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L\u0027incidente di esecuzione. \n    L\u0027avv. Benedetto Buratti del  Foro  di  Roma  presentava  istanza\nnell\u0027interesse di F        B        , volta  ad  ottenere  la  revoca\ndella confisca per equivalente applicata con la sentenza n.  340\\2017\n- definitiva il 27 febbraio 20219 e, per l\u0027effetto,  la  restituzione\ndei beni di cui alla richiesta. \n    Le  ragioni  fondanti  la  tesi  difensiva  erano   plurime   ma,\nprevalentemente, si sostanziavano sull\u0027inapplicabilita\u0027  di  siffatta\nconfisca  in  presenza  di  una  sentenza  di  applicazione  pena  su\nrichiesta delle parti. In particolare: \n      trattandosi di confisca  per  equivalente,  la  stessa  avrebbe\nnatura  di  sanzione  penale  e  non  di  misura  di  sicurezza.   Ne\nderiverebbe la violazione del principio di legalita\u0027 e prevedibilita\u0027\n- cosi\u0027 come declinato dall\u0027art. 7 CEDU - poiche\u0027 applicata a seguito\ndi una sentenza ex art.  444  codice  di  procedura  penale  che  non\ncontiene un accertamento sulla responsabilita\u0027 penale; \n      la sentenza di applicazione pena su richiesta delle  parti  non\npuo\u0027 essere equiparata ad una sentenza di condanna  e,  percio\u0027,  non\npuo\u0027 comportare l\u0027applicazione di tale particolare  confisca  a  meno\nche non sia espressamente indicato dal  legislatore.  Diversamente  -\nattesa la natura sostanziale di pena - si determinerebbe  un\u0027analogia\nin malam partem; \n      non essendo sufficientemente chiara la base legale, la confisca\napplicata a B determinava un\u0027illegittima ingerenza nel godimento  dei\nbeni, in violazione dell\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU; \n      oltre a questo,  la  misura  ablativa  si  rivelava  del  tutto\nsproporzionata perche\u0027 parametrata al valore  del  negozio  giuridico\nsotteso al delitto di ricettazione e non  al  profitto  concretamente\nrealizzato dal condannato. \n    Il pubblico ministero si opponeva alla richiesta  avanzata  dalla\nDifesa precisando come - dopo ben tredici udienze  celebrate  dinanzi\nal  GUP  (di  cui  depositava  i  verbali),  nelle  quali  le   parti\ndiscutevano proprio sull\u0027applicabilita\u0027 o  meno  della  confisca  per\nequivalente - non potesse porsi  un  problema  di  prevedibilita\u0027  in\nconcreto. \n    Quanto poi alla  natura  sanzionatoria  assegnata  alla  confisca\ndalle pronunce della Corte EDU, il pubblico ministero  rilevava  come\nsi trattasse di un orientamento giurisprudenziale che, come tale, era\ninidoneo a travolgere il giudicato. \n    Oltre a questo, insisteva  sul  fatto  che  la  lettura  testuale\ncomplessiva dell\u0027art. 11 legge  n.  146\\2006  non  limitasse  affatto\nl\u0027applicazione della confisca per equivalente all\u0027ipotesi di sentenza\ndi condanna e che i beni sui quali si consolidava  il  vincolo  erano\ngia\u0027 tutti sottoposti a sequestro preventivo, nel momento in cui  gli\n(allora) imputati avevano avanzato istanza di  definizione  ai  sensi\ndell\u0027art. 444 codice di procedura penale. \n    Le  argomentazioni  prospettate  dalle  parti  sono   plurime   e\ncomplesse, pertanto richiedono una trattazione ordinata. \n2. Il giudicato. \n    In primo luogo, occorre rilevare quale sia l\u0027ambito di formazione\ndel giudicato. \n    Con la sentenza n. 340\\2017, il G.U.P;  presso  il  Tribunale  di\nArezzo applicava - tra gli altri - a F              B              la\npena concordata con il pubblico ministero titolare del fascicolo.  In\ntale pronuncia, il Giudice: \n      escludeva la sussistenza di elementi rilevanti  ai  fini  della\npronuncia ex art. 129 codice di procedura penale (pag. 36); \n      riteneva sussistenti i fatti nella loro storicita\u0027 (pag. 37); \n      affermava la correttezza della qualificazione giuridica ad essi\nascritta - per F         B         in  relazione  ai  capi  A)  e  B)\ndell\u0027imputazione (artt. 416 e 648 c.p.) (pag. 38); \n      dichiarava la sussistenza del vincolo della continuazione tra i\nreati ascritti agli imputati (pag. 38); \n      affermava la sussistenza del requisito della  transnazionalita\u0027\n(pag. 40), in relazione ai reati-fine (pag. 48); \n      equiparava la  sentenza  di  applicazione  della  pena  ad  una\nsentenza di condanna, precisando che la pronuncia ex art. 444  codice\ndi  procedura  penale  comportasse   l\u0027applicazione   di   tutte   le\nconseguenze penali tipiche della condanna, salvo quelle espressamente\nescluse (pag. 41); \n      aggiungeva   che   l\u0027insussistenza   dei   requisiti   per   il\nproscioglimento  ex  art.  129  codice   di   procedura   penale   si\nriverberasse sulla positiva  valutazione  in  ordine  ai  presupposti\napplicativi della confisca ex art. 11 legge n. 146\\2006 (pag. 45); \n      rilevava come la Convenzione delle Nazioni  Unite  sul  crimine\ntransnazionale - ratificata con la legge n. 146\\2006 - esprimesse una\nvolonta\u0027  politico-criminale  chiara:  l\u0027estensione   massima   della\nconfisca (pag. 46); \n      oltre  a  questo,   ricorreva   all\u0027interpretazione   letterale\ndell\u0027art. 11 legge cit.: il terzo inciso era palesemente riferito  al\nsecondo, mentre il primo restava generico (pag. 47) - sembrando, piu\u0027\nche altro, che il terzo sancisse l\u0027obbligo del  giudice  di  indicare\nspecificamente i beni da apprendere in  caso  di  condanna  in  senso\nformale; \n      osservava come, trattandosi  di  reati-contratto,  il  profitto\nfosse equivalente al valore economico dell\u0027intero negozio -  pari  al\nvalore del metallo oggetto dei plurimi episodi di ricettazione  (pag.\n52); \n      confermava l\u0027applicabilita\u0027 del principio solidaristico; \n      prendeva, quale  valore  di  riferimento  per  il  calcolo  del\nprofitto, il valore medio dell\u0027oro nel periodo di  riferimento  (euro\n40,00 al grammo). \n    La Corte di cassazione con sentenza n. 16100 del 27 febbraio 2019\nrespingeva  i  ricorsi  promossi  dai   Difensori   degli   imputati,\ndeterminando cosi\u0027 la formazione del giudicato.  In  particolare,  la\nCorte di cassazione: \n      confermava la sussistenza del reato transnazionale (pag. 8)  in\nrelazione ai reati-fine; \n      rappresentava come il G.U.P.,  sebbene  non  obbligato,  avesse\nmotivato sufficientemente in merito alla insussistenza degli elementi\nper giungere ad un proscioglimento ex art. 129  codice  di  procedura\npenale (pag. 9); \n      affermava che il terzo inciso dell\u0027art. 11  legge  n.  146\\2006\n(\"in tali casi\"), dovesse intendersi riferito a tutta la norma e  non\nsolo al secondo inciso relativo al delitto di usura (pag. 12); \n      precisava, infatti, che la norma andasse letta alla luce  dello\nspirito della Convenzione delle Nazioni Unite che: a)  richiedeva  di\nprevenire e  combattere  il  crimine  transnazionale  nel  modo  piu\u0027\nefficace; b) parlava genericamente di condanna  e  condannati,  senza\nvincoli di modelli procedimentali; \n      confermava  la  congruita\u0027  del   quantum   confiscato   e   la\ncorrettezza del parametro di calcolo  preso  come  riferimento  (pag.\n18); \n      ribadiva  la  correttezza   dell\u0027applicazione   del   principio\nsolidaristico (pag. 19\\20). \n    Su  tali  basi,  il  pubblico  ministero   sosteneva   fortemente\nl\u0027intangibilita\u0027 del giudicato, non ravvisandosi le ipotesi di  legge\nche ne consentono la rimozione e trattandosi, al piu\u0027 di orientamenti\ngiurisprudenziali inidonei a metterlo in discussione,  anche  qualora\nsi faccia riferimento a pronunce  della  Corte  europea  dei  diritti\ndell\u0027uomo. \n3. L\u0027argomentazione relativa all\u0027intangibilita\u0027 del giudicato. \n    La giurisprudenza ha avuto modo di prendere posizione sul tema in\nrelazione a specifiche ipotesi, senza  pero\u0027  arrivare  a  negare  in\nmaniera  netta  ed   indiscutibile   la   rilevanza   del   mutamento\ngiurisprudenziale. \n    In un caso, la Suprema Corte (Cassazione Penale, Sez. 3, n. 32469\ndell\u00271 giugno 2023) affermava: \"in tema di reati  edilizi,  non  puo\u0027\nessere revocata, ex art. 673 codice di procedura penale, la  sentenza\nche abbia dichiarato estinta per prescrizione la  contravvenzione  di\nlottizzazione abusiva e disposto contestualmente  la  confisca  delle\nopere ad essa relative nel caso  in  cui,  in  assenza  di  \"abolitio\ncriminis\"   derivante   da   abrogazione   o   da   declaratoria   di\nillegittimita\u0027 costituzionale della norma, si verifichi un  mutamento\ndell\u0027orientamento giurisprudenziale  affermato  dalle  Sezioni  Unite\ndella Corte di Cassazione o dalla Corte EDU\". \n    Nel caso di specie, la Corte precisava  come  l\u0027istituto  di  cui\nall\u0027art. 673 codice di procedura penale -  invocato  dalla  Difesa  -\nfosse ancorato a parametri precisi (abrogazione  o  dichiarazione  di\nillegittimita\u0027  costituzionale  della  norma   incriminatrice),   non\nsuscettibili di interpretazione estensiva. La Corte,  richiamando  la\nsentenza  230\\2012  della  Corte  costituzionale,  escludeva  che  la\nretroattivita\u0027  della  lex  mitior  potesse  riferirsi  ai  mutamenti\ngiurisprudenziali, come il principio di intangibilita\u0027 del  giudicato\ngarantisse la certezza dei rapporti  giuridici  e  come  le  pronunce\ndella  Suprema  Corte  a  Sezioni  Unite   avessero   una   efficacia\nesclusivamente persuasiva e non cogente (pagg. 5 e 6). \n    Concludeva, al paragrafo 2.2.2. (pag. 7) che, in  ogni  caso,  le\npronunce della Corte EDU non  producono  alcuna  diretta  conseguenza\nsulle fattispecie incriminatrici. \n    Vi e\u0027 da dire, pero\u0027, che in quel caso  il  parametro  richiamato\ndal ricorrente era quello dell\u0027art. 673 codice di procedura penale e,\ndunque, le argomentazioni svolte dalla Corte risultano ineccepibili. \n    Ma circoscritte a quella specifica norma  e  non  estendibili  al\ncaso di specie. \n    Analogamente, Cassazione Penale, Sez. 6, n. 19429  del  3  maggio\n2022: \"non puo\u0027 essere fatta valere  come  ipotesi  di  revisione  la\ninutilizzabilita\u0027  sopravvenuta   delle   intercettazioni   poste   a\nfondamento della decisione derivante dal mutamento  giurisprudenziale\ndi  cui  alle  Sez.  