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M.","prima_controparte":"Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","altre_parti":"ANIEF Associazione professionale e sindacale, M. S., Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS","testo_atto":"N. 61 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 febbraio 2025\n\r\nOrdinanza del 25 febbraio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da S. M. contro Istituto nazionale\ndella previdenza sociale - INPS. \n \nPrevidenza - Impiego pubblico - Trattamenti di fine servizio,\n comunque denominati, spettanti nei casi di cessazione dal servizio\n per raggiungimento dei limiti di eta\u0027 - Prevista corresponsione\n decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro -\n Riconoscimento del trattamento secondo un meccanismo di\n rateizzazione, differentemente articolato in base all\u0027ammontare\n complessivo della prestazione. \n- Decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il\n riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con\n modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140 e successive\n modifiche e integrazioni, art. 3, comma 2; decreto-legge 31 maggio\n 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione\n finanziaria e di competitivita\u0027 economica), convertito, con\n modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 e successive\n modifiche e integrazioni, art. 12, comma 7. \n\n\r\n(GU n. 16 del 16-04-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n \n \n Sezione quinta \n \n Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di\nregistro generale 10270 del 2024, proposto da S. M., rappresentato e\ndifeso dall\u0027avvocato Pietro Frisani, con domicilio digitale come da\npec da registri di giustizia; \n Contro INPS - Istituto nazionale previdenza sociale, in persona\ndel presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall\u0027avvocato\nFlavia Incletolli, con domicilio digitale come da pec da registri di\ngiustizia; \n Per l\u0027accertamento - previa dichiarazione di rilevanza e non\nmanifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale, rimettendo gli atti del giudizio alla Corte\ncostituzionale sulla prospettata questione di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997,\nn. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica),\nconvertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, e\nsuccessive modifiche e dell\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge 31\nmaggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione\nfinanziaria e di competitivita\u0027 economica), convertito, con\nmodificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive\nmodifiche, con riferimento all\u0027art. 36 della Costituzione e all\u0027art.\n1, protocollo 1, CEDU - del diritto del ricorrente in quanto cessato\ndal servizio per raggiunti limiti di eta\u0027 in data 30 settembre 2023 a\npercepire l\u0027intero importo del TFS ancora da corrispondere da parte\ndell\u0027Istituto previdenziale senza dilazioni e senza rateizzazione e\nla condanna del resistente a corrispondere senza dilazione l\u0027intero\nimporto ancora dovuto, oltre interessi e rivalutazione dal di\u0027 del\ndovuto sino al saldo. \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visto l\u0027atto di costituzione in giudizio dell\u0027Istituto\nprevidenziale; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2025 la\ndott.ssa Ida Tascone e uditi per le parti i difensori come\nspecificato nel verbale; \n Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n Il ricorrente, ex dipendente del Ministero dell\u0027interno -\nQuestura di Roma, collocato in quiescenza a decorrere dal 30\nsettembre 2023, ha chiesto che venga accertato il suo diritto a\npercepire il trattamento di fine servizio (d\u0027ora in poi TFS per\nbrevita\u0027) senza dilazioni e senza rateizzazioni e ha chiesto la\ncondanna dell\u0027Istituto previdenziale a corrispondere senza dilazione\nl\u0027intero importo ancora dovuto oltre interessi e rivalutazione. \n In particolare, il ricorrente ha dedotto in fatto che il TFS a\nlui spettante dovrebbe essere determinato nella misura di euro\n99.675,05 - come da prospetto di simulazione estratto dal sito MyINPS\n- e che detta somma, essendo superiore ad euro 50.000,00, ai sensi\ndell\u0027art. 1, comma 484, della legge n. 147/2013, dovrebbe essere\ncorrisposta allo stesso in due rate, la prima al 1° gennaio 2025\n(ovvero nel terzo mese successivo all\u0027acquisito del diritto avvenuto\na seguito del decorso del termine di dodici mesi dalla cessazione dal\nservizio in data 1° ottobre 2024) e la seconda al 1° gennaio 2026. \n Con memoria depositata nei termini dell\u0027art. 73, c.p.a. viene\nprecisato che «solo in data 22 ottobre 2024, quindi dopo la\npresentazione del ricorso, l\u0027INPS ha disposto con bonifico il\npagamento in favore del sig. M. di una singola e parziale tranche\ndella prestazione (euro 43.649,30, somma peraltro inferiore ai\n50.000,00 euro previsti dalla legge)». \n Il ricorrente, nel motivare in ordine alla propria pretesa di\nvedersi riconosciuto il trattamento di fine servizio, ha rilevato\nl\u0027illegittimita\u0027 costituzionale delle norme che hanno disposto la\nrateizzazione chiedendo la sospensione del presente giudizio e la\nrimessione degli atti innanzi alla Corte costituzionale. \n L\u0027Istituto previdenziale si e\u0027 costituito in giudizio con\napposita memoria