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le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all\u0027ottenimento dei titoli per la costruzione e l\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili -Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Asja Ambiente Italia spa sb","prima_controparte":"Ministero della Cultura, Ministero dell\u0027Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell\u0027Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1","altre_parti":"Elettricità Futura – Unione delle Imprese Elettriche Italiane, Asja Ambiente Italia srl sb, Elettricità Futura – Unione delle imprese elettriche italiane","testo_atto":"N. 156 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 giugno 2025\n\r\nOrdinanza del 24 giugno 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Asja Ambiente Italia  spa  sb  e\nElettricita\u0027 Futura - Unione delle imprese elettriche italiane contro\nMinistero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri. . \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al\n  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a\n  limitare l\u0027uso del suolo agricolo - Previsione che  l\u0027installazione\n  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone\n  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027  consentita\n  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente\n  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o\n  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia\u0027   installati,   a\n  condizione che non comportino incremento  dell\u0027area  occupata,  c),\n  incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e quelle  con\n  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le\n  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,\n  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell\u0027art.\n  20 del decreto legislativo n. 199 del  2021  -  Previsione  che  il\n  primo  periodo  del  comma  1-bis  dell\u0027art.  20  di  tale  decreto\n  legislativo non si applica  nel  caso  di  progetti  che  prevedano\n  impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla\n  costituzione di  una  comunita\u0027  energetica  rinnovabile  ai  sensi\n  dell\u0027art. 31 del predetto  decreto  nonche\u0027  in  caso  di  progetti\n  attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di\n  ripresa  e  resilienza  (PNRR)  e  del  Piano  nazionale  per   gli\n  investimenti  complementari  al  PNRR  (PNC)  ovvero  di   progetti\n  necessari  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  del   PNRR   -\n  Previsione che l\u0027art. 20, comma 1-bis, primo periodo,  del  decreto\n  legislativo n. 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 199\n  del 2021. \n- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni  urgenti  per  le\n  imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura, nonche\u0027  per  le\n  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con\n  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1\n  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei\n  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti\n  rinnovabili, in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e  5,  lettere\n  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo\n  periodo. \n\n\r\n(GU n. 37 del 10-09-2025)\n\r\n \n         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n \n \n                            Sezione terza \n \n    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di\nregistro generale 11074 del 2024, proposto da  Asja  Ambiente  Italia\nS.p.a. S.B.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro  tempore,\nrappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Sticchi Damiani, Daniele\nChiatante,  con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da  Registri  di\ngiustizia; \n    contro Ministero della cultura, Ministero dell\u0027ambiente  e  della\nsicurezza energetica, Ministero  dell\u0027agricoltura,  della  sovranita\u0027\nalimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante  pro\ntempore, rappresentati e difesi dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma - via dei Portoghesi, 12; \n    nei confronti della Regione Toscana, non costituita in giudizio; \n    e con l\u0027intervento  di,  ad  adiuvandum:  Elettricita\u0027  Futura  -\nUnione delle Imprese  Elettriche  Italiane,  in  persona  del  legale\nrappresentante pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dall\u0027avvocato\nAndrea Sticchi  Damiani,  con  domicilio  digitale  come  da  PEC  da\nRegistri di giustizia; \n    per l\u0027annullamento: \n        nei limiti e nei termini dedotti,  del  decreto  ministeriale\ndel 21 giugno  2024,  recante  «Disciplina  per  l\u0027individuazione  di\nsuperfici e aree idonee  per  l\u0027installazione  di  impianti  a  fonti\nrinnovabili» adottato dal Ministero dell\u0027ambiente e  della  sicurezza\nenergetica di concerto con il Ministero della cultura e il  Ministero\ndell\u0027agricoltura, della  sovranita\u0027  alimentare  e  delle  foreste  e\npubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2024, n. 153; \n        di ogni  altro  atto  presupposto,  connesso  e  conseguente,\nancorche\u0027 non conosciuto dalla odierna ricorrente. \n    Visti il ricorso e i relativi allegati; \n    Visti tutti gli atti della causa; \n    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  della\ncultura, del Ministero dell\u0027ambiente e  della  sicurezza  energetica,\ndel Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare  e  delle\nforeste; \n    Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 18 giugno 2025 il dott.\nMarco Savi e uditi per le parti  i  difensori  come  specificato  nel\nverbale; \n    1. La ricorrente opera nel settore della  produzione  di  energia\nrinnovabile  sull\u0027intero  territorio  italiano.   Nell\u0027ambito   della\npropria attivita\u0027 imprenditoriale, la societa\u0027 nel  mese  di  ottobre\n2023 ha  acquisito  la  disponibilita\u0027  di  una  serie  di  aree  nel\nterritorio del Comune di Cecina al fine di  «installare  un  impianto\nfotovoltaico». \n    2. Precisa  la  ricorrente  che  il  sito  interessato  e\u0027  stato\nindividuato  il  sito  sulla  base  delle  indicazioni  fornite   dal\nlegislatore che, all\u0027art. 20, comma 8,  del  decreto  legislativo  n.\n199/2021, ha individuato le aree idonee all\u0027installazione di impianti\nfotovoltaici. In particolare, a seguito delle analisi svolte,  l\u0027area\nin questione e\u0027 risultata idonea ai  sensi  dell\u0027art.  20,  comma  8,\nlettera c-quater, del decreto legislativo n. 199/2021. La societa\u0027 ha\nquindi   presentato   domanda   di   connessione   dell\u0027impianto    a\nE-Distribuzione (gestore di rete  competente)  in  data  13  novembre\n2023, corrispondendo gli oneri previsti dalla  normativa  tecnica  di\nriferimento. In data 20 giugno 2024, il gestore di rete ha  trasmesso\nil  preventivo  di  connessione  dell\u0027impianto  alla  rete  elettrica\nnazionale, quantificando i costi medi per la connessione in  circa  1\nmilione di euro. \n    3. Il decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, ha  peraltro  aggiunto\nall\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  il  comma  1-bis,\nsecondo cui «L\u0027installazione degli impianti fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra di cui all\u0027art.  6-bis,  lettera  b),  del  decreto\nlegislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone  classificate  agricole  dai\npiani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente nelle aree di\ncui alle lettere a),  limitatamente  agli  interventi  per  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale 4 ricostruzione degli impianti\ngia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del comma  8».\nIn sostanza, la disposizione in esame ha vietato  l\u0027installazione  di\nimpianti fotovoltaici in area agricola, salvo i pochi siti  enumerati\ndalla  previsione.  La  disposizione  e\u0027  stata  poi  convertita  con\nmodifiche con legge  n.  101/2024  e  ha  oggi  il  seguente  tenore:\n«l\u0027installazione degli impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra, in zone classificate agricole dai piani  urbanistici  vigenti,\ne\u0027 consentita esclusivamente nelle  aree  di  cui  alle  lettere  a),\nlimitatamente   agli   interventi    per    modifica,    rifacimento,\npotenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti   gia\u0027\ninstallati, a condizione  che  non  comportino  incremento  dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,\nnonche\u0027  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8\ndel presente articolo. Il primo periodo non si applica  nel  caso  di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027  energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  presente  decreto  nonche\u0027  in\ncaso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del\nPiano  nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),  approvato  con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del  Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    4. Nelle more della conversione in legge, il  MASE,  di  concerto\ncon  gli  altri  ministeri  resistenti,  ha   adottato   il   decreto\nministeriale del 21 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del\n2 luglio 2024 (di seguito «Decreto») con cui ha  dato  attuazione  in\nvia  amministrativa  al  divieto  previsto  dal DL  Agricoltura.   In\nparticolare, il decreto ha introdotto le  «aree  in  cui  e\u0027  vietata\nl\u0027installazione di  impianti  fotovoltaici  con  moduli  collocati  a\nterra», ossia «le aree agricole per le quali vige il divieto [...] ai\nsensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo 8 novembre 2021,\nn. 199»; tale divieto e\u0027 altresi\u0027 ribadito dall\u0027art. 7  del  decreto.\nPer effetto del  decreto,  dunque,  la  societa\u0027,  che  ha  da  tempo\nacquisito la disponibilita\u0027 di un\u0027area agricola  ex  lege  idonea  ai\nsensi dell\u0027art. 20, comma 8, lettera c-quater del decreto legislativo\nn.  199/2021,  si  trova  oggi  nell\u0027impossibilita\u0027   di   presentare\nl\u0027istanza  di  rilascio  dei  necessari  titoli   autorizzativi.   La\nricorrente ha quindi proposto il presente ricorso, con  il  quale  ha\ndedotto, tra l\u0027altro, vizi del decreto ministeriale discendenti dalla\nritenuta   incompatibilita\u0027   eurounitaria   e   costituzionale   del\ndecreto-legge n. 63/2024. \n    5. Sostiene la ricorrente, in  particolare,  che  il  divieto  di\nlocalizzare gli impianti fotovoltaici in  area  agricola  sottrae  in\nmodo indiscriminato la quasi totalita\u0027 del territorio nazionale cosi\u0027\nimpedendo il  raggiungimento  dei  target  vincolanti  per  lo  Stato\nitaliano. A seguito degli obblighi con il  protocollo  di  Kyoto  del\n1997, l\u0027Unione europea ha infatti adottato  numerosi  atti  normativi\nsulla promozione dell\u0027uso di risorse energetiche alternative  (si  fa\nriferimento, in particolare, alle direttive 2001/77/CE e  2009/28/CE,\nnonche\u0027 alle piu\u0027 recenti direttive UE 2018/2001 e 2023/2413/UE).  