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Modifiche alla l.r. 18/2019), art. 1. \n\n\r\n(GU n. 39 del 24-09-2025)\n\r\n Per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e\ndifeso per legge dall\u0027Avvocatura generale dello Stato presso i cui\nuffici e\u0027 domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 (pec:\nags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) \n Contro la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta\nregionale in carica (pec: regionetoscana@postacert.toscana.it) per la\ndichiarazione di illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1 della\nlegge regionale della Toscana del 18 giugno 2025, n. 30, pubblicata\nnel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 38 del 27 giugno\n2025, recante «Disposizioni in materia di tutela dei lavoratori nei\ncontratti pubblici di appalto di competenza regionale. Modifiche alla\nl.r. 18/2019», in relazione al suo art. 1. \n Il Consiglio regionale della Regione Toscana ha approvato la\nlegge n. 30 del 18 giugno 2025 recante «Disposizioni in materia di\ntutela dei lavoratori nei contratti pubblici di appalto di competenza\nregionale. Modifiche alla l.r. 18/2019» con il dichiarato intento -\nespressamente enunciato nel preambolo - di contrastare il fenomeno\ndel «dumping» nei contratti di appalto di competenza regionale,\nmediante la fissazione di livelli retribuitivi minimi da garantire al\npersonale dipendente delle imprese esecutrici come elemento premiale\nnella valutazione delle offerte nelle gare pubbliche. \n Come in altre occasioni di esercizio della potesta\u0027 legislativa\nregionale (anche per questo sindacate dalla giurisprudenza della\nCorte costituzionale) il legislatore regionale intende sostituirsi al\nlegislatore statale «nelle more dell\u0027approvazione di un\u0027adeguata\nnormativa nazionale in tale ambito». \n Nella seduta del 4 agosto 2025, il Consiglio dei ministri ha\ndeliberato di impugnare la legge regionale della Toscana n. 30 del\n2025, in relazione al suo art. 1, in quanto ritenuta violativa delle\ncompetenze dello Stato e quindi contraria al riparto di potesta\u0027\nlegislativa fissato dall\u0027art. 117 della Costituzione. \n A tanto si provvede con il presente ricorso, affidato al seguente \n \n Motivo \n \n1. Illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1 della legge regionale\nToscana 18 giugno 2025, n. 30 per violazione dell\u0027art. 117, comma\nsecondo, lettera e) della Costituzione, violazione della competenza\nesclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» \n Come rilevato, la norma qui censurata, intitolata «Tutela dei\nlavoratori nei contratti pubblici di appalto di competenza\nregionale», modifica l\u0027art. 6 della precedente legge regionale 16\naprile 2019, n. 18, introducendo il seguente art. 6.1: \n «1. I bandi di gara delle procedure ad evidenza pubblica in\ncui la Regione Toscana, i suoi enti e organismi strumentali, incluse\nle aziende sanitarie locali e le societa\u0027 \"in house\", siano stazioni\nappaltanti o enti concedenti, con particolare riguardo agli\naffidamenti ad alta intensita\u0027 di manodopera basati sul criterio di\naggiudicazione dell\u0027offerta economicamente piu\u0027 vantaggiosa,\nprevedono quale criterio qualitativo premiale l\u0027applicazione di un\ntrattamento economico minimo orario non inferiore a nove euro lordi». \n La disposizione in questione si dovrebbe applicare alle gare\nbandite dalla stessa Regione Toscana, dai suoi enti e organismi\n(incluse le Aziende sanitarie locali) e dalle sue societa\u0027 in house\ned introduce un criterio qualitativo premiale da inserire nei bandi e\nda considerare in sede di valutazione delle offerte economicamente\npiu\u0027 vantaggiose per l\u0027aggiudicazione dei contratti di appalto, con\nparticolare riguardo a quelli ad alta intensita\u0027 di manodopera. \n Il meccanismo di tutela elaborato