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le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea\u0026nbsp;e con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nonché con l’obiettivo complessivo dell’Unione europea al 2030 – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Divieto di valenza assoluta non avendo il legislatore istituito alcun possibile bilanciamento tra i contrastanti interessi in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, sganciata da una valutazione concreta dell’effettiva utilizzabilità di tali aree a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Contrasto con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Erg Solar Holding srl","prima_controparte":"Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1","altre_parti":"Erg Solar Holding srl","testo_atto":"N. 150 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Erg Solar Holding s.r.l. contro\nil Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al\n decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a\n limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione\n degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\n classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\n esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente\n agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o\n integrale ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a\n condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c),\n incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle con\n piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati,\n c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell\u0027art.\n 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del\n comma 1-bis dell\u0027art. 20 di tale decreto legislativo non si applica\n nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli\n collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita\u0027\n energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto\n nonche\u0027 in caso di progetti attuativi delle altre misure di\n investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e\n del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR\n (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli\n obiettivi del PNRR - Disciplina dei regimi amministrativi per la\n produzione di energia da fonti rinnovabili - Previsione che gli\n interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.\n 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e\n urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate\n agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto\n previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. \n- Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della\n direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\n dell\u002711 dicembre 2018 , sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da\n fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall\u0027art.\n 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni\n urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura,\n nonche\u0027 per le imprese di interesse strategico nazionale),\n convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101;\n decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi\n amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,\n in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della\n legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. \n\n\r\n(GU n. 36 del 03-09-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n Sezione Terza \n \n Ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di\nregistro generale 10379 del 2024, proposto da Erg Solar Holding\nS.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comande\u0027, Enzo Puccio e\nSerena Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da registri di\ngiustizia e domicilio eletto presso lo studio dell\u0027avvocato Carlo\nComande\u0027 in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 326; \n Contro Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica,\nMinistero della cultura e Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste, in persona dei rispettivi\nlegali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,\nvia dei Portoghesi n. 12; \n Nei confronti della Regione Puglia, non costituita in giudizio; \n Per l\u0027annullamento: \n degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno\n2024 recante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili» adottato\ndal Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica di concerto\ncon il Ministero della cultura e il Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta\nUfficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 153 del 2\nluglio 2024, nonche\u0027 i relativi allegati; \n di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale. \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della\ncultura e del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare\ne delle foreste; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il\ndott. Luca Biffaro e uditi per le parti i difensori come specificato\nnel verbale; \n Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n Fatto \n \n 1.) La ricorrente ERG Solar Holding S.r.l. e\u0027 parte di un\nprimario gruppo industriale attivo nella produzione di energia\nelettrica da fonti rinnovabili (eolica e solare). \n La societa\u0027 ricorrente ha esposto di aver gia\u0027 realizzato ed\nesercito, nonche\u0027 di essere in procinto di realizzare e di avere\nintenzione di realizzare ed esercire anche in futuro, impianti\nfotovoltaici a terra per la produzione di energia elettrica\n(«Impianti FTV»). \n 1.1.) La societa\u0027 ricorrente ha, inoltre, esposto di avere in\ncorso alcune iniziative per le quali avrebbe ottenuto la soluzione di\nconnessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del gestore\ned avrebbe stipulato contratti idonei ad acquisire la disponibilita\u0027\ngiuridica delle aree dove sviluppare i progetti relativi agli\nimpianti FTV, pur non avendo ancora avviato il relativo iter\namministrativo di autorizzazione. \n 1.2.) Secondo quanto riferito dalla societa\u0027 ricorrente,\nl\u0027iniziativa riguarderebbe un progetto da realizzare nella Regione\nPuglia, precisamente in Ascoli Satriano, e relativo ad un impianto\nFTV della potenza di 11,00 Mw. \n Detto progetto, in particolare, dovrebbe collocarsi in un\u0027area\ncon destinazione urbanistica agricola e, per tale ragione,\nrisulterebbe direttamente inciso da quanto previsto dall\u0027art. 1,\ncomma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, che\nstabilisce che «In esito al processo definitorio di cui al presente\ndecreto, le regioni, garantendo l\u0027opportuno coinvolgimento degli enti\nlocali, individuano sul rispettivo territorio: [...] d) aree in cui\ne\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli a tessa ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021,\nn. 199». \n 1.3.) La societa\u0027 ricorrente ha altresi\u0027 evidenziato che il\ndivieto di realizzazione di impianti FTV in area agricola e\u0027 stato\nintrodotto dall\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n.\n63, recante «Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della\npesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le imprese di interesse\nstrategico nazionale», convertito con modificazioni dalla legge 12\nluglio 2024, n. 101 («decreto-legge agricoltura»), mediante la\nprevisione del comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto legislativo 8\nnovembre 2021, n. 199, recante «Attuazione della direttiva (UE)\n2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre\n2018, sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili». \n In particolare, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo\nn. 199/2021, oltre a introdurre il suddetto divieto, ha anche\nprevisto alcune esclusioni per progetti ubicati in siti specifici,\nnelle quali, tuttavia, non rientra il progetto che la societa\u0027\nricorrente avrebbe intenzione di realizzare. \n Il progetto in questione, peraltro, neppure potrebbe godere della\nsalvaguardia prevista dal regime transitorio di cui all\u0027art. 5, comma\n2, del decreto-legge agricoltura, essendo quest\u0027ultimo applicabile\nunicamente «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore\ndel presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure\namministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie\nall\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli\nimpianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato\nalmeno uno dei titoli medesimi». \n 1.4.) Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, il\ndivieto di installazione di impianti FTV in area agricola si\nestenderebbe a tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio\nin aree di tal guisa, nella misura in cui alle societa\u0027 che\nesercitano gli impianti sarebbe interdetta la possibilita\u0027 di un loro\nampliamento territoriale, con totale ribaltamento del regime\nnormativo rispetto a quello delineato dal decreto legislativo n.\n199/2021 prima delle modifiche introdotte con il decreto-legge\nagricoltura. \n In particolare, erano state classificate come «aree idonee» le\naree agricole racchiuse in un perimetro i cui punti di ampiezza pari\na un massimo di cinquecento metri, con conseguente applicazione del\nregime autorizzativo semplificato a mente di quanto previsto\ndall\u0027art. 22 del medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n 2.) La societa\u0027 ricorrente, con la proposizione del ricorso in\nesame affidato a quattro differenti motivi, ha impugnato in\nprincipalita\u0027 l\u0027art. 1 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024,\nlamentandone l\u0027illegittimita\u0027 per violazione di legge ed eccesso di\npotere, e ne ha chiesto l\u0027annullamento. \n In via subordinata, e\u0027 stata poi prospettata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 9, 41, 77,\ncomma 2, e 117, commi 1 e 3, della Costituzione. \n 2.1.) Con il primo motivo di ricorso e\u0027 stata contestata la\nlegittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 per «Violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 199/2021 -\nViolazione e falsa applicazione dell\u0027art. 12, comma 7, del decreto\nlegislativo n. 387/2003 - Violazione e falsa applicazione delle Linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del\n10 settembre 2010 - Violazione della delega - Eccesso di potere -\nManifesta irragionevolezza - Violazione della direttiva 2009/28/CE,\ndella direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE». \n In particolare, con tale mezzo di gravame e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del gravato\ndecreto ministeriale per violazione dell\u0027art. 20, comma 1, del\ndecreto legislativo n. 199/2021, sull\u0027assunto che tale disposizione\nnormativa abbia attribuito all\u0027amministrazione ministeriale\nunicamente il compito di stabilire principi e criteri omogenei per\nl\u0027individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee\nall\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili («impianti FER»),\naventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come\nnecessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di\nsviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee di\ncui all\u0027art. 20, comma 8, del medesimo decreto legislativo n.