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in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea e con la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici nonché con l’obiettivo complessivo dell’Unione europea al 2030 – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del d.lgs. n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Divieto di valenza assoluta non avendo il legislatore istituito alcun possibile bilanciamento tra i contrastanti interessi in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, sganciata da una valutazione concreta dell’effettiva utilizzabilità di tali aree a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.\u003c/p\u003e\n\u003cp\u003e\u003c/p\u003e","prima_parte":"Elements Green Atena srl e altri","prima_controparte":"Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e altri","altre_parti":"Federazione Italiana Mediatori Sociali Energie Rinnovabili FIMSER - Sardegna, SAPER - Sardi per le rinnovabili, Elements Green Atena srl, Elements Green Ermes srl, Elements Green Demetra srl, 3","testo_atto":"N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 agosto 2025\n\r\nOrdinanza dell\u002711 agosto 2025 del Tribunale amministrativo regionale\nper il Lazio sul ricorso proposto da Elements Green Atena S.r.l. e\naltri contro Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica e\naltri. \n \nEnergia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al\n d.lgs. n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a limitare l\u0027uso\n del suolo agricolo - Previsione che l\u0027installazione degli impianti\n fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate\n agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\n esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente\n agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o\n integrale ricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a\n condizione che non comportino incremento dell\u0027area occupata, c),\n incluse le cave gia\u0027 oggetto di ripristino 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interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 190 del 2024\n sono considerati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e\n possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai\n vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art.\n 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199 del 2021. \n- Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della\n direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\n dell\u002711 dicembre 2018 , sulla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da\n fonti rinnovabili), art. 20, comma 1-bis, come introdotto dall\u0027art.\n 5, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni\n urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell\u0027acquacoltura,\n nonche\u0027 per le imprese di interesse strategico nazionale),\n convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101;\n decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi\n amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili,\n in attuazione dell\u0027articolo 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della\n legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. \n\n\r\n(GU n. 40 del 01-10-2025)\n\r\n \n IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO \n Sezione Terza \n \n ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di\nregistro generale 10460 del 2024, proposto da Elements Green Atena\nS.r.l., Elements Green Ermes S.r.l., Elements Green Demetra S.r.l.,\nElements Green Nettuno S.r.l., Elements Green Ares S.r.l., Elements\nGreen Artemide S.r.l., in persona dei rispettivi legali\nrappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati\nGermana Cassar e Michele Rondoni, con domicilio digitale come da PEC\nda Registri di giustizia; \n contro \n Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica,\nMinistero della cultura e Ministero dell\u0027agricoltura, della\nsovranita\u0027 alimentare e delle foreste, in persona dei rispettivi\nlegali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi\ndall\u0027Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma,\nvia dei Portoghesi, 12; \n nei confronti \n Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del legale\nrappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall\u0027Avvocatura\ngenerale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei\nPortoghesi, 12; \n Regione Sardegna, in persona del legale rappresentante pro\ntempore, rappresentata e difesa dall\u0027Avvocatura generale dello Stato,\ndomiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, nonche\u0027 dagli\navvocati Mattia Pani e Giovanni Parisi, con domicilio digitale come\nda PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso\nl\u0027Avvocatura regionale in Cagliari, via Trento, 69; \n Ministero per gli affari regionali e le autonomie e\nConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le\nProvince autonome di Trento e di Bolzano, non costituiti in giudizio; \n per l\u0027annullamento \n del decreto del Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza\nenergetica, di concerto con il Ministero della cultura e con il\nMinistero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle\nforeste del 21 giugno 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.\n153 del 2 luglio 2024, recante «Disciplina per l\u0027individuazione di\nsuperfici e aree idonee per l\u0027installazione di impianti a fonti\nrinnovabili» e di ogni altro presupposto preordinato o connesso,\ninclusa l\u0027intesa raggiunta in sede di in sede di Conferenza\nunificata, resa nella seduta del 7 giugno 2024; \n eventualmente previa rimessione alla Corte costituzionale,\ndella questione di legittimita\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis del decreto\nlegislativo n. 199/2021, introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito con modifiche con legge n.\n101/2024, nei termini sopra indicati - con riferimento agli articoli\n77, 117 commi 1 e 3, 9 e 41 della Costituzione nonche\u0027 con\nriferimento ai principi comunitari di massima diffusione delle fonti\nrinnovabili; \n oppure, previa disapplicazione dell\u0027art. 5 del decreto-legge\n15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12\nluglio 2024, n. 101, per violazione del diritto comunitario,\nsegnatamente del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la\nsalvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali\n(Protezione della proprieta\u0027), del Trattato sulla Carta europea\ndell\u0027energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994, e ratificato\nin Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415, della direttiva\n2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di tutela\ndell\u0027affidamento, della certezza del diritto, della parita\u0027 di\ntrattamento; \n ovvero previa rimessione alla Corte di giustizia dell\u0027Unione\neuropea della questione pregiudiziale relativa alla conformita\u0027\ndell\u0027art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito con\nmodifiche con legge n. 101/2024, ai principi di massima diffusione\ndelle fonti rinnovabili sanciti (i) dalla direttiva 2018/2001/UE del\nParlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018 (modificata\ndalla successiva direttiva 2023/2413 del 18 ottobre 2023), sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili; (ii) dal\nregolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre 2022, come\nmodificato dal regolamento (UE) 2024/223 del Consiglio del 22\ndicembre 2023, che ha introdotto un quadro di norme di carattere\nemergenziale tese ad accelerare la procedura autorizzativa di\nrinnovabili; (iii) regolamento (UE) n. 2021/1119 del Parlamento\neuropeo e del Consiglio del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro\nper il conseguimento della neutralita\u0027 climatica e che modifica il\nregolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) n. 2018/1999\n(«Normativa europea sul clima»). \n Visti il ricorso e i relativi allegati; \n Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero\ndell\u0027ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della\ncultura, del Ministero dell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare\ne delle foreste, della Presidenza del Consiglio dei ministri e della\nRegione Sardegna; \n Visti tutti gli atti della causa; \n Relatore nell\u0027udienza pubblica del giorno 7 maggio 2025 il dott.\nLuca Biffaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel\nverbale; \n Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. \n \n Fatto \n \n 1.) Le societa\u0027 ricorrenti, tutte appartenenti al medesimo gruppo\nsocietario, nella loro qualita\u0027 di operatori attivi nel settore della\nproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, hanno\nrappresentato di avere avviato gli itinera amministrativi di sviluppo\ndi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili,\nin larga parte agrivoltaici e da realizzare nel territorio della\nRegione Sardegna. \n 1.1.) In particolare: i) Elements Green Atena S.r.l. ha in corso\nun procedimento per la realizzazione di un impianto agrivoltaico di\npotenza pari a 37,80 MW, da installare nel Comune di Sassari, e\nrispetto al quale e\u0027 stata presentata istanza di Valutazione di\nimpatto ambientale («VIA»); ii) Elements Green Demetra S.r.l. ha in\ncorso un procedimento per la realizzazione di un impianto\nagrivoltaico di potenza pari a 41,552 MWp, da installare nel Comune\ndi Sassari, e rispetto al quale l\u0027istanza di VIA e\u0027 stata dichiarata\nprocedibile in data 4 dicembre 2023; iii) Ermes Green Nettuno S.r.l.\nha in corso un procedimento per la realizzazione di un impianto\nagrivoltaico di potenza pari a 40.194 kWp, da installare nel Comune\ndi Sassari, e rispetto al quale e\u0027 stata presentata istanza di VIA\n(cfr. docc. 4.1, 4.3 e 4.4 della produzione delle societa\u0027\nricorrenti). \n 1.2.) Le ricorrenti, dopo aver richiamato la disciplina\nintrodotta dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante\n«Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e\ndel Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla promozione dell\u0027uso\ndell\u0027energia da fonti rinnovabili» - anche alla luce delle modifiche\napportate dall\u0027art. 5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63,\nrecante «Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e\ndell\u0027acquacoltura, nonche\u0027 per le imprese di interesse strategico\nnazionale», convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2024,\nn. 101, con la quale e\u0027 stato introdotto il divieto di utilizzo dei\nterreni agricoli per la realizzazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra (articolo, 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021) - nonche\u0027 quella prevista dal decreto\nministeriale del 21 giugno 2024, recante «Disciplina per\nl\u0027individuazione di superfici e aree idonee per l\u0027installazione di\nimpianti a fonti rinnovabili», hanno prospettato che le previsioni\ndel decreto ministeriale del 21 giugno 2024 siano suscettibili di\nincidere negativamente nella loro sfera giuridica, andando ad\nimpattare sulla generale attivita\u0027 di sviluppo degli impianti\nfotovoltaici («Impianti FTV») e degli impianti di produzione di\nenergia da fonti rinnovabili («Impianti FER»). \n 2.) Le societa\u0027 ricorrenti, con la proposizione del presente\nricorso affidato a sei differenti motivi, hanno impugnato il decreto\nministeriale del 21 giugno 2024, lamentandone l\u0027illegittimita\u0027 per\nviolazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, e ne\nhanno chiesto l\u0027annullamento, eventualmente previa rimessione alla\nCorte costituzionale della questione di legittimita\u0027 dell\u0027art. 20,\ncomma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 per violazione degli\narticoli 3, 41, 97, e 117 della Costituzione con riferimento ai\nprincipi unionali sulla massima diffusione delle fonti di energia\nrinnovabile, ovvero previa disapplicazione dell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024, per violazione del diritto eurounitario,\novvero ancora previa rimessione alla Corte di giustizia dell\u0027Unione\neuropea della questione pregiudiziale relativa alla conformita\u0027\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 ai principi unionali di\nmassima diffusione delle fonti di energia rinnovabile. \n 2.1.) Le ricorrenti, con il primo motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 del gravato decreto ministeriale per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n 2.1.1.) In particolare, con tale mezzo di gravame e\u0027 stata\nlamentata l\u0027illegittimita\u0027 dell\u0027art. 1, comma 2, del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 nella parte in cui viene attribuito\nalle Regioni il compito di individuare con propria legge anche le\naree non idonee all\u0027installazione degli impianti FER. \n Secondo la prospettazione delle ricorrenti, l\u0027individuazione\ndelle aree non idonee sarebbe soggetta a riserva di procedimento\nautorizzativo e, dunque, le regioni potrebbero provvedervi solo in\nseguito all\u0027aggiornamento delle linee guida ministeriali approvate\ncon il decreto ministeriale del 10 settembre 2010 («Linee guida»).\nCio\u0027, in quanto il decreto legislativo n. 199/2021 avrebbe distinto\nla fase di individuazione delle aree idonee (che assume carattere\nprioritario), da quella delle aree non idonee, che dovrebbe avvenire\nsolo successivamente e a seguito dell\u0027aggiornamento delle Linee\nguida. A conferma della impostazione esegetica delle ricorrenti\nmiliterebbero tanto il disposto dell\u0027art. 20, comma 1, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, quanto le pronunce della Corte\ncostituzionale inerenti al divieto di moratorie ai procedimenti di\nautorizzazione degli impianti FER prima della individuazione delle\naree idonee (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n Le Regioni, nell\u0027individuare con propria legge le aree non idonee\nalla installazione degli impianti FER, finirebbero per incidere\nnegativamente sui meccanismi di accelerazione procedimentale previsti\nper l\u0027autorizzazione degli impianti FER, in quanto la individuazione\ndi tali aree non sarebbe piu\u0027 il frutto di una valutazione in\nconcreto della compatibilita\u0027 del progetto, risolvendosi in una sorta\ndi incompatibilita\u0027 automatica, in violazione dell\u0027art. 12 del\ndecreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, delle Linee guida del\n2010 e degli articoli 18 e 20 del decreto legislativo n. 199/2021. \n 2.2.) Le ricorrenti, con il secondo motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 del gravato decreto ministeriale per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione - Eccesso di\npotere per sviamento - Difetto di istruttoria e di motivazione -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n 2.2.1.) Con tale mezzo di gravame e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 delle previsioni del decreto ministeriale del 21\ngiugno 2024 con le quali le aree non idonee sarebbero state rese\nbarriere alla realizzazione degli impianti FER. \n Cio\u0027, in particolare, emergerebbe dalle seguenti disposizioni del\ngravato decreto ministeriale: \n l\u0027art. 1, nella parte in cui definisce le aree non idonee\ncome incompatibili con l\u0027installazione di specifiche tipologie di\nimpianti FER; \n l\u0027art. 7, comma 3, laddove considera non idonee le superfici\nricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi\ndell\u0027art. 10 e dell\u0027art. 36, comma 1, lettere a) e b), del decreto\nlegislativo 22 gennaio 2004, n. 42; \n l\u0027art. 7, comma 3, nella parte in cui viene attribuita alle\nregioni la facolta\u0027 di individuare come non idonee le superfici e le\naree ricomprese nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai\nsensi del decreto legislativo n. 42/2004, nonche\u0027 la facolta\u0027 di\nstabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a\ntutela fino a un massimo di 7 chilometri. \n Secondo la prospettazione delle ricorrenti, dette previsioni si\nporrebbero in contrasto con la natura e la funzione delle aree non\nidonee, come delineata dal paragrafo 17 e dall\u0027Allegato 3 delle Linee\nguida del 2010, in quanto dette aree non possono costituire divieti\ngeneralizzati alla installazione degli impianti FER, devono essere\nindividuate all\u0027esito di una apposita istruttoria e non possono\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico. \n Sarebbero, altresi\u0027, violati i principi eurounionali sanciti\ndalle direttive 2018/2001/UE (c.d. RED II) e 2023/2413/UE (c.d. RED\nIII). \n 2.3.) Le ricorrenti, con il terzo motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 del gravato decreto ministeriale per\n«Violazione dell\u0027art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, delle\nlinee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre\n2010 e dell\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - Violazione\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione - Eccesso di\npotere per sviamento - Difetto di istruttoria e di motivazione -\nIrragionevolezza e ingiustizia manifesta». \n 2.3.1.) Con tale mezzo di gravame e\u0027 stata contestata la\nlegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 nella parte\nin cui non avrebbe fornito alcun criterio oggettivo per la\nindividuazione delle aree idonee. \n Secondo la prospettazione delle ricorrenti, infatti, l\u0027art. 7 del\ngravato decreto ministeriale avrebbe conferito una delega in bianco\nalle regioni, prevedendo solamente tre criteri omogenei che, in\nsostanza, consisterebbero in mere clausole di stile, risolvendosi in\nuna pedissequa riproposizione degli interessi incisi dalla\nrealizzazione degli impianti FER, quali la tutela del paesaggio, gli\nimpatti ambientali, il consumo del suolo e la massimizzazione\ndell\u0027energia elettrica da fonti rinnovabili. \n Le previsioni del decreto ministeriale del 21 giugno 2024,\nquindi, non consentirebbero il mantenimento di una disciplina\nuniforme delle aree idonee sull\u0027intero territorio nazionale,\nconferendo alle regioni una delega in bianco e generando in tal modo\nincertezza negli operatori del settore, e contrasterebbero con il\nregime transitorio introdotto con l\u0027art. 20, comma 8, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, stante l\u0027assenza di una clausola di\nsalvaguardia dei procedimenti in corso. \n 2.4.) Le ricorrenti, con il quarto motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5 del decreto-legge 15 maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio\n2024, n. 101 - Violazione dell\u0027art. 117 della Costituzione rispetto\nalla direttiva n. 2001/77/CE, alla direttiva n. 2009/28/CE ed alla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni,\nal regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre 2022,\nnonche\u0027 in relazione all\u0027art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003,\nalle linee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10\nsettembre 2010, all\u0027art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 -\nViolazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione». \n 2.4.1.) Con tale mezzo di gravame e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 in via\nderivata rispetto alla prospettata illegittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n In particolare, l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), dell\u0027impugnato\ndecreto ministeriale risulterebbe illegittimo in via derivata nella\nmisura in cui ha reso vincolante e inderogabile per tutte le regioni\nil divieto preventivo e assoluto di installazione in area agricola di\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra previsto dall\u0027art.\n5 del decreto-legge n. 63/2024 e trasfuso nell\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021. \n Tale divieto, secondo la prospettazione delle ricorrenti, si\nporrebbe in contrasto con i principi di massima diffusione delle\nfonti rinnovabili e con la riserva di procedimento amministrativo,\nentrambi di matrice eurounitaria, con conseguente violazione\ndell\u0027art. 117 della Costituzione. \n Peraltro, la scelta di attribuire esclusivo valore alla\ndestinazione urbanistica dell\u0027area, senza alcun approfondimento in\nmerito alla effettiva coltivazione dei terreni, al tipo di colture e\nalla esistenza di vincoli, violerebbe i principi di ragionevolezza e\nproporzionalita\u0027 discendenti dagli articoli 3 e 97 della\nCostituzione. \n Oltretutto, l\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024,\nnell\u0027attribuire aprioristica prevalenza alla tutela del suolo\nagricolo, si porrebbe anche in contrasto con l\u0027art. 16-septies della\ndirettiva RED II e con il regolamento eurounitario 2022/2577. \n 2.5.) Le ricorrenti, con il quinto motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5 del decreto-legge 15 maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio\n2024, n. 101 - Violazione dell\u0027art. 117 della Costituzione in\nrelazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per\nla salvaguardia dei diritti dell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali\n(Protezione della proprieta\u0027) - Violazione art. 41 Costituzione sulla\nliberta\u0027 di iniziativa economica - Violazione del legittimo\naffidamento». \n 2.5.1.) Con tale mezzo di gravame e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 in via\nderivata rispetto alla prospettata illegittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 sotto un ulteriore profilo. \n In particolare, secondo la prospettazione delle ricorrenti,\nl\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 cagionerebbe un danno\nirreparabile del diritto dominicale degli operatori del settore,\nproducendo effetti ablativi della proprieta\u0027 privata e una lesione\ndel legittimo affidamento, con conseguente incisione negativa della\nliberta\u0027 di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione. \n Infatti, detta disposizione normativa non prenderebbe in\nconsiderazione le situazioni nelle quali i terreni agricoli sono gia\u0027\nstati contrattualizzati dagli operatori interessati allo sviluppo di\nun impianto FER in area agricola prima della sua entrata in vigore.