U  \"                \"   del   2019,   successivo\nall\u0027irrevocabilita\u0027 della  sentenza,  trattandosi  del  risultato  di\nun\u0027evoluzione esegetica, conducente ad una rivalutazione delle  prove\ngia\u0027 assunte, inidoneo a travolgere il giudicato\". \n    Nel caso in parola, la Corte  affermava  l\u0027inapplicabilita\u0027,  nel\ngiudizio di revisione,  del  mutamento  giurisprudenziale  favorevole\nsuccessivo al giudicato, poiche\u0027  coinvolgente  la  rivalutazione  di\nprove la cui utilizzabilita\u0027 non era stata eccepita nel  giudizio  di\ncognizione. \n    Anche in questo caso, pero\u0027, vengono in rilievo  le  peculiarita\u0027\nproprie del giudizio di revisione e la circostanza che  la  questione\nnon fosse mai stata eccepita prima di allora. \n    Nel procedimento che ha visto coinvolto F           B           ,\ninvece,  la  questione   dell\u0027applicabilita\u0027   della   confisca   per\nequivalente in presenza  di  una  sentenza  ex  art.  444  codice  di\nprocedura penale e\u0027 stata sollevata e trattata in molteplici udienze,\nsollevata dinanzi ai Giudici di legittimita\u0027 e, oggi, con l\u0027incidente\ndi esecuzione. \n    E proprio in tema  di  incidente  di  esecuzione,  si  registrava\nun\u0027apertura da parte della Corte di Cassazione. \n    Le Sezioni Unite, con sentenza n.  18288  del  21  gennaio  2010,\naffermavano che il requisito dei \"nuovi  elementi\"  -  indispensabili\nquali condizione di ammissibilita\u0027 ex art.  666  comma  2  codice  di\nprocedura penale - dovesse  intendersi  riferito:  a)  sia  ai  nuovi\nelementi di fatto; b) che ai nuovi elementi di diritto. \n    Tra i nuovi  elementi  di  diritto,  deve  annoverarsi  anche  il\nmutamento giurisprudenziale a Sezioni Unite; cio\u0027 perche\u0027  \"s\u0027impone,\ninvece, una  interpretazione  sistematica  dell\u0027art.  666  codice  di\nprocedura  penale,  comma  2  alla  luce  delle  disposizioni   della\nConvenzione europea dei diritti  dell\u0027uomo  (CEDU),  con  particolare\nriferimento al principio di legalita\u0027 penale di cui all\u0027art. 7, cosi\u0027\ncome  interpretato  dalla  giurisprudenza  comunitaria,  in  modo  da\nsoddisfare l\u0027esigenza di  una  interazione  dialogica  tra  attivita\u0027\nermeneutica  del  giudice  nazionale  e  di  quello  europeo,   nella\nprospettiva della piu\u0027 completa tutela dei diritti fondamentali della\npersona\" (par 5, ultimo capoverso). \n    A ben vedere, che l\u0027orientamento giurisprudenziale consolidato  e\nquello espresso dalla Suprema Corte a Sezioni  Unite  abbia  un  peso\nsempre maggiore, si ricava non  solo  dagli  obblighi  internazionali\npattizi, ma anche dall\u0027art.  618  comma  1-bis  codice  di  procedura\npenale. \n    Il diritto vivente e\u0027, infatti, espressione  dell\u0027interpretazione\nche il giudice da\u0027 alla norma e l\u0027articolo citato pare assimilare  il\n\"diritto  giurisprudenziale\"  a  quello  positivo;  anche  se,   come\nprecisato da Cassazione a Sezioni Unite n. 8052 del 26 ottobre  2023:\n\"un  consolidamento  della  funzione  nomofilattica  della  Corte  di\ncassazione attraverso il ruolo rafforzato che  viene  assegnato  alle\nSezioni Unite, le  cui  sentenze  possono  avere  valore  formale  di\nprecedente nei confronti delle altre Sezioni  penali  della  Corte  a\ndeterminate condizioni ed entro  certi  limiti,  un  precedente  che,\nancorche\u0027 fluido e superabile, produce  un  vincolo  ed  esprime  una\nregola    di    stabilizzazione    rispetto    alla    quale    viene\nprocedimentalizzato l\u0027eventuale dissenso della Sezione semplice\". \n    Insomma, il vincolo del precedente opera per le sezioni  semplici\ndella Corte di cassazione, ma non  per  il  giudice  di  merito.  Per\nquest\u0027ultimo,  resta  pero\u0027  quella  nota  efficacia  persuasiva  dei\npronunciamenti a Sezioni Unite. \n    E proprio nelle S.U.            , la Corte aggiunge: \"il rispetto\ndei requisiti qualitativi di accessibilita\u0027  e  prevedibilita\u0027  della\nnorma e\u0027 conseguente al grado di precisione non  solo  del  testo  di\nlegge, ma anche alla  stabilizzazione  dell\u0027orientamento  ermeneutico\ninterno che quella disposizione scolpisce nella sua portata.  Non  si\ntratta  di  equiparare  il  diritto  vivente  alla   legge,   quanto,\npiuttosto, di  riconoscere  al  primo  un  ruolo,  una  funzione  che\ninterferisce  con  la  ragionevole  prevedibilita\u0027  delle   decisioni\nfuture\" (Cassazione S.U. n. 8052 del 26 ottobre 2023). \n    A tale conclusione, la  Suprema  Corte  giunge  proprio  in  base\nall\u0027interpretazione  data  dalla   Corte   EDU   all\u0027art.   7   della\nConvenzione: \"per effetto  dell\u0027esplicito  riferimento  al  \"diritto\"\n(\"law\u0027\u0027) - e non soltanto alla \"legge\" - contenuto  nell\u0027art.  7,  la\ngiurisprudenza di Strasburgo, infatti, ha inglobato nel  concetto  di\nlegalita\u0027 sia il diritto di  produzione  legislativa  che  quello  di\nderivazione  giurisprudenziale,  riconoscendo  al  giudice  un  ruolo\nfondamentale nella individuazione  dell\u0027esatta  portata  della  norma\npenale, il cui significato e\u0027 reso esplicito  dalla  combinazione  di\ndue dati, quello legislativo e quello interpretativo  (cfr.  sentenze\ndella Corte EDU 24 aprile 1990, caso Kruslin c/ Francia, 12  febbraio\n2008, caso Kajkaris c/ Cipro;  15  novembre  1996,  caso  Cantoni  c/\nFrancia; 25 maggio 1993, caso Kokkinakis  c/  Grecia).  Tale  visione\nsostanziale del principio di legalita\u0027 si confronta peraltro, secondo\nla  giurisprudenza  della  Corte  EDU,  con  particolari   condizioni\nqualitative,  quali  l\u0027accessibilita\u0027  della  norma   penale   e   la\nragionevole prevedibilita\u0027 delle sue conseguenze (cfr. sentenze Corte\neuropea Cantoni c/ Francia succitata; 22 novembre 1995, caso  S.W.  e\nC.R. c/  Regno  Unito;  29  marzo  2006,  caso  Achour  c/  Francia)\"\n(Cassazione S.U. n. 18288 del 21 gennaio 2010). \n    Visione sostanziale del principio  di  legalita\u0027.  Questo  e\u0027  il\npunto. \n    E proprio le norme della CEDU - nel significato  loro  attribuito\ndalla Corte europea dei diritti dell\u0027uomo,  specificamente  istituita\nper dare ad esse interpretazione ed applicazione  -  integrano  quali\nnorme interposte il parametro costituzionale espresso dall\u0027art.  117,\ncomma 1 Cost. (Corte  Cost.  n.  264\\2012)  e  la  loro  peculiarita\u0027\nconsiste proprio nella soggezione a tale interpretazione, alla  quale\ngli   Stati    contraenti,    salvo    l\u0027eventuale    scrutinio    di\ncostituzionalita\u0027, sono vincolati  ad  uniformarsi  (Corte  Cost.  n.\n39\\2008). \n    E quanto alla rilevanza del mutamento giurisprudenziale: \"quando,\nnelle more di un giudizio incidentale, la giurisprudenza della  Corte\nEDU  attribuisce  alla  norma  convenzionale  interposta   un   nuovo\nsignificato, con potenziale effetto sui presupposti  della  questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale, gli atti devono essere restituiti  al\ngiudice a quo, affinche\u0027 proceda ad una valutazione della  perdurante\nrilevanza   della   questione,   alla   luce   della   giurisprudenza\ncostituzionale sopravvenuta\" (Corte Cost. sentenza n. 43\\2018). \n    Se dunque le pronunce della Corte europea dei  diritti  dell\u0027uomo\nnon sono idonee a travolgere direttamente il giudicato, sono pero\u0027 in\ngrado - in presenza  di  orientamenti  consolidati  -  di  consentire\nall\u0027interprete di verificare la legalita\u0027 o meno di una misura. \n    Quindi, nel caso di specie, non si  tratta  di  affermare  se  un\nsuccessivo mutamento giurisprudenziale possa travolgere il giudicato.\nBensi\u0027 di capire se: \n      con specifico riferimento alla  confisca  di  cui  all\u0027art.  11\nlegge n. 146\\2006, si sia in presenza di una pena o meno - secondo  i\nparametri stabiliti dalla Corte EDU e dalla giurisprudenza interna; \n      in base  alla  conclusione  raggiunta,  se  la  norma  invocata\nrispetti il canone  della  prevedibilita\u0027  e  della  legalita\u0027,  come\ndescritto nella CEDU ed interpretato dalla Corte. \n    Non   si   tratta   quindi   dell\u0027incidenza   di   pronunciamenti\ngiurisprudenziali, anche  successivi,  su  una  confisca  definitiva,\nbensi\u0027 di  verificare  se  la  norma  invocata  e  su  cui  si  fonda\nl\u0027ablazione rispetti i parametri sovranazionali, conferendo legalita\u0027\nalla misura applicata al ricorrente. \n    Tale verifica passa  inevitabilmente  per  la  valutazione  sulla\nnatura della sentenza di applicazione pena ed il confronto tra questa\ne quella di condanna pronunciata all\u0027esito di un  dibattimento  o  di\nrito abbreviato. \n    *Gli argomenti a sostegno della non manifesta infondatezza  della\nquestione. \n4. La confisca ex art. 11 legge n. 146\\2006. \n    L\u0027importanza di indagare sulla natura giuridica di un istituto e\u0027\nevidenziata dalla stessa Corte costituzionale, allorquando  sconfessa\nl\u0027assunto  per  il  quale  ogni   misura   limitativa   dei   diritti\nfondamentali applicati da un giudice penale in connessione a un fatto\ndi reato ha natura punitiva; infatti, \"la natura delle varie forme di\nconfisca deve essere valutata in relazione allo specifico  oggetto  e\nalla relativa finalita\u0027\". \n    Il discrimine risiede, dunque, nella finalita\u0027: se  la  misura  -\nper come concepita dal legislatore -  sia  tesa  a  neutralizzare  il\npericolo di commissione di nuovi  fatti  previsti  dalla  legge  come\nreato o se sia tesa a punire per il fatto gia\u0027 commesso (Corte  Cost.