\n199/2021. \n Nessuna delega, per converso, sarebbe stata attribuita\nall\u0027amministrazione ministeriale ai fini della individuazione di aree\ncompletamente interdette all\u0027installazione di impianti FTV. \n Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, il decreto\nministeriale del 21 giugno 2024, quale espressione dell\u0027esercizio\ndella delega legislativa di cui all\u0027art. 20, commi 1 e 4, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, non avrebbe potuto essere utilizzato come\nveicolo giuridico per dare attuazione anche all\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021, indicando le aree nelle quali e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti FTV. \n La societa\u0027 ricorrente, con un distinto profilo di censura, ha\npoi contestato la legittimita\u0027 della gravata disposizione del decreto\nministeriale impugnato per contrasto con l\u0027art. 12, comma 7, del\ndecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici». \n Detta previsione normativa, che costituisce attuazione degli\nobblighi discendenti dalla direttiva 2001/77/CE (integrandola con i\nprincipi di cui all\u0027art. 117, comma 3, della Costituzione in materia\ndi «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell\u0027energia»),\nprevede una ammissibilita\u0027 generalizzata per l\u0027installazione di\nimpianti FER in area agricola, fatte salve eventuali limitazioni\nponderate caso per caso al ricorrere delle condizioni di cui al\nsecondo periodo del comma 7. \n Di contro, quanto previsto dall\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024 non troverebbe alcun\nfondamento nella direttiva 2018/2001/UE, ne\u0027 nei criteri fissati\ndalla legge delega (legge 22 aprile 2021, n. 53). \n Pertanto, nel caso in cui la suddetta gravata previsione non sia\nsuscettibile di essere interpretata nel senso che il divieto di\ninstallazione di impianti FTV in area agricola trovi applicazione\nsolo nei limiti fissati dal secondo periodo del comma 7, dell\u0027art. 12\ndel decreto legislativo n. 387/2003, la stessa risulterebbe\nillegittima per violazione dell\u0027art. 117, commi 1 e 3, della\nCostituzione, in relazione, rispettivamente, ai vincoli derivanti\ndalla direttiva 2018/2001/UE e alle previsioni dello stesso art. 12\ndel decreto legislativo n. 387/2003. \n 2.2.) La societa\u0027 ricorrente, con il secondo motivo di ricorso,\nha prospettato la questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 - nella misura\nin cui non sia possibile accedere a una lettura costituzionalmente\norientata di tale previsione normativa - per «violazione e falsa\napplicazione dell\u0027art. 77, comma secondo, della Costituzione». \n Secondo la tesi della societa\u0027 ricorrente, dalla disamina del\n«Preambolo» al decreto-legge agricoltura si evincerebbe che\nl\u0027iniziativa governativa da cui ha preso le mosse l\u0027approvazione\ndell\u0027art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge - che, come visto,\nha introdotto il contestato comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto\nlegislativo n. 199/2021 - e\u0027 stata motivata in ragione della ritenuta\nstraordinaria necessita\u0027 e urgenza di contrastare il fenomeno del\nconsumo del suolo a vocazione agricola. \n Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in quanto\nnel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e\u0027 pari a\n16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata (SAU)\ne\u0027 pari a 12,5 milioni di ettari; peraltro, 4 milioni di ettari di\nterreni agricoli risulterebbero attualmente abbandonati. \n La societa\u0027 ricorrente ha anche asserito che al 2023\nrisulterebbero installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW, di\ncui, secondo i dati del GSE, 9,2 GW sarebbero imputabili a impianti\nFTV a terra che utilizzano 16.400 ettari di terreno, equivalenti solo\nallo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. \n A detta della societa\u0027 ricorrente, l\u0027installazione degli 84 GW di\ncui al Piano elettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a 70.000\nettari di terreno - considerando l\u0027ipotesi piu\u0027 estensiva secondo cui\nl\u0027intero obiettivo fosse perseguito mediante l\u0027utilizzo della sola\ntecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e\nsenza considerare la quota installabile su edifici - equivalenti allo\n0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. \n Si tratterebbe, quindi, di una porzione marginale di suoli\nagricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di terreni\nagricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. \n La societa\u0027 ricorrente, quindi, ha posto in rilievo come il dato\nfattuale posto dal Governo a fondamento dell\u0027introduzione del\ncontestato divieto di installazione di impianti FER, ossia il\ndepauperamento dei suoli agricoli, sia in realta\u0027 carente, stante la\nincidenza minimale dei suoli agricoli destinabili alla installazione\ndei moduli fotovoltaici a terra rispetto alla SAT (ma anche in\nrelazione alla minor quota di suoli agricoli abbandonati), nonche\u0027 in\nragione del fatto che il perseguimento degli obiettivi europei deve\navvenire mediante una combinazione di soluzioni tecnologiche che\nutilizzino anche immobili o infrastrutture gia\u0027 esistenti, con la\nconseguenza che solo una quota parte dei suoli agricoli risultera\u0027\ninteressata dalla installazione di impianti FER. \n Infine, secondo quanto riferito dalla societa\u0027 ricorrente alla\nluce dei dati riportati nel motivo di gravame in esame,\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale del divieto introdotto con il\ndecreto-legge agricoltura e poi traslato nel decreto legislativo n.\n199/2021, risiederebbe nella carenza, ab origine, dei requisiti di\nnecessita\u0027 e urgenza richiesti dall\u0027art. 77 della Costituzione per il\nlegittimo ricorso allo strumento eccezionale della decretazione\nd\u0027urgenza. \n 2.3.) Con il terzo motivo di ricorso e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione\ndegli articoli 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in\nrelazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e all\u0027art. 12\ndel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della\ndirettiva 2001/77/CE)». \n La disposizione normativa contestata, nell\u0027introdurre un divieto\ngeneralizzato di installazione di nuovi impianti FTV con moduli\ncollocati a terra e il divieto di aumentare l\u0027estensione di quelli\nesistenti nelle aree classificate come agricole dai piani urbanistici\n- tale in quanto non vengono previste distinzioni in funzione delle\ndifferenti tecnologie utilizzabili e dell\u0027effettivo pregio agricolo o\npaesaggistico e ambientale dei siti da assoggettare a divieto - si\nporrebbe innanzitutto in contrasto con il parametro di\ncostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 117, comma 1, della Costituzione. \n Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, l\u0027art. 20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 contrasterebbe con i\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento europeo e, in particolare, con\nl\u0027obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER,\nperseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE,\nnonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e\u0027\nstato emanato il medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n Sotto altro profilo, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi\nfondamentali dettati dal legislatore statale nella materia\nconcorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale\ndell\u0027energia». \n In particolare, la disposizione normativa tacciata di\nincostituzionalita\u0027 si porrebbe in contrasto con quanto previsto\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003 - che\ncostituisce attuazione dei principi statali e eurounitari (direttiva\n2001/77/CE) nella richiamata materia concorrente di cui all\u0027art. 117,\ncomma 3, della Costituzione - ai sensi del quale «Gli impianti di\nproduzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma 1, lettere\nb) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole\ndai vigenti piani urbanistici». \n A fronte della presenza, all\u0027interno dell\u0027ordinamento, di una\nsiffatta previsione normativa, l\u0027introduzione di un divieto\ngeneralizzato di installazione di impianti FTV in area agricola\nrisulterebbe porti in patente contrasto con i principi statuali\nrettori della materia. \n La sussistenza di un siffatto contrasto, peraltro, risulterebbe\nvieppiu\u0027 evidente considerando quanto previsto dalle linee guida\nnazionali di cui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010\n(«Linee guida») - introdotte in attuazione del citato art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e considerate dalla giurisprudenza\ncostituzionale quali principi fondamentali della materia legislativa\nconcorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale\ndell\u0027energia» - secondo le quali (allegato 3) «ai sensi dell\u0027art. 12,\ncomma 7, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei»\ne «l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio [...]». \n La circostanza per cui l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 sia contenuto in un corpo normativo\ndichiaratamente attuativo della direttiva 2018/2001/UE non e\u0027 di per\nse\u0027 sufficiente a dissipare i dubbi di costituzionalita\u0027 di tale\ndisposizione, in quanto la stessa non trova fondamento ne\u0027 nella\ndirettiva oggetto di trasposizione, ne\u0027 men che meno nella legge\ndelega n. 53/2021. \n 2.4.) Con il quarto motivo di ricorso e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 per «Violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 9 della Costituzione - Violazione e falsa applicazione\ndell\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili - Violazione del principio di\nproporzionalita\u0027 - Violazione dell\u0027art. 11 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea - Violazione dell\u0027art. 41 della\nCostituzione». \n Secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, la scelta di\nintrodurre un generale e indiscriminato divieto di realizzare\nimpianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come\n«agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la\ndiffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sul\nperseguimento degli obiettivi di tutela dell\u0027ambiente. \n Sul punto, infatti, giova evidenziare che l\u0027art. 15 della\ndirettiva 2018/2001/UE prevede che «Gli Stati membri prendono in\nparticolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme in\nmateria di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze\nsiano oggettive, trasparenti e proporzionate [...]». \n L\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021,\ninvero, sarebbe tutt\u0027altro che una forma di esercizio «proporzionato»\ndella potesta\u0027 legislativa ratione materiae. Detta previsione\nnormativa, inoltre, violerebbe il principio di integrazione delle\ntutele - riconosciuto, sia a livello europeo dall\u0027art. 11 del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea, sia a livello\nnazionale dall\u0027art. 3-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006,\nn. 152 (sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) -\nin virtu\u0027 del quale le esigenze di tutela dell\u0027ambiente devono essere\nintegrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle altre pertinenti\npolitiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo\nsostenibile. \n Se il principio di proporzionalita\u0027 rappresenta il criterio alla\nstregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i\ndue valori costituzionali all\u0027interno di un quadro argomentativo\nrazionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di\nmetodo. La tutela dell\u0027ambiente e quella del paesaggio (nello\nspecifico dell\u0027ambiente e del contesto agricolo) non potrebbero\nessere considerate alla stregua di valori contrapposti rispetto alla\ndiffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela\ndell\u0027ambiente, sia sotto quello della tutela dell\u0027iniziativa\neconomica privata. \n Oltretutto, a fronte del fatto che l\u0027art. 9 della Costituzione\ndispone che la tutela dei valori ambientali deve essere perseguita\n«anche nell\u0027interesse delle future generazioni», l\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 muoverebbe dall\u0027assunto di\nun aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e\nl\u0027autorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante\ncollocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte\nfinalita\u0027 di tutela non fossero tra loro contemperabili mediante\nl\u0027introduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso\nper caso, quando e dove consentire o meno la collocazione degli\nimpianti FTV in area agricola. \n 3.) Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza\nnel presente giudizio e, con memoria depositata in data 19 ottobre\n2024, hanno eccepito l\u0027infondatezza del gravame. \n In particolare, secondo la prospettazione difensiva delle\namministrazioni ministeriali, il perimetro della delega legislativa\nin favore dell\u0027amministrazione ministeriale, per come individuato\ndall\u0027art. 20, commi 1 e 5, del decreto legislativo n. 199/2021 - nel\nquale rientra la individuazione di principi e criteri omogenei per\nl\u0027individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee\nall\u0027installazione degli impianti FER, nel rispetto dei principi della\nminimizzazione degli impatti sull\u0027ambiente, sul territorio, sul\npatrimonio culturale e sul paesaggio - giustificherebbe il richiamo,\nall\u0027interno del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, della\ndisposizione di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo\nn. 199/2021, in quanto funzionale a completare la cornice di\nriferimento della disciplina per la individuazione delle aree nelle\nquali e\u0027 possibile installare gli impianti FER, in un\u0027ottica di\nriordino, semplificazione e coordinamento degli atti normativi di\nriferimento. \n Le amministrazioni resistenti, inoltre, hanno posto in rilievo\nche il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non costituirebbe\nstrumento di «attuazione» dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, in quanto tale disposizione normativa - di\nrango primario e introdotta con legge ordinaria, benche\u0027 in un\nmomento successivo rispetto al testo originario del decreto\nlegislativo n. 199/2021 - spiegherebbe i propri effetti all\u0027interno\ndel medesimo decreto legislativo n. 199/2021. \n Per tali ragioni, quindi, la sospensione del decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024 non produrrebbe alcun effetto utile per la\nsocieta\u0027 ricorrente, atteso che le regioni sono comunque tenute a\nlegiferare all\u0027interno del quadro normativo delineato dalla normativa\nprimaria, venendo in rilievo una materia di competenza legislativa\nconcorrente, quale la «produzione, trasporto e distribuzione\nnazionale dell\u0027energia», di cui all\u0027art. 117, comma 3, della\nCostituzione. \n D\u0027altronde, il rimando operato nel gravato decreto