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A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 –\u0026nbsp;Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in vigore della suddetta legge regionale e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della suddetta legge regionale, ivi compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale –\u0026nbsp;Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione – Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Rwe Renewables Italia srl","prima_controparte":"Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri","altre_parti":"Regione autonoma della Sardegna, Rwe Renewables Italia srl","testo_atto":"N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025\n\r\nOrdinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Rwe Renewables Italia s.r.l.\ncontro il Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e\naltri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della\n Regione autonoma Sardegna - Disposizioni per l\u0027individuazione di\n aree e superfici idonee e non idonee all\u0027installazione di impianti\n a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica a\n tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le\n superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in\n corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza\n regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato\n una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che\n e\u0027 vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle\n rispettive aree non idonee come individuate dagli allegati A, B, C,\n D, E e dai commi 9 e 11 dell\u0027art. 1 della legge regionale n. 20 del\n 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e\n gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione\n ambientale, di competenza regionale o statale, e\u0027 in corso al\n momento dell\u0027entrata in vigore della medesima legge regionale -\n Previsione che non puo\u0027 essere dato corso alle istanze di\n autorizzazione che, pur presentate prima dell\u0027entrata in vigore\n della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con\n essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione - Previsione che i\n provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque\n denominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti\n nelle aree non idonee, sono privi di efficacia - Previsione che\n sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che\n hanno gia\u0027 comportato una modificazione irreversibile dello stato\n dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada\n su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle\n aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneita\u0027 -\n Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento\n relativi ad impianti realizzati in data antecedente all\u0027entrata in\n vigore della stessa legge regionale e in esercizio, nelle aree non\n idonee - Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un\n aumento della superficie lorda occupata, nonche\u0027, nel caso di\n impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale dell\u0027impianto,\n intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del\n relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo\n periodo del comma 6 dell\u0027art. 1 della suddetta legge regionale, ivi\n compreso il rispetto dell\u0027art. 109 delle norme di attuazione del\n Piano paesaggistico regionale - Raggiungimento degli obiettivi di\n transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di\n contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita\u0027\n storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni\n agricole - Previsione che i comuni hanno facolta\u0027 di proporre\n un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un\n accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area individuata come non idonea,\n finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la Regione -\n Previsione che qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER\n ricadente in un\u0027area mineraria dismessa di proprieta\u0027 regionale o\n di enti interamente controllati dalla Regione, l\u0027area medesima e\u0027\n trasferita in proprieta\u0027 ai comuni che ne facciano richiesta ai\n sensi della legge regionale n. 35 del 1995. \n- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti\n per l\u0027individuazione di aree e superfici idonee e non idonee\n all\u0027installazione e promozione di impianti a fonti di energia\n rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti\n autorizzativi) artt. 1, commi 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C, D\n ed E. \n\n\r\n(GU n. 36 del 03-09-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n (Sezione terza) \n \n Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di\nregistro generale 10001 del 2024, proposto da Rwe Renewables Italia\ns.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,\nrappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Vivani, Elisabetta\nSordini, Simone Abellonio, con domicilio digitale come da PEC da\nregistri di giustizia; \n Contro Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica,\nMinistero della cultura, Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027\nalimentare e delle foreste, Presidenza del Consiglio dei ministri, in\npersona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma\n- via dei Portoghesi n. 12; \n Conferenza unificata ex art. 8 decreto legislativo 28 agosto\n1997, n. 281, non costituiti in giudizio; \n Nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, in persona\ndel legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli\navvocati Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da\nPEC da registri di giustizia; \n delle Regioni Umbria, Toscana, Basilicata, Campania, Puglia,\nMolise, Emilia-Romagna, non costituite in giudizio; \n della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliata in Roma - via dei Portoghesi n. 12; \n Per l\u0027annullamento: \n del decreto ministeriale 21 giugno 2024, recante «Disciplina\nper l\u0027individuazione di superfici e aree idonee per l\u0027installazione\ndi impianti a fonti rinnovabili» adottato dal Ministero dell\u0027ambiente\ne della sicurezza energetica di concerto con il Ministero della\ncultura e il Ministero dell\u0027Agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare\ne delle foreste e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della\nRepubblica italiana, Serie generale, n. 153 del 2 luglio 2024; \n di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale,\nivi compresa, per quanto occorrere possa, l\u0027Intesa, ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.\n199, sullo schema di decreto del Ministro dell\u0027ambiente e della\nsicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura e con\nil Ministro dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle\nforeste, recante «Disciplina per l\u0027individuazione di superfici e aree\nidonee per l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili» resa in\nsede di Conferenza unificata ex art. 8 del decreto legislativo 28\nagosto 1997, n. 281, nella seduta del 7 giugno 2024; \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della\ncultura, del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare\ne delle foreste, della Presidenza del Consiglio dei ministri, della\nRegione autonoma della Sardegna e della Regione Siciliana; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il\ndott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato\nnel verbale; \n 1. La ricorrente e\u0027 attiva nello sviluppo, nella costruzione e\nnell\u0027esercizio di impianti di produzione energetica da fonte\nrinnovabile eolica, fotovoltaica e agrivoltaica e nella realizzazione\ndi impianti di accumulo di energia rinnovabile sul territorio\nitaliano e dispone di un patrimonio di diciassette parchi eolici in\nesercizio, dislocati in Sardegna, Sicilia, Campania, Basilicata,\nToscana, Molise, Puglia e Calabria per un totale di circa 500 MW\nrealizzati. \n 2. La societa\u0027 e\u0027 altresi\u0027 titolare di diversi progetti\nautorizzati ma la cui realizzazione non e\u0027 stata ancora avviata, tra\ni quali: \n il progetto di parco eolico denominato «Alas» in Sardegna; \n i progetti di parchi eolici denominati «Venusia» e «Serra\nGiannina» in Basilicata; \n il progetto denominato «Phobos» in Umbria; \n i progetti di parchi agrivoltaici denominati «Acquafredda» e\n«Morcone» in Campania; \n nonche\u0027 numerosi altri progetti ancora in corso di\nvalutazione ambientale/autorizzazione, tra i quali il progetto di\nparco eolico «Monte Burano» in Umbria, i progetti di parchi eolici\ndenominati «Rapitala\u0027», «Leo», «Canicatti\u0027», «Leva», e «Grotte», in\nSicilia, i progetti di parchi eolici denominato «Alas 2» e «Lobadas»\nin Sardegna, i progetti di parchi eolici denominato «Cesepiano» e\n«Sant\u0027Elia» in Molise, il progetto di parco eolico denominato «Lion\nStone», in Emilia-Romagna, i progetti di parchi eolici denominati\n«Pitigliano» e «Sestino», in Toscana, il progetto di parco\nagrivoltaico «Deimos» in Umbria, il progetto di parco agrivoltaico\ndenominato «Mancius PV» in Toscana, il progetto di parco agrivoltaico\ndenominato «Florinas» in Sardegna e il progetto di parco fotovoltaico\ndenominato «Olivola» in Campania. \n 3. Con il presente ricorso RWE ha impugnato il decreto\nministeriale 21 giugno 2024, articolando cinque mezzi di censura: \n I) violazione dell\u0027art. 20, comma 4, del decreto legislativo\nn. 199/2021. Illegittimita\u0027 costituzionale e violazione di legge in\nrelazione agli articoli 24, 41, 76, 77 e 103 della Costituzione;\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, commi 1 e 4,\ndel decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199. Violazione degli\narticoli 7 e 13 nonche\u0027 dell\u0027art. 1 del protocollo aggiuntivo n. 1\ndella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e\ndelle liberta\u0027 fondamentali e violazione degli articoli 7, 16 e 17\ndella Carta dei diritti fondamentali dell\u0027UE: rinvio pregiudiziale\nalla Corte di giustizia dell\u0027Unione europea. Il decreto\ninterministeriale, nel disporre che siano individuate con legge\nregionale tanto le aree idonee quanto le aree inidonee, violerebbe il\ndisposto della fonte primaria, in quanto ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n4, decreto legislativo n. 199/2021 le regioni potrebbero procedere ad\nindividuare direttamente con legge solo ed esclusivamente le aree\nidonee. Il tutto, peraltro, avverrebbe con pregiudizio della\npossibilita\u0027 di tutela giurisdizionale, non essendo attivabile\navverso le leggi regionali il giudizio amministrativo, con\nconseguente violazione degli articoli 24 e 103 della Carta\ncostituzionale, dell\u0027art. 7 della Carta di Nizza e degli articoli 7 e\n13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali. D\u0027altra parte, l\u0027art. 5\ndella legge delega n. 53/2021 non prevedrebbe affatto tale meccanismo\ndi legificazione, con conseguente illegittimita\u0027 dello stesso art.