\nn. 5\\2023). \n    La  Corte  di  Strasburgo  ha  fatto   propria   una   concezione\nautonomista tanto di pena, quanto di accusa penale,  fornendo  alcuni\ncriteri (noti come \"Engel criteria\" -  Engel  v.  Pesi  Bassi  dell\u00278\ngiugno 1976):  in  partica,  indipendentemente  dalla  qualificazione\nascritta dal  diritto  interno,  l\u0027interprete  dovra\u0027  guardare  alla\nnatura dell\u0027illecito, alla gravita\u0027 della sanzione - desumibile dallo\nscopo,  preventivo  o  repressivo  -  nonche\u0027  dal  procedimento   di\napplicazione della sanzione. \n    Se e\u0027 vero (in  base  a  quanto  argomentato  nel  paragrafo  che\nprecede) che l\u0027ordinamento nazionale deve  accedere  ad  una  visione\nsostanziale del principio di legalita\u0027 (come imposto  dalla  CEDU)  e\nche tale visione presuppone che la prevedibilita\u0027 della norma dipenda\nanche dalla giurisprudenza - che  definisce  l\u0027esatta  portata  della\nnorma penale - occorre allora chiedersi quanto siano consolidati  gli\norientamenti in materia di confisca per equivalente. \n    Con la sentenza n. 10561 del 30 gennaio 2014 (Gubert),  la  Corte\ndi Cassazione a Sezioni Unite si pronunciava sul sequestro preventivo\nfinalizzato  alla  confisca  per  equivalente  in  materia  di  reati\ntributari e, in particolare,  se  questa  potesse  estendersi,  oltre\nall\u0027imputato persona fisica, anche alla  persona  giuridica  (per  le\nviolazioni commesse dal legale rappresentante). \n    Nel   riconoscerne   la   natura   eminentemente    sanzionatoria\ndell\u0027istituto di cui all\u0027art. 322-ter codice penale - gia\u0027 in  vigore\nnella sua attuale formulazione - (come del resto gia\u0027  anticipato  da\nCassazione S.U. n. 18374 del 31  gennaio  2013,             -  ultimo\ncapoverso del par. 2.8. pag. 14) e  delle  ipotesi  di  confisca  che\nespressamente   lo   richiamano,   la   Suprema    Corte    escludeva\nl\u0027applicazione di tale misura nei confronti della persona  giuridica,\nsul presupposto che il decreto legislativo 231\\2001 contemplasse solo\nuna   responsabilita\u0027   amministrativa   dell\u0027ente    e    non    una\nresponsabilita\u0027 penale; in sostanza,  la  societa\u0027  non  essendo  mai\nautore del reato - ne\u0027 concorrente nello stesso  -  non  puo\u0027  essere\ndestinataria di una misura integrante una pena (secondo  i  parametri\nofferti dalla CEDU). \n    Con la sentenza n. 31617 del 26 giugno  2015  (            ),  le\nSezioni Unite ribadivano la natura  sanzionatoria  dell\u0027art.  322-ter\ncodice penale - e di conseguenza di tutte le norme che ne  richiamano\nl\u0027applicazione - perche\u0027 \"connotata dal carattere afflittivo e da  un\nrapporto consequenziale alla  commissione  del  reato  proprio  della\nsanzione penale, mentre esula  dalla  stessa  qualsiasi  funzione  di\nprevenzione che costituisce la principale finalita\u0027 delle  misure  di\nsicurezza\" (pag. 34). \n    Sulla scorta di tale ragionamento, la Suprema Corte escludeva che\nsi potesse applicare la confisca per equivalente in presenza  di  una\ndeclaratoria di estinzione del reato  per  intervenuta  prescrizione,\nanche qualora preceduta da una pronuncia di condanna (par.  12,  pag.\n35, riservando tale possibilita\u0027 solo alla  confisca  del  prezzo  ex\nart. 240 comma 2 n. 1 codice penale o del prezzo e del  profitto  del\nreato ex art. 322-ter  c.p.,  sempre-che  si  trattasse  di  confisca\ndiretta). \n    Venendo ai giorni  nostri,  con  la  sentenza  n.  13783  del  26\nsettembre  2024  (ricorrenti:               e                 ),   le\nSezioni Unite effettuavano dei distinguo di rilievo: \n      in primo luogo, la  confisca  diretta  si  fonda  sull\u0027idea  di\npericolosita\u0027 della cosa - intesa o come sua attitudine  a  cagionare\nun danno,  o  come  incentivo  per  il  reo  a  commettere  ulteriori\nilleciti. E\u0027 una pericolosita\u0027 di  relazione,  dunque  l\u0027istituto  e\u0027\nteso a prevenire la commissione di ulteriori reati e non ha carattere\npunitivo (pag. 14). \n    Il requisito del nesso di derivazione diretta  del  profitto  dal\nreato, opera anche per i beni costituenti \"provento\"  (cioe\u0027,  quelli\nche rappresentano il primo reimpiego di quelli che  derivano  in  via\nimmediata e diretta  dal  delitto),  purche\u0027  siano  individuati  con\ncertezza tutti i passaggi e le trasformazioni del profitto originario\n(pag. 15). \n    In tutti questi casi,  si  e\u0027  sempre  in  presenza  di  confisca\ndiretta (ndr: prevista dall\u0027art. 445  comma  1  codice  di  procedura\npenale); \n      quanto alla confisca per equivalente,  la  Corte  precisava  la\nnecessita\u0027 di una base legale,  cioe\u0027  di  una  specifica  norma  che\nconsenta di procedere con tale forma di ablazione. \n    Richiamava la Corte costituzionale  (n.  97\\2009)  che  ne  aveva\nescluso l\u0027applicazione retroattiva (alla  neo-introdotta  misura  per\ncerti reati tributari) sul presupposto della sua natura sanzionatoria\ndesumibile: a) dalla mancanza di pericolosita\u0027 dei beni  attinti;  b)\ndall\u0027assenza di un nesso di pertinenzialita\u0027 con il reato. A seguire,\nla Corte menzionava le pronunce di rilievo della  Corte  europea  dei\ndiritti dell\u0027uomo e i precedenti di legittimita\u0027 conformi (da ultimo,\nCassazione S.U. n. 4145 del 29 settembre 2022,                ); \n      la Corte aggiungeva: \"la confisca, se diretta,  sarebbe  sempre\nuna misura di sicurezza, come  tale  sottratta  alle  garanzie  della\nlegalita\u0027 penale e, invece, se per equivalente,  sarebbe  sempre  una\nsanzione, una pena, sottoposta, per tale ragione,  alle  fondamentali\ngaranzie derivanti dal principio di legalita\u0027\". Ebbene,  al  fine  di\nevitare simili affermazioni perentorie, la Corte invitava  ad  alcune\nriflessioni: \n        1) il  carattere  di  afflittivita\u0027  della  misura  puo\u0027  non\ncoincidere con quello della punizione, nel senso che se e\u0027  vero  che\nogni pena e\u0027 afflittiva, non ogni misura afflittiva e\u0027 punizione. \n        Piu\u0027 semplicemente: punizione e\u0027 sofferenza per la violazione\ndi un precetto e, in quanto tale, deve  avere  funzione  rieducativa;\ninvece, \"se l\u0027afflizione che consegue alla confisca deriva solo dalla\nmera eliminazione dal patrimonio del reo di un bene che  non  sarebbe\nstato acquisito se non fosse  stato  commesso  il  reato,  la  misura\nmantiene un carattere afflittivo ma non  assume  anche  un  contenuto\npunitivo\" (pag. 20). \n        La bonifica dal patrimonio dell\u0027agente del profitto  illecito\n- per  ribadire  che  \"il  reato  non  paga\"  e  che  l\u0027accrescimento\nderivante  da  condotte  penalmente  rilevanti  e\u0027  sempre  privo  di\nlegittima giustificazione -  spiega  il  carattere  di  afflittivita\u0027\ndella misura  per  equivalente,  ma  non  anche  quello  strettamente\npunitivo; \n        2) per spiegare  il  carattere  punitivo,  la  Suprema  Corte\nrichiamava la sentenza della Corte costituzionale n. 112\\2019,  nella\nquale  il  Giudice  delle  leggi  operava  una  distinzione  in  base\nall\u0027oggetto della confisca: se si tratta del profitto o  del  prezzo,\nanche se per equivalente, la confisca ha una funzione  essenzialmente\ndi riequilibrio, ripristinatoria; nel caso in cui invece  attenga  al\nprodotto o ai beni utilizzati, puo\u0027 assumere carattere punitivo. \n        In pratica, \"le confische assumono carattere  punitivo,  solo\nquando infliggono all\u0027autore dell\u0027illecito una limitazione al diritto\ndi proprieta\u0027 di portata superiore a  quella  che  deriverebbe  dalla\nmera ablazione  dell\u0027ingiusto  vantaggio  economico.  Dunque,  se  la\nconfisca - diretta o per equivalente - non sottrae piu\u0027 di quanto sia\nstato  conseguito  dall\u0027illecito,  essa  ha   carattere   afflittivo,\nripristinatorio, ma non anche punitivo\" (pag. 22). \n        La conseguenza  che  se  ne  trae  e\u0027  che  per  le  sanzioni\npara-penali a carattere solo afflittivo,  si  applicano  le  garanzie\nconnesse  al  principio   di   legalita\u0027,   quali   i   principi   di\nirretroattivita\u0027 e di proporzionalita\u0027 delle pene; solo a quelle  che\nsi connotino anche per il carattere  punitivo, si  applica  anche  il\nprincipio di rieducazione della pena; \n        3) se e\u0027 vero che  la  confisca  per  equivalente  ha  natura\nsanzionatoria perche\u0027 rompe il nesso di pertinenzialita\u0027 tra il  bene\ne il reato, e\u0027 anche vero che non incide sull\u0027identita\u0027  quantitativa\ndel  rapporto  tra  reato  e  reo  poiche\u0027,   con   l\u0027ablazione   per\nequivalente, si ribadisce la sua essenza recuperatoria. \n        Ne deriva  che,  in  quanto  sussidiaria  e  a  chiusura  del\nsistema, la confisca per equivalente partecipa della natura di quella\ndiretta (pag. 23). \n        Nello stesso senso si esprimeva anche la Corte costituzionale\nnella sentenza n. 7\\2025: \"Come questa Corte ha gia\u0027 avuto  occasione\ndi rilevare nella sentenza n. 5 del 2023, non  tutte  le  misure  che\nrientrano nella  competenza  del  giudice  penale  sono  soggette  al\nmedesimo statuto di garanzia. La Costituzione prevede, al  secondo  e\nal terzo comma dell\u0027art. 25, una diversa estensione del principio  di\nlegalita\u0027 in  materia,  rispettivamente,  di  pene  e  di  misure  di\nsicurezza. E persino il principio di proporzionalita\u0027 - che  pure  e\u0027\n«requisito di sistema nell\u0027ordinamento  costituzionale  italiano,  in\nrelazione a ogni atto dell\u0027autorita\u0027  suscettibile  di  incidere  sui\ndiritti fondamentali dell\u0027individuo» (sentenza n. 24 del 2019,  punto\n9.7.3.  