ministeriale,\nlungi dal volere introdurre un divieto generalizzato di portata\ninnovativa, troverebbe ragione in forza della ratio del medesimo\nprovvedimento impugnato, teso tra l\u0027altro a fornire agli operatori\ndel settore chiare indicazioni sulla individuazione sia delle\nsuperfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER, sia di\nquelle in cui cio\u0027 risulta precluso. \n Oltretutto, atteso che la normativa regionale avrebbe dovuto\nessere adottata in un termine stringente previsto dalla legge, la\nmodifica del decreto legislativo n. 199/2021 ad opera del\ndecreto-legge agricoltura rivestiva sicuramente un carattere di\nassoluta urgenza. \n Secondo la prospettazione difensiva delle amministrazioni\nresistenti, la disciplina complessiva sulla individuazione delle aree\ne superfici inerenti agli impianti FER denota un assoluto favor per\nlo sviluppo di detti impianti, cosi\u0027 come l\u0027assegnazione alle regioni\ndi quote vincolanti di produzione di energia da fonti rinnovabili\nrenderebbe palese l\u0027infondatezza delle censure ricorsuali, non\npotendo essere predicato alcun contrasto con la disciplina\nsovranazionale in relazione alla massima diffusione degli impianti\nFER. \n Peraltro, la disciplina dettata dal decreto ministeriale del 21\ngiugno 2024 e\u0027 stata approvata previa intesa in sede di Conferenza\nunificata, frutto di un lungo iter segnato da plurimi confronti con\ngli enti locali e i Ministeri concertanti (Ministero\ndell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle foreste e\nMinistero della cultura), indice di garanzia della necessaria e\nponderata valutazione dei differenti interessi attribuiti alla cura\ndelle amministrazioni coinvolte, nonche\u0027 del rispetto dei principi di\nderivazione eurounitaria applicabili ratione materiae. \n 4.) La societa\u0027 ricorrente, con memoria depositata in data 30\ndicembre 2024, ha specificato le proprie doglianze, controdedotto\nalle difese articolate dalle amministrazioni resistenti e insistito\nper l\u0027accoglimento del ricorso. \n 5.) All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e\u0027 stata\ndiscussa. \n Il Collegio, nel corso della discussione, ha prospettato alle\nparti, ai sensi dell\u0027art. 73, comma 3, c.p.a., la sussistenza di\npossibili profili di inammissibilita\u0027 del ricorso per carenza\nd\u0027interesse, anche relativamente alle censure inerenti al contestato\ndivieto di installazione di impianti FER in area agricola, laddove\nnon risultasse comprovato che i progetti insistono su aree aventi una\neffettiva destinazione agricola, e cio\u0027 e\u0027 stato fatto constare nel\nverbale d\u0027udienza. \n All\u0027esito della discussione, la causa e\u0027 stata trattenuta in\ndecisione. \n \n Diritto \n \n 1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene di poter superare i\nrilievi d\u0027ufficio con i quali, all\u0027udienza pubblica del 5 febbraio\n2025, era stata prospettata l\u0027inammissibilita\u0027 del presente gravame\nper carenza di interesse. \n Infatti, dalla documentazione versata in atti dalla societa\u0027\nricorrente - e segnatamente, dal certificato di destinazione\nurbanistica n. 159/2024, rilasciato dal Comune di Ascoli Satriano\n(cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente) - risulta che le\naree interessate dal progetto inerente alla realizzazione di un\nimpianto FTV nel territorio della Regione Puglia ricadono nella zona\nE del Piano urbanistico generale del Comune di Ascoli Satriano,\nclassificata come «Zona per attivita\u0027 agricole» e nella quale\nrisultano ammesse anche attivita\u0027 produttive quali, inter alia, il\ntrasporto di energia. \n 1.1. Atteso che le censure articolate con il ricorso in esame\nappuntano sulla illegittimita\u0027 dell\u0027introduzione di un divieto\ngeneralizzato alla realizzazione di impianti FTV in aree classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, la societa\u0027 ricorrente\nrisulta, gia\u0027 in base a una valutazione prognostica, negativamente\nincisa, in via diretta e immediata, dalla previsione dell\u0027art. 1,\ncomma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, con\nla quale e\u0027 stata data attuazione all\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n Infatti, il progetto che la societa\u0027 ricorrente intende\nrealizzare non rientra tra quelli per i quali trova applicazione lo\nspecifico regime di salvaguardia dettato dall\u0027art. 5, comma 2, del\ndecreto-legge agricoltura, atteso che all\u0027atto della sua entrata in\nvigore non era stata ancora avviata alcuna procedura amministrativa\nnecessaria all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e\nl\u0027esercizio dell\u0027impianto FTV da realizzare su un\u0027area agricola\nlocalizzata nell\u0027ambito del territorio del Comune di Ascoli Satriano. \n 1.2. Ad avviso del Collegio, l\u0027introduzione del suddetto divieto\nad opera del gravato decreto ministeriale non costituisce il frutto\ndi una autonoma scelta discrezionale delle amministrazioni\nministeriali resistenti, ma risulta essere attuazione di quanto\nprevisto dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, a sua volta correlato al disposto dell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge agricoltura. \n 1.3. Tale aspetto avvalora la ammissibilita\u0027 della iniziativa\ngiudiziale proposta dalla societa\u0027 ricorrente, tenuto anche conto del\nfatto che il decreto ministeriale del 21 giugno 2024, all\u0027art. 1,\ncomma 2, ha previsto che le regioni individuino all\u0027interno dei\nrispettivi territori anche le «aree in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione\ndi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come\n«le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di\nimpianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n 1.4. Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa\nerariale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del\n21 giugno 2024 costituisce senz\u0027altro strumento di attuazione\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per\nquanto del tutto vincolato nel contenuto, per le seguenti ragioni: \n la disposizione normativa primaria teste\u0027 richiamata (i.e.,\nl\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021)\ndefinisce il perimetro delle aree agricole nelle quali e\u0027 consentita\nl\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra, facendo riferimento alla classificazione delle aree idonee\nprevista dall\u0027art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e\nindividuando in maniera specifica altre aree sulla scorta di criteri\ndi carattere finalistico (si pensi, ad esempio, alla realizzazione di\nimpianti FTV per la costituzione di comunita\u0027 energetiche rinnovabili\novvero ai progetti attuativi delle altre misure di investimento del\nPNRR). Al di fuori di tale perimetro oggettivo risulta vietata, in\nvia generale, l\u0027installazione in area agricola di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra; \n l\u0027intervento definitorio operato dalla fonte normativa\nprimaria, tuttavia, presenta un carattere transeunte, essendo\ndestinato a valere solo nelle more dell\u0027individuazione delle aree\nidonee da parte delle regioni che, a riguardo, dovranno legiferare\nsulla base dei criteri e delle modalita\u0027 stabilite dai decreti di cui\nall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, ossia\nsulla scorta dei criteri e delle modalita\u0027 stabilite dal gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024; \n e\u0027 per tale ragione, invero, che il divieto di realizzare\nimpianti FTV in area agricola risulta pedissequamente ribadito\ndall\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale del 21\ngiugno 2024, come risulta dalla piana lettura del testo di tale\ndisposizione, in forza della quale e\u0027 stato stabilito che le aree\nnelle quali e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra coincidono con le aree agricole per le quali\nun siffatto divieto e\u0027 stato sancito dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021; \n a conferma del fatto che il divieto di installazione di\nimpianti FTV in area agricola sancito dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 trovi piena attuazione nel nuovo\ncontesto normativo e regolamentare proprio ad opera del gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, vale evidenziare che le\nregioni, ai sensi dell\u0027art. 3, comma 1, di tale decreto ministeriale,\nsono chiamate a individuare, con propria legge ed entro centottanta\ngiorni dalla data di entrata in vigore del decreto, tutte le aree\nindicate dall\u0027art. 1, comma 2, del decreto ministeriale del 21 giugno\n2024. Si tratta, come visto, non solo delle aree idonee e non idonee\nall\u0027installazione di impianti FER, ma anche delle aree nelle quali e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra; \n cio\u0027 significa che terminata la fase di prima applicazione\ndella disciplina dettata dall\u0027articolo 20 del decreto legislativo n.\n199/2021 - ossia, quella che precede l\u0027adozione dei decreti\nministeriali indicati dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo\nn. 199/2021 e gia\u0027 esauritasi con l\u0027adozione del decreto ministeriale\nimpugnato nel presente giudizio - l\u0027attuazione del divieto di\ninstallazione di impianti FTV in area agricola nel nuovo contesto\nnormativo e regolamentare dipende dall\u0027applicazione delle\ndisposizioni recate dal gravato decreto ministeriale del 21 giugno\n2024. Le regioni, infatti, all\u0027atto di individuare con propria legge\ntutte le aree di cui all\u0027art. 1, comma 2, del decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024, saranno necessariamente tenute ad esercitare la\npropria potesta\u0027 legislativa conformandosi ai principi e ai criteri\nstabiliti dal Titolo II del decreto ministeriale del 21 giugno 2024,\ncome espressamente previsto dall\u0027art. 3, comma 1, di tale decreto. \n 1.5. Il decreto ministeriale impugnato rappresenta, inoltre,\nl\u0027unico atto amministrativo che interviene nel processo di\nimplementazione del divieto in parola, atteso che: \n esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n secondo quanto previsto dal decreto, l\u0027individuazione delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n le aree cosi\u0027 individuate non sono «non idonee», ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione, nell\u0027ambito dei procedimenti amministrativi di\nautorizzazione, della compatibilita\u0027 dei singoli interventi rispetto\nal soddisfacimento di ulteriori valori e interessi ordinamentali\nconfliggenti con quelli che hanno condotto il legislatore ad\nintrodurre il contestato divieto di installazione di impianti FTV in\narea agricola. \n 1.6. Merita, dunque, di essere richiamato il consolidato\norientamento giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale\n[...] e\u0027 immediatamente impugnabile quando incide senz\u0027altro - senza\nla necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (cfr. Cons. Stato,\nsez. IV, sentenza n. 1937 del 17 marzo 2022). \n Risulta, pertanto, indubbia l\u0027incidenza del divieto di\ninstallazione di impianti FTV in area agricola nella sfera giuridica\ndella societa\u0027 ricorrente, nella sua qualita\u0027 di operatore economico\nattivo nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili e\nintenzionato a realizzare tale tipologia di impianto in area agricola\nnel territorio della Regione Puglia. \n La attuale, diretta e concreta lesivita\u0027 del contestato divieto\nrisulta sussistere nel caso di specie, in quanto lo stesso e\u0027\nsuscettibile di precludere in radice la possibilita\u0027 di realizzazione\nin area agricola di impianti FTV con moduli collocati a terra,\nladdove l\u0027area interessata dall\u0027intervento non rientri tra quelle,\nallo stato, individuate sulla base del combinato disposto dei commi\n1-bis e 8 dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 ovvero con\nquelle che, in futuro, le regioni ricomprenderanno nel perimetro\ndelle aree agricole nelle quali l\u0027installazione dei predetti impianti\nsara\u0027 consentita. \n 2. Il Collegio, esaurita la disamina dei profili di rito e\nritenuto ammissibile il gravame proposto dalla societa\u0027 ricorrente,\nnon reputa meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso. \n La societa\u0027 ricorrente, con tale mezzo di gravame, ha contestato\nla legittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del gravato decreto\nministeriale sotto due ordini di profili: i) per violazione dell\u0027art.