\nDa cio\u0027 discenderebbe, quindi, la portata ablativa della previsione\nsospettata di incostituzionalita\u0027, stante la sua portata preclusiva\ndei diritti dominicali degli operatori attivi nella produzione di\nenergia da fonti rinnovabili, vieppiu\u0027 aggravata dalla sua efficacia\nretroattiva. \n Il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024,\ninoltre, risulterebbe sproporzionato rispetto alle esigenze di\nsalvaguardia della attivita\u0027 agricola e di riduzione del consumo del\nsuolo, sfociando in un non corretto bilanciamento tra esigenze di\ninteresse pubblico e tutela dei diritti fondamentali degli operatori\ndel settore. Cio\u0027, piu\u0027 in dettaglio, emergerebbe dal fatto che non\ne\u0027 stata prevista alcuna distinzione tra aree agricole ad alta\nvocazione (ossia, quelle interessate da coltivazioni DOCG, DOP e IGP)\ne aree fortemente antropizzate e del tutto prive di pregio. \n In definitiva, l\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 violerebbe\nil diritto di proprieta\u0027 tutelato dall\u0027art. 1 del Protocollo\naddizionale alla Convenzione EDU. \n Oltretutto, tale disposizione normativa risulterebbe\nincostituzionale per violazione dei principi unionali in materia di\npromozione e sviluppo della produzione di energia da fonti\nrinnovabili anche in ragione della sua incidenza negativa sugli\ninvestimenti del settore, il che, arrecando pregiudizio agli\noperatori economici, contrasterebbe il raggiungimento degli obiettivi\nassunti dall\u0027Italia in sede europea. \n 2.6.) Le ricorrenti, con il sesto motivo di ricorso, hanno\ncontestato la legittimita\u0027 derivata del gravato decreto ministeriale\nper «Incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 5 del decreto-legge 15 maggio\n2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio\n2024, n. 101 - Violazione dell\u0027art. 117 della Costituzione con\nriferimento agli obblighi di diritto comunitario - Violazione degli\narticoli 3, 101 e 102 Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\ne al protocollo (n. 27) sul mercato interno e sulla concorrenza». \n 2.6.1.) Con tale mezzo di gravame e\u0027 stata lamentata\nl\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 in via\nderivata rispetto alla prospettata illegittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 per violazione degli\narticoli 3, 101 e 102 TFUE, nonche\u0027 del protocollo n. 27 sul mercato\ninterno e la concorrenza. \n In particolare, secondo la tesi delle ricorrenti, l\u0027introduzione\ndel divieto di installare impianti FTV con moduli collocati a terra\nsulle aree agricole falserebbe il gioco della concorrenza all\u0027interno\ndel mercato unico, in quanto impedirebbe agli operatori economici\nitaliani di utilizzare dette aree, discriminandoli rispetto agli\noperatori «comunitari» operanti in qualsiasi altro Stato membro\ndell\u0027Unione europea. \n L\u0027introduzione del contestato divieto, quindi, integrerebbe gli\nestremi di una violazione degli obblighi discendenti dal diritto\neurounitario, stante la violazione delle norme poste a tutela della\nconcorrenza nel mercato, nonche\u0027 la lesione del legittimo affidamento\ndegli operatori del settore e del principio della certezza del\ndiritto. \n 3.) Il Ministero dell\u0027ambiente e della sicurezza energetica\n(«Mase»), il Ministero della cultura («Mic»), il Ministero\ndell\u0027agricoltura, della sovranita\u0027 alimentare e delle foreste\n(«Masaf»), la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Regione\nSardegna si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso in\nesame. \n 4.) La Regione Sardegna, con memoria depositata in data 4 aprile\n2025, ha eccepito l\u0027inammissibilita\u0027 e l\u0027infondatezza del ricorso in\nesame sull\u0027assunto che i criteri delineati dall\u0027art. 7 del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 non soltanto non siano generici, ma\nsiano altresi\u0027 funzionali al perseguimento degli obiettivi\nindividuati dalle direttive eurounitarie. \n Una volta che detti obiettivi siano stati raggiunti risulterebbe\nlegittimo che le regioni prevedano in autonomia quali aree del\nterritorio qualificare come idonee e quali come non idonee, in vista\ndella salvaguardia di ulteriori interessi, quali quelli della tutela\ndell\u0027ambiente e del paesaggio, rispetto ai quali gli interessi\neconomici privati risultano recessivi. \n Cio\u0027, a maggior ragione, varrebbe per la Regione Sardegna che\ngode di competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela e\npianificazione paesaggistica, ai sensi del decreto del Presidente\ndella Repubblica n. 480/1975, nella interpretazione fornita dalla\nCorte costituzionale, nonche\u0027 nelle materie dell\u0027urbanistica e\ndell\u0027agricoltura e delle foreste, ai sensi dell\u0027art. 3 dello Statuto\nspeciale. \n La Regione Sardegna, inoltre, ha eccepito anche l\u0027infondatezza\ndelle doglianze tese a contestare la legittimita\u0027 della previsione\nche attribuisce alle regioni il compito di individuare pure le aree\nnon idonee con propria legge, valorizzando la circostanza che l\u0027art.\n20 del decreto legislativo n. 199/2021 disciplina sempre in maniera\ncongiunta tanto le aree idonee, quanto quelle non idonee. \n Risulterebbe, altresi\u0027, infondato il profilo di censura con il\nquale e\u0027 stata lamentata la previsione dell\u0027art. 7, comma 2, lettera\nc), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, in ragione del fatto\nche l\u0027individuazione ope legis delle aree idonee operata dall\u0027art.\n20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 avrebbe un carattere\nmeramente transitorio, valendo solo nelle more della individuazione\ndelle aree idonee da parte delle regioni. \n Del pari infondato risulterebbe essere il motivo di ricorso con\nil quale si prospetta l\u0027illegittimita\u0027 del decreto ministeriale del\n21 giugno 2024 per violazione del principio di massima diffusione\ndelle fonti di energia rinnovabile, in considerazione del fatto che\nlo stesso decreto ministeriale impugnato definisce uno specifico\npercorso da seguire per conseguire gli obiettivi assunti dall\u0027Italia\na livello europeo. \n 5.) Le societa\u0027 ricorrenti, con memoria depositata in data 5\naprile 2025, hanno specificato ulteriormente le proprie doglianze e\nhanno insistito per l\u0027accoglimento del ricorso. \n 6.) Le societa\u0027 ricorrenti, con memoria di replica depositata in\ndata 16 aprile 2025, controdedotto alle eccezioni sollevate dalla\nRegione Sardegna e hanno instato per l\u0027accoglimento del gravame. \n 6.1.) La Regione Sardegna, con memoria di replica depositata in\ndata 16 aprile 2025, ha spiegato le proprie difese avverso le\ncontrodeduzioni svolte dalle ricorrenti e ha instato per il rigetto\ndel ricorso. \n 7.) All\u0027udienza pubblica del 7 maggio 2025 la causa e\u0027 stata\ndiscussa. \n Nel corso della discussione il Collegio ha rilevato d\u0027ufficio, ai\nsensi dell\u0027art. 73, comma 3, c.p.a. la sussistenza di possibili\nprofili di inammissibilita\u0027 dei primi tre motivi di ricorso per\ndifetto di interesse. \n All\u0027esito della discussione la causa e\u0027 stata trattenuta in\ndecisione. \n \n Diritto \n \n 1. Il Collegio, in via preliminare, ritiene che i primi tre\nmotivi di ricorso, inerenti alla legittimita\u0027 del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 ad eccezione della previsione con la\nquale e\u0027 stato introdotto il divieto di installazione in aree\nagricole di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\n(oggetto delle censure articolate con il quarto, quinto e sesto\nmotivo di ricorso), siano inammissibili per carenza di interesse\ncosi\u0027 come rilevato d\u0027ufficio dal Collegio ai sensi dell\u0027art. 73,\ncomma 3, c.p.a. nel corso dell\u0027udienza pubblica del 7 maggio 2025 e\nfatto constare nel relativo verbale d\u0027udienza. \n Le seguenti considerazioni valgono ad assorbire anche i\nconcorrenti profili di inammissibilita\u0027 oggetto di eccezione da parte\ndella Regione Sardegna. \n 1.1. La delibazione del profilo processuale inerente alla carenza\ndi interesse a ricorrere degli operatori economici del settore, quali\nle societa\u0027 ricorrenti, richiede che vengano preliminarmente chiariti\ni termini nei quali va declinato il concetto di area non idonea\nall\u0027installazione di impianti FER nel regime introdotto dall\u0027art. 20,\ncomma 1, del decreto legislativo n. 199/2021. \n Tale esigenza, invero, risulta intrinsecamente correlata con il\ntenore delle censure ricorsuali, che ruotano sostanzialmente intorno\nall\u0027assunto secondo il quale le aree non idonee siano superfici sulle\nquali e\u0027 totalmente preclusa l\u0027installazione di impianti FER, il che\navrebbe comportato un totale e indebito stravolgimento dell\u0027impianto\nordinamentale delineato con il precedente regime giuridico\napplicabile in subiecta materia. \n 1.2. Il Collegio ritiene che la tesi sostenuta dalle societa\u0027\nricorrenti non possa essere condivisa per le ragioni di diritto di\nseguito esposte. \n 1.3. Come noto, l\u0027art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la razionalizzazione e\nla semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione\ndegli impianti alimentati da fonti rinnovabili. \n A tal fine, l\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo n.\n387/2003 ha inter alia previsto che «In Conferenza unificata, su\nproposta del Ministro delle attivita\u0027 produttive, di concerto con il\nMinistro dell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del Ministro\nper i beni e le attivita\u0027 culturali, si approvano le linee guida per\nlo svolgimento del procedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura\ndi autorizzazione unica, n.d.r.]. Tali linee guida sono volte, in\nparticolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti,\ncon specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In\nattuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla\nindicazione di aree e siti non idonei alla installazione di\nspecifiche tipologie di impianti». \n 1.4. Come gia\u0027 anticipato in precedenza, le Linee guida indicate\ndall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 sono\nstate adottate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del\n10 settembre 2010, nel quale e\u0027 stato stabilito che: \n paragrafo 17: «Al fine di accelerare l\u0027iter di autorizzazione\nalla costruzione e all\u0027esercizio degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee\nguida, le regioni e le province autonome possono procedere alla\nindicazione di aree e siti non idonei alla installazione di\nspecifiche tipologie di impianti secondo le modalita\u0027 di cui al\npresente punto e sulla base dei criteri di cui all\u0027Allegato 3.\nL\u0027individuazione della non idoneita\u0027 dell\u0027area e\u0027 operata dalle\nregioni attraverso un\u0027apposita istruttoria avente ad oggetto la\nricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell\u0027ambiente, del\npaesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni\nagroalimentari locali, della biodiversita\u0027 e del paesaggio rurale che\nidentificano obiettivi di protezione non compatibili con\nl\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una\nelevata probabilita\u0027 di esito negativo delle valutazioni, in sede di\nautorizzazione. Gli esiti dell\u0027istruttoria, da richiamare nell\u0027atto\ndi cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna\narea individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie\ne/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita\u0027\nriscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle\ndisposizioni esaminate [...]. Le aree non idonee sono [...]\nindividuate dalle regioni nell\u0027ambito dell\u0027atto di programmazione con\ncui sono definite le misure e gli interventi necessari al\nraggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in\nattuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua\nle aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente gia\u0027\nprevisto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico\nobiettivo assegnatole»; \n allegato 3: «L\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei mira non gia\u0027 a rallentare la realizzazione degli impianti,\nbensi\u0027 ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di\nriferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.\nL\u0027individuazione delle aree non idonee dovra\u0027 essere effettuata dalle\nregioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti\nstrumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,\nsecondo le modalita\u0027 indicate al paragrafo 17\", nonche\u0027 sulla base di\nprincipi e criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei\nquali, tra l\u0027altro: \"a) l\u0027individuazione delle aree non idonee deve\nessere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad\naspetti di tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nartistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del\nterritorio e del sito; b) l\u0027individuazione delle aree e dei siti non\nidonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse\nfonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; [...] d)\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a\ntutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate,\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027impatto ambientale nei\ncasi previsti. L\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non\ndeve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di\naccelerazione e semplificazione dell\u0027iter di autorizzazione alla\ncostruzione e all\u0027esercizio, anche in termini di opportunita\u0027\nlocalizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni\ndel territorio». \n 1.5. Nel contesto del sistema delineato dall\u0027art. 12, comma 10,\ndel decreto legislativo n. 387/2003, come risulta dai pacifici\norientamenti pretori formatisi in seno alla giurisprudenza della\nCorte costituzionale, le Linee guida sono «poste a completamento\ndella normativa primaria \"in settori squisitamente tecnici\" (sentenze\nn. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 e\nn. 86 del 2019, nonche\u0027 n. 69 del 2018) e connotate dal carattere\ndella inderogabilita\u0027 a garanzia di una disciplina \"uniforme in tutto\nil territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del\n2018)\" (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n.\n221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)» (cfr.\nCorte costituzionale, sentenza n. 27/2023). \n Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito che\ncon le disposizioni normative introdotte dal decreto legislativo n.\n199/2021 «il legislatore statale ha inteso superare il sistema\ndettato dall\u0027art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre\n2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla\npromozione dell\u0027energia elettrica prodotta da fonti energetiche\nrinnovabili nel mercato interno dell\u0027elettricita\u0027) e dal conseguente\ndecreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010\n(Linee guida per l\u0027autorizzazione degli impianti alimentati da fonti\nrinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione\ndelle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a\nindividuare le aree \"idonee\" all\u0027installazione degli impianti, sulla\nscorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti\ninterministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...]. \n Inoltre, l\u0027individuazione delle aree idonee dovra\u0027 avvenire non\npiu\u0027 in sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente\nin relazione a quelle non idonee, bensi\u0027 \"con legge\" regionale,\nsecondo quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso\nart. 20» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024). \n 1.6. Sulla scorta di quanto chiarito ed affermato negli\norientamenti giurisprudenziali teste\u0027 richiamati, discende che nel\ndare applicazione del rinnovato quadro normativo che ha interessato\nla materia della realizzazione degli impianti FER, non possano sic et\nsimpliciter essere trasposti, in maniera acritica e meccanica, i\nprincipi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione\nal pregresso assetto normativo e regolatorio. \n Laddove, infatti, si aderisse ad una siffatta opzione ermeneutica\n- che e\u0027, poi, quella sostanzialmente prospettata dalle societa\u0027\nricorrenti - si finirebbe per obliterare indebitamente il vigente\ncontesto normativo, avuto specifico riguardo alla circostanza per\ncui, de iure condito, l\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.\n199/2021 espressamente dispone che sia il Mase, di concerto con il\nMic e il Masaf, previo raggiungimento dell\u0027intesa in Conferenza\nunificata, a stabilire con decreto i principi e i criteri omogenei\nstrumentali all\u0027individuazione delle aree idonee e non idonee. \n 1.7. Invero, proprio sulla scorta delle scelte compiute dalle\namministrazioni resistenti con l\u0027adozione del gravato decreto\nministeriale - e condivise con gli enti territoriali tramite lo\nstrumento dell\u0027intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,\ncontrariamente a quanto sostenuto dalle societa\u0027 ricorrenti, nel\ncomplessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia\nsostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita\u0027, la\nportata precettiva del concetto di «area non idonea». \n Infatti, l\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non idonee» come\n«aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con\nl\u0027installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le\nmodalita\u0027 stabilite dal paragrafo 17 e dall\u0027allegato 3 delle linee\nguida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10\nsettembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre\n2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». \n A dispetto di quanto asserito dalle societa\u0027 ricorrenti - secondo\nle quali la definizione di area non idonea come area incompatibile\nequivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto alla\ninstallazione di impianti FER - occorre ricordare che il paragrafo 17\ndelle Linee guida gia\u0027 per il passato specificava che il processo di\nricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire prendendo in\nconsiderazione gli «obiettivi di protezione non compatibili con\nl\u0027insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o\ndimensioni di impianti». \n Emerge, quindi, come gia\u0027 nel contesto previgente all\u0027adozione\ndel gravato decreto ministeriale le aree non idonee si\ncaratterizzassero per essere aree incompatibili con il\nsoddisfacimento degli obiettivi di protezione che l\u0027ordinamento\nintende perseguire. Tale forma di incompatibilita\u0027, quale tratto\ncaratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una\npreclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo\nad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita\u0027 di esito\nnegativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione». \n L\u0027analisi diacronica sinteticamente svolta consente di affermare\nche, sotto l\u0027esaminato profilo della «incompatibilita\u0027», la\ndefinizione di «aree non idonee» contenuta nell\u0027art. 1, comma 2,\nlettera b), del gravato decreto ministeriale non possiede un\ncarattere innovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad\neffectum, la portata del concetto di «area non idonea» per come\ndeclinato dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024 rispetto a\nquella scaturente dalle Linee guida. \n 1.8. Ad avviso del Collegio il richiamo alle modalita\u0027 stabilite\ndalle Linee guida operato dall\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, deve essere inteso\nunicamente nel senso che, in sede di attuazione della delega\nlegislativa di cui alla legge n. 53/2021, si sia optato per il\nconsolidamento, anche rispetto al nuovo regime, delle acquisizioni,\nin termini di significato e declinazione delle aree non idonee, gia\u0027\nraggiunte nel previgente assetto normativo in applicazione delle\nprevisioni dettate dalle Linee guida. \n Tale opzione esegetica puo\u0027 essere legittimamente percorsa in\nossequio al canone ermeneutico dell\u0027interpretazione conservativa di\ncui all\u0027art. 1367 cod civ. - pacificamente applicabile anche agli\natti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza\namministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5358 del 4\nsettembre 2020 e riferimenti ivi citati) -. Infatti, mediante\nl\u0027impiego di tale, legittimo, criterio interpretativo, nel nostro\nordinamento giuridico e\u0027 possibile preservare atti e valori giuridici\nnon affetti da vizi di legittimita\u0027 (ut res magis valeat quam\npereat), risultando cio\u0027 confacente, peraltro, ai principi di\neconomicita\u0027 ed efficacia dell\u0027attivita\u0027 amministrativa sanciti\ndall\u0027art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons.\nStato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015) e di cui il\ncriterio della interpretazione conservativa costituisce espressione. \n Peraltro, come sara\u0027 meglio approfondito nel prosieguo, anche nel\nnuovo assetto normativo e\u0027 stato assegnato un ruolo alle linee guida\nministeriali, ancorche\u0027 subordinato ad un aggiornamento delle stesse\nteso a renderle compatibili con il nuovo impianto ordinamentale,\ngiusto quanto previsto dall\u0027art. 18, comma 3, del decreto legislativo\nn. 199/2021. \n 1.9. Se e\u0027 vero che non puo\u0027 essere sottaciuto il fatto che\nl\u0027art. 3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le\nregioni provvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree\nnon idonee - e non piu\u0027 nell\u0027ambito di un apposito procedimento\namministrativo, come previsto dalle Linee guida - e\u0027 del pari vero\nche non v\u0027e\u0027 alcun indice normativo che faccia ritenere che a tale\ncambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalle societa\u0027\nricorrenti. \n Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo\ngiuridico di approvazione della classificazione delle aree\npotenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e\nmessa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da\nuna cosi\u0027 radicale trasfigurazione del significato che il concetto\ngiuridico di «aree non idonee» esprime ai fini del raggiungimento\ndegli obiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili. \n L\u0027interpretazione dell\u0027art. 1, comma 2, lettera b), del gravato\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il Collegio intende\naderire - partendo dall\u0027assunto che il carattere di non idoneita\u0027 di\nun\u0027area non precluda in radice la realizzazione di impianti FER - e\u0027\natta a porre in rilievo come l\u0027individuazione con legge regionale\ndelle aree non idonee non esclude che le amministrazioni coinvolte\nnegli specifici procedimenti amministrativi di valutazione delle\nistanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER debbano\nnecessariamente apprezzare in concreto l\u0027impatto dei progetti\nproposti sulle esigenze di tutela ambientale,\npaesaggistico-territoriale e dei beni culturali, anche laddove l\u0027area\ninteressata rientri tra quelle classificate come non idonee. \n 1.10. Il Collegio, chiariti i termini nei quali debba essere\ninteso il concetto giuridico di «aree non idonee» alla realizzazione\ndegli impianti FER, ritiene di poter esaustivamente procedere\nall\u0027esame dei profili di attualita\u0027 e concretezza dell\u0027interesse a\nricorrere delle societa\u0027 ricorrenti. \n A tale riguardo, sulla scorta delle considerazioni innanzi\nsvolte, e\u0027 d\u0027uopo evidenziare che non si ritiene sussistente in capo\na queste ultime tale condizione dell\u0027azione richiesta dalla legge per\nconseguire l\u0027annullamento giudiziale del gravato decreto ministeriale\ndel 21 giugno 2024. \n 1.11. In proposito, giova preliminarmente evidenziare che\nl\u0027interesse a ricorrere, quale condizione dell\u0027azione concettualmente\nautonoma dalla legittimazione ad agire, trova il suo fondamento\nnell\u0027art. 100 del codice di procedura civile, rubricato «Interesse ad\nagire» e applicabile al processo amministrativo in virtu\u0027 del rinvio\nesterno sancito dall\u0027art. 39 c.p.a. \n In particolare, atteso che l\u0027art. 100 codice di procedura civile\nstabilisce che «Per proporre una domanda o per contraddire alla\nstessa essa e\u0027 necessario avervi interesse», l\u0027interesse a ricorrere\nsi caratterizza per la «prospettazione di una lesione concreta ed\nattuale della sfera giuridica del ricorrente e dall\u0027effettiva\nutilita\u0027 che potrebbe derivare a quest\u0027ultimo dall\u0027eventuale\nannullamento dell\u0027atto impugnato» (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , 26\naprile 2018, n. 4). \n Cio\u0027, invero, risulta coerente con la funzione svolta dalle\ncondizioni dell\u0027azione nei processi di parte, innervati dal principio\ndella domanda e dal principio dispositivo (cfr. Cassazione civ.,\nSS.UU., 22 aprile 2013 n. 9685; Cassazione civ., sez. III, 3 marzo\n2015, n. 4228; Cassazione civ., sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23542). \n L\u0027interesse a ricorrere, inoltre, e\u0027 espressione della concezione\nsoggettiva della tutela giurisdizionale, propria anche del processo\namministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sentenza n. 4 del 7\naprile 2011) e ad esso e\u0027 attribuita una funzione di filtro\nprocessuale, fino a divenire strumento di selezione degli interessi\nmeritevoli di tutela (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , sentenza n. 22\ndel 9 dicembre 2021). \n L\u0027Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, proprio con\nriferimento a tale condizione dell\u0027azione, ha ulteriormente chiarito\nche «Il codice del processo amministrativo fa piu\u0027 volte riferimento,\ndirettamente o indirettamente, all\u0027interesse a ricorrere: all\u0027art.\n35, primo comma, lettere b) e c), all\u0027art. 34, comma 3, all\u0027art. 13,\ncomma 4-bis e, in modo piu\u0027 sfumato, all\u0027art. 31, primo comma,\nsembrando confermare, con l\u0027accentuazione della dimensione\nsostanziale dell\u0027interesse legittimo e l\u0027arricchimento delle tecniche\ndi tutela, la necessita\u0027 di una verifica delle condizioni dell\u0027azione\n(piu\u0027) rigorosa. Verifica tuttavia da condurre pur sempre sulla base\ndegli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali\neccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo\ndall\u0027accertamento effettivo della (sussistenza della situazione\ngiuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito.\nNel senso che, come e\u0027 stato osservato, va verificato che \"la\nsituazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una\nlesione\" ma non anche che \"abbia subito\" una lesione, poiche\u0027 questo\nsecondo accertamento attiene al merito della lite» (cfr. Cons. Stato,\nAd. plen., sentenza n. 22/2021, cit.). \n 1.12. Ordunque, nel caso in esame viene in rilievo una\nfattispecie controversa rispetto alla quale l\u0027interesse al bene\n(i.e., l\u0027utilita\u0027 finale o petitum mediato) correlato alla situazione\ngiuridica soggettiva dedotta in giudizio dalle societa\u0027 ricorrenti\nrimonta alle previsioni ministeriali che, con carattere generale,\nsono destinate a incidere sui procedimenti di autorizzazione, con la\nconseguenza che e\u0027 rispetto alle stesse che deve essere apprezzata in\nvia prognostica la possibilita\u0027 che la situazione dedotta in giudizio\ndalla societa\u0027 ricorrente abbia subito la prospettata lesione. \n Un siffatto apprezzamento, per una pluralita\u0027 di ragioni (tra le\nquali la piu\u0027 evidente e\u0027 quella che risiede nel fatto che opinando\ndiversamente si finirebbe per violare il divieto sancito dall\u0027art.\n34, comma 2, c.p.a.), non puo\u0027 che prescindere dall\u0027esito\nprocedimentale dell\u0027iter di autorizzazione e deve necessariamente\nessere incentrato sulla eventuale diretta, immediata e concreta\nvalenza pregiudizievole delle contestate previsioni del decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 per le societa\u0027 ricorrenti. \n 1.13. Il Collegio non reputa che gli articoli 1, 3 e 7 del\ngravato decreto ministeriale siano immediatamente lesivi della sfera\ngiuridica della societa\u0027 ricorrente, donde l\u0027inammissibilita\u0027 delle\nrelative censure. \n 1.14. Invero, siccome il fulcro delle censure proposte ruota\nintorno alla prospettata lesivita\u0027 del nuovo assetto regolamentare\nper effetto della rivisitazione del previgente sistema e del ruolo\nche l\u0027istituto delle «aree non idonee» e\u0027 destinato a giocare, anche\nper cio\u0027 che concerne gli aspetti inerenti alle modalita\u0027 della loro\ndeterminazione, dall\u0027analisi svolta in precedenza emerge come la\nqualificazione di determinate porzioni di territorio in termini di\n«aree non idonee» non costituisce un impedimento assoluto alla\nrealizzazione di progetti tesi alla costruzione e all\u0027esercizio di\nimpianti FER, donde la radicale insussistenza, anche in una\nprospettiva prognostica di valutazione, della lesione prospettata\ndalle societa\u0027 ricorrenti. \n 1.15. A tale riguardo, giova evidenziare che la localizzazione di\nun impianto FER in un\u0027area non idonea non osta a che gli operatori\neconomici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell\u0027ambito dei\nsingoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia\ncompatibile con il complessivo assetto dei valori in gioco,\novverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela ai\nsensi del decreto legislativo n. 42/2004 e, dall\u0027altro, con il\nraggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare\nal 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella A dell\u0027art. 2 del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024. \n Tali considerazioni trovano espresso conforto nelle previsioni\ndel gravato decreto ministeriale, laddove, all\u0027art. 7, comma 3, in\nfine, si dispone che «Nell\u0027applicazione del presente comma deve\nessere contemperata la necessita\u0027 di tutela dei beni con la garanzia\ndi raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A dell\u0027art. 2\ndel presente decreto». \n 1.16. In base al nuovo assetto normativo e regolamentare\nculminato con l\u0027adozione del gravato decreto ministeriale, anche\nl\u0027individuazione delle «aree non idonee» debba essere determinata\nmediante legge regionale e non invece, come avveniva con il\nprevigente regime, con atti di programmazione e all\u0027esito di una\nprecipua istruttoria procedimentale (cfr. paragrafo 17 delle Linee\nguida). \n A tal proposito, infatti, vale considerare che anche ipotizzando\nche l\u0027individuazione delle aree non idonee possa, in alcuni casi,\nscontare in sede di legislazione regionale una carente\ncaratterizzazione in ragione del diverso atteggiarsi dei lavori\npreparatori di un provvedimento legislativo rispetto alla fase\nistruttoria di un procedimento amministrativo, cio\u0027 non risulterebbe\ndi per se\u0027 suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto e attuale\nagli interessi degli operatori economici che intendono realizzare\nimpianti FER in siti classificati come «aree non idonee». \n Infatti, la conseguenza giuridica che puo\u0027 farsi discendere dalla\nconcretizzazione dell\u0027ipotesi innanzi prospettata, consiste in un\nmero aggravamento dell\u0027onere motivazionale a carico\ndell\u0027amministrazione competente a pronunciarsi sulle istanze di\nautorizzazione alla realizzazione ed esercizio di impianti FER. \n In particolare, l\u0027amministrazione procedente, all\u0027esito dell\u0027iter\ndi autorizzazione, non potra\u0027 giustificare l\u0027eventuale ritenuta\nincompatibilita\u0027 del progetto solo in ragione del fatto che\nl\u0027impianto sia localizzato in un\u0027area classificata come non idonea -\nmotivazione, peraltro, che risulterebbe insufficiente anche nel caso\nin cui la caratterizzazione delle aree non idonee sia stata\npuntualmente svolta dal legislatore regionale, in quanto la\nqualificazione di non idoneita\u0027 non si traduce in un divieto assoluto\ndi installazione di impianti FER, come esposto in precedenza - ma\ndovra\u0027 necessariamente fondare il proprio diniego dando conto in\nmaniera adeguata, ancorche\u0027 in ipotesi sintetica, delle intrinseche\ncaratteristiche del progetto e delle aree interessate, traguardate\nalla luce della comparazione dei contrapposti interessi in giuoco,\nfermo restando quanto previsto dall\u0027art. 16-septies della direttiva\n2018/2001/UE, in seguito alle modifiche operate con la direttiva\n2023/2413/UE, nonche\u0027 dalle previsioni di cui all\u0027art. 3 del decreto\nlegislativo n. 190/2024. \n Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle societa\u0027\nricorrenti, nessun pregiudizio attuale e concreto puo\u0027 farsi\ndiscendere dal fatto che sia stato previsto che l\u0027individuazione\ndelle «aree non idonee» debba avvenire con legge regionale. \n Per converso, un siffatto pregiudizio e\u0027 suscettibile di venire\nad esistenza solo in caso di esito negativo del procedimento di\nautorizzazione e solo nella misura in cui risulti che\nl\u0027amministrazione procedente non abbia esercitato correttamente il\npotere amministrativo di carattere tecnico-discrezionale ad essa\nattribuito dalla legge. \n 1.17. Ad avviso del Collegio, sempre sulla scorta della chiarita\nportata normativa ed effettuale del concetto giuridico di «aree non\nidonee» nell\u0027ambito dell\u0027attuale contesto normativo e regolamentare,\nil gravato decreto ministeriale si appalesa privo di immediata e\nconcreta lesivita\u0027 anche relativamente alle prescrizioni con le quali\ndetto decreto classifica determinate aree come non idonee ovvero fa\nsalva la possibilita\u0027, in favore delle regioni, di considerare come\naree idonee quelle gia\u0027 individuate come tali dall\u0027art. 20, comma 8,\nritenute illegittime in quanto suscettibili di condurre alla\nintroduzione di una disciplina frammentata e, dunque, foriera di\ntotale indeterminatezza. \n 1.17.1. La circostanza per cui il gravato decreto ministeriale\nqualifichi come non idonee le aree ricomprese nel perimetro dei beni\nsottoposti a tutela ai sensi di quanto previsto dal decreto\nlegislativo n. 42/2004 (art. 7, comma 3), non vale a mutare la\nportata generale del concetto di «aree non idonee», convertendolo in\nun istituto a geometrie variabili che, ove direttamente applicato\ndall\u0027amministrazione ministeriale, sia tale da determinare una\naprioristica e radicale sottrazione, ex voluntate administrationis,\ndell\u0027area non idonea alla realizzazione degli impianti FER. \n Invero, sia in tal caso, sia nell\u0027altro (cioe\u0027, quando\nl\u0027individuazione delle «aree non idonee» avviene con legge\nregionale), la localizzazione dell\u0027impianto all\u0027interno di un sito\nritenuto non idoneo non costituisce mai ragione di per se\u0027\nsufficiente a precludere in radice la realizzazione del progetto\nproposto dall\u0027operatore economico istante, potendosi giungere a tale\nesito procedimentale solo nel caso in cui il progetto venga in\nconcreto reputato incompatibile, dall\u0027amministrazione procedente, con\ngli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie. \n Le societa\u0027 ricorrenti, viceversa, con l\u0027impostazione impressa al\nricorso in esame hanno tentato di far retrocedere una siffatta - e\nmeramente eventuale - lesione ad una fase prodromica rispetto alla\nvalutazione in concreto dei progetti tesi alla realizzazione di\nimpianti FER, in quanto unicamente riservata alla individuazione\ndelle «aree non idonee» \n Tuttavia, sulla scorta delle regole che governano il processo\namministrativo e in considerazione del fatto che la giurisdizione\namministrativa di legittimita\u0027 costituisce pur sempre una\ngiurisdizione di diritto soggettivo, non e\u0027 possibile accordare alle\nsocieta\u0027 ricorrenti, che risultano essere operatori attivi nel\nsettore interessato dalle contestate modifiche ordinamentali, una\ntutela anticipata di merito, ossia una tutela giudiziale del tutto\nsganciata dalla sussistenza di una possibile incisione negativa della\nloro sfera giuridica che, per le ragioni innanzi esposte, puo\u0027\npredicarsi solo rispetto ad un esito negativo dei procedimenti\nautorizzativi e solo laddove cio\u0027 consegua al cattivo esercizio del\npotere da parte dell\u0027amministrazione procedente. \n 1.18. Ad avviso del Collegio, inoltre, l\u0027eventuale mutamento\ndella classificazione di un\u0027area, in precedenza non qualificata come\nnon idonea, non e\u0027 ex se atto a condizionare, in maniera\nindefettibile e in senso sicuramente negativo, l\u0027iter procedimentale\ndi autorizzazione all\u0027installazione e all\u0027esercizio di impianti FER. \n Pertanto, neppure la mancata previsione di un regime transitorio\ndi salvaguardia delle iniziative in corso vale a dimostrare che le\nprevisioni del gravato decreto ministeriale possano arrecare alle\nsocieta\u0027 ricorrenti il pregiudizio dalle stesse paventato. \n 1.19. Il Collegio ritiene che l\u0027iniziativa giudiziale promossa\ndalle societa\u0027 ricorrenti sia sguarnita del necessario interesse a\nricorrere anche in relazione alle censure tese a contestare le\nprevisioni del decreto mnisteriale del 21 giugno 2024 con le quali\nsono stati fissati i criteri per la individuazione delle aree idonee\ned e\u0027 stata concessa alle regioni la mera facolta\u0027 di far salve le\naree considerate idonee ope legis ai sensi dell\u0027art. 20, comma 8, del\ndecreto legislativo n. 199/2021. \n In proposito, e\u0027 sufficiente rinviare alle considerazioni gia\u0027\nespresse in precedenza in quanto, anche in relazione a tali censure,\nl\u0027interesse a ricorrere potrebbe dirsi sussistente solo nel caso in\ncui le gravate prescrizioni sulle «aree idonee» fossero tali da\narrecare, ex se e immediatamente, un pregiudizio alla societa\u0027\nricorrente. \n La possibilita\u0027 di lesione prospettata dalle societa\u0027 ricorrenti,\ninfatti, non e\u0027 riscontrabile ex ante in un\u0027ottica prognostica, in\nquanto l\u0027effetto giuridico discendente dalla qualificazione di una\nsuperficie come «area idonea» alla realizzazione ed esercizio di un\nimpianto FER e\u0027 essenzialmente limitato al solo riconoscimento di un\nvantaggio procedimentale. \n Pertanto, le societa\u0027 ricorrenti non possiedono il necessario\ninteresse ad azionare in giudizio una posizione giuridica\nsostanzialmente consistente nell\u0027interesse a non vedersi aggravato\nl\u0027iter procedimentale di autorizzazione (laddove, in futuro, si\ndeterminino a presentare la dovuta istanza all\u0027amministrazione), a\nche venga mantenuto il precedente impianto normativo e a che vengano\nconsiderate come «aree idonee» ex lege, superfici che tali sono state\nconsiderate dal legislatore, expressis verbis, solo «nelle more\ndell\u0027individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle\nmodalita\u0027 stabiliti dai decreti di cui al comma 1 [dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, n.d.r.]». \n 1.19.1. Al pari di quanto rilevato in relazione alle gravate\nprevisioni sulle «aree non idonee», anche con riferimento a questo\nulteriore gruppo di censure proposte dalle societa\u0027 ricorrenti, non\nrisulta che le amministrazioni resistenti abbiano dettato\nprescrizioni cogenti e introdotto divieti assoluti e aprioristici,\ndalla cui applicazione discenda con assoluta certezza la radicale\npreclusione alla realizzazione, miglioria ed esercizio di impianti\nFER. \n In definitiva, non venendo in rilievo prescrizioni suscettibili\ndi impedire alle societa\u0027 ricorrenti, in via immediata e diretta, lo\nsvolgimento della propria attivita\u0027 di produzione di energia da fonti\nrinnovabili, deve ritenersi insussistente l\u0027interesse processuale\nrichiesto dalla legge per conseguire l\u0027annullamento giudiziale del\ngravato decreto ministeriale. \n 1.19.2. A ben vedere, e fermo restando il carattere assorbente\ndelle anzidette considerazioni, la decidibilita\u0027 nel merito del\npresente gravame risulterebbe preclusa anche dalla natura della\nposizione dedotta in giudizio dalle societa\u0027 ricorrenti. \n Infatti, ad essere stata azionata risulta essere una mera\naspettativa di fatto al corretto esercizio sia della funzione\namministrativa, sia della funzione legislativa delle regioni, ossia\nuna situazione del tutto priva della specifica connessione a un bene\ndella vita che costituisce il proprium delle situazioni giuridiche\nsoggettive che l\u0027ordinamento reputa meritevoli di tutela. \n 1.20. La disamina dei profili sin qui esaminati risulta, ad\navviso del Collegio, sufficiente a dimostrare l\u0027insussistenza di un\ninteresse diretto, concreto e attuale delle societa\u0027 ricorrenti\nrispetto all\u0027annullamento del decreto ministeriale del 21 giugno\n2024, donde l\u0027inammissibilita\u0027 dei primi tre motivi del presente\ngravame. \n 1.20.1. Ad abundantiam, vale anche osservare che, alla luce della\nnatura della posizione azionata, la circostanza per cui le societa\u0027\nricorrenti siano operatori attivi nel settore della produzione di\nenergia da fonti rinnovabili non costituisce elemento sufficiente a\nrendere differenziate e normativamente qualificate le loro posizioni,\nle quali, pertanto, non risultano distinguibili da quella del quisque\nde populo. \n D\u0027altronde, anche volendo attribuire alle posizioni azionate\ndalle societa\u0027 ricorrenti la consistenza di interessi diffusi e\nmetaindividuali, il ricorso in esame non risulterebbe decidibile nel\nmerito per carenza di legittimazione attiva, atteso che una siffatta\nsituazione giuridica soggettiva puo\u0027 essere fatta valere in giudizio\nesclusivamente dai soggetti giuridici statutariamente o\nistituzionalmente preposti a rappresentare interessi omogenei di\nspecifiche categorie, attribuzione, questa, che esula dalla sfera\ngiuridica del singolo individuo o, come nel caso di specie, da quella\ndei singoli operatori economici attivi nel mercato. \n 1.20.2. Ne consegue che «in se\u0027 considerata, la semplice\npossibilita\u0027 di ricavare dall\u0027invocata decisione di accoglimento una\nqualche utilita\u0027 pratica, indiretta ed eventuale, ricollegabile in\nvia meramente contingente ed occasionale al corretto esercizio della\nfunzione pubblica censurata, non dimostra la sussistenza della\nposizione legittimante, nel senso che siffatto possibile vantaggio\nottenibile dalla pronuncia di annullamento non risulta idoneo a\ndeterminare, da solo, il riconoscimento di una situazione\ndifferenziata, fondante la legittimazione al ricorso; occorre,\ninvece, una ulteriore condizione-elemento che valga a differenziare\nil soggetto, cui essa condizione-elemento si riferisce, da coloro che\navrebbero un generico interesse alla legalita\u0027 dell\u0027azione\namministrativa, essendo quest\u0027ultimo interesse riconosciuto non al\nquisque de populo, ma solamente a quel soggetto che si trovi,\nrispetto alla generalita\u0027, in una posizione legittimante\ndifferenziata» (cfr. Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 265 del 27\ngennaio 2016). \n 1.20.3. Tale condizione-elemento non puo\u0027 essere rintracciata\nnell\u0027aspirazione a una determinata configurazione del procedimento\namministrativo per effetto della qualificazione attribuita all\u0027area\ndi localizzazione degli impianti FER, il che implica una\ninammissibile conformazione dei poteri pubblici per mano dei soggetti\nprivati, strumentale ad asservire le scelte dell\u0027amministrazione (e,\nnel caso di specie, anche del legislatore regionale) ad interessi di\nnatura egoistica, slegati dalle esigenze di carattere pubblicistico,\ne ai desiderata, modali e metodologici, degli operatori del settore. \n 2. Il Collegio, per converso, ritiene che sia rilevante e non\nmanifestamente infondata la questione di legittimita\u0027 costituzionale\nprospettata con il quarto motivo di ricorso avverso il divieto di\ninstallazione in zone classificate agricole di impianti fotovoltaici\n(FTV) con moduli collocati a terra, introdotto con l\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024. \n Come esposto in narrativa, le societa\u0027 ricorrenti hanno\nprospettato che siffatto divieto violi l\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione, ponendosi in contrasto con il principio di matrice\neurounitaria della massima diffusione delle fonti di energia\nrinnovabile, recepito dal legislatore nazionale gia\u0027 con l\u0027art. 12\ndel decreto legislativo n. 387/2003 e con le linee guida ministeriali\ndel 2010. \n 2.1. A riguardo, vale in via preliminare evidenziare che il\nlegislatore nazionale ha inteso superare la previsione recata\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, in quanto\ntale disposizione normativa e\u0027 stata abrogata per effetto del decreto\nlegislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in\nattuazione dell\u0027art. 26, commi 4 e 5, lettere b) e d), della legge 5\nagosto 2022, n. 118». \n In particolare, l\u0027art. 14 del decreto legislativo n. 190/2024,\nrubricato «Disposizioni di coordinamento», al comma 8 stabilisce che\n«L\u0027installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a\nterra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti e\u0027\nconsentita nei limiti di cui all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n Emerge, pertanto, in maniera netta come il legislatore, per cio\u0027\nche concerne la realizzazione di impianti FTV con moduli collocati a\nterra in area agricola, abbia inteso superare il regime dettato\ndall\u0027art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, sancendo\nl\u0027esclusiva applicazione del regime introdotto con l\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e di cui le previsioni del\ndecreto ministeriale del 21 giugno 2024 costituiscono diretta\nattuazione. \nI. Sulla impossibilita\u0027 di operare una interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024\ne dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021. \n 3. Il Collegio non ritiene che sia possibile operare\nun\u0027interpretazione conforme alla Costituzione del divieto introdotto\ndall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 mediante l\u0027inserimento del\ncomma 1-bis all\u0027art. 20, del decreto legislativo n. 199/2021 - e al\nquale nel prosieguo della trattazione si fara\u0027 riferimento -\ntentativo questo che ai fini della rimessione alla Corte\ncostituzionale di una questione di legittimita\u0027 costituzionale deve\nessere ragionevolmente e consapevolmente escluso (cfr. Corte\ncostituzionale, sentenza n. 262/2015; in senso conforme sentenze nn.\n202/2023, 139/2022, 11/2020, 189, 133 e 78/2019, 42/2017). \n Infatti, se e\u0027 vero che «le leggi non si dichiarano\ncostituzionalmente illegittime perche\u0027 e\u0027 possibile darne\ninterpretazioni incostituzionali [...], ma perche\u0027 e\u0027 impossibile\ndarne interpretazioni costituzionali» (cfr. Corte costituzionale,\nsentenza n. 356/1996), nel caso di specie, la sola, possibile,\ninterpretazione costituzionalmente orientata della contestata\nprevisione normativa risulterebbe quella che considera privo di\neffettualita\u0027 il divieto previsto dalle suddette disposizioni. \n 3.1. In particolare, l\u0027impossibilita\u0027 di operare\nun\u0027interpretazione conforme a Costituzione della anzidetta\ndisposizione normativa discende dal suo chiaro tenore letterale e\ndalla portata del divieto con essa introdotto nell\u0027ordinamento\ngiuridico. \n Infatti, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, nel consentire l\u0027installazione di impianti fotovoltaici con\nmoduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani\nurbanistici vigenti, circoscrive tale possibilita\u0027 ai soli casi in\ncui, da un lato, l\u0027area agricola coincida con alcune specifiche aree\nritenute idonee ai sensi dell\u0027art. 20, comma 8, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 - che, peraltro, ricomprendono anche le aree\nnelle quali sono gia\u0027 installati detti impianti (comma 8, lettera a),\nle quali possono essere interessate solo da interventi di modifica,\nrifacimento, potenziamento o ricostruzione, a condizione che non\ncomportino incremento dell\u0027area gia\u0027 occupata - o, dall\u0027altro,\nl\u0027intervento sia finalizzato alla creazione di una comunita\u0027\nenergetica rinnovabile o sia correlato a progetti attuativi del PNRR\no funzionali al perseguimento degli obiettivi di tale piano. \n Dal tenore letterale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 risulta, quindi, che il legislatore nel\n«consentire esclusivamente» l\u0027installazione degli impianti FTV con\nmoduli collocati a terra nelle aree agricole coincidenti con quelle\ninnanti menzionate, ha sostanzialmente introdotto un divieto\ngeneralizzato di realizzare detti impianti su tutta la restante parte\ndel suolo agricolo nazionale. \n 3.2. L\u0027introduzione di una preclusione di tale ampiezza\nall\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra in\narea agricola non risulta costituzionalmente compatibile,\ninnanzitutto perche\u0027 si pone in insanabile contrasto con l\u0027art. 117,\ncomma 1, della Costituzione, atteso che il contestato divieto e\u0027\nsuscettibile di integrare una violazione dei «vincoli derivanti\ndall\u0027ordinamento comunitario». \n In particolare, con il divieto generalizzato previsto dall\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 e\u0027 stato\ncompletamente ribaltato il sistema previgente, plasmato dal principio\ndi matrice eurounitaria della massima diffusione delle fonti di\nenergia rinnovabili (direttiva 2001/77/CE e 2009/28/CE). Tale\nprincipio, in particolare, dovrebbe trovare attuazione nella generale\nutilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento degli impianti\nFER, con le sole eccezioni ispirate alla tutela di altri interessi\ncostituzionalmente protetti (cosi\u0027, ad esempio, si e\u0027 espressa la\nCorte costituzionale relativamente agli impianti di produzione di\nenergia eolica, Corte costituzionale, sentenza n. 224/2012). \n Con il contestato divieto, viceversa, il legislatore ha\nspecificamente individuato le aree agricole nelle quali e\u0027 consentita\nl\u0027installazione di impianti FTV con moduli collocati a terra e ha\ninibito, per la restante parte del suolo agricolo nazionale, la\nrealizzazione di detti impianti: risulta, quindi, di piana evidenza\nche una siffatta preclusione violi il principio di massima diffusione\ndi matrice eurounitaria, sottraendo in maniera ingiustificata una\nconsiderevole parte del territorio nazionale al perseguimento delle\nfinalita\u0027 sottese allo sviluppo energetico da fonti rinnovabili, in\nassenza di valide ragioni di tutela di specifici interessi pubblici -\nnon potendo considerarsi tale l\u0027invocato consumo indiscriminato del\nsuolo - e senza che possa essere operata in concreto, nell\u0027ambito\ndell\u0027iter procedimentale di autorizzazione dell\u0027impianto, la\nponderazione con gli altri interessi confliggenti, anche di natura\npubblicistica e, in parte, legati al perseguimento degli obiettivi\nunionali di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al\n2030, sanciti dalla direttiva 2018/2001/UE. \n 3.3. Tali considerazioni pongono in evidenza anche il carattere\nnon proporzionato della scelta legislativa, tenuto conto della\nampiezza ed incisivita\u0027 del divieto rispetto al fine perseguito, il\nche corrobora l\u0027impossibilita\u0027 di addivenire ad una interpretazione\ncostituzionalmente conforme dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021. \nII. Sulla rilevanza delle questioni di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 e dell\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021. \n 4. Dall\u0027acclarata impercorribilita\u0027 di un\u0027interpretazione\ndell\u0027enunciato normativo integralmente satisfattivo per le societa\u0027\nricorrenti deriva la rilevanza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il terzo motivo di ricorso. \n La questione di legittimita\u0027 costituzionale che il Collegio\nintende rimettere alla Corte costituzionale con la presente ordinanza\nrisulta, dunque, fornita di rilevanza nel presente giudizio, atteso\nche l\u0027art. 1, comma 2, lettera d), dell\u0027impugnato decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 costituisce attuazione della\ndisposizione normativa qui sospettata di incostituzionalita\u0027, vale a\ndire l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, per\nle ragioni gia\u0027 esposte in precedenza e alle quali integralmente si\nrinvia. \n Pertanto, dall\u0027esito del giudizio di costituzionalita\u0027 dell\u0027art.\n20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 dipende la\nlegittimita\u0027 del contestato divieto di cui all\u0027art. 1, comma 2,\nlettera d), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024, nella misura\nsolo nel caso di declaratoria di incostituzionalita\u0027 della\ndisposizione normativa primaria la previsione impugnata dalle\nsocieta\u0027 ricorrenti potrebbe essere annullata, con conseguente venir\nmeno della preclusione assoluta, ad oggi vigente, alla realizzazione\ndei propri progetti sul suolo agricolo. \nIII. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita\u0027\ncostituzionale posta con il IV motivo di ricorso. \n 5. Le societa\u0027 ricorrenti, come gia\u0027 esposto in precedenza, con\nil quarto motivo di ricorso hanno prospettato l\u0027illegittimita\u0027\ncostituzionale del divieto introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge\nn. 63/2024 per contrasto con i vincoli derivanti dall\u0027ordinamento\neuropeo e, in particolare, con il principio della massima diffusione\ndegli impianti FER, affermato dalla direttiva 2001/77/CE, dalla\ndirettiva 2009/28/CE, nonche\u0027 dalla direttiva 2018/2001/UE, in\nattuazione della quale e\u0027 stato emanato il decreto legislativo n.\n199/2021. Sotto altro profilo, l\u0027art. 20, comma 1-bis del decreto\nlegislativo n. 199/2021 si porrebbe in contrasto con i principi\ngenerali dettati in materia dallo stesso legislatore statale, in\nattuazione delle direttive europee, e in particolare con l\u0027art. 12,\ncomma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli\nimpianti di produzione di energia elettrica, di cui all\u0027art. 2, comma\n1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate\nagricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del\n2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali\nle zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non\npossono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e\nl\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027 riguardare\nporzioni significative del territorio. \n Le societa\u0027 ricorrenti, inoltre, hanno anche sospettato\nd\u0027incostituzionalita\u0027 il divieto introdotto dall\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024 per violazione dei principi di\nragionevolezza e proporzionalita\u0027 discendenti dagli articoli 3 e 97\ndella Costituzione in combinato disposto con quanto previsto\ndall\u0027art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001, nonche\u0027 per violazione\ndi quanto previsto dall\u0027art. 16-septies della direttiva (UE)\n2018/2001 e dal regolamento (UE) 2022/2577. \n 5.1. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina\ncensurata presenti profili di contrasto con l\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto «dei\nvincoli derivanti dall\u0027ordinamento comunitario» e, in particolare,\ndel principio di massima diffusione delle fonti di energia\nrinnovabili di matrice eurounitaria. \n 5.2. In proposito, risulta necessario richiamare tutte le\nprevisioni normative vigenti nell\u0027ordinamento giuridico eurounitario\ne suscettibili di assumere rilievo nella materia oggetto della\npresente controversia, da intendersi anche quale integrazione del\nquadro normativo di riferimento, in uno con le previsioni nazionali\ngia\u0027 richiamate in precedenza ed analizzate dal Collegio sin dalla\nesposizione dei motivi di ricorso, quale condizione di ammissibilita\u0027\ndella rimessione della questione di legittimita\u0027 costituzionale\ndell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, cosi\u0027\ncome introdotto dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024. \n In particolare, devono essere presi in considerazione: \n l\u0027art. 3, par. 5, del TUE, a mente del quale «Nelle relazioni\ncon il resto del mondo l\u0027Unione afferma e promuove i suoi valori e\ninteressi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini», di tal\nforma che, per questa via, l\u0027Unione europea «Contribuisce [...] allo\nsviluppo sostenibile della Terra»; \n l\u0027art. 6, par. 1, del TUE, che precisa che «L\u0027Unione\nriconosce i diritti, le liberta\u0027 e i principi sanciti nella Carta dei\ndiritti fondamentali dell\u0027Unione europea del 7 dicembre 2000,\nadattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore\ngiuridico dei trattati». Ai sensi dell\u0027art. 37 della Carta, «Un\nlivello elevato di tutela dell\u0027ambiente e il miglioramento della sua\nqualita\u0027 devono essere integrati nelle politiche dell\u0027Unione e\ngarantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile»; \n l\u0027art. 11 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea\nche, muovendosi nella medesima direzione gia\u0027 tracciata dal\nrichiamato art. 6, par. 1, del TUE, sancisce che «Le esigenze\nconnesse con la tutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella\ndefinizione e nell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione,\nin particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo\nsostenibile» (c.d. principio di integrazione); \n l\u0027art. 191 del TFUE, secondo il quale «La politica\ndell\u0027Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i\nseguenti obiettivi: - salvaguardia, tutela e miglioramento della\nqualita\u0027 dell\u0027ambiente; - protezione della salute umana; -\nutilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; -\npromozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i\nproblemi dell\u0027ambiente a livello regionale o mondiale e, in\nparticolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica\ndell\u0027Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di\ntutela, tenendo conto della diversita\u0027 delle situazioni nelle varie\nregioni dell\u0027Unione. Essa e\u0027 fondata sui principi della precauzione e\ndell\u0027azione preventiva, sul principio della correzione, in via\nprioritaria alla fonte, dei danni causati all\u0027ambiente, nonche\u0027 sul\nprincipio \"chi inquina paga\"»; \n l\u0027art. 192, par. 1, del TFUE, ai sensi del quale «Il\nParlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura\nlegislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e\nsociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni\nche devono essere intraprese dall\u0027Unione per realizzare gli obiettivi\ndell\u0027art. 191»; \n l\u0027art. 194 del TFUE, in forza del quale «Nel quadro\ndell\u0027instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo\nconto dell\u0027esigenza di preservare e migliorare l\u0027ambiente, la\npolitica dell\u0027Unione nel settore dell\u0027energia e\u0027 intesa, in uno\nspirito di solidarieta\u0027 tra Stati membri, a [...] promuovere il\nrisparmio energetico, l\u0027efficienza energetica e lo sviluppo di\nenergie nuove e rinnovabili». \n 5.2.1. Protezione dell\u0027ambiente e promozione delle c.d. energie\nrinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. \n Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia\ndell\u0027Unione europea, l\u0027uso di fonti di energia rinnovabili per la\nproduzione di elettricita\u0027 e\u0027 utile alla tutela dell\u0027ambiente in\nquanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto\nserra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici\nche l\u0027Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a\ncontrastare. \n L\u0027incremento della quota di rinnovabili costituisce, in\nparticolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure\nrichieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al protocollo di\nKyoto, alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti\nclimatici, nonche\u0027 agli altri impegni assunti a livello comunitario e\ninternazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto\nserra. Cio\u0027, peraltro, e\u0027 funzionale anche alla tutela della salute e\ndella vita delle persone e degli animali, nonche\u0027 alla preservazione\ndei vegetali (cfr. CGUE, Grande Sezione, sentenza del 1° luglio 2014,\nin causa C-573/12, Ã…lands vindkraft AB contro Energimyndigheten, par.\n78 e ss.; CGUE, sentenza del 13 marzo 2001, in causa C-379/98,\nPreussenElektra AG contro Schhleswag AG, par. 73 e ss.). \n 5.2.2. La Corte di giustizia dell\u0027Unione europea ha, peraltro,\nprecisato che l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea si limita a definire gli obiettivi generali dell\u0027Unione in\nmateria ambientale, mentre l\u0027art. 192 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea affida al Parlamento europeo e al Consiglio\ndell\u0027Unione europea il compito di decidere le azioni da avviare al\nfine del raggiungimento di detti obiettivi. \n Di conseguenza, l\u0027art. 191 del Trattato sul funzionamento\ndell\u0027Unione europea non puo\u0027 essere invocato in quanto tale dai\nprivati al fine di escludere l\u0027applicazione di una normativa\nnazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale\nquando non sia applicabile nessuna normativa dell\u0027Unione adottata in\nbase all\u0027art. 192 del TFUE; viceversa, l\u0027art. 191 del Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea assume rilevanza allorquando esso\ntrovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE, Sezione Terza,\nsentenza del 4 marzo 2015, in causa C- 534/13, Ministero\ndell\u0027ambiente e della tutela del territorio e del mare et al. contro\nFipa Group srl et al., par. 39 e ss.). \n 5.3. Disposizioni sulla promozione dell\u0027energia elettrica da\nfonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell\u0027art. 175 del\nTCE (ora art. 192 del TFUE), sono state introdotte gia\u0027 con la\ndirettiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27\nsettembre 2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del\nParlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. \n In particolare, nel preambolo della direttiva 2018/2001/UE - con\nla quale il legislatore sovranazionale ha proceduto alla rifusione e\nalla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE\n- e\u0027 stato inter alia considerato che: \n «[...] (2) Ai sensi dell\u0027art. 194, paragrafo 1, del trattato\nsul funzionamento dell\u0027Unione europea (TFUE), la promozione delle\nforme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi\ndella politica energetica dell\u0027Unione. Tale obiettivo e\u0027 perseguito\ndalla presente direttiva. Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti\nrinnovabili o all\u0027energia rinnovabile costituisce una parte\nimportante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le\nemissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni\ndell\u0027Unione nel quadro dell\u0027accordo di Parigi del 2015 sui\ncambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti\ndella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti\nclimatici (\"accordo di Parigi\"), e il quadro per le politiche\ndell\u0027energia e del clima all\u0027orizzonte 2030, compreso l\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40%\nrispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L\u0027obiettivo vincolante in\nmateria di energie rinnovabili a livello dell\u0027Unione per il 2030 e i\ncontributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di\nriferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali\nper il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per\nla politica energetica e ambientale dell\u0027Unione [...]. \n 3) Il maggiore ricorso all\u0027energia da fonti rinnovabili puo\u0027\nsvolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la\nsicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire\nun\u0027energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo\ntecnologico e l\u0027innovazione, oltre alla leadership tecnologica e\nindustriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e\nsanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo\nregionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o\nnei territori a bassa densita\u0027 demografica o soggetti a parziale\ndeindustrializzazione. \n (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i\nmaggiori progressi tecnologici, gli incentivi all\u0027uso e alla\ndiffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie\nenergeticamente efficienti e la promozione dell\u0027utilizzo di energia\nrinnovabile nei settori dell\u0027energia elettrica, del riscaldamento e\ndel raffrescamento, cosi\u0027 come in quello dei trasporti sono strumenti\nmolto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per\nridurre le emissioni a effetto serra nell\u0027Unione e la sua dipendenza\nenergetica. \n (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo\nper la promozione dell\u0027utilizzo di energia da fonti rinnovabili che\nfissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia\nrinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da\nraggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22\ngennaio 2014, intitolata \"Quadro per le politiche dell\u0027energia e del\nclima per il periodo dal 2020 al 2030\" ha definito un quadro per le\nfuture politiche dell\u0027Unione nei settori dell\u0027energia e del clima e\nha promosso un\u0027intesa comune sulle modalita\u0027 per sviluppare dette\npolitiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo\ndell\u0027Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell\u0027Unione\npari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e\u0027 stata sostenuta\ndal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le\nquali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri\nobiettivi nazionali piu\u0027 ambiziosi, per realizzare i contributi\nall\u0027obiettivo dell\u0027Unione per il 2030 da essi pianificati e andare\noltre. \n (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio\n2014, \"Un quadro per le politiche dell\u0027energia e del clima\nall\u0027orizzonte 2030\", e del 23 giugno 2016, \"I progressi compiuti\nnell\u0027ambito delle energie rinnovabili\", si e\u0027 spinto oltre la\nproposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,\nsottolineando che, alla luce dell\u0027accordo di Parigi e delle recenti\nriduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile\nessere molto piu\u0027 ambiziosi. [...] \n (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione in relazione alla quota di energia da fonti\nrinnovabili pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe\nvalutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce\ndi sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia\nrinnovabile, degli impegni internazionali dell\u0027Unione a favore della\ndecarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro\ncontributo al conseguimento di tale obiettivo nell\u0027ambito dei\nrispettivi piani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima in\napplicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)\n2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] \n (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati\nconseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi\nnazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il\ncontributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In\nnessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero\nscendere al di sotto di tali contributi. [...]. \n (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure\nqualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non\npermettesse di mantenere la traiettoria dell\u0027Unione verso l\u0027obiettivo\ndi almeno il 32% di energie rinnovabili. Come stabilito nel\nregolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali\nintegrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente\nlivello di ambizione, la Commissione puo\u0027 adottare misure a livello\ndell\u0027Unione per assicurare il conseguimento dell\u0027obiettivo. Se, nel\nvalutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull\u0027energia e\nil clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la\nrealizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare\nle misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale\nlacuna». \n 5.4. Quanto affermato nei consideranda della direttiva\n2018/2001/UE ha trovato poi concretizzazione normativa nelle\nprevisioni dell\u0027art. 3 di tale direttiva, rubricato «Obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione per il 2030». \n Il legislatore unionale, infatti, ha previsto un obiettivo\nvincolante complessivo dell\u0027Unione europea per il 2030, stabilendo\nche «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far si\u0027 che la\nquota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di\nenergia dell\u0027Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La Commissione\nvaluta tale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una\nproposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori\nsostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia\nrinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni\ninternazionali dell\u0027Unione a favore della decarbonizzazione o se il\nrialzo e\u0027 giustificato da un significativo calo del consumo\nenergetico nell\u0027Unione», con la precisazione che «Se, sulla base\ndella valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, presentati ai sensi dell\u0027art. 9 del regolamento\n(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali\ndegli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo vincolante complessivo dell\u0027Unione, la Commissione segue\nla procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». \n 5.5. Il regolamento 2021/1119/UE del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell\u0027art. 192 del\nTFUE, ha poi istituito un quadro per il conseguimento della\nneutralita\u0027 climatica, sul presupposto che: \n «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici\nrichiede una maggiore ambizione e un\u0027intensificazione dell\u0027azione per\nil clima da parte dell\u0027Unione e degli Stati membri. L\u0027Unione si e\u0027\nimpegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti\nclimatici e a dare attuazione all\u0027accordo di Parigi adottato\nnell\u0027ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui\ncambiamenti climatici («accordo di Parigi»), guidata dai suoi\nprincipi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche\ndisponibili, nel contesto dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo\nalla temperatura previsto dall\u0027accordo di Parigi. [...] \n (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e\u0027 fondamentale per\ncontribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione\ndi posti di lavoro di alta qualita\u0027, alla crescita sostenibile e al\nconseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni\nUnite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto\ndi vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi\nl\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027accordo di Parigi. [...] \n (9) L\u0027azione per il clima dell\u0027Unione e degli Stati membri\nmira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la\nprosperita\u0027, l\u0027economia, la salute, i sistemi alimentari,\nl\u0027integrita\u0027 degli ecosistemi e la biodiversita\u0027 contro la minaccia\ndei cambiamenti climatici, nel contesto dell\u0027agenda 2030 delle\nNazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli\nobiettivi dell\u0027accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la\nprosperita\u0027 entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e\nridurre la vulnerabilita\u0027 della societa\u0027 ai cambiamenti climatici. In\nquest\u0027ottica, le azioni dell\u0027Unione e degli Stati membri dovrebbero\nessere guidate dal principio di precauzione e dal principio \"chi\ninquina paga\", istituiti dal trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell\u0027efficienza\nenergetica al primo posto e del principio del \"non nuocere\" del Green\nDeal europeo. [...] \n (11) Vista l\u0027importanza della produzione e del consumo di\nenergia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e\u0027\nindispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico\nsicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione\ndelle energie rinnovabili, su un mercato interno dell\u0027energia ben\nfunzionante e sul miglioramento dell\u0027efficienza energetica, riducendo\nnel contempo la poverta\u0027 energetica. Anche la trasformazione\ndigitale, l\u0027innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono\nfattori importanti per conseguire l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica. [...] \n (20) L\u0027Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,\nun equilibrio all\u0027interno dell\u0027Unione tra le emissioni antropogeniche\ndalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a\neffetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,\nraggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe\ncomprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a\nlivello dell\u0027Unione regolamentati nel diritto dell\u0027Unione. [...] \n (25) La transizione verso la neutralita\u0027 climatica presuppone\ncambiamenti nell\u0027intero spettro delle politiche e uno sforzo\ncollettivo di tutti i settori dell\u0027economia e della societa\u0027, come\nevidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle\nconclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le\nnormative e politiche pertinenti dell\u0027Unione devono essere coerenti\ncon il conseguimento dell\u0027obiettivo della neutralita\u0027 climatica e\ncontribuirvi, nel rispetto della parita\u0027 di condizioni, e ha invitato\nla Commissione a valutare se cio\u0027 richieda un adeguamento delle norme\nvigenti. [...] \n (36) Al fine di garantire che l\u0027Unione e gli Stati membri\nrestino sulla buona strada per conseguire l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica e registrino progressi nell\u0027adattamento, e\u0027\nopportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi\ncompiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente\nregolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma\ndel regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi\ncollettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica o all\u0027adattamento siano insufficienti o che le\nmisure dell\u0027Unione siano incoerenti con l\u0027obiettivo della neutralita\u0027\nclimatica o inadeguate per migliorare la capacita\u0027 di adattamento,\nrafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita\u0027, la Commissione\ndovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati\n[...]». \n 5.5.1. Tale regolamento ha, quindi, sancito che «l\u0027obiettivo\nvincolante della neutralita\u0027 climatica nell\u0027Unione entro il 2050, in\nvista dell\u0027obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui\nall\u0027art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell\u0027accordo di Parigi» (art.\n1), precisando altresi\u0027 che per conseguire tale obiettivo «il\ntraguardo vincolante dell\u0027Unione in materia di clima per il 2030\nconsiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a\neffetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il\n55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). \n 5.5.2. Ai sensi dell\u0027art. 5 del regolamento 2021/1119/UE «Le\nistituzioni competenti dell\u0027Unione e gli Stati membri assicurano il\ncostante progresso nel miglioramento della capacita\u0027 di adattamento,\nnel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della\nvulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in conformita\u0027 dell\u0027art. 7\ndell\u0027accordo di Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in\nmateria di adattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano\ncoerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici\ncollaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare\nmeglio l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano strategie e\npiani nazionali di adattamento, tenendo conto della strategia\ndell\u0027Unione sull\u0027adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati\nsu analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e di\nvulnerabilita\u0027, sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli\nindicatori, e basandosi sulle migliori e piu\u0027 recenti evidenze\nscientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di\nadattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare\nvulnerabilita\u0027 dei pertinenti settori, tra cui l\u0027agricoltura, e dei\nsistemi idrici e alimentari nonche\u0027 della sicurezza alimentare, e\npromuovono soluzioni basate sulla natura e l\u0027adattamento basato sugli\necosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e\nincludono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono\ntenuti a presentare a norma dell\u0027art. 19, paragrafo 1, del\nregolamento (UE) 2018/1999». \n 5.6. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del\nConsiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l\u0027altro,\ndisposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il\nregolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto\nriguarda la promozione dell\u0027energia da fonti rinnovabili,\nevidenziando che: \n «[...] (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo\nfondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore\nenergetico contribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni\ntotali di gas a effetto serra nell\u0027Unione. Riducendo tali emissioni\ndi gas a effetto serra, le energie rinnovabili possono anche\ncontribuire ad affrontare sfide ambientali come la perdita di\nbiodiversita\u0027, e a ridurre l\u0027inquinamento in linea con gli obiettivi\ndella comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo\n\"Un percorso verso un pianeta piu\u0027 sano per tutti - Piano d\u0027azione\ndell\u0027UE: Verso l\u0027inquinamento zero per l\u0027aria, l\u0027acqua e il suolo\".\nLa transizione verde verso un\u0027economia basata sulle energie da fonti\nrinnovabili contribuira\u0027 a conseguire gli obiettivi della decisione\n(UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira\naltresi\u0027 a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato\ndell\u0027ambiente, mediante, tra l\u0027altro, l\u0027interruzione e l\u0027inversione\ndel processo di perdita di biodiversita\u0027. [...]. \n (4) Il contesto generale determinato dall\u0027invasione\ndell\u0027Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di\nCOVID-19 ha provocato un\u0027impennata dei prezzi dell\u0027energia\nnell\u0027intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita\u0027 di\naccelerare l\u0027efficienza energetica e accrescere l\u0027uso delle energie\nda fonti rinnovabili nell\u0027Unione. Al fine di conseguire l\u0027obiettivo a\nlungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,\nl\u0027Unione dovrebbe concentrarsi sull\u0027accelerazione della transizione\nverde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle\nemissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili\nfossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e\nle imprese dell\u0027Unione in tutti i settori dell\u0027economia. \n (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della\nCommissione del 18 maggio 2022 (\"piano REPowerEU\") mira a rendere\nl\u0027Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del\n2030. Tale comunicazione prevede l\u0027anticipazione delle capacita\u0027\neolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale\nenergia e capacita\u0027 supplementari di energia da fonti rinnovabili\nentro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili\nrinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori\na valutare la possibilita\u0027 di innalzare o anticipare gli obiettivi\nfissati per l\u0027aumento della quota di energia rinnovabile nel mix\nenergetico. [...] Al di la\u0027 di tale livello obbligatorio, gli Stati\nmembri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente\nl\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione del 45% di energia da fonti\nrinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. \n (6) [...] E\u0027 auspicabile che gli Stati membri possano\ncombinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire\nl\u0027obiettivo dell\u0027Unione di raggiungere la neutralita\u0027 climatica entro\nil 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e\ndella struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di\nrealizzare tale obiettivo, la diffusione dell\u0027energia rinnovabile nel\nquadro del piu\u0027 elevato obiettivo generale vincolante dell\u0027Unione\ndovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione\nche comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che\ngli Stati membri decidono di perseguire. [...] \n (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu\u0027 rapida\ndiffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando\nuna mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili\ne per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti\nlocali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone\nterrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e\nmarine necessarie per l\u0027installazione degli impianti di produzione di\nenergia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di\napportare almeno i rispettivi contributi nazionali all\u0027obiettivo\ncomplessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per\nil 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)\n2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica entro e non oltre il 2050, in conformita\u0027 del\nregolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero\ngarantire che le zone in questione riflettano le rispettive\ntraiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e\ndovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di\ntecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro\npiani nazionali integrati per l\u0027energia e il clima presentati a norma\ndegli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. \n (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme\ndi tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e\nsottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere\nparticolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia\ndi energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,\nsulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia\nda fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale\nsignificativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le\nenergie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone\nprotette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune\nmisure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare\nzone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per\nuno o piu\u0027 tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e\ndovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili\nadatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di\ntecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per\nle energie rinnovabili, alla luce delle specificita\u0027 e dei requisiti\ndel tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di\naccelerazione per le energie rinnovabili. Cosi\u0027 facendo, gli Stati\nmembri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate\ndi tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento\ndegli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. \n (27) L\u0027uso polivalente dello spazio per la produzione di\nenergia rinnovabile e per altre attivita\u0027 terrestri, delle acque\ninterne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il\nripristino della natura, allentano i vincoli d\u0027uso del suolo, delle\nacque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione\nterritoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui\nindividuare e orientare precocemente le sinergie per l\u0027uso del suolo,\ndelle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero\nesplorare, consentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone\nindividuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali\nadottate. A tal fine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino,\nove necessario, i cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027\ni diversi usi e attivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano\ncoesistere. [...] \n (36) In considerazione della necessita\u0027 di accelerare la\ndiffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle\nzone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe\nimpedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia\nrinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi\nprogetti dovrebbero continuare a sottostare all\u0027obbligo di\nvalutazione specifica dell\u0027impatto ambientale a norma della direttiva\n2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia\nrinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie\nrinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle\nautorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l\u0027obiettivo di\nenergia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche\nle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti\nfuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili\ndovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso\nl\u0027introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della\nprocedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni\nambientali specifiche per ciascun progetto. \n 5.7. La direttiva (UE) 2023/2413, per tali ragioni, ha anche\nintrodotto disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie\nper assicurare che i contributi nazionali forniti rispettino il\nperseguimento dell\u0027obiettivo complessivo dell\u0027Unione in relazione\nalla produzione di energia rinnovabile per il 2030. Sono state,\ninoltre, previste zone di accelerazione per le energie rinnovabili,\nnonche\u0027 specifiche procedure amministrative per il rilascio delle\nrelative autorizzazioni. \n 5.8. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del\nConsiglio dell\u002711 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli\n192 e 194 del TFUE, costituisce la necessaria base legislativa per\nuna governance dell\u0027Unione dell\u0027energia e dell\u0027azione per il clima\naffidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,\ntrasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli\nobiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030, in linea con\nl\u0027accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici - derivante\ndalla 21ª Conferenza delle parti alla Convenzione quadro delle\nNazioni Unite sui cambiamenti climatici - attraverso sforzi\ncomplementari, coerenti e ambiziosi da parte dell\u0027Unione e degli\nStati membri, limitando la complessita\u0027 amministrativa nella materia\nin questione. \n 5.8.1. In particolare, il legislatore unionale, nel configurare\nun siffatto meccanismo, ha considerato che: \n 2) L\u0027Unione dell\u0027energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:\nla sicurezza energetica; il mercato interno dell\u0027energia;\nl\u0027efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la\nricerca, l\u0027innovazione e la competitivita\u0027. \n (3) L\u0027obiettivo di un\u0027Unione dell\u0027energia resiliente e\narticolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e\u0027 di\nfornire ai consumatori dell\u0027UE - comprese famiglie e imprese -\nenergia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di\npromuovere la ricerca e l\u0027innovazione attraendo investimenti; cio\u0027\nrichiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.\nTale trasformazione e\u0027 inoltre strettamente connessa alla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, in particolare promuovendo l\u0027efficienza energetica e i\nrisparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile\n[...] \n (7) L\u0027obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il\n40% delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico\nentro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e\u0027 stato formalmente\napprovato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,\nquale contributo previsto determinato a livello nazionale,\ndell\u0027Unione e dei suoi Stati membri all\u0027accordo di Parigi. L\u0027accordo\ndi Parigi e\u0027 stato ratificato dall\u0027Unione il 5 ottobre 2016 ed e\u0027\nentrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l\u0027approccio\nadottato nell\u0027ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e\u0027 stato\napprovato dall\u0027Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio\ne che non sara\u0027 prorogato dopo il 2020. E\u0027 opportuno aggiornare di\nconseguenza il sistema dell\u0027Unione per il monitoraggio e la\ncomunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto\nserra. \n (8) L\u0027accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione\nglobale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e\nstabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l\u0027obiettivo di\nmantenere l\u0027aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto\ndi 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad\nadoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C\nrispetto ai livelli preindustriali [...] \n (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il\nConsiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di\ngovernance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi\nsuperflui e con una sufficiente flessibilita\u0027 per gli Stati membri\nper contribuire a garantire che l\u0027Unione rispetti i suoi obiettivi di\npolitica energetica, nel pieno rispetto della liberta\u0027 degli Stati\nmembri di stabilire il proprio mix energetico [...] \n (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance\ndovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli\nobiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, in particolare gli obiettivi del\nquadro 2030 per il clima e l\u0027energia, nei settori della riduzione\ndelle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia\nrinnovabili e dell\u0027efficienza energetica. Tali obiettivi derivano\ndalla politica dell\u0027Unione in materia di energia e dalla necessita\u0027\ndi preservare, proteggere e migliorare la qualita\u0027 dell\u0027ambiente e di\npromuovere l\u0027utilizzazione accorta e razionale delle risorse\nnaturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,\ntra loro inscindibili, puo\u0027 essere considerato secondario rispetto\nall\u0027altro. Il presente regolamento e\u0027 quindi legato alla legislazione\nsettoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia\ne di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo\nflessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze\nnazionali e al loro mix energetico, purche\u0027 tale flessibilita\u0027 sia\ncompatibile con l\u0027ulteriore integrazione del mercato,\nl\u0027intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli\nobiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a\nun\u0027economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] \n (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo\ntermine con una prospettiva di almeno trenta anni per contribuire al\nconseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell\u0027UNFCCC e\nall\u0027accordo di Parigi, nel contesto dell\u0027obiettivo dell\u0027accordo di\nParigi di mantenere l\u0027aumento della temperatura media mondiale ben al\ndi sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per\nlimitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali\nnonche\u0027 delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a\neffetto serra e dell\u0027aumento dell\u0027assorbimento dai pozzi in tutti i\nsettori in linea con l\u0027obiettivo dell\u0027Unione [...]. \n (56) Se l\u0027ambizione dei piani nazionali integrati per\nl\u0027energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente\nper il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell\u0027Unione\ndell\u0027energia e, nel primo periodo, in particolare per il\nraggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile\ne di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a\nlivello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di\ntali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di\nambizione»). Qualora i progressi dell\u0027Unione verso tali obiettivi e\ntraguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la\nCommissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre\nmisure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure\ngli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire\nil raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi\u0027 eventuali\n«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi\u0027 tenere\nconto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere\nl\u0027obiettivo 2030 relativo all\u0027energia rinnovabile ottenendo, nel 2020\no prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili\nsuperiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando\nprogressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il\n2020 o nell\u0027attuazione del loro contributo all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030. In\nmateria di energia rinnovabile, le misure possono includere anche\ncontributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un\nmeccanismo di finanziamento dell\u0027energia rinnovabile nell\u0027Unione\ngestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti\nsull\u0027energia rinnovabile piu\u0027 efficienti in termini di costi in tutta\nl\u0027Unione, offrendo cosi\u0027 agli Stati membri la possibilita\u0027 di\ncontribuire al conseguimento dell\u0027obiettivo dell\u0027Unione al minor\ncosto possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di\nrinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di\nriferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero\nessere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza\nenergetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a\nmigliorare l\u0027efficienza di prodotti, edifici e trasporti. \n (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di\nenergia rinnovabile per il 2020, di cui all\u0027allegato I della\ndirettiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,\ndovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria\nindicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno\nStato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza\npiu\u0027 elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una\nquota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della\ndirettiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota\ndi energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia\ndi ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota\nbase di riferimento. \n (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di\nriferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe\nadottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario\nrispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente\nadottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare\nil divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai\nrequisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento\nin cui il divario in questione si e\u0027 verificato, sia ai sensi del\npresente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». \n 5.8.2. Il meccanismo di governance previsto dal regolamento\n2018/1999/UE, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate\ncon l\u0027art. 2 della direttiva 2023/2413/UE, prevede, tra l\u0027altro, che: \n «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e\nsuccessivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla\nCommissione un piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n[...]» (art. 3, paragrafo 1); \n «Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale\nintegrato per l\u0027energia e il clima i principali obiettivi, traguardi\ne contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all\u0027allegato I,\nsezione A, punto 2: \n a) dimensione «decarbonizzazione»: [...] \n 2) per quanto riguarda l\u0027energia rinnovabile: \nal fine di conseguire l\u0027obiettivo vincolante dell\u0027Unione per la quota\ndi energia rinnovabile per il 2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1,\ndella direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota\ndello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo\ndi energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue\nuna traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa\nraggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell\u0027aumento\ntotale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l\u0027obiettivo\nnazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il\nsuo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria\nindicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43%\ndell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra\nl\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro\ninteressato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. Entro il 2027, la\ntraiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad\nalmeno il 65% dell\u0027aumento totale della quota di energia da fonti\nrinnovabili tra l\u0027obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello\nStato membro interessato e il suo contributo all\u0027obiettivo 2030. \n Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno\nil contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro\nprevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il\n2020, la sua traiettoria indicativa puo\u0027 iniziare al livello che si\naspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,\nnel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di\nriferimento dell\u0027Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all\u0027obiettivo\nvincolante dell\u0027Unione per la quota di energia rinnovabile per il\n2030 di cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.\nIndipendentemente dal suo contributo all\u0027obiettivo dell\u0027Unione e\ndalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,\nuno Stato membro e\u0027 libero di stabilire obiettivi piu\u0027 ambiziosi per\nfinalita\u0027 di politica nazionale» (art. 4); \n «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e\ndell\u0027ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi\ndi cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene\nconto degli elementi seguenti: \n a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; \n b) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza\nenergetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; \n c) altre misure esistenti volte a promuovere l\u0027energia\nrinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di\nUnione; \n d) l\u0027obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti\nrinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all\u0027allegato I\ndella direttiva (EU) 2018/2001; \n e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile, quali: \n i) l\u0027equa distribuzione della diffusione nell\u0027Unione; \n ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il\nPIL pro capite; \n iii) il potenziale per una diffusione delle energie\nrinnovabili efficace sul piano dei costi; \n iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi\nquelli delle zone e regioni non interconnesse; \n v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati\nmembri; \n vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi\npregressi [...] \n 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma dei\nrispettivi contributi ammonti almeno all\u0027obiettivo vincolante\ndell\u0027Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030\ndi cui all\u0027art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.\n5); \n «[...] 3. Se nel settore dell\u0027energia rinnovabile, in base alla\nvalutazione di cui all\u0027art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione\nconclude che uno o piu\u0027 punti di riferimento della traiettoria\nindicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all\u0027art. 29,\nparagrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,\n2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di\nriferimento nazionali di cui all\u0027art. 4, lettera a), punto 2,\nprovvedono all\u0027attuazione di misure supplementari entro un anno dal\nricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il\ndivario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: \n a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione\ndell\u0027energia rinnovabile; \n b) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all\u0027art. 23,\nparagrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; \n c) l\u0027adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili\nnel settore dei trasporti di cui all\u0027art. 25, paragrafo 1, della\ndirettiva (UE) 2018/2001; \n d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione, come indicato all\u0027art. 33; \n e) l\u0027utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 [...]» (art. 32). \n 5.9. Come gia\u0027 esposto in precedenza, il decreto legislativo n.\n199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del\nParlamento europeo e del Consiglio, dell\u002711 dicembre 2018, sulla\npromozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti rinnovabili» e si pone\n«l\u0027obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del\nPaese, recando disposizioni in materia di energia da fonti\nrinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di\ndecarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa\ndecarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi,\ngli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico,\nnecessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della\nquota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della\ndirettiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla\nlegge 22 aprile 2021, n. 53» (art. 1, commi 1 e 2). \n In vista del perseguimento di tali finalita\u0027, il decreto\nlegislativo n. 199/2021 reca «Disposizioni necessarie all\u0027attuazione\ndelle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito\nanche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili,\nconformemente al Piano nazionale integrato per l\u0027energia e il clima\n(di seguito anche: PNIEC), con la finalita\u0027 di individuare un insieme\ndi misure e strumenti coordinati, gia\u0027 orientati all\u0027aggiornamento\ndegli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE)\nn. 2021/1119, con il quale si prevede, per l\u0027Unione europea, un\nobiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto\nserra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il\n2030» (art. 1, comma 3). \n 5.10. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza\ncostituzionale (cfr., ex multis, Corte costituzionale sentenze nn.\n121/2022, 77/2022, 106/2020, 286/2019, 69/2018, 13/2014 e 44/2011),\nla normativa eurounitaria (nonche\u0027 quella nazionale) e\u0027 ispirata nel\nsuo insieme al principio fondamentale di massima diffusione delle\nfonti di energia rinnovabili, che tra l\u0027altro «trova attuazione nella\ngenerale utilizzabilita\u0027 di tutti i terreni per l\u0027inserimento di tali\nimpianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri\ninteressi costituzionalmente protetti» (cfr., in particolare, Corte\ncostituzionale, sentenza n. 13/2014). \n 5.11. La disciplina originariamente contenuta nell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021, relativa all\u0027individuazione delle\naree idonee e non idonee all\u0027installazione degli impianti alimentati\nda fonti rinnovabili, non prevedeva alcun divieto generalizzato\nrispetto alla realizzazione di impianti FER su terreni classificati\ncome agricoli dai vigenti piani urbanistici. \n L\u0027art. 20, comma 3, di tale decreto, in effetti, stabilisce che\n«nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i\ndecreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del\npatrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e\nforestali, della qualita\u0027 dell\u0027aria e dei corpi idrici, privilegiando\nl\u0027utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni\nindustriali e parcheggi, nonche\u0027 di aree a destinazione industriale,\nartigianale, per servizi e logistica, e verificando l\u0027idoneita\u0027 di\naree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici\nagricole non utilizzabili». \n Tale disposizione, pur prendendo espressamente in considerazione\nl\u0027esigenza di approntare tutela alle aree agricole, da un lato non\npone alcuna preclusione assoluta all\u0027installazione di impianti FER su\ntale tipologia di siti e, dall\u0027altro, stabilisce chiaramente che le\nsuperfici agricole non utilizzabili costituiscono, tra le altre, aree\nprivilegiate per l\u0027installazione degli impianti FER. \n L\u0027art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, inoltre,\nprevede che «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono\nessere dichiarate non idonee all\u0027installazione di impianti di\nproduzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione\nterritoriale ovvero nell\u0027ambito di singoli procedimenti, in ragione\ndella sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». \n Il successivo comma 8, poi, nell\u0027individuare transitoriamente le\naree ritenute idonee alla installazione di impianti FER, stabilisce\nquanto segue «fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c),\nc-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei\nbeni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio\n2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all\u0027art.