\n20, comma 1-4, decreto legislativo n. 199/2021 per eccesso di delega; \n II) violazione dell\u0027art. 17 della legge n. 400/1988. Il\ndecreto impugnato e\u0027 stato concepito e adottato in termini di atto\namministrativo generale. Tuttavia, esso avrebbe natura regolamentare\ne, non essendo stato posto in essere con le formalita\u0027 di cui alla\nlegge n. 400/1988, sarebbe illegittimo; \n III) violazione dell\u0027art. 20, comma 4, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 sotto altro profilo. Violazione degli\narticoli 24 e 103 della Costituzione. Violazione degli articoli 7 e\n13 nonche\u0027 dell\u0027art. 1 del protocollo aggiuntivo n. 1 della\nConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027 fondamentali. Violazione degli articoli 7, 16 e 17 della\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027UE. Violazione dell\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e delle linee guida nazionali di cui\nal decreto ministeriale 10 settembre 2010. La «legificazione»\ndell\u0027individuazione delle aree inidonee si porrebbe in violazione\nanche dell\u0027intero sistema delineato dal legislatore con l\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo n. 387/2003 e con le linee guida nazionali di cui\nal decreto ministeriale 10 settembre 2010, nonche\u0027 del principio di\nmassima diffusione delle fonti rinnovabili, cui esso e\u0027 ispirato,\nimperniato sull\u0027esigenza di individuare le aree inidonee sulla base\ndi una valutazione in concreto, effettuata nell\u0027ambito del\nprocedimento amministrativo, operando un bilanciamento degli\ninteressi strettamente aderente alla specificita\u0027 dei luoghi, in modo\nda limitare allo stretto indispensabile la sottrazione di porzioni di\nterritorio all\u0027insediamento degli impianti FER. Disponendo in senso\nopposto, e dunque parificando i sistemi di individuazione delle aree\nidonee ed inidonee sotto l\u0027egida della «legificazione» regionale, gli\natti impugnati avrebbero stravolto tutto l\u0027impianto\nlogico-sistematico della legislazione vigente; \n IV) violazione dell\u0027art. 20, commi 1 e 8, del decreto\nlegislativo n. 199/2021. Eccesso di potere per genericita\u0027 e\nviolazione dei principi di logicita\u0027, di proporzionalita\u0027, di\nadeguatezza dell\u0027azione amministrativa, di certezza del diritto e di\ntutela dell\u0027affidamento. Violazione del principio di massima\ndiffusione delle fonti rinnovabili. L\u0027art. 7 del decreto violerebbe\nla lettera e lo spirito della norma primaria, volta alla definizione\ndi criteri omogenei per l\u0027individuazione delle aree. Il decreto,\ninfatti, si limiterebbe a riproporre pedissequamente i principi di\nlegge, che avrebbero invece dovuto essere concretizzati dagli atti\nministeriali. Ne conseguirebbe una sostanziale «delega in bianco»\nalle regioni, che sarebbero di fatto libere di procedere a\nindividuare le aree idonee sulla base di criteri dalle stesse\nindividuate di volta in volta in totale autonomia, con il solo limite\ndei generici principi gia\u0027 contenuti nel decreto legislativo n.\n199/2021. Illegittima sarebbe anche la previsione che riconosce alle\nregioni la «possibilita\u0027 di fare salve le aree idonee» individuate\ndal comma 8 dell\u0027art. 20, decreto legislativo n. 199/2021, che\nequivarrebbe a consentire alle regioni di decidere a propria\nesclusiva discrezione se aree le quali, fino ad oggi, sono state\nindiscussamente idonee ex lege, rimangano tali o diventino «aree\nordinarie» o addirittura «aree non idonee», con impatti devastanti in\ntermini di affidamento degli investimenti ed incertezza del quadro\ngiuridico di riferimento, nonche\u0027 ulteriore profilo di disomogeneita\u0027\nfra le varie discipline regionali. Cio\u0027 sarebbe altresi\u0027 aggravato\ndal fatto che non e\u0027 stata neppure introdotta una disciplina\ntransitoria che provvedesse a chiarire come le eventuali disposizioni\nregionali, che dovessero ritenere di non confermare taluna delle aree\nidonee di cui al citato art. 20, comma 8, dovessero trovare\napplicazione solo ai procedimenti autorizzativi avviati\nsuccessivamente all\u0027entrata in vigore delle leggi regionali stesse.\nIllegittima sarebbe anche la considerazione delle aree non idonee\ncome zone interdette, come si desume dalla circostanza che per essere\nnon e\u0027 stato individuato alcun regime autorizzativo; \n V) violazione degli art. 3, 41, 117 della Costituzione.\nViolazione dell\u0027art. 1 del protocollo aggiuntivo n. 1 alla\nConvenzione europea dei diritti dell\u0027uomo, nonche\u0027 degli articoli 16\ne 17 della Carta dei diritti fondamentali dell\u0027UE. Le disposizioni\ndel decreto determinerebbero un\u0027irragionevole compressione della\nliberta\u0027 d\u0027iniziativa economica privata, anche in violazione del\nlegittimo affidamento maturato in capo alla ricorrente sia con\nl\u0027avvio di procedimenti in presenza di tutti i presupposti\nlocalizzativi, sia con l\u0027ottenimento di validi titoli autorizzatori a\nvalle dell\u0027esperimento di valutazioni di impatto ambientale che hanno\nescluso qualunque concreto pregiudizio ambientale e paesaggistico. Si\nassisterebbe anche, in tal modo, a un\u0027ingerenza sproporzionata dei\nprovvedimenti impugnati sui beni della ricorrente, a una violazione\ndel pacifico godimento dei beni stessi e alla sottrazione di\nun\u0027entrata vitale, diritti protetti anche dall\u0027art. 1 del Protocollo\naggiuntivo n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell\u0027uomo,\nnonche\u0027 dagli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali\ndell\u0027UE (Trattato di Nizza del 7 dicembre 2000) e dall\u0027art. 41 della\nCostituzione, che garantisce la liberta\u0027 di iniziativa economica\nprivata. Per i medesimi motivi risulterebbe violato l\u0027art. 117, comma\n1, della Costituzione, in riferimento all\u0027art. 1, prot. 1,\nConvenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle\nliberta\u0027 fondamentali, stante il difetto di ragionevolezza\nnell\u0027ingerenza dello Stato nel godimento della proprieta\u0027 privata. \n 4. Con la memoria ex art. 73 c.p.a. la parte ricorrente ha\nevidenziato che la Regione Sardegna ha adottato la legge regionale n.\n20/2024, con la quale ha dichiarato «non idonee» alla realizzazione\ndi impianti FER aree pari a oltre il 99% del territorio regionale e\nha reso incompatibile con gli impianti eolici di grossa taglia il\n100% del medesimo, disponendo l\u0027inefficacia dei titoli gia\u0027\nrilasciati agli operatori. Tale previsioni sarebbero immediatamente\npregiudizievoli per la ricorrente, in quanto le aree inidonee, che\ndiventano aree del tutto vietate agli impianti FER, si\nsovrapporrebbero all\u0027intera area oggetto del progetto Alas - con\nconseguente inefficacia ex lege dell\u0027autorizzazione unica. Oltre al\nprogetto Alas, le norme sarde pregiudicherebbero, peraltro, sia il\nrilascio dei titoli autorizzativi oggetto di procedimenti ancora\npendenti, relativi ai progetti di parchi eolici denominati «Alas 2» e\n«Lobadas», sia il progetto di parco agrivoltaico denominato\n«Florinas». Tale legge regionale dimostrerebbe che l\u0027applicazione del\ndecreto impugnato permette alle regioni di rendere «non idoneo» agli\nimpianti FER il 99% del territorio regionale, con pregiudizio per il\nconseguimento dell\u0027obiettivo di potenza installata da traguardare al\n2030 imposto dall\u0027art. 2 e dalla Tabella A del decreto ministeriale\n21 giugno 2024 alla Regione Sardegna in attuazione delle direttive\ndell\u0027Unione europea. \n 5. Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza. \n 6. All\u0027udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e\u0027 stata\ntrattenuta in decisione. \n 7. Il collegio reputa necessario sospendere il presente giudizio\nonde suscitare il controllo incidentale di costituzionalita\u0027 sulle\nquestioni indicate nel prosieguo. \n 8. Preliminarmente, e\u0027 tuttavia opportuno chiarire i termini in\ncui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di\ncui all\u0027art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, il\nconcetto di area non idonea all\u0027installazione di impianti FER. Il\npresupposto comune alle censure e\u0027 che, avendo il gravato decreto\nministeriale qualificato le aree non idonee come aree incompatibili\ncon l\u0027installazione di impianti FER, il concetto di «area non idonea»\nsarebbe stato completamente stravolto rispetto a quello operante nel\nregime previgente (i.e., a quello delle linee guida). In particolare,\nprima dell\u0027adozione del gravato decreto ministeriale la conseguenza\ncorrelata al carattere di non idoneita\u0027 di un\u0027area era circoscritta\nal fatto che il soggetto proponente non potesse accedere alla\naccelerazione procedimentale dell\u0027iter autorizzativo propedeutico\nalla realizzazione ed esercizio dell\u0027impianto FER - accelerazione\nche, viceversa, avrebbe operato nel caso di localizzazione\ndell\u0027impianto in area idonea -. Per converso, nessuna preclusione,\naprioristica e assoluta, alla realizzazione di tali impianti\nrisultava discendere dalla loro localizzazione in aree non idonee.\nOrbene, secondo la prospettazione della societa\u0027 ricorrente, siccome\ncon l\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le amministrazioni\nresistenti avrebbero introdotto una preclusione di tal guisa, lo\nstesso risulterebbe illegittimo. \n 9. Il collegio ritiene che la tesi sostenuta dalla societa\u0027\nricorrente non possa essere condivisa per le ragioni di diritto di\nseguito esposte. \n 10. Come noto, l\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la razionalizzazione e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A tal fine, l\u0027art.\n12, comma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 ha inter alia\nprevisto che «In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle\nattivita\u0027 produttive, di concerto con il Ministro dell\u0027ambiente e\ndella tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita\u0027\nculturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del\nprocedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura di autorizzazione\nunica, n. d.r.]. \n Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un\ncorretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli\nimpianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le\nregioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei\nalla installazione di specifiche tipologie di impianti». \n 11. Le linee guida indicate dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto\nlegislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero\ndello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse e\u0027 stato\nstabilito che: \n paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee\nguida, le regioni e le province autonome possono procedere alla\nindicazione di aree e siti non idonei alla installazione di\nspecifiche tipologie di impianti secondo le modalita\u0027 di cui al\npresente punto e sulla base dei criteri di cui all\u0027Allegato 3.\nL\u0027individuazione della non idoneita\u0027 dell\u0027area e\u0027 operata dalle\nregioni attraverso un\u0027apposita istruttoria avente ad oggetto la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano obiettivi di protezione non compatibili con\nl\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da richiamare nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie\ne/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita\u0027\nriscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle\ndisposizioni esaminate [...]. Le aree non idonee sono [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui sono definite le misure e gli interventi necessari al\nraggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua\nle aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico\nobiettivo assegnatole»; \n allegato 3: «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la realizzazione degli impianti,\nbensi\u0027 ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di\nriferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti. \n L\u0027individuazione delle aree non idonee dovra\u0027 essere\neffettuata dalle regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei\npertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e\npaesaggistica, secondo le modalita\u0027 indicate al paragrafo 17»,\nnonche\u0027 sulla base di principi e criteri, individuati dal medesimo\nallegato, in ragione dei quali, tra l\u0027altro: «a) l\u0027individuazione\ndelle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su criteri\ntecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio e del patrimonio artistico-culturale, connessi alle\ncaratteristiche intrinseche del territorio e del sito; b)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere\ndifferenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e\nalle diverse taglie di impianto; [...] d) l\u0027individuazione delle aree\ne dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare porzioni significative del\nterritorio o zone genericamente soggette a tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio e del patrimonio storico-artistico, ne\u0027 tradursi\nnell\u0027identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non\ngiustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela\ndi tali interessi e\u0027 infatti salvaguardata dalle norme statali e\nregionali in vigore ed affidate, nei casi previsti, alle\namministrazioni centrali e periferiche, alle regioni, agli enti\nlocali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo preposte, che sono\ntenute a garantirla all\u0027interno del procedimento unico e della\nprocedura di valutazione dell\u0027impatto ambientale nei casi previsti.