\n20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, in quanto non\nsarebbe stata attribuita alcuna delega all\u0027amministrazione\nministeriale ai fini della individuazione di aree completamente\ninterdette all\u0027installazione di impianti FTV; ii) per violazione\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, atteso\nche tale disposizione normativa - peraltro, di derivazione\neurounitaria - consente l\u0027installazione di impianti FER in zone\nclassificate agricole dai vigenti piani urbanistici. \n 2.1. In proposito, e\u0027 sufficiente evidenziare che la prospettata\nillegittimita\u0027 del contestato divieto introdotto dall\u0027art. 1, comma\n2, lettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 non\ndiscende da una autonoma determinazione amministrativa, ma promana\ndal combinato disposto dell\u0027art. 5 del decreto-legge agricoltura e\ndall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, di\ncui il gravato decreto ministeriale costituisce attuazione, come\nampiamente esposto in precedenza. \n Per tale ragione, dunque, neppure risulta meritevole di pregio il\nprofilo di censura con il quale e\u0027 stata contestata la violazione\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, posto che\ne\u0027 da attribuire allo stesso legislatore la scelta (normativa) che ha\ncondotto alla introduzione del divieto di realizzazione di impianti\nFTV con moduli collocati a terra in aree classificate agricole ai\nsensi dei vigenti piani urbanistici. \n A riprova del fatto che sia da ascrivere al legislatore (con i\nrichiamati articoli 5 del decreto-legge agricoltura e 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021) e non all\u0027amministrazione\ndelegata (con l\u0027impugnato art. 1, comma 2, lettera d), del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024), la scelta di superare la previsione\nrecata dall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003,\ngiova segnalare che tale parametro di legittimita\u0027, che la societa\u0027\nricorrente assume essere stato violato dalle amministrazioni\nministeriali resistenti, e\u0027 stato abrogato per effetto del decreto\nlegislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in\nattuazione dell\u0027art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge 5\nagosto 2022, n. 118». \n In particolare, l\u0027art. 14 del decreto legislativo n. 190/2024,\nrubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce che\n«L\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti e\u0027\nconsentita nei limiti di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 199». Emerge, pertanto, in maniera\nnetta come il legislatore, per cio\u0027 che concerne la realizzazione di\nimpianti FTV con moduli collocati a terra in area agricola, abbia\ninteso superare il regime dettato dall\u0027art. 12, comma 7, del decreto\nlegislativo n. 387/2003, sancendo l\u0027esclusiva applicazione del regime\nintrodotto con l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021 e di cui le previsioni del decreto ministeriale del 21\ngiugno 2024 costituiscono diretta attuazione. \n 3. Il Collegio, invece, ritiene che la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021 introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n.\n63/2024, cosi\u0027 come prospettata dalla societa\u0027 ricorrente con il\nsecondo, terzo e quarto motivo di ricorso, risulti non solo rilevante\nai fini della definizione del presente giudizio, ma anche non\nmanifestamente infondata per le seguenti ragioni di diritto. \nI. Sulla impossibilita\u0027 di operare una interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 \n 4. Il Collegio non ritiene che sia possibile operare\nun\u0027interpretazione conforme alla Costituzione dell\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, tentativo questo che ai\nfini della rimessione alla Corte costituzionale di una questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale deve essere ragionevolmente e\nconsapevolmente escluso (cfr. Corte costituzionale, sentenza n.\n262/2015; in senso conforme sentenze numeri 202/2023, 139/2022,\n11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). \n Infatti, se e\u0027 vero che «le leggi non si dichiarano\ncostituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027 possibile darne\ninterpretazioni incostituzionali [...], ma perche\u0027 e\u0027 impossibile\ndarne interpretazioni costituzionali» (cfr. Corte costituzionale,\nsentenza n. 356/1996), nel caso di specie, la sola, possibile,\ninterpretazione costituzionalmente orientata della contestata\nprevisione normativa risulterebbe quella che considera privo di\neffettualita\u0027 l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021. \n 4.1. In particolare, l\u0027impossibilita\u0027 di operare\nun\u0027interpretazione conforme a Costituzione della anzidetta\ndisposizione normativa discende dal suo chiaro tenore letterale e\ndalla portata del divieto con essa introdotto nell\u0027ordinamento\ngiuridico. \n Infatti, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, nel consentire l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani\nurbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita\u0027 ai soli casi in\ncui, da un lato, l\u0027area agricola coincida con alcune specifiche aree\nritenute idonee ai sensi dell\u0027art. 20, comma 8, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le aree\nnelle quali sono gia\u0027 installati detti impianti (comma 8, lettera a),\nle quali possono essere interessate solo da interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o ricostruzione, a condizione che non\ncomportino incremento dell\u0027area gia\u0027 occupata - o, dall\u0027altro,\nl\u0027intervento sia finalizzato alla creazione di una comunita\u0027\nenergetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del PNRR\no funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. \n Dal tenore letterale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 risulta, quindi, che il legislatore nel\n«consentire esclusivamente» l\u0027installazione degli impianti FTV con\nmoduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti con quelle\ninnanti menzionate, ha sostanzialmente introdotto un divieto\ngeneralizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte\ndel suolo agricolo nazionale. \n 4.2. L\u0027introduzione di una preclusione di tale ampiezza\nall\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in\narea agricola non risulta costituzionalmente compatibile,\ninnanzitutto perche\u0027 si pone in insanabile contrasto con l\u0027art. 117,\ncomma 1, della Costituzione, atteso che il contestato divieto e\u0027\nsuscettibile di integrare una violazione dei «vincoli derivanti\ndall\u0027ordinamento comunitario». \n In particolare, con il divieto generalizzato previsto dall\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e\u0027 stato\ncompletamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio\ndi matrice eurounitaria della massima diffusione delle fonti di\nenergia rinnovabili (direttiva 2001/77/CE e 2009/28/CE). Tale\nprincipio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale\nutilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento degli impianti\nFER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela di altri interessi\ncostituzionalmente protetti (cosi\u0027, ad esempio, si e\u0027 espressa la\nCorte costituzionale relativamente agli impianti di produzione di\nenergia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). \n Con il contestato divieto, viceversa, il legislatore ha\nspecificamente individuato le aree agricole nelle quali e\u0027 consentita\nl\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra e ha\ninibito, per la restante parte del suolo agricolo nazionale, la\nrealizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di piana evidenza\nche una siffatta preclusione viola il principio di massima diffusione\ndi matrice eurounitaria, sottraendo in maniera ingiustificata una\nconsiderevole parte del territorio nazionale al perseguimento delle\nfinalita\u0027 sottese allo sviluppo energetico da fonti rinnovabili, in\nassenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -\nnon potendo considerarsi tale l\u0027invocato consumo indiscriminato del\nsuolo - e senza che possa essere operata in concreto, nell\u0027ambito\ndell\u0027iter procedimentale di autorizzazione dell\u0027impianto, la\nponderazione con gli altri interessi confliggenti, anche di natura\npubblicistica e, in parte, legati al perseguimento degli obiettivi\nunionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al\n2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. \n 4.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche il carattere\nnon proporzionato della scelta legislativa, tenuto conto della\nampiezza ed incisivita\u0027 del divieto rispetto al fine perseguito, il\nche corrobora l\u0027impossibilita\u0027 di addivenire ad una interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nII. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n 5. Dall\u0027acclarata impercorribilita\u0027 di un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte\nricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il terzo e quarto motivo di ricorso. \n La questione di legittimita\u0027 costituzionale che il Collegio\nintende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza\nrisulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente giudizio, atteso\nche l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), dell\u0027impugnato decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 costituisce attuazione della\ndisposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita\u0027, vale a\ndire l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per\nle ragioni gia\u0027 esposte in precedenza e alle quali integralmente si\nrinvia. \n Pertanto, dall\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027 dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 dipende la\nlegittimita\u0027 del contestato divieto di cui all\u0027art. 1, comma 2,\nlettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura\nsolo nel caso di declaratoria di incostituzionalita\u0027 della\ndisposizione normativa primaria la previsione impugnata dalla\nsocieta\u0027 ricorrente potrebbe essere annullata, con conseguente venir\nmeno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla realizzazione\ndel proprio progetto sul suolo agricolo della Regione Puglia. \nIII. Sulla manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il II motivo di ricorso. \n 6. La societa\u0027 ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, ha\nprospettato la questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per contrarieta\u0027\nall\u0027art. 77, comma 2, della Costituzione. \n In particolare, e\u0027 stata contestata la insussistenza dell\u0027addotta\nragione di straordinaria necessita\u0027 e urgenza indicata nel preambolo\ndel decreto-legge agricoltura - data dalla necessita\u0027 di contrastare\nil fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola - in ragione\ndel fatto che, posta l\u0027esistenza di una superficie agricola totale di\n16 milioni di ettari (di cui solo 12,5 milioni utilizzati), anche\nnell\u0027ipotesi in cui gli obiettivi energetici nel territorio italiano\ndovessero essere soddisfatti esclusivamente mediante la tecnologia\nche utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra, si perverrebbe\na un utilizzo di appena lo 0,4% della superficie agricola, del tutto\nmarginale rispetto ai 4 milioni di terreni agricoli abbandonati. \n 6.1. Ad avviso del Collegio, in applicazione degli orientamenti\ngiurisprudenziali della Corte costituzionale, una simile\nprospettazione non risulta idonea a supportare una valutazione di non\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021\nrispetto a quanto previsto dall\u0027art. 77, comma 2, della Costituzione. \n 6.2. La Corte costituzionale, infatti, ha in plurime occasioni\naffermato che i casi in cui puo\u0027 predicarsi l\u0027insussistenza dei\nrequisiti di necessita\u0027 e urgenza richiesti per la decretazione\nlegislativa d\u0027urgenza sono circoscritti alle ipotesi di evidente\nmancanza degli stessi ovvero di manifesta irragionevolezza o\narbitrarieta\u0027 della relativa valutazione (cfr., ex plurimis, Corte\ncostituzionale, sentenze numero 170/2017, 287/2016, 72/2015, 22/2012,\n93/2011, 355/2010; 128/2008 e 171/2007). \n 6.3. Tale verifica, inoltre, deve essere condotta in maniera non\ndissimile da quanto accade per il sindacato del giudice\namministrativo sul vizio di eccesso di potere, ossia a partire da\nprofili sintomatici, tra i quali assume preminente rilievo il\nriscontro (o meno) di una intrinseca coerenza delle norme contenute\nnel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e/o funzionale. \n Il presupposto del caso straordinario di necessita\u0027 e urgenza,\ninfatti, «inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un\ntutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche\nse articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione\natomistica della condizione di validita\u0027 prescritta dalla\nCostituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il\nprovvedimento legislativo urgente ed il caso che lo ha reso\nnecessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme\nassemblate soltanto da mera casualita\u0027 temporale» (cfr. Corte\ncostituzionale, sentenza n. 22/2012). \n 6.4. Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che con l\u0027art. 5,\ncomma 1, del decreto-legge n. 63/2024 - fonte originaria del\ncontestato divieto, poi confluito nell\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 - sono state dettate «Disposizioni\nfinalizzate a limitare l\u0027uso del suolo agricolo» e che tale\ndecreto-legge e\u0027 stato adottato in ragione della «concomitanza di\ncongiunture avverse, quali il perdurare del conflitto in Ucraina e la\ndiffusione di fitopatie, ha indotto il settore primario in una\npersistente situazione di crisi, determinando gravi ripercussioni sul\ntessuto economico e sociale», i presupposti di ritenuta necessita\u0027 e\nurgenza sono stati individuati non solo nella esigenza di\n«contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola»,\nma anche in quella di «emanare disposizioni finalizzate a garantire\nl\u0027approvvigionamento delle materie prime agricole e, in specie, di\nquelle funzionali all\u0027esercizio delle attivita\u0027 di produzione\nprimaria, a sostenere il lavoro agricolo e le filiere produttive, in\nparticolare quella cerealicola, quella del kiwi, quella della pesca e\ndell\u0027acquacoltura». \n 6.5. Rispetto a tali enunciati presupposti e finalita\u0027, la\ndisposizione intesa a vietare l\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non si\npone in termini di manifesta estraneita\u0027, presentando un\u0027intrinseca\ncoerenza nell\u0027ambito di un complesso di disposizioni finalizzate al\nsostegno del settore agricolo. \n 6.6. Gli elementi addotti dalla societa\u0027 ricorrente a sostegno\ndella ritenuta insussistenza delle ragioni di necessita\u0027 e urgenza,\nin ragione della limitata porzione di territorio agricolo che\npotrebbe essere occupata per effetto della realizzazione degli\nimpianti FER ricadenti nell\u0027ambito oggettivo del contestato divieto,\nnon consentono di giungere a conclusioni diverse, essendo un chiaro\nobiettivo dell\u0027intervento legislativo operato con il decreto-legge n.\n63/2024 quello di contrastare la sia pur minima riduzione del suolo a\nvocazione agricola: la misura adottata costituisce, dunque,\nsenz\u0027altro sviluppo delle premesse, che non risultano in alcun modo\nsmentite dalle argomentazioni spese nel ricorso. \nIV. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il terzo e il quarto motivo di\nricorso. \n 7. Il Collegio, per converso, ritiene che non siano\nmanifestamente infondate le questioni di legittimita\u0027 costituzionale\nsollevate dalla societa\u0027 ricorrente con il terzo e il quarto motivo\ndi ricorso, con i quali e\u0027 stata in sostanza lamentata la\ncontrarieta\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021 con: \n l\u0027art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in\nrelazione, rispettivamente, alla direttiva 2018/2001/UE del\nParlamento europeo e del Consiglio dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili e all\u0027art. 12\ndel decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della\ndirettiva 2001/77/CE). La disposizione normativa sospettata di\nincostituzionalita\u0027, nel prevedere il divieto di installazione di\nnuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di\naumentare l\u0027estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si\nporrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con il principio della massima diffusione\ndegli impianti FER, affermato dalla direttiva 2009/28/CE, dalla\ndirettiva 2001/77/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato il decreto legislativo n.\n199/2021. Sotto altro profilo, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi\ngenerali dettati in materia dallo stesso legislatore statale, in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali\nle zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio; \n gli articoli 9 e 41 della Costituzione, anche tenuto conto di\nquanto previsto dall\u0027art. 15 della direttiva 2018/2001/UE, del\nprincipio di proporzionalita\u0027 e dell\u0027art. 11 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea: la scelta di introdurre un\ngenerale e indiscriminato divieto di realizzazione degli impianti FTV\ncon moduli collocati a terra su aree urbanisticamente campite come\n«agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la\ndiffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli\nobiettivi di tutela dell\u0027ambiente perseguiti, dando luogo a una\ndisciplina sproporzionata, in contrasto con il principio di\nintegrazione delle tutele e con la stessa tutela dei valori\nambientali. \n 7.1. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con l\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto «dei\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento comunitario» e, in particolare,\ndel principio di massima diffusione delle fonti di energia\nrinnovabili di matrice eurounitaria. \n 7.2. In proposito, risulta necessario richiamare tutte le\nprevisioni normative vigenti nell\u0027ordinamento giuridico eurounitario\ne suscettibili di assumere rilievo nella materia oggetto della\npresente controversia, da intendersi anche quale integrazione del\nquadro normativo di riferimento, in uno con le previsioni nazionali\ngia\u0027 richiamate in precedenza ed analizzate dal Collegio sin dalla\nesposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita\u0027\ndella rimessione della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n In particolare, devono essere presi in considerazione: \n l\u0027art. 3, paragrafo 5, del TUE, a mente del quale «Nelle\nrelazioni con il resto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove i suoi\nvalori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini»,\ndi tal forma che, per questa via, l\u0027Unione europea «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra»; \n l\u0027art. 6, paragrafo 1, del TUE, che precisa che «L\u0027Unione\nriconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei\ndiritti fondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000,\nadattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore\ngiuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un\nlivello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della sua\nqualita\u0027 devono essere integrati nelle politiche dell\u0027Unione e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; \n l\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nche, muovendosi nella medesima direzione gia\u0027 tracciata dal\nrichiamato art. 6, paragrafo 1, del TUE, sancisce che «Le esigenze\nconnesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella\ndefinizione e nell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione,\nin particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo\nsostenibile» (c.d. principio di integrazione); \n l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, secondo il quale «La politica dell\u0027Unione in materia\nambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: \n salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n protezione della salute umana; \n utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n promozione sul piano internazionale di misure destinate a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n 2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale mira a un\nelevato livello di tutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle\nsituazioni nelle varie regioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione preventiva, sul principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"»; \n l\u0027art. 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea, ai sensi del quale «Il Parlamento europeo e il\nConsiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e\nprevia consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato\ndelle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere\nintraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191»; \n l\u0027art. 194 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, in forza del quale «Nel quadro dell\u0027instaurazione o del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo conto dell\u0027esigenza di\npreservare e migliorare l\u0027ambiente, la politica dell\u0027Unione nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito di solidarieta\u0027 tra\nStati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,\nl\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e\nrinnovabili». \n 7.2.1. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. \n Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia\ndell\u0027Unione europea, l\u0027uso di fonti di energia rinnovabili per la\nproduzione di elettricita\u0027 e\u0027 utile alla tutela dell\u0027ambiente in\nquanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto\nserra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici\nche l\u0027Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a\ncontrastare. \n L\u0027incremento della quota di rinnovabili costituisce, in\nparticolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al Protocollo di\nKyoto, alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla preservazione\ndei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,\nin causa C-573/12, Ã…lands vindkraft AB contro Energimyndigheten,\nparagrafo 78 e seguenti; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001, in causa\nC-379/98, PreussenElektra AG contro Schhleswag AG, paragrafo 73 e\nseguenti). \n 7.2.2. La Corte di giustizia dell\u0027Unione europea ha, peraltro,\nprecisato che l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea si limita a definire gli obiettivi generali dell\u0027Unione in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea affida al Parlamento europeo e al Consiglio\ndell\u0027Unione europea il compito di decidere le azioni da avviare al\nfine del raggiungimento di detti obiettivi. \n Di conseguenza, l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in quanto tale dai\nprivati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in\nbase all\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea;\nviceversa, l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel\ndiritto derivato (cfr. CGUE, Sezione Terza, sentenza del 4 marzo\n2015, in causa C;534/13, Ministero dell\u0027ambiente e della tutela del\nterritorio e del mare et al. contro Fipa Group S.r.l. et al.,\nparagrafo 39 e seguenti). \n 7.3. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 del\nTCE (ora art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE del\nParlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e,\nsuccessivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23 aprile 2009. \n In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE - con\nla quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione e\nalla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE\n- e\u0027 stato inter alia considerato che: \n «[...] (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del Trattato\nsul funzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle\nforme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi\ndella politica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027 perseguito\ndalla presente direttiva. Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti\nrinnovabili o all\u0027energia rinnovabile costituisce una parte\nimportante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le\nemissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni\ndell\u0027Unione nel quadro dell\u0027Accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza delle parti\ndella Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti\nclimatici («Accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche\ndell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 %\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni propri obiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati\ne andare oltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio\n2014, «Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima\nall\u0027orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti\nnell\u0027ambito delle energie rinnovabili», si e\u0027 spinto oltre la\nproposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027Accordo di Parigi e delle recenti\nriduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. [...] \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti\nrinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce\ndi sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore della\ndecarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo al conseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei\nrispettivi piani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In\nnessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n 7.4. Quanto affermato nei consideranda della direttiva\n2018/2001/UE ha trovato poi concretizzazione normativa nelle\nprevisioni dell\u0027art. 3 della direttiva, rubricato «Obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030». \n Il legislatore unionale, infatti, ha previsto un obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030, stabilendo che «Gli\nStati membri provvedono collettivamente a far si\u0027 che la quota di\nenergia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia\ndell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La Commissione valuta\ntale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una proposta\nlegislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori sostanziali\nriduzioni dei costi della produzione di energia rinnovabile, se\nrisulta necessario per rispettare gli impegni internazionali\ndell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il rialzo e\u0027\ngiustificato da un significativo calo del consumo energetico\nnell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base della\nvalutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n 7.5. Il regolamento 2021/1119/UE del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea, ha poi istituito un\nquadro per il conseguimento della neutralita\u0027 climatica, sul\npresupposto che: \n «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027\nimpegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti\nclimatici e a dare attuazione all\u0027Accordo di Parigi adottato\nnell\u0027ambito della Convenzione quadro delle Nazioni unite sui\ncambiamenti climatici («Accordo di Parigi»), guidata dai suoi\nprincipi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027Accordo di Parigi. [...] \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nunite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027Accordo di Parigi. [...] \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri\nmira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la\nprosperita\u0027, l\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia\ndei cambiamenti climatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle\nNazioni unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati membri dovrebbero\nessere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi\ninquina paga», istituiti dal Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green\nDeal europeo. [...] \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di\nenergia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. [...] \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. [...] \n (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri\nrestino sulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027\nopportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi\ncompiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la Commissione\ndovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati\n[...]». \n 7.5.1. Tale regolamento ha, quindi, sancito che «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027Accordo di Parigi» (art.