\n142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne\u0027 ricadono nella\nfascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte\nseconda oppure dell\u0027art. 136 del medesimo decreto legislativo». \n 5.12. L\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021\nha, di contro, determinato un radicale mutamento di regime rispetto\nall\u0027assetto previgente, prevedendo che «L\u0027installazione degli\nimpianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone\nclassificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e\u0027 consentita\nesclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli\ninterventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale\nricostruzione degli impianti gia\u0027 installati, a condizione che non\ncomportino incremento dell\u0027area occupata, c), incluse le cave gia\u0027\noggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione\nterminato ancora non ripristinate, nonche\u0027 le discariche o i lotti di\ndiscarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter,\nnumeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo\nnon si applica nel caso di progetti che prevedano impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla\ncostituzione di una comunita\u0027 energetica rinnovabile ai sensi\ndell\u0027art. 31 del presente decreto nonche\u0027 in caso di progetti\nattuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di\nripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio\nECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del\nConsiglio ECOFIN dell\u00278 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli\ninvestimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all\u0027art. 1 del\ndecreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni,\ndalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per\nil conseguimento degli obiettivi del PNRR». \n 5.13. Pertanto, successivamente alle modifiche introdotte nel\ndecreto legislativo n. 199/2021 ad opera dell\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli\ncollocati a terra possono essere realizzati soltanto: \n a) nei siti ove sono gia\u0027 installati impianti della stessa\nfonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,\npotenziamento o ricostruzione, senza incremento dell\u0027area occupata; \n b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o\nabbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di\ncave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; \n c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di\ninfrastrutture ferroviarie nonche\u0027 delle societa\u0027 concessionarie\nautostradali; \n d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita\u0027 delle\nsocieta\u0027 di gestione aeroportuale all\u0027interno dei sedimi\naeroportuali; \n e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli\nstabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un\nperimetro i cui punti distino non piu\u0027 di 500 metri dal medesimo\nimpianto o stabilimento; \n f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una\ndistanza non superiore a 300 metri. \n 5.14. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza,\nsulla generalita\u0027 dei terreni classificati agricoli (pari a circa la\nmeta\u0027 della superficie del territorio italiano) risulta preclusa la\nrealizzazione di qualsiasi intervento di installazione di impianti\nfotovoltaici con moduli collocati a terra, residuando, di fatto,\nunicamente la possibilita\u0027 di realizzare interventi consistenti nel\nmero rifacimento/modifica/ricostruzione di impianti gia\u0027 esistenti,\nsempre che cio\u0027 non comporti consumo di ulteriore terreno agricolo. \n 5.15. Se e\u0027 vero che il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021 non riguarda i progetti\nattuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, e\u0027 pur vero che\ndetti progetti non comprendono, ne\u0027 esauriscono, tutti quelli\nnecessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC, che\nrappresenta lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per il\nconseguimento degli obiettivi vincolanti fissati dall\u0027Unione europea\nin relazione alla quota di energia rinnovabile che deve essere\nassicurata dai singoli Stati membri nel contesto dell\u0027Unione\ndell\u0027energia. \n Gia\u0027 tale circostanza evidenzia come la previsione di un divieto\ndi portata pari a quella stabilita dalla disposizione normativa\nsospettata di incostituzionalita\u0027 rischi di mettere seriamente in\npericolo il conseguimento degli obiettivi energetici unionali. \n L\u0027applicazione di un siffatto divieto, invero, si appalesa\nsuscettibile di sottrarre una larga porzione del territorio agricolo\nnazionale a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica,\nsenza che siano prevedibili e siano stati vagliati i potenziali\neffetti sul rispetto delle traiettorie stabilite in sede unionale in\nmerito alla quota di energia da fonti rinnovabili che deve essere\nassicurata dall\u0027Italia. \n Oltretutto, in considerazione dello stato di attuazione della\ndisciplina dettata dall\u0027art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.\n199/2021, nonche\u0027 degli ampi margini di flessibilita\u0027 che il decreto\nministeriale del 21 giugno 2024 lascia alle regioni per\nl\u0027individuazione delle aree non idonee, l\u0027impatto del divieto in\nquestione risulta del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un\nsevero limite all\u0027individuazione delle zone disponibili per\nl\u0027installazione degli impianti FER che, in base a quanto previsto\ndall\u0027art. 15-ter, par. 1, secondo periodo, della direttiva\n2018/2001/UE, devono essere commisurate «alle traiettorie stimate e\nalla potenza totale installata pianificata delle tecnologie per le\nenergie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l\u0027energia e il\nclima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE)\n2018/1999». \n 5.16. Peraltro, si e\u0027 gia\u0027 avuto modo di porre in evidenza che,\nin forza dell\u0027art. 32 del regolamento 2018/1999/UE, laddove la\nCommissione europea ritenga che uno o piu\u0027 punti di riferimento della\ntraiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027 non siano\nstati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 risultino\nal di sotto di uno o piu\u0027 dei rispettivi punti di riferimento\nnazionali, saranno interessati dall\u0027esercizio degli specifici poteri\ndella Commissione europea. \n Tali Stati, in particolare, entro un anno dalla valutazione della\nCommissione europea saranno tenuti ad adottare misure supplementari\n(art. 32, paragrafo 3, del regolamento 2018/1999/UE), tra le quali e\u0027\nincluso anche il pagamento finanziario volontario al meccanismo di\nfinanziamento dell\u0027Unione per l\u0027energia rinnovabile istituito a\nlivello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da\nfonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla\nCommissione. \n La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio\nnazionale all\u0027utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli\ncollocati a terra, laddove si risolva in un ostacolo al\nraggiungimento degli obiettivi dell\u0027Unione dell\u0027energia, potrebbe far\nsorgere in capo allo Stato italiano l\u0027obbligo di adottare misure\nsupplementari, il cui impatto sulle finanze pubbliche potrebbe non\nessere trascurabile. \n Giova, inoltre, evidenziare che la mera adozione delle misure\nsupplementari richieste dalla Commissione europea potrebbe non essere\nsufficiente a riallineare lo Stato italiano sulle traiettorie\nunionali in tema di energia rinnovabile, come risulta dall\u0027art. 32,\nparagrafo 2, secondo capoverso, del regolamento 2018/1999/UE, a mente\ndel quale «Qualora le misure nazionali risultino insufficienti, la\nCommissione, se opportuno, propone misure ed esercita i propri poteri\na livello unionale in aggiunta a tali raccomandazioni al fine di\nassicurare, in particolare, il conseguimento del traguardo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile». \n 5.17. Il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021, inoltre, appare porsi anche in\ncontrasto con un ulteriore principio di matrice unionale. \n In particolare, nell\u0027ambito del processo di individuazione delle\nzone necessarie per i contributi nazionali all\u0027obiettivo complessivo\ndell\u0027Unione al 2030 sul versante dell\u0027energia rinnovabile, viene in\nrilievo il disposto di cui all\u0027art. 15-ter della direttiva\n2018/2001/UE, a mente del quale «Gli Stati membri favoriscono l\u0027uso\npolivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti in materia\ndi energia rinnovabile sono compatibili con gli usi preesistenti di\ntali zone» (art. 15-ter, paragrafo 3). \n Come gia\u0027 rilevato in precedenza, il considerando 27 di tale\ndirettiva precisa che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare,\nconsentire e favorire l\u0027uso polivalente delle zone individuate a\nseguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal\nfine, e\u0027 auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario,\ni cambiamenti nell\u0027uso del suolo e del mare, purche\u0027 i diversi usi e\nattivita\u0027 siano compatibili tra di loro e possano coesistere». \n Il divieto introdotto dalla disposizione normativa sospettata di\nincostituzionalita\u0027 nell\u0027ambito del presente giudizio istituisce,\ninvece, un insanabile conflitto tra l\u0027utilizzo della tecnologia\nfotovoltaica con moduli collocati a terra e l\u0027uso del suolo a fini\nagricoli che il legislatore ha risolto in radice, vietando in maniera\ngeneralizzata l\u0027installazione in area agricola degli impianti FTV\ncaratterizzati da tale tecnologia. \n 5.18. Ad avviso del Collegio, il divieto in questione, nella\nmisura in cui e\u0027 suscettibile di ostacolare il raggiungimento degli\nobiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie\nrinnovabili, si pone anche in posizione critica rispetto alla\nstrategia di adattamento ai cambiamenti climatici dell\u0027Unione\neuropea. \n Come precedentemente ricordato, ai sensi dell\u0027art. 5 del\nregolamento 2021/1119/UE «Le istituzioni competenti dell\u0027Unione e gli\nStati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della\ncapacita\u0027 di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella\nriduzione della vulnerabilita\u0027 ai cambiamenti climatici in\nconformita\u0027 dell\u0027art. 7 dell\u0027accordo di Parigi». Tali istituzioni,\ninoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di\nadattamento nell\u0027Unione e negli Stati membri siano coerenti, si\nsostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le\npolitiche settoriali e si adoperino per integrare meglio\nl\u0027adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di\nintervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito\nsocioeconomico e ambientale, se del caso, nonche\u0027 nell\u0027azione esterna\ndell\u0027Unione». \n 5.18.1. In proposito, giova rilevare che la Commissione europea,\ncon la Comunicazione COM(2021)82 final, relativa alla nuova Strategia\ndell\u0027Unione europea per l\u0027adattamento ai cambiamenti climatici, ha\naffermato che «Il Green Deal europeo, la strategia di crescita\ndell\u0027UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che\nla trasformazione verde e\u0027 un\u0027opportunita\u0027 e che la mancata azione ha\nun costo enorme. Con esso l\u0027UE ha mostrato la propria leadership per\nscongiurare lo scenario peggiore - impegnandosi a raggiungere la\nneutralita\u0027 climatica - e prepararsi al meglio - puntando ad azioni\ndi adattamento piu\u0027 ambiziose che si fondano sulla strategia dell\u0027UE\ndi adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede che nel\n2050 l\u0027UE sara\u0027 una societa\u0027 resiliente ai cambiamenti climatici, del\ntutto adeguata agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici.\nCio\u0027 significa che entro il 2050, anno in cui l\u0027Unione aspira ad aver\nraggiunto la neutralita\u0027 climatica, avremo rafforzato la capacita\u0027 di\nadattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita\u0027 agli effetti dei\ncambiamenti climatici, in linea con l\u0027accordo di Parigi e con la\nproposta di legge europea sul clima». \n Il raggiungimento dei target di potenza installata delle\ntecnologie rinnovabili costituisce, all\u0027evidenza, un elemento\ncentrale per conseguire nel lungo termine l\u0027obiettivo della\nneutralita\u0027 climatica, che viene posto seriamente a rischio da una\ndisciplina, quale quella censurata, che vieta in maniera\ngeneralizzata sulla quasi totalita\u0027 del territorio agricolo nazionale\nl\u0027installazione di impianti FER dotati di tecnologia fotovoltaica con\npannelli collocati a terra. \n 5.19. Il divieto in questione, peraltro, appare anche porsi in\ncontrasto con il principio di integrazione sancito dall\u0027art. 11 del\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea e dall\u0027art. 37 della\nCarta di Nizza, sulla scorta del quale «Le esigenze connesse con la\ntutela dell\u0027ambiente devono essere integrate nella definizione e\nnell\u0027attuazione delle politiche e azioni dell\u0027Unione, in particolare\nnella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». \n Come noto, l\u0027integrazione ambientale in tutti i settori politici\npertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e\u0027\nfunzionale a ridurre le pressioni sull\u0027ambiente derivanti dalle\npolitiche e dalle attivita\u0027 di altri settori e per raggiungere gli\nobiettivi ambientali e climatici. \n Il divieto introdotto dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021 all\u0027interno di un corpo normativo finalizzato\na dare attuazione, nell\u0027ordinamento giuridico italiano, alle\nprevisioni della direttiva 2018/2001/UE sulla promozione dell\u0027uso di\nenergia da fonti rinnovabili, quale obiettivo della politica\nenergetica dell\u0027Unione europea, appare violare l\u0027art. 117, comma 1,\ndella Costituzione anche per le seguenti ragioni: \n si inserisce nel complesso delle previsioni dell\u0027art. 20 del\ndecreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo,\ntant\u0027e\u0027 che le relative previsioni non risultano neppure\nadeguatamente coordinate con il resto dell\u0027articolato normativo (si\nconsideri, ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20, nella parte\nin cui prevede che con i decreti di cui al comma 1 si debba\nverificare, tra l\u0027altro, \"l\u0027idoneita\u0027 di aree non utilizzabili per\naltri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili\"); \n il divieto in parola presenta una valenza assoluta, in quanto\nil legislatore non ha istituito alcuna forma di possibile\nbilanciamento tra i contrastanti valori in gioco. In tal modo,\ninvero, e\u0027 stata sancita una insuperabile prevalenza dell\u0027interesse\nalla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni classificati\ncome aree agricole, del tutto sganciata da una valutazione in\nconcreto della effettiva utilizzabilita\u0027 di tali aree a fini\nagricoli. Non puo\u0027, pertanto, mancarsi di rilevare, che tale scelta\nlegislativa risulta innesta una contraddizione interna al medesimo\ndecreto legislativo n. 199/2021, appalesandosi antitetica rispetto al\nperseguimento dell\u0027obiettivo normativo per il quale lo stesso e\u0027\nstato emanato, dato dalla promozione dell\u0027uso dell\u0027energia da fonti\nrinnovabili. \n Tali ulteriori considerazioni rafforzano, ad avviso del Collegio,\nil sospetto di incostituzionalita\u0027 dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del\ndecreto legislativo n. 199/2021, avvalorando come l\u0027introduzione del\ncontestato divieto si ponga in contrasto con la cornice normativa\neuropea in materia di Unione dell\u0027energia. \n 6. Il Collegio ritiene, inoltre, che il divieto introdotto\ndall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 appaia anche porsi in\ncontrasto con il principio di proporzionalita\u0027 discendente dall\u0027art.\n3 della Costituzione, anche tenuto conto, stante le specificita\u0027\ndella fattispecie in esame, di quanto previsto dagli articoli 15\n(nella parte che stabilisce che le disposizioni normative nazionali\nche regolano le procedure di autorizzazione degli impianti FER\ndebbano essere proporzionate, necessarie e contribuire all\u0027attuazione\ndel principio di priorita\u0027 della efficienza energetica) e 16-septies\n(nella parte in cui si prevede che nelle procedure di rilascio delle\nautorizzazioni, gli impianti FER sono considerati di interesse\npubblico prevalente) della direttiva (UE) 2018/2001. \n 6.1. In proposito, occorre innanzitutto porre in evidenza che la\nCorte di giustizia dell\u0027Unione europea ha piu\u0027 volte ribadito che «il\nprincipio di proporzionalita\u0027 e\u0027 un principio generale del diritto\ncomunitario che dev\u0027essere rispettato tanto dal legislatore\ncomunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (cfr.\nCGUE, Sezione Quinta, sentenza dell\u002711 giugno 2009, in causa\nC-170/08, H. J. Nijemeisland contro Minister van Landbouw, Natuur en\nVoedselkwaliteit, par. 41). Il sindacato di proporzionalita\u0027\ncostituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza\ndelle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde\nverificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente\nrilevanti non sia stato realizzato con modalita\u0027 tali da determinare\nil sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e\npertanto incompatibile con il dettato costituzionale. \n Come la stessa Corte costituzionale ha gia\u0027 avuto modo di\nprecisare \"Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni\nrelative alla proporzionalita\u0027 dei mezzi prescelti dal legislatore\nnella sua insindacabile discrezionalita\u0027 rispetto alle esigenze\nobiettive da soddisfare o alle finalita\u0027 che intende perseguire,\ntenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente\nsussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita\u0027\nutilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni\ncostituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,\ned essenziale strumento della Corte di giustizia dell\u0027Unione europea\nper il controllo giurisdizionale di legittimita\u0027 degli atti\ndell\u0027Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma\noggetto di scrutinio, con la misura e le modalita\u0027 di applicazione\nstabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi\nlegittimamente perseguiti, in quanto, tra piu\u0027 misure appropriate,\nprescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e\nstabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di\ndetti obiettivi\" (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 1/2014). \n 6.2. Giova, poi, evidenziare che la misura censurata consiste in\nun divieto generalizzato e sostanzialmente assoluto all\u0027utilizzo, su\nun\u0027ampia parte del territorio nazionale, di una determinata\ntecnologia di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. \n Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a quella\nadottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che entrano\nin bilanciamento con il principio di massima diffusione delle fonti\nrinnovabili: le esigenze di tutela dell\u0027ambiente, della\nbiodiversita\u0027, dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,\nattraverso l\u0027individuazione di aree non idonee che, come in\nprecedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi\u0027 zone in\ncui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,\ne\u0027 altamente verosimile che si approdi a un esito negativo dell\u0027iter\ndi autorizzazione, relativamente alla valutazione di compatibilita\u0027\nambientale dei progetti che interessano tali aree. \n Cio\u0027, peraltro, non osta alla possibilita\u0027 di verificare, in\nconcreto e nell\u0027ambito dei singoli procedimenti autorizzativi,\nl\u0027effettiva compatibilita\u0027 degli interventi proposti con gli\nulteriori e confliggenti interessi pubblici. \n Di contro, l\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, introduce un divieto di tale portata che risulta preclusa\nin radice la possibilita\u0027, per le amministrazioni procedenti, di\noperare un bilanciamento tra i contrapposti interessi in giuoco.