Il\nsuddetto quadro normativo  individua  gli  obiettivi  che  gli  Stati\nmembri devono perseguire per raggiungere l\u0027obiettivo  di  transizione\nenergetica  che  l\u0027Unione  ha  qualificato  come   prioritario:   (i)\nsemplificare a ogni livello le  procedure  autorizzative,  eliminando\ninutili  ostacoli  normativi;  (ii)  limitare  al  minimo   le   zone\ninterdette allo sviluppo di  impianti  FER,  chiarendo  con  adeguata\nmotivazione la ragione della  eventuale  restrizione.  Si  tratta  di\nprincipi-guida  permeati,  secondo  la  giurisprudenza  della   Corte\ncostituzionale, dall\u0027intento «di  garantire  la  \"massima  diffusione\ndegli impianti da fonti di energia rinnovabili\" (sentenza n. 286  del\n2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216  e  n.  77\ndel 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del\n2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento \"di ridurre  le  emissioni\ndi gas ad effetto serra (sentenza  n.  275  del  2012;  nello  stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85  del  2012),  onde  contrastare  il  riscaldamento  globale  e   i\ncambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)\" (sentenze n.  216  e\nn. 121 del 2022)» (cfr., di recente, Corte  costituzionale,  sentenza\nn. 27/2023, nonche\u0027 precedenti ivi richiamati). \n    6. Per quanto di rilievo, la  direttiva  UE  2018/2001,  recepita\ndallo Stato italiano, con  il  decreto  legislativo  n.  199/2021  ha\nfissato una riduzione delle emissioni al 2030 pari al 32%  (obiettivo\nal 2030 aggiornato al 42,5%  dalla  direttiva  2023/2413/UE).  A  tal\nfine, l\u0027art. 15 stabilisce che «Gli Stati membri  assicurano  che  le\nnorme  nazionali  in  materia   di   procedure   di   autorizzazione,\ncertificazione e rilascio delle licenze applicabili agli  impianti  e\nalle relative reti di trasmissione e distribuzione per la  produzione\ndi energia elettrica, di calore o di freddo da fonti rinnovabili,  al\nprocesso  di  trasformazione   della   biomassa   in   biocarburanti,\nbioliquidi, combustibili da biomassa o altri prodotti energetici e ai\ncombustibili rinnovabili di origine non biologica siano proporzionate\ne necessarie e contribuiscano all\u0027attuazione del  principio  che  da\u0027\npriorita\u0027  all\u0027efficienza  energetica».  La   medesima   disposizione\ninoltre vincola gli Stati membri ad adottare «misure appropriate  per\nassicurare che: a) le procedure amministrative siano razionalizzate e\naccelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini\nprevedibili per le procedure di cui al primo comma; b)  le  norme  in\nmateria di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze\nsiano  oggettive,  trasparenti  e   proporzionate,   non   contengano\ndiscriminazioni tra partecipanti e  tengano  pienamente  conto  delle\nspecificita\u0027 di ogni singola tecnologia per le energie  rinnovabili».\nLa direttiva 2023/2413/UE ha poi modificato  la  direttiva  2018/2001\nintroducendo l\u0027art. 15-quater secondo cui «Entro il 21 febbraio 2026,\ngli Stati membri assicurano che le autorita\u0027 competenti adottino  uno\no piu\u0027 piani che designano,  come  sottoinsieme  delle  zone  di  cui\nall\u0027art. 15-ter, paragrafo 1, zone di accelerazione per  uno  o  piu\u0027\ntipi di energie da fonti rinnovabili stabiliscono norme adeguate  per\nle zone di accelerazione per  le  energie  rinnovabili,  comprese  le\nmisure di mitigazione efficaci da adottare per l\u0027installazione  degli\nimpianti di produzione di energia rinnovabile  e  degli  impianti  di\nstoccaggio dell\u0027energia co-ubicati». Il corpus normativo  europeo  e\u0027\npoi  completato   dal   regolamento   UE   2577/2022   e   successive\nmodificazioni ed integrazioni,  recante  «quadro  per  accelerare  la\ndiffusione delle energie rinnovabili» che a tal fine  stabilisce  che\n«Gli Stati membri provvedono a che nella procedura di  pianificazione\ne autorizzazione, in sede di ponderazione degli  interessi  giuridici\nnei  singoli  casi,  sia  accordata  priorita\u0027  alla  costruzione   e\nall\u0027esercizio degli  impianti  di  produzione  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, nonche\u0027 allo sviluppo della relativa  infrastruttura  di\nrete,  per  i  progetti  riconosciuti   come   d\u0027interesse   pubblico\nprevalente» (art. 3, par. 2). \n    7.  Il  decreto  ministeriale,  pertanto,  nella  parte  in   cui\nrecepisce  e  da\u0027  attuazione  al DL  Agricoltura,  si  porrebbe   in\ncontrasto con la normativa europea richiamata, frustrandone l\u0027effetto\nutile.  La  normativa  interna  -  nella  parte  in  cui   vieta   la\nrealizzazione di impianti fotovoltaici  in  area  agricola  e  quindi\npreclude la realizzazione dell\u0027impianto oggetto del presente  ricorso\n- dovrebbe quindi essere disapplicata e il decreto annullato in parte\nqua ponendosi in aperto contrasto  con  la  normativa  europea  e  in\nparticolare: \n        con  il  principio  di   massima   diffusione   delle   fonti\nrinnovabili e con i target stabiliti a livello euro-unitario; \n        con i principi di  semplificazione  a  tutti  i  livelli  dei\nprocedimenti autorizzativi di impianti FER; \n        con la natura di interesse pubblico prevalente degli impianti\nFER con altri interessi in potenziale conflitto; \n        con l\u0027obiettivo di semplificare  ulteriormente  le  procedure\nautorizzative nelle c.d. zone di accelerazione  quale  e\u0027  quella  di\nspecie, qualificata come idonea in base all\u0027art. 20, comma 8, lettera\nc-quater del decreto legislativo n. 199/2021; \n        con  l\u0027obiettivo  di  ridurre  al  minimo  le  c.d.  zone  di\nesclusine, venendo in rilievo un divieto generalizzato che  copre  la\nquasi totalita\u0027 delle aree agricole del territorio nazionale. \n    8. Il DL Agricoltura  e  il  decreto  quale  atto  amministrativo\nattuativo si porrebbero anche contrasto con i  principi  fondamentali\ndella materia. In primo luogo, i principi fondamentali fissati  dalla\nlegislazione dello Stato  costituiscono  attuazione  delle  direttive\ncomunitarie  che  manifestano  un  favor  per  le  fonti  energetiche\nrinnovabili, ponendo le condizioni per una  adeguata  diffusione  dei\nrelativi impianti (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale,  sentenza\nn. 106 del 2020). Il  sistema  delineato  nell\u0027art.  12  del  decreto\nlegislativo n. 387 del 2003 (e nello specifico nel comma 10,  fondato\nsulla approvazione in Conferenza unificata delle linee  guida  e  sul\nriconoscimento alle regioni del potere di «procedere alla indicazione\ndi aree e siti non idonei alla installazione di specifiche  tipologie\ndi impianti») e\u0027 espressivo di una norma  fondamentale  di  principio\nnella materia «energia»; e, nel contempo,  costituisce  un  punto  di\nequilibrio rispettoso di tutte le competenze,  statali  e  regionali,\nche confluiscono nella disciplina della localizzazione degli impianti\neolici (sentenze n. 275 del 2011 e n. 224 del 2012). \n    9. La giurisprudenza amministrativa e costituzionale hanno a piu\u0027\nriprese  affermato  che  i  principi  fondamentali  ai   fini   della\nlocalizzazione degli impianti FER sul territorio nazionale sono:  (i)\nla compatibilita\u0027 ex lege degli impianti con le aree  agricole,  come\npuntualmente stabilito dall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo\nn.  387/2003;  (ii)  il  solo  potere  conferito  alle   regioni   di\nindividuare aree non idonee all\u0027installazione di impianti FER con  la\nprecisazione che si deve trattare di una indicazione  di  massima  da\noperare con un atto di pianificazione da bilanciare e ponderare nella\nsede del procedimento amministrativo (come puntualmente stabilito dal\ndecreto ministeriale 10 settembre 2010). Principio fondamentale della\nmateria in esame e\u0027 quello della massima diffusione  delle  fonti  di\nenergia  rinnovabili,  con  conseguente  limitazione  della  potesta\u0027\nregionale alla sola individuazione di specifici siti non idonei. \n    10. Alla luce di quanto sopra, l\u0027art. 5 del DL Agricoltura, nella\nmisura in cui ha introdotto il divieto di  impianti  fotovoltaici  in\narea agricola, si porrebbe in contrasto con i  principi  fondamentali\ndella materia, ossia: \n        la compatibilita\u0027 delle aree agricole con l\u0027installazione  di\nimpianti fotovoltaici; \n        l\u0027attribuzione alle regioni del potere  di  individuare  aree\nnon idonee  mediante  strumenti  di  programmazione  senza  che  cio\u0027\ncomporti impedimenti assoluti alla  localizzazione  di  impianti  FER\nnella consapevolezza che  la  sede  propria  del  componimento  degli\ninteressi in gioco  e\u0027  il  procedimento  amministrativo.  In  questa\nprospettiva,  il  DL  Agricoltura  e  il  decreto  si  porrebbero  in\ncontrasto con i predetti principi perche\u0027 interdicono, in assenza  di\nun effettivo  interesse  rilevante,  dall\u0027installazione  di  impianti\nfotovoltaici la quasi totalita\u0027 delle aree agricole  del  territorio,\nsenza  consentire  una  ponderazione   degli   interessi   in   gioco\nnell\u0027ambito del procedimento amministrativo. \n    11. Il DL Agricoltura presenterebbe,  poi,  evidenti  profili  di\nincostituzionalita\u0027 in relazione  agli  articoli  3,  9  e  41  della\nCostituzione, anche alla luce del  legittimo  affidamento  ingenerato\ndal legislatore sulla attivita\u0027 di impresa. \n    12. Sotto un  primo  e  rilevante  profilo,  la  disposizione  si\nporrebbe in contrasto  con  il  principio  di  tutela  dell\u0027ambiente,\noggetto della recente riforma costituzionale che ha  previsto  tra  i\ncompiti fondamentali  della  Repubblica  di  cui  all\u0027art.  9  Cost.,\naffianco alla  tutela  del  paesaggio  e  del  patrimonio  storico  e\nartistico, la tutela dell\u0027ambiente «anche nell\u0027interesse delle future\ngenerazioni». \n    13.  Sotto  altro -  concorrente -  profilo,  il DL   Agricoltura\ninciderebbe    (sacrificandolo)    sul    diritto    di    iniziativa\nimprenditoriale dell\u0027odierna ricorrente in contrasto con la  liberta\u0027\nsancita dall\u0027art. art. 41 Cost. e  con  l\u0027affidamento  ingenerato  da\natti  normativi  univoci  dello  stesso  legislatore.  