\nL\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve, dunque,\nconfigurarsi come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione\ne semplificazione dell\u0027iter di autorizzazione alla costruzione e\nall\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027 localizzative offerte\ndalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio». \n 12. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma 10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, come risulta dai pacifici\norientamenti pretori formatisi in seno alla giurisprudenza della\nCorte costituzionale, le linee guida sono «poste a completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018) e connotate dal carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)» (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n 13. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito\nche con le disposizioni normative introdotte dal decreto legislativo\nn. 199/2921 «il legislatore statale ha inteso superare il sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla\npromozione dell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010\n(linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti, sulla\nscorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...].\nInoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non piu\u0027\nin sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in\nrelazione a quelle non idonee, bensi\u0027 \"con legge\" regionale, secondo\nquanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20»\n(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n 14. Sulla scorta di quanto chiarito ed affermato negli\norientamenti giurisprudenziali teste\u0027 richiamati, discende che\nnell\u0027applicazione del rinnovato quadro normativo che ha interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic et\nsimpliciter essere trasposti, in maniera acritica e meccanica, i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione\nal pregresso assetto normativo e regolatorio. Infatti, laddove si\naderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che e\u0027, poi, quella\nsostanzialmente prospettata dalla societa\u0027 ricorrente - si finirebbe\nper obliterare indebitamente il vigente contesto normativo, avuto\nspecifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito, l\u0027art.\n20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021 espressamente\ndispone che sia il MASE, di concerto con il MIC e il MASAF, a\nstabilire con decreto i principi e i criteri omogenei strumentali\nall\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n 15. Invero, proprio sulla scorta delle scelte compiute dalle\namministrazioni resistenti con l\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale - e condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,\ncontrariamente a quanto sostenuto dalla societa\u0027 ricorrente, nel\ncomplessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita\u0027, la\nportata precettiva del concetto di \"area non idonea\". \n 16. Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le \"superfici e aree non\nidonee\" come \"aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili\ncon l\u0027installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10\nsettembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche ed integrazioni\". \n 17. A dispetto di quanto asserito dalla societa\u0027 ricorrente -\nsecondo la quale la definizione di area non idonea come area\nincompatibile equivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto\nalla installazione di impianti FER - occorre ricordare che il\nparagrafo 17 delle linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il\nprocesso di ricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire\nprendendo in considerazione gli \"obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche\ntipologie e/o dimensioni di impianti\". \n 18. Emerge, quindi, come gia\u0027 nel contesto previgente\nall\u0027adozione del gravato decreto ministeriale le aree non idonee si\ncaratterizzassero per essere aree incompatibili con il\nsoddisfacimento degli obiettivi di protezione che l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale forma di incompatibilita\u0027, quale tratto\ncaratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita\u0027 di esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n 19. L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di\naffermare che, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee» contenuta nell\u0027art. 1, comma 2,\nlettera b), del gravato decreto ministeriale non possiede un\ncarattere innovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad\neffectum, la portata del concetto di «area non idonea», per come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a\nquella scaturente dalle linee guida. \n 20. A sostegno di tale conclusione, d\u0027altronde, milita anche il\nfatto che lo stesso art. 1, comma 2, lettera b), del gravato decreto\nministeriale declini la dichiarata incompatibilita\u0027 «secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida». Ordunque, benche\u0027 l\u0027ordito normativo, con il previsto\naggiornamento delle linee guida «A seguito dell\u0027entrata in vigore\ndella disciplina statale e regionale per l\u0027individuazione di\nsuperfici e aree idonee ai sensi dell\u0027art. 20», presenti indubbi\nelementi di circolarita\u0027 che rendono non del tutto chiaro il ruolo\nche le medesime linee guida sono ad oggi chiamate a svolgere in\nsubiecta materia, e\u0027 preferibile ritenere che il richiamo alle\nmodalita\u0027 stabilite dalle linee guida sia da intendersi nel senso che\nil legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto al\nnuovo regime, delle acquisizioni, in termini di significato e\ndeclinazione delle aree non idonee, gia\u0027 raggiunte nel previgente\nassetto normativo in applicazione delle previsioni dettate dalle\nlinee guida. \n 21. Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione conservativa di\ncui all\u0027art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche\nagli atti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5358 del 4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati) -. Infatti, mediante\nl\u0027impiego di tale legittimo criterio interpretativo, nel nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut res magis valeat quam\npereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro, ai principi di\neconomicita\u0027 ed efficacia dell\u0027attivita\u0027 amministrativa sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015) e di cui il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n 22. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che l\u0027art.\n3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le regioni\nprovvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree non\nidonee - e non piu\u0027 nell\u0027ambito di un apposito procedimento\namministrativo, come previsto dalle linee guida - e\u0027 del pari vero\nche, in disparte gli eventuali profili di illegittimita\u0027 di tale\nscelta, non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere che a\ntale cambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalla\nsocieta\u0027 ricorrente. \n 23. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico di approvazione della classificazione delle aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da\nalcuna radicale trasfigurazione del significato che il concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime nell\u0027ambito della\npianificazione del territorio necessaria al raggiungimento degli\nobiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n 24. Ad avviso del collegio, l\u0027interpretazione sin qui proposta\ntrova anche il conforto della giurisprudenza costituzionale che ha\nriconosciuto la «necessita\u0027 di garantire la \"massima diffusione degli\nimpianti da fonti di energia rinnovabili\" (sentenza n. 286 del 2019,\nin senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del\n2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del\n2014 e n. 44 del 2011) \"nel comune intento \u0027di ridurre le emissioni\ndi gas ad effetto serra\u0027 (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso\nsenso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.\n85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i\ncambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)\"» (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 27/2023). \n Va, quindi, radicalmente escluso che le «aree non idonee» possano\nessere considerate aree del tutto interdette alla installazione di\nimpianti FER, poiche\u0027 opinando diversamente potrebbe essere\nseriamente pregiudicato il conseguimento degli obiettivi energetici\nstrumentali al rispetto degli impegni assunti dall\u0027Italia a livello\nsovranazionale - tenuto anche conto della particolare ampiezza dei\nmargini di manovra consentiti alle regioni dal decreto ministeriale\nimpugnato -. \n 25. Viceversa, l\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lettera\nb), del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il\ncollegio intende aderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere di\nnon idoneita\u0027 di un\u0027area non precluda in radice la realizzazione di\nimpianti FER - e\u0027 atta a porre in rilievo come l\u0027individuazione con\nlegge regionale delle aree non idonee non esclude che le\namministrazioni, nell\u0027ambito degli specifici procedimenti\namministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla\nrealizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad\napprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti proposti sulle esigenze\ndi tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni\nculturali, anche laddove l\u0027area interessata rientri tra quelle\nclassificate come non idonee. \n 26. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione del\nconcetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal decreto\nministeriale, e\u0027 palesemente smentita dal tenore dispositivo della\nlegge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024. \n 27. La predetta legge prevede, infatti, che: \n «E\u0027 vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle\nrispettive aree non idonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A,\nB, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica\nanche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa\ne di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e\u0027 in\ncorso al momento dell\u0027entrata in vigore della presente legge. Non\npuo\u0027 essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur\npresentate prima dell\u0027entrata in vigore della presente legge,\nrisultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l\u0027attuazione. I\nprovvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque\ndenominati gia\u0027 emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti\nnelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5); \n «Qualora un progetto di impianto ricada su un areale\nricompreso sia nelle aree definite idonee, di cui all\u0027allegato F, sia\nnelle aree definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E,\nprevale il criterio di non idoneita\u0027. Nei casi di cui al precedente\nperiodo, limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di\naccumulo, qualora i relativi progetti di realizzazione prevedano\nl\u0027installazione presso aree rientranti nelle zone urbanistiche\nomogenee D e G, di cui al decreto dell\u0027assessore regionale degli enti\nlocali, finanze e urbanistica, 20 dicembre 1983, n. 2266/U\n(disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di\nnuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei\ncomuni della Sardegna), non si applicano le fasce di tutela di cui\nalle lettere s), x), w) e bb) dell\u0027allegato A qualora l\u0027area oggetto\ndel rispettivo intervento sia infrastrutturata e urbanizzata in\nmisura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente ai casi di\ncui al precedente periodo, qualora l\u0027area non sia infrastrutturata e\nurbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce di tutela\ndi cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per cento. Qualora\nun progetto di impianto FER, ivi inclusi gli accumuli ad essi\nconnessi, sia finalizzato all\u0027autoconsumo o al servizio di una\ncomunita\u0027 energetica e ricade in una delle condizioni di cui ai\nprecedenti periodi, prevale il criterio di idoneita\u0027» (art. 1, comma\n7); \n «Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di\ntransizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di\ncontenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita\u0027\nstorico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni\nagricole, i comuni hanno facolta\u0027 di proporre un\u0027istanza propedeutica\nalla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di\nun\u0027area individuata come non idonea ai sensi della presente legge.