\n(non contemplata testualmente). \n    In passato, l\u0027art. 444 del codice di procedura penale sanciva  un\ngenerale principio di equiparazione della  sentenza  di  applicazione\npena alla sentenza di condanna, ad eccezione  di  quelle  conseguenze\nespressamente  escluse  dal  legislatore  (ad  esempio,  se  la  pena\nirrogata non supera i due anni, non comporta il pagamento delle spese\nprocessuali, ne\u0027 l\u0027applicazione di pene accessorie  o  di  misure  di\nsicurezza ad eccezione della confisca ex art. 240 del codice penale). \n    Tale argomento era valorizzato sia dal giudice di I° grado  (pag.\n41, laddove affermava che l\u0027accordo comporta l\u0027applicazione di  tutte\nle conseguenze penali della sentenza di  condanna  non  espressamente\nescluse), sia dalla Corte di Cassazione n. 16100 del 27 febbraio 2019\n- che determinava il passaggio in  giudicato  nel  presente  processo\n(pag.  16,  laddove  precisava  che,  in   tema   di   confisca,   la\ndiscrezionalita\u0027 del  giudice  si  ri-espande  come  in  una  normale\nsentenza di condanna, non essendo questa parte dell\u0027accordo). \n    Gia\u0027 oggi l\u0027affermazione della Corte di  Cassazione  non  sarebbe\npiu\u0027 sostenibile: con il decreto legislativo  n.  150\\2022  e\u0027  stato\nmodificato l\u0027art. 444, comma  1,  del  codice  di  procedura  penale,\nconsentendo all\u0027imputato  ed  al  pubblico  ministero  di  accordarsi\n(ferma  la  successiva  ratifica  del  giudice)  anche   sulle   pene\naccessorie, sulla loro durata ed altresi\u0027 sulla confisca facoltativa. \n    E\u0027 vero che la Corte costituzionale, nella sentenza  n.  336\\2009\n(richiamata anche dalla Corte di Cassazione n. 16100 del 27  febbraio\n2019), affermava la piena equiparazione tra i due tipi  di  sentenza,\nma tale sovrapposizione era relativa ai  rapporti  fra  giurisdizioni\ndiverse  e  connessa  alla  necessita\u0027  di  evitare   contrasti   tra\ngiudicati. \n    Non si avventurava ad equiparare i due tipi  di  accertamento  di\nresponsabilita\u0027 penale sottesi all\u0027inflizione della pena. \n    Del resto, quanto alla natura dell\u0027accordo di  cui  all\u0027art.  444\ndel codice di procedura penale, deve riconoscersi non  il  valore  di\nammissione di responsabilita\u0027  (tesi  minoritaria),  bensi\u0027  la  mera\nscelta dell\u0027imputato di rinunciare a difendersi (tesi maggioritaria). \n    Tale  impostazione,  in  aggiunta,  parrebbe   confermata   dalle\nmodifiche introdotte con la c.d. riforma Cartabia all\u0027art. 445, comma\n1-bis, del codice di procedura penale -  riforma  che  ha  introdotto\nipotesi espresse di inefficacia della sentenza ex art. 444 del codice\ndi procedura penale in altri giudizi (compresi  quelli  disciplinari,\nai quali ineriva la sentenza n. 336\\2009 della Corte  costituzionale,\nappena citata). \n    Oltretutto, testualmente, l\u0027art. 445,  comma  1,  del  codice  di\nprocedura penale richiama in maniera espressa  solo  la  confisca  ex\nart. 240 del codice penale - quindi diretta, sia essa  facoltativa  o\nobbligatoria - non anche equivalente. \n    E, a ben vedere, quando il legislatore ha inteso  far  discendere\nl\u0027applicazione della confisca per equivalente a fronte di sentenze di\napplicazione pena, lo ha  chiaramente  positivizzato  nelle  relative\ndisposizioni di legge. \n    Anche tale osservazione, sembrerebbe  condurre  alla  conclusione\ndella  diversa  natura  tra  sentenza  di  condanna  e  sentenza   di\napplicazione pena. \n    Vi sono pero\u0027 altre argomentazioni idonee  a  confutare  la  tesi\nsopra esposta. \n    In primo luogo, proprio la relazione  del  Massimario  alla  c.d.\nriforma Cartabia: «dalla formulazione  della  norma  contenuta  nella\nprima parte dell\u0027art 445, comma 1-bis, del codice di procedura penale\nsembrano esclusi i procedimenti penali. Ne dovrebbe discendere che il\ndivieto di utilizzabilita\u0027, anche a fini probatori, della sentenza di\npatteggiamento, sia limitata ai giudizi diversi da quello  penale.  A\nmero  titolo  di  esempio,   si   segnalano   il   caso   del   reato\nplurisoggettivo  rispetto  al  quale  solo  alcuni  imputati  abbiano\npatteggiato o di reati connessi probatoriamente.  In  tal  senso,  va\nricordato il  costante  orientamento  secondo  cui  «la  sentenza  di\npatteggiamento puo\u0027 essere  utilizzata  a  fini  probatori  in  altro\nprocedimento  penale,  ai  sensi  dell\u0027art.  238-bis  del  codice  di\nprocedura penale, stante la  sua  equiparazione  legislativa  ad  una\nsentenza di condanna, quanto al \"fatto\" ed alla sua  attribuibilita\u0027»\n(fra le molte Sez. 5, n. 12344 del 5 dicembre 2017, dep. 2018,  ...).