\n1), precisando altresi\u0027 che per conseguire tale obiettivo «il\ntraguardo vincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030\nconsiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a\neffetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55\n% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n 7.5.2. Ai sensi dell\u0027art. 5 del regolamento 2021/1119/UE «Le\nistituzioni competenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il\ncostante progresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento,\nnel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della\nvulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7\ndell\u0027Accordo di Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in\nmateria di adattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano\ncoerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano strategie e\npiani nazionali di adattamento, tenendo conto della strategia\ndell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati\nsu analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e di\nvulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli\nindicatori, e basandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze\nscientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di\nadattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027 della sicurezza alimentare, e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti a presentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n 7.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: \n «[...] (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo\nfondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore\nenergetico contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni\ntotali di gas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni\ndi gas a effetto serra, le energie rinnovabili possono anche\ncontribuire ad affrontare sfide ambientali come la perdita di\nbiodiversita\u0027, e a ridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi\ndella comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo\n«Un percorso verso un pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione\ndell\u0027UE: Verso l\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo».\nLa transizione verde verso un\u0027economia basata sulle energie da fonti\nrinnovabili contribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione\n(UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira\naltresi\u0027 a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di\nCOVID-19 ha provocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia\nnell\u0027intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita\u0027 di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso delle energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli Stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45 % di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli Stati membri decidono di perseguire. [...] \n (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di\nenergia rinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n 7.7. La direttiva (UE) 2023/2413, per tali ragioni, ha anche\nintrodotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie\nper assicurare che i contributi nazionali forniti rispettino il\nperseguimento dell\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione in relazione\nalla produzione di energia rinnovabile per il 2030. Sono state,\ninoltre, previste zone di accelerazione per le energie rinnovabili,\nnonche\u0027 specifiche procedure amministrative per il rilascio delle\nrelative autorizzazioni. \n 7.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli\n192 e 194 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea,\ncostituisce la necessaria base legislativa per una governance\ndell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il clima affidabile,\ninclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e\nprevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei\ntraguardi a lungo termine fino al 2030, in linea con l\u0027Accordo di\nParigi del 2015 sui cambiamenti climatici - derivante dalla 21ª\nConferenza delle parti alla Convenzione quadro delle Nazioni unite\nsui cambiamenti climatici - attraverso sforzi complementari, coerenti\ne ambiziosi da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri, limitando la\ncomplessita\u0027 amministrativa nella materia in questione. \n 7.8.1. In particolare, il legislatore unionale, nel configurare\nun siffatto meccanismo, ha considerato che: \n (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il\n40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,\nquale contributo previsto determinato a livello nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027Accordo di Parigi. L\u0027Accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del Protocollo di Kyoto del 1997, che e\u0027 stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\ne che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare di\nconseguenza il sistema dell\u0027Unione per il monitoraggio e la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto\nserra. \n (8) L\u0027Accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C\nrispetto ai livelli preindustriali [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di\ngovernance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per gli Stati membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] \n (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trent\u0027anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027Accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027Accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente\nper il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione\ndell\u0027energia e, nel primo periodo, in particolare per il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli Stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di\nrinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero\nessere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza\nenergetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n 7.8.2. Il meccanismo di governance previsto dal regolamento\n2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate\ncon l\u0027art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l\u0027altro, che: \n «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]» (art. 3, paragrafo 1): \n «Ciascuno Stato membro definisce nel suo Piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \na) dimensione «decarbonizzazione»: [...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 %\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65 % dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \nEntro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il\ncontributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede\ndi superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la\nsua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si aspetta di\nraggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro\ninsieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento\ndell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui\nall\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \n a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n b) misure adottate per conseguire il traguardo di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n c) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di\nUnione; \n d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; \n e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro\ncapite; \niii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi\n[...] \n 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma\ndei rispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n «[...] 3. Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base\nalla valutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027art. 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). \n 7.9. Come gia\u0027 esposto in precedenza, il decreto legislativo n.\n199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del\nParlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone\n«l\u0027obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del\nPaese, recando disposizioni in materia di energia da fonti\nrinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di\ndecarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa\ndecarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi,\ngli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico,\nnecessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della\nquota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della\ndirettiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla\nlegge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). \n In vista del perseguimento di tali finalita\u0027, il decreto\nlegislativo n. 199/2021 reca «disposizioni necessarie all\u0027attuazione\ndelle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito\nanche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili,\nconformemente al Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n(di seguito anche: PNIEC), con la finalita\u0027 di individuare un insieme\ndi misure e strumenti coordinati, gia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento\ndegli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE)\nn. 2021/1119, con il quale si prevede, per l\u0027Unione europea, un\nobiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto\nserra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il\n2030» (art. 1, comma 3). \n 7.10. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza\ncostituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze numero\n121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014 e 44/2011),\nla normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027 ispirata nel\nsuo insieme al principio fondamentale di massima diffusione delle\nfonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova attuazione nella\ngenerale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento di tali\nimpianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri\ninteressi costituzionalmente protetti» (cfr., in particolare, Corte\ncostituzionale, sentenza n. 13/2014). \n 7.11. La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, relativa all\u0027individuazione delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcun divieto generalizzato\nrispetto alla realizzazione di impianti FER su terreni classificati\ncome agricoli dai vigenti piani urbanistici. \n L\u0027art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti, stabilisce che\n«nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i\ndecreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del\npatrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e\nforestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando\nl\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni\nindustriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione industriale,\nartigianale, per servizi e logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di\naree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici\nagricole non utilizzabili». \n Tale disposizione, pur prendendo espressamente in considerazione\nl\u0027esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da un lato non\npone alcuna preclusione assoluta all\u0027installazione di impianti FER su\ntale tipologia di siti e, dall\u0027altro, stabilisce chiaramente che le\nsuperfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti FER. \n L\u0027art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,\nprevede che «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono\nessere dichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di\nproduzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». \n Il successivo comma 8, poi, nell\u0027individuare transitoriamente le\naree ritenute idonee alla installazione di impianti FER, stabilisce\nquanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c),\nc-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio\n2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all\u0027art.