\nL\u0027istanza e\u0027 finalizzata al raggiungimento di un\u0027intesa con la\nregione. Qualora l\u0027istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente\nin un\u0027area mineraria dismessa di proprieta\u0027 regionale o di enti\ninteramente controllati dalla regione, l\u0027area medesima e\u0027 trasferita\nin proprieta\u0027 ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della\nlegge regionale 5 dicembre 1995, n. 35 (Alienazione dei beni\npatrimoniali)» (art. 3). \n 28. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che: \n le aree non idonee costituiscono vere e proprie aree vietate\nalla realizzazione degli impianti FER. Oltre che dal chiaro tenore\nletterale dell\u0027art. 1, comma 5, cio\u0027 si desume anche dalla\nprevisione, all\u0027art. 3, di una speciale procedura da attivarsi su\nchiesta dei comuni per la realizzazione di interventi in aree non\nidonee, peraltro particolarmente rigoroso nella misura in cui\nrichiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti i soggetti\ninteressati; \n la disciplina non soltanto non prevede una clausola di\nsalvaguardia per le iniziative in corso, ma addirittura sancisce\nl\u0027inefficacia dei provvedimenti autorizzatori e dei titoli\nabilitativi gia\u0027 emanati in caso di impianti ricadenti in aree non\nidonee in base alla legge. D\u0027altra parte, cio\u0027 costituisce l\u0027ovvio\nrisvolto di quanto previsto dall\u0027art. 1, comma 2, laddove si\nstabilisce che «La presente legge di governo del territorio,\nurbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico, si applica a\ntutto il territorio della regione, ivi comprese le aree e le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi», onde e\u0027 chiaro che l\u0027unico\nlimite all\u0027operativita\u0027 delle nuove previsioni e\u0027 l\u0027intervenuta\nmodifica irreversibile dello stato dei luoghi, come anche chiarito\ndal successivo comma 5; \n la legge prevede, altresi\u0027, un principio di assoluta\nprevalenza del criterio della non idoneita\u0027 su quello dell\u0027idoneita\u0027\nin caso di progetti in zone promiscue, salve le limitate deroghe\npreviste dall\u0027art. 1, comma 7. \n 29. La suindicata disciplina solleva consistenti dubbi di\ncompatibilita\u0027 con i canoni costituzionali, con particolare\nriferimento agli articoli 3, 9, 11, 41, 97, 117 della Costituzione,\nnonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli\narticoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n Sulla rilevanza delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale\ndegli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 degli allegati A,\nB, C, D ed E della legge della Regione autonoma della Sardegna n.\n20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della\nCostituzione, nonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n 30. Come gia\u0027 rilevato, le aree non idonee come individuate dalla\nlegge della Regione Sardegna n. 20/2024 si sovrappongono all\u0027intera\narea oggetto del progetto Alas - con conseguente inefficacia ex lege\ndell\u0027autorizzazione unica. Inoltre, le norme sarde pregiudicano sia\nil rilascio dei titoli autorizzativi oggetto di procedimenti ancora\npendenti, relativi ai progetti di parchi eolici denominati «Alas 2» e\n«Lobadas», sia il progetto di parco agrivoltaico denominato\n«Florinas». Sulla base del combinato disposto dell\u0027art. 1, comma 2, 5\ne 7, i predetti progetti non potrebbero essere ulteriormente\ncoltivati, in quanto la finanche parziale collocazione in area non\nidonea determina, ai sensi del citato comma 7, l\u0027applicazione del\ncomma 5, secondo cui «E\u0027 vietata la realizzazione degli impianti\nricadenti nelle rispettive aree non idonee». \n 31. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista dall\u0027art.\n7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove si limita a\nconsentire alle regioni la mera «possibilita\u0027 di fare salve le aree\nidonee di cui all\u0027art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre\n2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente\ndecreto», rivela tutta la sua insufficienza, nonche\u0027 il contrasto\nfrontale con il criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1,\nlettera a), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai sensi della\nquale la disciplina di cui al decreto ministeriale avrebbe dovuto\n«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso\nche risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti\npreesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita\u0027 di fare\nsalve le aree idonee si e\u0027 tradotta, nelle disposizioni regionali di\nattuazione, nell\u0027assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia e\naddirittura nell\u0027inefficacia ex lege dei titoli gia\u0027 concessi, la\nviolazione del criterio di delega di cui all\u0027art. 5, comma 1, lettera\na), n. 1), della legge n. 53/2021 ha assunto una portata\nimmediatamente lesiva, trattandosi di previsione di un «un atto\ngenerale [che] incide senz\u0027altro [...] sui comportamenti e sulle\nscelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17 marzo 2022, n. 1937). \n 32. L\u0027eventuale annullamento del decreto sul punto sarebbe\nperaltro, allo stato e in presenza delle disposizioni recate dalla\nlegge regionale n. 20/2024, priva di ogni utilita\u0027 per la parte\nricorrente. Essa, infatti, non potrebbe comunque ulteriormente\ncoltivare i progetti sopra citati, in quanto la disciplina\nlegislativa regionale costituirebbe a tal riguardo un ostacolo\nassoluto. \n 33. Laddove, invece, le disposizioni menzionate fossero\ndichiarate costituzionalmente illegittime, l\u0027annullamento del decreto\ndeterminerebbe, medio tempore, l\u0027applicazione della disciplina\nprevigente, che consentirebbe la prosecuzione dell\u0027iter\nautorizzatorio e, sul piano conformativo, l\u0027obbligo per le autorita\u0027\nministeriali di predisporre una nuova e piu\u0027 confacente disciplina di\nsalvaguardia per le iniziative in corso. \n 34. Deriva da quanto sopra l\u0027indiscutibile rilevanza, ai fini del\npresente giudizio, delle questioni di costituzionalita\u0027 di seguito\nsollevate. \n Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027\ndegli allegati A, B, C, D ed E della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,\n97, 117 della Costituzione, nonche\u0027 all\u0027art. 10 della legge\ncostituzionale n. 3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge\ncostituzionale n. 3/1948 \n 35. La disciplina statutaria assegna alla Regione autonoma\nSardegna la competenza primaria in materia di «edilizia e\nurbanistica» (art. 3, lettera f), nonche\u0027 la correlata «competenza\npaesaggistica» ai sensi dell\u0027art. 6 del decreto del Presidente della\nRepubblica n. 480 del 1975. L\u0027art. 4, lettera e), prevede la\ncompetenza concorrente nella materia «produzione, trasporto e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia elettrica», da esercitarsi nel\nlimite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. \n 36. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge di Governo\ndel territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»\n(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha ad oggetto\nprecipuo «l\u0027individuazione di aree e superfici idonee e non idonee\nall\u0027installazione e promozione di impianti a fonti di energia\nrinnovabile (FER)», e\u0027 da ritenersi che afferisca prevalentemente\nalla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione\ndell\u0027energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). \n 37. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse\n- quella primaria di tutela del paesaggio e di edilizia ed\nurbanistica e quella concorrente in materia di energia elettrica -\ndevono comunque esercitarsi «In armonia con la Costituzione e i\nprincipi dell\u0027ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto\ndegli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche\u0027\ndelle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della\nRepubblica», oltreche\u0027, per quanto riguarda la competenza\nconcorrente, nel limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello\nStato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello statuto. \n 38. Nel caso in esame, le disposizioni di cui alla legge\nregionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge\nstatale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che\nsi impongono anche alle regione ad autonomia speciale per l\u0027espressa\nprevisione statutaria. \n 39. Occorre al riguardo previamente richiamare il quadro\nnormativo unionale. \n 40. L\u0027art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il\nresto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini» A tal\nfine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». \n 41. L\u0027art. 6, par. 1, Trattato sull\u0027Unione europea precisa che\n«L\u0027Unione riconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella\nCarta dei diritti fondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre\n2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso\nvalore giuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta,\n«Un livello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della\nsua qualita\u0027 devono essere integrati nelle politiche dell\u0027Unione e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». \n 42. L\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nesprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con\nla tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d.\nprincipio di integrazione). \n 43. Secondo l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, «La politica dell\u0027Unione in materia ambientale contribuisce\na perseguire i seguenti obiettivi: \n salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita\u0027\ndell\u0027ambiente; \n protezione della salute umana; \n utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; \n promozione sul piano internazionale di misure destinate a\nrisolvere i problemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e,\nin particolare, a combattere i cambiamenti climatici. \n 2. La politica dell\u0027Unione in materia ambientale mira a un\nelevato livello di tutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle\nsituazioni nelle varie regioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui\nprincipi della precauzione e dell\u0027azione preventiva, sul principio\ndella correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati\nall\u0027ambiente, nonche\u0027 sul principio \"chi inquina paga\"». \n 44. Ai sensi dell\u0027art. 192, par. 1, Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea, «Il Parlamento europeo e il Consiglio,\ndeliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa\nconsultazione del comitato economico e sociale e del comitato delle\nregioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese\ndall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi dell\u0027art. 191». \n 45. L\u0027art. 194 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nstabilisce, a sua volta, che «Nel quadro dell\u0027instaurazione o del\nfunzionamento del mercato interno e tenendo conto dell\u0027esigenza di\npreservare e migliorare l\u0027ambiente, la politica dell\u0027Unione nel\nsettore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno spirito di solidarieta\u0027 tra\nstati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,\nl\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e\nrinnovabili». \n 46. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come\nsi ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l\u0027uso di\nfonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita\u0027 e\u0027\nutile alla tutela dell\u0027ambiente in quanto contribuisce alla riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le\nprincipali cause dei cambiamenti climatici che l\u0027Unione europea e i\nsuoi stati membri si sono impegnati a contrastare. L\u0027incremento della\nquota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi\nportanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni\ne conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche\u0027 agli altri impegni\nassunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle\nemissioni dei gas a effetto serra. \n Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla preservazione\ndei vegetali (cfr. le sentenze 1 luglio 2014, C-573/12, 78 ss., e 13\nmarzo 2001, C-379/98, 73 ss.). \n 47. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l\u0027art. 191\ndel Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea si limita a\ndefinire gli obiettivi generali dell\u0027Unione in materia ambientale,\nmentre l\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\naffida al Parlamento europeo e al Consiglio dell\u0027Unione europea il\ncompito di decidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento\ndi detti obiettivi. Di conseguenza, l\u0027art. 191 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in quanto\ntale dai privati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in\nbase all\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea;\nviceversa, l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel\ndiritto derivato (cfr. CGUE, sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39\nss.). \n 48. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da fonti\nenergetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 TCE (ora\n192 TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la direttiva 2001/77/CE del\nParlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e,\nsuccessivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e\ndel Consiglio del 23 aprile 2009. \n 49. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018 si e\u0027 proceduto alla rifusione e alla\nmodifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel\ndettare la relativa disciplina e\u0027 stato considerato, tra l\u0027altro,\nche: \n «[...] \n (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle forme\ndi energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della\npolitica energetica dell\u0027Unione. \n Tale obiettivo e\u0027 perseguito dalla presente direttiva. Il\nmaggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili o all\u0027energia\nrinnovabile costituisce una parte importante del pacchetto di misure\nnecessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per\nrispettare gli impegni dell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di Parigi\ndel 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza\ndelle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici (\"accordo di Parigi\"), e il quadro per le\npolitiche dell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso\nl\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno\nil 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo\nvincolante in materia di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione\nper il 2030 e i contributi degli stati membri a tale obiettivo,\ncomprese le quote di riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi\nnazionali generali per il 2020, figurano tra gli elementi di\nimportanza fondamentale per la politica energetica e ambientale\ndell\u0027Unione [...]. \n (3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata \"Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030\" ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata\nsostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre\n2014, le quali indicano che gli stati membri dovrebbero poter fissare\ni propri obiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i\ncontributi all\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati\ne andare oltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio\n2014, \"Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima\nall\u0027orizzonte 2030\", e del 23 giugno 2016, \"I progressi compiuti\nnell\u0027ambito delle energie rinnovabili\", si e\u0027 spinto oltre la\nproposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti\nriduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. \n [...] \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti\nrinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce\ndi sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore della\ndecarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027unione. Gli stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo al conseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei\nrispettivi piani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. \n [...] \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli stati membri al nuovo quadro per il 2030. \n In nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili\ndovrebbero scendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32% di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n 50. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra\nl\u0027altro, un obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030\n(art. 3), per cui «Gli stati membri provvedono collettivamente a far\nsi\u0027 che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale\nlordo di energia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La\nCommissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il\n2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di\nulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il\nrialzo e\u0027 giustificato da un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base\ndella valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n 51. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 del\nTFUE, ha istituito un quadro per il conseguimento della neutralita\u0027\nclimatica, nel presupposto che: \n «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli stati membri. L\u0027Unione si e\u0027\nimpegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti\nclimatici e a dare attuazione all\u0027accordo di Parigi adottato\nnell\u0027ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici (\"accordo di Parigi\"), guidata dai suoi\nprincipi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. \n [...] \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027accordo di Parigi. \n [...] \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli stati membri\nmira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la\nprosperita\u0027, l\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia\ndei cambiamenti climatici, nel contesto dell\u0027Agenda 2030 delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli stati membri dovrebbero\nessere guidate dal principio di precauzione e dal principio \"chi\ninquina paga\", istituiti dal Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del \"non nuocere\" del Green\nDeal europeo. \n [...] \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di\nenergia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. \n [...] \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n [...] \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. \n [...] \n (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli stati membri\nrestino sulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027\nopportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi\ncompiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi\ncollettivi compiuti dagli stati membri rispetto all\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la Commissione\ndovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.\n[...] \n 52. Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo di Parigi»,\nprecisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo\nvincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030 consiste in\nuna riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra\n(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai\nlivelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n 53. Ai sensi dell\u0027art. 5 del regolamento, «Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano\nstrategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della\nstrategia dell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...]\ne fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e\ndi vulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli\nindicatori, e basandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze\nscientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di\nadattamento, gli stati membri tengono conto della particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027 della sicurezza alimentare, e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti a presentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n 54. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: \n \"[...] \n (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel\nconseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico\ncontribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di\ngas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni di gas a\neffetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad\naffrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita\u0027, e a\nridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione\ndella Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso\nun pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione dell\u0027UE: Verso\nl\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo». \n La transizione verde verso un\u0027economia basata sulle energie\nda fonti rinnovabili contribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della\ndecisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che\nmira altresi\u0027 a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di\nCOVID-19 ha provocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia\nnell\u0027intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita\u0027 di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso delle energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45 % di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli stati membri possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli stati membri decidono di perseguire. \n [...] \n (25) Gli stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. \n [...]. \n (26) Gli stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di\nenergia rinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. \n [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n 55. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la\ndirettiva ha introdotto, tra l\u0027altro, disposizioni in materia di\nmappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali\nall\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione di energia rinnovabile per il\n2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche\u0027 di\nprocedure amministrative per il rilascio delle relative\nautorizzazioni. \n 56. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli\n192 e 194 del TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una\ngovernance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il clima\naffidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,\ntrasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell\u0027Unione\ndell\u0027energia, in linea con l\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla\nConvenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,\nattraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte\ndell\u0027Unione e degli stati membri, limitando la complessita\u0027\namministrativa. \n 57. Nel configurare tale meccanismo e\u0027 stato considerato, in\nparticolare, che: \n (2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...]. \n [...