La   societa\u0027,\ninfatti, si e\u0027 determinata ad acquisire la disponibilita\u0027 del sito, a\npresentare la richiesta di connessione alla rete  e  a  elaborare  un\nprogetto di impianto, confidando: (i) nel principio fondamentale  per\ncui l\u0027area agricola e\u0027 ex lege compatibile con  la  realizzazione  di\nimpianti fotovoltaici ai sensi dell\u0027art. 12 del  decreto  legislativo\nn. 387/2003; (ii) nel fatto che il sito di progetto e\u0027  qualificabile\ncome area idonea dallo stesso decreto legislativo n. 199/2021, quindi\ncome  area  ad  elevato   potenziale   per   ospitare   un   impianto\nfotovoltaico; (iii) in ogni caso, nella possibilita\u0027 di avere accesso\na   un   procedimento   amministrativo   nel   quale   la    pubblica\namministrazione avrebbe rilasciato l\u0027autorizzazione a  valle  di  una\nattenta  ponderazione  degli  interessi  in  gioco,  in  un  contesto\nnormativo euro-unitario chiaramente definito. \n    14. Sotto un connesso profilo,  la  disposizione  si  mostrerebbe\nmanifestamente  sproporzionata,  tenuto   conto   anche   della   sua\nirrazionalita\u0027, irragionevolezza e arbitrarieta\u0027. Nel caso in  esame,\ninfatti, non sussisterebbero i presupposti di necessita\u0027 e  idoneita\u0027\ndella misura adottata, in termini anche di sua minore invasivita\u0027 nei\nconfronti  di  contrapposti  diritti  ed   interessi,   rispetto   al\nperseguimento di obiettivi di -  asserita  -  tutela  del  territorio\nagrario. \n    15. All\u0027udienza pubblica  del  18  giugno  2025  il  Collegio  ha\nchiesto alla parte ricorrente, in considerazione delle gia\u0027 sollevate\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale  riguardanti  l\u0027art.  5  del\ndecreto-legge   n.   63/2024   (cfr.,   tra   le   altre,   Tribunale\namministrativo regionale del Lazio - Roma, III, numeri 9162,  9163  e\n9164 del 2025), se intendesse a  interloquire  nel  giudizio  innanzi\nalla Corte costituzionale  e  la  parte  ha  manifestato  il  proprio\ninteresse in tal senso. \n    16. Alla luce di quanto  sopra,  il  Collegio  reputa  necessario\nsospendere  il  presente  giudizio  onde   suscitare   il   controllo\nincidentale  di  costituzionalita\u0027  sulle  questioni   indicate   nel\nprosieguo. \n    17. L\u0027art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto  il\ncomma 1-bis all\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale\nstabilisce  che  «L\u0027installazione  degli  impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra, in zone  classificate  agricole  dai  piani\nurbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente nelle aree  di  cui\nalle  lettere  a),  limitatamente  agli  interventi   per   modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,\nnonche\u0027  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8\ndel presente articolo. Il primo periodo non si applica  nel  caso  di\nprogetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a\nterra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027  energetica\nrinnovabile ai sensi dell\u0027art. 31 del  presente  decreto  nonche\u0027  in\ncaso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del\nPiano  nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),  approvato  con\ndecisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato\ncon decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del  Piano\nnazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui\nall\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n.  59,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti\nnecessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    18. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non  si\napplichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del\npresente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle\nprocedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,\nnecessarie  all\u0027ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e\nl\u0027esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia\nstato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». \n    19. Parte ricorrente allega di aver presentato un\u0027iniziativa  che\nviene incisa dalla richiamata disciplina,  per  la  quale  sono  gia\u0027\nstati sostenuti i costi necessari all\u0027elaborazione della soluzione di\nconnessione alla rete ma non e\u0027 stata avviata nessuna delle procedure\namministrative necessarie all\u0027ottenimento  dei  titoli  autorizzativi\nentro il termine  di  cui  all\u0027art.  5,  comma  2,  decreto-legge  n.\n63/2024. Il progetto e\u0027, pertanto, assoggettato  al  divieto  di  cui\nall\u0027art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021. \n    20. Il decreto impugnato prevede, all\u0027art. 1,  comma  2,  che  le\nregioni individuino sul rispettivo territorio, tra l\u0027altro, le  «aree\nin cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige\nil divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a\nterra ai sensi dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8\nnovembre 2021, n. 199». \n    21. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa  erariale,  tale\nprevisione costituisce senz\u0027altro strumento di attuazione, per quanto\ndel tutto vincolato nel contenuto, della norma primaria. Va rilevato,\ninfatti, che il comma 1-bis dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.\n199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree  agricole  in  cui  e\u0027\nconsentita  l\u0027installazione  di  impianti  fotovoltaici  con   moduli\ncollocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree\nidonee come prevista dal comma 8 del  medesimo  art.  20  nelle  more\ndell\u0027adozione della disciplina di cui al comma 1. In  tale  contesto,\nil decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto  dal  comma\n1-bis si applica anche nel nuovo  quadro  regolatorio  e  vincola  la\npotesta\u0027 legislativa  regionale:  ai  sensi  dell\u0027art.  3,  comma  1,\ninfatti, le regioni sono chiamate  a  individuare  con  legge,  entro\ncentottanta giorni dalla data di entrata in vigore  del  decreto,  le\naree di cui all\u0027art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle  in  cui  e\u0027\nvietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati\na terra. \n    22.  Il  decreto  impugnato  costituisce   anche   l\u0027unico   atto\namministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del\ndivieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    23.   Va   allora   richiamato   il   consolidato    orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo  2022,  n.  1937).  Nel  caso   di   specie   l\u0027incidenza   sui\ncomportamenti degli operatori  e\u0027  indubbia,  derivando  dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \nSull\u0027impossibilita\u0027 di interpretare l\u0027art.  5  del  decreto-legge  n.\n63/2024 in modo conforme a Costituzione. \n    24. La proposizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 non  puo\u0027\nessere ovviata tramite un\u0027interpretazione conforme a Costituzione del\ndecreto-legge n. 63/2024. \n    25. L\u0027ambito del regime  preclusivo  introdotto  dalla  norma  va\nricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo\nla connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,\ncomma 1, disp. prel. del codice civile). \n    26. L\u0027art. 20,  comma  1-bis,  decreto  legislativo  n.  199/2021\nstabilisce  che  «L\u0027installazione  degli  impianti  fotovoltaici  con\nmoduli collocati a terra, in zone  classificate  agricole  dai  piani\nurbanistici vigenti, e\u0027 consentita esclusivamente nelle aree  di  cui\nalle  lettere  a),  limitatamente  agli  interventi   per   modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati, a condizione che non comportino incremento dell\u0027area\noccupata, c), incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino ambientale e\nquelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,\nnonche\u0027  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero\nripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8\ndel presente articolo». \n    27. Il tenore letterale della disposizione non  lascia  spazio  a\ndubbi circa la portata del divieto: l\u0027avverbio  «esclusivamente»  sta\nchiaramente ad indicare che al di fuori delle ipotesi  specificamente\npreviste non e\u0027 in nessun modo possibile realizzare questa  specifica\ntipologia di impianti in aree agricole. Cio\u0027, peraltro,  e\u0027  coerente\ncon l\u0027interpretazione finalistica, avendo il divieto la  funzione  di\nfronteggiare la «straordinaria necessita\u0027 e urgenza di contrastare il\nfenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola». \n    28. Non e\u0027 possibile interpretare la disposizione  censurata  nel\nsenso che il legislatore abbia inteso introdurre, piu\u0027 limitatamente,\nuna nuova fattispecie di area non  idonea,  tale  da  consentire,  in\nseguito ad apposita istruttoria, l\u0027eventuale superamento del divieto,\nin quanto una simile interpretazione  contrasterebbe  con  il  chiaro\ntenore letterale e la finalita\u0027 perseguita dal  legislatore,  che  ha\ninteso consentire l\u0027utilizzo delle aree  agricole  per  gli  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra esclusivamente  nei  limiti\ndi cui al citato art. 5. D\u0027altra  parte,  il  concetto  di  area  non\nidonea e\u0027 legato all\u0027individuazione di specifiche incompatibilita\u0027 di\ndeterminate tipologie di impianti con  le  aree  interessate,  mentre\nl\u0027estesissima portata del divieto  introdotto  dal  decreto-legge  n.\n63/2024, legato alla mera classificazione urbanistica del territorio,\nrende evidente che si e\u0027 in presenza di un fattore preclusivo a  ogni\nintervento,  piuttosto  che  a  un  criterio   di   esercizio   della\ndiscrezionalita\u0027 amministrativa. \n    29. Al riguardo, non si puo\u0027, inoltre, fare a meno  di  osservare\nche: \n        «la lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui  deve\narrestarsi  anche  l\u0027interpretazione   costituzionalmente   orientata\ndovendo, infatti, essere sollevato l\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027\nogni  qual  volta   l\u0027opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a\nCostituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma\nstessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di  specie,\nla ricorrente vorrebbe proporre la realizzazione di un  progetto  che\nrientra pacificamente tra quelli oggetto del divieto; \n        l\u0027ampiezza  del  divieto  introdotto   con   l\u0027art.   5   del\ndecreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella  preclusione  assoluta\ndi realizzare impianti  con  moduli  collocati  a  terra  sull\u0027intero\nterritorio nazionale, induce a ritenere  che  l\u0027obiettivo  perseguito\ndal legislatore  fosse  quello  di  contrastare  la  sia  pur  minima\nriduzione  del  territorio  a  vocazione   agricola   per   l\u0027effetto\ndell\u0027installazione di impianti fotovoltaici.  Un\u0027interpretazione  che\nconsentisse comunque di  realizzare  tali  interventi  a  seguito  di\napposita istruttoria si  porrebbe  in  frontale  contrasto  con  tale\nobiettivo, quale chiaramente emergente dai presupposti e dall\u0027oggetto\ndell\u0027enunciato normativo, operazione  che  non  puo\u0027  in  alcun  modo\nritenersi consentita all\u0027interprete. \nSulla  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027   costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 \n    30.  Dall\u0027acclarata   impercorribilita\u0027   di   un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte\nricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate nel ricorso. \n    31. Si e\u0027 gia\u0027 osservato che il  comma  1-bis  dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree\nagricole  in  cui   e\u0027   consentita   l\u0027installazione   di   impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra  facendo  riferimento  alla\nclassificazione delle aree idonee  come  prevista  dal  comma  8  del\nmedesimo art. 20 nelle more dell\u0027adozione della disciplina di cui  al\ncomma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce  che  il\ndivieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro\nregolatorio e vincola la potesta\u0027  legislativa  regionale:  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare\ncon legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore\ndel decreto, le aree di cui all\u0027art. 1, comma  2,  e,  quindi,  anche\nquelle in cui e\u0027 vietata l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra. \n    32. Si e\u0027 anche osservato che il  decreto  impugnato  costituisce\nl\u0027unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di\nimplementazione del divieto, atteso che: \n        esso e\u0027 stabilito direttamente dalla legge statale; \n        secondo quanto previsto dal decreto,  l\u0027individuazione  delle\naree in questione avviene con legge regionale; \n        le  aree  cosi\u0027  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma\nassolutamente vietate, con la conseguenza che e\u0027 finanche preclusa la\nvalutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita\u0027\ndell\u0027intervento con i valori confliggenti. \n    33.  