dal legislatore regionale\nprevede appunto che, in quelle gare, sia premiata l\u0027offerta\npresentata dall\u0027operatore economico che applichi ai suoi lavoratori\ndipendenti un trattamento economico minimo orario non inferiore ai\nvalori ivi fissati. \n Orbene, questa disposizione presenta evidentissimi profili di\nillegittimita\u0027 costituzionale per violazione dell\u0027art. 117, secondo\ncomma, lettera e) della Costituzione, in quanto incide sulle\ndinamiche concorrenziali operanti nel mercato degli appalti pubblici\ne, quindi, incide in un ambito - quello della tutela della\nconcorrenza - che appartiene esclusivamente alla competenza\nlegislativa dello Stato. \n Benche\u0027 la disciplina della contrattualistica pubblica non sia\nespressamente elencata tra le materie riguardanti la tutela della\nconcorrenza, in quanto per molteplicita\u0027 degli interessi perseguiti e\ndegli oggetti implicati essa non e\u0027 riferibile ad un unico ambito\nmateriale (Corte costituzionale, 23 novembre 2007, n. 401; Corte\ncostituzionale, 1° ottobre 2003, n. 303), per costante orientamento\ngiurisprudenziale rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai\nsensi dell\u0027art. 117, comma 2, lettera e), Cost. tanto la tutela della\nconcorrenza «nel mercato» quanto la promozione della concorrenza «per\nil mercato» (Corte costituzionale n. 4/2022, che espressamente\nrichiama: Corte costituzionale, 27 giugno 2018, n. 137; Corte\ncostituzionale, 20 aprile 2018, n. 83; Corte costituzionale, 19\ndicembre 2012, n. 299; Corte costituzionale, 19 dicembre 2012, n.\n291; Corte costituzionale, 20 luglio 2012, n. 200; Corte\ncostituzionale, 12 febbraio 2010, n. 45; Corte costituzionale n.\n401/2007). Di conseguenza, non puo\u0027 non ricondursi a tale competenza\nanche la disciplina delle procedure di gara e delle modalita\u0027 di\nselezione del contraente, nel rispetto dei principi unionali di\nlibera circolazione delle merci, libera prestazione dei servizi,\nliberta\u0027 di stabilimento, trasparenza e parita\u0027 di trattamento,\nconsentendosi in tal modo la piena apertura del mercato nel settore\ndegli appalti pubblici (Corte costituzionale n. 4/2022). \n La giurisprudenza costituzionale e\u0027 infatti costante\nnell\u0027affermare che la nozione di «concorrenza» di cui al secondo\ncomma, lettera e), dell\u0027art. 117 della Costituzione «non puo\u0027 non\nriflettere quella operante in ambito europeo (sentenze n. 83 del\n2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n. 45 del 2010). Essa comprende,\npertanto, sia le misure legislative di tutela in senso proprio,\nintese a contrastare gli atti e i comportamenti delle imprese che\nincidono negativamente sull\u0027assetto concorrenziale dei mercati, sia\nle misure legislative di promozione, volte a eliminare limiti e\nvincoli alla libera esplicazione della capacita\u0027 imprenditoriale e\ndella competizione tra imprese (concorrenza «nel mercato»), ovvero a\nprefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la piu\u0027\nampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici\n(concorrenza «per il mercato»). In questa seconda accezione,\nattraverso la «tutela della concorrenza», vengono perseguite\nfinalita\u0027 di ampliamento dell\u0027area di libera scelta dei cittadini e\ndelle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di\nbeni e di servizi (sentenze n. 299 del 2012 e n. 401 del 2007)»\n(sentenza n. 137 del 2018). \n Proprio sulla scorta della nozione di tutela della concorrenza\n«per il mercato», la giurisprudenza costituzionale ha piu\u0027 volte\nribadito che «la disciplina delle procedure di gara, la\nregolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti,\ndelle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione [...]\nmirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle\nregole concorrenziali e dei principi comunitari della libera\ncircolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della\nliberta\u0027 di stabilimento, nonche\u0027 dei principi costituzionali di\ntrasparenza e parita\u0027 di trattamento (sentenze n. 431, n. 401 del\n2007, n. 411 del 2008), sicche\u0027 tali discipline, in quanto volte a\nconsentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti,\nsono riconducibili all\u0027ambito della tutela della concorrenza, di\nesclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 401 del\n2007, n. 345 del 2004) (sentenza n. 186 del 2010; nello stesso senso,\nsentenze n. 2 del 2014, n. 259 del 2013 e n. 339 del 2011),\ncostituendo esse uno strumento indispensabile per tutelare e\npromuovere la concorrenza in modo uniforme sull\u0027intero territorio\nnazionale (sentenze n. 39 del 2020, n. 28 del 2014, n. 339 del 2011,\nn. 1 del 2008 e n. 401 del 2007)» (Corte costituzionale, sentenza n.\n4 del 14 gennaio 2022). \n Pronunciandosi in relazione a norme regionali affini a quella qui\nin esame, la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato che e\u0027\n«pacifico [...] che le disposizioni del codice dei contratti pubblici\nregolanti le procedure di gara [siano] riconducibili alla materia\ndella tutela della concorrenza\" (cfr., fra le molte, sentenza n.\n166/2019). In particolare, \"le procedure di selezione dei concorrenti\ne i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici sono ascrivibili\nalla materia della «tutela della concorrenza\" di cui all\u0027art. 117,\nsecondo comma, lettera e), Cost. - che riflette la definizione\noperante in ambito comunitario - nella specie alla concorrenza «per\nil mercato\"» (ex multis, sentenze n. 4 del 2022, n. 166 del 2019, n.\n137 del 2018, n. 209 del 2013, n. 52 del 2012, n. 339, n. 184 e n. 43\ndel 2011 e n. 401 del 2007). \n La detta disciplina, dunque, costituisce espressione di una\ncompetenza esclusiva statale in ragione della necessita\u0027 persino\novvia di tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sul\nterritorio nazionale (Corte cost. n. 4/2022, nonche\u0027 Corte cost., 28\ngennaio 2022, n. 23; Corte costituzionale n. 39/2020; Corte\ncostituzionale, 9 luglio 2019, n. 166; Corte costituzionale, 25\nfebbraio 2014, n. 28.), trovando altresi\u0027 fondamento nel principio di\nimparzialita\u0027 (art. 97 Cost.). \n Si e\u0027 pure affermato che il codice dei contratti pubblici\npresenta, nel suo complesso, i tratti di una riforma\neconomico-sociale, attuativa anche di «obblighi internazionali\nnascenti dalla partecipazione dell\u0027Italia all\u0027Unione europea»\n(sentenza n. 114 del 2011), sicche\u0027 la disciplina della concorrenza\nsegnala, al suo interno, istanze fondamentali di uniformita\u0027 che\nlimitano la competenza primaria di tutte le regioni, anche se a\nstatuto speciale, e delle province autonome. \n Sono state dunque individuate, quali norme fondamentali di\nriforma economico-sociale nell\u0027ambito del codice dei contratti\npubblici, quelle «che attengono, da un lato, alla scelta del\ncontraente (alle procedure di affidamento) e, dall\u0027altro [lato], al\nperfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua\nesecuzione» (sentenza n. 45 del 2010, il cui percorso argomentativo\ne\u0027 stato ribadito, ex multis, dalle sentenze n. 166 del 2019, n. 263\ndel 2016, n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 328, n. 184 e n. 114 del\n2011 e n. 221 del 2010). \n La concorrenza, che in generale rinviene nell\u0027uniformita\u0027 di\ndisciplina «un valore in se\u0027 perche\u0027 differenti normative regionali\nsono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di\nbarriere territoriali» (sentenza n. 283 del 2009), a fortiori, non\ntollera regole differenziate a livello locale nelle procedure che\ndanno accesso alla stipula dei contratti pubblici (cosi\u0027, da ultimo,\nCorte costituzionale n. 174/2024). La previsione di regimi\ndifferenziati per le procedure di aggiudicazione dei contratti\npubblici genera, di per se\u0027, effetti distorsivi della concorrenza.