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il\n40% delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,\nquale contributo previsto determinato a livello nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi stati membri all\u0027accordo di Parigi. L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; \n sostituisce l\u0027approccio adottato nell\u0027ambito del protocollo\ndi Kyoto del 1997, che e\u0027 stato approvato dall\u0027Unione mediante la\ndecisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e che non sara\u0027 prorogato\ndopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare di conseguenza il sistema\ndell\u0027Unione per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni e\ndegli assorbimenti di gas a effetto serra. \n (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C\nrispetto ai livelli preindustriali. \n [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di\ngovernance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per gli stati membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. \n [...] \n (36) Gli stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trent\u0027anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente\nper il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione\ndell\u0027energia e, nel primo periodo, in particolare per il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. \n Gli obiettivi degli stati membri in materia di rinnovabili\nper il 2020 dovrebbero servire come quota base di riferimento di\nenergia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero essere mantenuti\nper tutto il periodo. In materia di efficienza energetica, le misure\naggiuntive possono mirare soprattutto a migliorare l\u0027efficienza di\nprodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n 58. Il meccanismo di governance si e\u0027 tradotto, tra l\u0027altro,\nnelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)\n2023/2413): \n «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]» (art. 3): \n «Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \n a) dimensione \"decarbonizzazione\": \n[...] \n2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \nEntro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il\ncontributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede\ndi superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la\nsua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si aspetta di\nraggiungere. Le traiettorie indicative degli stati membri, nel loro\ninsieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento\ndell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui\nall\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n«Nel proprio contributo alla propria quota di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \na) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \nb) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \nc) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia rinnovabile\nnello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione; \nd) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001; \ne) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \ni) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \nii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro\ncapite; \niii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili\nefficace sul piano dei costi; \niv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli\ndelle zone e regioni non interconnesse; \nv) il livello di interconnessione elettrica tra gli stati membri; \nvi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi. \n [...] \n 2. Gli stati membri assicurano collettivamente che la somma\ndei rispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n «Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base alla\nvalutazione di cui all\u0027articolo 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027art. 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui\nall\u0027art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti\nrinnovabili nel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo\n1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001» (art. 32). \n 59. La legge 22 aprile 2021, n. 53, ha dettato «Principi e\ncriteri direttivi per l\u0027attuazione della direttiva (UE) 2018/2001,\nsulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili», demando\nal Governo, tra l\u0027altro: \n la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata, su\nproposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il\nMinistero dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare e\ncon il Ministero per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati\nnel Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima (PNIEC), di\nuna disciplina per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree\nidonee e non idonee per l\u0027installazione di impianti a fonti\nrinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio\nculturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della\nqualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, nonche\u0027 delle specifiche\ncompetenze dei Ministeri per i beni e le attivita\u0027 culturali e per il\nturismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando\nl\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni\nindustriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi,\ncompatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita\u0027 delle\nrisorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda\nelettrica, nonche\u0027 tenendo in considerazione la dislocazione della\ndomanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo\ndella rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: \n 1) definizione dei criteri per l\u0027individuazione di aree\nidonee all\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una\npotenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria\ndal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle\nfonti rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra\nregioni e province autonome e previsione di misure di salvaguardia\ndelle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i\ncriteri di localizzazione degli impianti preesistenti; \n 2) previsione di un termine di sei mesi per la\nrealizzazione del processo programmatorio di individuazione delle\naree; \n b) di assicurare il rispetto dei principi della minimizzazione\ndegli impatti sull\u0027ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo\nrestando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di\ndecarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilita\u0027 dei\ncosti correlati al raggiungimento di tale obiettivo. \n 60. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione\ndella direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del\nConsiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l\u0027obiettivo di\naccelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando\ndisposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza\ncon gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico\nal 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli\nstrumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,\nfinanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli\nobiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili\nal 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto\ndei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando\n«disposizioni necessarie all\u0027attuazione delle misure del Piano\nnazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia\ndi energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la\nfinalita\u0027 di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,\ngia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento degli obiettivi nazionali da\nstabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si\nprevede, per l\u0027Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione\ndelle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». \n 61. L\u0027art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: \n con uno o piu\u0027 decreti del Ministro della transizione\necologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro\ndelle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in\nsede di Conferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri\nomogenei per l\u0027individuazione delle superfici e delle aree idonee e\nnon idonee all\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi\nuna potenza complessiva almeno pari a quella individuata come\nnecessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di\nsviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai\nsensi del comma 8; \n in via prioritaria, con i suddetti decreti si provvede a\ndettare i criteri per l\u0027individuazione delle aree idonee\nall\u0027installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel\nPNIEC, stabilendo le modalita\u0027 per minimizzare il relativo impatto\nambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti\nimpianti per unita\u0027 di superficie, nonche\u0027 dagli impianti a fonti\nrinnovabili di produzione di energia elettrica gia\u0027 installati e le\nsuperfici tecnicamente disponibili, e altresi\u0027 a indicare le\nmodalita\u0027 per individuare superfici, aree industriali dismesse e\naltre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla\ninstallazione di impianti a fonti rinnovabili; \n i decreti stabiliscono anche la ripartizione della potenza\ninstallata fra regioni e province autonome, prevedendo sistemi di\nmonitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri\nper il trasferimento statistico fra le medesime regioni e province\nautonome; \n nel dettare la disciplina delle aree idonee si tiene conto\ndelle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio,\ndelle aree agricole e forestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi\nidrici, privilegiando l\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate,\nquali capannoni industriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a\ndestinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e\nverificando l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi\nincluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con\nle caratteristiche e le disponibilita\u0027 delle risorse rinnovabili,\ndelle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche\u0027\ntenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli\neventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete\nstessa; \n conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di\ncui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in\nvigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree\nidonee; \n in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee\nper l\u0027installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i\nprincipi della minimizzazione degli impatti sull\u0027ambiente, sul\nterritorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando\nil vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al\n2030 e tenendo conto della sostenibilita\u0027 dei costi correlati al\nraggiungimento di tale obiettivo; \n nelle more dell\u0027individuazione delle aree idonee, non possono\nessere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei\nprocedimenti di autorizzazione; \n le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere\ndichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di produzione di\nenergia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero\nnell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata\ninclusione nel novero delle aree idonee; \n in attesa della disciplina di cui ai menzionati decreti\nattuativi, le aree idonee sono individuate ex lege dal medesimo\ndecreto legislativo. \n 62. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29 della\npresente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno 2024 non ha\ninnovato il concetto di area non idonea contenuto nelle linee guida\ndi cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Queste, infatti,\ncontinuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione non\ncompatibili con l\u0027insediamento [...] di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti». Detta incompatibilita\u0027, tuttavia, non si\ntraduce in una preclusione assoluta, bensi\u0027 in «una elevata\nprobabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione», che dovra\u0027 comunque risultare all\u0027esito di specifica\nistruttoria. Ne consegue che, sotto tale profilo, la definizione\ncontenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il concetto\ndi area non idonea quale gia\u0027 enucleato dalle linee guida. \n 63. In contrasto con tali indicazioni, l\u0027art. 1, comma 5, della\nlegge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce che «E\u0027 vietata la\nrealizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non\nidonee cosi\u0027 come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai\ncommi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli articoli\n117, primo e terzo comma della Costituzione in relazione agli\narticoli 20 del decreto legislativo n. 199/2021, alle disposizioni\ndel decreto ministeriale 21 giugno 2024, nonche\u0027 al principio di\nmassima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabile\ncome emergente dalla disciplina unionale sopra richiamata.