\n142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne\u0027 ricadono nella\nfascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte\nseconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo decreto legislativo». \n 7.12. L\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021\nha, di contro, determinato un radicale mutamento di regime rispetto\nall\u0027assetto previgente, prevedendo che «L\u0027installazione degli\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\nesclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli\ninterventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale\nricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che non\ncomportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027\noggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\nterminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di\ndiscarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter,\nnumeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo\nnon si applica nel caso di progetti che prevedano impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla\ncostituzione di una comunita\u0027 energetica rinnovabile ai sensi\ndell\u0027art. 31 del presente decreto nonche\u0027 in caso di progetti\nattuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di\nripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio\nECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del\nConsiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli\ninvestimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all\u0027art. 1 del\ndecreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni,\ndalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per\nil conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n 7.13. Pertanto, successivamente alle modifiche introdotte nel\ndecreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n a) nei siti ove sono gia\u0027 installati impianti della stessa\nfonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di\ninfrastrutture ferroviarie nonche\u0027 delle societa\u0027 concessionarie\nautostradali; \n d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 di gestione aeroportuale all\u0027interno dei sedimi\naeroportuali; \n e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli\nstabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027 di 500 metri dal medesimo\nimpianto o stabilimento; \n f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n 7.14. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,\nsulla generalita\u0027 dei terreni classificati agricoli (pari a circa la\nmeta\u0027 della superficie del territorio italiano) risulta preclusa la\nrealizzazione di qualsiasi intervento di installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, residuando, di fatto,\nunicamente la possibilita\u0027 di realizzare interventi consistenti nel\nmero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti gia\u0027 esistenti,\nsempre che cio\u0027 non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. \n 7.15. Se e\u0027 vero che il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non riguarda i progetti\nattuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e\u0027 pur vero che\ndetti progetti non comprendono, ne\u0027 esauriscono, tutti quelli\nnecessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC, che\nrappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il\nconseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall\u0027Unione europea\nin relazione alla quota di energia rinnovabile che deve essere\nassicurata dai singoli Stati membri nel contesto dell\u0027Unione\ndell\u0027energia. \n Gia\u0027 tale circostanza evidenzia come la previsione di un divieto\ndi portata pari a quella stabilita dalla disposizione normativa\nsospettata di incostituzionalita\u0027 rischi di mettere seriamente in\npericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. \n L\u0027applicazione di un siffatto divieto, invero, si appalesa\nsuscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio agricolo\nnazionale a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica,\nsenza che siano prevedibili e siano stati vagliati i potenziali\neffetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili che deve essere\nassicurata dall\u0027Italia. \n Oltretutto, in considerazione dello stato di attuazione della\ndisciplina dettata dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.\n199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di flessibilita\u0027 che il decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 lascia alle regioni per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto del divieto in\nquestione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un\nsevero limite all\u0027individuazione delle zone disponibili per\nl\u0027installazione degli impianti FER che, in base a quanto previsto\ndall\u0027art. 15-ter, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva\n2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie stimate e\nalla potenza totale installata pianificata delle tecnologie per le\nenergie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e il\nclima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE)\n2018/1999». \n 7.16. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di porre in evidenza che,\nin forza dell\u0027art. 32 del regolamento 2018/1999/UE, laddove la\nCommissione europea ritenga che uno o piu\u0027 punti di riferimento della\ntraiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027 non siano\nstati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino\nal di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di riferimento\nnazionali, saranno interessati dall\u0027esercizio degli specifici poteri\ndella Commissione europea. \n Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della\nCommissione europea saranno tenuti ad adottare misure supplementari\n(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e\u0027\nincluso anche il pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione. \n La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio\nnazionale all\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli\ncollocati a terra, laddove si risolva in un ostacolo al\nraggiungimento degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, potrebbe far\nsorgere in capo allo Stato italiano l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, il cui impatto sulle finanze pubbliche potrebbe non\nessere trascurabile. \n Giova, inoltre, evidenziare che la mera adozione delle misure\nsupplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere\nsufficiente a riallineare lo Stato italiano sulle traiettorie\nunionali in tema di energia rinnovabile, come risulta dall\u0027art. 32,\nparagrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente\ndel quale «Qualora le misure nazionali risultino insufficienti, la\nCommissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri\na livello unionale in aggiunta a tali raccomandazioni al fine di\nassicurare, in particolare, il conseguimento del traguardo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile». \n 7.17. Il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021, inoltre, appare porsi anche in\ncontrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. \n In particolare, nell\u0027ambito del processo di individuazione delle\nzone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo complessivo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile, viene in\nrilievo il disposto di cui all\u0027art. 15-ter della direttiva\n2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri favoriscono l\u0027uso\npolivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti in materia\ndi energia rinnovabile sono compatibili con gli usi preesistenti di\ntali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). \n Come gia\u0027 rilevato in precedenza, il considerando 27 di tale\ndirettiva precisa che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare,\nconsentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone individuate a\nseguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal\nfine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario,\ncambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi e\nattivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano coesistere». \n Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata di\nincostituzionalita\u0027 nell\u0027ambito del presente giudizio istituisce,\ninvece, un insanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia\nfotovoltaica con moduli collocati a terra e l\u0027uso del suolo a fini\nagricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera\ngeneralizzata l\u0027installazione in area agricola degli impianti FTV\ncaratterizzati da tale tecnologia. \n 7.18. Ad avviso del Collegio, il divieto in questione, nella\nmisura in cui e\u0027 suscettibile di ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, si pone anche in posizione critica rispetto alla\nstrategia di adattamento ai cambiamenti climatici dell\u0027Unione\neuropea. \n Come precedentemente ricordato, ai sensi dell\u0027art. 5 del\nregolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione e gli\nStati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della\ncapacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella\nriduzione della vulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in\nconformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027Accordo di Parigi. Tali istituzioni,\ninoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n 7.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione europea,\ncon la comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia\ndell\u0027Unione europea per l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici, ha\naffermato che «Il Green Deal europeo, la strategia di crescita\ndell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che\nla trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che la mancata azione ha\nun costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la propria leadership per\nscongiurare lo scenario peggiore - impegnandosi a raggiungere la\nneutralita\u0027 climatica - e prepararsi al meglio - puntando ad azioni\ndi adattamento piu\u0027 ambiziose che si fondano sulla strategia dell\u0027UE\ndi adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede che nel\n2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente ai cambiamenti climatici, del\ntutto adeguata agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici.\nCio\u0027 significa che entro il 2050, anno in cui l\u0027Unione aspira ad aver\nraggiunto la neutralita\u0027 climatica, avremo rafforzato la capacita\u0027 di\nadattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita\u0027 agli effetti dei\ncambiamenti climatici, in linea con l\u0027Accordo di Parigi e con la\nproposta di legge europea sul clima». \n Il raggiungimento dei target di potenza installata delle\ntecnologie rinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento\ncentrale per conseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica, che viene posto seriamente a rischio da una\ndisciplina, quale quella censurata, che vieta in maniera\ngeneralizzata sulla quasi totalita\u0027 del territorio agricolo nazionale\nl\u0027installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con\npannelli collocati a terra. \n 7.19. Il divieto in questione, peraltro, appare anche porsi in\ncontrasto con il principio di integrazione sancito dall\u0027art. 11 del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea e dall\u0027art. 37 della\nCarta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse con la\ntutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». \n Come noto, l\u0027integrazione ambientale in tutti i settori politici\npertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a ridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli\nobiettivi ambientali e climatici. \n Il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 all\u0027interno di un corpo normativo finalizzato\na dare attuazione, nell\u0027ordinamento giuridico italiano, alle\nprevisioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell\u0027uso di\nenergia da fonti rinnovabili, quale obiettivo della politica\nenergetica dell\u0027Unione europea, appare violare l\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione anche per le seguenti ragioni: \n si inserisce nel complesso delle previsioni dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,\ntant\u0027e\u0027 che le relative previsioni non risultano neppure\nadeguatamente coordinate con il resto dell\u0027articolato normativo (si\nconsideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20, nella parte\nin cui prevede che con i decreti di cui al comma 1 si debba\nverificare, tra l\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto\nil legislatore non ha istituito alcuna forma di possibile\nbilanciamento tra i contrastanti valori in gioco. In tal modo,\ninvero, e\u0027 stata sancita una insuperabile prevalenza dell\u0027interesse\nalla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni classificati\ncome aree agricole, del tutto sganciata da una valutazione in\nconcreto della effettiva utilizzabilita\u0027 di tali aree a fini\nagricoli. Non puo\u0027, pertanto, mancarsi di rilevare, che tale scelta\nlegislativa risulta innesta una contraddizione interna al medesimo\ndecreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al\nperseguimento dell\u0027obiettivo normativo per il quale lo stesso e\u0027\nstato emanato, dato dalla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti\nrinnovabili. \n Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,\nil sospetto di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l\u0027introduzione del\ncontestato divieto si ponga in contrasto con la cornice normativa\neuropa in materia di Unione dell\u0027energia. \n 7.20. Ad avviso del Collegio, sulla scorta delle precedenti\nconsiderazioni, appare che la disposizione normativa sospettata di\nincostituzionalita\u0027 confligga anche con il principio di\nproporzionalita\u0027, che rileva non solo quale principio cardine\ndell\u0027ordinamento eurounionale, ma anche ai fini della compatibilita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021 rispetto all\u0027art. 3 della Costituzione. \n In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la Corte\ndi giustizia dell\u0027Unione europea ha piu\u0027 volte ribadito che «il\nprincipio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del diritto\ncomunitario che dev\u0027essere rispettato tanto dal legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (cfr.