E\u0027  stato  quindi  richiamato  il  consolidato  orientamento\ngiurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e\u0027\nimmediatamente  impugnabile  quando  incide  senz\u0027altro  -  senza  la\nnecessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui\ncomportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17\nmarzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie  l\u0027incidenza\nsui comportamenti degli operatori e\u0027 indubbia, derivando dal  divieto\ncosi\u0027 previsto l\u0027incondizionata preclusione agli interventi di  nuova\ninstallazione sulle aree indicate dall\u0027art. 20, comma 1-bis,  decreto\nlegislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,\nrifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti\ngia\u0027 installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla\nlettera dell\u0027art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che\ncomportino un incremento dell\u0027area occupata. \n    34. Il decreto impugnato  replica,  quindi,  il  divieto  sancito\ndalla  norma  primaria,  demandando  alla  legge  regionale  la   sua\npedissequa trasposizione, che determina  ex  se  l\u0027impossibilita\u0027  di\ncondurre in porto i progetti  menzionati.  La  perdurante  vigenza  e\nvalidita\u0027 della  norma  primaria  impedisce  qualsivoglia  intervento\ndemolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una  previsione\ndel tutto conforme a legge. \n    35.  In  mancanza  della  declaratoria   di   incostituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  la  domanda  di\nannullamento dell\u0027art. 1 del decreto ministeriale, per  la  parte  di\ninteresse, dovrebbe essere rigettata. \n    36. Viceversa, laddove  la  norma  incriminata  fosse  dichiarata\nincostituzionale, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe\nessere annullato, ponendo a quel punto un divieto  generalizzato  che\nnessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per  le\nragioni che saranno illustrate, collide con il principio  di  massima\ndiffusione delle energie rinnovabili, quale  desumibile  dal  diritto\ndell\u0027Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera  lo\nscrutinio di proporzionalita\u0027 e ragionevolezza. \nSulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 \n    37. Con le censure sviluppate nel ricorso la parte ricorrente  ha\ndedotto,  tra   l\u0027altro,   la   violazione   del   quadro   normativo\neurounitario,  del  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti\nrinnovabili, del principio dello sviluppo  sostenibile.  Il  Collegio\nritiene che dette questioni, nei termini sviluppati di seguito, siano\nnon manifestamente infondate. \n    38. In  primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con gli articoli  11  e  117,\ncomma 1, Cost., sotto il profilo del mancato  rispetto  «dei  vincoli\nderivanti  dall\u0027ordinamento  comunitario»  e,  in  particolare,   del\nprincipio di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabili,\nderivante dalla normativa europea. \n    39. Occorre  al  riguardo  ricordare,  anzitutto,  che  ai  sensi\ndell\u0027art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con  il  resto  del  mondo\nl\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e  interessi,  contribuendo\nalla protezione dei suoi cittadini» A  tal  fine  essa  «Contribuisce\n[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n    40. L\u0027art. 6, par.  1  TUE  precisa  che  «L\u0027Unione  riconosce  i\ndiritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti  nella  Carta  dei  diritti\nfondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il  12\ndicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo  stesso  valore  giuridico  dei\ntrattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un livello elevato  di\ntutela dell\u0027ambiente e il miglioramento  della  sua  qualita\u0027  devono\nessere   integrati   nelle   politiche   dell\u0027Unione   e    garantiti\nconformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n    41. L\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\nesprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze  connesse  con\nla tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella  definizione  e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in  particolare\nnella  prospettiva  di  promuovere  lo  sviluppo  sostenibile»  (c.d.\nprincipio di integrazione). \n    42. Secondo l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, «La politica dell\u0027Unione in materia ambientale  contribuisce\na perseguire i seguenti obiettivi: \n        salvaguardia,   tutela   e   miglioramento   della   qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n        protezione della salute umana; \n        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n        promozione sul piano internazionale  di  misure  destinate  a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale  e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n        2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale  mira  a  un\nelevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita\u0027  delle\nsituazioni nelle varie  regioni  dell\u0027Unione.  Essa  e\u0027  fondata  sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione  preventiva,  sul  principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n    43. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione  europea,  «Il  Parlamento  europeo   e   il   Consiglio,\ndeliberando secondo  la  procedura  legislativa  ordinaria  e  previa\nconsultazione del Comitato economico e sociale e del  Comitato  delle\nregioni, decidono in merito alle azioni che devono essere  intraprese\ndall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191». \n    44. L\u0027art. 194 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel  quadro  dell\u0027instaurazione  o  del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell\u0027esigenza  di\npreservare e  migliorare  l\u0027ambiente,  la  politica  dell\u0027Unione  nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito  di  solidarieta\u0027  tra\nStati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,\nl\u0027efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e\nrinnovabili». \n    45. Protezione dell\u0027ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l\u0027uso  di\nfonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita\u0027  e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea  e  i\nsuoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli  altri  impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto  serra.  Cio\u0027,  peraltro,  e\u0027  funzionale\nanche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli\nanimali, nonche\u0027 alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1°\nluglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n    46. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l\u0027art.  191\ndel Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea  si  limita  a\ndefinire gli obiettivi generali dell\u0027Unione  in  materia  ambientale,\nmentre l\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione  europea\naffida al Parlamento europeo e al Consiglio  dell\u0027Unione  europea  il\ncompito di decidere le azioni da avviare al fine  del  raggiungimento\ndi detti obiettivi. Di  conseguenza,  l\u0027art.  191  del  Trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in  quanto\ntale dai privati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata  in\nbase all\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea;\nviceversa, l\u0027art. 191  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea  assume  rilevanza  allorquando  esso  trovi  attuazione  nel\ndiritto derivato (cfr. CGUE, sentenza  4  marzo  2015,  C-534/13,  39\nss.). \n    47. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175  TCE  (ora\n192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea),  sono  state\nintrodotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo  e\ndel Consiglio del  27  settembre  2001  e,  successivamente,  con  la\ndirettiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  23\naprile 2009. \n    48. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027  stato  considerato,  tra  l\u0027altro,\nche: \n        «[...] \n        (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027  perseguito  dalla\npresente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all\u0027energia   da   fonti\nrinnovabili  o  all\u0027energia   rinnovabile   costituisce   una   parte\nimportante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le\nemissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni\ndell\u0027Unione  nel  quadro  dell\u0027accordo  di  Parigi   del   2015   sui\ncambiamenti climatici, a seguito della  21a  Conferenza  delle  parti\ndella  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti\nclimatici (\"accordo  di  Parigi\"),  e  il  quadro  per  le  politiche\ndell\u0027energia e del clima  all\u0027orizzonte  2030,  compreso  l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni  di  almeno  il  40  %\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e  i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n        (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la\nsicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e\nindustriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027  demografica  o  soggetti  a  parziale\ndeindustrializzazione. \n        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i\nmaggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all\u0027uso   e   alla\ndiffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo  di  energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del  riscaldamento  e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua  dipendenza\nenergetica. \n        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22\ngennaio 2014, intitolata \"Quadro per le politiche dell\u0027energia e  del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030\" ha definito un quadro  per  le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del  clima  e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle  modalita\u0027  per  sviluppare  dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell\u0027Unione\npari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e\u0027  stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare\ni  propri  obiettivi  nazionali  piu\u0027  ambiziosi,  per  realizzare  i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi  pianificati\ne andare oltre. \n        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio\n2014,  \"Un  quadro  per  le  politiche  dell\u0027energia  e   del   clima\nall\u0027orizzonte 2030\", e del 23  giugno  2016,  \"I  progressi  compiuti\nnell\u0027ambito  delle  energie  rinnovabili\",  si  e\u0027  spinto  oltre  la\nproposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e  delle  recenti\nriduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n        [...] \n        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti\nrinnovabili pari almeno al 32 %.