ed ha eccepito il difetto di legittimazione e la\ncarenza di interesse del ricorrente, nonche\u0027 l\u0027inammissibilita\u0027 della\ndomanda in quanto, cosi\u0027 come formulata, si risolve nella richiesta\ndi annullamento di un provvedimento di rango formalmente legislativo,\nche esula dalle attribuzioni del giudice amministrativo; ha, poi,\ndedotto l\u0027infondatezza della domanda perche\u0027 le modalita\u0027 di\npagamento adottate sarebbero pienamente conformi al dettato\nnormativo. \n Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2025 il ricorso e\u0027 stato\ntrattenuto in decisione. \n In via preliminare occorre esaminare l\u0027eccezione spiegata\ndall\u0027Istituto previdenziale in ordine alla carenza di legittimazione\ne dell\u0027interesse a ricorrere dell\u0027istante, che risulta destituita di\nfondamento. \n In particolare, la parte resistente lamenta la mancata\nimpugnazione di un provvedimento da parte del ricorrente, posto che\nlo stesso si sarebbe limitato a chiedere «l\u0027accertamento del proprio\ndiritto a percepire senza rateizzazione l\u0027indennita\u0027 di buona uscita,\nin vista della futura liquidazione e del futuro pagamento in forma\nrateale» (pag. 2 della memoria di costituzione), mentre «il\nprovvedimento che si assume lesivo non [sarebbe] ancora intervenuto,\nnon essendo ancora scaduti i termini per la liquidazione della buona\nuscita...» e, allo stato, il pregiudizio sarebbe «meramente futuro e\nipotetico» (pag. 3 della memoria di costituzione). \n Al riguardo, occorre rilevare come, nel caso di specie, l\u0027oggetto\ndel giudizio non si sostanzia in un\u0027azione di annullamento del\nprovvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, bensi\u0027 in una mera\nazione di accertamento di un diritto soggettivo e, segnatamente, del\ndiritto del ricorrente alla corresponsione della prestazione a lui\nspettante senza dilazioni e rateizzazioni. \n Orbene, tralasciando i casi in cui la domanda di accertamento e\u0027\ncontemplata dal codice del processo amministrativo (cfr. articoli 31\ne 34, comma 3, c.p.a.), si deve ribadire che sin dai primi tempi di\napplicazione della disciplina processuale la giurisprudenza\namministrativa - con la sentenza dell\u0027Adunanza plenaria del Consiglio\ndi Stato del 13 luglio 2022, n. 8 - ha affermato che, nel contesto\ndell\u0027atipicita\u0027 dei rimedi giurisdizionali, risulta ammissibile in\nvia generale la domanda di accertamento, sussistendo un adeguato\ninteresse. \n Invero, la garanzia di tutela giurisdizionale prevista dagli\narticoli 24, 103 e 113 della Carta costituzionale impone anche per\ngli interessi legittimi, come pacificamente ritenuto nel processo\ncivile per i diritti soggettivi, l\u0027esperibilita\u0027 dell\u0027azione di\naccertamento autonomo, con particolare riguardo a tutti i casi in\ncui, mancando il provvedimento da impugnare, una simile azione\nrisulti indispensabile per la soddisfazione concreta della pretesa\nsostanziale del ricorrente. \n La mancata previsione, nel testo finale del codice, di una norma\nesplicita sull\u0027azione generale di accertamento, non puo\u0027 essere\nconsiderata sintomatica della volonta\u0027 legislativa di sancire una\npreclusione di dubbia costituzionalita\u0027, ma e\u0027 spiegabile, anche alla\nluce degli elementi ricavabili dai lavori preparatori, con la\nconsiderazione che le azioni tipizzate, idonee a conseguire\nstatuizioni dichiarative, di condanna e costitutive, consentono di\nnorma una tutela idonea ed adeguata che non ha bisogno di pronunce\nmeramente dichiarative in cui la funzione di accertamento non si\nappalesa strumentale all\u0027adozione di altra pronuncia di cognizione ma\nsi presenta, per cosi\u0027 dire, allo stato puro, ossia senza\nsovrapposizione di altre funzioni. Ne deriva, di contro, che, ove\ndette azioni tipizzate non soddisfino in modo efficiente il bisogno\ndi tutela, l\u0027azione di accertamento atipica, ove sorretta da un\ninteresse ad agire concreto ed attuale ex art. 100, del codice di\nprocedura civile, risulta praticabile in forza delle coordinate\ncostituzionali ed europee. \n Nel caso in esame, peraltro, si chiede la tutela di diritti\nsoggettivi in materia di pubblico impiego non contrattualizzato, e\nquindi in ambito di giurisdizione esclusiva amministrativa, con\nl\u0027ovvia conseguenza che l\u0027azione di accertamento deve essere\nsenz\u0027altro ammessa, negli stessi limiti in cui essa sarebbe\nammissibile in un processo civile, avente per oggetto situazioni\nsoggettive similari. \n Il sig. M. ha, in sostanza, correttamente dedotto la lesione\ndella propria posizione giuridica sostanziale, indicando tutti gli\nelementi di diritto e di fatto posti a fondamento della domanda di\naccertamento rispetto alla quale risulta titolare di un interesse\nqualificato e differenziato legittimante l\u0027azione. \n Parimenti del tutto infondata e\u0027 l\u0027eccezione di inammissibilita\u0027\nper impugnazione diretta delle norme ritenute incostituzionali. \n In realta\u0027, il ricorrente ha chiesto l\u0027accertamento del proprio\ndiritto a ottenere il pagamento immediato e integrale del trattamento\ndi fine servizio e, al fine di dimostrare le proprie pretese, ha\ndedotto l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale delle norme che ne\ndisciplinano la corresponsione. \n Passando all\u0027esame del merito del ricorso occorre previamente\nesaminare la questione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata dalla\nparte ricorrente. \n Le disposizioni della cui compatibilita\u0027 con la Costituzione si\ndubita stabiliscono che «1. Il trattamento pensionistico dei\ndipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all\u0027art. 1, comma\n2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive\nmodificazioni, compresi quelli di cui ai commi 4 e 5 dell\u0027art. 2\ndello stesso decreto legislativo, e\u0027 corrisposto in via definitiva\nentro il mese successivo alla cessazione dal servizio. In ogni caso\nl\u0027ente erogatore, entro la predetta data, provvede a corrispondere in\nvia provvisoria un trattamento non inferiore al 90 per cento di\nquello previsto, fatte salve le disposizioni eventualmente piu\u0027\nfavorevoli. 2. Alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio,\ncomunque denominati, per i dipendenti di cui al comma 1, loro\nsuperstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, l\u0027ente erogatore\nprovvede decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di\nlavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei\nlimiti di eta\u0027 o di servizio previsti dagli ordinamenti di\nappartenenza, per collocamento a riposo d\u0027ufficio a causa del\nraggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima di servizio prevista dalle\nnorme di legge o di regolamento applicabili nell\u0027amministrazione,\ndecorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Alla\ncorresponsione agli aventi diritto l\u0027ente provvede entro i successivi\ntre mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi» (art. 3 del\ndecreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 convertito con modificazioni dalla\nlegge 28 maggio 1997, n. 140). \n «7. A titolo di concorso al consolidamento dei conti pubblici\nattraverso il contenimento della dinamica della spesa corrente nel\nrispetto degli obiettivi di finanza pubblica previsti\ndall\u0027aggiornamento del programma di stabilita\u0027 e crescita, dalla data\ndi entrata in vigore del presente provvedimento, con riferimento ai\ndipendenti delle amministrazioni pubbliche come individuate\ndall\u0027Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3,\ndell\u0027art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 il riconoscimento\ndell\u0027indennita\u0027 di buonuscita, dell\u0027indennita\u0027 premio di servizio,\ndel trattamento di fine rapporto e di ogni altra indennita\u0027\nequipollente corrisposta una-tantum comunque denominata spettante a\nseguito di cessazione a vario titolo dall\u0027impiego e\u0027 effettuato: \n a) in un unico importo annuale se l\u0027ammontare complessivo\ndella prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, e\u0027\ncomplessivamente pari o inferiore a 50.000 euro; \n b) in due importi annuali se l\u0027ammontare complessivo della\nprestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, e\u0027\ncomplessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro.\nIn tal caso il primo importo annuale e\u0027 pari a 50.000 euro e il\nsecondo importo annuale e\u0027 pari all\u0027ammontare residuo; \n c) in tre importi annuali se l\u0027ammontare complessivo della\nprestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, e\u0027\ncomplessivamente uguale o superiore a 100.000 euro, in tal caso il\nprimo importo annuale e\u0027 pari a 50.000 euro, il secondo importo\nannuale e\u0027 pari a 50.000 euro e il terzo importo annuale e\u0027 pari\nall\u0027ammontare residuo» (art. 12, comma 7, decreto-legge 31 maggio\n2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010,\nn. 122). \n Le norme in questione, per la loro chiarezza testuale, non si\nprestano a interpretazioni adeguatrici o costituzionalmente\norientate, comportando il rigetto del ricorso con conseguente\ndilazione del termine del pagamento delle somme spettanti al pubblico\ndipendente per effetto della cessazione del rapporto di servizio,\npotendo quindi essere soltanto assoggettate allo scrutinio di\nlegittimita\u0027 costituzionale. \n Tali elementi fondano, innanzitutto, il presupposto della\nrilevanza della questione, ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2, della\nlegge 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale e\u0027 necessario che «il\ngiudizio non possa essere definito indipendentemente dalla\nrisoluzione della questione di legittimita\u0027 costituzionale» della\nnorma primaria contestata. \n Parimenti, il conflitto delle norme in esame con il principio di\ngiusta retribuzione e di tutela della sfera patrimoniale del\nlavoratore, radicato nell\u0027art. 36 della Costituzione e nell\u0027art. 117,\nprimo comma, della Costituzione, in relazione al parametro interposto\ndell\u0027art. 1 del protocollo n. 1, CEDU, si presenta, ad avviso di\nquesto Collegio, «non manifestamente infondato», ai sensi del\nmedesimo art. 23 della legge n. 87/1953. \n E\u0027 opinione di questo Tribunale che sia rilevante e non\nmanifestamente infondata la questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndegli articoli 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,\nconvertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e\ndell\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,\nconvertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per\ncontrasto con l\u0027art. 36 e l\u0027art. 117, comma primo, della Carta\ncostituzionale in relazione al parametro interposto dell\u0027art. 1 