\nInfatti, risulta gia\u0027 stata affermata a monte, da parte del\nlegislatore, la prevalenza assoluta e incondizionata dell\u0027interesse\nalla conservazione dei suoli classificati agricoli, rispetto alla\npossibile funzionalizzazione degli stessi al soddisfacimento delle\nesigenze energetiche correlate con gli obiettivi assunti dall\u0027Italia\na livello unionale. \n 6.3. Il contestato divieto trova applicazione a partire dalla\nmera classificazione di un\u0027area come agricola in base ai piani\nurbanistici, senza che alcuna rilevanza possa a tal fine assumere il\nsuo utilizzo, concreto o potenziale, a fini agricoli. \n Anche per tale ragione la disposizione normativa in questione\nsembra caratterizzata da irragionevolezza e non proporzionalita\u0027,\natteso che la dichiarata finalita\u0027 di contrastare il consumo di suolo\nagricolo non e\u0027 riscontrabile (o quantomeno non nei termini\nincondizionati e assoluti previsti da tale norma) in relazione alle\nsuperfici agricole non utilizzabili o degradate. \n Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita\u0027 e\ndell\u0027importanza delle colture eventualmente praticate sui suoli\ninterdetti all\u0027installazione degli impianti FTV con moduli collocati\na terra. \n 6.4. Vale, poi, richiamare quanto previsto nelle Linee Guida di\ncui al decreto ministeriale del 10 settembre 2010, in base alle\nquali: \n le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici\nnon possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; \n l\u0027individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo\u0027\nriguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente\nsoggette a tutela dell\u0027ambiente, del paesaggio e del patrimonio\nstorico-artistico, ne\u0027 tradursi nell\u0027identificazione di fasce di\nrispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate\nesigenze di tutela. La tutela di tali interessi e\u0027 infatti\nsalvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate\nnei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle\nregioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all\u0027uopo\npreposte, che sono tenute a garantirla all\u0027interno del procedimento\nunico e della procedura di Valutazione dell\u0027impatto ambientale nei\ncasi previsti; \n le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non\nidonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree\nparticolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni\nterritoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da\nproduzioni agricolo-alimentari di qualita\u0027 (produzioni biologiche,\nproduzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni\ntradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto\npaesaggistico culturale, anche con riferimento alle aree, se previste\ndalla programmazione regionale, caratterizzate da un\u0027elevata\ncapacita\u0027 d\u0027uso del suolo. \n 6.5. Siffatte previsioni si pongono nel solco delle indicazioni\nemergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri dovrebbero\nlimitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non puo\u0027\nessere sviluppata l\u0027energia rinnovabile (\"zone di esclusione\"). Essi\ndovrebbero fornire informazioni chiare e trasparenti, corredate di\nuna giustificazione motivata, sulle restrizioni dovute alla distanza\ndagli abitati e dalle zone dell\u0027aeronautica militare o civile. Le\nrestrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti e concepite in\nmodo da rispondere allo scopo perseguito massimizzando la\ndisponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia\nrinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli di pianificazione\nterritoriale» (cfr. la raccomandazione (UE) 2024/1343 della\nCommissione del 13 maggio 2024 sull\u0027accelerazione delle procedure\nautorizzative per l\u0027energia da fonti rinnovabili e i progetti\ninfrastrutturali correlati). \n La disciplina posta dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 e\npoi confluita nell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021 si traduce, invece, nell\u0027esatto opposto, ponendo un divieto\nche massimizza le zone di esclusione, che non risulta fondato su dati\nconcreti e che appare porsi in patente contrasto con l\u0027obietto di\nmassimizzazione della disponibilita\u0027 di spazio per lo sviluppo dei\nprogetti correlati con la produzione di energia da fonte rinnovabile. \n 6.6. Il contestato deficit di proporzionalita\u0027 della misura\nintrodotta dall\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, peraltro,\nrisulta avvalorato dal fatto che il divieto in questione impedisce di\nconsiderare di interesse pubblico prevalente gli impianti FTV con\npannelli collocati a terra da realizzare in area agricola, senza che\nper tale tipologia di area sia stata prevista la non applicazione\ndell\u0027art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 190/2024 secondo le\nmodalita\u0027, provvedimentali e procedurali, previste dall\u0027art. 3, comma\n2, del decreto legislativo n. 190/2024. \nIV. Sulla non rilevanza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il quinto motivo di ricorso. \n 7. Le societa\u0027 ricorrenti, con il quinto motivo di ricorso, hanno\nprospettato l\u0027illegittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024 per violazione degli articoli 10, 41 e 117\ndella Costituzione in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo addizionale\nn. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti\ndell\u0027uomo e delle liberta\u0027 fondamentali e per violazione del\nprincipio del legittimo affidamento. \n Ad avviso del Collegio la questione prospettata dalle societa\u0027\nricorrenti non risulta rilevante nel caso di specie in quanto dette\nsocieta\u0027 non hanno dimostrato in giudizio di avere effettivamente\nacquisito la proprieta\u0027 dei terreni agricoli sui quali realizzare i\npropri progetti. Le stesse, infatti, si sono solo limitate, da un\nlato, ad affermare di essere «titolari di impianti in via di\nautorizzazione (in larga parte agrivoltaici) con procedimenti ancora\npendenti» (cfr. pag. 4 del ricorso) e, dall\u0027altro, a produrre i\ncontratti preliminari di compravendita di terreni agricoli da parte\ndella Elements Green Artemide S.r.l., stipulati in data 1° agosto\n2024 e registrati in data 7 agosto 2024, ma soggetti alla condizione\nrisolutiva dell\u0027esercizio del diritto di prelazione da parte dei\ncoltivatori diretti proprietari di terreni agricoli confinanti, come\nrisulta dalla nota di trascrizione del 12 agosto 2024, pure versata\nin atti. \n Le societa\u0027 ricorrenti, ivi inclusa la Elements Green Artemide\nS.r.l., non hanno depositato in atti i contratti di compravendita\ndegli immobili interessati dalla realizzazione degli impianti FER di\ncui assumono essere titolari, onere dimostrativo su di esse\nincombenti in virtu\u0027 del principio di vicinanza della prova che\nconcorre a delineare l\u0027assetto giuridico inerente alla distribuzione\ndegli oneri probatori nel processo amministrativo, scolpito dall\u0027art.\n64 c.p.a., in base al quale il soggetto gravato dall\u0027onere\ndimostrativo e\u0027 quello nella cui sfera giuridica si riferisce o,\ncomunque, e\u0027 piu\u0027 prossimo il fatto da provare (cfr., ex multis,\nCons. Stato, sez. VI, sentenza n. 9877 del 9 dicembre 2024; Cons.\nStato, sez. VI, sentenza n. 2187 del 5 marzo 2024). \n 7.1. Per le medesime ragioni, risulta non rilevante anche la\nquestione di legittimita\u0027 costituzionale per lesione del principio\ndel legittimo affidamento, vieppiu\u0027 con riguardo alla societa\u0027 Green\nElements Artemide a r.l., atteso che i soprarichiamati contratti\npreliminari di compravendita dei terreni agricoli sono stati\nstipulati successivamente alla entrata in vigore del contestato\ndivieto normativo. \nV. Sulla manifesta infondatezza delle questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale prospettate con il sesto motivo di ricorso. \n 8. Il Collegio ritiene, invece, che sia manifestamente infondata\nla questione di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024 per violazione degli articoli 3, 101 e 102\ndel Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea («TFUE»), nonche\u0027\ndel protocollo n. 27 sul mercato interno e la concorrenza (sesto\nmotivo di ricorso) - peraltro, il riferimento all\u0027art. 3 Trattato sul\nfunzionamento dell\u0027Unione europea non risulta corretto, essendo il\nparametro di riferimento rilevante ai fini della questione di\nlegittimita\u0027 costituzionale prospettata dalle societa\u0027 ricorrenti\nl\u0027art. 3, paragrafo 3, del Trattato sull\u0027Unione europea, che fa\nriferimento alla instaurazione di un «mercato interno» e allo\nsviluppo sostenibile dell\u0027Europa basato anche «su un\u0027economia di\nmercato fortemente competitiva», espressamente richiamato anche\ndall\u0027invocato protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla\nconcorrenza, nella parte in cui si afferma che «il mercato interno ai\nsensi dell\u0027art. 3 del Trattato sull\u0027Unione europea comprende un\nsistema che assicura che la concorrenza non sia falsata» -. In\nproposito, vale innanzitutto evidenziare che gli articoli 101 e 102\nTrattato sul funzionamento dell\u0027Unione europea dettano la disciplina\neurounitaria di difesa della concorrenza dalle condotte, unilaterali\no coordinate, di impresa. Una siffatta disciplina, quindi, non e\u0027\nsuscettibile di trovare applicazione nelle ipotesi in cui una\neventuale restrizione della concorrenza nel mercato unico sia\ndirettamente riconducibile a misure statali di carattere\namministrativo o normativo, che si situano fuori dall\u0027ambito\noggettivo di applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. \n Cio\u0027, invero, si ricava direttamente dagli arresti\ngiurisprudenziali della Corte di giustizia dell\u0027Unione europea, che\nspinta dall\u0027esigenza di dare piena attuazione ai suddetti precetti in\nossequio al principio dell\u0027effetto utile del diritto unionale (cfr.\nCGUE, sentenza del 6 ottobre 1970, in causa C-9/70, Franz Grad contro\nFinanzamt Traunstein, in Racc. 1970/825; CGUE, sentenza del 22\nsettembre 1988, in causa C-187/87, Saarland et al. contro Ministre de\nl\u0027Industrie, des P et T et du Tourisme et al., par. 19, in Racc.\n1988/5013; CGUE, sentenza del 14 ottobre 1999, in causa C- 223/98,\nAdidas AG, par. 24, in Racc. 1999/I/7081), ha si\u0027 coniato in via\npretoria un parametro di legittimita\u0027 ad hoc per valutare la\ncompatibilita\u0027 delle misure statali con il diritto antitrust di rango\nunionale (cfr., in particolare, CGUE, sentenza del 10 gennaio 1985,\nin causa C-229/83, Association des Centres distributeurs Edouard\nLeclerc at al. contro Sarl \"Au ble\u0027 vert\" et al., par. 20, in Racc.\n1985/1; CGUE, sentenza del 21 settembre 1988, in causa C-267/86,\nPascal Van Eycke contro Aspa SA, par. 20, in Racc. 1988/4769) -\ncostituito dal combinato disposto degli articoli 85, 86\n(corrispondenti ai vigenti articoli 101 e 102 TFUE), 3, par. 1,\nlettera f) (che fissava l\u0027obiettivo programmatico della creazione di\nun «regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel\nmercato interno») e 5 (che prevedeva che «Gli Stati membri si\nastengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la\nrealizzazione degli scopi del presente Trattato») del Trattato\nistitutivo della Comunita\u0027 economica europea («TCEE») - ma ne ha\nlimitato l\u0027applicabilita\u0027 alle sole situazioni nelle quali le misure\nstatali restrittive della concorrenza siano collegate a precipue\ncondotte anticoncorrenziali poste in essere dalle imprese (cfr. CGUE,\nsentenza del 17 novembre 1993, in causa C-2/91, Wolf W. Meng, par.\n14, in Racc. 1993/I/5751; CGUE, sentenza del 17 novembre 1993, in\ncausa C-185/91, Bundesanstalt für den Güterfernverkehr contro Gebr.\nReiff GmbH \u0026amp; Co. KG., par. 14, in Racc. 1993/I/5801). \n La Corte di giustizia dell\u0027Unione europea ha, poi, ulteriormente\ndelineato quali siano i parametri valutativi rilevanti ai fini dello\nscrutinio delle misure pubbliche ai sensi del combinato disposto\ndegli articoli 3, 5, 85 e 86 TCEE, statuendo, in relazione a un caso\ncorrelato con la possibile realizzazione di una intesa restrittiva\ndella concorrenza ai sensi dell\u0027allora vigente art. 85 TCEE\n(corrispondente al successivo art. 81 TCE e al vigente art. 101 TFUE)\nche «anche se, di per se\u0027, l\u0027art. 85 del Trattato riguarda\nesclusivamente la condotta delle imprese e non le disposizioni\nlegislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, e\u0027 pur vero\nche detto articolo, in combinato disposto con l\u0027art. 5 del Trattato,\nfa obbligo agli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore\nprovvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, che\npossano rendere praticamente inefficaci le regole di concorrenza\napplicabili alle imprese [...]. Ricorre in particolare siffatta\nipotesi allorquando uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione\ndi accordi in contrasto con l\u0027art. 85, o rafforzi gli effetti di\nsiffatti accordi, ovvero qualora privi la propria normativa del\ncarattere statuale che le e\u0027 proprio, demandando la responsabilita\u0027\ndi adottare decisioni d\u0027intervento in materia economica ad operatori\nprivati [...]» (cfr. CGUE, sentenza del 18 giugno 1998, in causa\nC-35/96, Commissione delle Comunita\u0027 europee contro Repubblica\nitaliana, parr. 53-54, in Racc. 1998/I/3851). \n Considerato che il contestato divieto contenuto nell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2024 non impone, ne\u0027 agevola, la commissione di\ncondotte, unilaterali o coordinate, d\u0027impresa restrittive della\nconcorrenza, non risulta che tale misura statale costituisca una\nviolazione, da parte dello Stato italiano, degli obblighi discendenti\ndal diritto eurounionale in materia di concorrenza, poiche\u0027 non puo\u0027\npredicarsi, alla luce dei parametri sovranazionali che le societa\u0027\nricorrenti assumono essere stati violati (sostanzialmente\nriconducibili al parametro pretorio individuato dalla Corte di\ngiustizia dell\u0027Unione europea nelle pronunce innanzi menzionate), che\nla disposizione legislativa di diritto interno di cui si tratta sia\ndi per se\u0027 idonea a falsare la concorrenza nel mercato interno in una\nforma che si ponga in contrasto con il vigente assetto normativo\nsovranazionale e, quindi, con l\u0027art. 117, comma 1, della\nCostituzione. \n 8.1. Il Collegio, ad abundantiam, evidenzia che il divieto\nintrodotto con l\u0027art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 neppure si ponga\nin contrasto con la disciplina unionale di difesa della concorrenza\nrivolta agli Stati membri, vale a dire con gli articoli 106 e 107 e\nss. TFUE, posto che lo stesso non si risolve in una misura tesa alla\nconcessione o al mantenimento di diritti speciali o esclusivi in\nfavore delle imprese pubbliche, ne\u0027 compromette lo sviluppo degli\nscambi in misura contraria agli interessi dell\u0027Unione europea in\nrelazione alla posizione delle imprese incaricate della gestione di\nservizi di interesse economico generale o aventi carattere di\nmonopolio fiscale, ne\u0027 infine costituisce un aiuto di stato\nincompatibile con il mercato interno. \n 8.2. Il Collegio, infine, ritiene che il contestato divieto\nneppure dia luogo ad alcuna discriminazione degli operatori economici\nitaliani rispetto a quelli transfrontalieri, venendo in rilievo una\nmisura c.d. indistintamente applicabile e non essendo proibita, per\neffetto di tale misura, l\u0027operativita\u0027 transfrontaliera agli\noperatori di diritto interno che, pertanto, con riguardo alla\nproduzione di energia da fonti rinnovabili (con particolare\nriferimento a quella prodotta mediante impianti fotovoltaici e\nagrivoltaici) risultano liberi di operare senza limitazioni, in\nregime di stabilimento o di libera prestazione di servizi,\nall\u0027interno del mercato unico. \nVI. Le questioni di costituzionalita\u0027 da sottoporre alla Corte\ncostituzionale. \n 9. Il Collegio, sulla scorta di tutte le considerazioni sino ad\nora esposte, ritiene che siano rilevanti e non manifestamente\ninfondate le questioni di legittimita\u0027 costituzionale prospettate nel\npresente giudizio in relazione all\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto\nlegislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5, comma 1, del\ndecreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge\nn. 101/2024. Il Collegio, in particolare, sospetta che tale\ndisposizione normativa si ponga in contrasto con il dettato\ncostituzionale, per aver introdotto un divieto all\u0027installazione in\narea agricola di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra\nche appare contrario agli articoli 3, 11 e 117, comma 1, della\nCostituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva\n(UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati\ndalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento (UE)\n2021/1119. \n 9.1. Le sollevate questioni di costituzionalita\u0027 vanno del pari\nriferite all\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo\n25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi\namministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili»,\nladdove prevede che «Gli interventi di cui all\u0027art. 1, comma 1, sono\nconsiderati di pubblica utilita\u0027, indifferibili e urgenti e possono\nessere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani\nurbanistici, nel rispetto di quanto previsto all\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». \n Tale disposizione normativa, infatti, riproduce il divieto\nsancito dall\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021. \nVII. Conclusioni. \n 10. In definitiva, sulla scorta delle anzidette considerazioni: \n il primo, secondo e terzo motivo di ricorso devono essere\ndichiarati inammissibili per carenza di interesse delle societa\u0027\nricorrenti a contestare la legittimita\u0027 delle impugnate disposizioni\ndel decreto legislativo n. 199/2021; \n le questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 5 del\ndecreto-legge n. 63/2004 prospettate con il quinto e il sesto motivo\ndi ricorso devono essere dichiarate non rilevanti e manifestamente\ninfondate; \n risultano, invece, rilevanti e non manifestamente infondate\nle questioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma\n1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art.\n5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con\nmodificazioni, dalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli\n3 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi\nespressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE)\n2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027\ndal regolamento (UE) 2021/1119. \n 10.1. Ai sensi dell\u0027art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953,\nn. 87, il presente giudizio e\u0027 sospeso fino alla definizione\ndell\u0027incidente di costituzionalita\u0027. \n 10.2. Ai sensi dell\u0027art. 23, commi 4 e 5, della legge 11 marzo\n1953, n. 87, la presente sentenza sara\u0027 comunicata alle parti\ncostituite, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e\ncomunicata anche al Presidente del Senato della Repubblica e al\nPresidente della Camera dei deputati. \n 10.3. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine\nalle spese resta riservata alla decisione definitiva del presente\ngiudizio. \n\n \n P. Q. M. \n \n Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione\nTerza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe\nproposto: \n a) dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso; \n b) dichiara non rilevanti e manifestamente infondate le\nquestioni di legittimita\u0027 costituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis,\ndel decreto legislativo n. 199/2021, come introdotto dall\u0027art. 5,\ncomma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni,\ndalla legge n. 101/2024, per violazione degli articoli 10 e 117 della\nCostituzione in relazione all\u0027art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU,\nper violazione dell\u0027art. 41 della Costituzione, nonche\u0027 per\nviolazione dell\u0027art. 117 della Costituzione per violazione degli\narticoli 3, 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell\u0027Unione\neuropea e del protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla\nconcorrenza; \n c) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei\ntermini espressi in motivazione, le questioni di legittimita\u0027\ncostituzionale dell\u0027art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n.\n199/2021, nonche\u0027 dell\u0027art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto\nlegislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3 e 117, comma\n1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla\ndirettiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come\nmodificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche\u0027 dal regolamento\n(UE) 2021/1119; \n d) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti\nalla definizione dell\u0027incidente di costituzionalita\u0027 e, ai sensi\ndell\u0027art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la\ntrasmissione degli atti alla Corte costituzionale; \n e) dispone la comunicazione della presente sentenza alle\nparti in causa, nonche\u0027 la sua notificazione al Presidente del\nConsiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e\nal Presidente della Camera dei deputati; \n f) rinvia ogni ulteriore statuizione all\u0027esito del giudizio\nincidentale promosso con la presente sentenza. \n Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\u0027Autorita\u0027\namministrativa. \n Cosi\u0027 deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 7\nmaggio 2025 con l\u0027intervento dei magistrati: \n Elena Stanizzi, Presidente; \n Giovanna Vigliotti, primo referendario; \n Luca Biffaro, referendario, estensore. \n \n Il Presidente: Stanizzi \n \n \n L\u0027estensore: Biffaro","elencoNorme":[{"id":"63472","ordinanza_anno":"","ordinanza_numero":"","ordinanza_numero_parte":"","cod_tipo_legge":"dlgs","denominaz_legge":"decreto legislativo","data_legge":"08/11/2021","data_nir":"2021-11-08","numero_legge":"199","descrizionenesso":"introdotto 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