del  Considerato  in  diritto)   -   si   declina   in   modo\nnecessariamente differente laddove sia riferito  a  misure  orientate\nprimariamente  a  punire  l\u0027interessato  por  un  fatto   da   questi\ncolpevolmente commesso, oppure a prevenire un pericolo (come nel caso\ndelle misure di sicurezza e  delle  misure  cautelari),  o  ancora  a\nripristinare  semplicemente  la  situazione,  fattuale  e  giuridica,\npreesistente al reato [. .  .]  Ora,  come  gia\u0027  sottolineato  nella\nsentenza n. 112 del 2019, la confisca del \"profitto\" di  un  illecito\nha  «mera  funzione  ripristinatoria  della  situazione  patrimoniale\nprecedente» alla commissione del fatto in capo all\u0027autore.  Una  tale\nosservazione vale,  allo  stesso  modo,  per  le  confische  disposte\ndall\u0027autorita\u0027 amministrativa  e  per  quelle  disposte  dal  giudice\npenale. Anche in relazione a queste  ultime,  infatti,  la  finalita\u0027\nessenziale della misura  risiede  nel  sottrarre  al  reo  l\u0027utilita\u0027\neconomica acquisita mediante la violazione della legge penale, e  che\negli non ha il diritto di trattenere, proprio in  ragione  della  sua\norigine  radicalmente  illecita.  Cio\u0027  che   esclude   quell\u0027effetto\npeggiorativo della  sua  situazione  patrimoniale  preesistente,  che\nnecessariamente inerisce alle sanzioni dal contenuto  \"punitivo\".  Al\ncontrario,  la  confisca  dei   \"beni   utilizzati   per   commettere\nl\u0027illecito\" (o semplicemente \"beni strumentali\") incide su  beni  non\nottenuti attraverso un\u0027attivita\u0027 criminosa, e che dunque, di  regola,\nerano legittimamente posseduti dall\u0027autore del reato al  momento  del\nfatto;  sicche\u0027  la  loro  ablazione  ad  opera  del  giudice  penale\ndetermina  un  peggioramento  della   sua   situazione   patrimoniale\npreesistente al reato. Il che  senz\u0027altro  esclude  che  tale  misura\npossa avere una natura meramente \"ripristinatoria\" dello  status  quo\nante [. . .] In linea generale, infatti, la confisca per  equivalente\nmira a far si\u0027 che il reo subisca, nel suo patrimonio complessivo, la\nmedesima perdita -  in  termini  economici  -  che  avrebbe  sofferto\nladdove fosse stato possibile eseguire, in via  diretta,  l\u0027ablazione\ndegli specifici beni dei quali la legge dispone la confisca;  si\u0027  da\nevitare che egli possa continuare a godere delle  utilita\u0027  derivanti\nda tali beni, una volta che li abbia comunque messi al  riparo  dalla\npretesa ablatoria statale. Laddove, dunque, la confisca di un bene  o\ndi una somma di denaro abbia natura di pena, quella  medesima  natura\ndovra\u0027 essere ascritta anche alla corrispondente ipotesi di  confisca\nper equivalente\". \n    C\u0027e\u0027 da dire che gli attuali interventi  giurisprudenziali  hanno\nuna portata travolgente. Si e\u0027 passati dal sostenere che,  \n      di sicuro, la confisca per equivalente ha natura  eminentemente\nsanzionatoria (in quanto i beni attinti mancano  di  pericolosita\u0027  e\nvista l\u0027assenza di un nesso di  pertinenzialita\u0027  tra  questi  ed  il\nreato  con  la  conseguente   piena   applicazione   delle   garanzie\ncostituzionali legate al concetto di pena), ad affermare che \n      ha  certamente  natura  afflittiva  (per   l\u0027eliminazione   dal\npatrimonio del reo di un bene che non sarebbe stato acquisito se  non\nfosse stato commesso il reato), ma non certamente punitiva. \n    Tale caratteristica deve  essere  valutata  di  volta  in  volta,\nverificando se la misura  si  limiti  a  ripristinare  la  situazione\neconomica precedente al delitto o se sottragga al reo piu\u0027 di  quanto\nacquisito con il crimine. \n    Le conseguenze non sono cosi\u0027 irrilevanti: \n      se la misura  fosse  valutata  come  afflittiva  ma  non  anche\npunitiva, troveranno  applicazione  i  principi  di  irretroattivita\u0027\n(come declinato per le misure di sicurezza) e di proporzionalita\u0027; \n      se la misura fosse valutata come afflittiva ed anche  punitiva,\ntroveranno  applicazione  i   principi   di   irretroattivita\u0027,   di\u0027\nproporzionalita\u0027 e di rieducazione. \n    Per fortuna, tale distinzione non rileva nel caso di  specie  dal\nmomento che il tema centrale attiene alla prevedibilita\u0027 della misura\nin  questione,  quale   corollario   del   principio   di   legalita\u0027\ndisciplinante tanto le pene, quanto le misure di sicurezza. \n    Infatti,  il  principio  di  tassativita\u0027,  che   ha   fondamento\nnell\u0027art. 25 Cost., pone l\u0027obbligo sul  legislatore  di  prevedere  i\nfatti  costituenti  reato  e  le  pene  conseguenti  con  sufficiente\nprecisione,  cosi\u0027  da  rendere   prevedibili   le   conseguenze   di\nun\u0027azione\\omissione  e  da  consentire  ai   singoli   di   orientare\nliberamente  le  proprie  condotte.  Parimenti,  garantisce  che   la\nprevisione di qualunque misura di sicurezza, la pari della pena,  sia\ndemandata alla legge, la quale deve elencare tassativamente i casi in\ncui il giudice puo\u0027 applicarla e determinarne il tipo. \n    Passando alla norma che qui viene in rilievo, questa recita: \n      \"1. Per i reati di cui all\u0027art. 3 della presente legge, qualora\nla confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il  profitto  o\nil prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la  confisca\ndi somme di denaro, beni od altre  utilita\u0027  di  cui  il  reo  ha  la\ndisponibilita\u0027, anche per interposta persona fisica o giuridica,  per\nun valore corrispondente a tale prodotto, profitto o prezzo. In  caso\ndi usura e\u0027 comunque ordinata la  confisca  di  un  importo  pari  al\nvalore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari.  In\ntali casi, il giudice, con la  sentenza  di  condanna,  determina  le\nsomme di danaro o individua i  beni  o  le  utilita\u0027  assoggettati  a\nconfisca di valore corrispondente  al  prodotto,  al  profitto  o  al\nprezzo del reato\". \n    Trattasi di norma a carattere sostanziale e non processuale. \n    Facendo applicazione  dei  nuovi  criteri  che  devono  orientare\nl\u0027interprete, alla luce della recente giurisprudenza di  legittimita\u0027\ne  costituzionale,  non  puo\u0027  che  concludersi   per   la   funzione\nripristinatoria - e quindi per la natura afflittiva e non punitiva  -\ndella confisca prevista dall\u0027art. 11 legge n. 146\\2006. Essa: \n      e\u0027 applicata  in  relazione  ad  un  fatto  costituente  reato,\nconnotato dalla transnazionalita\u0027, ed e\u0027 obbligatoria; \n      i beni che colpisce non hanno alcun legame  con  il  reato,  ma\nvengono attinti dal vincolo indipendentemente dal fatto che abbiano o\nmeno un\u0027origine lecita; \n      non ha finalita\u0027 preventiva,  posto  che  non  e\u0027  orientata  a\nprevenire la commissione di futuri reati, ma a  colpire  il  reo  per\nquelli gia\u0027 commessi con l\u0027intento di eliminare  dal  suo  patrimonio\nuna posta economica  -  irrilevante  nella  sua  identificazione,  ma\nrilevante solo nel quantum  -  di  valore  equivalente  a1  prodotto,\nprofitto, prezzo del reato; \n      persegue lo scopo di eliminare una posta  patrimoniale  che  il\nreo non avrebbe qualora non avesse commesso il reato. \n    Ad ogni modo, qualunque sia la natura che si  voglia  riconoscere\nall\u0027ablazione ex art. 11, cit., la stessa e\u0027 sottoposta al  principio\ndi legalita\u0027. \n    Sulla scorta di quanto ricostruito, si e\u0027 in presenza di pronunce\ndella Corte di Cassazione a  Sezioni  Unite  -  e,  in  quanto  tali,\nvincolanti  per  le  Sezioni  semplici  e  ad  efficacia   fortemente\npersuasiva  per  il   giudice   di   merito   -   non   perfettamente\nsovrapponibili. \n    Se al momento della celebrazione del processo, gli imputati erano\ncerti che fosse loro applicata una misura a carattere punitivo,  oggi\nquesta certezza non c\u0027e\u0027 piu\u0027. \n    Il  confronto  tra  i  consolidati   principi   giurisprudenziali\npregressi ed i nuovi criteri fissati dalla stessa  giurisprudenza  di\nlegittimita\u0027 e costituzionale determina incertezza e,  pertanto,  non\ne\u0027 in grado di integrare il  parametro  della  prevedibilita\u0027,  cosi\u0027\ncome  declinato  dalla  giurisprudenza  di  Strasburgo  in  relazione\nall\u0027art. 7 CEDU e recepito nel  nostro  ordinamento  per  il  tramite\ndell\u0027art. 117 comma 1 Cost. \n5. La sentenza di condanna e la sentenza di applicazione pena. \n    A questo punto, occorre verificare se la confisca per equivalente\nfosse misura  prevedibile  nella  sua  applicazione  per  coloro  che\ndefinirono la posizione ai sensi dell\u0027art. 444  codice  di  procedura\npenale \n    Deve  dirsi  sin  d\u0027ora  che  la  questione  non   attiene   alla\nprevedibilita\u0027 in concreto -  per  la  quale  il  Pubblico  Ministero\ndepositava tutti i verbali dell\u0027udienza preliminare, ma a  quella  in\nastratto. \n    Vale a dire se l\u0027art. 11 legge n. 146\\2006 rispetti  i  parametri\ndi sufficiente prevedibilita\u0027, imposti dagli articoli 25 Cost. e  117\nCost., in relazione all\u0027art. 7 CEDU come interpretato dalla Corte  di\nStrasburgo. \n    Si  ricorda  che  \"il  rispetto  dei  requisiti  qualitativi   di\naccessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 della norma e\u0027 conseguente  al  grado\ndi  precisione  non  solo  del  testo  di  legge,   ma   anche   alla\nstabilizzazione  dell\u0027orientamento  ermeneutico  interno  che  quella\ndisposizione scolpisce nella sua portata. Non si tratta di equiparare\nil diritto vivente alla legge, quanto, piuttosto, di  riconoscere  al\nprimo un ruolo, una funzione  che  interferisce  con  la  ragionevole\nprevedibilita\u0027 delle decisioni future\" (Cassazione S.U. n.  8052  del\n26 ottobre 2023). \n    Del resto, la stessa Corte EDU - nella  sentenza               c.