\nEssendo  rimasta  sostanzialmente   immutata   l\u0027affermazione   della\nequiparazione della sentenza di patteggiamento  ad  una  sentenza  di\ncondanna, salvo quanto previsto  dal  primo  e  dal  secondo  periodo\ndell\u0027art. 445, comma 1-bis, del  codice  di  procedura  penale  o  da\ndiverse disposizioni di legge, non vi e\u0027 motivo per  ritenere  venuto\nmeno il predetto orientamento della giurisprudenza  di  legittimita\u0027.\nPer il resto, la norma in esame si segnala per la sua novita\u0027  e  per\nla  portata  effettivamente  innovativa  rispetto   ad   orientamenti\ngiurisprudenziali consolidati che in  materia  civile,  tributaria  e\ndisciplinare prevedevano la piena utilizzabilita\u0027  a  fini  di  prova\ndella sentenza di patteggiamento» (pag. 111 della relazione). \n    A questo si aggiunga che, anche a voler negare la natura  propria\ndi sentenza di condanna, la pronuncia  ex  art.  444  del  codice  di\nprocedura penale determina l\u0027inflizione di una pena e  presuppone  un\ndifetto di convincimento  in  ordine  all\u0027innocenza  dell\u0027imputato  o\nall\u0027esistenza di  una  causa  di  estinzione  del  reato.  Di  fatto,\ncapovolgendo la valutazione che sta alla base dell\u0027art. 530, comma 2,\ndel codice di procedura penale. \n    Anche il fatto  che  il  giudice  sia  tenuto  ad  effettuare  la\nverifica sulla correttezza della qualificazione giuridica ascritta al\nfatto, presuppone un accertamento: questo consiste  nel  valutare  la\nriconducibilita\u0027 del fatto concreto -  per  come  emerge  dagli  atti\ntrasmessi  -  rispetto  alla  fattispecie  astratta  contestata;   in\nsostanza, la pronuncia ex art. 444 del codice di procedura penale, se\naccolta la richiesta delle parti, presuppone un accertamento concreto\ndel fatto nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, al pari di  un\neventuale rigetto dell\u0027accordo ex art. 444 del  codice  di  procedura\npenale (in questo caso  esteso  anche  alla  possibile  inadeguatezza\ndella pena concordata). A ben vedere su tale presupposto,  si  basano\nle pronunce della Corte costituzionale in  tema  di  incompatibilita\u0027\n(«non la mera conoscenza degli atti, ma  una  valutazione  di  merito\ncirca l\u0027idoneita\u0027  delle  risultanze  delle  indagini  preliminari  a\nfondare un giudizio di responsabilita\u0027 dell\u0027imputato, vale a radicare\nl\u0027incompatibilita\u0027; e che questa deve riconoscersi sussistente  nelle\nipotesi (non di inammissibilita\u0027, ma) di rigetto della  richiesta  di\napplicazione di pena concordata, dato che essa comporta, quanto meno,\nuna  valutazione  negativa   circa   l\u0027esistenza   delle   condizioni\nlegittimanti il proscioglimento ex art. 129 del codice  di  procedura\npenale  e  circa  la  congruenza  alle  suddette   risultanze   della\nqualificazione giuridica del fatto  e/o  delle  circostanze  ritenute\nnella richiesta» - n. 186 del 22 aprile 1992; conf.  n.  439  del  16\ndicembre 1993). \n    E\u0027  chiaro  che,  a  fronte,  di  fattispecie  che  espressamente\nprevedono l\u0027applicazione della confisca per equivalente  in  presenza\ndi  una  sentenza  di  applicazione  pena,  diviene  pero\u0027  complesso\nsostenere che l\u0027equiparazione genericamente sancita dall\u0027art. 444 del\ncodice di procedura  penale  possa  automaticamente  riespandersi  in\ntutte quelle ipotesi di confisca di valore in cui - seppur  prevista,\ncome nell\u0027art. 11 della legge n. 146\\2006 - sia positivizzata solo  a\nfronte di una sentenza di condanna. \n    Dunque il caos legislativo, non puo\u0027 aiutare l\u0027interprete. \n    A cio\u0027 si aggiunga che, anche la giurisprudenza di legittimita\u0027 e\nquella internazionale,  attualmente  forniscono  una  definizione  di\n«condanna» che  mal  consente  la  piena  equiparazione  tra  le  due\nipotesi. \n    Con la sentenza del 29 ottobre 2013 (...  c.  Italia),  la  Corte\neuropea dei diritti  dell\u0027uomo  affermava,  per  la  prima  volta  in\nmaniera  esplicita,  che  e\u0027  la  «condanna»   il   presupposto   per\nl\u0027applicabilita\u0027  della  confisca   urbanistica   e   non   il   mero\naccertamento incidentale di responsabilita\u0027. \n    Ogni volta in cui manchi  la  prima,  concludendosi  il  giudizio\npenale  con   la   declaratoria   di   estinzione   per   intervenuta\nprescrizione, difetterebbero i presupposti per  l\u0027applicazione  della\nmisura (1) . \n    La giurisprudenza di legittimita\u0027, ponendosi  il  problema  della\ncompatibilita\u0027 di tale principio con altri di  rango  costituzionale,\ninterpellava il giudice delle leggi. \n    Con  sentenza  n.  49\\2015,  nel  dichiarare   inammissibili   le\nquestioni  poste,  la  Corte  costituzionale  evidenziava   come   la\n«sentenza ...» non  fosse  inequivoca,  prestandosi  ad  una  lettura\norientata ad un approccio sostanziale:  il  mero  accertamento  della\nresponsabilita\u0027. \n    Tale pronuncia prestava il fianco a critiche:  la  dottrina  piu\u0027\nilluminata rappresentava la difficolta\u0027  di  conciliare  l\u0027essenziale\naccertamento di responsabilita\u0027 con l\u0027obbligo  legale  di  dichiarare\nl\u0027estinzione del reato, in ogni stato e grado del  processo  ex  art.