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce\ndi sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore  della\ndecarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell\u0027ambito   dei\nrispettivi piani nazionali integrati per  l\u0027energia  e  il  clima  in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n        [...] \n        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati\nconseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi\nnazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In\nnessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure\nqualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno  il  32  %  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito  nel\nregolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali\nintegrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure  a  livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo.  Se,  nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull\u0027energia  e\nil clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale\nlacuna». \n    49. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il  2030\n(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari  al  32  %.  La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il\n2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il\nrialzo  e\u0027  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base\ndella valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione  segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n    50. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in  forza  dell\u0027art.  192  del\nTrattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea,  ha  istituito  un\nquadro  per  il  conseguimento  della  neutralita\u0027   climatica,   nel\npresupposto che: \n        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri.  L\u0027Unione  si  e\u0027\nimpegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti\nclimatici  e  a  dare  attuazione  all\u0027accordo  di  Parigi   adottato\nnell\u0027ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui\ncambiamenti  climatici  (\"accordo  di  Parigi\"),  guidata  dai   suoi\nprincipi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale  per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile  e  al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi\nl\u0027obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n        [...] \n        (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e  degli  Stati  membri\nmira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la\nprosperita\u0027,   l\u0027economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro  la  minaccia\ndei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell\u0027agenda  2030  delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati  membri  dovrebbero\nessere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  \"chi\ninquina paga\", istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del \"non nuocere\" del Green\nDeal europeo. \n        [...] \n        (11) Vista l\u0027importanza della produzione  e  del  consumo  di\nenergia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell\u0027energia  ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel  contempo  la  poverta\u0027  energetica.  Anche   la   trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono\nfattori  importanti  per  conseguire  l\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027\nclimatica. \n        [...] \n        (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a\neffetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n        [...] \n        (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti  nell\u0027intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e  della  societa\u0027,  come\nevidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle\nconclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono  essere  coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo  della  neutralita\u0027  climatica  e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n        [...] \n        (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione  e  gli  Stati  membri\nrestino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica e  registrino  progressi  nell\u0027adattamento,  e\u0027\nopportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi\ncompiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all\u0027obiettivo  della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che  le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la  capacita\u0027  di  adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la  Commissione\ndovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.\n[...] \n    51. Il  Regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050,  in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell\u0027accordo  di  Parigi»,\nprecisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n    52.  Ai  sensi  dell\u0027art.  5  del  regolamento,  «Le  istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di\nadattamento nell\u0027Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si\nsostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le\npolitiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio\nl\u0027adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano\nstrategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli\nindicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu\u0027  recenti  evidenze\nscientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di\nadattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura,  e  dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027  della  sicurezza  alimentare,  e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti  a  presentare  a  norma  dell\u0027art.  19,  paragrafo   1,   del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n    53. La direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l\u0027altro,\ndisposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto\nriguarda   la   promozione   dell\u0027energia   da   fonti   rinnovabili,\nevidenziando che: \n        «[...] \n        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni  totali  di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita\u0027,  e  a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo \"Un percorso  verso\nun pianeta piu\u0027 sano  per  tutti  -  Piano  d\u0027azione  dell\u0027UE:  Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo\".  La  transizione\nverde verso un\u0027economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili\ncontribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591\ndel  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi\u0027   a\nproteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell\u0027ambiente,\nmediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione del processo  di\nperdita di biodiversita\u0027. [...]. \n        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di\nCOVID-19  ha   provocato   un\u0027impennata   dei   prezzi   dell\u0027energia\nnell\u0027intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita\u0027  di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso  delle  energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione  della  transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della\nCommissione del 18 maggio 2022 (\"piano  REPowerEU\")  mira  a  rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del\n2030. Tale  comunicazione  prevede  l\u0027anticipazione  delle  capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio,  gli  Stati\nmembri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45  %  di  energia  da  fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n        (6)  [...]  E\u0027  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e\ndella  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che\ngli Stati membri decidono di perseguire. \n        [...] \n        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu\u0027  rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili\ne per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone\nterrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di\napportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per\nil 2030  di  cui  all\u0027art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)\n2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell\u0027obiettivo   della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita\u0027  del\nregolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero\ngarantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive\ntraiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e\ndovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n        [...]. \n        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e\nsottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le\nenergie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di\naccelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei  requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027  facendo,  gli  Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate\ndi tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n        (27) L\u0027uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di\nenergia rinnovabile e per  altre  attivita\u0027  terrestri,  delle  acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del  suolo,  delle\nacque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione\nterritoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero\nesplorare,  consentire  e  favorire  l\u0027uso  polivalente  delle   zone\nindividuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri  agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare,  purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra  di  loro  e  possano\ncoesistere. \n        [...] \n        (36) In considerazione  della  necessita\u0027  di  accelerare  la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle\nzone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi\nprogetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all\u0027obbligo   di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle\nautorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie\nrinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l\u0027obiettivo  di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili\ndovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n    54.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la\ndirettiva ha introdotto, tra  l\u0027altro,  disposizioni  in  materia  di\nmappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile  per  il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative\nautorizzazioni. \n    55. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli\n192  e  194  del  Trattato  sul  funzionamento  dell\u0027Unione  europea,\nstabilisce  la  necessaria  base  legislativa  per   una   governance\ndell\u0027Unione dell\u0027energia  e  dell\u0027azione  per  il  clima  affidabile,\ninclusiva,  efficace  sotto  il  profilo  dei  costi,  trasparente  e\nprevedibile che garantisca il conseguimento  degli  obiettivi  e  dei\ntraguardi a lungo termine fino al 2030 dell\u0027Unione  dell\u0027energia,  in\nlinea con l\u0027accordo di Parigi  del  2015  sui  cambiamenti  climatici\nderivante dalla 21a Conferenza delle parti  alla  Convenzione  quadro\ndelle Nazioni Unite  sui  cambiamenti  climatici,  attraverso  sforzi\ncomplementari, coerenti e ambiziosi  da  parte  dell\u0027Unione  e  degli\nStati membri, limitando la complessita\u0027 amministrativa. \n    56. Nel configurare tale  meccanismo  e\u0027  stato  considerato,  in\nparticolare, che: \n        (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n        (3)  L\u0027obiettivo  di  un\u0027Unione  dell\u0027energia  resiliente   e\narticolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e\u0027  di\nfornire ai consumatori  dell\u0027UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione  attraendo  investimenti;  cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, in particolare  promuovendo  l\u0027efficienza  energetica  e  i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile\n[...]. \n        [...] \n        (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il\n40 % delle emissioni di gas a effetto  serra  nel  sistema  economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e\u0027  stato  formalmente\napprovato in occasione del Consiglio \"Ambiente\"  del  6  marzo  2015,\nquale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi.  L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e\u0027  stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\n(7) e che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027  opportuno  aggiornare\ndi conseguenza il  sistema  dell\u0027Unione  per  il  monitoraggio  e  la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto\nserra. \n        (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione\nglobale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l\u0027obiettivo  di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto\ndi 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad\nadoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n        [...] \n        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di\ngovernance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per  gli  Stati  membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della  liberta\u0027  degli  Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n        [...] \n        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi  del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia,  nei  settori  della  riduzione\ndelle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e  dalla  necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere  l\u0027utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere  considerato  secondario  rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia\ne  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo\nflessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027  tale  flessibilita\u0027  sia\ncompatibile    con    l\u0027ulteriore    integrazione    del     mercato,\nl\u0027intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n        [...] \n        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trenta anni per contribuire  al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell\u0027UNFCCC  e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto  dell\u0027obiettivo  dell\u0027accordo  di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in  tutti  i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n        (56)  Se  l\u0027ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente\nper  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell\u0027Unione\ndell\u0027energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  \"divari  di\nambizione\"). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali  obiettivi  e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la\nCommissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire\nil  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi\u0027  eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi\u0027  tenere\nconto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In\nmateria di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un\nmeccanismo  di  finanziamento  dell\u0027energia  rinnovabile  nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione,  offrendo  cosi\u0027  agli  Stati  membri  la  possibilita\u0027  di\ncontribuire al  conseguimento  dell\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  al  minor\ncosto possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di\nrinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero\nessere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza\nenergetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all\u0027allegato  I  della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di\nriferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato,  sia  ai  sensi  del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n    57. Il meccanismo di governance  si  e\u0027  tradotto,  tra  l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)\n2023/2413): \n        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla\nCommissione un piano nazionale integrato per  l\u0027energia  e  il  clima\n[...]» (art. 3); \n        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato  I,\nsezione A, punto 2: \n          a) dimensione \"decarbonizzazione\": \n[...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art.  3,  paragrafo  1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota  di  energia  da  fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n        Entro il 2030  la  traiettoria  indicativa  deve  raggiungere\nalmeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello  che  si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di\nriferimento  dell\u0027Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.\nIndipendentemente dal  suo  contributo  all\u0027obiettivo  dell\u0027Unione  e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi  per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da\nfonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene\nconto degli elementi seguenti: \n          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di\nefficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di\nUnione; \n          d) l\u0027obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da\nfonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui\nall\u0027allegato I della direttiva (EU) 2018/2001. \n          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro\ncapite; \niii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; \nvi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi\npregressi. \n        [...] \n        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma\ndei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all\u0027obiettivo  vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n        «Se  nel  settore  dell\u0027energia  rinnovabile,  in  base  alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione\nconclude che uno  o  piu\u0027  punti  di  riferimento  della  traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all\u0027art.  29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei  rispettivi  punti  di\nriferimento nazionali  di  cui  all\u0027art.  4,  lettera  a),  punto  2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n          b)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          c)  l\u0027adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art.  25,  paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di\nfinanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile  istituito  a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da\nfonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n          e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n    58. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione\ndella  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del\nConsiglio,  dell\u002711  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,\nfinanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto\ndei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando\n«disposizioni  necessarie  all\u0027attuazione  delle  misure  del   Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con  la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027  orientati  all\u0027aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n    59.   Come   ripetutamente    rilevato    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del  2022,\nn. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.\n44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027\nispirata  nel  suo  insieme  al  principio  fondamentale  di  massima\ndiffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova\nattuazione nella generale utilizzabilita\u0027  di  tutti  i  terreni  per\nl\u0027inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate  alla\ntutela  di  altri  interessi  costituzionalmente   protetti»   (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 13 del 2014). \n    60. La disciplina  originariamente  contenuta  nell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all\u0027individuazione  delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti  alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata\nrispetto all\u0027utilizzo di terreni classificati agricoli. \n    61. Il comma 3 stabilisce, in  effetti,  che  «nella  definizione\ndella disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui  al  comma\n1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e\ndel paesaggio,  delle  aree  agricole  e  forestali,  della  qualita\u0027\ndell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando l\u0027utilizzo  di  superfici\ndi strutture edificate,  quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,\nnonche\u0027 di aree a destinazione industriale, artigianale, per  servizi\ne logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non  utilizzabili  per\naltri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili».\nTale disposizione contempla bensi\u0027 un\u0027esigenza di tutela  delle  aree\nagricole, ma da un lato  non  pone  alcuna  preclusione  assoluta  e,\ndall\u0027altro, stabilisce chiaramente  che  le  superfici  agricole  non\nutilizzabile costituiscono,  tra  le  altre,  aree  privilegiate  per\nl\u0027installazione degli impianti. \n    62. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra\nle  aree  idonee   non   possono   essere   dichiarate   non   idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di  singoli\nprocedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero\ndelle aree idonee». \n    63. Il comma 8,  inoltre,  nell\u0027individuare  transitoriamente  le\naree idonee sino all\u0027entrata in vigore della disciplina prevista  dal\ncomma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto  alle  lettere  a),\nb), c), c-bis)  e  c-ter),  le  aree  che  non  sono  ricomprese  nel\nperimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi\ncivici di cui  all\u0027art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo\ndecreto, ne\u0027 ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a\ntutela ai sensi della parte seconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo\ndecreto legislativo». \n    64.  