\nItalia del 14 aprile 2015 - faceva  riferimento  ad  un  concetto  di\nprevedibilita\u0027   oggettiva,   vale   a   dire   non   ancorata   alle\ncaratteristiche personali e professionali del singolo agente,  bensi\u0027\nall\u0027esistenza oggettiva di contrasti o poca chiarezza in merito  alla\nportata applicativa della disposizione penale. \n    La valutazione sull\u0027accessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 dell\u0027art.  11\nlegge n. 146/2006 passa inevitabilmente dall\u0027analisi del concetto  di\nsentenza \"condanna\" e  sulla  sua  sovrapponibilita\u0027  (o  meno)  alla\nsentenza  di  applicazione  pena  su  richiesta  delle   parti   (non\ncontemplata testualmente). \n    In passato, l\u0027art. 444 codice  di  procedura  penale  sanciva  un\ngenerale principio di equiparazione della  sentenza  di  applicazione\npena alla sentenza di condanna, ad eccezione  di  quelle  conseguenze\nespressamente  escluse  dal  legislatore  (ad  esempio,  se  la  pena\nirrogata non supera i due anni, non comporta il pagamento delle spese\nprocessuali, ne\u0027 l\u0027applicazione di pene accessorie  o  di  misure  di\nsicurezza ad eccezione della confisca ex art. 240 c.p.). \n    Tale argomento era valorizzato sia dal Giudice di I° grado  (pag.\n41, laddove affermava che l\u0027accordo comporta l\u0027applicazione di  tutte\nle conseguenze penali della sentenza di  condanna  non  espressamente\nescluse), sia dalla Corte di Cassazione n. 16100 del 27 febbraio 2019\n- che determinava il passaggio in  giudicato  nel  presente  processo\n(pag.  16,  laddove  precisava  che,  in   tema   di   confisca,   la\ndiscrezionalita\u0027 del  Giudice  si  ri-espande  come  in  una  normale\nsentenza di condanna, non essendo questa parte dell\u0027accordo). \n    Gia\u0027 oggi tale affermazione non sarebbe piu\u0027 sostenibile: con  il\ndecreto legislativo n. 150\\2022 e\u0027 stato modificato l\u0027art. 444  comma\n1 codice di procedura penale, consentendo all\u0027imputato ed al Pubblico\nMinistero di accordarsi (ferma la successiva  ratifica  del  Giudice)\nanche sulle pene accessorie, sulla  loro  durata  ed  altresi\u0027  sulla\nconfisca facoltativa. \n    E\u0027 vero che la  Corte  costituzionale,  nella  sentenza  336\\2009\n(richiamata anche dalla Corte di Cassazione  16100  del  27  febbraio\n2019), affermava la piena equiparazione tra i due tipi  di  sentenza,\nma tale sovrapposizione era relativa ai  rapporti  fra  giurisdizioni\ndiverse  e  connessa  alla  necessita\u0027  di  evitare   contrasti   tra\ngiudicati. \n    Non si avventurava ad equiparare 1 due tipi  di  accertamento  di\nresponsabilita\u0027 penale sottesi all\u0027inflizione della pena. \n    Del resto, quanto alla natura dell\u0027accordo di  cui  all\u0027art.  444\ncodice di procedura  penale,  deve  riconoscersi  non  il  valore  di\nammissione di responsabilita\u0027  (tesi  minoritaria),  bensi\u0027  la  mera\nscelta dell\u0027imputato di rinunciare a difendersi (tesi  maggioritaria,\na cui aderisce anche questo Giudice). \n    Tale  impostazione,  in  aggiunta,  parrebbe   confermata   dalle\nmodifiche introdotte con la c.d. riforma Cartabia all\u0027art. 445 comma.\n1-bis codice di procedura penale - riforma che ha introdotto  ipotesi\nespresse  di  inefficacia  della  sentenza  ex  art.  444  codice  di\nprocedura penale in altri giudizi ( compresi quelli disciplinari,  ai\nquali ineriva la sentenza n.  336\\2009  della  Corte  costituzionale,\nappena citata). \n    Oltretutto, testualmente, l\u0027art. 445 comma 1 codice di  procedura\npenale richiama in maniera espressa solo la confisca ex art. 240 c.p.\n- quindi diretta, sia essa facoltativa o  obbligatoria  -  non  anche\nequivalente. \n    E, a ben vedere, quando il legislatore ha inteso  far  discendere\nl\u0027applicazione della confisca per equivalente a fronte di sentenze di\napplicazione pena, lo ha  chiaramente  positivizzato  nelle  relative\ndisposizioni di legge. \n    Anche tale osservazione, sembrerebbe  condurre  alla  conclusione\ndella  diversa  natura  tra  sentenza  di  condanna  e  sentenza   di\napplicazione pena. \n    Vi sono pero\u0027 altre argomentazioni idonee  a  confutare  la  tesi\nsopra esposta. \n    In primo luogo, proprio la relazione  del  Massimario  alla  c.d.\nriforma Cartabia: \"dalla formulazione  della  norma  contenuta  nella\nprima parte dell\u0027art. 445, comma 1-bis, codice  di  procedura  penale\nsembrano esclusi i procedimenti penali. Ne dovrebbe discendere che il\ndivieto di utilizzabilita\u0027, anche a fini probatori, della sentenza di\npatteggiamento, sia limitata ai giudizi diversi da quello  penale.  A\nmero  titolo  di  esempio,   si   segnalano   il   caso   del   reato\nplurisoggettivo  rispetto  al  quale  solo  alcuni  imputati  abbiano\npatteggiato o di reati connessi probatoriamente.  In  tal  senso,  va\nricordato il  costante  orientamento  secondo  cui  «la  sentenza  di\npatteggiamento puo\u0027 essere  utilizzata  a  fini  probatori  in  altro\nprocedimento penale, ai sensi dell\u0027art. 238-bis codice  di  procedura\npenale, stante la sua equiparazione legislativa ad  una  sentenza  di\ncondanna, quanto al \"fatto\" ed  alla  sua  attribuibilita\u0027»  (fra  le\nmolte   Sez.   5,   n.   12344   del   5    dicembre    2017,    dep.\n2018,                  ). Essendo  rimasta  sostanzialmente  immutata\nl\u0027affermazione della equiparazione della sentenza  di  patteggiamento\nad una sentenza di condanna, salvo quanto previsto dal  primo  e  dal\nsecondo periodo dell\u0027art. 445, comma 1-bis codice di procedura penale\no da diverse disposizioni di legge, non vi  e\u0027  motivo  per  ritenere\nvenuto  meno  il  predetto  orientamento  della   giurisprudenza   di\nlegittimita\u0027. Per il resto, la norma in esame si segnala per  la  sua\nnovita\u0027 e  per  la  portata  effettivamente  innovativa  rispetto  ad\norientamenti giurisprudenziali consolidati  che  in  materia  civile,\ntributaria e disciplinare prevedevano la piena utilizzabilita\u0027 a fini\ndi  prova  della  sentenza  di  patteggiamento\"  (pagg.   111   della\nrelazione). \n    A questo si aggiunga che, anche a voler negare la natura  propria\ndi sentenza di condanna, la pronuncia ex art. 444 codice di procedura\npenale determina l\u0027inflizione di una pena e presuppone un difetto  di\nconvincimento in ordine all\u0027innocenza dell\u0027imputato  o  all\u0027esistenza\ndi una causa di estinzione  del  reato.  Di  fatto,  capovolgendo  la\nvalutazione che sta  alla  base  dell\u0027art.  530  comma  2  codice  di\nprocedura penale. \n    Anche il fatto  che  il  Giudice  sia  tenuto  ad  effettuare  la\nverifica sulla correttezza della qualificazione giuridica ascritta al\nfatto, presuppone un accertamento: questo consiste  nel  valutare  la\nriconducibilita\u0027 del fatto concreto -  per  come  emerge  dagli  atti\ntrasmessi  -  rispetto  alla  fattispecie  astratta  contestata;   in\nsostanza, la pronuncia ex art. 444 codice  di  procedura  penale,  se\naccolta la richiesta delle parti, presuppone un accertamento concreto\ndel fatto nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, al pari di  un\neventuale rigetto dell\u0027accordo ex art. 444 codice di procedura penale\n(in questo caso esteso anche alla possibile inadeguatezza della  pena\nconcordata). A ben vedere su tale presupposto, si basano le  pronunce\ndella Corte costituzionale in tema di incompatibilita\u0027 (\"non la  mera\nconoscenza degli atti, ma una valutazione di merito circa l\u0027idoneita\u0027\ndelle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio  di\nresponsabilita\u0027 dell\u0027imputato, vale a radicare l\u0027incompatibilita\u0027;  e\nche questa  deve  riconoscersi  sussistente  nelle  ipotesi  (non  di\ninammissibilita\u0027, ma) di rigetto della richiesta di  applicazione  di\npena concordata, dato che essa comporta, quanto meno, una valutazione\nnegativa  circa  l\u0027esistenza   delle   condizioni   legittimanti   il\nproscioglimento ex art.129 codice di  procedura  penale  e  circa  la\ncongruenza alle suddette risultanze  della  qualificazione  giuridica\ndel fatto e/o delle circostanze ritenute nella richiesta\"  -  n.  186\ndel 22 aprile 1992; conf. n. 439 del 16 dicembre 1993). \n    E\u0027 chiaro che a fronte di fattispecie che espressamente prevedono\nl\u0027applicazione della confisca per  equivalente  in  presenza  di  una\nsentenza di applicazione pena, diviene pero\u0027 complesso sostenere  che\nl\u0027equiparazione  genericamente  sancita  dall\u0027art.  444   codice   di\nprocedura penale possa automaticamente riespandersi in  tutte  quelle\nipotesi di  confisca  di  valore  in  cui  -  seppur  prevista,  come\nnell\u0027art. 11 legge n. 146\\2006 - sia positivizzata solo a  fronte  di\nuna sentenza di condanna. \n    Dunque, il caos legislativo, non puo\u0027 aiutare l\u0027interprete. \n    A cio\u0027 si aggiunga che, anche la giurisprudenza di legittimita\u0027 e\nquella internazionale,  attualmente  forniscono  una  definizione  di\n\"condanna\" che  mal  consente  la  piena  equiparazione  tra  le  due\nipotesi. \n    Con  la  sentenza  del  29  ottobre  2013  (                   c.