\n129 del codice di procedura penale, con effetto  preclusivo  di  ogni\nulteriore attivita\u0027 processuale (art. 129  del  codice  di  procedura\npenale  richiamato  peraltro  anche  dall\u0027art.  444  del  codice   di\nprocedura penale). \n    In proposito, si fa di nuovo riferimento alla sentenza  n.  31617\ndel 26 giugno 2015 ..., nella quale le Sezioni Unite della  Corte  di\nCassazione precisavano che: \n        laddove si tratti di confisca diretta  -  del  prezzo  o  del\nprofitto - la misura di sicurezza  puo\u0027  essere  applicata  anche  in\npresenza di sentenza dichiarativa della prescrizione, purche\u0027 vi  sia\nstata una precedente pronuncia di condanna, rispetto  alla  quale  il\ngiudizio di merito permanga inalterato quanto  alla  sussistenza  del\nreato, alla responsabilita\u0027 dell\u0027imputato ed alla qualificazione  del\nbene da confiscare come profitto o prezzo del reato. \n    Infatti,  «l\u0027accertamento  della  responsabilita\u0027  deve  comunque\nconfluire in una pronuncia che, non solo  sostanzialmente,  ma  anche\nformalmente, la dichiari, con  la  conseguenza  che  l\u0027esistenza  del\nreato, la circostanza che l\u0027autore dello stesso abbia  percepito  una\nsomma e che questa abbia rappresentato il prezzo  del  reato  stesso,\ndevono aver formato oggetto di una condanna, i cui termini essenziali\nnon abbiano, nel corso del giudizio,  subito  mutazioni  quanto  alla\nsussistenza di un accertamento al di la\u0027 di ogni ragionevole  dubbio.\nL\u0027intervento della prescrizione,  dunque,  per  poter  consentire  il\nmantenimento della confisca, deve rivelarsi quale formula terminativa\ndel giudizio, anodina in punto di  responsabilita\u0027,  finendo  in  tal\nmodo per confermare  la  preesistente  (e  necessaria)  pronuncia  di\ncondanna» (pagine 31 e 32); \n        analogo ragionamento non puo\u0027 operare  per  la  confisca  per\nequivalente posto che, in questa, l\u0027ablazione colpisce beni  che  non\npresentano alcun collegamento con il reato. E, vista  la  sua  natura\nsanzionatoria \\ punitiva,  in  presenza  di  prescrizione,  non  puo\u0027\napplicarsi una «pena» (pag. 34, sentenza «...»). \n    In sostanza, le Sezioni Unite affermavano che - in quanto pena  -\nla confisca per equivalente dovesse avere come presupposto necessario\ned irrinunciabile l\u0027accertamento formale della responsabilita\u0027 penale\ndel reo. \n    In questo senso anche Cassazione penale, Sez. 3, n. 32469 del  1°\ngiugno 2023: «3.1. La giurisprudenza della Corte europea dei  diritti\ndell\u0027uomo richiede, come  condizione  necessaria  per  l\u0027applicazione\ndella confisca relativa al reato di lottizzazione  abusiva,  non  una\nsentenza  di  condanna,  anche   solo   in   primo   grado,   bensi\u0027,\ndiversamente, un accertamento completo ed  in  contraddittorio  della\nsussistenza di \"tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva\npur pervenendo a un non luogo a procedere,  soltanto  a  causa  della\nprescrizione [...] In particolare,  per  quanto  attiene  al  profilo\n\"procedurale\", precise sono le indicazioni fornite da Corte EDU,  GC,\n28 giugno 2018, ... s.r.l. ed altri c. Italia,  segnatamente  nei  §§\n252, 255, 258,  259,  260  e  261,  relativi  alle  doglianze  di  un\nricorrente, il sig. Gironda, nei cui confronti era  stata  dichiarata\nsentenza di non doversi procedere  per  prescrizione  gia\u0027  in  primo\ngrado [...] E, nel § 261, si conclude: «La Corte  non  puo\u0027  ignorare\ntali considerazioni nell\u0027applicazione dell\u0027art. 7 nel caso di specie,\na condizione che i tribunali in questione  abbiano  agito  nel  pieno\nrispetto  dei  diritti  della  difesa  sanciti  dall\u0027art.   6   della\nConvenzione. Per questo motivo,  la  Corte  ritiene  che,  qualora  i\ntribunali investiti constatino che sussistono tutti gli elementi  del\nreato di lottizzazione abusiva  pur  pervenendo  a  un  non  luogo  a\nprocedere, soltanto a causa della prescrizione,  tali  constatazioni,\nin sostanza, costituiscono una condanna nel senso dell\u0027art. 7, che in\nquesto caso non e\u0027 violato». \n    Pare, dunque, affermarsi il principio per il quale  sia  comunque\nnecessario un accertamento pieno della sussistenza del reato e  della\nriconducibilita\u0027 all\u0027autore - indipendentemente che  il  decorso  del\ntempo porti ad  una  pronuncia  di  estinzione  per  prescrizione  in\nappello o nel giudizio di legittimita\u0027. \n    Ancora,  la  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.   