del\nprotocollo n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali firmata a Roma il 4 novembre\n1950 (di seguito, CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge 4\nagosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la\nsalvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali\nfirmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo addizionale alla\nConvenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952). \n Con precedente ordinanza di rimessione (17 maggio 2022, n. 6223)\nquesto Tribunale (Sezione terza quater) ha sollevato, per contrasto\nall\u0027art. 36 della Costituzione, la medesima questione di legittimita\u0027\ncostituzionale, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata,\ncon riferimento proprio agli articoli 3, comma 2, del decreto-legge\n28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della\nfinanza pubblica), convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio\n1997, n. 140, e 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78\n(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di\ncompetitivita\u0027 economica), convertito con modificazioni dalla legge\n30 luglio 2010, n. 122. \n Il dubbio di incompatibilita\u0027 tra gli articoli 3, comma 2, del\ndecreto-legge n. 79/1997 e 12, comma 7, del decreto-legge n. 78/2010,\ne l\u0027art. 36 della Costituzione e\u0027 stato alimentato dall\u0027esame della\ngiurisprudenza della Corte costituzionale, con particolare riguardo\nalla sentenza n. 159 del 25 giugno 2019, che, nel ritenere non\nfondate le eccezioni di incostituzionalita\u0027 degli articoli sopra\ndetti con particolare riguardo ai lavoratori che non hanno raggiunto\ni limiti di eta\u0027 o di servizio previsti dagli ordinamenti di\nappartenenza, ha ritenuto che «La disciplina che ha progressivamente\ndilatato i tempi di erogazione delle prestazioni dovute alla\ncessazione del rapporto di lavoro ha smarrito un orizzonte temporale\ndefinito e la iniziale connessione con il consolidamento dei conti\npubblici che l\u0027aveva giustificata. Con particolare riferimento ai\ncasi in cui sono raggiunti i limiti di eta\u0027 e di servizio, la duplice\nfunzione retributiva e previdenziale delle indennita\u0027 di fine\nrapporto, conquistate \"attraverso la prestazione dell\u0027attivita\u0027\nlavorativa e come frutto di essa\" (sentenza n. 106 del 1996, punto\n2.1. del Considerato in diritto), rischia di essere compromessa, in\ncontrasto con i principi costituzionali che, nel garantire la giusta\nretribuzione, anche differita, tutelano la dignita\u0027 della persona\numana». \n Secondo la giurisprudenza della Corte le indennita\u0027 di fine\nrapporto «costituiscono parte del compenso dovuto per il lavoro\nprestato, la cui corresponsione viene differita - appunto in funzione\nprevidenziale - onde agevolare il superamento delle difficolta\u0027\neconomiche che possono insorgere nel momento in cui viene meno la\nretribuzione» (sentenza n. 458/2005), ritenendosi, in sostanza,\nl\u0027essenziale natura di retribuzione differita collegata a una\nconcorrente funzione previdenziale (cfr. sentenza n. 438/2005). \n L\u0027art. 36 della Costituzione statuisce che il lavoratore ha\ndiritto ad una retribuzione proporzionata alla qualita\u0027 e quantita\u0027\ndel suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare e a se\u0027 ed\nalla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. \n La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere il\nsuo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e, dall\u0027altro,\ndeve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell\u0027art. 36 della Carta\ncostituzionale, avendo a riguardo non solo alla entita\u0027 della\nretribuzione, ma anche alla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. \n E\u0027 infatti evidente che una retribuzione corrisposta con ampio\nritardo ha per il lavoratore una utilita\u0027 inferiore a quella\ncorrisposta tempestivamente. \n Proprio il carattere di retribuzione differita riconosciuta alle\nindennita\u0027 di fine rapporto, comporta la necessita\u0027 che anche queste\nultime debbano essere corrisposte tempestivamente e non possano\nessere diluite strutturalmente oltre la fuoriuscita dal mondo del\nlavoro. \n Cio\u0027 a maggior ragione se si considera che, notoriamente, il\nlavoratore, sia pubblico che privato, specie se in eta\u0027 avanzata, in\nmolti casi si propone - proprio attraverso l\u0027integrale e immediata\npercezione di detto trattamento - di recuperare una somma gia\u0027 spesa\no in via di erogazione per le principali necessita\u0027 di vita, ovvero\ndi fronteggiare o adempiere in modo definitivo ad impegni finanziari\ngia\u0027 assunti, magari da tempo. \n E\u0027 poi da ricordare che la Corte ha piu\u0027 volte affermato il\nprincipio per il quale una misura quale quella in esame, per superare\nlo scrutinio di costituzionalita\u0027, non puo\u0027 riguardare un arco\ntemporale indefinito, ma deve essere giustificato da una crisi\ncontingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum (sentenze n.