\nCGUE, Sezione Quinta, sentenza dell\u002711 giugno 2009, in causa\nC-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur en\nVoedselkwaliteit, par. 41). Il sindacato di proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza\ndelle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde\nverificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. \n Come la stessa Corte costituzionale ha gia\u0027 avuto modo di\nprecisare «Tale giudizio deve svolgersi \"attraverso ponderazioni\nrelative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi prescelti dal legislatore\nnella sua insindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle esigenze\nobiettive da soddisfare o alle finalita\u0027 che intende perseguire,\ntenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente\nsussistenti\" (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita\u0027\nutilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni\ncostituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,\ned essenziale strumento della Corte di giustizia dell\u0027Unione europea\nper il controllo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli atti\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma\noggetto di scrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di applicazione\nstabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi\nlegittimamente perseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate,\nprescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e\nstabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di\ndetti obiettivi» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). \n 7.20.1. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto\ngeneralizzato e sostanzialmente assoluto all\u0027utilizzo, su un\u0027ampia\nparte del territorio nazionale, di una determinata tecnologia di\nimpianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di\nuna soluzione del tutto diversa rispetto a quella adottata in\nfunzione di tutela di tutti gli altri valori che entrano in\nbilanciamento con il principio di massima diffusione delle fonti\nrinnovabili: le esigenze di tutela dell\u0027ambiente, della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,\nattraverso l\u0027individuazione di aree non idonee che, come in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027 zone in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile che si approdi a un esito negativo dell\u0027iter\ndi autorizzazione, relativamente alla valutazione di compatibilita\u0027\nambientale dei progetti che interessano tali aree. \n Cio\u0027, peraltro, non osta alla possibilita\u0027 di verificare, in\nconcreto e nell\u0027ambito dei singoli procedimenti autorizzativi,\nl\u0027effettiva compatibilita\u0027 degli interventi proposti con gli\nulteriori e confliggenti interessi pubblici. \n Di contro, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, introduce un divieto di tale portata che risulta preclusa\nin radice la possibilita\u0027, per le amministrazioni procedenti, di\noperare un bilanciamento tra i contrapposti interessi in giuoco.\nInfatti, risulta gia\u0027 stata affermata a monte, da parte del\nlegislatore, la prevalenza assoluta e incondizionata dell\u0027interesse\nalla conservazione dei suoli classificati agricoli, rispetto alla\npossibile funzionalizzazione degli stessi al soddisfacimento delle\nesigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti dall\u0027Italia\na livello unionale. \n 7.21. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai\nsensi dell\u0027art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l\u0027ambiente,\nla biodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse delle future\ngenerazioni», con cio\u0027 incorporando il principio di sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito dei principi fondamentali in materia di\ntutela ambientale. \n Il divieto introdotto con l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, invero, comporta l\u0027incondizionato sacrificio\ndi tale principio, ponendosi cosi\u0027 in possibile contrasto con l\u0027art.\n9 della Costituzione e con la consolidata giurisprudenza\ncostituzionale in base alla quale «Tutti i diritti fondamentali\ntutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione\nreciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di essi che\nabbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere\nsempre \"sistemica e non frazionata in una serie di norme non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro\" (sentenza n. 264 del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione\ndi uno dei diritti, che diverrebbe \"tiranno\" nei confronti delle\naltre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (cfr. Corte costituzionale,\nsentenza n. 85/2013). \n 7.22. Sotto un differente profilo, vale evidenziare che il\ncontestato divieto trova applicazione a partire dalla mera\nclassificazione di un\u0027area come agricola in base ai piani\nurbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere il\nsuo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. \n Anche per tale ragione la disposizione normativa in questione\nsembra caratterizzata da irragionevolezza e non proporzionalita\u0027,\natteso che la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il consumo di suolo\nagricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non nei termini\nincondizionati e assoluti previsti da tale norma) in relazione alle\nsuperfici agricole non utilizzabili o degradate. \n Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita\u0027 e\ndell\u0027importanza delle colture eventualmente praticate sui suoli\ninterdetti all\u0027installazione degli impianti FTV con moduli collocati\na terra. \n 7.23. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee guida di\ncui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010, in base alle\nquali: \n le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di valutazione dell\u0027impatto ambientale nei\ncasi previsti; \n le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di qualita\u0027 (produzioni biologiche,\nproduzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni\ntradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla programmazione regionale, caratterizzate da un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n 7.24. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon puo\u0027 essere sviluppata l\u0027energia rinnovabile («zone di\nesclusione»). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e\ntrasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle\nrestrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE)\n2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e i\nprogetti infrastrutturali correlati). \n La disciplina posta, in primis, dall\u0027art. 5 del decreto-legge n.\n63/2024 e poi confluita nel contestato art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021 si traduce, invece, nell\u0027esatto\nopposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, che\nnon risulta fondato su dati concreti e che appare porsi in patente\ncontrasto con l\u0027obietto di massimizzazione della disponibilita\u0027 di\nspazio per lo sviluppo dei progetti correlati con la produzione di\nenergia da fonte rinnovabile. \nV. Le questioni di costituzionalita\u0027 da sottoporre alla Corte\ncostituzionale. \n 8. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni sino ad\nora esposte, ritiene che siano rilevanti e non manifestamente\ninfondate le questioni di legittimita\u0027 costituzionale prospettate nel\npresente giudizio in relazione all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge\nn. 101/2024. \n Il Collegio, in particolare, sospetta che tale disposizione\nnormativa si ponga in contrasto con il dettato costituzionale, per\naver introdotto un divieto all\u0027installazione in area agricola di\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra che appare\ncontrario agli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione,\nanche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n 8.1. Le sollevate questioni di costituzionalita\u0027 vanno del pari\nriferite all\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo\n25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili»,\nladdove prevede che «Gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, sono\nconsiderati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono\nessere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani\nurbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n Tale disposizione normativa, infatti, riproduce il divieto\nsancito dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021. \nVI. Conclusioni. \n 9. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: \n il primo motivo di ricorso deve essere respinto, stante la\nsua infondatezza; \n la questione di legittimita\u0027 costituzionale prospettata con\nil secondo motivo di ricorso in relazione all\u0027art. 77, comma 2, della\nCostituzione deve essere dichiarata manifestamente infondata; \n risultano, invece, rilevanti e non manifestamente infondate\nle questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art.\n5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli\n3, 9, 11 e117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai\nprincipi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento\n(UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,\nnonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119. \n 9.1. Ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953,\nn. 87, il presente giudizio e\u0027 sospeso fino alla definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n 9.2. Ai sensi dell\u0027art. 23, commi 4 e 5, della legge 11 marzo\n1953, n. 87, la presente sentenza sara\u0027 comunicata alle parti\ncostituite, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e\ncomunicata anche al Presidente del Senato della Repubblica e al\nPresidente della Camera dei deputati. \n 9.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine\nalle spese resta riservata alla decisione definitiva del presente\ngiudizio. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione\nTerza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso,\ncome in epigrafe proposto, cosi\u0027 dispone: \n a) lo rigetta, nei sensi di cui in motivazione, in relazione\nal primo motivo di ricorso; \n b) dichiara manifestamente infondata la questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge\nn. 101/2024, per violazione dell\u0027art. 77 della Costituzione; \n c) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e\n117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi\nespressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE)\n2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027\ndal regolamento (UE) 2021/1119; \n d) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n e) dispone la comunicazione della presente sentenza alle\nparti in causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n f) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\u0027autorita\u0027\namministrativa. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente; \n Luca Biffaro, referendario, estensore; \n Marco Savi, referendario. \n \n Il Presidente: Stanizzi \n \n \n L\u0027estensore: Biffaro","elencoNorme":[{"id":"63288","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto legislativo","data_legge":"08/11/2021","data_nir":"2021-11-08","numero_legge":"199","descrizionenesso":"introdotto 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