\nGarantire l\u0027uniformita\u0027 di tale disciplina e\u0027, dunque, un obiettivo\ndelle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza. \n In tale contesto, l\u0027eventuale disciplina regionale di dettaglio\nnon potrebbe giammai porsi in contrasto con le norme fissate dalla\ndisciplina statale adottata nel rispetto delle direttive europee e,\npertanto, non potrebbe mai avere ad oggetto diretto e principale la\ntutela della concorrenza. Invero, «nella regolamentazione delle\nprocedure di aggiudicazione non sussistono, pertanto, le condizioni\nche consentono a norme regionali o provinciali, riconducibili a\ncompetenze primarie, di produrre \"effetti proconcorrenziali\". Le\nconseguenze di una diversificazione a livello territoriale, in questo\nambito, sono tali da evidenziare un \"contrasto con gli obiettivi\nposti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza\"\n([...] sentenza n. 160 del 2009, che riprende, testualmente, le\naffermazioni della sentenza n. 431 del 2007) (sentenza n. 45 del\n2010)». (Corte cost. n. 23/2022). \n Ne\u0027 puo\u0027 indurre a diversa conclusione l\u0027espressa funzione\ntemporaneamente vicaria che il legislatore regionale si e\u0027 arrogato,\naffermando di agire nelle more e nell\u0027attesa di un «adeguato»\nintervento legislativo statale in materia. \n In realta\u0027 il legislatore toscano indulge spesso in questa\ntentazione «sostitutiva», nella quale ricade piu\u0027 volte, come nel\nrecentissimo caso della legge in tema di concessioni demaniali\nmarittime, laddove pure aveva tentato di legiferare in materia\nstatale sul presupposto di una vacanza di quest\u0027ultimo; ma anche in\nquesta ultima occasione la Corte costituzionale (sentenza n. 89/2025)\nha ribadito il principio per cui l\u0027intervento del legislatore\nregionale in ambito non proprio non puo\u0027 essere consentito nemmeno in\npresenza di una lamentata situazione di inerzia del legislatore\nstatale (sentenze n. 222/2020). \n Peraltro, in questa materia il legislatore statale e\u0027 tutt\u0027altro\nche assente o distratto, ove si considerino i meccanismi di tutela\ndel personale dell\u0027operatore economico offerente, previsti dal codice\ndei Contratti sia in sede di redazione del progetto (art. 41, comma\n13), sia in sede di dichiarazioni di impegno del concorrente (art.\n102), sia ancora nei vincoli posti al costo del lavoro in sede di\nvalutazione dell\u0027offerta (articoli 109 e 110). \n Quindi, a parere di questa Avvocatura, nessun bisogno c\u0027era di un\nintervento legislativo regionale vicario in questo ambito, che non\nsarebbe ammesso comunque a titolo di cedevolezza invertita, poiche\u0027\nl\u0027intervento del legislatore regionale in via di anticipazione del\nlegislatore statale e\u0027 consentito solo nelle materie a competenza\nlegislativa concorrente (sentenza n. 1/2009). Caso che di tutta\nevidenza qui non ricorre. \n Si puo\u0027 ad abundantiam ricordare anche che, in una fattispecie\nsostanzialmente sovrapponibile a quella qui in esame, la Corte\ncostituzionale ha statuito che «La possibilita\u0027 di introdurre, anche\nin via transitoria, criteri premiali di valutazione delle offerte\n(...) e\u0027 dunque riservata allo Stato, cui spetta in generale,\nnell\u0027esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela\ndella concorrenza, definire il punto di equilibrio tra essa e la\ntutela di altri interessi pubblici con esso interferenti (...), come\nquelli sottesi al raggiungimento di obiettivi di politica sociale\n[...], di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle\nimprese» (Corte cost., sentenza n. 4 del 14 gennaio 2022). \n Cio\u0027 premesso, alla luce dei principi sopra richiamati, la\ndisposizione qui censurata, incidendo sui criteri di scelta degli\noperatori economici, mediante l\u0027imposizione di un criterio premiale\nvincolante per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti\nregionali, incide direttamente sulla concorrenzialita\u0027 per il\nmercato, invadendo la competenza esclusiva statale di cui all\u0027art.