\n178 del 2015 e n. 173 del 2016). \n La misura in questione, al contrario, pur legata a una situazione\ndi crisi contingente non ha una durata prestabilita ma ha assunto un\ncarattere strutturale. \n Infatti, l\u0027art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1997 ha previsto\ndapprima un termine minimo di sei mesi per la liquidazione delle\nindennita\u0027 di fine servizio; termine che l\u0027art. 1, comma 22, lettera\na), del decreto-legge n. 138 del 2011 ha fissato in sei mesi per il\nsolo caso di pensionamento di vecchiaia e ha innalzato a ventiquattro\nmesi per l\u0027ipotesi di un pensionamento di anzianita\u0027. \n Il termine di sei mesi, sancito per i pensionamenti di vecchiaia,\ne\u0027 stato innalzato a dodici mesi dall\u0027art. 1, comma 484, lettera b),\ndella legge n. 147 del 2013, mentre resta immutato il termine minimo\ndi ventiquattro mesi per le indennita\u0027 di fine servizio corrisposte\nper il caso di pensionamenti anticipati. Vige poi sempre un ulteriore\ntermine di tre mesi per l\u0027effettiva erogazione: solo quando sia\ndecorso infruttuosamente tale ultimo termine, sono dovuti gli\ninteressi. \n L\u0027art. 12, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010 - a seguito\ndelle modifiche introdotte dall\u0027art. 1, comma 484, lettera a), della\nlegge n. 147 del 2013 - ha previsto un meccanismo di rateizzazione,\narticolato secondo soglie piu\u0027 elevate rispetto a quelle oggi vigenti\n(una rata annuale per le indennita\u0027 fino a 50.000,00 euro; due rate\nannuali oltre i 50.000,00 e fino ai 100.000,00 euro; tre rate annuali\nper le indennita\u0027 di importo che e\u0027 pari o superiore ai 100.000,00\neuro). \n Con la legge di stabilita\u0027 per il 2014, con l\u0027art. 1, comma 484,\nin sostanza, si e\u0027 aggravato il sacrificio imposto con il\ndifferimento gia\u0027 stabilito nel 1997, ampliando a dodici mesi il\ntermine minimo per la liquidazione delle indennita\u0027 di fine servizio\ne prevedendo un meccanismo di rateizzazione che penalizza oltremodo i\nbeneficiari dei trattamenti in esame, perche\u0027 e\u0027 piu\u0027 gravoso\nrispetto a quello stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2010 nella\nsua originaria versione. \n Dall\u0027esame della sentenza n. 130 del 23 giugno 2023 adottata\ndalla Consulta a seguito della citata ordinanza di rimessione\n(Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - Roma - Sezione III\nquater - 17 maggio 2022, n. 6223) si evince che l\u0027Istituto\nprevidenziale dichiara di farsi carico del monito espresso dal\ngiudice delle leggi nella precedente sentenza n. 159 del 2019, con la\nquale si e\u0027 rilevato che, nei casi in cui sono raggiunti i limiti di\neta\u0027 e di servizio, la duplice funzione, retributiva e previdenziale,\ndelle indennita\u0027 di cui si tratta rischia di essere compromessa, in\ncontrasto con i principi costituzionali che, nel garantire la giusta\nretribuzione, anche differita, tutelano la dignita\u0027 della persona. \n Evidenzia l\u0027Istituto che successivamente a tale pronuncia, sono\nstati adottati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri\n22 aprile 2020, n. 51 (Regolamento in materia di anticipo del\nTFS/TFR, in attuazione dell\u0027art. 23, comma 7, del decreto-legge 28\ngennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28\nmarzo 2019, n. 26), contenente le modalita\u0027 di attuazione delle\ndisposizioni di cui all\u0027art. 23 del decreto-legge n. 4 del 2019, come\nconvertito, nonche\u0027 il decreto del Ministro per la pubblica\namministrazione 19 agosto 2020, relativo all\u0027approvazione\ndell\u0027accordo quadro per il finanziamento dell\u0027anticipo della\nliquidazione dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio comunque determinata,\nsecondo quanto previsto dall\u0027art. 23, comma 2, del decreto-legge n. 4\ndel 2019, come convertito, accordo siglato tra il Ministro del lavoro\ne delle politiche sociali, il Ministro dell\u0027economia e delle finanze,\nil Ministro per la pubblica amministrazione e l\u0027Associazione bancaria\nitaliana. \n Espone, ancora, l\u0027INPS che gli atti citati consentono ai\nlavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all\u0027art.\n1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme\ngenerali sull\u0027ordinamento del lavoro alle dipendenze delle\namministrazioni pubbliche) - che cessano o sono cessati dal servizio\ncon diritto a pensione per raggiungimento dei requisiti previsti\ndall\u0027art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni\nurgenti per la crescita, l\u0027equita\u0027 e il consolidamento dei conti\npubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre\n2011, n. 214, o con diritto a pensione al raggiungimento della\ncosiddetta «quota 100» come previsto dall\u0027art. 14 del decreto-legge\nn. 4 del 2019, come convertito - di presentare a banche ed\nintermediari finanziari richiesta di finanziamento per una somma pari\nall\u0027importo dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata, nella misura\nmassima di 45.000 euro ovvero all\u0027importo spettante qualora la\npredetta indennita\u0027 sia di importo inferiore. \n In aggiunta, lo stesso sottolinea che, con deliberazione del\nconsiglio di amministrazione dell\u0027INPS 9 novembre 2022, n. 219, e\u0027\nstata istituita una nuova prestazione a favore degli iscritti alla\nGestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, avente ad\noggetto l\u0027anticipazione ordinaria delle somme spettanti ai dipendenti\npubblici a titolo di trattamento di fine servizio o di trattamento di\nfine rapporto. \n Sennonche\u0027 le misure appena illustrate risultano inadeguate, in\nquanto - come sancito anche dal giudice delle leggi nella successiva\nsentenza n. 130 del 23 giugno 2023 intervenuta a seguito della citata\nordinanza