\nL\u0027inadeguatezza di una determinata area o di un determinato sito ad\nospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo\u0027 derivare da\nuna qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma puo\u0027\nsoltanto conseguire all\u0027esito di un procedimento amministrativo che\nconsenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in\nragione delle relative specificita\u0027. \n 64. L\u0027impatto di un divieto di tale portata e\u0027, inoltre, del\ntutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite\nall\u0027individuazione delle zone disponibili per l\u0027installazione degli\nimpianti che, a termini dell\u0027art. 15-ter, par. 1, secondo periodo,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle\ntraiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata\ndelle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani\nnazionali per l\u0027energia e il clima presentati a norma degli articoli\n3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». \n 65. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni\ndell\u0027art. 1, comma 5, lette in combinato disposto con gli allegati\nalla legge, prevedono una sterminata casistica di aree vietate, con\nun elenco di quarantacinque pagine, definite peraltro sulla base di\nastratte esigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi\nconcreti, ricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente\ntutelati, ma sostanzialmente la maggior parte del territorio\nregionale (cfr. ad es. riferimenti agli «Ulteriori elementi con\nvalenza storico - culturale, di natura archeologica, architettonica e\nidentitaria, quali beni potenziali non ricompresi nel piano\npaesaggistico vigente al momento dell\u0027entrata in vigore della\npresente legge, ed aree circostanti che distano meno di 3 chilometri,\nin linea d\u0027aria» - allegato A, lettera bb), allegato B, lettera y),\nallegato C, lettera bb), allegato D, lettera aa), allegato E, lett.\nbb)). Come dedotto dalla parte ricorrente, non smentita sul punto\ndalle parti intimate, la rete dei divieti previsti dalla legge\nregionale comprende circa il 98% del territorio regionale. \n 66. Peraltro, in forza dell\u0027art. 32 del regolamento (UE)\n2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu\u0027 punti di\nriferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e\n2027 non sono stati raggiunti, gli stati membri che nel 2022, 2025 e\n2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali possono essere tenuti all\u0027adozione di misure\nsupplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile\nistituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di\nenergia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente\ndalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del\nterritorio di una regione alla possibilita\u0027 di installare impianti\nFER potrebbe, pertanto, implicare l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove\nostacoli il raggiungimento degli obiettivi. \n 67. Nella misura in cui puo\u0027 ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione\ncritica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti\nclimatici dell\u0027Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi\ndell\u0027art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni\ncompetenti dell\u0027Unione e gli stati membri assicurano il costante\nprogresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento, nel\nrafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita\u0027\nai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di\nParigi». \n Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n 68. Come precisato dalla Commissione europea nella comunicazione\nCOM(2021)82 final sulla nuova strategia dell\u0027UE per l\u0027adattamento ai\ncambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di\ncrescita dell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla\nconsapevolezza che la trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che\nla mancata azione ha un costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la\npropria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -\nimpegnandosi a raggiungere la neutralita\u0027 climatica - e prepararsi al\nmeglio - puntando ad azioni di adattamento piu\u0027 ambiziose che si\nfondano sulla strategia dell\u0027UE di adattamento del 2013. La visione a\nlungo termine prevede che nel 2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente\nai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti\ndei cambiamenti climatici. Cio\u0027 significa che entro il 2050, anno in\ncui l\u0027Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita\u0027 climatica,\navremo rafforzato la capacita\u0027 di adattamento e ridotto al minimo la\nvulnerabilita\u0027 agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con\nl\u0027accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il\nraggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie\nrinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento centrale per\nconseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica,\nche potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,\ncome quella censurata, che vieta in assoluto la realizzazione di\nimpianti FER in aree non idonee. \n 69. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di\nintegrazione di cui all\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea e all\u0027art. 37 della Carta di Nizza, secondo cui\n«Le esigenze connesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere\nintegrate nella definizione e nell\u0027attuazione delle politiche e\nazioni dell\u0027Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo\nsviluppo sostenibile». L\u0027integrazione ambientale in tutti i settori\npolitici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a ridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli\nobiettivi ambientali e climatici. La previsione in generale delle\naree non idonee come zone vietate solleva sul punto notevoli\nperplessita\u0027, in quanto non istituisce alcuna forma di possibile\nbilanciamento tra i valori in gioco, sancendo un\u0027indefettibile\nprevalenza dell\u0027interesse alla conservazione dello stato dei luoghi,\nin contrasto con l\u0027obiettivo del decreto stesso di promuovere l\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili. \n 70. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata\nconfligge con il principio di proporzionalita\u0027, con violazione anche\ndell\u0027art. 3 della Costituzione come la Corte di giustizia ha piu\u0027\nvolte ribadito, «il principio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio\ngenerale del diritto comunitario che dev\u0027essere rispettato tanto dal\nlegislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici\nnazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il sindacato di\nproporzionalita\u0027 costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di\nragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza\ncostituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi\ncostituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027\ntali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in\nmisura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato\ncostituzionale. Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio\ndeve svolgersi \"attraverso ponderazioni relative alla\nproporzionalita\u0027 dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua\ninsindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle esigenze obiettive da\nsoddisfare o alle finalita\u0027 che intende perseguire, tenuto conto\ndelle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti\"\n(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita\u0027 utilizzato\nda questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali\neuropee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale\nstrumento della Corte di giustizia dell\u0027Unione europea per il\ncontrollo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli atti dell\u0027Unione e\ndegli stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di\nscrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di applicazione stabilite,\nsia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente\nperseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate, prescriva quella\nmeno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non\nsproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte\ncostituzionale, sentenza n. 1 del 2014). \n 71. Inoltre, ai sensi dell\u0027art. 9 della Costituzione la\nRepubblica tutela l\u0027ambiente, la biodiversita\u0027 e gli ecosistemi\n«anche nell\u0027interesse delle future generazioni», con cio\u0027\nincorporando il principio di sviluppo sostenibile nell\u0027ambito dei\nprincipi fondamentali in materia di tutela ambientale.\nL\u0027incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al\ndivieto in esame, contrasta, pertanto, con l\u0027art. 3 della\nCostituzione, nonche\u0027 con l\u0027art. 9 citato e con la consolidata\ngiurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti\nfondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di\nintegrazione reciproca e non e\u0027 possibile pertanto individuare uno di\nessi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve\nessere sempre \"sistemica e non frazionata in una serie di norme non\ncoordinate ed in potenziale conflitto tra loro\" (sentenza n. 264 del\n2012). Se cosi\u0027 non fosse, si verificherebbe l\u0027illimitata espansione\ndi uno dei diritti, che diverrebbe \"tiranno\" nei confronti delle\naltre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e\nprotette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni\ndemocratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e\nvicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza\npretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di\nequilibrio, proprio perche\u0027 dinamico e non prefissato in anticipo,\ndeve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme\ne dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di\nproporzionalita\u0027 e di ragionevolezza, tali da non consentire un\nsacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte costituzionale,\nsentenza n. 85 del 2013). \n 72. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all\u0027art.\n7, comma 3, alle regioni che, «nell\u0027applicazione del presente comma\ndeve essere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la\ngaranzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A\ndell\u0027art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare che,\nanche prima dell\u0027entrata in vigore del decreto legislativo n.