\nItalia), la Corte EDU  affermava,  per  la  prima  volta  in  maniera\nesplicita, che e\u0027 la \"condanna\" il presupposto  per  l\u0027applicabilita\u0027\ndella confisca urbanistica e non il mero accertamento incidentale  di\nresponsabilita\u0027. \n    Ogni volta in cui manchi  la  prima,  concludendosi  il  giudizio\npenale  con   la   declaratoria   di   estinzione   per   intervenuta\nprescrizione, difetterebbero i presupposti per  l\u0027applicazione  della\nmisura (1) . \n    La giurisprudenza di legittimita\u0027, ponendosi  il  problema  della\ncompatibilita\u0027 di tale principio con altri di  rango  costituzionale,\ninterpellava il Giudice delle leggi. \n    Con  sentenza  n.  49\\2015,  nel  dichiarare   inammissibili   le\nquestioni  poste,  la  Corte  costituzionale  evidenziava   come   la\n\"sentenza                  \" non fosse inequivoca, prestandosi ad una\nlettura orientata ad un approccio sostanziale: il  mero  accertamento\ndella responsabilita\u0027. \n    Tale pronuncia prestava il fianco a critiche:  la  dottrina  piu\u0027\nilluminata rappresentava la difficolta\u0027  di  conciliare  l\u0027essenziale\naccertamento di responsabilita\u0027 con l\u0027obbligo  legale  di  dichiarare\nl\u0027estinzione del reato, in ogni stato e grado del  processo  ex  art.\n129 codice di  procedura  penale,  con  effetto  preclusivo  di  ogni\nulteriore attivita\u0027 processuale (art. 129 codice di procedura  penale\nrichiamato peraltro anche dall\u0027art. 444 codice di procedura penale). \n    In proposito, si fa di nuovo riferimento alla sentenza  n.  31617\ndel 26 giugno 2015 (               ), nella quale  le  Sezioni  Unite\ndella Corte di Cassazione precisavano che: \n      laddove si tratti di  confisca  diretta  -  del  prezzo  o  del\nprofitto - la misura di sicurezza  puo\u0027  essere  applicata  anche  in\npresenza di sentenza dichiarativa della prescrizione, purche\u0027 vi  sia\nstata una precedente pronuncia di condanna, rispetto  alla  quale  il\ngiudizio di merito permanga inalterato quanto  alla  sussistenza  del\nreato, alla responsabilita\u0027 dell\u0027imputato ed alla qualificazione  del\nbene da confiscare come profitto o prezzo del reato. \n      Infatti, \"l\u0027accertamento della  responsabilita\u0027  deve  comunque\nconfluire in una pronuncia che, non solo  sostanzialmente,  ma  anche\nformalmente, la dichiari, con  la  conseguenza  che  l\u0027esistenza  del\nreato, la circostanza che l\u0027autore dello stesso abbia  percepito  una\nsomma e che questa abbia rappresentato il prezzo del reato stesso,  ,\ndevono aver formato oggetto di una condanna, i cui termini essenziali\nnon abbiano, nel corso del giudizio,  subito  mutazioni  quanto  alla\nsussistenza di un accertamento al di la\u0027 di ogni ragionevole  dubbio.\nL\u0027intervento della prescrizione,  dunque,  per  poter  consentire  il\nmantenimento della confisca, deve rivelarsi quale formula terminativa\ndel giudizio, anodina in punto di  responsabilita\u0027,  finendo  in  tal\nmodo per confermare  la  preesistente  (e  necessaria)  pronuncia  di\ncondanna\" (pagg. 31 e 32); \n      analogo ragionamento non  puo\u0027  operare  per  la  confisca  per\nequivalente posto che, in questa, l\u0027ablazione colpisce beni  che  non\npresentano alcun collegamento con il reato. E, vista  la  sua  natura\nsanzionatoria \\ punitiva,  in  presenza  di  prescrizione,  non  puo\u0027\napplicarsi una \"pena\" (pag. 34, sentenza \"                   \"). \n      In sostanza, le Sezioni Unite affermavano che - in quanto  pena\n-  la  confisca  per  equivalente  dovesse  avere  come   presupposto\nnecessario   ed   irrinunciabile   l\u0027accertamento    formale    della\nresponsabilita\u0027 penale del reo. \n      In questo senso anche  Cassazione  Penale,  Sez.  3,  n.  32469\ndell\u00271 giugno 2023: \"3.1. La giurisprudenza della Corte EDU richiede,\ncome condizione necessaria per l\u0027applicazione della confisca relativa\nal reato di lottizzazione abusiva,  non  una  sentenza  di  condanna,\nanche solo in primo  grado,  bensi\u0027,  diversamente,  un  accertamento\ncompleto ed  in  contraddittorio  della  sussistenza  di  «tutti  gli\nelementi del reato di lottizzazione abusiva pur pervenendo a  un  non\nluogo a procedere, soltanto a causa della prescrizione  [  ...  ]  In\nparticolare, per quanto attiene  al  profilo  \"procedurale\",  precise\nsono le indicazioni fornite da Corte EDU, GC, 28 giugno 2018,  s.r.l.\ned altri c. Italia, segnatamente nei §§ 252, 255,  258,  259,  260  e\n261, relativi alle doglianze di un ricorrente, il sig.  Gironda,  nei\ncui confronti era stata dichiarata sentenza di non doversi  procedere\nper prescrizione gia\u0027 in primo grado  [  ...  ]  E,  nel  §  261,  si\nconclude:  «La  Corte   non   puo\u0027   ignorare   tali   considerazioni\nnell\u0027applicazione dell\u0027art. 7 nel caso di specie, a condizione che  i\ntribunali in questione abbiano agito nel pieno rispetto  dei  diritti\ndella difesa  sanciti  dall\u0027art.  6  della  Convenzione.  Per  questo\nmotivo,  la  Corte  ritiene  che,  qualora  i   tribunali   investiti\nconstatino  che  sussistono  tutti  gli   elementi   del   reato   di\nlottizzazione abusiva pur pervenendo a  un  non  luogo  a  procedere,\nsoltanto a causa della prescrizione, tali constatazioni, in sostanza,\ncostituiscono una condanna nel senso dell\u0027art. 7, che in questo  caso\nnon e\u0027 violato\". \n    Pare, dunque, affermarsi il principio per il quale  sia  comunque\nnecessario un accertamento pieno della sussistenza del reato e  della\nriconducibilita\u0027 all\u0027autore - indipendentemente che  il  decorso  del\ntempo porti ad  una  pronuncia  di  estinzione  per  prescrizione  in\nappello  o  nel  giudizio   di   legittimita\u0027.   Ancora,   la   Corte\ncostituzionale, con sentenza n. 83\\2024,  affermava:  \"5.2.-  Che  il\npatteggiamento consenta, in linea di principio, una economia di tempi\ne di energie  processuali  piu\u0027  marcata  di  quella  conseguente  al\ngiudizio abbreviato non e\u0027, in  effetti,  contestabile.  Di  la\u0027  dal\ntratto  comune,  di  essere  riti  alternativi   che   \"evitano\"   il\ndibattimento, il patteggiamento semplifica, pero\u0027,  radicalmente,  il\ndibattito processuale, rimettendo  al  giudice  il  solo  compito  di\nverificare   che   non   sussistano   ragioni   di    proscioglimento\ndell\u0027imputato  gia\u0027  risultanti  ex  actis,  che  la   qualificazione\ngiuridica  del  fatto,  l\u0027applicazione  e   la   comparazione   delle\ncircostanze prospettate dalle parti siano  corrette  e  che  la  pena\nrichiesta sia  congrua  (art.  444,  comma  2,  codice  di  procedura\npenale).  Laddove,  per  converso,  il  giudizio  abbreviato   lascia\ninalterato il potere-dovere del  giudice  di  accertare  nei  termini\nordinari - sia pure sulla base degli elementi raccolti  dal  pubblico\nministero nel corso delle indagini, e dunque fuori del contradditorio\n(peraltro, eventualmente arricchiti dalle indagini  difensive)  -  se\nl\u0027imputato sia  colpevole  o  no  e  di  determinare  il  trattamento\nsanzionatorio adeguato [ ... ] Come  questa  Corte  ha  rilevato,  il\npatteggiamento consente all\u0027imputato di sottoporsi a una pena  certa,\npreventivamente concordata,  non  potendo  il  giudice  modificare  i\ncontenuti del \"patto\" intercorso fra le parti: pena  che  gli  verra\u0027\ninflitta - in applicazione di  una  particolare  regola  di  giudizio\n(l\u0027insussistenza dei presupposti per una pronuncia di proscioglimento\nai sensi dell\u0027art. 129 codice di procedura penale) - con una sentenza\nche e\u0027 solo «equiparata» a una pronuncia  di  condanna  e  che  resta\npriva di efficacia nei giudizi extrapenali (art.  445,  comma  1-bis,\ncodice di procedura penale). Per contro, con il giudizio  abbreviato,\nl\u0027imputato, accettando di essere giudicato  sulla  base  degli  atti,\nlascia  inalterati  i  poteri  decisori  del  giudice  [  ...  ]   Il\npatteggiamento offre all\u0027imputato, al tempo stesso, un  complesso  di\nvantaggi  ulteriori,  rispetto  allo  sconto  di   pena,   privo   di\nequivalenti nel giudizio abbreviato. Avendo riguardo alla  disciplina\nvigente alla data dell\u0027ordinanza  di  rimessione,  alla  sentenza  di\npatteggiamento non e\u0027 attribuita, come gia\u0027 accennato, natura di vera\ne propria sentenza di condanna, venendo ad essa solo «equiparata»; ne\ne\u0027 fortemente limitata, altresi\u0027, l\u0027efficacia extrapenale (art.  445,\ncomma  1-bis,  codice  di  procedura   penale).   La   richiesta   di\npatteggiamento  puo\u0027  essere,   d\u0027altro   canto,   subordinata   alla\nconcessione della sospensione  condizionale  della  pena  (art.  444,\ncomma 3, codice di procedura penale), inoltre, se vi e\u0027  costituzione\ndi parte civile, il giudice non decide sulla relativa  domanda  (art.\n444, comma 2, codice di procedura penale). Quando  la  pena  irrogata\nnon superi i due anni di pena detentiva,  sola  o  congiunta  a  pena\npecuniaria  -  come  generalmente  avviene  quando  si  procede   per\ncontravvenzioni -, la sentenza non comporta la condanna al  pagamento\ndelle spese del procedimento, ne\u0027 l\u0027applicazione di pene accessorie e\ndi misure di sicurezza, fatta eccezione  per  la  confisca  nei  casi\nprevisti dall\u0027art. 240 del codice penale (art. 445, comma  1,  codice\ndi procedura penale). In tale ipotesi, inoltre, decorsi cinque  anni,\nse la sentenza riguarda un delitto,  o  due  anni,  se  riguarda  una\ncontravvenzione, senza che l\u0027imputato abbia commesso un delitto o una\ncontravvenzione della stessa indole, il reato e\u0027 estinto e viene meno\nogni effetto penale. Se e\u0027 stata applicata una pena pecuniaria o  una\npena sostitutiva, la pronuncia  non  e\u0027  comunque  di  ostacolo  alla\nconcessione di una successiva  sospensione  condizionale  della  pena\n(art. 445, comma  2,  codice  di  procedura  penale).  