di rimessione - non si registra, allo stato, una riforma\norganica specificamente volta a porre rimedio al vulnus\ncostituzionale riscontrato. \n Non puo\u0027, infatti, ritenersi tale la disciplina\ndell\u0027anticipazione della prestazione dettata dall\u0027art. 23 del\ndecreto-legge n. 4 del 2019, come convertito, ai sensi del quale e\u0027\npossibile richiedere il finanziamento di una somma, pari all\u0027importo\nmassimo di 45.000 euro, dell\u0027indennita\u0027 di fine servizio maturata,\ngarantito dalla cessione pro solvendo del credito avente ad oggetto\nl\u0027emolumento, dietro versamento di un tasso di interesse fissato\ndall\u0027art. 4, comma 2, del decreto ministeriale 19 agosto 2020 in\nmisura pari al rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato)\nmaggiorato dello 0,40 per cento. \n Analoghe considerazioni, peraltro, possono essere svolte in\nmerito all\u0027anticipazione istituita con la deliberazione del consiglio\ndi amministrazione dell\u0027INPS 9 novembre 2022, n. 219. Essa e\u0027\nprevista a favore degli iscritti alla Gestione unitaria delle\nprestazioni creditizie e sociali e consente di usufruire di un\nfinanziamento pari all\u0027intero ammontare del trattamento maturato e\nliquido, erogato al tasso di interesse pari all\u00271 per cento fisso,\nunitamente alle spese di amministrazione in misura pari allo 0,50 per\ncento dell\u0027importo, dietro cessione pro solvendo della corrispondente\nquota non ancora esigibile del trattamento di fine servizio o di fine\nrapporto; a cio\u0027 si aggiunga che si registra la definitiva chiusura\ndell\u0027accesso alla misura per gli iscritti al Fondo credito. \n Le normative richiamate investono, infatti, solo indirettamente\nla disciplina dei tempi di corresponsione delle spettanze di fine\nservizio. \n Esse non apportano alcuna modifica alle norme in scrutinio, ma si\nlimitano a riconoscere all\u0027avente diritto la facolta\u0027 di evitare la\npercezione differita dell\u0027indennita\u0027 accedendo pero\u0027 al finanziamento\noneroso delle stesse somme dovutegli a tale titolo. Il legislatore\nnon ha, dunque, ancora espunto dal sistema il meccanismo dilatorio\nall\u0027origine della riscontrata violazione, ne\u0027 si e\u0027 fatto carico\ndella spesa necessaria a ripristinare l\u0027ordine costituzionale\nviolato, ma ha riversato sullo stesso lavoratore il costo della\nfruizione tempestiva di un emolumento che, essendo rapportato alla\nretribuzione e alla durata del rapporto e quindi, attraverso questi\ndue parametri, alla quantita\u0027 e alla qualita\u0027 del lavoro, e\u0027 parte\ndel compenso dovuto per il servizio prestato (sentenza n. 106 del\n1996). \n Nello specifico, con la citata sentenza n. 130 del 23 giugno 2023\nla Corte costituzionale ha scrutinato la questione di legittimita\u0027\ncostituzionale in riferimento all\u0027art. 36 della Costituzione,\nevidenziando che la legittimita\u0027 costituzionale delle norme dalle\nquali possa scaturire una restrizione dei diritti patrimoniali del\nlavoratore e\u0027 condizionata alla rigorosa delimitazione temporale dei\nsacrifici imposti (sentenza n. 178 del 2015), i quali devono essere\n«eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo\nprefisso» (ordinanza n. 299 del 1999), e come il termine dilatorio di\ndodici mesi quale risultante dall\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge\nn. 79 del 1997 convertito nella legge gia\u0027 citata, ad oggi non\nrispetti piu\u0027 ne\u0027 il requisito della temporaneita\u0027, ne\u0027 i limiti\nposti dai principi di ragionevolezza e di proporzionalita\u0027. \n Si tratta di una previsione che non costituisce piu\u0027 un\nintervento urgente di riequilibrio finanziario ma di una misura\navente carattere strutturale che ha dunque perso la sua originaria\nragionevolezza. \n La perdurante dilatazione dei tempi di corresponsione delle\nindennita\u0027 di fine servizio rischia di vanificare anche la funzione\nprevidenziale, in quanto contrasta con la particolare esigenza di\ntutela avvertita dal dipendente al termine dell\u0027attivita\u0027 lavorativa\ncui deve ulteriormente aggiungersi il fatto che la dilazione non e\u0027\ncontrobilanciata dal riconoscimento della rivalutazione monetaria e\ndunque incide in maniera rilevante sulla consistenza economica della\nprestazione, stante anche il sensibile incremento della pressione\ninflazionistica del quadro macroeconomico attuale e posto che, ai\nsensi dell\u0027art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997, allo\nscadere del termine annuale e di quello ulteriore di tre mesi sono\ndovuti i soli interessi di mora. \n La Corte costituzionale ha dunque concluso, pur dichiarando\ninammissibili le questioni sottoposte, con la considerazione che, per\nporre rimedio alla situazione sopra evidenziata, occorre un\nintervento del legislatore affinche\u0027 trovi una soluzione che miri a\nsuperare il differimento della liquidazione e del pagamento delle\nindennita\u0027 di fine servizio, in ossequio ai principi di adeguatezza\ndella retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalita\u0027, e che si\nsviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via\nagli altri. \n Allo stato, pero\u0027, non risulta adottata alcuna organica revisione\ndell\u0027intera materia, peraltro indicata come indifferibile negli\nultimi anni nell\u0027ambito del dibattito parlamentare, registrandosi\nsolo un\u0027iniziativa