83\\2024,\naffermava:  «5.2.-  Che  il  patteggiamento  consenta,  in  linea  di\nprincipio, una economia  di  tempi  e  di  energie  processuali  piu\u0027\nmarcata di quella conseguente  al  giudizio  abbreviato  non  e\u0027,  in\neffetti, contestabile. Di la\u0027  dal  tratto  comune,  di  essere  riti\nalternativi  che  \"evitano\"  il   dibattimento,   il   patteggiamento\nsemplifica, pero\u0027, radicalmente, il dibattito processuale, rimettendo\nal giudice il solo compito di verificare che non  sussistano  ragioni\ndi proscioglimento dell\u0027imputato gia\u0027 risultanti  ex  actis,  che  la\nqualificazione giuridica del fatto, l\u0027applicazione e la  comparazione\ndelle circostanze prospettate dalle parti siano  corrette  e  che  la\npena richiesta  sia  congrua  (art.  444,  comma  2,  del  codice  di\nprocedura penale). Laddove,  per  converso,  il  giudizio  abbreviato\nlascia inalterato il  potere-dovere  del  giudice  di  accertare  nei\ntermini ordinari - sia pure sulla base degli  elementi  raccolti  dal\npubblico ministero nel corso  delle  indagini,  e  dunque  fuori  del\ncontradditorio (peraltro,  eventualmente  arricchiti  dalle  indagini\ndifensive) - se l\u0027imputato sia colpevole o no  e  di  determinare  il\ntrattamento sanzionatorio  adeguato  [...  ]  Come  questa  Corte  ha\nrilevato, il patteggiamento consente all\u0027imputato di sottoporsi a una\npena  certa,  preventivamente  concordata,  non  potendo  il  giudice\nmodificare i contenuti del \"patto\" intercorso fra le parti: pena  che\ngli verra\u0027 inflitta - in applicazione di una  particolare  regola  di\ngiudizio  (l\u0027insussistenza  dei  presupposti  per  una  pronuncia  di\nproscioglimento ai sensi dell\u0027art 129 del codice di procedura penale)\n- con una sentenza che  e\u0027  solo  \"equiparata\"  a  una  pronuncia  di\ncondanna e che resta priva di efficacia nei giudizi extrapenali  (art\n445, comma 1-bis, del codice di procedura penale). Per contro, con il\ngiudizio abbreviato, l\u0027imputato, accettando di essere giudicato sulla\nbase degli atti, lascia inalterati  i  poteri  decisori  del  giudice\n[...] Il patteggiamento  offre  all\u0027imputato,  al  tempo  stesso,  un\ncomplesso di vantaggi ulteriori, rispetto allo sconto di pena,  privo\ndi  equivalenti  nel  giudizio  abbreviato.  Avendo   riguardo   alla\ndisciplina vigente  alla  data  dell\u0027ordinanza  di  rimessione,  alla\nsentenza di patteggiamento non e\u0027 attribuita,  come  gia\u0027  accennato,\nnatura di vera e propria sentenza di condanna, venendo ad  essa  solo\n\"equiparata\";  ne  e\u0027  fortemente  limitata,  altresi\u0027,   l\u0027efficacia\nextrapenale (art. 445, comma 1-bis, del codice di procedura  penale).\nLa  richiesta  di  patteggiamento   puo\u0027   essere,   d\u0027altro   canto,\nsubordinata alla concessione  della  sospensione  condizionale  della\npena (art 444, comma 3, del codice di procedura penale); inoltre,  se\nvi e\u0027 costituzione di parte  civile,  il  giudice  non  decide  sulla\nrelativa domanda (art. 444, comma 2, del codice di procedura penale).\nQuando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva, sola\no congiunta a pena pecuniaria - come generalmente avviene  quando  si\nprocede per contravvenzioni -, la sentenza non comporta  la  condanna\nal pagamento delle spese del procedimento, ne\u0027 l\u0027applicazione di pene\naccessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione per la  confisca\nnei casi previsti dall\u0027art. 240 del codice penale (art 445, comma  1,\ndel codice di procedura penale). In tale  ipotesi,  inoltre,  decorsi\ncinque anni, se la sentenza riguarda  un  delitto,  o  due  anni,  se\nriguarda una contravvenzione, senza che l\u0027imputato abbia commesso  un\ndelitto o una  contravvenzione  della  stessa  indole,  il  reato  e\u0027\nestinto e viene meno ogni effetto penale. Se e\u0027 stata  applicata  una\npena pecuniaria o una pena sostitutiva, la pronuncia non e\u0027  comunque\ndi  ostacolo  alla  concessione   di   una   successiva   sospensione\ncondizionale della pena (art. 445, comma 2, del codice  di  procedura\npenale). L\u0027insieme dei  vantaggi  annessi  al  patteggiamento  si  e\u0027\nulteriormente arricchito,  come  gia\u0027  segnalato,  con  l\u0027entrata  in\nvigore, dopo l\u0027ordinanza di rimessione, del  decreto  legislativo  n.