Il  nuovo  comma  1-bis  stravolge  completamente  l\u0027assetto\nprevigente,   prevedendo   che   «L\u0027installazione   degli    impianti\nfotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate\nagricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita  esclusivamente\nnelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per\nmodifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli\nimpianti gia\u0027 installati, a condizione che non comportino  incremento\ndell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027  oggetto  di  ripristino\nambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non\nripristinate, nonche\u0027 le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi\novvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del\ncomma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si  applica  nel\ncaso di progetti  che  prevedano  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita\u0027\nenergetica rinnovabile ai sensi dell\u0027art.  31  del  presente  decreto\nnonche\u0027  in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure   di\ninvestimento del Piano nazionale  di  ripresa  e  resilienza  (PNRR),\napprovato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come\nmodificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e\ndel Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR  (PNC)\ndi cui all\u0027art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito,\ncon modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,  ovvero  di\nprogetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n    65. In definitiva, in base alla norma introdotta dall\u0027art. 5  del\ndecreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n        a) nei siti ove sono gia\u0027 installati  impianti  della  stessa\nfonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di\ninfrastrutture  ferroviarie  nonche\u0027  delle  societa\u0027  concessionarie\nautostradali; \n        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita\u0027  delle\nsocieta\u0027   di   gestione   aeroportuale   all\u0027interno   dei    sedimi\naeroportuale; \n        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli\nstabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027  di  500  metri  dal  medesimo\nimpianto o stabilimento; \n        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n    66. Dalla richiamata elencazione si desume che, in  sostanza,  la\ngeneralita\u0027 dei terreni classificati agricoli (circa la  meta\u0027  della\nsuperficie  del  Paese)  e\u0027  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di\ninstallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra\nche non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,\ncon conseguente preclusione all\u0027utilizzo di nuovo terreno agricolo. \n    67. Il divieto  non  riguarda  i  progetti  attuativi  di  misure\nfinanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i\nprogetti necessari al raggiungimento dei target previsti  dal  PNIEC,\nche  e\u0027  lo  strumento  previsto  dalla  normativa  eurounitaria  per\nconseguire gli obiettivi  vincolanti  dell\u0027Unione  per  la  quota  di\nenergia rinnovabile. Gia\u0027 tale circostanza evidenzia che  un  divieto\ndi  tale  portata  rischia  di  mettere  seriamente  a   rischio   il\nconseguimento di tali obiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una\nlarga  porzione  del  territorio  a  ogni  possibile  utilizzo  della\ntecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in\nordine alla possibilita\u0027 di rispettare le  traiettorie  stabilite  in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello\nstato di attuazione della disciplina di cui  all\u0027art.  20,  comma  1,\ndecreto legislativo  n.  199/2021,  nonche\u0027  degli  ampi  margini  di\nflessibilita\u0027 che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle  regioni  per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto di tale divieto  e\u0027\ndel tutto incerto e, in ogni caso, si risolve  in  un  severo  limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per  l\u0027installazione  degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,\ndella direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle\ntraiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata\ndelle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli  articoli\n3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n    68. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 visto che, in  forza  dell\u0027art.  32  del\nregolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027\npunti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il\n2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel\n2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti\ndi riferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al\nmeccanismo di finanziamento  dell\u0027Unione  per  l\u0027energia  rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del\nterritorio  nazionale  all\u0027utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica\npotrebbe,  pertanto,   implicare   l\u0027obbligo   di   adottare   misure\nsupplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n    69. La preclusione generalizzata  all\u0027installazione  di  impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre  contrastare\ncon il principio per cui, nell\u0027ambito del processo di  individuazione\ndelle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali  all\u0027obiettivo\ncomplessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il 2030  ai  sensi\ndel paragrafo 1 dell\u0027art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli\nStati membri favoriscono l\u0027uso  polivalente  delle  zone  di  cui  al\nparagrafo 1. I  progetti  in  materia  di  energia  rinnovabile  sono\ncompatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.\n3). Come gia\u0027 rilevato, il considerando (27) della direttiva  precisa\nche «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire\nl\u0027uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di\npianificazione territoriali adottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile  che\ngli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell\u0027uso\ndel suolo e del  mare,  purche\u0027  i  diversi  usi  e  attivita\u0027  siano\ncompatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto  introdotto\ndall\u0027art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  istituisce,  invece,  un\ninsanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con\nmoduli collocati a terra e l\u0027uso  del  suolo  a  fini  agricoli  che,\ntuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno  per  la\ntecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). \n    70. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il  raggiungimento  degli\nobiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie\nrinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione\ncritica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti\nclimatici  dell\u0027Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi\ndell\u0027art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante\nprogresso nel  miglioramento  della  capacita\u0027  di  adattamento,  nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7  dell\u0027accordo  di\nParigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in\nmateria  di  adattamento  nell\u0027Unione  e  negli  Stati  membri  siano\ncoerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di\nintervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n    71. Come precisato dalla Commissione europea nella  comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento  ai\ncambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di\ncrescita  dell\u0027UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027  e  che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE  ha  mostrato  la\npropria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu\u0027  ambiziose  che  si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno  in\ncui l\u0027Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita\u0027  climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo  la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie\nrinnovabili  costituisce,  all\u0027evidenza,  un  elemento  centrale  per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,\ncome quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la\ntecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a  terra  su  tutti  i\nterreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta\u0027  della\nsuperficie nazionale. \n    72. Il divieto sembra  anche  contrastare  con  il  principio  di\nintegrazione di  cui  all\u0027art.  11  del  Trattato  sul  funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza,  secondo  cui\n«Le esigenze connesse  con  la  tutela  dell\u0027ambiente  devono  essere\nintegrate nella  definizione  e  nell\u0027attuazione  delle  politiche  e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in tutti  i  settori\npolitici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a  ridurre  le  pressioni  sull\u0027ambiente  derivanti  dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e  per  raggiungere  gli\nobiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto  dall\u0027art.  5\ndel decreto-legge n. 63/2024,  nel  contesto  di  una  disciplina  di\nattuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla  promozione  dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti  rinnovabili  quale  obiettivo  della  politica\nenergetica dell\u0027Unione, solleva sul punto notevoli perplessita\u0027: \n        da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel  complesso  delle\nprevisioni dell\u0027art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale\ncorpo tendenzialmente estraneo, tant\u0027e\u0027 che  le  relative  previsioni\nnon  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto\ndell\u0027articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,\nladdove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra\nl\u0027altro, «l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili»); \n        dall\u0027altro lato, la norma  non  istituisce  alcuna  forma  di\npossibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo\nun\u0027indefettibile prevalenza dell\u0027interesse alla  conservazione  dello\nstato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna\nconsiderazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta\nutilizzabilita\u0027 a fini agricoli, in  contrasto  con  l\u0027obiettivo  del\ndecreto stesso di promuovere l\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n    73. Da quanto precede risulta anche che la  disciplina  censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione  anche\ndell\u0027art. 3 della Costituzione. Come la Corte di  giustizia  ha  piu\u0027\nvolte ribadito, «il principio di  proporzionalita\u0027  e\u0027  un  principio\ngenerale del diritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto  dal\nlegislatore  comunitario  quanto  dai  