\n117, comma secondo, lettera e) Cost., ed introducendo, peraltro, una\nregolamentazione distonica rispetto a quella nazionale. \n Come si e\u0027 precedentemente rilevato, il decreto legislativo n.\n36/2023 (come tutti i codici dei Contratti pubblici che l\u0027hanno\npreceduto) reca una compiuta disciplina dei criteri di aggiudicazione\ndegli appalti di lavori, servizi e forniture, nei quali il tema della\ntutela dei livelli salariali minimi e\u0027 abbondantemente trattato in\nmaniera «chiusa» con riferimento al costo del lavoro sin dalla fase\ndella progettazione. \n La norma regionale in esame, per contro, introduce un nuovo\ncriterio premiale, avulso da quelli contemplati dalla legislazione\nstatale e del tutto asistematico, peraltro vincolante, cosi\u0027\nespropriando la stazione appaltante anche di quella valutazione - da\ncondursi necessariamente in concreto - circa l\u0027opportunita\u0027, la\nproporzionalita\u0027 e la stretta funzionalita\u0027 del criterio premiale\nrispetto allo specifico oggetto del contratto, alla sua tipologia e\nalla natura dell\u0027affidamento. La disposizione regionale opera,\ndunque, una cristallizzazione ex ante della valutazione in ordine\nall\u0027adozione di criteri premiali che, viceversa, il codice dei\nContratti pubblici, nel quadro generale delle premialita\u0027 ivi\nprefigurate (cfr. art. 108, comma 7), rimette alla discrezionalita\u0027\ndell\u0027amministrazione, in aderenza al principio secondo cui la\ngaranzia di un confronto concorrenziale effettivo necessita della\nautonomia delle stazioni appaltanti nella valutazione caso per caso\ndella migliore offerta (cfr. Corte costituzionale n. 174/2024)\nnonche\u0027 nella predisposizione a monte dei criteri maggiormente\nidonei, in concreto, ad assicurare una ponderata valutazione delle\nofferte. \n In aggiunta, la disposizione regionale introduce un criterio\npremiale apparentemente definito «qualitativo», ma che, a ben vedere,\nnon pare involgere componenti propriamente qualitative dell\u0027offerta,\nbensi\u0027 profili schiettamente economici, in quanto inerenti ai costi\ndella manodopera («l\u0027applicazione di un trattamento economico minimo\norario non inferiore a nove euro lordi»), che dovrebbero percio\u0027\nessere indicati nell\u0027offerta economica (comma 9 dell\u0027art. 108 cit.). \n Il citato criterio premiale in esame rischia percio\u0027 di\npregiudicare anche il principio di separazione tra offerta tecnica ed\nofferta economica, che, secondo la giurisprudenza amministrativa (ex\nmultis Consiglio di Stato, sez. V, 1/03/2024, n. 2005), preclude di\nnorma ai concorrenti l\u0027inserimento di elementi economico-quantitativi\nall\u0027interno della documentazione che compone l\u0027offerta\ntecnica-qualitativa. In questi termini, e\u0027 consolidato il principio\nsecondo cui la mera possibilita\u0027 di conoscenza dell\u0027entita\u0027\ndell\u0027offerta economica prima di quella tecnica e\u0027 idonea a\ncompromettere la garanzia di imparzialita\u0027 della valutazione (Cons.\nStato, V, 24 gennaio 2019, n. 612). Anche sotto questo profilo,\npertanto, la diposizione regionale censurata, invadendo le\nprerogative normative statali, altera l\u0027uniforme applicazione delle\nregole concorrenziali nella materia de qua, producendo effetti\npotenzialmente distorsivi. \n Del resto, le stesse esigenze di contrastare il «dumping»\nsalariale, di assicurare la stabilita\u0027 occupazionale nei contratti\npubblici, nonche\u0027 di «promuovere misure idonee a garantire un livello\nretributivo adeguato ed attuale ai lavoratori dipendenti del soggetto\naggiudicatario e contrastare