L\u0027insieme  dei\nvantaggi annessi al patteggiamento si  e\u0027  ulteriormente  arricchito,\ncome gia\u0027 segnalato, con l\u0027entrata in  vigore,  dopo  l\u0027ordinanza  di\nrimessione, del decreto legislativo n. 150 del 2022,  il  quale,  con\nl\u0027art. 25, comma 1, lettera b), ha esteso l\u0027esclusione dell\u0027efficacia\nextrapenale della sentenza, precedentemente circoscritta  ai  giudizi\ncivili e amministrativi, anche ai giudizi disciplinari,  tributari  e\ndi accertamento della responsabilita\u0027 contabile, con  la  previsione,\naltresi\u0027 che in tali giudizi la sentenza di patteggiamento  non  puo\u0027\nessere  neppure  utilizzata  a  fini  di  prova  (nuovo  comma  1-bis\ndell\u0027art. 445 codice di procedura penale). Si e\u0027 previsto,  poi,  che\nnel caso di patteggiamento cosiddetto allargato -  per  pene,  cioe\u0027,\nsuperiori ai due anni - le parti possano chiedere al giudice  di  non\napplicare  le  pene  accessorie  o  di  applicarle  per  una   durata\ndeterminata, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla\ncon riferimento a specifici beni o a  un  importo  determinato  (art.\n444, comma 1, codice di procedura penale, come novellato)\". \n    Il  Giudice  delle  leggi  parrebbe  sostenere  che,  ben   lungi\ndall\u0027accertare compiutamente la responsabilita\u0027 penale,  la  sentenza\nex art. 444 codice di procedura penale sia solo equiparata  a  quella\ndi condanna (in dibattimento o all\u0027esito di giudizio abbreviato)  per\ngli eventuali effetti extra-penali (laddove consentiti dalla legge e,\noggi, ampiamente ridotti dalla c.d. riforma Cartabia). \n    Tale affermazione sembra  essere  sottesa  anche  alla  pronuncia\ndella Corte di Cassazione, Sez. 5,  n.  43631  del  5  ottobre  2023,\nladdove afferma: \"il Collegio ritiene di aderire  all\u0027orientamento  -\naccolto anche dalla sentenza  impugnata  e  senz\u0027altro  maggioritario\nnella giurisprudenza di legittimita\u0027 - secondo cui e\u0027 ammissibile  la\nrichiesta  di  revisione  di  una  sentenza  di  patteggiamento   per\ninconciliabilita\u0027  con  l\u0027accertamento  compiuto  in   giudizio   nei\nconfronti  di  altro  imputato  per  il  quale   si   sia   proceduto\nseparatamente, ma e\u0027 necessario che l\u0027inconciliabilita\u0027 si  riferisca\nai fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna e non gia\u0027\nalla loro valutazione [ ... ] e\u0027 proprio  la  natura  ontologicamente\n\"debole\" dell\u0027accertamento  sotteso  alla  sentenza  di  applicazione\ndella pena a rendere piu\u0027 acuta  l\u0027istanza  di  garanzia  assecondata\ndalla revisione, sicche\u0027 dato normativo e considerazione  sistematica\nconvergono  nel  far   ritenere   la   sentenza   di   patteggiamento\nsuscettibile di revisione per inconciliabilita\u0027 dei giudicati\". \n    Infine,  la  Corte  europea  dei  diritti   dell\u0027uomo,   con   la\nsentenza                   e                  c. Italia resa in  data\n19 dicembre 2024, affermava: \"la Corte ribadisce  che  una  decisione\ngiudiziaria  puo\u0027  rispecchiare  l\u0027opinione  che  il  ricorrente  sia\ncolpevole  anche  in  assenza  di  una  formale  constatazione  della\ncolpevolezza; e\u0027 sufficiente che  vi  sia  qualche  ragionamento  che\nindichi che il tribunale considera l\u0027imputato  colpevole  (si  vedano\nBöhmer c. Germania, n. 37568/97, § 54, 3 ottobre 2002, Baars c. Paesi\nBassi, n. 44320/98, § 26, 28 ottobre 2003; e Cleve, sopra  citata,  §\n53) (par. 124) [ ... ] A tale riguardo, la Corte e\u0027  consapevole  del\ncrescente ricorso - sia ai sensi del! \u0027ordinamento giuridico  interno\nche a livello internazionale - a forme di confisca non basate su  una\ncondanna, in base alle quali i  giudici  possono  essere  chiamati  a\ndisporre la confisca di beni di origine illecita anche in assenza  di\nuna condanna. A tale riguardo, la Corte  ritiene  che  la  protezione\nofferta dal secondo aspetto dell\u0027art.  6  §  2  non  dovrebbe  essere\ninterpretata  in  modo  da  precludere  ai  tribunali  nazionali   di\noccuparsi degli stessi fatti decisi nei procedimenti penali  al  fine\ndi disporre una forma di confisca non basata su una condanna, purche\u0027\nnel farlo essi non attribuiscano all\u0027interessato  la  responsabilita\u0027\npenale (si veda, mutatis mutandis, Nealon e Hallam, sopra  citata,  §\n169) (par. 129) [ ... ] La Corte osserva che e\u0027 un requisito  formale\nche per una confisca ai sensi dell\u0027art. 322-ter del CP debba  esservi\nuna \"condanna\" (par. 131) [ ... ] la Corte ha gia\u0027  chiarito  di  non\ndistinguere i casi in cui le accuse sono  estinte  (perche\u0027  si  sono\nprescritte) precedentemente al compimento di qualsiasi determinazione\npenale, da quelli in  cui  sono  estinte  (per  il  medesimo  motivo)\nsuccessivamente a  un  \u0027iniziale  constatazione  della  colpevolezza.\nSegue che le conclusioni di primo grado, che non sono definitive, non\npossono inficiare le successive determinazioni (si veda  Pasquini  c.\nSan Marino, sopra citata, § 63, in cui  -  analogamente  al  caso  di\nspecie - il ricorrente era stato condannato in primo grado e la Corte\nha constatato la violazione dell\u0027art. 6 § 2 in  quanto  la  Corte  di\nappello, pur archiviando il procedimento per la scadenza del  termine\ndi prescrizione, aveva attribuito al  ricorrente  la  responsabilita\u0027\npenale) (par. 137)\". \n    Quindi, alla fine del 2024, la Corte  di  Strasburgo  sembrerebbe\nessersi orientata sulla necessita\u0027 di una sentenza  intesa  in  senso\nformale, ritenendo insufficiente - per l\u0027applicazione della  confisca\nex art. 322-ter codice penale  -  l\u0027accertamento  di  responsabilita\u0027\neffettuato in I° grado ed implicitamente confermato dal  Giudice  del\nII° grado che si pronunciava per la prescrizione del reato, in quanto\nstatuizioni non definitive. \n    Ebbene,  se  l\u0027accertamento  non  definitivo  di  responsabilita\u0027\npenale e\u0027 stato ritenuto dalla Corte EDU insufficiente  ad  applicare\nuna confisca che presuppone una condanna - in un  processo  terminato\ncon sentenza di estinzione del reato per prescrizione - ci si  chiede\ncome un  istituto  a  natura  afflittiva  o  punitiva  possa  trovare\napplicazione in presenza di una sentenza di patteggiamento -  il  cui\naccertamento  ha  natura  ontologicamente  debole   -   laddove   non\nespressamente previsto dalla norma. \n    Cio\u0027 perche\u0027, come sopra anticipato,  la  sentenza  ex  art.  444\ncodice di procedura penale presuppone un difetto di convincimento  in\nordine  all\u0027innocenza  dell\u0027imputato   o   all\u0027esistenza   di   cause\nestintive. Di fatto, capovolgendo la valutazione che  sta  alla  base\ndell\u0027art. 530 comma 2 codice di procedura penale. \n    Ritiene, percio\u0027 questo Giudice che le  due  sentenze  non  siano\nequiparabili - quanto alla  natura,  al  genere  e  alla  profondita\u0027\ndell\u0027accertamento di responsabilita\u0027 penale. \n    Se dunque e\u0027 vero, come sembra, che il rispetto dei requisiti  di\naccessibilita\u0027 e prevedibilita\u0027 della norma e\u0027 conseguente  al  grado\ndi  precisione,  non  solo  del  testo  di  legge,  ma  anche   della\nstabilizzazione  dell\u0027orientamento  ermeneutico  interno  che  quella\ndisposizione scolpisce nella sua portata, ex art. 7 CEDU; \n    se e\u0027 vero, come sembra, che attualmente: \n      la natura di pena o meno  della  confisca  per  equivalente  e\u0027\noggetto di diversita\u0027 di vedute tra piu\u0027 pronunce adottate nel  corso\ndegli anni dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione; \n      e\u0027 in discussione, in giurisprudenza, la natura della  sentenza\ndi patteggiamento e, di conseguenza, la sua equiparazione ad  una  di\ncondanna  pronunciata  all\u0027esito  del  dibattimento  o  di   giudizio\nabbreviato; \n      a livello normativo, vi  sono  disposizioni  che  espressamente\nprevedono tale tipologia di confisca a seguito di  applicazione  pena\nsu richiesta delle parti ed altre disposizioni (quale quella  oggetto\ndella presente ordinanza) che tacciono sul punto; \n      sulla   base    dei    successivi    interventi    legislativi,\nl\u0027equiparazione di cui all\u0027art. 445  codice  di  procedura  penale  -\nvisti gli incisi che lo precedono - sembrerebbe limitata agli effetti\nextra-penali  (e  tale  non  puo\u0027   considerarsi   il   giudizio   di\ncolpevolezza), oltre al fatto che per talune  ipotesi  di  reato,  la\nmisura ablativa per equivalente e\u0027  stata  espressamente  prevista  a\nfronte di sentenza ex art. 444 codice di procedura penale; \n      ecco che, allora, si puo\u0027 fondatamente ritenere che  l\u0027art.  11\nlegge n. 146\\2006 non rispetti del tutto i canoni di accessibilita\u0027 e\nprevedibilita\u0027, come declinati dall\u0027art. 7 CEDU - interpretato  dalla\ngiurisprudenza della Corte EDU -  potendo  integrare  una  violazione\ndegli articoli 25 e 117 Cost. \n    Questo Giudice reputa la questione non manifestamente infondata. \n    *La rilevanza della questione nel caso concreto. \n6. I beni sottoposti a confisca definitiva. \n    Con l\u0027istanza, F            B            chiedeva la restituzione\ndell\u0027autovettura              , di colore  bianco,  tg.             e\ndei saldi attivi  rinvenuti  sui  conti  correnti  accesi  presso  le\nbanche                                       s.r.l.,                 \ne                           , per  un  importo  complessivo  pari  ad\neuro                     . \n    Per quanto riguarda la confisca dell\u0027autovettura  (pag.  11610  -\n1802 del P.m.), F             B           in sede  di  interrogatorio\n(pagg. 16203 e seg.) ammetteva di  aver  fatto  numerosi  viaggi  per\nportare il metallo preziosi fuori dall\u0027Italia, salvo - in un  momento\nsuccessivo - occuparsi anche dei fissaggi.  