legislativa (C. 1254 sulla riduzione dei termini\nper la liquidazione del trattamento di fine servizio dei dipendenti\ndelle amministrazioni) volta a sancire la riduzione del termine\ndilatorio per la liquidazione nei casi di cessazione dal servizio\n(anche a seguito di collocamento a riposo d\u0027ufficio) per\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio e la rivalutazione\ndelle fasce di importo per l\u0027erogazione rateale dei medesimi\ntrattamenti. \n Come riportato nella relazione illustrativa, la proposta di legge\nintende adempiere al monito espresso dalla Corte costituzionale che,\nnella gia\u0027 indicata sentenza n. 130 del 2023, ha rilevato come la\nridefinizione delle norme relative al termine dilatorio di\ndifferimento dei trattamenti in questione (con limitato riferimento\nai trattamenti spettanti nei casi di cessazione dal servizio per\nraggiungimento dei limiti di eta\u0027 o di servizio, o per collocamento a\nriposo d\u0027ufficio a causa del raggiungimento dell\u0027anzianita\u0027 massima\ndi servizio), nonche\u0027 al riconoscimento secondo modalita\u0027 rateali dei\nmedesimi trattamenti che superino un determinato importo, deve essere\noperata dal legislatore, mediante scelte discrezionali di\nrimodulazione che tengano conto del differimento generale del termine\ndi liquidazione; in ogni caso, per tale proposta non sembra che\nl\u0027iter legislativo di approvazione risulti efficacemente avviato con\nconseguente violazione reiterata del dettato costituzionale (sentenze\ngia\u0027 citate, n. 159 del 2019 e n. 130 del 2023). \n Poste tali premesse, si puo\u0027 ritenere che - come sostenuto dal\ngiudice delle leggi - la previsione di un pagamento rateale comprima\nin maniera irragionevole e sproporzionata i diritti dei lavoratori\npubblici, in violazione dell\u0027art. 36 della Carta, non essendo\nsorretta dal carattere contingente, ma al contrario avendo carattere\nstrutturale. \n La retribuzione, pertanto, da una parte, non deve mai perdere il\nsuo collegamento con la prestazione lavorativa svolta e, dall\u0027altro,\ndeve essere adeguata e sufficiente ai sensi dell\u0027art. 36 della Carta,\ncon riferimento non solo alla entita\u0027 della retribuzione, ma anche\nalla tempestivita\u0027 della sua corresponsione. \n E\u0027 infatti evidente che una retribuzione corrisposta con ampio\nritardo ha per il lavoratore una utilita\u0027 inferiore a quella\ncorrisposta tempestivamente. \n Proprio il carattere di retribuzione differita riconosciuta alle\nindennita\u0027 di fine rapporto comporta la necessita\u0027 che anche queste\nultime debbano essere corrisposte tempestivamente e non possano\nessere diluite strutturalmente oltre la fuoriuscita dal mondo del\nlavoro. \n Come e\u0027 noto, il lavoratore, sia pubblico che privato, specie se\nin eta\u0027 avanzata, in molti casi si propone - proprio attraverso\nl\u0027integrale e immediata percezione di detto trattamento - di\nrecuperare una somma gia\u0027 spesa o in via di erogazione per le\nprincipali necessita\u0027 di vita, ovvero di fronteggiare o adempiere in\nmodo definitivo ad impegni finanziari gia\u0027 assunti, magari da tempo. \n La Corte costituzionale ha piu\u0027 volte affermato il principio per\nil quale una misura quale quella in esame, per superare lo scrutinio\ndi costituzionalita\u0027, non puo\u0027 riguardare un arco temporale\nindefinito, ma deve essere giustificato da una crisi contingente e\ndeve atteggiarsi quale misura una tantum (sentenze n. 178 del 2015 e\nn. 173 del 2016). \n Peraltro, non puo\u0027 non rilevarsi il contrasto con l\u0027art. 117,\ncomma primo, della Costituzione, in relazione al parametro interposto\ndell\u0027art. 1 protocollo n. 1 alla CEDU (concernente il diritto al\nrispetto della proprieta\u0027, tra cui rientra anche la tutela dei\ndiritti di credito) posto che - per costante giurisprudenza della\nCorte europea dei diritti dell\u0027uomo (Fabian c. Ungheria [GC], n.\n78117/13, 5 settembre 2017; Stefanetti, n. 21838/10, 15 settembre\n2014) - le pensioni e conseguentemente anche il trattamento di fine\nservizio maturato per effetto della vita lavorativa costituiscono un\n«bene» ai sensi della Convenzione. \n Secondo le norme generali applicabili, il diritto matura ed entra\na far parte del patrimonio del titolare al momento in cui si\nsoddisfano i requisiti per il pensionamento (collocamento a riposo\nper raggiunti limiti di eta\u0027 o di servizio). Nel caso di specie il\ndifferimento e la rateazione del trattamento di fine servizio di cui\nalla normativa in oggetto e\u0027 tale da pregiudicare l\u0027essenza dei\ndiritti pensionistici del soggetto, trattandosi di misura ormai\ndivenuta definitiva e strutturale, che va a violare il disposto\ndell\u0027art. 1, prot. n. 1, CEDU laddove il trattamento di fine servizio\ncostituisce espressione di una legittima aspettativa della persona,\ngia\u0027 entrata a far parte del suo patrimonio per effetto del\nraggiungimento dei requisiti necessari. \n Sul punto, non puo\u0027 non richiamarsi la delicata questione sorta\ncon riferimento ai diritti finanziariamente condizionati con\nriferimento all\u0027esigibilita\u0027 dei diritti nei «limiti delle risorse\ndisponibili» (cfr. sentenza della Corte costituzionale 16 dicembre\n2016, n. 275). \n La Corte delle leggi ha chiarito in questa importante pronuncia\nche e\u0027 «la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul\nbilancio, e non l\u0027equilibrio