i fenomeni di concorrenza sleale», che -\ncome si evince dal preambolo della legge regionale in esame - la\ndisposizione censurata vorrebbe soddisfare, sono state gia\u0027\nconsiderate dal legislatore statale. Il che vale ulteriormente a\nsmentire lo stesso presupposto in fatto che ha originato l\u0027adozione\ndella legge regionale in esame, ovvero «garantire il perseguimento di\ntali obiettivi, nelle more dell\u0027approvazione di un\u0027adeguata normativa\nnazionale in tale ambito» (cosi\u0027 sempre il preambolo della legge\nregionale). \n L\u0027art. 11 del codice dei Contratti pubblici introduce, infatti,\nil principio generale di applicazione dei contratti collettivi\nnazionali di settore, prevedendo, a tal fine, che: «1. Al personale\nimpiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici\ne concessioni e\u0027 applicato il contratto collettivo nazionale e\nterritoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si\neseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei\ndatori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu\u0027\nrappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di\napplicazione sia strettamente connesso con l\u0027attivita\u0027 oggetto\ndell\u0027appalto o della concessione svolta dall\u0027impresa anche in maniera\nprevalente». \n La Relazione di accompagnamento al codice dei Contratti pubblici\nevidenzia come, imponendo l\u0027individuazione ab origine del CCNL\n«leader» di settore, la norma de qua, in linea con la previsione\nposta dall\u0027art. 1, comma 2, lettera h), n. 2, della legge delega 21\ngiugno 2022, n. 78, ha «abbandonato l\u0027idea di una funzione meramente\npromozionale e incentivante, nei confronti degli operatori economici,\ndelle norme sulle clausole sociali nella disciplina dei contratti\npubblici, mirando a conseguire un effettivo risultato applicativo con\nnorme maggiormente pregnanti e vincolanti (...) restringendo anche le\nipotesi in cui, per la frammentazione dei contratti collettivi\nnell\u0027ambito del medesimo settore, l\u0027operatore economico finisca con\nl\u0027optare per un CCNL che non garantisce al lavoratore le migliori\ntutele sotto il profilo normativo ed economico». \n Il terzo comma dell\u0027art. 11 consente solo eccezionalmente agli\nofferenti di indicare, nell\u0027osservanza delle regole procedimentali di\ncui al successivo quarto comma, «il differente contratto collettivo\nda essi applicato, purche\u0027 garantisca ai dipendenti le stesse tutele\ndi quello indicato dalla stazione appaltante o dall\u0027ente concedente».\nA quest\u0027ultimo riguardo, il legislatore statale ha pure elaborato un\nnuovo allegato I.01 al codice dei Contratti pubblici (introdotto dal\ndecreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209), contenente\ndisposizioni per orientare l\u0027operato delle stazioni appaltanti sia\nrispetto al contratto collettivo da individuare, tenuto conto\ndell\u0027oggetto del contratto da aggiudicare, sia rispetto alla verifica\ndi equipollenza dei contratti. In particolare, sono stati introdotti\nmeccanismi automatici per la valutazione di equipollenza tra i\ncontratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente\nrappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed\neconomici rivelatori di tale sostanziale equivalenza. Tale\nvalutazione di equivalenza tra CCNL si impernia anzitutto sul\nrispetto del «valore economico» minimo del complesso di componenti\nfisse della retribuzione globale, analiticamente individuate ex lege,\nquale derivante dall\u0027applicazione del CCNL indicato dalla stazione\nappaltante (articoli 2 e 4 del nuovo all. I.01). \n Alla luce di tale quadro normativo, il ribasso inserito\nnell\u0027offerta non potra\u0027 essere giammai ottenuto in danno dei\nlavoratori mediante l\u0027applicazione di un CCNL che, essendo incoerente\nrispetto alle lavorazioni, comporti minori tutele