Tuttavia,  dagli  atti  e\ndalla lettura della sentenza definitiva non e\u0027  possibile  affermarne\nla  natura  di  vincolo  in  forma  diretta:  infatti.  nel  capo   b\ndell\u0027imputazione,  solo                        era   indicato   quale\ncorriere. Ma non solo: nella sentenza di  patteggiamento,  il  G.U.P.\nnon faceva alcun riferimento a forme di confisca diretta,  disponendo\nsolo la confisca del  profitto  -  indicato  con  precisi  importi  a\nsecondo  del  valore  delle  transazioni  di  riferimento  -  e   per\nequivalente \"sui beni gia\u0027 in sequestro\". \n    Cio\u0027  porta  a  ritenere  che,   per   giudicato,   la   confisca\ndell\u0027autovettura sia stata ritenuta e definita per equivalente e  non\ncome vincolo diretto. \n    Ne\u0027 consegue che, ove la questione di legittimita\u0027 costituzionale\nfosse accolta, il mezzo dovrebbe  essere  restituito  a  F           \nB          . \n    Per quanto concerne le somme di cui  all\u0027istanza,  prima  del  26\nsettembre 2024 la giurisprudenza  -  anche  a  Sezioni  Unite  -  era\nconsolidata nel senso di ritenere la confisca  del  denaro  sempre  e\ncomunque diretta. Dopo  la  pronuncia  della  Sezioni  Unite  del  26\nsettembre 2024 cosi\u0027 non  e\u0027  piu\u0027:  il  mutamento  di  orientamento,\nancorche\u0027 recente e per il momento isolato, e\u0027 radicale ed a  sezioni\nunite. \n    Ne\u0027 nella sentenza, ne\u0027 dagli atti e\u0027 espressamente  indicato  il\nnesso di derivazione diretto delle somme  (prima  sequestrate  e  poi\nconfiscate  in  via  definitiva)  rispetto  alla  commissione   delle\nspecifiche transazioni illecite. \n    Anche in questo caso, salvo che  la  giurisprudenza  si  pronunci\ndiversamente e in linea con il precedente orientamento  e  salvo  che\nsul punto voglia pronunciarsi la Corte costituzionale,  la  questione\nsi pone come rilevante: se all\u0027esito di un\u0027attenta rilettura di tutti\ngli atti di indagine non risultasse un collegamento  diretto  tra  le\nsomme ed i reati, le stesse dovranno essere restituite. \n    In aggiunta si ricorda che  \"in  conformita\u0027  a  quanto  previsto\ndall\u0027art. 53 CEDU, il rispetto degli obblighi convenzionali,  imposto\ndall\u0027art. 117 comma 1 Cost., non puo\u0027 determinare una  minore  tutela\ndei diritti fondamentali rispetto a quella garantita dall\u0027ordinamento\ninterno, ma  deve  costituire  uno  strumento  di  ampliamento  della\nstessa. Il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale\ndei diritti fondamentali deve essere effettuato mirando alla  massima\nespansione delle garanzie  e  quindi  anche  operando  il  necessario\nbilanciamento con altri  interessi  costituzionalmente  protetti  che\npotrebbero essere incisi  dall\u0027espansione  della  tutela  oggetto  di\nconfronto\" (Corte costituzionale n. 317\\2009). \n\n(1) Di seguito si riportano alcuni dei passaggi  piu\u0027  significativi:\n    \"55.  La  nozione  di  «diritto»  («law»)   usata   nell\u0027art.   7\n    corrisponde a quella di «legge»  che  figura  in  altri  articoli\n    della  Convenzione;  essa  comprende  il  diritto  d\u0027origine  sia\n    legislativa sia  giurisprudenziale  e  implica  delle  condizioni\n    qualitative,  tra  cui   quella   dell\u0027accessibilita\u0027   e   della\n    prevedibilita\u0027 (Cantoni c.  Francia,  15  novembre  1996,  §  29,\n    Recueil des arrets et des decisions 1996 V; S. W, sopra citata, §\n    35; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993, §§ 40-42,  serie  A  n.\n    260 A). Per quanto chiara possa essere  la  formulazione  di  una\n    norma legale, in qualunque sistema giuridico, compreso il diritto\n    penale, esiste immancabilmente  un  elemento  di  interpretazione\n    giuridica. Sara\u0027 sempre necessario delucidare  i  punti  dubbi  e\n    adattarsi alle mutate  situazioni.  Tra  l\u0027altro,  e\u0027  saldamente\n    stabilito nella  tradizione  giuridica  degli  Stati  parte  alla\n    Convenzione che la giurisprudenza, in quanto fonte  del  diritto,\n    contribuisce  necessariamente  alla  progressiva  evoluzione  del\n    diritto  penale.  Non  si  puo\u0027  interpretare  l\u0027art.   7   della\n    Convenzione come una norma  che  vieta  il  graduale  chiarimento\n    delle   norme    della    responsabilita\u0027    penale    attraverso\n    l\u0027interpretazione giuridica da una causa all\u0027altra, a  condizione\n    che il risultato  sia  coerente  con  la  sostanza  del  reato  e\n    ragionevolmente  prevedibile  (Streletz,  Kessler  e   Krenz   c.\n    Germania [GC], nn. 34044/96, 35532/97 e 44801/98, § 50, CEDU 2001\n    II). 69. L\u0027accostamento dell\u0027art. 5 § 1 a) agli articoli 6 § 2  e\n    7 § 1 mostra che ai fini della  Convenzione  non  si  puo\u0027  avere\n    «condanna» senza che  sia  legalmente  accertato  un  illecito  -\n    penale o, eventualmente, disciplinare (Engel  e  altri  c.  Paesi\n    Bassi, 8 giugno 1976, § 68, serie A n. 22 ; c. Italia, 6 novembre\n    1980, § 100, serie A n. 39), cosi\u0027 come non  si  puo\u0027  avere  una\n    pena senza l\u0027accertamento di una responsabilita\u0027  personale.  71,\n    La logica della «pena» o  della  «punizione»,  o  la  nozione  di\n    «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione  di\n    «persona colpevole» (nella versione francese), depongono a favore\n    di un\u0027interpretazione dell\u0027art. 7  che  esige,  per  punire,  una\n    dichiarazione di responsabilita\u0027 da parte dei giudici  nazionali,\n    che possa permettere di addebitare il reato  e  di  comminare  la\n    pena al suo autore. In mancanza di cio\u0027, la punizione non avrebbe\n    senso ( e altri, sopra citata, § 116). Sarebbe infatti incoerente\n    esigere, da una parte, una base legale accessibile e  prevedibile\n    e permettere, dall\u0027altra, una punizione quando, come nel caso  di\n    specie, la persona interessata non e\u0027 stata condannata\". \n\n \n                               P.Q.M. \n \n    Pertanto. il G.U.P. presso il Tribunale di Arezzo -  in  funzione\ndi Giudice dell\u0027esecuzione - solleva, in riferimento agli articoli 25\ncomma 2 e comma 3 e 117 comma 1 Cost.. in relazione all\u0027art.  7  CEDU\ncome interpretato dalla Corte europea dei diritti dell\u0027uomo questione\ndi legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 11 legge n. 146\\2006.  nella\nparte in cui  dispone  l\u0027applicazione  della  confisca  di  somme  di\ndenaro. Beni o altre utilita\u0027 di cui il  reo  ha  la  disponibilita\u0027,\nanche per  interposta  persona  fisica  o  giuridica  per  un  valore\ncorrispondente al prodotto.  profitto  o  prezzo  del  reato  con  la\nsentenza  di  condanna  e  non  anche  a  seguito  di   sentenza   di\napplicazione pena su richiesta delle parti ex art. 444 e seg.  codice\ndi procedura penale. \n    Per  l\u0027effetto,  Sospende  il  giudizio  in   corso   e   Dispone\nl\u0027immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a  cura\ndella cancelleria. \n    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  a  cura  della\ncancelleria: \n      a F        B       presso il Difensore di fiducia; \n      al Difensore di fiducia in proprio; \n      al pubblico ministero in sede (Dott. Marco Dioni); \n      al Presidente del Consiglio dei ministri; \n    oltre alla comunicazione, a cura della cancelleria, ai Presidenti\ndelle due Camere del Parlamento. Arezzo, 28 aprile 2025. \n \n                         Il Giudice: Soldini","elencoNorme":[{"id":"63152","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"l","denominaz_legge":"legge","data_legge":"16/03/2006","data_nir":"2006-03-16","numero_legge":"146","descrizionenesso":"","legge_articolo":"11","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizione_attributo":"","descrizione_cat_rn":"","id_qualificazione":"","descrizione_qualificazione":"","link_norma_attiva":"http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2006-03-16;146~art11"}],"elencoParametri":[{"id":"79553","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"2","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79554","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"25","specificaz_art":"","comma":"3","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79555","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"c","descriz_costit":"Costituzione","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"117","specificaz_art":"","comma":"1","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","link_norma_attiva":"","unique_identifier":""},{"id":"79556","ordinanza_numero_parte":"","tipo_lex_cost":"cedu","descriz_costit":"Convenzione per la salvaguardia diritti dell\u0027uomo e libertà fondamentali","numero_legge":"","data_legge":"","articolo":"7","specificaz_art":"","comma":"","specificaz_comma":"","descrizionenesso":"","unique_identifier":""}],"elencoParti":[]}}"
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