legislatori  e   dai   giudici\nnazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C- 170/08, 41). Il sindacato  di\nproporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto  del  controllo  di\nragionevolezza   delle   leggi    condotto    dalla    giurisprudenza\ncostituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli  interessi\ncostituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita\u0027\ntali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in\nmisura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato\ncostituzionale. Come la stessa Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio\ndeve    svolgersi    \"attraverso    ponderazioni    relative     alla\nproporzionalita\u0027  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua\ninsindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle  esigenze  obiettive  da\nsoddisfare o alle finalita\u0027  che  intende  perseguire,  tenuto  conto\ndelle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti\"\n(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita\u0027  utilizzato\nda questa Corte come  da  molte  delle  giurisdizioni  costituzionali\neuropee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,  ed  essenziale\nstrumento  della  Corte  di  giustizia  dell\u0027Unione  europea  per  il\ncontrollo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli  atti  dell\u0027Unione  e\ndegli Stati membri, richiede di  valutare  se  la  norma  oggetto  di\nscrutinio, con la misura e le modalita\u0027  di  applicazione  stabilite,\nsia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente\nperseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate, prescriva  quella\nmeno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non\nsproporzionati rispetto al perseguimento di detti  obiettivi»  (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 1 del 2014). \n    74. Innanzitutto, la misura  censurata  consiste  in  un  divieto\ngeneralizzato  e  assoluto  all\u0027utilizzo,  su  un\u0027ampia   parte   del\nterritorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti\nrinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a\nquella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che\nentrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle\nfonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell\u0027ambiente,   della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,\nattraverso  l\u0027individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027  zone  in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,\ne\u0027 altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di\ncompatibilita\u0027  dei  progetti.  Cio\u0027,   peraltro,   non   osta   alla\npossibilita\u0027 di verificare, in concreto  e  nell\u0027ambito  dei  singoli\nprocedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita\u0027 degli\ninterventi  proposti.  L\u0027art.  5   del   decreto-legge   n.   63/2024\nstabilisce,  invece,  una  prevalenza   assoluta   e   incondizionata\ndell\u0027interesse alla conservazione dei  suoli  classificati  agricoli,\nvalutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima\npossibilita\u0027 di contemperamento con gli  altri  interessi  in  gioco,\nanche di rilievo costituzionale. \n    75. Sotto tale profilo, occorre  rilevare,  in  disparte  i  gia\u0027\nevidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai\nsensi dell\u0027art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l\u0027ambiente,\nla biodiversita\u0027 e gli ecosistemi «anche nell\u0027interesse delle  future\ngenerazioni»,  con  cio\u0027  incorporando  il  principio   di   sviluppo\nsostenibile nell\u0027ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di\ntutela ambientale. L\u0027incondizionato  sacrificio  di  tale  principio,\nquale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art.  3\ndella Costituzione, nonche\u0027 con l\u0027art. 9 citato e con la  consolidata\ngiurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve\nessere sempre \"sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro\" (sentenza n. 264  del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata  espansione\ndi uno dei diritti, che  diverrebbe  \"tiranno\"  nei  confronti  delle\naltre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni\ndemocratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza\npretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non  prefissato  in  anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di\nproporzionalita\u0027 e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un\nsacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n    76. Sotto altro profilo, il divieto cosi\u0027 introdotto e\u0027 operativo\na partire dalla mera classificazione dell\u0027area come agricola in  base\nai piani urbanistici, senza che  alcuna  rilevanza  assumano  il  suo\nconcreto utilizzo o la sua utilizzabilita\u0027 a  tali  fini.  Anche  per\ntale   riguardo   la   disposizione   si   mostra   irragionevole   e\nsproporzionata, in quanto la dichiarata finalita\u0027 di  contrastare  il\nconsumo di suolo agricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non  nei\ntermini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione\nalle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,\nqualsivoglia considerazione della qualita\u0027  e  dell\u0027importanza  delle\ncolture. \n    77. In raffronto, le  attuali  linee  guida  di  cui  al  decreto\nministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: \n        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n        l\u0027individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela  dell\u0027ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027  tradursi  nell\u0027identificazione  di  fasce  di\nrispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate\nesigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e\u0027   infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle\nregioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno  del  procedimento\nunico e della procedura di valutazione  dell\u0027impatto  ambientale  nei\ncasi previsti; \n        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di  qualita\u0027  (produzioni  biologiche,\nproduzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni\ntradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto\npaesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n    78. Una siffatta, contestualizzata  disciplina  risulta  conforme\nalle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri\ndovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui\nnon  puo\u0027  essere  sviluppata   l\u0027energia   rinnovabile   (\"zone   di\nesclusione\").  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e\ntrasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle\nrestrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone\ndell\u0027aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere\nbasate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo\nperseguito massimizzando la disponibilita\u0027 di spazio per lo  sviluppo\ndei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli\ndi  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   raccomandazione   (UE)\n2024/1343 della Commissione del  13  maggio  2024  sull\u0027accelerazione\ndelle procedure autorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e  i\nprogetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall\u0027art. 5\ndel decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto,\nponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non  fondato\nsu  dati  concreti  e  certamente  non  rispondente  all\u0027obietto   di\nmassimizzare la disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti\ndi energia rinnovabile. \n    79.  Occorre  solo  aggiungere  che   i   rilevati   profili   di\nincostituzionalita\u0027 vanno del pari riferiti all\u0027art. 5, comma 2,  del\ndecreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia\nche ha quale presupposto il  divieto  di  cui  al  comma  1,  nonche\u0027\nall\u0027art. 2, comma  2,  primo  periodo,  del  decreto  legislativo  25\nnovembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi  amministrativi\nper la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove  prevede  che\n«Gli interventi di cui all\u0027art.  1,  comma  1,  sono  considerati  di\npubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono  essere  ubicati\nanche in zone classificate agricole dai  vigenti  piani  urbanistici,\nnel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n.  199».  Tale  disposizione,  infatti,\nriproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis  dell\u0027art.  20  del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n   Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale. \n    80. In ragione di  tutto  quanto  sopra,  sono  rilevanti  e  non\nmanifestamente infondate le questioni di legittimita\u0027  costituzionale\ndell\u0027art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024,  convertito,  con\nmodificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2,\nprimo periodo, decreto legislativo 25  novembre  2024,  n.  190,  per\nviolazione  degli  articoli  3,  9,  11  e  117,   comma   1,   della\nCostituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva\n(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati\ndalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027  dal   regolamento   (UE)\n2021/1119. \n    81.  Il  giudizio  va  quindi  sospeso  per   le   determinazioni\nconseguenti alla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n    82.  Il  regolamento  delle  spese  va  rinviato  all\u0027esito   del\ngiudizio. \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione\nterza) cosi\u0027 dispone: \n        a) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei\ntermini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 5, comma 1 e 2,  decreto-legge  n.  63/2024,\nconvertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  101/2024,  nonche\u0027\ndell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,\nper violazione degli  articoli  3,  9,  11  e  117,  comma  1,  della\nCostituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva\n(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati\ndalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche\u0027  dal   regolamento   (UE)\n2021/1119; \n        b) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente  di  costituzionalita\u0027  e,  ai  sensi\ndell\u0027art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n        c) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle\nparti in causa,  nonche\u0027  la  sua  notificazione  al  Presidente  del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n        d) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito  del  giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n    Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  18\ngiugno 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n        Elena Stanizzi, Presidente; \n        Giovanna Vigliotti, primo referendario; \n        Marco Savi, referendario, estensore. \n \n                       Il Presidente: Stanizzi \n \n \n                                                    L\u0027estensore: 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