economiche e\nnormative. \n Al contempo, l\u0027introduzione dell\u0027obbligo, in capo alle stazioni\nappaltanti, di indicare il contratto collettivo applicabile,\nassumendo come parametro non piu\u0027 l\u0027attivita\u0027 prevalente esercitata\ndall\u0027impresa, bensi\u0027 le prestazioni strettamente connesse all\u0027oggetto\ndell\u0027appalto da eseguire, restringe i margini di autonomia del datore\ndi lavoro nella scelta del CCNL proprio al fine di contrastare\npratiche di concorrenza sleale ed incentivare la tutela della\n«concorrenza per il mercato». \n In coerenza con tale disciplina, il comma 13 dell\u0027art. 41 del\ncodice dei Contratti pubblici, nel disciplinare le modalita\u0027 di\ndeterminazione della voce relativa al costo del personale, fa rinvio\nalle tabelle ministeriali che, sulla base dei valori economici\ndefiniti dalla contrattazione collettiva di settore, individuano il\ncosto medio del lavoro. Analogamente, il comma 5 dell\u0027art. 110 del\ncodice, nel regolare le offerte anormalmente basse, ne prevede\nl\u0027esclusione se «il costo del personale e\u0027 inferiore ai minimi\nsalariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all\u0027art.\n41, comma 13». \n Pare opportuno rammentare che limiti ancora piu\u0027 stringenti sono\nprevisti in materia di subappalto. In coerenza con i principi\ngenerali dettati dall\u0027art. 11 cit., il cui comma 5 prevede, altresi\u0027,\nche: «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in\ntutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano\ngarantite ai lavoratori in subappalto», l\u0027art. 119, comma 12, del\ncodice dei Contratti pubblici dispone che: «Il subappaltatore, per le\nprestazioni affidate in subappalto, deve garantire gli stessi\nstandard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di\nappalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e\nnormativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente\nprincipale». \n Tale disposizione rende la parita\u0027 di trattamento la regola\ngenerale, applicabile a prescindere dalla coincidenza delle attivita\u0027\nin subappalto con quelle caratterizzanti l\u0027appalto principale. Essa\nprosegue prevedendo l\u0027obbligo per il subappaltatore di «applicare i\nmedesimi contratti collettivi nazionali di lavoro del contraente\nprincipale, qualora le attivita\u0027 oggetto di subappalto coincidano con\nquelle caratterizzanti l\u0027oggetto dell\u0027appalto oppure riguardino le\nlavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse\nnell\u0027oggetto sociale del contraente principale». \n Dunque, qualora le attivita\u0027 in subappalto coincidano con quelle\ncaratterizzanti l\u0027oggetto dell\u0027appalto principale, l\u0027art. 119, comma\n12, secondo periodo, cit. impone al subappaltatore l\u0027ulteriore\nobbligo di applicare i medesimi contratti collettivi del contraente\nprincipale e non solo di garantire le medesime tutele. \n Il fondamento degli obblighi derivanti da simili clausole sociali\ndi trattamento minimo e\u0027 stato ravvisato da codesta Corte (sin dalla\nnota sentenza 19 giugno 1998 n. 226) nella finalita\u0027 di assicurare\nuno standard minimo di protezione sociale in base al principio della\nmigliore realizzazione dell\u0027interesse pubblico, «secondo i principi\ndella concorrenza tra imprenditori (per ottenere la pubblica\namministrazione le condizioni piu\u0027 favorevoli) e della parita\u0027 di\ntrattamento dei concorrenti nella gara (per assicurare il miglior\nrisultato della procedura concorsuale senza alterazioni e/o\nturbative)». Su questo presupposto le norme di protezione sociale\ntrovano la loro giustificazione nell\u0027interesse pubblico al migliore e\npiu\u0027 efficiente esercizio dell\u0027attivita\u0027 imprenditoriale svolta in\nregime di affidamento pubblico, sicche\u0027 esse risultano\nintrinsecamente afferenti a profili di «tutela della