di questo a condizionarne la doverosa\nerogazione». Nella sostanza, neppure in materia finanziaria esiste\n«un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalita\u0027\ndelle leggi», in quanto l\u0027avvenuto inserimento del principio di\npareggio di bilancio in Costituzione ne comporta l\u0027inserimento «nella\ntavola complessiva dei valori costituzionali», per cui «non si puo\u0027\nipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi\naltra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca\nsfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalita\u0027, dal\nmomento che non vi puo\u0027 essere alcun valore costituzionale la cui\nattuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia\nrappresentata dal giudizio di legittimita\u0027 costituzionale». \n Orbene, la previsione di un pagamento rateale del TFS non puo\u0027\nessere arbitrariamente differito e reso incerto da previsioni\nlegislative, le quali - seppur inserite in manovre finanziarie volte\na sopperire a contingenti esigenze di riequilibrio finanziario -\nfiniscono cosi\u0027 con l\u0027incidere su beni e diritti dei lavoratori\npubblici che godono di tutela piena ed incondizionata, con\nconseguente sacrificio della sua effettivita\u0027, in violazione\ndell\u0027art. 36 della Costituzione, che sancisce il criterio di\nproporzionalita\u0027 della retribuzione, e dell\u0027art. 117, primo comma,\ndella Costituzione, alla luce delle norme della Convenzione europea,\ncome interpretate dalla Corte di Strasburgo, che tutelano la sfera\npatrimoniale del lavoratore a garanzia della dignita\u0027 della persona\numana. \n Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai\nsensi dell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla\nCorte costituzionale, affinche\u0027 decida della questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale che, con la presente ordinanza,\nincidentalmente si pone. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione\nquinta): \n Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale sollevata dal ricorrente; \n Sospende il giudizio e, ai sensi dell\u0027art. 23 della legge 11\nmarzo 1953, n. 87; \n Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale\naffinche\u0027 si pronunci sulla questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndegli articoli 3, comma 2, del decreto-legge n. 79/1997 e 12, comma\n7, del decreto-legge n. 78/2010, per contrasto con l\u0027art. 36 della\nCostituzione e l\u0027art. 117, primo comma, della Costituzione, in\nrelazione all\u0027art. 1 del protocollo n. 1 alla CEDU; \n Dispone la comunicazione della presente ordinanza alle parti\nin causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del Consiglio\ndei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e al\nPresidente della Camera dei deputati; \n Rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all\u0027art. 52, commi 1\ne 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli\n5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignita\u0027\ndella parte interessata, manda alla Segreteria di procedere\nall\u0027oscuramento delle generalita\u0027. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 10\ngennaio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Leonardo Spagnoletti - Presidente; \n Virginia Arata - referendario; \n Ida Tascone - referendario, estensore. \n \n Il Presidente: Spagnoletti \n \n \n L\u0027estensore: Tascone","elencoNorme":[{"id":"62398","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"28/03/1997","data_nir":"1997-03-28","numero_legge":"79","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"3","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:1997-03-28;79~art3"},{"id":"62399","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"28/05/1997","data_nir":"1997-05-28","numero_legge":"140","descrizionenesso":"e successive modificazioni","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1997-05-28;140"},{"id":"62400","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dl","denominaz_legge":"decreto-legge","data_legge":"31/05/2010","data_nir":"2010-05-31","numero_legge":"78","descrizionenesso":"convertito con modificazioni in","legge_articolo":"12","specificaz_art":"","comma":"7","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto-legge:2010-05-31;78~art12"},{"id":"62401","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"30/07/2010","data_nir":"2010-07-30","numero_legge":"122","descrizionenesso":"e successive modificazioni","legge_articolo":"","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2010-07-30;122"}],"elencoParametri":[{"id":"79063","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"36","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79064","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79066","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"000012","descriz_costit":"Protocollo addizionale alla Convenzione europea diritti dell\u0027uomo","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"1","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[{"id":"54590","num_progressivo":"","nominativo_parte":"ANIEF Associazione professionale e sindacale","data_costit_part":"06/05/2025","flag_cost_fuori_termine":"No","indirizzo_difensore":"","id_avv_indirizzo":"","tipologia_parte":"AC","descrizione_tipologia_parte":"","sigla_parte":""},{"id":"54553","num_progressivo":"","nominativo_parte":"M. 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