\n150 del 2022, il quale, con l\u0027art. 25, comma 1, lettera b), ha esteso\nl\u0027esclusione    dell\u0027efficacia    extrapenale     della     sentenza,\nprecedentemente circoscritta  ai  giudizi  civili  e  amministrativi,\nanche ai giudizi disciplinari,  tributari  e  di  accertamento  della\nresponsabilita\u0027 contabile, con la previsione, altresi\u0027, che  in  tali\ngiudizi  la  sentenza  di  patteggiamento  non  puo\u0027  essere  neppure\nutilizzata a fini di prova  (nuovo  comma  1-bis  dell\u0027art.  445  del\ncodice di procedura penale). Si e\u0027 previsto, poi,  che  nel  caso  di\npatteggiamento cosiddetto allargato - per pene, cioe\u0027,  superiori  ai\ndue anni - le parti possano chiedere al giudice di non  applicare  le\npene accessorie o di applicarle per una durata determinata, e di  non\nordinare la confisca facoltativa o di  ordinarla  con  riferimento  a\nspecifici beni o a un importo determinato (art.  444,  comma  1,  del\ncodice di procedura penale, come novellato)». \n    Il  giudice  delle  leggi  parrebbe  sostenere  che,  ben   lungi\ndall\u0027accertare compiutamente la responsabilita\u0027 penale,  la  sentenza\nex art. 444 del codice di procedura  penale  sia  solo  equiparata  a\nquella  di  condanna  (in  dibattimento  o  all\u0027esito   di   giudizio\nabbreviato)  per  gli   eventuali   effetti   extra-penali   (laddove\nconsentiti dalla legge e, oggi, ampiamente ridotti dalla c.d. riforma\nCartabia). \n    Tale affermazione sembra  essere  sottesa  anche  alla  pronuncia\ndella Corte di Cassazione, Sez. 5,  n.  43631  del  5  ottobre  2023,\nladdove afferma: «il Collegio ritiene di aderire  all\u0027orientamento  -\naccolto anche dalla sentenza  impugnata  e  senz\u0027altro  maggioritario\nnella giurisprudenza di legittimita\u0027 - secondo cui e\u0027 ammissibile  la\nrichiesta  di  revisione  di  una  sentenza  di  patteggiamento   per\ninconciliabilita\u0027  con  l\u0027accertamento  compiuto  in   giudizio   nei\nconfronti  di  altro  imputato  per  il  quale   si   sia   proceduto\nseparatamente, ma e\u0027 necessario che l\u0027inconciliabilita\u0027 si  riferisca\nai fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna e non gia\u0027\nalla loro valutazione [...]  e\u0027  proprio  la  natura  ontologicamente\n\"debole\" dell\u0027accertamento  sotteso  alla  sentenza  di  applicazione\ndella pena a rendere piu\u0027 acuta  l\u0027istanza  di  garanzia  assecondata\ndalla revisione, sicche\u0027 dato normativo e considerazione  sistematica\nconvergono  nel  far   ritenere   la   sentenza   di   patteggiamento\nsuscettibile di revisione per inconciliabilita\u0027 dei giudicati». \n    Infine, la Corte europea dei diritti dell\u0027uomo, con  la  sentenza\n... e ... c. Italia resa in data 19  dicembre  2024,  affermava:  «la\nCorte ribadisce  che  una  decisione  giudiziaria  puo\u0027  rispecchiare\nl\u0027opinione che il ricorrente sia colpevole anche in  assenza  di  una\nformale constatazione della colpevolezza; e\u0027 sufficiente che  vi  sia\nqualche  ragionamento  che  indichi  che   il   tribunale   considera\nl\u0027imputato colpevole (si vedano Beihmer c. Germania, n.  37568/97,  §\n54, 3 ottobre 2002; Baars c. Paesi  Bassi,  n.  44320/98,  §  26,  28\nottobre 2003; e Cleve, sopra citata, § 53) (par. 124)  [...]  A  tale\nriguardo, la Corte e\u0027 consapevole del  crescente  ricorso  -  sia  ai\nsensi dell\u0027ordinamento giuridico interno che a livello internazionale\n- a forme di confisca non basate su una condanna, in base alle  quali\ni giudici possono essere chiamati a disporre la confisca di  beni  di\norigine illecita anche in assenza di una condanna. A  tale  riguardo,\nla Corte ritiene  che  la  protezione  offerta  dal  secondo  aspetto\ndell\u0027art.  6  §  2  non  dovrebbe  essere  interpretata  in  modo  da\nprecludere ai tribunali nazionali di  occuparsi  degli  stessi  fatti\ndecisi nei procedimenti penali al  fine  di  disporre  una  forma  di\nconfisca non basata su una  condanna,  purche\u0027  nel  farlo  essi  non\nattribuiscano all\u0027interessato la  responsabilita\u0027  penale  (si  veda,\nmutatis mutandis, Nealon e Hallam, sopra citata, §  169)  (par.  129)\n[...] La Corte osserva che  e\u0027  un  requisito  formale  che  per  una\nconfisca ai sensi dell\u0027art. 322-ter del codice  penale debba  esservi\nuna «condanna» (par. 131) [...] la Corte  ha  gia\u0027  chiarito  di  non\ndistinguere i casi in cui le accuse sono  estinte  (perche\u0027  si  sono\nprescritte) precedentemente al compimento di qualsiasi determinazione\npenale, da quelli in  cui  sono  estinte  (per  il  medesimo  motivo)\nsuccessivamente a un\u0027iniziale constatazione della colpevolezza. Segue\nche le conclusioni di primo  grado,  che  non  sono  definitive,  non\npossono inficiare le successive determinazioni (si veda  Pasquini  c.