\n199/2021, l\u0027orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel\nsenso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via\ngenerale e astratta, la non idoneita\u0027 di intere aree di territorio o\na imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni\n(Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). Per costante\ngiurisprudenza della Corte, infatti, le regioni e le province\nautonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati\ndal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177\ndel 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie, racchiusi nel\ncitato decreto legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di\nattuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). \n 73. I divieti posti dalla Regione Sardegna, e in particolare\nl\u0027art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C, D ed E,\nviolano pertanto i principi fondamentali posti dallo Stato nella\nmateria di legislazione concorrente «produzione, trasporto e\ndistribuzione nazionale dell\u0027energia», di cui all\u0027art. 117, terzo\ncomma, della Costituzione, espressi dal decreto legislativo n. 199\ndel 2021, nonche\u0027 dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 e\ncontrastano con gli articoli 3, 9, 11 e 117, primo comma, della\nCostituzione, in quanto incidono sul raggiungimento degli obiettivi\ndi decarbonizzazione fissati a livello europeo. \n 74. L\u0027art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni della legge si\napplicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le aree e le\nsuperfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso\ndi valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o\nstatale ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica\nirreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge addirittura\nincide sui titoli autorizzatori e abilitativi gia\u0027 rilasciati,\ncomminandone l\u0027inefficacia, mentre in relazione ai progetti gia\u0027\nrealizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di rifacimento,\nintegrale ricostruzione, potenziamento [...] sono ammessi solo\nqualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata,\nnonche\u0027, nel caso di impianti eolici, un aumento dell\u0027altezza totale\ndell\u0027impianto». Ne deriva la violazione dei principi di uguaglianza,\ncertezza del diritto e del legittimo affidamento, nonche\u0027 il diritto\ndi liberta\u0027 di iniziativa economica di cui all\u0027art. 41 della\nCostituzione. Il legislatore regionale, infatti, ha imposto\nl\u0027indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori,\nsenza differenziare la posizione di coloro che non hanno ancora\npresentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e gia\u0027 sottoposto\nalla valutazione dell\u0027autorita\u0027 amministrativa sostenendo i relativi\ncosti di progettazione ovvero che abbiano gia\u0027 ottenuto le\nautorizzazioni e iniziato a sostenere i costi di realizzazione. In\nrelazione ai progetti gia\u0027 realizzati, inoltre, la disciplina\nregionale da\u0027 luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le\naree interessate dal progetto gia\u0027 realizzato e quelle contermini si\ntrasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il soggetto\ngia\u0027 titolare di un impianto, infatti, verrebbe privato della\npossibilita\u0027 di apportare modifiche a detto impianto che ne\ndeterminino in qualunque modo l\u0027aumento della superficie occupata\novvero dell\u0027altezza totale (per gli impianti eolici), senza che\nassumano alcuna rilevanza la qualificazione dell\u0027area (idonea, non\nidonea, ordinaria) e l\u0027entita\u0027 delle modifiche, con violazione dei\nprincipi di uguaglianza, di ragionevolezza e di legittimo\naffidamento. \n 75. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza\ncostituzionale il valore del legittimo affidamento, che trova\ncopertura costituzionale nell\u0027art. 3 della Costituzione, non esclude\nche il legislatore possa adottare disposizioni che modificano in\nsenso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti\ngiuridici, anche se l\u0027oggetto di questi sia costituito da diritti\nsoggettivi perfetti. Cio\u0027 puo\u0027 avvenire, tuttavia, a condizione «che\ntali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale,\nfrustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi\nprecedenti, l\u0027affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da\nintendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (ex\nplurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014, n. 154\ndel 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;\nordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di specie, invece, la Regione\nSardegna ha emanato una legge che contravviene ai principi\nfondamentali della materia, quali derivanti dagli obblighi\nrinvenienti dall\u0027appartenenza dell\u0027Italia all\u0027Unione europea e dalla\nrelativa normativa statale di attuazione, senza preoccuparsi di\noperare alcun bilanciamento con tutti i valori in gioco, recedendo\nsoltanto di fronte all\u0027impossibilita\u0027 di fatto di ripristinare lo\nstatus quo. \n 76. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di\nimparzialita\u0027 e buon andamento dell\u0027amministrazione, e quindi\ndell\u0027art. 97 della Costituzione. Oltre all\u0027irragionevole impatto che\nla suddetta normativa determina su procedimenti gia\u0027 definiti, essa\nosta, infatti, a qualsivoglia possibilita\u0027 di realizzare, in sede\namministrativa, il piu\u0027 opportuno bilanciamento degli interessi in\ngioco. A tale riguardo, non e\u0027 secondario osservare che, ai sensi\ndell\u0027art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree non\nincluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee\nall\u0027installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,\nin sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero\ndelle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata\n«in sede di pianificazione territoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli\nprocedimenti» attesta che la riserva di procedimento amministrativo\nper la dichiarazione di non idoneita\u0027, oltre che prevista dalle linee\nguida, e\u0027 sancita a livello di normazione primaria anche nel regime\ndi cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell\u0027art. 20, comma\n1, del decreto, con conseguente impossibilita\u0027 per le regioni di\nimpedire che tale valutazioni si compia mediante il divieto,\nstabilito in via generale e astratta per legge, di realizzare gli\nimpianti nelle aree non idonee. \n 77. Non soccorre, al riguardo, la peculiare procedura prevista\ndall\u0027art. 3 della legge che consente, su istanza dei comuni\ninteressati, di proporre un\u0027istanza propedeutica alla realizzazione\ndi un impianto o di un accumulo FER all\u0027interno di un\u0027area\nindividuata come non idonea. Tale istanza, che gia\u0027 sotto il profilo\ndella previsione dell\u0027esclusiva competenza propositiva del comune\nsuscita perplessita\u0027 per la commistione tra profili di valutazione\npolitica e amministrativa, da\u0027 luogo a una procedura, da svolgersi in\nsede di Conferenza di servizi, in cui e\u0027 pero\u0027 prevista l\u0027unanimita\u0027\nai fini della realizzazione dell\u0027intervento e l\u0027inapplicabilita\u0027\ndell\u0027istituto del silenzio-assenso, dipartendosi all\u0027ordinario\nfunzionamento della Conferenza dei servizi e del silenzio\nsignificativo di cui alla disciplina statale sul procedimento\namministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla cui\nviolazione discende il contrasto con l\u0027art 117, secondo comma,\nlettera m), che attribuisce alla Stato la potesta\u0027 legislativa\nesclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni\nconcernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su\ntutto il territorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che\nl\u0027art. 29, comma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che\n«Attengono [...] ai livelli essenziali delle prestazioni di cui\nall\u0027art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le\ndisposizioni della presente legge concernenti la presentazione di\nistanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di\ninizio attivita\u0027 e il silenzio assenso e la Conferenza di servizi,\nsalva la possibilita\u0027 di individuare, con intese in sede di\nConferenza unificata di cui all\u0027art. 8 del decreto legislativo 28\nagosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in\ncui tali disposizioni non si applicano», mentre ai sensi del comma\n2-quater «Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i\nprocedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire\ngaranzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni\nattinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi\n2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con\nobbligo per le regioni a statuto speciale e le provincie autonome di\nadeguare la propria legislazione a tali previsioni. \n 78. Non c\u0027e\u0027 dubbio che la legge regionale sarda rechi un livello\ninferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla disciplina\nstatale, imponendo l\u0027unanimita\u0027 dei consensi ed escludendo\nl\u0027operativita\u0027 del silenzio-assenso. \n 79. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un\nindirizzo consolidato del giudice costituzionale, «\"[s]petta alla\nlegislazione statale determinare presupposti e caratteristiche\ndell\u0027autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle\nsemplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza\ndelle opere sul valore intangibile dell\u0027ambiente» (sentenza n. 246\ndel 2017). Si e\u0027, inoltre, affermato che «la legislazione regionale\nnon puo\u0027 prevedere una procedura per l\u0027autorizzazione paesaggistica\ndiversa da quella dettata dalla legislazione statale, perche\u0027 alle\nregioni non e\u0027 consentito introdurre deroghe agli istituti di\nprotezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole\nsu tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere\nannoverata l\u0027autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 189 del 2016;\nnello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101\ndel 2010 e n. 232 del 2008)» (Corte costituzionale, sentenza n.\n74/2021). \n 80. La procedura prevista dall\u0027art. 3 della legge regionale\nSardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree\nsottoposte a tutela culturale o paesaggistica per le quali la\nnormativa statale (articoli 21 e 146 del testo unico dei beni\nculturali) fissa, per esigenze di uniformita\u0027 di trattamento, un\nprocedimento autorizzatorio apposito da parte della soprintendenza\ncompetente, si pone anche in contrasto con l\u0027art. 117, comma 2,\nlettera s), della Costituzione, che assegna alla competenza\nlegislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela\ndell\u0027ambiente, dell\u0027ecosistema e dei beni culturali». \n 81. Peraltro, la predetta disciplina e\u0027 in ogni caso un diretto\nportato dell\u0027illegittimo divieto generalizzato di realizzare gli\nimpianti in aree non idonee e non puo\u0027, pertanto, sfuggire alle\nmedesime censure suesposte. \n 82. Per tutto quanto sopra, va sollevata questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3,\nnonche\u0027 dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della\nRegione autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli\narticoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e s), e 3,\ndella Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento\n(UE) 2021/1119, e altresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n.\n3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. \n\n \n P.Q.M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione\nterza) cosi\u0027 dispone: \n a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche\u0027 dei\nrelativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma\ndella Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11,\n41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e s), e 3, della Costituzione,\nanche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla\ndirettiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE) 2021/1119, e\naltresi\u0027 dell\u0027art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e degli\narticoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; \n b) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n c) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle\nparti in causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente della\nRegione autonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio\nregionale sardo; \n d) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente ordinanza. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 5\nfebbraio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente; \n Luca Biffaro, referendario; \n Marco Savi, referendario, estensore. \n \n Il Presidente: Stanizzi \n \n \n L\u0027estensore: Savi","elencoNorme":[{"id":"63217","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"lrsa","denominaz_legge":"legge della Regione autonoma 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