concorrenza». \n In definitiva, il legislatore statale, sulla scorta della\ndisciplina sopra ricordata, ha gia\u0027 definito un sistema uniforme di\ntutele non negoziabili spettanti ai lavoratori impiegati nei\ncontratti pubblici di appalto e di concessione. Tale sistema attua un\nbilanciamento tra la liberta\u0027 negoziale dell\u0027impresa e l\u0027esigenza di\ntutela delle condizioni di lavoro, nella prospettiva di una piena ed\nuniforme applicazione delle regole pro-concorrenziali in materia di\nscelta del contraente, rientranti nella competenza esclusiva dello\nStato. \n L\u0027esistenza di una disciplina generale ed uniforme sulla scelta\ndel contraente, direttamente afferente alla tutela della concorrenza,\nfinalizzata ad assicurare l\u0027aggiudicazione in favore del «miglior\nofferente» e a contrastare altresi\u0027 fenomeni di concorrenza sleale e\ndi dumping salariale, non puo\u0027 dunque essere derogata, innovata\novvero sostanzialmente disattesa a livello regionale. \n La disposizione impugnata - introducendo un nuovo criterio\npremiale - e\u0027 invece idonea a produrre effetti diretti sull\u0027esito\ndelle gare e, indirettamente, sulla scelta degli operatori economici\nin ordine alla partecipazione alle stesse, incidendo in questo modo\nsulla concorrenzialita\u0027 per il mercato. Dall\u0027introduzione di detto\ncriterio premiale, infatti, possono derivare conseguenze sulla minore\no maggiore possibilita\u0027 di accesso delle imprese al mercato regionale\ndei contratti pubblici. \n La disposizione regionale impugnata si pone percio\u0027 in contrasto\ncon l\u0027esigenza di assicurare procedure di evidenza pubblica uniformi\nsu tutto il territorio nazionale, in applicazione dei principi di\nlibera concorrenza e di non discriminazione. \n Si impone percio\u0027 la riaffermazione, anche nella specie, del\nconsolidato principio secondo cui la possibilita\u0027 di introdurre\ncriteri premiali di valutazione delle offerte e\u0027 riservata allo\nStato, cui spetta in generale, nell\u0027esercizio della sua competenza\nesclusiva in materia di tutela della concorrenza, definire il punto\ndi equilibrio tra essa e la tutela di altri interessi pubblici con\nesso interferenti (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020 e n. 30 del\n2016, nonche\u0027 sentenza n. 4 del 14 gennaio 2022). \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra\nrappresentato e difeso conclude; \n Voglia la Corte costituzionale accogliere il presente ricorso e\nper l\u0027effetto dichiarare l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 1\ndella legge regionale della Toscana del 18 giugno 2025, n. 30. \n Con l\u0027originale notificato del ricorso si depositera\u0027: \n 1) l\u0027estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 4\nagosto 2025 con relativa relazione; \n 2) la legge regionale della Toscana del 18 giugno 2025, n.\n30, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 38\ndel 27 giugno 2025, recante «Disposizioni in materia di tutela dei\nlavoratori nei contratti pubblici di appalti di competenza regionale.\nModifiche alla l.r. 18/2019». \n Roma, 13 agosto 2025 \n \n L\u0027Avvocato generale aggiunto: Corsini \n \n \n L\u0027avvocato dello Stato: Manzo","elencoResistenti":[{"nominativo":"Regione Toscana","contenzioso":"","deposito_cost":"19/09/2025"}],"elencoNorme":[{"codice_legge":"lrto","articolo_legge":"1","data_legge":"18/06/2025","data_nir":"2025-06-18","numero_legge":"30","comma":"","denominazione_legge":"legge della Regione Toscana","denominazione_nesso":"","denominazione_attributo":"","id":"24910","unique_identifier":""}],"elencoParametri":[{"id_parametro":"33595","tipo_legge":"c","descrizione_costit":"Costituzione","data":"","data_nir":"","numero_parametro":"","articolo_impugnato":"117","comma":"2","descrizione_nesso":"","link_norma_attiva":""}]}}" ] ] |
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