\nSan Marino, sopra citata, § 63, in cui  -  analogamente  al  caso  di\nspecie - il ricorrente era stato condannato in primo grado e la Corte\nha constatato la violazione dell\u0027art. 6 § 2 in  quanto  la  Corte  di\nappello, pur archiviando il procedimento per la scadenza del  termine\ndi prescrizione, aveva attribuito al  ricorrente  la  responsabilita\u0027\npenale) (par. 137)». \n    Quindi,  alla  fine  del  2024,  la  Corte  europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo sembrerebbe  essersi  orientata  sulla  necessita\u0027  di  una\nsentenza intesa in  senso  formale,  ritenendo  insufficiente  -  per\nl\u0027applicazione della confisca ex art.  322-ter  del codice  penale  -\nl\u0027accertamento  di  responsabilita\u0027  effettuato  in   I°   grado   ed\nimplicitamente  confermato  dal  giudice  del  II°   grado   che   si\npronunciava per la prescrizione del reato, in quanto statuizioni  non\ndefinitive. \n    Ebbene,  se  l\u0027accertamento  non  definitivo  di  responsabilita\u0027\npenale e\u0027 stato ritenuto dalla Corte europea  dei  diritti  dell\u0027uomo\ninsufficiente ad applicare una confisca che presuppone una condanna -\nin un processo terminato con sentenza di  estinzione  del  reato  per\nprescrizione - ci si chiede come un istituto a  natura  afflittiva  o\npunitiva possa trovare applicazione in presenza di  una  sentenza  di\npatteggiamento - il cui accertamento ha natura ontologicamente debole\n- laddove non espressamente previsto dalla norma. \n    Cio\u0027 perche\u0027, come sopra anticipato, la sentenza ex art. 444  del\ncodice di procedura penale presuppone un difetto di convincimento  in\nordine  all\u0027innocenza  dell\u0027imputato   o   all\u0027esistenza   di   cause\nestintive. Di fatto, capovolgendo la valutazione che  sta  alla  base\ndell\u0027art. 530, comma 2, del codice di procedura penale \n    Ritiene, percio\u0027 questo giudice che le  due  sentenze  non  siano\nequiparabili - quanto alla  natura,  al  genere  e  alla  profondita\u0027\ndell\u0027accertamento di responsabilita\u0027 penale. \n        Se dunque e\u0027 vero, come sembra, che il rispetto dei requisiti\ndi accessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027  della  norma  e\u0027  conseguente  al\ngrado di precisione, non solo del testo  di  legge,  ma  anche  della\nstabilizzazione  dell\u0027orientamento  ermeneutico  interno  che  quella\ndisposizione scolpisce nella sua portata, ex art. 7 CEDU; \n        Se e\u0027 vero, come sembra, che attualmente: \n          la natura di pena o meno della confisca per equivalente  e\u0027\noggetto di diversita\u0027 di vedute tra piu\u0027 pronunce adottate nel  corso\ndegli anni dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione; \n          e\u0027 in  discussione,  in  giurisprudenza,  la  natura  della\nsentenza di patteggiamento e, di conseguenza, la sua equiparazione ad\nuna di condanna pronunciata all\u0027esito del dibattimento o di  giudizio\nabbreviato; \n          a livello normativo, vi sono disposizioni che espressamente\nprevedono tale tipologia di confisca  a  seguito  di  condanna  e  di\nsentenza   di   applicazione   pena   su   richiesta   delle    parti\n(implicitamente ritenendole diverse)  ed  altre  disposizioni  (quale\nquella oggetto della presente ordinanza) che tacciono sul punto; \n          sulla   base   dei   successivi   interventi   legislativi,\nl\u0027equiparazione di cui all\u0027art. 445 del codice di procedura penale  -\nvisti gli incisi che lo precedono - sembrerebbe limitata agli effetti\nextra-penali  (e  tale  non  puo\u0027   considerarsi   il   giudizio   di\ncolpevolezza), oltre al fatto che per talune  ipotesi  di  reato,  la\nmisura ablativa per equivalente e\u0027  stata  espressamente  prevista  a\nfronte di sentenza ex art. 444 del codice di procedura penale; \n          che in seguito alla modifica legislativa del 2022,  laddove\nnon siano applicate pene accessorie e\u0027 esclusa l\u0027equiparazione tra le\ndue sentenze; \n        ecco che, allora, si puo\u0027 fondatamente ritenere che l\u0027art. 11\nlegge n. 146\\2006 non rispetti del tutto i canoni di accessibilita\u0027 e\nprevedibilita\u0027, come declinati dall\u0027art. 7 della Convenzione  europea\nper  la  salvaguardia  dei  diritti  dell\u0027uomo   e   delle   liberta\u0027\nfondamentali - interpretato dalla giurisprudenza della Corte  europea\ndei diritti  dell\u0027uomo  -  potendo  integrare  una  violazione  degli\narticoli 25 e 117 della Costituzione. \n    Questo giudice reputa la questione non manifestamente infondata. \nLa rilevanza della questione nel caso concreto. \n6. I beni sottoposti a confisca definitiva. \n    Con l\u0027istanza, M... F... chiedeva la restituzione degli  immobili\nivi indicati e dei saldi attivi rinvenuti sui conti  correnti  accesi\npresso le banche ... e ..., per un importo complessivo parti ad  euro\n... \n    Per quanto concerne i beni immobili, e\u0027 evidente che non sussista\nalcun collegamento diretto con il reato. Proprio leggendo il capo  b)\ndell\u0027imputazione, emergeva il ruolo di collettore di  M...  F...,  ma\nnon altro, ne\u0027 che l\u0027attivita\u0027 illecita fosse  compiuta  in  uno  dei\nluoghi di  cui  alla  confisca.  Ma  non  solo:  nella  sentenza  di\u0027\npatteggiamento, il G.U.P. non faceva alcun  riferimento  a  forme  di\nconfisca diretta, disponendo solo la confisca del profitto - indicato\ncon precisi  importi  a  seconda  del  valore  delle  transazioni  di\nriferimento - e per equivalente «sui beni gia\u0027  in  sequestro».  Cio\u0027\nporta a ritenere che, per giudicato, la  confisca  degli  stessi  sia\nstata ritenuta e definita per equivalente. Ne\u0027 consegue che,  ove  la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale fosse accolta, gli  immobili\ndovrebbero essere restituito a M... F.... \n    Per quanto concerne le somme di cui  all\u0027istanza,  prima  del  26\nsettembre 2024 la giurisprudenza  -  anche  a  Sezioni  Unite  -  era\nconsolidata nel senso di ritenere la confisca  del  denaro  sempre  e\ncomunque diretta. Dopo  la  pronuncia  della  Sezioni  Unite  del  26\nsettembre 2024 cosi\u0027 non  e\u0027  piu\u0027:  il  mutamento  di  orientamento,\nancorche\u0027 recente e per il momento isolato, e\u0027 radicale ed a  sezioni\nunite. \n    Ne\u0027 nella sentenza, ne\u0027 dagli atti e\u0027 espressamente  indicato  il\nnesso di derivazione diretto delle somme  (prima  sequestrate  e  poi\nconfiscate  in  via  definitiva)  rispetto  alla  commissione   delle\nspecifiche transazioni illecite. \n    Anche in questo caso, salvo che  la  giurisprudenza  si  pronunci\ndiversamente e in linea con il precedente orientamento  e  salvo  che\nsul punto voglia pronunciarsi la Corte costituzionale,  la  questione\nsi pone come rilevante: se all\u0027esito di un\u0027attenta rilettura di tutti\ngli atti di indagine non risultasse un collegamento  diretto  tra  le\nsomme ed i reati, le stesse dovranno essere restituite. \n    In aggiunta si ricorda che  «in  conformita\u0027  a  quanto  previsto\ndall\u0027art. 53 CEDU, il rispetto degli obblighi convenzionali,  imposto\ndall\u0027art 117, comma 1, della Costituzione, non puo\u0027  determinare  una\nminore tutela dei diritti fondamentali rispetto  a  quella  garantita\ndall\u0027ordinamento  interno,  ma  deve  costituire  uno  strumento   di\nampliamento della stessa. Il confronto  tra  tutela  convenzionale  e\ntutela costituzionale dei diritti fondamentali deve essere effettuato\nmirando  alla  massima  espansione  delle  garanzie  e  quindi  anche\noperando   il   necessario   bilanciamento   con   altri    interessi\ncostituzionalmente   protetti   che    potrebbero    essere    incisi\ndall\u0027espansione   della   tutela   oggetto   di   confronto»   (Corte\ncostituzionale n. 317\\2009). \n\n(1) Di seguito si riportano alcuni dei passaggi  piu\u0027  significativi:\n    «55.  La  nozione  di  \"diritto\"  (\"law\")   usata   nell\u0027art.   7\n    corrisponde a quella di \"legge\"  che  figura  in  altri  articoli\n    della  Convenzione;  essa  comprende  il  diritto  d\u0027origine  sia\n    legislativa sia  giurisprudenziale  e  implica  delle  condizioni\n    qualitative,  tra  cui   quella   dell\u0027accessibilita\u0027   e   della\n    prevedibilita\u0027 (Cantoni c.  Francia,  15  novembre  1996,  §  29,\n    Recueil des arrets et des decisions 1996 V; S.W, sopra citata,  §\n    35; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993, §§ 40-42,  serie  A  n.\n    260 A). Per quanto chiara possa essere  la  formulazione  di  una\n    norma legale, in qualunque sistema giuridico, compreso il diritto\n    penale, esiste immancabilmente  un  elemento  di  interpretazione\n    giuridica. Sara\u0027 sempre necessario delucidare  i  punti  dubbi  e\n    adattarsi alle mutate  situazioni.  Tra  l\u0027altro,  e\u0027  saldamente\n    stabilito nella  tradizione  giuridica  degli  Stati  parte  alla\n    Convenzione che la giurisprudenza, in quanto fonte  del  diritto,\n    contribuisce  necessariamente  alla  progressiva  evoluzione  del\n    diritto  penale.  Non  si  puo\u0027  interpretare  l\u0027art.   7   della\n    Convenzione come una norma  che  vieta  il  graduale  chiarimento\n    delle   norme    della    responsabilita\u0027    penale    attraverso\n    l\u0027interpretazione giuridica da una causa all\u0027altra, a  condizione\n    che il risultato  sia  coerente  con  la  sostanza  del  reato  e\n    ragionevolmente  prevedibile  (Streletz,  Kessler  e   Krenz   c.\n    Germania  [GC],  nn.  34044/96,  35532/97  e  44801/98,   §   50,\n    Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti  dell\u0027uomo  e\n    delle  liberta\u0027  fondamentali  2001   II).   69.   L\u0027accostamento\n    dell\u0027art. 5 § 1 a) agli articoli 6 § 2 e 7 § 1 mostra che ai fini\n    della Convenzione non si puo\u0027  avere  «condanna»  senza  che  sia\n    legalmente accertato  un  illecito  -  penale  o,  eventualmente,\n    disciplinare (Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, §  68,\n    serie A n. 22; ... c. Italia, 6 novembre 1980, § 100, serie A  n.\n    39), cosi\u0027 come non si puo\u0027 avere una pena  senza  l\u0027accertamento\n    di una responsabilita\u0027 personale. 71. La logica  della  «pena»  e\n    della «punizione», e  la  nozione  di  «guilty»  (nella  versione\n    inglese) e  la  corrispondente  nozione  di  «persona  colpevole»\n    (nella   versione    francese),    depongono    a    favore    di\n    un\u0027interpretazione  dell\u0027art.  7  che  esige,  per  punire,   una\n    dichiarazione di responsabilita\u0027 da parte dei giudici  nazionali,\n    che possa permettere di addebitare il reato  e  di  comminare  la\n    pena al suo autore. In mancanza di cio\u0027, la punizione non avrebbe\n    senso (...  e  altri,  sopra  citata,  §  116).  Sarebbe  infatti\n    incoerente esigere, da una parte, una base legale  accessibile  e\n    prevedibile e permettere, dall\u0027altra, una punizione quando,  come\n    nel  caso  di  specie,  la  persona  interessata  non  e\u0027   stata\n    condannata». \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Pertanto, il G.U.P. presso il Tribunale di Arezzo -  in  funzione\ndi giudice dell\u0027esecuzione - solleva, in  riferimento  agli  articoli\n25, comma 2 e comma  3,  e  117,  comma  1,  della  Costituzione,  in\nrelazione all\u0027art. 7 della Convenzione europea  per  la  salvaguardia\ndei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali come interpretato\ndalla Corte europea dei diritti dell\u0027uomo, questione di  legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 11 della legge n. 146\\2006, nella  parte  in\ncui dispone l\u0027applicazione della confisca di somme di denaro, beni  o\naltre utilita\u0027  di  cui  il  reo  ha  la  disponibilita\u0027,  anche  per\ninterposta persona fisica o giuridica, per un  valore  corrispondente\nal prodotto, profitto o prezzo del reato con la sentenza di  condanna\ne non anche con sentenza di  applicazione  pena  su  richiesta  delle\nparti ex art. 444 e seguenti del codice di procedura penale. \n    Per  l\u0027effetto,  sospende  il  giudizio  in   corso   e   dispone\nl\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a  cura\ndella cancelleria. \n    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  a  cura  della\ncancelleria: \n        a M... F... presso il difensore di fiducia; \n        al difensore di fiducia in proprio; \n        al pubblico ministero in sede (dott. Marco Dioni); \n        al Presidente del Consiglio dei ministri; \n    Oltre alla comunicazione, a cura della cancelleria, ai Presidenti\ndelle due Camere del Parlamento. \n        Arezzo, 29 aprile 2025. \n \n                         Il giudice: Soldini","elencoNorme":[{"id":"63153","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"16/03/2006","data_nir":"2006-03-16","numero_legge":"146","descrizionenesso":"","legge_articolo":"11","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2006-03-16;146~art11"}],"elencoParametri":[{"id":"79557","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79559","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79558","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79560","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"7","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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